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Common use of XXXX, Clause in Contracts

XXXX,. Xx forme retributive incentivanti, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 ss., 13 X. XXXXXXXX, La nuova grande trasformazione. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industriale, ADAPT University Press, 2017, pp. 3 ss. di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattuale. 2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni

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Samples: Tesi Di Dottorato

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiLa questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva, in Biblioteca 20 Maggio, 2019, p. 142; X. XXXX, 2010Salario minimo: Estensione selettiva dei minimi contrattuali, n. 4in Biblioteca 20 Maggio, 2022, pp. 637 ss211-212 collettivo6 che, anche se non concretamente applicato dall’imprenditore per mancata affiliazione all’associazione stipulante, per difetto di volontà ovvero in conseguenza della decisione di applicare un contratto collettivo destinato ad un diverso ambito di applicazione fosse univocamente individuabile come quello (ossia l’unico) corrispondente all’attività effettivamente esercitata7. Raffronto che quindi presupponeva l’agevole individuabilità del contratto parametro all’interno di un sistema contrattuale ordinato ed organico, sebbene autoregolato dagli attori del sistema di relazioni industriali.‌‌ Tale organicità è ormai gradualmente venuta meno8, con la conseguenza che la ricerca del più attendibile riferimento all’interno di quella che ben può meritare il romanzesco e metaforico richiamo alla definizione di giungla o palude contrattuale o di un teatro delle ombre in cui è sempre più difficile distinguere la sostanza – ossia l’autentica attendibilità sociale degli attori contrattuali e dei relativi prodotti negoziali – dall’evanescente apparenza del possesso di tale qualità, è divenuta un’operazione sempre più incerta e dagli esiti spesso opinabili. Né può dirsi che i precedenti tentativi legislativi di arginare tali derive attraverso l’imposizione di criteri selettivi destinati ad orientare la scelta del contratto collettivo da applicare (cfr., 13 X. XXXXXXXXtra i molti riferimenti, La nuova grande trasformazionel’art. Lavoro 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81) ovvero volti all’utilizzo di tali criteri ai fini dell’individuazione di adeguati parametri retributivi (come stabilito per i soci lavoratori di cooperative dall’art. 7, comma 4, del d.l. 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2008, n. 31) abbiano sortito effetti risolutivi o abbiano quanto meno apportato correttivi alle più gravi distorsioni alimentate da tale involuzione del quadro di relazioni industriali nel nostro Paese. Ciò in primo luogo perché la nozione di rappresentatività comparata, nonostante tale formulazione si appresti di qui a poco a celebrare il suo trentennio dall’introduzione nel lessico legislativo9, non ha mai ricevuto una chiara e persona nella quarta rivoluzione industriale“maneggevole” traduzione applicativa attraverso l’enucleazione di indicatori oggettivi e verificabili e di conseguenza non possiede una reale valenza selettiva. In secondo luogo perché, ADAPT University Pressin ragione di scelte di politica sindacale non pienamente lineari e condivisibili, 2017le stesse organizzazioni sindacali storicamente considerate come grandemente e/o storicamente rappresentative, pp. 3 ss. anziché contrastare la deriva pulviscolare della rappresentanza datoriale astenendosi dal riconoscimento dei nuovi e talvolta spregiudicati protagonisti di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresaquesta diaspora come controparti negoziali, e con la connessa esigenza organizzativa ne hanno indirettamente legittimato le ripercussioni maggiormente regressive, accettando di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e sottoscrivere contratti collettivi “concorrenziali” rispetto a quelli della famiglia, applicati negli stessi settori di benessere, cura attività (e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione stipulati dalle medesime organizzazioni sindacali) e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine fornendo quindi il loro sostanziale avallo all’insostenibile discesa dei trattamenti salariali ben al di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione sotto dei livelli di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione dignità economica e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattualesociale prefigurati dalla previsione costituzionale. 2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni

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Samples: Contratto Collettivo

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiIl diritto dei consumatori, in XXXXRoma-Bari, 20101999, n. 4, pp. 637 p. 3 ss., 13 128 ss.; X. XXXXXXXXXXXXXXXXXX, La nuova grande trasformazione. Lavoro I principi di diritto europeo dei contratti e persona nella quarta rivoluzione industrialel’idea di codice, ADAPT University Pressin Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, 2017a cura di X. Xxxxxxx, pp. 3 Padova, 1999, p. 854 ss. Con questi limitati obbiettivi è possibile individuare da un lato modalità di poter contare intervento sull’atto che impongono un contenuto minimo essenziale, limitano il potere di modificare il contratto e introducono requisiti formali in funzione di protezione76; dall’altro, criteri di valutazione dei contegni con espresso riferimento alla buona fede. Emblematica in questo ultimo senso la Direttiva 93/13/CEE che trattando dei contratti dei consumatori nel considerando n. 16, definisce la clausola come una valutazione globale sull’atto che deve tener conto di alcuni fattori determinati. La forza delle rispettive posizioni dei contraenti, l’esistenza di condizionamenti nel prestare il consenso, la presenza o meno di un ordine del consumatore, le modalità del contegno del professionista con la controparte di cui si deve tenere presenti i legittimi interessi77. È chiara l’influenza del modello tedesco costruito dalla giurisprudenza sin dai primi decenni del ‘900 e recepito nella legge del 1966 solo novellata in attuazione della Direttiva, ma dal confronto con gli altri ordinamenti si ricava una differenza più formale che sostanziale. In Francia, si elimina il riferimento all’abuso di potere economico del professionista per valutare l’abusività ma tale elemento era da tempo in giurisprudenza presunto nelle contrattazioni fra professionisti e consumatore. In Inghilterra, il quadro è più complesso: era già in vigore un controllo di tipo amministrativo e giudiziario e la Direttiva è stata recepita con un Regolamento che mantiene in vita anche la precedente legge del 1977. Fra i due provvedimenti vi è diversità: la legge del 1977 rimette la valutazione ad un controllo di ragionevolezza e il Regolamento di attuazione ad un giudizio di buona fede. Se però si analizzano le guide-line dei rispettivi allegati è facile constatare che si indicano dei criteri di valutazione in larga misura coincidenti con quelli della Direttiva Comunitaria, anche se con un ambito operativo diverso: la legge si riferisce ai contratti di impresa, il Regolamento ai contratti fra professionisti e consumatori78. Se coordiniamo le norme generali previste nel codice, le leggi speciali e la giurisprudenza della Corte di Cassazione è possibile ricavare un significato costante della buona fede. Con essa si fa 76 V. tra le altre la Dir. 93/13/CEE, pubbl. in G.U. L. 095 del 21/04/1993, p. 29, sulle clausole abusive; Dir. 97/7/CE in G.U. L. 44 del 04/06/1997 sulle vendite a distanza, p. 191; Dir. 84/450/CEE in G.U. L. 250 del 19/09/1984, p. 17, modificata dalla Dir. 97/55/CE in G.U. L. 290 del 23/10/1997, p. 187, sulla pubblicità ingannevole e comparativa; Dir. 87/102/CEE, modificata dalla Dir. 97/7/CE in G.U. L. 101 del 01/04/1998, p. 17, sul credito al consumo; Dir. 93/22/CEE, in G.U. L. 141, del 11/06/1993, p. 27, modificata dalla Dir. 97/9/CE, in G.U. L. 84, del 26/03/1997, p. 22, sull’investimento nel settore dei valori mobiliari; Dir. 94/117/CE, in G.U. L. 280, del 29/10/1994, p. 73, sulla vendita in multiproprietà; Dir. 99/44/CE in G.U. L. 171, del 07/07/1999, p. 12, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo. Per alcuni approfondimenti v. Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, a cura di X. Xxxxxxx, Padova, 1999; v. altresì Dir. 2000/35/CE del 29/06/2000, in G.U. 08/08/2000 sui termini di pagamento e al legge di recezione D.lgs. 20 settembre 2002. 77 Direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nel considerando n. 16 si dice che “la valutazione del carattere abusivo di clausole ... deve essere integrata con uno strumento idoneo ad attuare una valutazione globale dei vari interessi in causa”, criterio che si esplica nel requisito della buona fede che implica “una particolare attenzione alla forza delle rispettive posizioni delle parti, al quesito se il consumatore sia stato in qualche modo incoraggiato a dare il suo consenso alle clausole e se i beni o servizi siano stati venduti o forniti su ordine speciale del consumatore”. Si osserva poi che il professionista può soddisfare il requisito della buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve "tenere presenti i legittimi interessi”. riferimento ad un particolare impegno organizzativo dovere che sorge indipendentemente dalla volontà delle parti, preesiste alla for- mazione del contratto e impone obblighi specifici di comportamento rilevanti sotto vari profili. La clausola consente un giudizio di riprovazione dei dipendenti contegni e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e questa base va sperimentata una consonanza con la connessa esigenza organizzativa common law che reprime la scorretta procedurale e attribuisce rilevanza alle ragionevoli aspettative delle parti79. Fra le quali si deve considerare l’affidamento di individuare strutture motivazionali più articolate e complesseun contraente a che l’altro osservi nei suoi confronti, non solo i contegni a cui è tenuto in virtù del rapporto ma anche di tutti gli altri contegni richiesti dalle norme o da doveri specifici presenti in settori determinati di attività80. «Una tale interpretazione, infatti, è necessario comprendere se in contrasto con i principi di buona fede e correttezza come ormai facenti parte del tessuto connettivo dell’ordinamento giuridico. In questa ottica deve, infatti, – ancora una volta – ribadirsi che l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale – la cui costituzionalizzazione è ormai pacifica, proprio per il suo rapporto sinergico con il dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., che a quella clausola generale attribuisce forza nomativa e ricchezza di contenuti –, applicabile, sia in ambito contrattuale, sia in quello extracontrattuale. In questa prospettiva, si concretizza è giunti ad affermare che il criterio della buona fede costituisce strumento, per il giudice, atto a controllare, anche in senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi (v. S.U. 15.11.2007 n. 23726 ed i richiami ivi contenuti). Xxxxxx, poi, nell’ambito contrattuale, va affermato che il principio della buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, deve presiedere all’esecuzione del contratto, così come alla sua formazione ed alla sua interpretazione ed, in definitiva, accompagnarlo in ogni sua fase. La buona fede, pertanto, si atteggia come un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datorialeimpegno od obbligo di solidarietà, all’interno dello schema sinallagmatico previsto che impone a ciascuna parte di tenere quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal rapporto di lavoro. Edovere del neminem laedere, dunquesenza rappresentare un apprezzabile sacrificio a suo carico, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e siano idonei a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con preservare gli interessi più personali del dipendente14dell’altra parte» (Cass., sez. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritarioIII, dunque5 marzo 2009, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattualen. 5348). 2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni

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Samples: Corso Di Diritto Civile

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiLa forma informativa nel diritto contrattuale europea. Verso una nozione procedurale di contratto, Napoli, 2008, p. 251 142 Si vedano X. Xxxxx, Il Contratto, Milano, Xxxxxxx, p. 211; X. Xxxxxxxxx, Profili della forma nella nuova legislazione sui contratti, Napoli, Esi, 1999, p. 59; X. Xxxxxx, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al nuovo formalismo, Milano, Xxxxxxx, 2008, p. 127. La normativa comunitaria è andata in XXXXsoccorso al consumatore come visto, 2010prevedendo obblighi informativi pregnanti in capo al professionista, n. 4per cui non è più il consumatore a doversi attivare con l’uso dell’ordinaria diligenza, ppcome disposto dalla normativa interna all’art. 637 ss1341 c.c. ma è il professionista a dover informare precisamente e dettagliatamente la controparte. Con la forma informativa l’informazione viene rivestita di una determinata forma, che solitamente come si vedrà in seguito è scritta, la quale prevede determinati requisiti di espressione. La politica comunitaria interviene in maniera decisa per riequilibrare quelle posizioni di disparità informativa, attraverso “1. La trasmissione di un numero determinato di informazioni che standardizzano il regolamento contrattuale secondo un procedimento formalizzato, soprattutto nelle relazioni B2C; 2. La qualità delle informazioni, chiare e comprensibili, esatte ed adeguate etc., 13 per permettere un controllo di qualità sul contenuto del contratto”. Il fine è quello di colmare il deficit informativo creando un consenso informato143, attraverso la previsione di una determinata forma e di requisiti qualitativi dell’informazione. Per quanto riguarda la forma, il legislatore comunitario solitamente evita di prescrivere forme per l’intero contratto, la prescrizione riguarda solo l’informazione. Si può quindi verificare che le parti siano libere di concludere il contratto scegliendo la forma che appare più idonea, ma gli obblighi informativi soggiacciano a una forma particolare, solitamente scritta o comunque testuale anche su supporto durevole, come si vedrà in seguito. Tuttavia, non è sufficiente che l’informazione arrivi al consumatore e che attraverso la forma scritta sia suscettibile di plurime consultazioni anche a distanza di tempo dalla conclusione del contratto. È necessario infatti che l’informazione venga compresa dal destinatario e a tal fine è indispensabile che 143 Ibidem, p. 254 presenti certi standard qualitativi che la rendono immediatamente comprensibile. È questo il principio di trasparenza contrattuale. La forma informativa pone quindi dei requisiti di stile che fanno in modo che l’informazione abbia una certa qualità, cioè che sia “chiara, adeguata, precisa, completa, comprensibile”144. I primi interventi del legislatore comunitario, con i quali si fissavano requisiti qualitativi all’informazione, si sono avuti negli anni 80145. Con la direttiva 90/314/CEE in materia di viaggi, vacanze e circuiti tutto compreso, si stabiliva che le informazioni contenute nell’opuscolo informativo dovessero essere “leggibili, chiare e precise” (art. 3 comma 2) e “enunciate per iscritto o in ogni altra forma comprensibile ed accessibile”. Per informazione leggibile si intende l’informazione resa in maniera visivamente chiara, senza il ricorso a testi eccessivamente lunghi o a caratteri di testo troppi piccoli, che scoraggino la lettura146. La chiarezza invece si riferisce al linguaggio, ai termini utilizzati nel testo informativo, e richiede l’utilizzo di termini di uso comune, non di conoscenza esclusiva del professionista147. La precisione riguarda la concentrazione delle informazioni e la loro specificità riguardo al negozio da concludere, senza riferimenti extra testuali che renderebbero difficoltosa la reperibilità delle informazioni da parte del consumatore148. La comprensibilità e l’accessibilità riguardano invece non tanto le caratteristiche del testo, ma le caratteristiche soggettive di colui al quale le informazioni sono dirette, il suo livello di istruzione e le sue qualità psico- fisiche149. 144 X. XXXXXXXXXxxx, La nuova grande trasformazioneforma informativa nel diritto contrattuale europea. Lavoro Verso una nozione procedurale di contratto, cit., p. 255 145 Dir. 84/450/CEE in cui si obbliga il professionista a fornire un’informazione veritiera e persona nella quarta rivoluzione industrialecorretta, ADAPT University Press, 2017, ppdir. 3 ss. di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresa, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se 87/102/CEE in cui si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione richiede che l’informazione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in atto, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattualeadeguata. 2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni

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Samples: Contract of Travel

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiIl contratto, in XXXX, 2010, n. 4, pp. 637 sscit., 13 X. XXXXXXXXp. 220. interessa è capire come regolare i rapporti delle parti quando ci sono differenze tra l’affidamento dell’acquirente circa la consistenza patrimoniale, La nuova grande trasformazionefinanziaria, reddituale della società e la situazione reale. Lavoro e persona nella quarta rivoluzione industrialeQueste differenze possono anche non essere così grandi, ADAPT University Pressma è comunque necessario risolvere queste questioni. Non è allora utile per l’acquirente che il contratto di acquisizione abbia come unica fonte di tutela le norme generali in tema di compravendita, 2017essendo queste insensibili alle caratteristiche peculiari delle azioni legate alla dinamicità, pp. 3 ss. di poter contare su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti e su un loro maggiore coinvolgimento nei valori e negli obiettivi dell’impresavariabilità elevata del patrimonio da esse rappresentato, e con la connessa esigenza organizzativa di individuare strutture motivazionali più articolate e complesse, è necessario comprendere se non tenendo conto degli interessi economici sottostanti. Tutti gli strumenti che si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità applicano alla vendita non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprendere, in particolare, se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano sono in grado di cogliere tutelare l’acquirente, se non in casi limite in cui sia deliberato lo scioglimento, la liquidazione giudiziale o sia cambiato l’oggetto sociale. È, allora, onere dell’acquirente, in sede di trattative, richiedere alla controparte delle garanzie sull’effettiva consistenza patrimoniale della società. Gli autori sono ormai d’accordo sul fatto che questo sia uno dei pochi strumenti che permettono di dare rilevanza ai beni sociali nel contratto di acquisizione. È necessaria una disciplina pattizia che faccia chiaramente emergere gli interessi dell’acquirente relativamente alla situazione patrimoniale della società. Di fatti, una forma di tutela legale percorribile soprattutto nel caso di vendita non convenzionalmente garantita esiste e riguarda il caso di dolo del venditore che induce l’altra parte in errore con un comportamento omissivo o commissivo13. Richiedere l’azione di annullamento del contratto per dolo non è, però, una pratica diffusa, considerato anche lo scarso riconoscimento da parte della giurisprudenza della capacità del comportamento doloso di determinare la volontà dell’altra parte. Sembra essere legato alla difficoltà dell’attore di fornire la prova dell’intenzione fraudolenta, soprattutto quando il danno si manifesti dopo la conclusione del contratto, perché in tal caso è necessario che il venditore fosse a conoscenza (al momento della conclusione del contratto) del fatto che la situazione esistente in quel momento avrebbe determinato un’alterazione del patrimonio della società. A questo si aggiungano anche le trasformazioni in attodifficoltà di prova nel caso specifico dell’omissione. Si pongono, raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi qui, problemi legati alla posizione delle parti del rapporto contrattuale. 2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni(posizione di vicinanza rispetto all’informazione, capacità di informarsi, costi

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Samples: Acquisition Agreement

XXXX,. Xx forme retributive incentivantiIl diritto all’identità personali ieri e oggi. Informazione, mercato, dati personali, in XXXXX. XXXXXXX (a cura di), 2010Libera circolazione e protezione dei dati personali, n. 4cit., p. 276. Nello stesso senso, X. XXXXXX, Analisi economica del diritto alla riservatezza, in X. XXXX (a cura di), Da costo a risorsa. Attività produttive e protezione dei dati personali, Roma, 2002, p. 248, ove si segnala altresì il sospetto di inutilità dell’analisi economica. 102 Con riguardo alla ratio della disciplina sulla protezione dei dati personali, deve prendersi atto che essa risponde, oltre che a un’evidente finalità personalistica, anche ad una logica di tipo economico, sintetizzabile nel favorire la circolazione di informazioni personali nel mercato unico dell’UE. Non può negarsi, dunque, che lo statuto europeo del trattamento dei dati personali è retto non solo dall’esigenza di assicurare un soddisfacente livello di protezione della persona, soprattutto in termini di garanzia della propria identità, ma anche da esigenze diverse, che potremmo definire mercantili. Basti pensare che la base giuridica della direttiva 95/46/Ce era costituita dall’ex art. 100 A del Trattato Cee, riguardante la competenza per l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno; per di più, i considerando 3, 4 e 5 della medesima direttiva certificavano in modo esplicito la rilevanza economica del flusso di dati personali all’interno del mercato della Comunità europea. Con il regolamento (Ue) 2016/679, pur essendo cambiata la base giuridica, che ora trova riscontro nell’espressa competenza dell’Unione a dettare norme relative alla libera circolazione dei dati di carattere personale ai sensi dell’art. 16 TFUE, non sono affatto venute meno le ragioni economiche sottese alla normativa. Ad esempio, il considerando 2 del regolamento dichiara l’obiettivo di contribuire alla realizzazione «di un’unione economica, al progresso economico e sociale, al rafforzamento e alla convergenza delle economie nel mercato interno [oltre che al benessere delle persone fisiche e alla realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia]» (corsivi aggiunti); coerentemente, il considerando 7 afferma «l'importanza di creare il clima di fiducia che consentirà lo sviluppo dell’economia digitale in tutto il mercato interno». Ad avviso di alcuni autori, il regolamento pone addirittura l’enfasi maggiore proprie sulle esigenze di circolazione delle informazioni nel mercato rispetto alle istanze di tutela personalistica: F. BRAVO, Il “diritto” a trattare dati personali nello svolgimento dell’attività economica, Padova, 2018, passim (in part. pp. 637 188-199), ove addirittura si riscontra nel considerando 4 del Regolamento «il germe di una norma […] dalla portata astrattamente demolitoria del principio personalistico». In generale, su posizioni simili, ma giuseconomica e soprattutto circa le conseguenze giuridiche che si vogliono far discendere da questo tipo di analisi103. Più realisticamente, dovrebbe prendersi contezza, piuttosto, che le nette prese di posizione della nostra dottrina contro l’opportunità di applicare la logica economica al tema della privacy nascono (e si spiegano) soprattutto dalla necessità di rispondere alle provocazioni di Xxxxxx di analizzare le relazioni personali come se fossero rapporti di mercato. Scisso il giudizio sull’analisi economica della privacy dalle riflessioni suscitate dagli scritti del celebre esponente della scuola di Chicago, ai quali deve riconoscersi di aver monopolizzato gran parte del dibattito scientifico sul tema, appare opportuno, per verificare l’utilità e la legittimità di un discorso giuseconomico sui dati personali, disarticolare i riferimenti normativi, ponendosi in una prospettiva che non insegue pretese generalizzanti104. In tale ottica, si possono valorizzare le considerazioni di quella dottrina che, pur criticando certe distorsioni e abnormità dell’economics of privacy, ritiene opportuno distinguere le informazioni «neutre» dalle con xxxx critici verso la complessiva impalcatura regolamentare, v. X. XXXXXXX, Il regolamento generale sulla protezione dei dati personali e i diritti dell’interessato, in Nuove leggi civ. comm., 2017, p. 375 ss., 13 e X. XXXXXXX, Note minime in tema di trattamento dei dati personali, in Eur. dir. priv., 2018, p. 305; sembra accogliere, invece, positivamente l’impronta mercantilistica del RGPD, in quanto più coerente allo stato della prassi, X. XXXXXXXX, La nuova grande trasformazionepatrimonializzazione dei dati personali. Lavoro Contratto e mercato nella ricostruzione del fenomeno, in Dir. inf., 2018, p. 716 ss. 104 L’attribuzione di cittadinanza a letture strumentali nell’ambito della disciplina sul trattamento dei dati personali dovrebbe essere scissa dal giudizio sull’analisi economica del diritto. Lo iato che separa l’economic analysis of law da altre concezioni strumentali del diritto, quanto meno quelle discendenti dal pensiero di Xxxxxxx, è tratteggiato incisivamente da X. XXXXXXX, Le situazioni soggettive nelle concezioni strumentali del diritto: un’incursione teorica tra Xxxxxxx e l’Economic Anlysis of Law, in Politeia, 2016, p. 84 ss. informazioni «delicate», asserendo che «è quantomeno dubbio che si possano mettere sullo stesso piano dati personali quali, ad esempio, l’essersi diplomato in una certa scuola e l’essere affetto da una certa malattia»105. Sulla stessa scia, sempre in un’ottica critica rispetto all’approccio puramente mercantile che deresponsabilizza il formante normativo, ma allo stesso tempo diffidente verso un eccessivo livello di rigidità e paternalismo, s’è osservato che «un’impostazione multi-dimensionale – aperta, cioè, al riconoscimento che una persona può avere interessi differenti rispetto alle informazioni che la riguardano, anche in ragione del contesto rispetto al quale opera le valutazioni di circostanza – si candida come prospettiva più acconcia a gestire la complessità dei problemi legati alla data collection e postula un grado di flessibilità che una rigorosa predeterminazione normativa non è comunque idonea a garantire»106. 2.2. La (parabola della) categoria dei dati personali di contenuto economico nell’ordinamento italiano Il fatto che l’analisi economica applicata alla privacy non abbia attecchito nella quarta rivoluzione industrialenostra cultura giuridica non deve far pensare che non vi siano state riflessioni sulla rilevanza delle informazioni personali nel fenomeno economico. Nei primi scritti pionieristici sulla materia, ADAPT University Pressin particolare nel saggio del 1974 intitolato La privacy tra individuo e collettività, 2017Xxxxxx ha dedicato alcune note all’«informazione economica». Tra le considerazioni più significative, val la pena di riportare le seguenti: «La liberalizzazione dell’accesso all’informazione economica, la sua «socializzazione», è indispensabile per porre su un piano di parità tutti coloro i quali sono interessati a concorrere, attraverso la libera discussione, alla determinazione della politica del proprio paese. […] Una tendenza visibile in tutti i paesi mostra una divaricazione crescente tra la tutela concessa a quelle che, in senso lato, possiamo chiamare le «opinioni» di un soggetto, e alle altre sue caratteristiche e abitudini, e la garanzia riconosciuta ai dati riguardanti la sua attività economica. Quest’ultima tende ad indebolirsi, determinando un vero e proprio capovolgimento della scala di valori a 105 XXXX, Il diritto all’identità personali ieri e oggi. Informazione, mercato, dati personali, cit., p. 280. 106 PARDOLESI, Dalla riservatezza alla protezione dei dati personali: una storia di evoluzione e discontinuità, cit., pp. 3 ss56-57. cui era stata finora ispirata, nella gran parte dei casi, la disciplina della privacy. […] Il privilegio accordato alle informazioni economiche sotto il profilo della segretezza, costituisce appunto uno strumento che rafforza la posizione di poter contare proprietari e imprenditori, così sottratti a continui e sostanziali controlli da parte della collettività»107. Il discorso del Maestro aveva l’impronta di una linea d’indirizzo in chiave di politica del diritto, essendo, a quel tempo, l’ordinamento italiano ancora privo di una normativa di diritto positivo in materia di privacy. Le suddette riflessioni sono state fatte proprie da una parte della dottrina giuscommercialistica, attenta a ricostruire lo statuto delle informazioni riguardanti (la persona fisica o giuridica svolgente) l’attività d’impresa. Il rischio da scongiurare era l’affermazione di un diritto alla privacy economica che permettesse alle imprese di frenare il flusso delle informazioni che le riguardassero, ostruendo così il buon funzionamento del mercato108. Il discorso veniva svolto de iure condendo, riferendosi ai “dati economici” come «qualcosa di più e di maggiormente complesso dei semplici dati aziendali noti ad amministratori, dipendenti, sindaci, revisori, professionisti, ecc.; né si ha riguardo esclusivamente (o prevalentemente) alle informazioni necessarie per la vita dell’impresa e per una sua corretta gestione»109. Nell’accezione ampia suggerita da Alagna, andava assicurato un regime speciale per i «dati economici (non coperti da vincoli e obblighi di segreto) su un particolare impegno organizzativo dei dipendenti soggetti (individuali e su un collettivi), sugli assetti del capitale e sulle conformazioni societarie, sulle vicende delle imprese, sulla loro maggiore coinvolgimento nei valori posizione nel mercato, sui capitali disponibili, sui crediti attinti e negli obiettivi disponibili, sui finanziamenti ordinari e speciali, sui programmi e sulle prospettive di sviluppo e di investimento, sugli utili previsti, ecc.: dati, questi, dai quali è possibile dedurre per così dire l’immagine del soggetto o dell’impresa, come del resto (dopo i necessari accorpamenti di dati di base) un quadro dei vari settori e dell’intero mercato»110. Dati, insomma, che si riferiscono principalmente alle imprese, senza tuttavia rifiutare l’inclusione di «notizie economiche riferite ai singoli», nella misura in cui – appare implicito – siano 107 RODOTÀ, Tecnologie e diritti, cit., pp. 30-31. 108 X. XXXXXX, Banche dati e notizie commerciali: spunti di riflessioni sulla compatibilità della tutela della persona e della immagine dell'impresa col diritto alle informazioni economiche, in Dir. Inf., 1988, pp. 701-720 (in part. 707-709); cfr. anche X. XXXXX, La tutela della persona dall’informazione alla informatica economica, in Rass. dir. civ., 1992, p. 312. 109 ALAGNA, op. ult. cit., p. 705. 110 Ibidem. funzionali alla trasparenza del mercato, che impone il riconoscimento di un generalizzato (ma non illimitato) diritto di accesso alle informazioni economiche di individui e imprese111. A distanza di qualche anno dagli scritti testé citati, l’emanazione della legge del 31 dicembre 1996, n. 675 ha costituito un banco di prova per verificare se i suggerimenti dottrinali erano stati accolti dal legislatore. La norma dell’abrogata legge su cui ricade immediatamente l’attenzione è l’art. 12, il quale disciplinava i casi in cui il consenso dell’interessato era escluso (rectius, non era richiesto112) ai fini del trattamento, tra i quali alla lett. f) si menzionava l’ipotesi in cui il trattamento «riguarda dati relativi allo svolgimento di attività economiche raccolti anche ai fini indicati nell´articolo 13, comma 1, lettera e), nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale». Si tratta di una delle norme su cui maggiormente si è discusso sotto la vigenza della legge in questione, per la sua «non chiara formulazione legislativa»113 o se si vuole, con maggiore incisività, perché «oggettivamente ambigua»114. L’espressione «dati relativi allo svolgimento di attività economiche», utilizzata anche dall’art. 20, co. 1, lett. e) per affermare l’ammissibilità della comunicazione e la connessa esigenza organizzativa diffusione di individuare strutture motivazionali più articolate e complessequesti dati anche in assenza di consenso dell’interessato (arg. ex art. 20, co. 1, lett. a)), è necessario comprendere suscettibile di almeno due significati: secondo il primo, le attività economiche vanno intese come svolte dal soggetto che effettua la raccolta dei dati, cioè il titolare del trattamento; in base al secondo, invece, le stesse attività vanno considerate come svolte dal soggetto cui i dati si riferiscono, vale a dire l’interessato. La dottrina maggioritaria ha optato per quest’ultima interpretazione115, se si concretizza anche un contestuale adattamento delle forme attraverso cui adempiere non altro perché «la controprestazione datoriale, all’interno dello schema sinallagmatico previsto dal rapporto di lavoro. E, dunque, è altrettanto necessario capire se la retribuzione sia diventata corrispettivo di uno scambio tra datore di lavoro e lavoratore che avviene attraverso prestazioni su più piani, quali quello del riconoscimento del valore del lavoro, delle competenze e della performance, quello della risposta ai bisogni più personali e a quelli della famiglia, di benessere, cura e realizzazione e, infine, quello della sintonia del lavoratore con l’organizzazione e del lavoro con gli interessi più personali del dipendente14. A margine di tali importanti quesiti occorre anche rilevare come il consolidamento delle tendenze prospettate segnerebbe una netta soluzione di continuità non solo riguardo all’evoluzione dell’istituto della retribuzione ma più in generale con riferimento al ruolo delle fonti a livello ordinamentale. Rispetto ai recenti mutamenti diviene prioritario, dunque, interrogarsi anche su quali nuovi parametri siano idonei alla determinazione della retribuzione e sul ruolo che in tal senso può svolgere la contrattazione collettiva, cercando di comprenderelogica»116, in particolarequanto a dar per buona la prima interpretazione si sarebbe dovuto concludere che ogni qualvolta un soggetto avesse effettuato un trattamento di 111 ID., se e in quale misura il diritto del lavoro e delle relazioni industriali siano in grado di cogliere le trasformazioni in attoop. ult. cit., raggiungendo un più puntuale soddisfacimento dei reciproci interessi delle parti del rapporto contrattualepp. 715. 2. I riferimenti costituzionali del problema: cenni

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