XXXXXXX,. L'associazione in partecipazione, cit., 139, che sostiene che la gestione dell’impresa spetta all’associante come diritto, quale espressione della sua esclusiva titolarità dell’impresa; altra parte della dottrina sottolinea invece che, per l'associante, la gestione non è solo un diritto, ma anche un obbligo verso la controparte. Perciò l'associante è tenuto a iniziare e a proseguire l'attività (G. DE XXXXX, Associazione in partecipazione, cit., 5); cfr. anche App. Genova, Sez. I, 11 marzo 2006 e Trib. Milano 25 maggio 1989 che rileva giustamente che l’associante non ha alcun diritto ad essere compensato per la propria attività di gestione dell'affare oggetto dell'associazione. quella spettante all’associato26, rende più sottile la linea di demarcazione tra i due istituti: emerge, in effetti, che in entrambe le figure vi è, da una parte, un vero e proprio gestore dell’attività e, dall’altra, un mero finanziatore, con meri poteri di controllo, che partecipa solo agli utili, senza incidere direttamente sullo svolgimento delle operazioni economiche27. La dottrina e la giurisprudenza28 si sono così impegnate nel ricercare i concreti elementi differenziatori per stabilire la delimitazione delle due categorie giuridiche. Così, oltre a ribadire che la società rappresenta un soggetto giuridico distinto dai suoi partecipanti, cui è possibile imputare l’attività di impresa, mentre nell’associazione in partecipazione l’attività o il singolo affare sono imputabili solo all’associante29, si è autorevolmente sottolineato che in tutte le società, e quindi anche nelle s.a.s., i risultati positivi o negativi dell’attività sarebbero 26 Una parte della dottrina ammette che l'associante possa attribuire vasti poteri di gestione all'associato ( X. XXXXXXX, L’associazione, cit., 142; in termini problematici, G. DE XXXXX, Dell'associazione in partecipazione, cit., 72); in parti- colare si ritiene che nei rapporti interni tra associante e associato, possono essere considerati efficaci i limiti contrattuali alla libera determinazione dell'associante, purché naturalmente non valgano a vuotare di contenuto la posizione dell'asso- ciante e non valgano a rendere la gestione comune all'associato (X. XXXXX, voce Associazione in partecipazione, in Dig., cit., 511). Un orientamento più restrittivo, tuttavia, argomentando dall’art. 2320 cod. civ., in tema di divieto di immistione dell'accomandante, giunge a ritenere che l'art. 2552, 1° co., sia inderogabile e, dunque, l'associato non possa essere inve- stito di poteri institori, ma solo di poteri più limitati, essendo ammesso a cooperare unicamente con mansioni di carattere esecutivo, secondo le direttive dell'associante (X. XXXXXXXXXX, Il socio accomandante, Milano, 1984, 290; ID., Com- mento a Trib. Torino 14 marzo 1994, in Giur. It, 1995, I, 2, 38); sui poteri di controllo spettanti all’associato v., in giuri- sprudenza, Cass. 5 gennaio 1984, n. 32, in Rep. Foro. it., 1984, voce Associazione in partecipazione, n. 5 e in Mass. Giust. civ., 1984; Cass. 5 novembre 1983, n. 6549, Rep. Foro. it., 1983, voce Associazione in partecipazione; nell’ordinamento tedesco i poteri di controllo dell’associato sono invece senz’altro minori rispetto a quelli del socio, poiché il § 233, Abs. 2, HGB esclude l’applicazione del § 716 BGB, che stabilisce che un socio - anche quando è escluso dall’amministrazione – può informarsi personalmente sulle vicende della società, prendere visione dei libri sociali e dei documenti della società e ricavare da tale materiale un quadro sullo stato del patrimonio sociale, di conseguenza l’associato può solo chiedere la trasmissione di copia del consuntivo annuale (Jahresabschluss) e verificarne la correttezza prendendo visione di libri e documenti (§ 233, Abs. 1 HGB) e richiedere all’autorità giudiziaria, se ricorrono importanti motivi, di ordinare la comu- nicazione di un bilancio, di un consuntivo annuale e di altre informazioni nonché la presentazione di libri e documenti (§ 233, Abs. 3 HGB): v. X. XXXXX, Commento al § 233, cit., 879.
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XXXXXXX,. L'associazione Il trasporto e la mediazione, in partecipazioneTrattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, cit.diretto da X. Xxxxxxx, 139XVI, che sostiene che la gestione dell’impresa spetta all’associante come dirittoCEDAM, quale espressione della sua esclusiva titolarità dell’impresa; altra parte della dottrina sottolinea invece che1991, p. 800. In tal senso è stato anche osservato come, pur dovendosi individuare dei limiti, l’unico limite al contrordine è quello rappresentato dalla concreta possibilità, per l'associanteil vettore, la gestione non è solo un diritto, ma anche un obbligo verso la controparte. Perciò l'associante è tenuto a iniziare e a proseguire l'attività (G. DE XXXXX, Associazione in partecipazione, cit., 5); cfr. anche App. Genova, Sez. I, 11 marzo 2006 e Trib. Milano 25 maggio 1989 che rileva giustamente che l’associante non ha alcun diritto ad essere compensato per la propria attività di gestione dell'affare oggetto dell'associazione. quella spettante all’associato26, rende più sottile la linea di demarcazione tra i due istitutifar fronte alla nuova richiesta del mittente: emerge, in effetti, che in entrambe le figure vi è, da una parte, un vero e proprio gestore dell’attività e, dall’altra, un mero finanziatore, con meri poteri di controllo, che partecipa solo agli utili, senza incidere direttamente sullo svolgimento delle operazioni economiche27. La dottrina e la giurisprudenza28 si sono così impegnate nel ricercare i concreti elementi differenziatori per stabilire la delimitazione delle due categorie giuridiche. Così, oltre a ribadire che la società rappresenta un soggetto giuridico distinto dai suoi partecipanti, cui è possibile imputare l’attività di impresa, mentre nell’associazione in partecipazione l’attività o il singolo affare sono imputabili solo all’associante29, si è autorevolmente sottolineato che in tutte le società, e quindi anche nelle s.a.s., i risultati positivi o negativi dell’attività sarebbero 26 Una parte della dottrina ammette che l'associante possa attribuire vasti poteri di gestione all'associato ( X. XXXXXXX, L’associazione, cit., 142; in termini problematici, G. DE XXXXX, Dell'associazione in partecipazione, cit., 72); in parti- colare si ritiene che nei rapporti interni tra associante e associato, possono essere considerati efficaci i limiti contrattuali alla libera determinazione dell'associante, purché naturalmente non valgano a vuotare di contenuto la posizione dell'asso- ciante e non valgano a rendere la gestione comune all'associato (X. XXXXX, voce Associazione in partecipazione, in Dig., cit., 511). Un orientamento più restrittivo, tuttavia, argomentando dall’art. 2320 cod. civ., in tema di divieto di immistione dell'accomandante, giunge a ritenere che l'art. 2552, 1° co., sia inderogabile e, dunque, l'associato non possa essere inve- stito di poteri institori, ma solo di poteri più limitati, essendo ammesso a cooperare unicamente con mansioni di carattere esecutivo, secondo le direttive dell'associante (X. XXXXXXXXXX, Il socio accomandanteContratto di trasporto e diritti del destinatario, MilanoXxxxxxx, 19841980, 290; ID.p. 10. interesse, Com- mento a Tribcristallizzato nell’accordo contrattuale. Torino 14 marzo 1994, in Giur. It, 1995, I, 2, 38); sui poteri di controllo spettanti all’associato v., in giuri- sprudenza, Cass. 5 gennaio 1984, n. 32, in Rep. Foro. it., 1984, voce Associazione in partecipazione, n. 5 e in Mass. Giust. civ., 1984; Cass. 5 novembre 1983, n. 6549, Rep. Foro. it., 1983, voce Associazione in partecipazione; nell’ordinamento tedesco i poteri di controllo dell’associato sono invece senz’altro minori rispetto a quelli del socio, poiché il § 233, Abs. 2, HGB esclude l’applicazione del § 716 BGBTale esigenza non è qui dovuta alla natura tecnica dell’esecuzione, che stabilisce ne rende difficile la previsione nei suoi aspetti evolutivi incogniti, ma al fatto che durante la fase dell’esecuzione prolungata i beni soggetti al trasporto possono essere oggetto di varie vicende economiche e giuridiche meritevoli di apprezzamento.45 Anche in tal caso all’esercizio del jus variandi (che è ammesso solo fino a che la cosa non è nella disponibilità del destinatario per l’ovvia considerazione che, a tale momento, la prestazione del vettore può considerarsi eseguita e la sua obbligazione, almeno in questi termini, estinta) si associa, a difesa del sinallagma, il contrappeso del diritto del vettore al rimborso delle spese ed al risarcimento46 dei danni. Anche l’art. 1686 c.c. (richiamato dall’art. 1690) ammette la facoltà per una parte (stavolta il vettore) di eseguire la propria prestazione discostandosi dalle modalità contrattualmente delineate, ma pare qui possibile affermare che la fattispecie, diversamente da quella disciplinata dall’articolo precedente, non assegni al vettore un socio - anche quando è escluso dall’amministrazione – può informarsi personalmente sulle vicende della societàdiritto potestativo di modificazione del contratto con dichiarazione unilaterale, prendere visione dei libri sociali e dei documenti della società e ricavare da tale materiale un quadro sullo stato del patrimonio socialeapprontando invece una specifica disciplina rimediale per un’ipotesi speciale di impossibilità sopravvenuta, di conseguenza l’associato può solo chiedere la trasmissione di copia del consuntivo annuale (Jahresabschluss) e verificarne la correttezza prendendo visione di libri e documenti (§ 233, Abs. 1 HGB) e richiedere all’autorità giudiziaria, se ricorrono importanti motivi, di ordinare la comu- nicazione di un bilancio, di un consuntivo annuale e di altre informazioni nonché la presentazione di libri e documenti (§ 233, Abs. 3 HGB): v. X. XXXXX, Commento consentendo al § 233, cit., 879.contraente
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XXXXXXX,. L'associazione Il principio della capacità contributiva nell’ordinamento costituzionale italiano, Torino, 1965, 31, secondo cui occorre “considerare rilevanti, ai fini contributivi, solo quei fatti o situazioni di fatto che nel territorio dello stato si verifichino, o che in qualche modo ad esso si ricolleghino, individuando, di conseguenza, i destinatari del dovere tributario sulla base di un rapporto di relazione con i fatti o situazioni, ed esclusivamente nei limiti di una tale relazione”. statale in virtù del dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost84. In altre parole, la partecipazione del soggetto (cittadino o straniero) alla vita dello Stato legittima l’apposizione di un dovere contributivo il quale sarà più ampio o più limitato a seconda dell’intensità di detta partecipazione. Di conseguenza se, con riferimento ai cittadini, non appare dubitabile un tale collegamento, in relazione agli stranieri occorre che esista un differente legame personale, individuabile in elementi fra i quali, in primis, la residenza oppure una fonte reddituale. Ciononostante, non ogni partecipazione alla comunità statale è idonea a giustificare l’esigibilità del xxxxxxx00, ma è necessario che questa sia “duratura” ed “economica” 86. Più precisamente, il concetto di “durevolezza”, sebbene non richieda l’individuazione di una durata temporale minima predeterminabile, considera illegittimo il prelievo fiscale nei confronti dei soggetti il cui legame con la comunità statale sia inesistente o del tutto trascurabile. A ben vedere, tale requisito altro non sarebbe se non una conseguenza implicita del concetto di “partecipazione” 87, poiché, a prescindere 84 X. XXXXXXXX, Manuale di diritto tributario. Parte Generale, Padova, 2005, 25. 85 F, XXXXXXXXX, Il principio di capacità contributiva, cit., 139, che sostiene che la gestione dell’impresa spetta all’associante come diritto, quale espressione della sua esclusiva titolarità dell’impresa; altra parte della dottrina sottolinea invece che, per l'associante, la gestione non è solo un diritto, ma anche un obbligo verso la controparte. Perciò l'associante è tenuto a iniziare e a proseguire l'attività (G. DE XXXXX, Associazione in partecipazione, cit215., 5); cfr. anche App. Genova, Sez. I, 11 marzo 2006 e Trib. Milano 25 maggio 1989 che rileva giustamente che l’associante non ha alcun diritto ad essere compensato per la propria attività di gestione dell'affare oggetto dell'associazione. quella spettante all’associato26, rende più sottile la linea di demarcazione tra i due istituti: emerge, in effetti, che in entrambe le figure vi è, da una parte, un vero e proprio gestore dell’attività e, dall’altra, un mero finanziatore, con meri poteri di controllo, che partecipa solo agli utili, senza incidere direttamente sullo svolgimento delle operazioni economiche27. La dottrina e la giurisprudenza28 si sono così impegnate nel ricercare i concreti elementi differenziatori per stabilire la delimitazione delle due categorie giuridiche. Così, oltre a ribadire che la società rappresenta un soggetto giuridico distinto dai suoi partecipanti, cui è possibile imputare l’attività di impresa, mentre nell’associazione in partecipazione l’attività o il singolo affare sono imputabili solo all’associante29, si è autorevolmente sottolineato che in tutte le società, e quindi anche nelle s.a.s., i risultati positivi o negativi dell’attività sarebbero 26 Una parte della dottrina ammette che l'associante possa attribuire vasti poteri di gestione all'associato ( X. XXXXXXX, L’associazione, cit., 142; in termini problematici, G. DE XXXXX, Dell'associazione in partecipazione, cit., 72); in parti- colare si ritiene che nei rapporti interni tra associante e associato, possono essere considerati efficaci i limiti contrattuali alla libera determinazione dell'associante, purché naturalmente non valgano a vuotare di contenuto la posizione dell'asso- ciante e non valgano a rendere la gestione comune all'associato (X. XXXXX, voce Associazione in partecipazione, in Dig., cit., 511). Un orientamento più restrittivo, tuttavia, argomentando dall’art. 2320 cod. civ., in tema di divieto di immistione dell'accomandante, giunge a ritenere che l'art. 2552, 1° co., sia inderogabile e, dunque, l'associato non possa essere inve- stito di poteri institori, ma solo di poteri più limitati, essendo ammesso a cooperare unicamente con mansioni di carattere esecutivo, secondo le direttive dell'associante (X. XXXXXXXXXX, Il socio accomandante, Milano, 1984, 290; ID., Com- mento a Trib. Torino 14 marzo 1994, in Giur. It, 1995, I, 2, 38); sui poteri di controllo spettanti all’associato v., in giuri- sprudenza, Cass. 5 gennaio 1984, n. 32, in Rep. Foro. it., 1984, voce Associazione in partecipazione, n. 5 e in Mass. Giust. civ., 1984; Cass. 5 novembre 1983, n. 6549, Rep. Foro. it., 1983, voce Associazione in partecipazione; nell’ordinamento tedesco i poteri di controllo dell’associato sono invece senz’altro minori rispetto a quelli del socio, poiché il § 233, Abs. 2, HGB esclude l’applicazione del § 716 BGB, che stabilisce che un socio - anche quando è escluso dall’amministrazione – può informarsi personalmente sulle vicende della società, prendere visione dei libri sociali e dei documenti della società e ricavare da tale materiale un quadro sullo stato del patrimonio sociale, di conseguenza l’associato può solo chiedere la trasmissione di copia del consuntivo annuale (Jahresabschluss) e verificarne la correttezza prendendo visione di libri e documenti (§ 233, Abs. 1 HGB) e richiedere all’autorità giudiziaria, se ricorrono importanti motivi, di ordinare la comu- nicazione di un bilancio, di un consuntivo annuale e di altre informazioni nonché la presentazione di libri e documenti (§ 233, Abs. 3 HGB): v. X. XXXXX, Commento al § 233, cit., 879.
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XXXXXXX,. L'associazione in partecipazioneLe linee guida dell’ANAC, cit., 13911, ha osservato che «un atto preordinato a pro- durre effetti di conformazione dell’attività economica dei soggetti privati non può che restare affidato alla responsabilità politica di un’autorità legittimata democraticamente a intervenire sul contenuto dei diritti e degli obblighi dei cittadini (come il Parlamento o, al massimo, il Governo)». modo che il relativo iter di adozione risulti legittimo e attento alle garanzie costitu- zionali, mentre almeno qualche seria perplessità resta in ordine agli atti normativi54. Forse proprio per questo il Consiglio di Stato ha ritenuto più prudente ricon- durre le linee guida vincolanti dell’ANAC nella categoria degli atti amministrativi generali, sottolineando, peraltro, come tale inquadramento non comprometta le garanzie partecipative previste per la loro approvazione. D’altra parte, però, il principio di prevalenza della sostanza sulla forma suggeri- sce un’ulteriore riflessione sulla qualificazione delle linee guida vincolanti in termini di atti amministrativi generali55. Infatti, se l’atto amministrativo generale si caratterizza per produrre effetti in or- dine a una situazione concreta e particolare, le linee guida vincolanti, a dispetto del loro nomen iuris, sono invece destinate alla generalità degli operatori economici e producono effetti non circoscritti, ma anzi estesi a tutto il vasto mondo dei contratti pubblici56. 54 Peraltro, permangono dei dubbi in merito alle stesse garanzie partecipative, che sostiene che sono risultate più o meno accentuate a seconda dei casi: la gestione dell’impresa spetta all’associante come dirittoconcreta conformazione delle modalità e delle forme di consultazione, quale espressione della sua esclusiva titolarità dell’impresa; altra parte della dottrina sottolinea invece cheinfatti, per l'associante, la gestione non è solo un diritto, ma anche un obbligo verso la controparte. Perciò l'associante è tenuto a iniziare e a proseguire l'attività (G. DE XXXXX, Associazione in partecipazione, cit., 5); cfr. anche App. Genova, Sez. I, 11 marzo 2006 e Trib. Milano 25 maggio 1989 che rileva giustamente che l’associante non ha alcun diritto ad essere compensato per la propria attività di gestione dell'affare oggetto dell'associazione. quella spettante all’associato26, rende più sottile la linea di demarcazione tra i due istituti: emerge, in effetti, che in entrambe le figure vi è, da una parte, un vero e proprio gestore dell’attività e, dall’altra, un mero finanziatore, con meri poteri di controllo, che partecipa solo agli utili, senza incidere direttamente sullo svolgimento delle operazioni economiche27. La dottrina e la giurisprudenza28 si sono così impegnate nel ricercare i concreti elementi differenziatori per stabilire la delimitazione delle due categorie giuridiche. Così, oltre a ribadire che la società rappresenta un soggetto giuridico distinto dai suoi partecipanti, cui è possibile imputare l’attività di impresa, mentre nell’associazione in partecipazione l’attività o il singolo affare sono imputabili solo all’associante29, si è autorevolmente sottolineato che in tutte le società, e quindi anche nelle s.a.s., i risultati positivi o negativi dell’attività sarebbero 26 Una parte della dottrina ammette che l'associante possa attribuire vasti poteri di gestione all'associato ( X. XXXXXXX, L’associazione, cit., 142; in termini problematici, G. DE XXXXX, Dell'associazione in partecipazione, cit., 72); in parti- colare si ritiene che nei rapporti interni tra associante e associato, possono essere considerati efficaci i limiti contrattuali rimessa alla libera determinazione dell'associante, purché naturalmente non valgano a vuotare di contenuto la posizione dell'asso- ciante e non valgano a rendere la gestione comune all'associato (X. XXXXX, voce Associazione in partecipazione, in Dig., cit., 511). Un orientamento più restrittivo, tuttavia, argomentando discrezionalità dell’ANAC dall’art. 2320 cod. civ.213, in tema di divieto di immistione dell'accomandante, giunge a ritenere che l'art. 2552, 1° co., sia inderogabile e, dunque, l'associato non possa essere inve- stito di poteri institori, ma solo di poteri più limitati, essendo ammesso a cooperare unicamente con mansioni di carattere esecutivo, secondo le direttive dell'associante (X. XXXXXXXXXX, Il socio accomandante, Milano, 1984, 290; ID., Com- mento a Trib. Torino 14 marzo 1994, in Giur. It, 1995, I, comma 2, 38del Codice («nei modi previsti dal proprio ordinamento»); sui poteri di controllo spettanti all’associato v., in giuri- sprudenza, Cass. 5 gennaio 1984, n. 32, in Rep. Foro. it., 1984, voce Associazione in partecipazione, n. 5 e in Mass. Giust. civ., 1984; Cass. 5 novembre 1983, n. 6549, Rep. Foro. it., 1983, voce Associazione in partecipazione; nell’ordinamento tedesco i poteri di controllo dell’associato sono invece senz’altro minori rispetto a quelli del socio, poiché il § 233, Abs. 2, HGB esclude l’applicazione del § 716 BGB, che stabilisce che un socio - anche quando è escluso dall’amministrazione – può informarsi personalmente sulle vicende della società, prendere visione dei libri sociali e dei documenti della società e ricavare da tale materiale un quadro sullo stato del patrimonio sociale, di conseguenza l’associato può solo chiedere la trasmissione di copia del consuntivo annuale (Jahresabschluss) e verificarne la correttezza prendendo visione di libri e documenti (§ 233, Abs. 1 HGB) e richiedere all’autorità giudiziaria, se ricorrono importanti motivi, di ordinare la comu- nicazione di un bilancio, di un consuntivo annuale e di altre informazioni nonché la presentazione di libri e documenti (§ 233, Abs. 3 HGB): v. X. XXXXX, Commento al § 233, cit., 879.
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