Svolgimento del processo Clausole campione

Svolgimento del processo. Il 21 agosto 1995 il presidente del Tribunale di Torino, accogliendo un ricorso proposto dall'Istituto Bancario San Paolo (cui è poi succeduta la San Paolo IMI s.p.a., e che in prosieguo sarà comunque indicato solo come San Paolo), ingiunse con decreto al Sig. G.L. di pagare all'istituto ricorrente la somma di L. 427.168.304, costituente il saldo debitorio di un conto corrente al quale accedeva una linea di credito per operazioni in valuta e per operazioni su titoli derivati. L'ingiunto propose opposizione ed, oltre a sollevare contestazioni sulla ritualità del procedimento monitorio, sull'addebito della commissione di massimo scoperto, sulla decorrenza e sulla misura degli interessi convenzionali applicati, eccepì che ai crediti della banca derivanti dall'esecuzione di contratti in questione non competeva azione per il pagamento, trattandosi di negozi assimilabili al gioco o alla scommessa e perciò rientranti nella previsione dell'art. 1933 c.c.. In corso di causa sostenne, poi, che il passivo accumulato sul conto era frutto di operazioni finanziarie nel compimento delle quali l'istituto di credito era venuto meno ai doveri impostigli dall'art. 6 dell'allora vigente L. n. 1 del 1991, perchè aveva suggerito investimenti estremamente rischiosi senza adeguata informazione per il cliente ed in eccesso rispetto alle disponibilità finanziarie del medesimo e perchè aveva agito in conflitto d'interessi con il cliente medesimo. Eccepì quindi la nullità dei contratti stipulati con il San Paolo e chiese la condanna in proprio favore di detto istituto al risarcimento dei danni. L'opposizione fu accolta dal tribunale, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, solo per i profili attinenti alla commissione di massimo scoperto ed alla decorrenza degli interessi. Le ulteriori ragioni addotte dall'opponente non furono invece ritenute fondate ed il medesimo opponente fu perciò condannato al pagamento del debito capitale indicato nel ricorso monitorio, oltre agli interessi al tasso convenzionale richiesto. Il gravame proposto contro tale decisione dal Sig. G. fu rigettato dalla Corte d'appello di Torino con sentenza depositata il 10 novembre 2001. La corte piemontese ritenne infondata l'eccezione di nullità dei contratti aventi ad oggetto le operazioni finanziarie in questione osservando che le violazioni dedotte in causa riguardavano la condotta prenegoziale dell'istituto di credito, oppure obblighi legali accessori afferenti all'adempimento dei contratti già conclusi,...
Svolgimento del processo. Il condominio di Xxx Xxxxxx xx Xxxxxx, in Roma, convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace, il condomino Xxxxxxx Xxxxxx e ne chiese la condanna al pagamento della somma di lire 3.562.355, a titolo di sanzione pecuniaria, dovuta, in base agli artt. 18 e 23 del regolamento condominiale, per il mancato pagamento di lire 1.045.281, dovute per spese di condominio. Il Sidoti chiese il rigetto della domanda, sostenendo che le clausole del regolamento comportavano l'obbligo di corrispondere un interesse usurario per il ritardato pagamento dei ratei relativi alle spese condominiali e, in via riconvenzionale, chiese che dette clausole fossero dichiarate nulle. Il Giudice di pace accolse la domanda, osservando che le norme del regolamento erano legittime ed erano state liberamente accettate dal Xxxxxx. Questi propose appello insistendo perchè fossero dichiarate nulle le norme del regolamento ai sensi dell'art. 1815, secondo comma, cod. civ., applicabile in tutte «le convenzioni di interessi» e «quindi anche in quelle contenute in un regolamento condominiale di natura contrattuale». Chiese anche che le suddette clausole fossero dichiarate nulle, perchè prevedevano che la sanzione fosse applicata per il mancato pagamento dei ratei entro venti giorni dall'approvazione del bilancio preventivo senza una formale messa in mora. Il condominio non si costituì in giudizio. Il Tribunale di Roma respinse l'appello, osservando: che alla fattispecie in esame non era applicabile il disposto del secondo comma dell'art. 1815 cod. civ. perchè le somme dovute dal condomino, per il caso di ritardo nell'adempimento dell'obbligo di corrispondere i ratei condominiali, non erano interessi pattuiti per la ritardata restituzione di un prestito di denaro, ma erano oggetto di una penale, contenuta nel regolamento di natura contrattuale debitamente trascritto, con la quale era pattiziamente determinato il risarcimento dovuto in caso di inadempimento o ritardo nell'adempimento; che la penale sarebbe potuta essere diminuita dal giudice ove il condomino ne avesse fatto richiesta, non potendo il giudice provvedere d'ufficio; che non era necessaria, al fine della decorrenza dell'obbligo del pagamento della somme dovute a titolo di penale, la messa in mora del condomino, xxxxxx era lo stesso regolamento di condominio a prevedere la mora ex re e che tale previsione era conforme al disposto dell'art. 1219, secondo comma, cod. civ.. Xxxxxxx Xxxxxx ha proposto ricorso per la cassazione della suddett...
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato il 22.12.1987, la Tessitura Della Torre s.a.s. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo del 26.11.1987 per il pagamento di L. 5.944.035, emesso dal Presidente del Tribunale di Busto Arsizio ad istanza della Litostampa s.r.l. che di tale somma s'era dichiarata creditrice a titolo di saldo per una fornitura di scatole di cartone stampate plastificate. Deduceva la società opponente l'esistenza di vizi della merce (scollatura delle scatole) che la rendevano inidonea all'uso: vizi che non erano stati eliminati dall'intervento effettuato dalla venditrice. Chiedeva, pertanto, previa revoca del decreto opposto, la risoluzione del contratto e, in subordine, la riduzione del prezzo. Costituitasi, la soc. Litostampa contestava la fondatezza dell'opposizione, deducendo, fra l'altro, la decadenza dalla garanzia per tardiva denuncia dei vizi. Il Tribunale revocava il decreto ingiuntivo e, in accoglimento della domanda di riduzione del prezzo, condannava la soc. Litostampa alla restituzione della somma di L. 6.804.301.
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato il 26.4.2002, la società Elettrikro s.n.c. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Mantova le aveva ingiunto il pagamento di Euro 51.339,76, in favore di Unical A.G., quale residuo corrispettivo per la fornitura di alcuni condizionatori. L'opponente chiedeva la revoca del D.I., previo accertamento dell'inadempimento dell'opposta all'obbligo di garanzia di buon funzionamento dei beni compravenduti, con conseguente riduzione del loro prezzo. L'opposta si costituiva chiedendo il rigetto dell'opposizione. Con sentenza 10.3.2005 il Tribunale di Mantova rigettava l'opposizione e le domande proposte da Elettrikro, condannandola alle spese di lite. Avverso tale sentenza la soccombente proponeva appello cui resisteva l'Unical AG s.p.a.. Con sentenza depositata il 3.5.2010 la Corte di Appello di Brescia rigettava l'appello condannando l'appellante al pagamento delle spese del grado. Osservava la Corte di merito: che la testimonianza del P. non valeva a contrastare quanto affermato dal primo Giudice in punto di estrema genericità della contestazione dei vizi; che il materiale per la riparazione dei climatizzatori era stato montato dal terzi estranei sicché difettava la prova, a carico dell'opponente, "non solo dell'esistenza dei vizi ma anche della imputabilità degli stessi alla parte nei cui confronti é diretta la pretesa ad essi connessa". Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la s.n.c. Elettrikro formulando sette motivi. Resiste con controricorso e memoria Unical AG s.p.a.. Motivi della decisione La ricorrente deduce:
Svolgimento del processo. La s.a. C.R. ha convenuto davanti al Tribunale di Torino P.A., esponendo che: – nello svolgimento della sua attività di ricerca degli eredi di eredità giacenti, ai quali vende le informazioni necessarie per l’esercizio dei loro diritti, ha accertato che il 24 gennaio 2002 è de- ceduta in (OMISSIS) la Sig. P.R., relativamente alla quale è stata aperta procedura di eredità giacente; – effettuate le ricerche del caso, ha accertato che la defunta ha lasciato cinque eredi di quinto grado ed ha interpellato gli stessi, offrendo di rivelare loro, dietro compenso, il nome della de cuius e di gestire la successiva fase burocratico-amministrativa; – Gli eredi Q.S. e G., residenti negli USA, hanno sottoscritto il contratto, rilasciando procura per la gestione della loro posizione; G.I. ed E., residenti a (OMISSIS), hanno rifiutato l’offerta, di- chiarando di essere già a conoscenza della loro posizione; – l’erede P.A. ha in un primo tempo dichiarato di non essere interessata all’eredità e di avere in- tenzione di rinunciarvi. Successivamente, a seguito di formale invito formulato dall’attrice ai sensi dell’art. 481 cod. civ. e art. 749 cod. proc. civ., la P. ha dichiarato di accettare l’eredità; – l’attrice l’ha invitata a versarle il compenso per l’informazione, assumendo che – con l’accettazione dell’eredità – essa si è avvalsa della sua opera e della sua offerta contrattuale. – A fronte del rifiuto, ha convenuto in giudizio la stessa e ne ha chiesto la condanna a pagarle una somma equivalente al 25% del valore della quota conseguita, come previsto dalla propo- sta contrattuale a suo tempo formulata, o l’altra somma maggiore o minore ritenuta equa dal Tribunale. In subordine ha chiesto che le venisse liquidato un equo compenso per la sua attivi- tà, da determinarsi in applicazione analogica dell’art. 932 cod. civ., “o per l’arricchimento che essa cioè la P. ha illecitamente tratto dall’attività svolta dall’esponentì; oltre al risarcimento dei danni per essersi resa responsabile di truffa contrattuale, dolo o mala fede, in relazione al- la vicenda”. La convenuta ha resistito alla domanda, che il Tribunale ha respinto. Proposto appello dalla C.R., a cui ha resistito l’appellata, con sentenza depositata in data 8 otto- bre 2010 n. 1445 la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza di primo grado. C.R. propone quattro motivi di ricorso per cassazione, illustrati da memoria. Resiste l’intimata con controricorso.
Svolgimento del processo. Con sentenza n. 1083 del 2003 la corte d'appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato - ex artt. 1346 e 1418 cod. civ. - la nullità del contratto concluso il 2.5.1991 tra S.G. ved. N., N.D., N.C. (di seguito: Xxxxx) da una parte, e P.C.G., Z.V. in P., P.C.S. (di seguito: Xxxxxxx) dall'altra. Ha ritenuto la corte d'appello che l'oggetto del contratto fosse indeterminato ed indeterminabile, in quanto rimesso di fatto all'arbitrio di una delle due parti ( P.) in relazione alle obbligazioni assunte dalle N. (le quali avevano già ceduto ai P. le loro quote di partecipazione nella società Riomaggiore) di:
Svolgimento del processo. Con sentenza resa in data 15/11/2018, la Corte d'appello di L'Aquila, in accoglimento dell'appello proposto da D.M.P. e in riforma della decisione di primo grado, ha pronunciato la risoluzione del contratto di locazione per uso diverso da quello di abitazione concluso tra il D.M. (quale locatore) e R.M. (in qualità di conduttrice) per inadempimento di quest'ultima, con la conseguente condanna della R. al pagamento di quanto dovuto alla controparte a titolo di canoni non corrisposti e alla restituzione, in favore dello stesso D.M., di quanto ricevuto ad esito della sentenza di primo grado.
Svolgimento del processo. Con atto di citazione ritualmente notificato *** *** conveniva m giudizio *** ***
Svolgimento del processo. Con sentenza n. 410 del 2001, il Tribunale di Lamezia Terme accoglieva la domanda proposta da C. e D.B.S. nei confronti di C.F., volta ad ottenere la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni conseguenti alla vendita, nel marzo 1991, di due unità immobiliari prive del certificato di abitabilità, e condannava il C. al pagamento, in favore delle attrici, della somma di L. 30.000.000, oltre interessi e spese di lite. Il Tribunale rigettava altresì la domanda riconvenzionale proposta dal C., volta ad ottenere la condanna delle attrici al pagamento della somma di L. 1.300.00, che egli assumeva di avere anticipato per l'allaccio delle condutture energetiche.
Svolgimento del processo. Tra il 1992 ed il 1996 gli attuali ricorrenti, tutti ex concessionari della Renault Italia spa, furono revocati dalla stessa società, sulla base della facoltà di recesso ad nutum previsto dall'art. 12 del contratto di concessione di vendita. Poichè in tale condotta fu ravvisato un comportamento abusivo, e comunque illecito da parte della Renault Italia spa, fu fondata la Associazione Concessionari Revocati, con lo scopo di "programmare, provvedere, sviluppare, organizzare, gestire ogni iniziativa ed attività idonea alla tutela e difesa, nonchè alla rappresentanza, dei diritti dei Concessionari d'auto revocati dalle case automobilistiche (concessionari) aventi sede nel territorio (OMISSIS)". L'Associazione ed i concessionari revocati convenivano, quindi, la Renault Italia spa davanti al tribunale di Roma, allo scopo di ottenere la declaratoria di illegittimità del recesso per abuso del diritto, e la conseguente condanna della Renault Italia spa al risarcimento dei danni subiti per effetto dell'abusivo recesso.