Conclusione. Aver trattato l’evoluzione del contratto a tempo determinato con particolare riferimento all’evoluzione della causa, analizzandolo anche dal punto di vista storico oltre che dal contesto politico e sociale in cui si sono succedute le diverse norme, dalla legge 230/62 fino alle più recenti riforme Fornero e Xxxxx , è stato molto interessante per capire quale sia l’importanza di questo istituto nel panorama giuslavoristico italiano. E’ il segno evidente dell’evoluzione dell’economia, dei bisogni delle imprese e delle esigenze della politica non sempre coincidenti ed interpreti delle reali esigenze delle imprese e dei lavoratori. Il contratto a termine è probabilmente il più importante strumento per perseguire quella “flessibilità buona” in entrata, tanto auspicata dal mondo imprenditoriale, ma è anche indiscutibilmente indice di precarietà, di instabilità e mancanza di sicurezza economica per molti lavoratori. Conciliare queste esigenze contrapposte non è sicuramente facile, ma è ciò che tutte le norme succedutesi nel tempo hanno perseguito, soprattutto cercando di evitarne l’abuso. Siamo passati da una tutela legata in maniera rigida a cause tassative (L.230/62) quale presupposto per l’utilizzo del contratto a termine, che per decenni ha costituito un punto fermo (sia pure con progressive aperture) dell’istituto e che ha generato infiniti dibattiti giurisprudenziali e contenziosi; ad un concetto di tutela diametralmente opposto, legato alla “durata” del rapporto (massimo 36 mesi) indipendentemente da ogni motivazione. Punto di rottura di questa evoluzione è sicuramente la legge 92 del 2012 (riforma Fornero) che ha introdotto per la prima volta il contratto “acausale”. Oggi il contratto a termine, che è bene ricordarlo, è il frutto del recepimento della Direttiva Europea 99/70/Ce, ha di molto ridimensionato il nobile principio contenuto proprio nella citata direttiva e trasfuso nella nostra legislazione, secondo cui la “forma comune” del rapporto di lavoro sarebbe il tempo indeterminato.
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Samples: Contract
Conclusione. Aver trattato l’evoluzione Concludendo la presente tesi di bachelor si è compreso come la Fondazione IFRS, più precisamente l’International Accounting Standard Board, emana uno standard contabile internazionale. L’iter di emanazione dello stesso è lungo e laborioso ma è necessario in quanto esso diventerà vincolante per tutti gli stati membri dell’Unione Europa. Si è visto come lo standard contabile IFRS 15 sia stato pubblicato in via ufficiale ben 12 anni dopo essere stato inserito nell’agenda dei progetti dello IASB. Tale standard è stato elaborato durante questo lungo arco temporale in quanto esso ha dovuto sostituire 2 precedenti standard IAS; resi ormai obsoleti sia dal tempo, sia dalle molteplici interpretazioni correlate. Lo standard contabile IFRS 15 ha unito 2 concezioni di rilevazione del ricavo, precedentemente separate, in un unico standard. Dopo aver brevemente introdotto il settore farmaceutico e la sua importanza per la nazione Svizzera, ci si è concentrati su dei contratti tipici del settore. Contratti legalmente e formalmente distinti ma fortemente correlati. Il primo contratto fa riferimento all’acquisizione dei diritti totalitari su una determinata molecola. Tale contratto è comunemente chiamato licensing IN. Il secondo contratto è la sub-licenza, unicamente, dei diritti di licenza e distribuzione del prodotto farmaceutico sviluppato sulla base della molecola IN- Licenziata. Tale contratto è chiamato licensing OUT. I contratti, che ricordo essere distinti, sono correlati in quanto in essi si stipulano delle condizioni di pagamento principalmente sulla base dello sviluppo della molecola e sulla base della Cifra d’Affari che il farmaco genererà. Per una società la quale dapprima acquisisce il diritto totalitario su una molecola e poi ne sub-licenzia i diritti di distribuzione/licenza, il contratto licensing IN deve essere trattato, principalmente, secondo lo standard contabile internazionale IAS 38 mentre il contratto Licensing OUT è da trattarsi secondo il principio contabile internazionale IFRS 15. IFRS 15, caso applicativo su un contratto farmaceutico Il principio contabile IAS 38 disciplina come sia da trattarsi l’acquisto di attivi immateriali (licenza); esso enuncia che gli esborsi sostenuti al fine di rimborsare colui il quale ha ceduto il diritto sulla proprietà intellettuale (molecola) non sono dei costi ma sono da attivarsi a bilancio. L’ammortamento di tale attivo ha il suo inizio quando esso sarà pronto per l’uso, ovvero quando è nelle condizioni per le quali è stato concepito. L’ammortamento è da farsi in base alla vita utile oggettiva del farmaco. Lo standard internazionale contabile IFRS 15, come anticipato, disciplina la rilevazione dei ricavi. In esso si definisce una logica da applicarsi in 5 passi. per prima cosa si deve identificare un contratto; da questa identificazione bisogna riuscire ad evincere alcune informazioni. La prima informazione da evincere è quale/i impegno/i si ha/hanno nei confronti del cliente? Scoperti tali impegni contrattuali si ha la necessità di comprendere il prezzo di transazione del contratto a tempo determinato con particolare riferimento all’evoluzione della causastesso, analizzandolo anche dal ovvero il ricavo al quale ci si aspetta ad essere intitolati. Quanto sopra sembra essere un fatto scontato ma così non è. In molti contratti vi sono degli ammontari fissi e variabili, in più, vi possono essere dei bonus, sconti, rimborsi, … La corretta rilevazione del prezzo di transazione è il punto focale, cruciale dello standard. Quando si è definito l’importo totale al quale si è intitolati, come 4° passo dello standard, bisogna essere in grado di vista storico oltre che dal contesto politico e sociale in cui si sono succedute le diverse norme, dalla legge 230/62 fino alle più recenti riforme Fornero e Xxxxx , allocare / suddividere tale prezzo ad ogni impegno verso il cliente. L’ultimo passo è stato molto interessante per capire quale sia l’importanza quello di questo istituto nel panorama giuslavoristico italiano. E’ il segno evidente dell’evoluzione dell’economia, dei bisogni delle imprese e delle esigenze della politica non sempre coincidenti ed interpreti delle reali esigenze delle imprese e dei lavoratoricomprendere la metodologia di rilevazione del ricavo. Il ricavo si realizza quando il controllo dell’impegno contrattuale è trasferito al cliente. Tale controllo può essere trasferito mediante 2 possibilità; o è trasferito nel tempo (over time) oppure è trasferito ad un determinato momento (at a point in time). In base alla differente metodologia di trasferimento del controllo, anche la rilevazione contabile del ricavo, avviene o over time oppure at a point in time. Per quanto riguarda il contratto a termine licensing OUT si è probabilmente arrivati alla conclusione che il più importante strumento per perseguire quella “flessibilità buona” in entrata, tanto auspicata dal mondo imprenditoriale, ma è anche indiscutibilmente indice contratto ha un unico impegno verso il cliente; l’apporto di precarietà, R&S alla molecola al fine di instabilità e mancanza di sicurezza economica per molti lavoratori. Conciliare queste esigenze contrapposte ottenere la registrazione del prodotto farmaceutico non è sicuramente facileda considerarsi un impegno separato rispetto alla sub-licenza dei diritti di distribuzione/licenza del prodotto farmaceutico stesso. Il prezzo di transazione è variabile nel corso degli anni; gli importi pattuiti alla realizzazione di determinate considerazioni (milestones) non possono essere inserite nel prezzo di transazione se non, unicamente, quando la relativa milestone si avvera. Avendo stabilito un’unica performance obbligation intrinseca al contratto licensing OUT il prezzo di transazione (ricavo) è da allocare alla promessa di garantire i diritti di distribuzione/licenza. L’unico impegno è da ritenersi soddisfatto unicamente quando il farmaco sarà lanciato sul mercato; questo lancio sul mercato determina il trasferimento del controllo dell’impegno contrattuale dall’azienda al cliente. Il trasferimento, come descritto sopra, comporta che il cliente ottiene e simultaneamente consuma i benefici dell’obbligazione; ciò comporta che il trasferimento del controllo (e la rilevazione del ricavo) è da intendersi come over time. La rilevazione over time del ricavo consiste nel ripartire il prezzo di transazione durante l’arco degli anni utili del farmaco. I proventi incassati per royalties e quelli basati sulla performance del farmaco rappresentano delle eccezioni alla rilevazione dei ricavi over time; essi sono da intendersi come dei ricavi at a point in time e non sono da includersi nel prezzo di transazione. Per ultimo si è allestita una tabella che ripercorre gli anni nei quali i contratti licensing IN&OUT sono in essere. La tabella, per ogni singolo anno, mostra un conto economico e le voci di bilancio da usare relativamente agli eventi pattuiti nei contratti. La tabella non solo ripercorre gli anni presi in considerazione ma mostra il confronto della rilevazione di tali contratti secondo i principi prudenziali del Codice delle Obbligazioni Svizzero e secondo i principi contabili internazionali IFRS. Chiaramente al termine dei contratti, anno 2033, sia le voci di bilancio, sia la somma degli EBIT annui è ciò che tutte la stessa nei i due casi ma l’evoluzione nel corso degli anni è molto differente; l’evoluzione risulta essere molto differente per 3 principali ragioni. La prima differente “visione” è sulla possibilità di attivare i costi (ingenti) di R&S. I principi internazionali, in questo senso, sono molto più “severi” nel permettere l’attivazione a bilancio di questi costi; richiedono delle condizioni molto rigide. Condizioni le norme succedutesi nel tempo quali non sono riscontrate. Per contro il codice delle Obbligazioni è più permissivo in tale senso e quindi si possono attivare i costi e, in seguito, ammortizzarli su 5 anni. La seconda, principale, differenza è l’oggettività. Il Codice delle Obbligazioni Svizzero ha un principio molto più prudenziale e permette, per esempio, degli ammortamenti forfettari lineari su 5 anni. I principi contabili internazionali hanno perseguito, soprattutto cercando anch’essi un principio di evitarne l’abusoprudenzialità ma il principio dominante è il fair value. Siamo passati Principio per il quale l’ammortamento è da una tutela legata effettuarsi in base a valutazioni oggettive sulla vita utile di un prodotto/licenza. La 3° grande differenza consiste nella rilevazione del ricavo. Con il “nuovo” principio contabile internazionale IFRS 15 si è posto molto l’accento sulla rilevazione del ricavo in maniera rigida fedele a cause tassative (L.230/62) quale presupposto per l’utilizzo del contratto a termine, che per decenni ha costituito un punto fermo (sia pure con progressive aperture) dell’istituto e che ha generato infiniti dibattiti giurisprudenziali e contenziosiquanto stipulato nel contratto; ad un concetto di tutela diametralmente opposto, legato alla “durata” del rapporto (massimo 36 mesi) indipendentemente da ogni motivazione. Punto di rottura di questa evoluzione tutto ciò è sicuramente la legge 92 del 2012 (riforma Fornero) che ha introdotto per la prima volta il contratto “acausale”. Oggi il contratto a termine, che è bene ricordarlo, è il frutto del recepimento della Direttiva Europea 99/70/Ce, ha di molto ridimensionato il nobile principio contenuto proprio sfociato nella citata direttiva e trasfuso nella nostra legislazione, secondo cui la “forma comune” del rapporto di lavoro sarebbe il tempo indeterminatorilevazione over time.
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Samples: Ifrs 15 Applicazione
Conclusione. Aver trattato l’evoluzione In conclusione, si è affermato che la norma incriminatrice mira, in positivo, a presidiare il regolare e sicuro svolgimento dell’attività finanziaria attraverso uso di mezzi sostitutivi del contratto contante, ormai penetranti nel tessuto economico, con la conseguenza che sarà inevitabile ritenere che le condotte da essa represse assumono una dimensione lesiva che trascende il mero patrimonio individuale per estendersi ai valori tipici della fede pubblica. 31 Sez II, sentenza n. 17453 del 22/02/2019 I vincoli urbanistici: tra perseguimento dell’interesse pubblico e tutela della proprietà di Xxxxxxxx Xxxxxxxx Il modo di intendere il diritto di proprietà è cambiato nel tempo. Nel 1848, per esempio, tale diritto era considerato centrale per l’ordinamento, tanto che finanche la partecipazione alla vita politica era subordinata a presupposti di natura censitaria. Nel Codice del 1942 la prospettiva è cambiata: il diritto in parola diventa suscettibile di limitazioni perché muta il concetto stesso di ricchezza, che non si identifica più nel solo patrimonio immobiliare ma anche e soprattutto nell’attività produttiva. Oggi, il diritto di proprietà è soggetto ad una tutela multilivello, essendo protetto dall’art. 42 Cost., dalla Carta di Nizza (art. 17) e dalla CEDU, il cui art. 1 del protocollo n. 1 lo consacra come diritto fondamentale dell’uomo. Va premesso che l’art. 832 c.c. sancisce che tale posizione giuridica soggettiva attribuisce al titolare la facoltà di utilizzare il bene nel modo che più ritiene opportuno. Il proprietario può, quindi, sfruttare il fondo, lasciarlo inutilizzato e, a certe condizioni, costruire su di esso. Va ricordato cha una delle caratteristiche dei diritti reali sta nel fatto che essi non hanno bisogno dell’intermediazione di nessuno per trovare attuazione. Tuttavia può accadere che l’interesse pubblico richieda un intervento della PA sul diritto del soggetto, limitandone le facoltà o addirittura espropriando completamente in tutto o in parte il bene. Più precisamente, la PA può disporre provvedimenti personali, obbligatori e reali e, questi ultimi possono essere adottati in seguito ad un procedimento amministrativo (occupazione preliminare, temporanea o per forza maggiore) o autonomamente (es. requisizione). Peraltro, va ricordato che i beni si distinguono in: beni non espropriabili (quando sono demaniali), espropriabili a certe condizioni (se appartengono al patrimonio indisponibile) o suscettibili di espropriazione (tutti gli altri). Perché tali misure conculcano un diritto fondamentale, è essenziale che la legge preveda espressamente le modalità, i tempi e le tutele che il procedimento amministrativo deve garantire al privato, per far sì che egli non subisca abusi da parte dell’amministrazione. Prima del 2001 il procedimento di espropriazione si componeva di 4 fasi: dichiarazione di pubblica utilità, piano particolareggiato di esecuzione, offertà di indennità di esproprio e decreto di esproprio. In seguito all’adozione del TU sulle espropriazioni (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), invece, il legislatore ha previsto un procedimento differente. L’articolo 8 della legge urbanistica (nel testo sostituito dall’articolo 1, comma 1, della legge 19 novembre 1968, n. 1187), infatti, sancisce che “ Il decreto di esproprio può essere emanato qualora: a) l'opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo Dunque è essenziale che la PA segua scrupolosamente la procedura disposta dalla legge. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, infatti, ha precisato che, perché l’espropriazione sia legittima, deve avvenire in “buona e dovuta forma”, dovendo sussistere due presupposti: che essa si basi sulla legge, il che implica l’esistenza di una legge chiara, la presenza di un atto fin dall’inizio del procedimento e la conclusione di quest’ultimo in un tempo determinato predeterminati, e la sussistenza di un provvedimento finale. Va ricordato, poi, che se l’autorità espropriante occupa con particolare riferimento all’evoluzione una dichiarazione di pubblica utilità che poi viene annullata si configura un’ipotesi di occupazione appropriativa, che non va confusa con quella usurpativa, in cui manca ab origine il provvedimento espropriativo e configura un’ipotesi di comportamento mero della causaPA, analizzandolo di competenza del GO. Tra i numerosi compiti della PA vi è anche la gestione del territorio. Ciò avviene, di norma, tramite l’adozione di Piani Regolatori, all’interno dei quali le aree comunali vengono divise in zone e, all’interno di queste, vengono individuati i luoghi in cui si deve intervenire, ad esempio, creando reti ferroviarie, stradali o marittime. Più precisamente, la zonizzazione può essere funzionale e architettonica: nel primo caso le previsioni contengono delle indicazioni circa l’uso che la PA intende fare delle singole parti del territorio; mentre nel secondo si indicano i vincoli relativi alle caratteristiche che devono avere le abitazioni e le costruzioni. Nel perseguimento dell’interesse pubblico, quindi, la PA ha una scelta: o espropria completamente il bene o, per, salvaguardare zone a carattere storico, ambientale o paesistico, appone dei vincoli alle facoltà del proprietario32. Si tratta di una decisione di carattere discrezionale che determina conseguenze molto diverse, sia dal punto di vista storico oltre giuridico che sotto il profilo pratico. Nella prima ipotesi, infatti, al proprietario viene completamente sottratto il bene. Dalla dichiarazione di pubblica utilità in poi, infatti, questi non potrà più costruire, alienare, né esercitare alcun tipo di diritto sul bene, che diventerà a tutti gli effetti di proprietà dell’amministrazione. Diversamente, il vincolo conformativo potrebbe svuotare il diritto del proprietario in tutto ma anche solo in parte. Il vincolo, quindi, può costituire un impedimento al pieno esercizio del diritto di proprietà. Questo spiega perché la Corte costituzionale è dovuta intervenire a più riprese per porre dei limiti e dare indicazioni circa la reiterazione e gli indennizzi da liquidare in caso di vincoli. La Consulta, infatti, con le sentenze n. 55 e 56 del 1968 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7 e dell’art. 40 della Legge Urbanistica, nella parte in cui 32 Xxxxxxxx X.X., Introduzione sulla potestà conformativa del territorio, in Scritti 1984-1990, Milano, 2006, pp.779 ss. queste disposizioni “non prevedono un indennizzo per l’imposizione di limitazioni operanti immediatamente e a tempo indeterminato nei confronti dei diritti reali”. L’art 40 della Legge Urbanistica prevedeva, infatti, che “Nessun indennizzo è dovuto per le limitazioni ed i vincoli previsti dal contesto politico piano regolatore generale nonché per le limitazioni e sociale per gli oneri relativi all’allineamento edilizio delle nuove costruzioni. Non è dovuta indennità neppure per la servitù di pubblico passaggio che il Comune creda di imporre sulle aree di portici delle nuove costruzioni e di quelle esistenti. Rimangono a carico del Comune la costruzione e manutenzione del pavimento e la illuminazione dei portici soggetti alla predetta servitù”. I giudici della Legge, quindi, hanno rilevato l’incoerenza di un ordinamento che dispone un indennizzo in caso di esproprio e non nel caso in cui vengano apposti dei vincoli tali da svuotare, di fatto, il diritto di proprietà. Si è posto, allora, il problema relativo a come riconoscere la natura del vincolo apposto: perché un conto è un vincolo che impedisce completamente l’esercizio del diritto di proprietà, altro è il mero riconoscimento di una qualità del bene. Le sentenze in commento, a tal proposito, hanno individuato tre tipologie di limitazioni: vincoli preordinati all’esproprio, tramite i quali la PA si riserva di trasformare il bene per perseguire un fine pubblico e che impediscono al privato di trasformare il bene; vincoli che conculcano la possibilità di utilizzare il bene, pur consentendo la conservazione della titolarità del diritto di proprietà in capo al privato; e infine vincoli che limitano l’utilizzo del bene sottoponendo le trasformazioni ad una preventiva approvazione. Si è affermato, quindi, che i vincoli paesaggistici, ambientali, storici, artistici ed idrogeologici, non necessitano di un indennizzo in quanto la Pubblica Amministrazione non modifica il diritto, ma si limita a riconoscere la presenza, nel bene, di quelle caratteristiche intrinseche predeterminate dalla legge, sottoponendo tale bene al regime giuridico previsto dalla legge. Successivamente, nel 1980 e poi nel 1999, la Corte Costituzionale si è pronunciata nuovamente sul diritto del privato a ricevere un congruo indennizzo in caso di vincoli che vadano a svuotare il suo diritto di proprietà. Si è specificato, così, che l’indennizzo deve essere fissato rispettando le caratteristiche strutturali del bene e non in astratto. Inoltre, è stata considerata inammissibile la reiterazione ad oltranza dei vincoli preordinati all’esproprio scaduti senza predisporre un adeguato indennizzo. Alla luce delle sentenze della Corte costituzionale, la PA è obbligata a ristorare il privato per l’espropriazione e per tutte le limitazioni subite a causa dell’adozione di un provvedimento che appone un vincolo espropriativo. Come noto, però, gli enti locali hanno frequentemente problemi di liquidità, per cui, per evitare tali esborsi, le Amministrazioni hanno iniziato a percorrere due strade: da un lato si è cominciato ad apporre dei vincoli, reiterandoli sine die, dall’altro si sono previsti dei meccanismi perequativi volti a 33 Sul tema cfr. Xxxxxx P., Xxxxxxxxx S. C., Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, Torino, VI ed., 2017. ristorare il privato con strumenti alternativi al denaro. Quanto al primo sistema, si è già avuto modo di precisare che tale pratica è stata considerata illegittima dalla Consulta, la quale ha ribadito il dovere di indennizzare il privato che si veda svuotare del proprio diritto. Quanto alla seconda modalità, occorre compiere delle precisazioni preliminari. Va ricordato che l’urbanistica è una materia che compete soprattutto alle Regioni, che si sono dotate di una autonoma disciplina rispetto alla possibilità di esercizio del potere conformativo del diritto di proprietà33. Tali interventi presentano due rationes di fondo: da un lato la tutela del territorio, dall’altro, per quanto possibile, il risparmio di spesa34. Per questo motivo, uno degli strumenti più frequentemente utilizzati per evitare importanti esborsi alle casse regionali è rappresentato dal superamento della rigida dicotomia tra zonizzazioni e 34 Xxxxxxx A., La proprietà edilizia, in Trattato di dir. priv., VII, Torino, 2005, p. 489. localizzazioni, configurandosi zone a destinazione mista, tali da mitigare le conseguenze negative derivanti dalla suddivisione suddetta. Solo qualora ciò non risulti bastevole la PA tende ad incentivare la partecipazione del privato al procedimento, così da sostituire il momento autoritativo con quello consensuale e concordato. Questo giustifica l’introduzione di strumenti perequativi, che permettono di separare lo ius aedificandi dal diritto di proprietà. Tale istituto, però, ha determinato una alterazione delle modalità di esercizio del potere urbanistico e lo stesso perimetro del diritto di proprietà. E’ accaduto, infatti, che, per superare le disparità di trattamento conseguenti all’esercizio della discrezionalità amministrativa al momento della zonizzazione, e per evitare un eccessivo esborso di denaro pubblico, i Comuni hanno compensato i privati sottoposti a vincoli con il riconoscimento di diritti edificatori completamente scollegati dalla proprietà di un fondo. Il cittadino, quindi, ottiene un’edificabilità virtuale, finalizzata a riequilibrare le conseguenze economiche negative derivanti dalle scelte urbanistiche. Nella prassi, inoltre, la pianificazione perequativa non si realizza attraverso un solo modello, potendosi distinguere almeno due tipologie di intervento: quello a priori e quello a posteriori. La perequazione generalizzata a priori coinvolge l’intero territorio comunale e il ricorso ad essa non è molto frequente. Essa presuppone, infatti, che “i diritti edificatori vengano riconosciuti ai terreni urbani e periurbani come potenziale implicito alle loro condizioni di fatto e di diritto il quale, non dipendendo in alcun modo dalle scelte strategiche per il futuro assetto del territorio, non è negoziabile”. Questo significa, quindi, che il diritto edificatorio viene attribuito in modo convenzionale a prescindere dal piano e, dunque, a prescindere dall’apposizione di vincoli. Gli enti locali, però, ricorrono più spesso alla perequazione parziale a posteriori, in cui gli indici edificatori non si basano esclusivamente sullo stato di fatto e di diritto in cui si sono succedute le diverse norme, dalla legge 230/62 fino alle più recenti riforme Fornero e Xxxxx , è stato molto interessante per capire quale sia l’importanza di questo istituto nel panorama giuslavoristico italiano. E’ il segno evidente dell’evoluzione dell’economia, dei bisogni delle imprese e delle esigenze della politica non sempre coincidenti ed interpreti delle reali esigenze delle imprese e dei lavoratori. Il contratto a termine è probabilmente il più importante strumento per perseguire quella “flessibilità buona” in entrata, tanto auspicata dal mondo imprenditorialetrovano i terreni coinvolti, ma è anche indiscutibilmente sul progetto di sviluppo dell’amministrazione. In altri termini, si riconosce la medesima potenzialità edificatoria a tutti i fondi, tenuto però conto della volumetria di edifici già esistenti e a prescindere dalla destinazione pubblica o ad edilizia privata delle singole aree comprese nel comparto. In questo modo, si individua un unico indice di precarietà, di instabilità e mancanza di sicurezza economica per molti lavoratori. Conciliare queste esigenze contrapposte non è sicuramente facile, ma è ciò che tutte le norme succedutesi nel tempo hanno perseguito, soprattutto cercando di evitarne l’abuso. Siamo passati da una tutela legata in maniera rigida a cause tassative (L.230/62) quale presupposto per l’utilizzo del contratto a termineedificatorio, che viene riconosciuto all’intera area e non solo a quelle effettivamente edificabili. Quanto esposto ha indotto parte della dottrina ad interrogarsi sulla validità e sull’efficacia del modo in cui è configurata la legislazione vigente. Ci si è chiesti, infatti, se attribuire questo tipo di scelte agli enti locali sia adeguato, o se debba ritenersi auspicabile la creazione di una normativa nazionale, tale da rendere uniformi i meccanismi perequativi, magari facendo ricorso a tabelle che siano uguali per decenni ha costituito un punto fermo (sia pure con progressive aperture) dell’istituto e che ha generato infiniti dibattiti giurisprudenziali e contenziosi; ad un concetto di tutela diametralmente opposto, legato alla “durata” del rapporto (massimo 36 mesi) indipendentemente da ogni motivazione. Punto di rottura di questa evoluzione è sicuramente la legge 92 del 2012 (riforma Fornero) che ha introdotto per la prima volta il contratto “acausale”. Oggi il contratto a termine, che è bene ricordarlo, è il frutto del recepimento della Direttiva Europea 99/70/Ce, ha di molto ridimensionato il nobile principio contenuto proprio nella citata direttiva e trasfuso nella nostra legislazione, secondo cui la “forma comune” del rapporto di lavoro sarebbe il tempo indeterminatotutti i territori.
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Samples: Fideiussioni Stipulate
Conclusione. Aver trattato l’evoluzione del contratto Le autorità statunitensi e comunitarie hanno applicato la disciplina relativa le fusioni piuttosto con indulgenza. Tale assunto è in linea con la filosofia contenuta nelle previsioni rilevanti, che proibiscono solo quelle fusioni “il cui effetto possa essere quello di restringere sostanzialmente la concorrenza”162 negli Stati Uniti, o “il cui risultato comporta che l’effettiva concorrenza sarebbe impedita in modo significativo”163 nella Comunità Europea. Tuttavia, le autorità hanno utilizzato diversi modelli di analisi che hanno direttamente influenzato il recepimento, il ruolo ed il contenuto degli argomenti relativi l’efficienza. Ponendo grande enfasi sulle quote di mercato come presunzione di illegalità, le Merger Guidelines statunitensi considerano altri fattori al fine di poter ricalibrare o rettificare la valutazione quando una fusione rappresenta la sola possibilità per raggiungere efficienze sostanziali, a tempo determinato con particolare riferimento all’evoluzione patto che tali efficienze siano sufficienti a controbilanciare gli effetti anticompetitivi risultanti dall’aumento della causaconcentrazione. Così in futuro si può ipotizzare che negli Stati Uniti le efficienze potranno controbilanciare una fusione altrimenti anticompetitiva secondo uno sliding-scale standard, analizzandolo anche dal punto rendendo praticamente impossibile salvare una fusione quando il mercato post-fusione è estremamente concentrato. L’approccio europeo in materia è stato più flessibile, utilizzando un inchiesta ad hoc che sia idonea ad esaminare un ampio spettro di vista storico oltre fattori che dal contesto politico e sociale possono concernere la concorrenza nel mercato rilevante. Tuttavia, non sembra possibile considerare il fattore dell’efficienza nel caso in cui sussista una posizione dominante e comunque una sostanziale restrizione della concorrenza nel mercato rilevante. In tali casi si sono succedute le diverse normepotrebbe prospettare una considerazione dell’efficienza solo implicitamente all’interno del processo valutativo che porti ad astenersi dal 160 General Electric/Honeywell, dalla legge 230/62 fino alle più recenti riforme Fornero e Xxxxx caso IV/M.2220, è stato molto interessante per capire quale sia l’importanza di questo istituto nel panorama giuslavoristico italianodecisione non pubblicata in data 25/09/2001. E’ il segno evidente dell’evoluzione dell’economia161 The Future for Competition Policy in the European Union, dei bisogni delle imprese e delle esigenze della politica non sempre coincidenti ed interpreti delle reali esigenze delle imprese e dei lavoratoriMerchant Xxxxxx'x Hall London, 09/07/2001. Il contratto a termine è probabilmente il più importante strumento per perseguire quella “flessibilità buona” in entrataWe are not against mergers that create more efficient firms. Such mergers tend to benefit consumers, tanto auspicata dal mondo imprenditorialeeven if competitors might suffer from increased competition. We are, ma è anche indiscutibilmente indice di precarietàhowever, di instabilità e mancanza di sicurezza economica per molti lavoratori. Conciliare queste esigenze contrapposte non è sicuramente facileagainst mergers that, ma è ciò che tutte le norme succedutesi nel tempo hanno perseguitowithout creating efficiencies, soprattutto cercando di evitarne l’abuso. Siamo passati da una tutela legata in maniera rigida a cause tassative (L.230/62) quale presupposto per l’utilizzo del contratto a terminecould raise barriers for competitors and lead, che per decenni ha costituito un punto fermo (sia pure con progressive aperture) dell’istituto e che ha generato infiniti dibattiti giurisprudenziali e contenziosi; ad un concetto di tutela diametralmente oppostoeventually, legato alla “durata” del rapporto (massimo 36 mesi) indipendentemente da ogni motivazione. Punto di rottura di questa evoluzione è sicuramente la legge 92 del 2012 (riforma Fornero) che ha introdotto per la prima volta il contratto “acausaleto reduced consumer welfare”. Oggi il contratto a termine162 Settima sezione del Xxxxxxx Act 163 Regolamento 4064/89, che è bene ricordarloarticolo 2, è il frutto del recepimento della Direttiva Europea 99/70/Ce, ha comma 3. riconoscimento di molto ridimensionato il nobile principio contenuto proprio nella citata direttiva una posizione dominante nel caso in cui le efficienze siano notevoli e trasfuso nella nostra legislazione, secondo cui la “forma comune” del rapporto si sia in presenza di lavoro sarebbe il tempo indeterminatointeressi di politica industriale.
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Samples: Academic Paper
Conclusione. Aver trattato l’evoluzione Tanto premesso, può quindi concludersi riconoscendo che il nuovo Codice si fonda, effettivamente su un approccio radicalmente diverso rispetto ad una serie di temi e di modi di operare che hanno fin qui caratterizzato la disciplina dei contratti pubblici. La ratio di tale cambiamento si riassume nel senso di una considerazione molto più pragmatica e non formalistica della regole volte a presidiare un comparto strategico per il funzionamento e lo sviluppo economico del contratto Paese, qual'è quello delle commesse pubbliche e degli investimenti in genere. Ciò in linea con quanto di fatto ha sempre chiesto l'UE, ogni volta che, negli anni, ha avuto modo di esprimersi operativamente sui contenuti della nostra legislazione (in tal senso si vedano le condanne della Corte di Giustizia in materia di offerte anomale, di rilevanza del collegamento tra gli operatori economici in sede gara, per giungere, da ultimo, all'illegittimità del divieto assoluto per i progettisti di partecipare alle gare per l'esecuzione di quanto progettato) tutta concentrata sull'apposizione ed il rispetto di regole meramente formali (magari poi distorte dai processi interpretativi/applicativi) volte solo a tempo determinato con particolare riferimento all’evoluzione della causaporre le amministrazioni al riparo da possibili censure sul relativo operato; ciò in luogo di puntare sui profili sostanziali delle singole scelte ovvero sul funzionamento concreto delle cose. In questo senso, analizzandolo vale la pena di puntare su un approccio nuovo che comunque non potrà prescindere dall'apporto, anche dal punto di vista storico oltre che dal contesto politico e sociale in cui si sono succedute le diverse normemaniera sistematica, dalla legge 230/62 fino alle più recenti riforme Fornero e Xxxxx , è stato molto interessante per capire quale sia l’importanza di questo istituto nel panorama giuslavoristico italiano. E’ il segno evidente dell’evoluzione dell’economia, dei bisogni delle imprese e delle esigenze della politica non sempre coincidenti ed interpreti delle reali esigenze delle imprese valutazioni e dei lavoratorisuggerimenti di quei soggetti che, in quanto privi di riferibilità specifiche, possono anch'essi rappresentare le esigenze degli operatori che l'assetto istituzionale sembra aver tralasciato da nuovo sistema di Governance. Il contratto 50 Vedi il contributo di X. Xxxxxxx, interamente dedicato a termine è probabilmente il più importante strumento per perseguire quella “flessibilità buona” in entrata, tanto auspicata questa innovazione introdotta dal mondo imprenditoriale, ma è anche indiscutibilmente indice di precarietà, di instabilità e mancanza di sicurezza economica per molti lavoratori. Conciliare queste esigenze contrapposte non è sicuramente facile, ma è ciò che tutte le norme succedutesi nel tempo hanno perseguito, soprattutto cercando di evitarne l’abuso. Siamo passati da una tutela legata in maniera rigida a cause tassative (L.230/62) quale presupposto per l’utilizzo del contratto a termine, che per decenni ha costituito un punto fermo (sia pure con progressive aperture) dell’istituto e che ha generato infiniti dibattiti giurisprudenziali e contenziosi; ad un concetto di tutela diametralmente opposto, legato alla “durata” del rapporto (massimo 36 mesi) indipendentemente da ogni motivazione. Punto di rottura di questa evoluzione è sicuramente la legge 92 del 2012 (riforma Fornero) che ha introdotto per la prima volta il contratto “acausale”. Oggi il contratto a termine, che è bene ricordarlo, è il frutto del recepimento della Direttiva Europea 99/70/Ce, ha di molto ridimensionato il nobile principio contenuto proprio nella citata direttiva e trasfuso nella nostra legislazione, secondo cui la “forma comune” del rapporto di lavoro sarebbe il tempo indeterminatonuovo Codice.
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Samples: Public Contracts Code Implementation
Conclusione. Aver trattato l’evoluzione Nel corso di questo elaborato è stata presentata la tecnologia Blockchain, che permette di svolgere una molteplicità di operazioni digitali con il vantaggio di non doversi affidare a nessuna attività centrale, ma sfruttando gli utenti che decidono di prendervi parte. Proprio grazie a questa sua natura fondata sulla disintermediazione e decentralizzazione, sono emersi alcuni dei suoi più grandi punti di forza, quali l’efficienza, la velocità e la sicurezza, quest’ultima garantita dall’affidamento della rete alle verifiche di nodi (utenti atti all’approvazione delle transazioni) dispersi in tutto il mondo. Gli accordi che prendono parte e che vengono automaticamente eseguiti su queste piattaforme sono stati chiamati “smart contracts” e il codice alfanumerico che sta alla base di codesti accordi è il motore fondamentale per la loro attuazione e conclusione. L’aggettivo “smart” fa comprendere la loro principale caratteristica: l’esecuzione automatica delle istruzioni impartitegli prima dell’avvio del protocollo, che garantisce maggiore efficienza e maggior certezza nell’adempimento, portando ad una riduzione delle controversie. La parola “contract”, che attribuisce a queste intese una connotazione giuridica, fa presagire l’esigenza da parte degli utenti di strumenti idonei al controllo e alla governabilità delle transazioni, per evitare il rischio di frodi. Alla fine del secondo capitolo si è giunti alla conclusione secondo cui i contratti intelligenti hanno validità giuridica e vincolante, in quanto vengono redatti per creare o modificare diritti ed oneri dei contraenti e soddisfano i requisiti essenziali del contratto, ai sensi dell’art. 1325 c.c.. La libertà contrattuale consente di redigere il contratto nella sua forma originale, nonostante la difficoltà della traduzione di alcuni passaggi possa risultare limitante, e permette inoltre, anzi diventa quasi necessario considerando le conclusioni tratte dal terzo capitolo, la stesura di una variante del contratto in linguaggio naturale (split contracting), che possa comprendere tutte quelle clausole difficili da codificare, visto e considerato che risulterebbe complicata per la maggior parte degli individui (e di giuristi) la comprensione. Inoltre il linguaggio naturale si presta ad una più grande discrezionalità e flessibilità, caratteristiche molto utili negli accordi contrattuali. Un’assunzione fondamentale, su cui ci si è basati dal secondo capitolo in poi, è stata la divisione che è necessario compiere prima di ogni considerazione sugli smart contracts: è opportuno considerare in maniera differente i contratti intesi come semplici operazioni standardizzate, caratterizzati da un contenuto semplice ed un adempimento quasi istantaneo, i quali probabilmente non vedranno la nascita di nessuna disputa nel corso della loro esecuzione e per i quali risulta inutile qualsiasi tipo di aggiunta, da quelli più complicati, contenenti varie e delicate questioni giuridiche. Nel corso dello studio è sorto il problema se i costi per la contrattazione e la vulnerabilità reintrodotta dall’inserimento di un intermediario (o più), non siano in contrapposizione con il carattere “smart” di questi accordi. Nel terzo capitolo si è sottolineata la necessità di una negoziazione precontrattuale per includere tutte quelle clausole riguardanti la risoluzione, il recesso e la tutela dei contraenti deboli, le quali potrebbero rivelarsi determinanti per evitare l’insurrezione di contenziosi che, ex post, rischiano di essere difficili da risolvere. Infine si è parlato di come l’orientamento verso un tipo di Blockchain definito permissioned, possa risolvere alcune delle principali criticità riscontrate, andando tuttavia ad annullare i vantaggi riportati inizialmente e a tempo determinato con particolare riferimento all’evoluzione della causaminare l’ordinamento privato, analizzandolo anche dal punto di vista storico oltre che dal contesto politico e sociale in cui questi network si sono succedute costruiti nel corso degli anni. D’altra parte però, questa sorta di autonomia privata rischia di ostacolare scelte normative e politiche in nome di un’efficienza che, nel caso di errori sopravvenuti conseguentemente all’avvio del contratto, diventerebbe irrilevante e controproducente. Nonostante questo approccio possa sembrare eccessivamente conservatore, il completo affidamento alla Lex Informatica, da parte dei contraenti, potrebbe condurre ad un vuoto legislativo e l’inevitabile arretramento nella tutela delle parti. Si può concludere affermando che, per ora, l’integrazione delle norme provenienti dalla disciplina tradizionale, può aiutare nella regolazione dei contratti intelligenti, ma sicuramente non può essere sufficiente, dal momento che la nostra legislazione ha un’architettura fondata sulla centralizzazione dei database e sulla fiducia riposta nei collaboratori, pertanto, in un futuro sempre più vicino, si renderanno necessarie delle implementazioni ad hoc che definiscano delle linee guida inequivocabili. In particolare gli Stati dovrebbero riuscire a mantenere il carattere transnazionale di questi protocolli, cercando di evitare conflitti tra le diverse normenormative, e limitandosi a legiferare con il fine di promuovere l’uso dei contratti intelligenti e rimuovendo ogni problema di interpretazione ed ogni incertezza. Attualmente l’area che beneficia maggiormente delle opportunità introdotte dalle piattaforme Blockchain è quella finanziaria. Questo perché le operazioni effettuate non richiedono discrezionalità o intervento umano, anzi sono per la quasi totalità automatizzate e standardizzate, e i vantaggi di una rete decentralizzata e transnazionale sono pienamente sfruttati dalla legge 230/62 fino alle miriade di transazioni e scambi di dati che avvengono ogni giorno tra i registri contabili e i portafogli azionari. Mi sento di dover aggiungere un’ultima considerazione che potrebbe non essere emersa dall’indagine appena conclusa: ritengo che le potenzialità degli smart contracts, e più recenti riforme Fornero in generale della tecnologia Blockchain, siano molto elevate e Xxxxx che le rivoluzioni introdotte, è stato molto interessante per capire quale sia l’importanza di questo istituto nel panorama giuslavoristico italiano. E’ il segno evidente dell’evoluzione dell’economiain campo finanziario, dei bisogni delle imprese e delle esigenze della politica non sempre coincidenti ed interpreti delle reali esigenze delle imprese e dei lavoratori. Il contratto a termine è probabilmente il più importante strumento per perseguire quella “flessibilità buona” sia in entratacampo commerciale o ancora nella nostra quotidianità, tanto auspicata dal mondo imprenditoriale, ma è anche indiscutibilmente indice di precarietà, di instabilità e mancanza di sicurezza economica per molti lavoratori. Conciliare queste esigenze contrapposte non è sicuramente facile, ma è ciò che tutte le norme succedutesi nel tempo hanno perseguitosaranno strabilianti, soprattutto cercando di evitarne l’abusodall’integrazione con l’Internet Of Things e l’intelligenza artificiale. Siamo passati da una tutela legata in maniera rigida Questo indipendentemente dall’avanzamento che avverrà a cause tassative (L.230/62) quale presupposto per l’utilizzo del contratto a termine, che per decenni ha costituito un punto fermo (sia pure con progressive aperture) dell’istituto livello giuridico e che ha generato infiniti dibattiti giurisprudenziali e contenziosi; ad un concetto di tutela diametralmente opposto, legato alla “durata” del rapporto (massimo 36 mesi) indipendentemente da ogni motivazione. Punto di rottura di questa evoluzione è sicuramente la legge 92 del 2012 (riforma Fornero) che ha introdotto per la prima volta il contratto “acausale”. Oggi il contratto a termine, che è bene ricordarlo, è il frutto del recepimento della Direttiva Europea 99/70/Ce, ha di molto ridimensionato il nobile principio contenuto proprio nella citata direttiva e trasfuso nella nostra legislazione, secondo cui la “forma comune” del rapporto di lavoro sarebbe il tempo indeterminatodalle decisioni prese dai diversi Stati.
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Samples: Prova Finale