Common use of XXXX, Clause in Contracts

XXXX,. Xx forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss., 13 X. XXXXXXXX, La nuova grande trasformazione. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industriale, ADAPT University Press, 2017, pp. 3 ss. di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale. In questa prospettiva di ricerca appare necessario prendere le mosse da una generale disamina dell’art. 36 Cost., norma cardine che governa la materia retributiva, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui si è fatto cenno supra. Come noto, il suddetto articolo sancisce il principio di sufficienza e proporzionalità della retribuzione15, che a norma del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale da assicurare al lavoratore e ed alla sua famiglia un’esistenza libera e 14 I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019, pp. 15 ss., qui p. 35.

Appears in 1 contract

Samples: Accordo Presso Fusioni Sebine; Accordo Bosch; Accordo Carcano; Accordo Carmo; Accordo Cepi; Accordo Comeca; Accordo Feralpi; Accordo Radaeli Tecna; Accordo Corghi; Accordo Electrolux; Accordo Ima; Accordo Bergomi; Accordo Hitachi Rail Italy; Accordo Oerlikon Graziano; Accordo Siemens; Accordo Lino Manfrotto, Accordo Vitec Group; Accordo fra.bo; Accordo Cifa; Accordo Sersys Ambiente; Accordo Stmicroelectronics; Accordo Nexion; Accordo Brawo; Accordo Capgemini Italia; Accordo Ducati Motor Holding; Accordo Ansaldo

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiLa forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, Napoli, 2008, p. 251 142 Si vedano X. Xxxxx, Il Contratto, Milano, Xxxxxxx, p. 211; X. Xxxxxxxxx, Profili della forma nella nuova legislazione sui contratti, Napoli, Esi, 1999, p. 59; X. Xxxxxx, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, Milano, Xxxxxxx, 2008, p. 127. La normativa comunitaria è andata in XXXXsoccorso al consumatore come visto, 2010prevedendo obblighi informativi pregnanti in capo al professionista, n. 4per cui non è più il consumatore a doversi attivare con l’uso dell’ordinaria diligenza, ppcome disposto dalla normativa interna all’art. 637 ss1341 c.c. ma è il professionista a dover informare precisamente e dettagliatamente la controparte. Con la forma informativa l’informazione viene rivestita di una determinata forma, che solitamente come si vedrà in seguito è scritta, la quale prevede determinati requisiti di espressione. La politica comunitaria interviene in maniera decisa per riequilibrare quelle posizioni di disparità informativa, attraverso “1. La trasmissione di un numero determinato di informazioni che standardizzano il regolamento contrattuale secondo un procedimento formalizzato, soprattutto nelle relazioni B2C; 2. La qualità delle informazioni, chiare e comprensibili, esatte ed adeguate etc., 13 X. XXXXXXXXper permettere un controllo di qualità sul contenuto del contratto”. Il fine è quello di colmare il deficit informativo creando un consenso informato143, La nuova grande trasformazioneattraverso la previsione di una determinata forma e di requisiti qualitativi dell’informazione. Lavoro Per quanto riguarda la forma, il legislatore comunitario solitamente evita di prescrivere forme per l’intero contratto, la prescrizione riguarda solo l’informazione. Si può quindi verificare che le parti siano libere di concludere il contratto scegliendo la forma che appare più idonea, ma gli obblighi informativi soggiacciano a una forma particolare, solitamente scritta o comunque testuale anche su supporto durevole, come si vedrà in seguito. Tuttavia, non è sufficiente che l’informazione arrivi al consumatore e persona nella quarta rivoluzione industriale, ADAPT University Press, 2017, ppche attraverso la forma scritta sia suscettibile di plurime consultazioni anche a distanza di tempo dalla conclusione del contratto. 3 ss. di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è È necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto infatti che l’informazione venga compresa dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali destinatario e a quelli della famigliatal fine è indispensabile che 143 Ibidem, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14p. 254 presenti certi standard qualitativi che la rendono immediatamente comprensibile. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale. In questa prospettiva di ricerca appare necessario prendere le mosse da una generale disamina dell’art. 36 Cost., norma cardine che governa la materia retributiva, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui si è fatto cenno supra. Come noto, il suddetto articolo sancisce È questo il principio di sufficienza trasparenza contrattuale. La forma informativa pone quindi dei requisiti di stile che fanno in modo che l’informazione abbia una certa qualità, cioè che sia “chiara, adeguata, precisa, completa, comprensibile”144. I primi interventi del legislatore comunitario, con i quali si fissavano requisiti qualitativi all’informazione, si sono avuti negli anni 80145. Con la direttiva 90/314/CEE in materia di viaggi, vacanze e proporzionalità della retribuzione15circuiti tutto compreso, si stabiliva che le informazioni contenute nell’opuscolo informativo dovessero essere “leggibili, chiare e precise” (art. 3 comma 2) e “enunciate per iscritto o in ogni altra forma comprensibile ed accessibile”. Per informazione leggibile si intende l’informazione resa in maniera visivamente chiara, senza il ricorso a testi eccessivamente lunghi o a caratteri di testo troppi piccoli, che a norma scoraggino la lettura146. La chiarezza invece si riferisce al linguaggio, ai termini utilizzati nel testo informativo, e richiede l’utilizzo di termini di uso comune, non di conoscenza esclusiva del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale professionista147. La precisione riguarda la concentrazione delle informazioni e la loro specificità riguardo al negozio da assicurare concludere, senza riferimenti extra testuali che renderebbero difficoltosa la reperibilità delle informazioni da parte del consumatore148. La comprensibilità e l’accessibilità riguardano invece non tanto le caratteristiche del testo, ma le caratteristiche soggettive di colui al lavoratore quale le informazioni sono dirette, il suo livello di istruzione e ed alla sua famiglia un’esistenza libera e 14 I. XXXXXXle sue qualità psico- fisiche149. 144 X. Xxxx, X. XXXXXXXXXXXLa forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, X. XXXXX, (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019, pp. 15 sscit., qui p. 35255 145 Dir. 84/450/CEE in cui si obbliga il professionista a fornire un’informazione veritiera e corretta, dir. 87/102/CEE in cui si richiede che l’informazione sia adeguata.

Appears in 1 contract

Samples: iris.uniss.it

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiLa questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva, in Biblioteca 20 Maggio, 2019, p. 142; X. XXXX, 2010Salario minimo: Estensione selettiva dei minimi contrattuali, n. 4in Biblioteca 20 Maggio, 2022, pp. 637 ss211-212 collettivo6 che, anche se non concretamente applicato dall’imprenditore per mancata affiliazione all’associazione stipulante, per difetto di volontà ovvero in conseguenza della decisione di applicare un contratto collettivo destinato ad un diverso ambito di applicazione fosse univocamente individuabile come quello (ossia l’unico) corrispondente all’attività effettivamente esercitata7. Raffronto che quindi presupponeva l’agevole individuabilità del contratto parametro all’interno di un sistema contrattuale ordinato ed organico, sebbene autoregolato dagli attori del sistema di relazioni industriali.‌‌ Tale organicità è ormai gradualmente venuta meno8, con la conseguenza che la ricerca del più attendibile riferimento all’interno di quella che ben può meritare il romanzesco e metaforico richiamo alla definizione di giungla o palude contrattuale o di un teatro delle ombre in cui è sempre più difficile distinguere la sostanza – ossia l’autentica attendibilità sociale degli attori contrattuali e dei relativi prodotti negoziali – dall’evanescente apparenza del possesso di tale qualità, è divenuta un’operazione sempre più incerta e dagli esiti spesso opinabili. Né può dirsi che i precedenti tentativi legislativi di arginare tali derive attraverso l’imposizione di criteri selettivi destinati ad orientare la scelta del contratto collettivo da applicare (cfr., 13 X. XXXXXXXXtra i molti riferimenti, La nuova grande trasformazionel’art. Lavoro 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81) ovvero volti all’utilizzo di tali criteri ai fini dell’individuazione di adeguati parametri retributivi (come stabilito per i soci lavoratori di cooperative dall’art. 7, comma 4, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31) abbiano sortito effetti risolutivi o abbiano quanto meno apportato correttivi alle più gravi distorsioni alimentate da tale involuzione del quadro di relazioni industriali nel nostro Paese. Ciò in primo luogo perché la nozione di rappresentatività comparata, nonostante tale formulazione si appresti di qui a poco a celebrare il suo trentennio dall’introduzione nel lessico legislativo9, non ha mai ricevuto una chiara e persona nella quarta rivoluzione industriale“maneggevole” traduzione applicativa attraverso l’enucleazione di indicatori oggettivi e verificabili e di conseguenza non possiede una reale valenza selettiva. In secondo luogo perché, ADAPT University Pressin ragione di scelte di politica sindacale non pienamente lineari e condivisibili, 2017le stesse organizzazioni sindacali storicamente considerate come grandemente e/o storicamente rappresentative, pp. 3 ss. anziché contrastare la deriva pulviscolare della rappresentanza datoriale astenendosi dal riconoscimento dei nuovi e talvolta spregiudicati protagonisti di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresaquesta diaspora come controparti negoziali, e con la connessa esigenza organizzativa ne hanno indirettamente legittimato le ripercussioni maggiormente regressive, accettando di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e sottoscrivere contratti collettivi “concorrenziali” rispetto a quelli della famiglia, applicati negli stessi settori di benessere, cura attività (e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione stipulati dalle medesime organizzazioni sindacali) e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine fornendo quindi il loro sostanziale avallo all’insostenibile discesa dei trattamenti salariali ben al di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione sotto dei livelli di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione dignità economica e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale. In questa prospettiva di ricerca appare necessario prendere le mosse da una generale disamina dell’art. 36 Costsociale prefigurati dalla previsione costituzionale., norma cardine che governa la materia retributiva, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui si è fatto cenno supra. Come noto, il suddetto articolo sancisce il principio di sufficienza e proporzionalità della retribuzione15, che a norma del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale da assicurare al lavoratore e ed alla sua famiglia un’esistenza libera e 14 I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019, pp. 15 ss., qui p. 35.

Appears in 1 contract

Samples: iris.uniroma1.it

XXXX,. Xx forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss., 13 X. XXXXXXXX, La nuova grande trasformazione. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industriale, ADAPT University Press, 2017, pp. 3 ss. di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale. In questa prospettiva di ricerca appare necessario prendere le mosse da una generale disamina dell’art. 36 Cost., norma cardine che governa la materia retributiva, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui si è fatto cenno supra. Come noto, il suddetto articolo sancisce il principio di sufficienza e proporzionalità della retribuzione15, che a norma del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale da assicurare al lavoratore e ed alla sua famiglia un’esistenza libera e 14 I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, (a cura di) ), Il welfare aziendalenascosto. Una prospettiva giuridicaIl mercato privato dell’assistenza in Italia e in Europa, Carrocci, Roma, 2002, p. 40. letteratura sociologica e antropologica che per molti anni ha etichettato il fenomeno migratorio femminile come processo non autonomo, in quanto effettuato a seguito di mariti o padri, quindi delle più dinamiche componenti maschili del nucleo familiare. Ma le tendenze dell’assetto sociale e demografico italiano, unitamente alle politiche restrittive in materia di immigrazione, fanno si che una sostanziosa percentuale di questi lavoratori e lavoratrici sia confinata nel mercato del lavoro informale. Non sfugge certamente, in tale ottica, la complessa dinamica giuridica che accompagna l’inserimento in famiglia della donna immigrata (o, in misura alquanto minore, dell’uomo); al fine di regolarizzare la presenza e l’impiego di queste figure non basta ovviamente, per quanto importante da un punto di vista sociale, il desiderio di regolarizzazione da parte della famiglia “datrice” di lavoro, ma è necessario subordinare il rapporto di lavoro allo scadenzario dei decreti ministeriali che ne consentono l’ingresso, creando di fatto le condizioni per la proliferazione del c.d. lavoro “nero”, oltre all’insicurezza tanto delle lavoratrici straniere quanto delle famiglie italiane che usufruiscono del loro servizio. Alla difficoltà di regolarizzazione delle assistenti familiari prive di permesso di soggiorno si aggiunge altresì l’interesse economico di ridurre i costi aggiuntivi del contratto, che spinge il datore di lavoro, e in alcuni casi lo stesso lavoratore, a fare a meno della relativa stipulazione. In questo modo, alla “clandestinità” dello straniero, condizione che inibisce la regolarizzazione di qualsiasi rapporto lavorativo, si aggiunge il “sommerso”, ossia la conduzione, di fatto, di rapporti lavorativi con l’assistente familiare al di fuori di qualsiasi copertura contrattuale. Inoltre, come è stato sottolineato in letteratura, “è improprio ricondurre il fenomeno solo al lato della domanda, poiché anche l’offerta presenta caratteristiche tali da incrementare la richiesta di lavoro domestico: i compensi contenuti richiesti dai collaboratori domestici immigrati incoraggiano infatti sempre più famiglie ad avvalersi del loro lavoro quotidiano”28. In questo modo, dunque, il meccanismo domanda-offerta tenderebbe ad invertirsi: la disponibilità sul mercato del lavoro domestico di risorse a basso costo indurrebbe anche le famiglie con minori possibilità economiche ad avvalersi di tali figure per la cura dei propri familiari non autonomi29. Certamente, come avremo modo di analizzare, lo studio di questo segmento occupazionale obbliga a tenere in considerazione molti elementi tra loro interconnessi: politiche migratorie, trasformazione dei sistemi di welfare, peculiarità del mercato lavorativo, progetti migratori, caratteristiche soggettive delle migranti. La contemporanea analisi di questi fattori ci consentirà, dunque, di ricostruire gli elementi caratterizzanti il settore dell’assistenza agli anziani nella provincia di Modena, mettendo a punto un’analisi, il più completa possibile, della multidimensionalità di questo fenomeno. È stato più volte sottolineato in letteratura come l’Italia possa ormai certamente essere considerata parte di quel sistema di collegamento tra Europa e paesi di emigrazione; un sistema in cui l’immigrazione, da fenomeno straordinario, giunge a costituire una “componente strutturale”30 della società, ponendo sfide cruciali per quanto concerne l’assetto del territorio, l’organizzazione del sistema di welfare, l’integrazione della popolazione straniera nel tessuto sociale e produttivo locale. 28 Cfr ACLI- IREF, Il MulinoWelfare fatto in casa, 2019Roma, 2007, p. 5. 29 Sul tema cfr. X. Xxxxxxx, Il mito del lavoro domestico, op. cit., pp. 15 ss452-459., qui p. 35.

Appears in 1 contract

Samples: amsdottorato.unibo.it

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiLa whole business securitisation alla luce del nuovo diritto societario e fallimentare italiano, in XXXXDir. Fall. , 20102007,158 e ss; X. Xxxxxx, Appunti in tema di diritto fallimentare e operazioni di securitization, in Fallimento, 2006, 883; X. Xx Xxxxxx, Trust e concordato preventivo, ivi, 2007, 245; X. Xxxxx Trust e procedure concorsuali, in www. Trust e attività finanziarie, saggi 2007; X. Xxxxxxx, Il ruolo del trust nella In particolare per quanto riguarda la cartolarizzazione introdotta in Italia con la legge n. 4130/ ’99 si ritiene che la nuova formulazione della legge fallimentare nel consentire il ricorso alla cessione dei crediti in blocco anche di quelli futuri abbia reso percorribile la strada della securitization, pppure se i costi dell’operazione appaiono difficilmente compatibili con le procedure concorsuali quali il fallimento e il concordato preventivo. 637 ssNel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti e dei piani di risanamento la cartolarizzazione dei crediti dovrà essere accettata dalla maggioranza del 60% dei creditori, con attribuzione agli stessi della liquidità derivante dall’operazione mentre più dubbia appare la possibilità di attribuzione dei titoli dell’operazione, con l’intangibilità delle operazioni e dei pagamenti dalla revocatoria non solo sulla base della legge fallimentare , ma anche sulla base della legge 130/99. La cartolarizzazione ( o securitisation) è una tecnica finanziaria, nata negli Stati Uniti che prevede la cessione pro-soluto di attività patrimoniali capaci di generare flussi di cassa, quali i crediti o gli immobili, da parte dell’originator ad una società appositamente costituita ( società veicolo o SVP) a fronte della corresponsione di un prezzo di cessione. La società veicolo finanziano tale pagamento mediante l’emissione di titoli che vengono collocati presso gli investitori e che verranno rimborsati esclusivamente con i ricavi dell’attività ceduta. Più complesso appare il ricorso alla Whole business securitisation ( o corporate securitisation sviluppatasi negli anni ’90 in Inghiltera), che come la true sale securitisation ( cessione pro – soluto dei crediti) appare finalizzata a reperire liquidità sul mercato dei capitali con l’emissione di titoli, senza intermediazione delle banche, ma si differenza dalla cartolarizzazione classica in quanto è una forma ibrida ai confini fra la cartolarizzazione e il mutuo garantito, in cui l’originator non vende alcun asset alla società veicolo composizione negoziale dell’insolvenza, ivi, luglio 2007; Xxxxxxx , Cartolarizzazione dei crediti, assicurazione e amministrazione straordinaria delle imprese in crisi, in Fallimento, 2000, 1199 ( SPV), ma contrae un mutuo a medio o lungo termine ( anche trent’anni) garantito dai suoi beni, che genera un flusso di cassa, mentre la SPV si finanzia sul mercato emettendo dei titoli in più tranches e i pagamenti agli investitori avvengono con il flusso di cassa dell’impresa originator. I pagamenti del capitale e degli interessi agli investitori non avvengono con il pagamento dei crediti ceduti, ma vengono serviti con il cash flow dell’intera attività imprenditoriale. L’applicabilità di tale tecnica finanziaria nell’ordinamento italiano appare tuttavia dubbia anche se l’introduzione dei patrimoni destinati ad uno specifico affare ( artt. 2447, primo comma , lett. b) e 2447 – decise cod. civ.) consentirebbe la segregazione del cash flow proveniente da un determinato affare, 13 X. XXXXXXXXche costituisce patrimonio separato, La nuova grande trasformazionementre non sembra che si possa considerare superata l’altra difficoltà rappresentata dalle possibili conseguenze dell’insolvenza dell’originator, dato che anche se l’affare può essere continuato malgrado l’insolvenza dell’originator ( art. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industriale2447 – decies, ADAPT University Presssesto comma), 2017, pp. 3 ss. tale previsione non impedisce al curatore di poter contare su decidere discrezionalmente se continuare l’affare o liquidare i beni.34 Il trust è un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su tipo di rapporto giuridico nel quale la proprietà di un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresabene appartiene temporaneamente a un soggetto giuridico, e con detto trustee, il quale tuttavia non ne ha la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complessepiena disponibilità, in quanto è necessario comprendere se si concretizza anche vincolato da un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. Enatura fiduciaria che gli impone di esercitare il suo diritto reale a beneficio di un altro soggetto, dunquedetto appunto beneficiary (al quale saranno trasferiti in piena proprietà i beni alla fine del trust), è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura appartiene il diritto di natura equitable . Il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano beneficiario nei sistemi di diritto civile (Corte di Giustizia europea sentenza Web vs Web) non è un diritto reale, ma personale verso il trustee (non vi è nessuna doppia proprietà sul bene in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale. In questa prospettiva di ricerca appare necessario prendere le mosse da una generale disamina dell’art. 36 Costtrust)., norma cardine che governa la materia retributiva, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui si è fatto cenno supra. Come noto, il suddetto articolo sancisce il principio di sufficienza e proporzionalità della retribuzione15, che a norma del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale da assicurare al lavoratore e ed alla sua famiglia un’esistenza libera e 14 I. XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXX, (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019, pp. 15 ss., qui p. 35.

Appears in 1 contract

Samples: www.unijuris.it

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiIl diritto dei consumatori, in XXXXRoma-Bari, 20101999, n. 4, pp. 637 p. 3 ss., 13 128 ss.; X. XXXXXXXXXXXXXXXXXX, La nuova grande trasformazione. Lavoro I principi di diritto europeo dei contratti e persona nella quarta rivoluzione industrialel’idea di codice, ADAPT University Pressin Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, 2017a cura di X. Xxxxxxx, pp. 3 Padova, 1999, p. 854 ss. Con questi limitati obbiettivi è possibile individuare da un lato modalità di poter contare intervento sull’atto che impongono un contenuto minimo essenziale, limitano il potere di modificare il contratto e introducono requisiti formali in funzione di protezione76; dall’altro, criteri di valutazione dei contegni con espresso riferimento alla buona fede. Emblematica in questo ultimo senso la Direttiva 93/13/CEE che trattando dei contratti dei consumatori nel considerando n. 16, definisce la clausola come una valutazione globale sull’atto che deve tener conto di alcuni fattori determinati. La forza delle rispettive posizioni dei contraenti, l’esistenza di condizionamenti nel prestare il consenso, la presenza o meno di un ordine del consumatore, le modalità del contegno del professionista con la controparte di cui si deve tenere presenti i legittimi interessi77. È chiara l’influenza del modello tedesco costruito dalla giurisprudenza sin dai primi decenni del ‘900 e recepito nella legge del 1966 solo novellata in attuazione della Direttiva, ma dal confronto con gli altri ordinamenti si ricava una differenza più formale che sostanziale. In Francia, si elimina il riferimento all’abuso di potere economico del professionista per valutare l’abusività ma tale elemento era da tempo in giurisprudenza presunto nelle contrattazioni fra professionisti e consumatore. In Inghilterra, il quadro è più complesso: era già in vigore un controllo di tipo amministrativo e giudiziario e la Direttiva è stata recepita con un Regolamento che mantiene in vita anche la precedente legge del 1977. Fra i due provvedimenti vi è diversità: la legge del 1977 rimette la valutazione ad un controllo di ragionevolezza e il Regolamento di attuazione ad un giudizio di buona fede. Se però si analizzano le guide-line dei rispettivi allegati è facile constatare che si indicano dei criteri di valutazione in larga misura coincidenti con quelli della Direttiva Comunitaria, anche se con un ambito operativo diverso: la legge si riferisce ai contratti di impresa, il Regolamento ai contratti fra professionisti e consumatori78. Se coordiniamo le norme generali previste nel codice, le leggi speciali e la giurisprudenza della Corte di Cassazione è possibile ricavare un significato costante della buona fede. Con essa si fa 76 V. tra le altre la Dir. 93/13/CEE, pubbl. in G.U. L. 095 del 21/04/1993, p. 29, sulle clausole abusive; Dir. 97/7/CE in G.U. L. 44 del 04/06/1997 sulle vendite a distanza, p. 191; Dir. 84/450/CEE in G.U. L. 250 del 19/09/1984, p. 17, modificata dalla Dir. 97/55/CE in G.U. L. 290 del 23/10/1997, p. 187, sulla pubblicità ingannevole e comparativa; Dir. 87/102/CEE, modificata dalla Dir. 97/7/CE in G.U. L. 101 del 01/04/1998, p. 17, sul credito al consumo; Dir. 93/22/CEE, in G.U. L. 141, del 11/06/1993, p. 27, modificata dalla Dir. 97/9/CE, in G.U. L. 84, del 26/03/1997, p. 22, sull’investimento nel settore dei valori mobiliari; Dir. 94/117/CE, in G.U. L. 280, del 29/10/1994, p. 73, sulla vendita in multiproprietà; Dir. 99/44/CE in G.U. L. 171, del 07/07/1999, p. 12, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo. Per alcuni approfondimenti v. Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 1999; v. altresì Dir. 2000/35/CE del 29/06/2000, in G.U. 08/08/2000 sui termini di pagamento e al legge di recezione D.lgs. 20 settembre 2002. 77 Direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nel considerando n. 16 si dice che “la valutazione del carattere abusivo di clausole ... deve essere integrata con uno strumento idoneo ad attuare una valutazione globale dei vari interessi in causa”, criterio che si esplica nel requisito della buona fede che implica “una particolare attenzione alla forza delle rispettive posizioni delle parti, al quesito se il consumatore sia stato in qualche modo incoraggiato a dare il suo consenso alle clausole e se i beni o servizi siano stati venduti o forniti su ordine speciale del consumatore”. Si osserva poi che il professionista può soddisfare il requisito della buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve "tenere presenti i legittimi interessi”. riferimento ad un particolare impegno organizzativo dovere che sorge indipendentemente dalla volontà delle parti, preesiste alla for- mazione del contratto e impone obblighi specifici di comportamento rilevanti sotto vari profili. La clausola consente un giudizio di riprovazione dei dipendenti contegni e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e questa base va sperimentata una consonanza con la connessa esigenza organizzativa common law che reprime la scorretta procedurale e attribuisce rilevanza alle ragionevoli aspettative delle parti79. Fra le quali si deve considerare l’affidamento di individuare strutture motivazionali più articolate e complesseun contraente a che l’altro osservi nei suoi confronti, non solo i contegni a cui è tenuto in virtù del rapporto ma anche di tutti gli altri contegni richiesti dalle norme o da doveri specifici presenti in settori determinati di attività80. «Una tale interpretazione, infatti, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto in contrasto con i principi di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro buona fede e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello correttezza come ormai facenti parte del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattualetessuto connettivo dell’ordinamento giuridico. In questa prospettiva ottica deve, infatti, – ancora una volta – ribadirsi che l’obbligo di ricerca appare necessario prendere le mosse da una buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale disamina dell’artprincipio di solidarietà sociale – la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica, proprio per il suo rapporto sinergico con il dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 36 2 Cost., norma cardine che governa la materia retributivaa quella clausola generale attribuisce forza nomativa e ricchezza di contenuti –, interrogandosi sull’attualità di tale precetto costituzionale alla luce dei mutamenti del sostrato organizzativo del lavoro produttivo cui applicabile, sia in ambito contrattuale, sia in quello extracontrattuale. In questa prospettiva, si è fatto cenno supragiunti ad affermare che il criterio della buona fede costituisce strumento, per il giudice, atto a controllare, anche in senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi (v. S.U. 15.11.2007 n. 23726 ed i richiami ivi contenuti). Come notoXxxxxx, il suddetto articolo sancisce poi, nell’ambito contrattuale, va affermato che il principio della buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di sufficienza e proporzionalità della retribuzione15condotta, che a norma deve presiedere all’esecuzione del dato letterale veicolato dalla disposizione deve essere tale da assicurare al lavoratore e contratto, così come alla sua formazione ed alla sua famiglia un’esistenza libera interpretazione ed, in definitiva, accompagnarlo in ogni sua fase. La buona fede, pertanto, si atteggia come un impegno od obbligo di solidarietà, che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e 14 I. XXXXXXdal dovere del neminem laedere, X. XXXXXXXXXXXsenza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, X. XXXXX, siano idonei a preservare gli interessi dell’altra parte» (a cura di) Il welfare aziendale. Una prospettiva giuridica, Il Mulino, 2019, pp. 15 ssCass., qui p. 35sez. III, 5 marzo 2009, n. 5348).

Appears in 1 contract

Samples: Convenzione Di Vienna