FATTO. Il ricorrente riferisce quanto segue: − in data 25/03/2013, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato al ricorrente, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contratto.
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Samples: Contract for Vacation Rights
FATTO. Il La ricorrente riferisce quanto segueha affermato che: − in data 25/03/2013x il 30 aprile 2014, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di un promotore fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società ha acquistato commerciale; x tale contratto sarebbe tuttavia nullo; x nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; x il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; x solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; x in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo finanziamento di € 14.800,0040.000,00; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipulax non informandola adeguatamente, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti banca resistente avrebbe pertanto violato il certificato principio di iscrizione ad un club ebuona fede. Ciò posto, in questa circostanzala ricorrente ha chiesto che: -in via principale, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna sia accertato che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava stante la nullità del contratto di associazionefideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento-in via subordinata, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primosia accertato che, il 7 maggio 2013 il secondo)2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: x questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; − ad ogni modo, x il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto fideiussione omnibus stipulato con la società terzaricorrente non sarebbe comunque nullo; x il 19 marzo 2018, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza a seguito della concessione di correlazioni è evidente anche dal fatto che il un nuovo finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato 24.000,00 al ricorrentedebitore principale, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditorela ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna x alla data del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso25 novembre 2019, il contratto debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; x non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per Roma, il pagamento parziale o totale del prezzo quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di iscrizione s’intenderà risolto di dirittosottoporne l’esame a questo Collegio, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene ritenendo che la finanziaria era questione della nullità dei contratti stipulati “a conoscenza valle” di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e che il prestampato “prestito abitare volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contrattoaltri Collegio territoriali.
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Samples: Fideiussione
FATTO. Il La ricorrente riferisce quanto segueha affermato che: − in data 25/03/2013• il 30 aprile 2014, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di un promotore fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società ha acquistato commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo finanziamento di € 14.800,0040.000,00; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula• non informandola adeguatamente, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti banca resistente avrebbe pertanto violato il certificato principio di iscrizione ad un club ebuona fede. Ciò posto, in questa circostanzala ricorrente ha chiesto che: -in via principale, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna sia accertato che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava stante la nullità del contratto di associazionefideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento-in via subordinata, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primosia accertato che, il 7 maggio 2013 il secondo)2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; − ad ogni modo, • il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto fideiussione omnibus stipulato con la società terzaricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza a seguito della concessione di correlazioni è evidente anche dal fatto che il un nuovo finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato 24.000,00 al ricorrentedebitore principale, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditorela ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna • alla data del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso25 novembre 2019, il contratto debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per Roma, il pagamento parziale o totale del prezzo quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di iscrizione s’intenderà risolto di dirittosottoporne l’esame a questo Collegio, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene ritenendo che la finanziaria era questione della nullità dei contratti stipulati “a conoscenza valle” di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e che il prestampato “prestito abitare volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contrattoaltri Collegio territoriali.
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Samples: Fideicommissum Agreement
FATTO. Il La parte ricorrente riferisce ha rappresentato quanto segue: − in data 25/03/2013- il 01.03.11 ha sottoscritto con l’intermediario un contratto di mutuo con connessa polizza vita contestuale; - la banca, unitamente al coniuge che con lettera raccomandata del 14.11.2016, ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione risolto di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00; − il contratto subordinava di mutuo con effetto immediato, procedendo con atto di precetto e pignoramento dell'immobile in proprietà dell’istante posto a garanzia del suddetto mutuo; - con sollecito del 21.06.18 chiedeva all’assicurazione il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito rimborso proporzionale della società venditricequota non goduta della polizza vita, a parte resistentedecorrere dalla data del 14.11.2016; - ritiene che «le evoluzioni del rapporto principale (il finanziamento) non possono non riflettersi su quello accessorio (l'assicurazione) poiché, effettuando una domanda venuto meno il primo, la persistenza del rapporto assicurativo si rivelerebbe di prestito al consumo dell’importo fatto priva di € 13.700,00causa»; − - l'accordo ABI - ANIA del 22 ottobre 2008 prevede espressamente che «Nel caso in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano cui il formulario contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all'iniziale durata contrattuale, corredato soltanto ed esso sia assistito da una copertura assicurativa collocata dal documento di sintesi e dalle condizioni generalisoggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente - sia nel quale veniva previsto il finanziamento, caso in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell'assicuratore - la parte di premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato»; - le medesime conclusioni valgono per l’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/201 («Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/ assicurato le imprese, nel contratto caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, in base restituiscono al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − debitore/assicurato la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondoparte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria»); − ad ogni modo- l'assicurazione si rendeva in un primo momento disponibile al rimborso, il contratto salvo poi non provvedervi e non riscontrare neppure la successiva richiesta di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamentorisarcimento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto- l’intermediario, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità conseguenza della risoluzione del contratto di prestito mutuo, deve restituire al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo cliente le somme percepite a titolo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 polizza vita per la quota non goduta. La parte ricorrente, a seguito di reclamo, non riscontrato dall’intermediario, ha proposto ricorso all’ABF chiedendo la restituzione della somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato 16.352,00 a titolo di “assicurazione vita/commissioni”, oltre al ricorrentepagamento delle spese legali, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (quantificate in € 12.104,66) al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto2.500 00 «o in quella minore o maggiore somma ritenuta giusta». Quindi conclude per Costituitosi chiedendo il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte , l’intermediario resistente, nelle controdeduzioni presentate tramite il Conciliatore bancario con nota del 11/10/2019, in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede particolare ha illustrato quanto segue: “- il ricorrente chiede la restituzione di importi che non ha effettivamente versato; - è dubbio che possa trovare applicazione il principio "pro rata temporis", previsto per il diverso caso di estinzione anticipata volontaria; - il premio assicurativo vita non è stato versato al momento della conclusione del contratto ma addebitato pro-quota annualmente sull’estratto conto del cliente; - il cliente versava, anno per anno, la quota parte del premio di € 75,00 nel mese di marzo per la polizza danni (causale: «rata succ mult Abitazione») e la quota di € 580,00 nel mese di giugno per la parte polizza vita con causale «Recupero Salute Light Pol.xxx375» (come da estratti conto allegati); - con la risoluzione del contratto di mutuo ipotecario dell’11/11/2016 la Banca ha cessato di addebitare i costi relativi alla copertura vita, «continuando invece ad addebitare la sola quota parte di costi legati al ramo danni (…) in ipotesi quanto l'immobile al momento è ancora nella disponibilità del ricorrente»; - «la copertura in questione … è ancora attiva in quanto tutela entrambi i contraenti per i rischi derivanti dal danneggiamento o perimento del bene»; - il 01/06/2018 il credito sottostante al mutuo è stato ceduto ad un SPV, «che ha provveduto a dare notizia … mediante avviso di recessocessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale»; - in ragione della cessione dal giugno 2018 non risultano più evidenze contabili relative al «rapporto sofferenziale»; - il ricorrente non ha fornito alcuna prova del pagamento degli importi di cui oggi richiede la restituzione. Nelle repliche, pervenute con nota del 21/10/2019, il contratto di concessione ricorrente espone quanto segue: - per quanto attiene al pagamento del credito eventualmente sottoscritto dal socio per premio assicurativo, ha allegato copia della contabile emessa dalla banca resistente, attestante il pagamento parziale o totale della somma pari ad € 20.159,99 effettuato in data 01.03.2011 con riguardo ai premi assicurativi (identificativo operazione “172 premi assicurativi”); - dall’analisi del prezzo documento si evincono, quali ulteriori costi connessi all’operazione, € 750,00 a spese di iscrizione s’intenderà risolto istruttoria ed € 550,39 per imposta; - nel modulo di dirittoadesione viene specificato il n. di polizza / n. di adesione xxx272, senza «mentre la Banca nel proprio scritto difensivo indica e produce contabile del 26.06.2018 con un numero di adesione differente (il pagamento n. xxx359) che si riferisce evidentemente ad altra polizza»; - nel predetto modulo di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza adesione si evince anche la ripartizione dei costi di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700polizza, di cui € 12.104,66 versati alla società terza4.960,99 importo premio danni ed € 15.199,72 importo premio vita. Sottolinea che l’art. 7.4 L’intermediario resistente chiede il rigetto del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contrattoricorso.
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Samples: Mutuo
FATTO. Il La ricorrente riferisce quanto segueha affermato che: − -nel 1998, al fine di effettuare ingenti investimenti in data 25/03/2013prodotti assicurativi e valori mobiliari, unitamente la ricorrente e un terzo avrebbero ottenuto dalla banca resistente un finanziamento di importo elevato, dando in garanzia alcune azioni di proprietà della ricorrente; -a causa delle forti perdite finanziarie conseguite a tali investimenti, l’esposizione debitoria della ricorrente nei confronti della banca resistente si sarebbe progressivamente aggravata, fino a diventare insostenibile; -la ricorrente avrebbe pertanto avviato una trattativa, al coniuge fine di addivenire a una soluzione transattiva con la banca resistente; -nel frattempo, l’altro debitore solidale avrebbe invece convenuto in giudizio la banca resistente, chiedendo che ha aderito al presente ricorso fosse condannata a restituire il capitale investito nei suddetti prodotti assicurativi e su sollecitazione valori mobiliari, nonché gli interessi anatocistici che aveva percepito; -nella lettera inviata dal suo avvocato il 14 aprile 2011, la ricorrente avrebbe proposto alla banca resistente di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo estinguere qualsiasi suo debito mediante la corresponsione complessiva di € 14.800,0040.000,00 con le seguenti modalità: a) liquidazione di n. 525 titoli azionari depositati nel dossier intestato alla ricorrente; − il contratto subordinava il diritto b) liquidazione delle prestazioni dedotte quote di fondi comuni di investimento depositate nel contratto dossier cointestato alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club ricorrente e, in questa circostanzavia disgiunta, i coniugi apprendevano all’altro debitore solidale; c) pagamento mediante un bonifico bancario fino alla concorrenza di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club€ 40.000,00; − adivano dunque il Tribunale di Bologna -la banca resistente avrebbe accettato tale proposta transattiva mediante la comunicazione datata 16 febbraio 2012, precisando che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di qualora la ricorrente avesse pagato entro un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per breve termine la somma di € 13.700 direttamente sul 40.000,00, avrebbe considerato la sua posizione debitoria come «definita a saldo e stralcio»; -tale pagamento sarebbe stato effettuato per conto della ricorrente mediante un bonifico del 14 marzo 2012; -il 4 maggio 2012, la ricorrente avrebbe receduta in forma scritta dal contratto di conto corrente n. ***784 di cui era titolare, chiedendo che la banca resistente provvedesse a ottenere dalla Centrale rischi la cancellazione delle segnalazioni pregiudizievoli effettuate a suo nome; -sempre il 4 maggio 2012, la ricorrente avrebbe chiesto in forma scritta alla banca resistente che le inviasse una copia dei documenti inerenti alla costituzione e alla estinzione di eventuali garanzie sui titoli azionari e sulle quote di fondi comuni di investimento di cui si è detto, provvedendo altresì a liquidare il loro valore; -senza darle le informazioni richieste, la banca resistente avrebbe liquidato a suo favore i titoli azionari depositati nel dossier a lei intestato e la metà delle quote di fondi comuni d’investimento depositate nel dossier cointestato a lei e, in via disgiunta, all’altro debitore solidale; -il 30 giugno 2012, la ricorrente avrebbe ricevuto l’ultimo estratto del conto corrente dal quale aveva receduto, nel quale sarebbe stato riportato un saldo debitorio; -la segnalazione pregiudizievole del suo nominativo nella Centrale dei Rischi sarebbe stata ingiustificata già dal marzo del 2012, e a maggior ragione a seguito dell’estinzione del suo debito e del recesso dal conto corrente a lei intestato; -il residuo di quanto ricavato dalla liquidazione delle quote di fondi comuni di investimento mobiliare di cui si è detto sarebbe tuttora depositato presso la banca resistente. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -sia accertato che ha receduto dal conto corrente bancario di cui era titolare; -sia accertato che si è estinto qualsiasi suo rapporto contrattuale con la banca resistente; -in mancanza di garanzie reali od obbligatorie a suo carico, la banca resistente sia condannata a corrisponderle il residuo del ricavato dalla liquidazione delle quote di fondi comuni di investimento a lei cointestate in via disgiunta; - la banca resistente sia condannata ad attivarsi affinché dalla Centrale rischi e dai Sistemi di informazioni creditizie siano cancellate le segnalazioni pregiudizievoli del nominativo della ricorrente; -la banca resistente sia condannata al risarcimento del danno cagionato alla ricorrente a causa mancata cancellazione del suo nominativo dalla Centrale rischi della Banca d’Italia, da liquidarsi nella misura di € 10.000,00. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: -sarebbero irricevibili ratione materiae le domande della ricorrente aventi a oggetto le quote di fondi comuni d’investimento a lei cointestate; -l’accordo concluso tra le parti sarebbe qualificabile come un pactum de non petendo, inefficace nei confronti dell’altro debitore solidale; -il 27 giugno 2012, la posizione debitoria cointestata alla ricorrente, avente l’importo netto di € 393.000,00 circa, sarebbe stata classificata come “incaglio” (e non già come “sofferenza”); -mediante le lettere del 16 febbraio e del 9 marzo 2012, la banca resistente avrebbe confermato alla ricorrente che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditoreera stata liberata da qualsiasi responsabilità, precisando che il rapporto cointestato con il debitore solidale non avrebbe potuto essere estinto, non avendo egli manifestato alcuna volontà transattiva; − all’atto -il nominativo della stipula il cliente ha dichiarato come finalità ricorrente non potrebbe essere pertanto operativamente espunto dalla cointestazione di tale rapporto; -quest’ultimo sarebbe tuttora “ristrutturazione 1° casa”formalmente” a carico di entrambi i cointestatari, sebbene la ricorrente abbia provveduto a pagare la quota di debito a lei imputata; − -pertanto, la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorsoposizione debitoria della ricorrente sarebbe legittimamente segnalata nella Centrale rischi, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo nella sezione delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace garanzie ricevute” e, quindiin cointestazione con il debitore solidale, nella sezione “crediti di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon contocassa”, sostiene che la finanziaria era categoria di censimento “rischi a conoscenza revoca”, classi di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato dati “prestito abitare con CPI” in realtà utilizzato”, variabile di classificazione “è stato predisposto proprio per la vendita a incaglio”, “contestazione di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casanatura giudiziale”. Parte Ciò posto, la banca resistente controreplica e ribadisce ha chiesto che: - il ricorso sia dichiarato irricevibile per quanto già affermato in sede riguarda la domanda avente a oggetto la condanna della banca resistente al pagamento del residuo del ricavato dalla liquidazione delle quote di controdeduzioni. Quanto fondi comuni di investimento cointestate alla supposta identità tra prezzo e importo finanziatoricorrente; -le altre domande della ricorrente siano rigettate, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contrattoperché infondate.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Il Con ricorso all’ABF protocollato il 24/07/2014, la ricorrente riferisce ha rappresentato quanto segue: − - nel novembre 2005 stipulava con l’odierna convenuta un prestito con delegazione di pagamento avente rata mensile di € 275,80 e durata di 120 mesi; - nel luglio 2006 stipulava con la stessa convenuta, in qualità di mandataria di banca terza, un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio avente rata di € 247,00 e durata di 120 mesi; - nel dicembre 2009 estingueva anticipatamente entrambi i prestiti, dopo il versamento rispettivamente di 49 rate per il prestito con delegazione di pagamento e di 40 rate per il prestito contro cessione del quinto della retribuzione; - in data 25/03/201311/06/2014, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione presentava reclamo all’intermediario per la restituzione dei costi ricorrenti del prestito non ristornati in sede di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00estinzione anticipata, senza ottenere riscontro; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali- secondo l’orientamento consolidato dei Collegi ABF, nel quale veniva previsto il caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere restituita la quota delle commissioni e del premio assicurativo non maturata nel tempo; - avuto presente il quadro normativo in sorte capitale, dell’importo punto di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza estinzione anticipata del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è anche con riferimento alla disciplina in materia assicurativa, e considerati i richiami della Banca d’Italia in materia, con le Comunicazioni del 10 novembre 2009 e del 7 aprile 2011, nel caso di specie le commissioni applicate “includono eterogenee causali di spesa, che non sono tutte riferibili ad attività prodromiche alla conclusione ed erogazione del prestito, determinando quella «opacità informativa o deficit di trasparenza» che induce a liquidare le somme da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monterestituire, secondo cui il pagamento generale criterio di proporzionalità” rispetto all’importo integrale delle singole voci di costo; - in specifico, al prestito contro cessione del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso quinto dello stipendio sono stati applicati i seguenti oneri: commissioni bancarie € 1.034,44; commissioni intermediario € 2.193,36; commissioni agente/mediatore creditizio € 296,40; costi assicurativi € 1.023,68; con il seguente calcolo del “valore da un “società finanziariarimborsare”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base applicazione del criterio pro rata temporis: € 689,62 per commissioni bancarie; € 1.462,24 per commissioni intermediario; € 197,60 per commissioni agente/mediatore creditizio; € 682,45 per oneri assicurativi; - al quale l’erogazione poteva avvenire prestito con modalità alternative all’accredito sul conto corrente delegazione di pagamento sono stati applicati i seguenti oneri: commissioni di gestione € 1.456,22; commissioni agente/mediatore creditizio € 1.489,32; costi assicurativi € 2.150,96; con il seguente calcolo del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggettovalore da rimborsare”, in quanto ai clienti non era stato consegnato applicazione del criterio pro rata temporis: € 861,59 per commissioni di gestione, € 881,18 per commissioni agente/mediatore creditizio; € 1.272,65 per oneri assicurativi. La ricorrente ha, pertanto, chiesto all’ABF il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la della somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato 6.047,33, oltre a interessi al ricorrentetasso legale da calcolarsi a partire dal giorno dell’estinzione anticipata del prestito; con distrazione di parte delle somme a favore del procuratore dell’istante. Benché sollecitata dalla S.T., che la convenuta non ha presentato le sue controdeduzioni. ll ricorso è stato esaminato nella riunione del 05/03/2015, ad esito della quale il Collegio ne ha poi liberamente disposto bonificandone una la sospensione, richiedendo alla parte (€ 12.104,66) al venditore; − all’atto più diligente di produrre copia integrale dei contratti di finanziamento. La parte resistente non ha riscontrato la richiesta. La parte ricorrente ha comunicato di non possedere copia della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casadocumentazione integrale”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contratto.
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FATTO. Il Parte ricorrente riferisce quanto segue: − - in data 25/03/2013, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione 20.02.2020 sottoscriveva un contratto di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo finanziamento con l’intermediario resistente dell'importo complessivo di € 14.800,001648,32 da rimborsare mediante il pagamento di n. 12 rate mensili da €. 137,36 cadauna, finalizzato a cure odontoiatriche; − - a marzo 2020 la clinica chiudeva senza fornire più alcuna prestazione necessaria alla paziente; - nessun riscontro aveva la diffida inviata al fornitore e la successiva pec al finanziatore. L’intermediario afferma di rendersi disponibile ad accettare il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto ricorso in questione e di aver provveduto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità chiusura del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato al ricorrente, nonché al relativo rimborso della quota parte dei servizi non usufruiti, con rinuncia al rimborso delle €. 20,00 per la presentazione del ricorso stesso. Con successivo atto difensivo, parte ricorrente eccepisce che: -l’intermediario nulla ha allegato e prodotto a dimostrazione dell'adempimento parziale della prestazione da parte del fornitore, ovvero dei lavori che ne assume eseguiti, come era suo onere; -inoltre, l’intermediario ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) provveduto al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano rimborso dell'importo di ammortamento (inviato ai ricorrenti Euro 1.560,00, solo a seguito della presentazione del ricorso all'Arbitrato Bancario e Finanziario, nonostante le formali richieste precedentemente inviate a mezzo; pertanto, ha diritto al ristoro dell'importo di Euro 20,00 pagato per la presentazione del presente ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi oltre alle spese per l'assistenza legale resasi necessaria a causa del 1284 C.C.)comportamento del finanziatore- Insiste, né di violazione di norme sulla trasparenzapertanto, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per l'accoglimento integrale del ricorso nonché per il rigetto rimborso di Euro 20,00, oltre ad un contributo alle spese della presente procedura di cui si chiede la liquidazione in via equitativa. Con successivo atto difensivo, parte resistente eccepisce che: - a seguito della mancata riapertura dei centri dedicati allo svolgimento delle cure odontoiatriche, provvedeva a valutare le varie posizioni dei clienti che avevano sottoscritto i contratti di finanziamento finalizzati all’acquisto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti servizio fornito dai centri suddetti; difatti, oltre a provvedere alla sospensione delle rate ed all’oscuramento dei dati dei clienti, ricercava prontamente una struttura alternativa presso la quale gli stessi potessero continuare regolarmente il servizio acquistato, come per le motivazioni già addotte in sede il caso di presentazione del ricorsospecie; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto -quanto al contratto di compravendita finanziamento che rileva nel caso di specie, si rendeva disponibile ad accettare la richiesta di risoluzione del certificatocontratto in questione rimborsando altresì l’importo della sola quota parte dei servizi non usufruiti dal ricorrente che, che l’artsulla base delle dichiarazioni fornite in ricorso e dalle verifiche effettuate, ammonta a €. 7.4 prevede 340,08, con rinuncia dell’importo di €. 20,00 per la presentazione del ricorso stesso in quanto segue: gestita “in ipotesi accordo stragiudiziale”: - l’onere della prova è a carico di recessochi agisce ex art. 2697 c.c., il contratto - l’ABF non necessita di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio apposita rappresentanza professionale per il pagamento parziale o totale del prezzo essere adito; pertanto l’assistenza di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere un professionista rientra nella libera scelta del ricorrente. In conclusione, tale clausola, benché riferita all’ipotesi Parte ricorrente formula la seguente domanda: L’intermediario chiede dichiararsi cessata la materia del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contrattocontendere.
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FATTO. Il Le doglianze della ricorrente riferisce hanno ad oggetto: i) la mancanza di informativa sia al momento della stipula sia in corso di rapporto relativamente ad una fideiussione omnibus rilasciata dalla ricorrente a favore della banca convenuta; ii) il mancato accoglimento delle proposte dell’istante di sistemazione dell’esposizione debitoria garantita e di altro debito derivante da scoperto di conto corrente. Più precisamente, in data 28.05.2008 la ricorrente ed il coniuge rilasciavano una fideiussione omnibus fino a concorrenza dell’importo di € 30.000,00 a favore di un intermediario oggi incorporato nell’odierna parte resistente. Successivamente il marito decedeva, lasciando quali eredi le figlie cointestatarie del ricorso, di cui una delle due, a sua volta, contitolare (unitamente a terzo) di conto corrente acceso presso l’intermediario convenuto. La ricorrente, assistita da un legale, ha rappresentato quanto segue: − in data 25/03/2013• “al momento della sottoscrizione, unitamente al coniuge non era stato chiarito loro che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione invece di una fideiussione per uno scoperto di conto, stavano sottoscrivendo una fideiussione di carattere generale”; • l’iniziale scoperto di conto corrente per € 30.000,00 della debitrice principale è stato ripianato con la stipula di un promotore prestito personale, perciò venivano chiesti alla banca chiarimenti, nonché la revoca della fideiussione; • avendo ottenuto una risposta insoddisfacente, con messaggio PEC del 10.07.2013 (reclamo), la ricorrente formulava una proposta transattiva consistente: a) quanto alla fideiussione di € 30.000,00 in “un piano di rientro di € 7.500,00 in 36 mesi ad interessi zero (€ 15.000,00 infatti sono coperti da convenzione […] al 50%) e la liberazione dalla fideiussione generale vista la mancata chiarezza del direttore della filiale al momento della sottoscrizione” e la mancata consegna delle periodiche comunicazioni di trasparenza a tutti i fideiussori; b) quanto allo scoperto di conto corrente di titolarità di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo delle cointestatarie del ricorso unitamente a soggetto terzo (convivente della garantita), per circa € 3.000,00, nel versamento di € 14.800,001.500,00 “con liberazione e cancellazione da tutte le banche dati di rischio”; − • l’intermediario, tuttavia, non forniva riscontro. Con ricorso protocollato il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo 13.11.2013 la ricorrente ha chiesto all’ABF: - che “venga revocata la fideiussione generale e che per lo scoperto di € 700,00 mentre30.000,00, per far fronte al finanziamento dal momento che vi è stata nei primi mesi del residuo importo2009 ulteriore garanzia fideiussoria specifica [della madre della garantita], si rivolgevanovenga accolto il proposto piano di rientro di - “di trovare una soluzione transattiva allo scoperto di conto di € 3.000,00 [di una delle cointestatarie del ricorso], su indicazione ed invito mediante il versamento da parte della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo stessa dell’importo di € 13.700,00; − 1.500,00 (pari al 50%) con cancellazione di tutti i negativi sulle banche dati e la liberazione dell’altra metà che continuerebbe a gravare” sull’altro contitolare del rapporto. Nelle proprie controdeduzioni, trasmesse con PEC del Conciliatore Bancario Finanziario in data 7 11.12.2013, l’intermediario ha preliminarmente sollevato l’eccezione di incompetenza temporale dell’ABF limitatamente alle doglianze relative alla fase di stipula della fideiussione oggetto di controversia. Sempre nelle controdeduzioni parte resistente ha riportato il contenuto di una propria missiva del 20.12.2012, indirizzata al legale dell’istante, ove aveva osservato quanto segue: - nel maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento 2008 la banca originaria concedeva alla garantita uno scoperto di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo conto corrente transitorio di € 14.872,72 25.000,00, garantito da fideiussione generica rilasciata dalla ricorrente e dal coniuge, “con l’obbligo scadenza 30 settembre 2008, nelle more della formalizzazione di restituire 84 rate dell’importo finanziamento […] in convenzione” finalizzato a rilevare un’attività di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68commercio; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti - alla scadenza prefissata del 30.09.2008 il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggettogarantito rimaneva tuttavia sconfinato, in quanto ai clienti l’operazione di finanziamento non era ancora stata perfezionata; - nei primi mesi del 2009, la concessione dello scoperto di conto corrente transitorio veniva sostituita da 2 finanziamenti a medio termine (di cui uno per € 18.000,00 e l’altro per € 22.000,00), garantiti con fideiussione specifica della madre della debitrice e, “nell’ambito di consolidamento di una maggiore garanzia, come nelle previsioni contrattuali, la struttura deputata [aveva] ritenuto di non liberare” dalla fideiussione la ricorrente ed il coniuge; - la debitrice cessava, però, il rimborso di entrambi i finanziamenti dopo il pagamento della rata di preammortamento e della prima rata di ammortamento; - “atteso che le intenzioni [della ricorrente] dovevano essere esplicitate nell’atto originario ovvero alla morte del[l’altro] fideiussore”, la garanzia era valida e, “in ogni caso, eventuali revoche non potevano avere effetti retroattivi”. Tanto rappresentato, parte resistente ha affermato: - di aver “adempiuto completamente alle richieste dei ricorrenti informandoli compiutamente e contestualmente al rilascio della fidejussione”; - di aver dato la propria disponibilità “per trovare soluzioni di reciproca soddisfazione, disponibilità che, comunque, è stata totalmente disattesa dai ricorrenti”; - di avere comunque “piena libertà di valutazione circa l’accettazione o meno della richiesta dei ricorrenti”. La convenuta ha chiesto all’ABF di “voler considerare esaurito il motivo del contendere”. Il procuratore della ricorrente ha replicato che: - “nulla viene detto sulla mancanza di informativa […] circa la natura dell’atto che [la ricorrente stessa ed il marito] stavano firmando, cioè di fideiussione generica […] e non specifica (cioè limitata al solo credito che veniva concesso alla [garantita])”; - “nulla viene, altresì, detto circa la omessa comunicazione annuale (doverosa da parte della Banca) a tutti i soggetti che avevano rapporti con essa, circa l’andamento della Fideiussione”; - la cliente non è stata in grado di manifestare le sue intenzioni, poiché “al momento della morte [dell’altro fideiussore] nulla è stato consegnato il piano di ammortamento (comunicato […] dalla banca sulla esistenza, la parte richiama gli articoli 1346 natura e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB)circa l’andamento della Fideiussione”; − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto- nessuna soluzione è stata proposta dal direttore della filiale competente, che corrisponde all’importo totale previsto (ha solo suggerito di rivolgersi all’ABF; - sull’eccezione di incompetenza temporale dell’ABF, “solo il finanziamento contratto è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato firmato in data 09/05/2013 anteriore, mentre tutti gli atti e comportamenti successivi rientrano nel pieno vigore dell’Arbitrato”. Il legale ha ancora segnalato la “condotta deontologicamente scorretta” della convenuta per la somma aver inviato delle intimazioni di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato al pagamento alla ricorrente, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) in relazione al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna mancato rimborso dei finanziamenti concessi alla garantita, nelle more del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorsoprocedimento innanzi all’ABF. Infatti, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il in data 11.02.2014 è stato richiesto anche alla ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrentecomplessivi € 46.000,00 circa, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte esposizione della finanziariaditta garantita. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in In sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del replica la ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente ha chiesto l’adozione dei “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contrattoprovvedimenti sanzionatori ritenuti più opportuni nei confronti della Banca”.
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Samples: Fideicommissum Agreement
FATTO. Il La parte ricorrente riferisce quanto segueafferma che: − • aveva stipulato con una società di costruzione un contratto preliminare di compraventita versando una caparra di € 63.000,00; • a seguito del fallimento del costruttore veniva costituita una società cooperativa tra i promissari acquirenti, avente quale scopo quello di ottenere l’assegnazione degli immobili; • a tal fine, cedeva alla società cooperativa il proprio credito e diritti di insinuazione al fallimento; • la società cooperativa proponeva di rilasciare una fideiussione alla banca a fronte di un mutuo che i soci avrebbero dovuto sottoscrivere al fine di riacquistare l’immobile; • in data 25/03/201331/05/2011 veniva, unitamente al coniuge che pertanto, sottoscritto un contratto di fideiussione omnibus; • a fronte del rilascio della fideiussione, la banca avrebbe dovuto concedere il mutuo per il riacquisto dell’abitazione; ciò non è avvenuto e, pertanto, ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione di un promotore di subito una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto perdita economica pari alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentrecaparra versata, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, oltre ad aver prestato garanzia sino a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo concorrenza dell’importo di € 13.700,00; − 81.000. L’intermediario costituitosi, in punto di fatto, deduce che: • la Società Cooperativa venne costituita nel maggio 2010 da buona parte dei promissari acquirenti degli immobili della Ditta individuale * - dichiarata fallita dal Tribunale in data 7 maggio 201301.04.2008 - per la gestione del relativo concordato fallimentare in veste di assuntrice; • la ditta, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattualeinfatti, corredato soltanto prima del fallimento, aveva in essere diversi cantieri per la realizzazione di complessive 48 unità immobiliari finanziati in larga parte da acconti dei soci; • la Società Cooperativa nel corso del 2011 presentò proposta di concordato, successivamente approvata dal documento di sintesi e dalle condizioni generaliTribunale, nel con la quale veniva previsto stabilita in euro 7.433.855,98 la somma da riconoscere alla procedura a fronte della cessione di tutti gli assets immobiliari; • alla banca * (confluita nell’intermediario convenuto), veniva chiesto il finanziamentorilascio di un credito di firma dello stesso importo, nell’interesse della Società Cooperativa, a favore della procedura fallimentare, al fine di garantire l’adempimento del concordato; • tale impegno era a sua volta controgarantito dalla fideiussione omnibus dei vari acquirenti in misura pari alle caparre da questi già versate per l’acquisto delle singole unità immobiliari; • contestualmente veniva stabilito che la Società Cooperativa, una volta ottenuto il trasferimento degli immobili a seguito dell’omologa del concordato, avrebbe contratto un mutuo ipotecario sul complesso in corso di costruzione il cui ricavato sarebbe servito ad onorare gli obblighi di pagamento a favore del fallimento; • in data 28.01.2011 la Società Cooperativa e i singoli soci assegnatari dei lotti hanno formalizzato per iscritto alla banca * le richieste sopra indicate impegnandosi a rilasciare fideiussione omnibus pro quota per un ammontare complessivo di euro 7.433.855,98; • all’interno di tale atto la ricorrente risulta tra i firmatari dell’impegno, successivamente adempiuto con la sottoscrizione in data 31.05.2011 della fidejussione omnibus n. *857 a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni nei confronti della banca, dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura, già consentite e che venissero in seguito consentite al debitore (Società Cooperativa) sino alla concorrenza dell’importo di euro 81.133,44 (xxx.xx 4 al ricorso); • in data 05.11.2012, con l’omologa del concordato da parte del Tribunale, la procedura fallimentare veniva chiusa; • l’importo del mutuo concesso si è man mano ridotto con la vendita delle unità immobiliari, in sorte capitaleparte mediante accollo liberatorio agli acquirenti e in parte con pagamento diretto; • per quel che concerne la situazione specifica della ricorrente dalle evidenze della procedura fidi si rileva che nel mese di maggio 2013 era stato valutato dalla banca l’accollo di una quota parte del mutuo ipotecario di euro 85.000,00; l’operazione tuttavia non si era perfezionata in quanto la ricorrente nel frattempo era divenuta disoccupata; • il 15.03.2021 veniva inoltrata alla ricorrente, dell’importo garante in forza della fideiussione omnibus sopra indicata, raccomandata a.r. di € 14.872,72 sollecito alla regolarizzazione del mutuo ipotecario n. *171 concesso alla Società Cooperativa nei limiti della fideiussione concessa; • in data 10.06.2021 la ricorrente – per il tramite del proprio legale - eccepiva la nullità della fideiussione omnibus precedentemente rilasciata sulla base dell’“ormai unanime giurisprudenza della Corte di Cassazione” invitando l’intermediario a provvedere alla sua immediata rimozione; • tale comunicazione veniva indirizzata anche al soggetto garantito; in particolare, la ricorrente imputava alla Società Cooperativa la sua estromissione dalla compagine sociale a seguito della mancata concessione del mutuo da parte della banca, nonostante le rassicurazioni avute in proposito; • la summenzionata richiesta veniva respinta dall’ufficio reclami della banca per quanto di sua competenza, precisando che secondo la stessa Corte di Cassazione l’eventuale nullità di alcune clausole non è tale da inficiare la validità dell’intero impegno fideiussorio, che resta valido nelle relative disposizioni; • con il ricorso la ricorrente richiede che sia l’Arbitro a dichiarare la nullità della fidejussione omnibus n. *857 dalla medesima prestata sul presupposto che la banca avrebbe dovuto concederle il mutuo per il riacquisto dell’immobile. In diritto, l’intermediario eccepisce: • in via preliminare, la qualifica di “non consumatore” della ricorrente in quanto era socia della Società Cooperativa nell’interesse del quale la fideiussione era stata prestata; • la ricorrente aveva, pertanto, al momento della sottoscrizione della garanzia personale un collegamento “funzionale” con la società garantita (cfr. CGUE, 19 novembre 2015, C-74/15; Collegio di Bologna nella decisione n. 9728 del 03.05.2018); • nel merito, la “totale genericità” delle motivazioni addotte a sostegno delle richieste avanzate, atteso che la ricorrente – che non ha mai contestato il credito vantato dalla banca nei confronti del debitore - ha lamentato l’invalidità della fideiussione senza addurre alcuna argomentazione tecnico giuridica e senza specificare quali siano le pattuizioni eventualmente illegittime (cfr. decisione n. 12146/2021 del Collegio di Bari); • a sostegno della nullità della garanzia viene dapprima genericamente richiamata l’“ormai unanime giurisprudenza della Corte di Cassazione”, mentre in sede di ricorso la richiesta viene motivata col fatto che la banca avrebbe dovuto concedere alla ricorrente il mutuo per l’acquisto dell’abitazione; • a fronte di una richiesta di declaratoria di nullità della fideiussione poiché recante clausole in contrasto con la legge antitrust (L. n. 287/1990), il Collegio di Bologna, con la decisione n. n. 18418 del 25.07.2019 ha ritenuto che “La materia che implica l’analisi dei profili civilistici (nullità/risarcimento) conseguenti alla violazione di norme di diritto antitrust, esula tuttavia dal perimetro di competenza dell’ABF. Anche sotto • per mero scrupolo difensivo si evidenzia che la Corte di Cassazione ha optato per la soluzione della nullità parziale del contratto di fideiussione in cui siano inserite le clausole 2, 6 e 8 dello schema A.B.I. del 2003 (la c.d. reviviscenza della garanzia, la rinuncia del fideiussore ai termini di cui al 1957 c.c. e l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club pagamento “a prima richiesta”) e, in questa circostanzaconformità al principio di conservazione del negozio, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del dovrebbe trovare applicazione l’art.1419 comma 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ.; • nel caso di specie, le clausole non sono essenziali all’esistenza del contratto (cfr. Collegio di Coordinamento nella decisione n. 14555 del 19.08.2020); • la richiesta di nullità totale della fidejussione va respinta sulla base del dispositivo della sentenza di Cassazione del 26.09.2019 n. 24044: “Dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti a valle, i quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti.”; • in ordine alla mancata concessione del mutuo per l’acquisto dell’abitazione, osserva che gli intermediari non possono prescindere da valutazioni attinenti il c.d. merito di credito volte ad accertare la capacità di rimborso della clientela; • come già anticipato, nel maggio 2013 la Banca * aveva valutato la possibilità dell'accollo di una quota parte del mutuo ipotecario di euro 85.000,00; • l’operazione non venne, tuttavia, perfezionata in quanto dalle informazioni reperibili nella procedura fidi dell’epoca la ricorrente risultava al momento disoccupata avendo perso il lavoro da dipendente di cui godeva in precedenza; • nessuna promessa in tal senso era stata in precedenza fatta dalla Banca * alla ricorrente; • la futura valutazione del merito di credito dell’attuale ricorrente era infatti – come nella generalità dei casi - un passaggio assolutamente irrinunciabile per il perfezionamento dell’operazione di accollo; • non si comprende quale atteggiamento scorretto (nelle precisazioni al ricorso qualificato addirittura come “al limite della truffa”) avrebbe tenuto la banca; • l’operatività in questione è stata posta in essere all’interno di una procedura concorsuale che per sua natura prevede un controllo di tipo giurisdizionale; • la banca * ha dato corso alle richieste provenienti dai promissari acquirenti e dalla società cooperativa dai medesimi costituita concedendo il mutuo necessario al pagamento degli asset immobiliari in capo alla curatela fallimentare, nonché dell’articolo 117 TUBun credito di firma a favore della medesima nell’attesa di perfezionare l’erogazione del finanziamento medesimo; • la fideiussione omnibus dei singoli soci della cooperativa, controgaranzia perfettamente coerente con l’attività prestata dalla banca nell’ambito dell’operazione in questione, è stata del resto spontaneamente offerta dai singoli soci come si evince dall’Atto di richiesta di credito di firma e mutuo ipotecario; • la cessione del credito da parte dei promissari acquirenti (già ammessi al passivo del fallimento) era un passaggio propedeutico al perfezionamento del concordato, e - per quel che qui più conta non ha riguardato la banca finanziatrice essendosi perfezionato tra ciascun socio e la Società Cooperativa in veste di cessionaria; • la ricorrente, infine, non ha mai contestato in precedenza la fideiussione in questione, né il debito della Società Cooperativa nei confronti della banca. Nelle repliche, parte ricorrente ha ulteriormente dedotto quanto segue: • per quanto riguarda l’eccezione inerente la qualifica di consumatore, ha firmato personalmente la fideiussione e non in qualità di socia (cfr. all. 1); − • inoltre, la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare fideiussione veniva sottoscritta per fini personali essendo stati i sottoscriventi coinvolti nel fallimento; • difetta uno degli elementi essenziali del contratto previsto dall’art. 1341 c.c. ossia la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità causa del contratto di prestito al consumo e riconosciuto fideiussione; • ha sottoscritto la fideiussione omnibus in quanto la Banca avrebbe dovuto concedergli il diritto mutuo per l’acquisto dell’abitazione di importo pari alla ripetizione dell’indebito oggettivo fideiussione; • nella richiesta di fideiussione prodotta da controparte a pag. 3, clausola 2 si evince chiaramente che la fideiussione è subordinata alla richiesta di un mutuo ipotecario di euro 23.584,687.433,855,98 al fine di procedere al pagamento in favore della procedura fallimentare e, conseguentemente, all’acquisto definitivo degli immobili che la società fallita si era impegnata a vendere su preliminare; • il contratto di fideiussione è nullo oltre che per difetto di causa anche per contrasto con il disposto dell’articolo 2 della L. n. 287 del 1990 in via subordinata e previa dichiarazione quanto contenente le clausole indicate nel Modello ABI di cui la B.I. (Provv. n. 55 del 2 maggio 2005) ha sancito il contrasto con le regole poste a presidio della concorrenza; • l’ordinanza n. 29810 del 2017 resa dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione Civile, ha stabilito che sono nulle le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie (c.d. “fideiussioni omnibus”) conformi allo schema predisposto dall’ABI; • sebbene la Corte di Cassazione né con la pronuncia n. 29810/2017 né con quella n. 13846/2019 abbia precisato se le clausole vietate determinino la nullità del contrattodell’intero contratto o la sostituzione delle stesse con la normativa codicistica, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale deve escludersi l’applicabilità della nullità parziale ex art. 121 ss1419 c.c. TUB perché la gravità delle violazioni in esame – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quelle violazioni. Nelle controrepliche l’intermediario ha ulteriormente dedotto che: • in ordine alla qualifica di parte ricorrente, prende atto che la firma della cliente sulla fideiussione non è accompagnata dalla dicitura “in qualità di socia”; • richiama nuovamente la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (19/11/2015 C-74/15) nonché la decisione del Collegio di Bologna n. 9728 del 03.05.2018; • per quanto riguarda le censure di nullità della fideiussione, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che la causa del contratto fideiussorio, che intercorre tra contratto fideiussore e creditore è la funzione di finanziamento garanzia dell’adempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento della base soggettiva passiva; • dopo la delibera di affidamento conclusasi negativamente per assenza di occupazione, controparte non ha mai richiesto all’intermediario una ulteriore valutazione sostenuta da nuovi parametri reddituali; • la pronuncia menzionata dalla parte ricorrente (Cass., Sez. I, ordinanza del 12 dicembre 2017, n. 29810) non si inserisce in un consolidato orientamento; • nelle controdeduzioni ha fatto riferimento ad una - più recente - sentenza in cui la Suprema Corte chiarisce che la nullità di alcune clausole presenti nello schema contrattuale predisposto dall’ABI non comporta l’automatica e contratto stipulato con integrale nullità della fideiussione stipulata sulla base di tale modello (Cass., Sez. I, sentenza del 26 settembre 2019, n. 24044); • che la società terza, con cui posizione della giurisprudenza non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal sia al momento unanime lo dimostra il fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”di recente la presente questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., vi è assenza Sez. I, ordinanza del 30 aprile 2021, n. 11486); • contraria alla nullità totale dell’atto di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi fideiussione è la differenza tra importo richiesto/finanziato giurisprudenza ABF (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 14555/2020 e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma Coll. di € 13.700 direttamente sul conto corrente Bologna, decisione n. ***784 intestato al ricorrente6543/2021). Parte ricorrente ha formulato come segue le proprie conclusioni, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili . Le conclusioni formulate nelle memorie di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né replica appaiono di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contrattocontro più dettagliate. Quindi conclude per Parte resistente chiede il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte ricorso in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntivainfondato.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contratto.
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FATTO. Il La parte ricorrente riferisce ha rappresentato quanto segue: − - di aver stipulato con l’impresa fornitrice (Società X), in data 25/03/201301/08/2019, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso un contratto di consegna e su sollecitazione installazione di un promotore impianto per il trattamento domestico dell’acqua potabile e un abbonamento all’assistenza ordinaria con durata dodecennale e la previsione di una società ha acquistato un non meglio precisato “n. 12 interventi; - che successivamente all’installazione dell’impianto, avvenuta in data 6/08/2019, «si sono verificati subito malfunzionamenti per cui in data 12/08/2019 è stata inviata raccomandata con ricevuta di ritorno per esercitare il diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00recesso»; − - che la raccomandata suindicata è stata consegnata il contratto subordinava 14/08/2020, entro il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizionetermine previsto dal contratto; − gli acquirenti firmavano due cambiali - che nulla è stato riscontrato dall’impresa fornitrice e, a causa del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento perdurare del residuo importomalfunzionamento dell’impianto, si rivolgevanoè proceduto a contattare l’assistenza tecnica; - che in data 19/09/2019 «è intervenuto un tecnico per la sostituzione dell’impianto e della fontanina»; - che «dopo numerosi solleciti alla assistenza tecnica, su indicazione ed invito della società venditricein data 2/07/2020 è intervenuto un tecnico che non è stato in grado di sostituire il problema a causa dell’errata manutenzione fatta in precedenza»; - che «da quel momento nessun tecnico è più intervenuto nonostante i ripetuti solleciti»; - che «a settembre 2020 non è avvenuta la manutenzione annuale prevista dall’abbonamento dodecennale sottoscritta con il contratto»; - in conclusione, che «l'assistenza richiesta non ha mai risolto il malfunzionamento dell'impianto, nonostante le numerose richieste, e non è stata effettuato l'intervento di assistenza ordinaria nelle tempistiche, nonostante si sia continuato a pagare regolarmente le rate del finanziamento». La parte ricorrente, a parte resistente, effettuando una domanda seguito di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − reclamo infruttuosamente presentato in data 7 maggio 201306/12/2020, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano ha proposto ricorso all’ABF chiedendo che il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi Collegio ABF adito accerti e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo dichiari la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità risoluzione del contratto di associazionefinanziamento per cui è controversia e disponga che l’intermediario rimborsi in suo favore l’importo corrispondente a tutte le rate versate. Costituitosi, l’intermediario resistente, nelle controdeduzioni presentate tramite Conciliatore Bancario in data 11/02/2021, in particolare, ha rappresentato: - che l’8/10/2019 la ricorrente richiedeva e otteneva dall’istituto di credito convenuto un prestito finalizzato all’acquisto di un depuratore d’acqua; − la declaratoria di nullità - che il bene oggetto del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta fornitura veniva regolarmente consegnato alla cliente, la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.), “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” nulla eccepiva e, infatti, «tutte le prime 14 rate venivano versate nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamentorispetto delle scadenze così come pattuite»; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, - che solo in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (data 6/11/2020 la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 codistante lamentava il mal funzionamento del depuratore; - che, ricevuta la lettera di reclamo, l’intermediario «si adoperava nell’inoltrare una richiesta di chiarimenti alla società convenzionata che, prontamente, si rendeva disponibile ad un sopraluogo e, soprattutto, al ripristino del funzionamento del bene»; - che «nessun riscontro da parte Ricorrente è mai stato presentato alla società convenzionata ma, soltanto, la sua volontà di recedere dagli obblighi contrattuali sottoscritti». civ.In sede di repliche alle controdeduzioni, nonché dell’articolo 117 TUB)parte ricorrente: - ha rappresentato di aver lamentato alla Società X il malfunzionamento del depuratore ben prima del 6/11/2020; − la banca deve rimodulare il piano - ha affermato di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto aver esercitato il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68recesso entro il termine contrattuale di 14 giorni; in via subordinata - ha ribadito che a settembre 2020 non veniva eseguita dalla Società X la manutenzione annuale prevista dall’abbonamento all’assistenza ordinaria e previa dichiarazione ha aggiunto che a ottobre 2020 «l’assistenza tecnica ha cercato telefonicamente di nullità del contrattoprendere appuntamento per fare la manutenzione prevista e a sostituire il rubinetto guasto»; - ha evidenziato che, chiede che sia applicato considerato il tasso sostitutivo (arttgrave inadempimento da parte della fornitrice, la cliente ben poteva rifiutare il nuovo intervento di manutenzione proposto. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato al ricorrente, che ne Nelle proprie conclusioni l’intermediario ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per chiesto il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contratto.
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FATTO. Il ricorrente riferisce quanto segueCon ricorso del 20.8.2015 il ricorrente, lamentando l’inadempimento del fornitore, chiedeva di: − in data 25/03/2013, unitamente al coniuge che ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, con ordinanza del 1 dicembre 2019, all’esito di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., dichiarava la nullità del contratto di associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanzialea) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, dichiarare risolto il contratto di finanziamentofinanziamento di € 20.000,00 concesso dall’intermediario resistente; b) condannare l’intermediario al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente per l’iscrizione del suo nominativo in un Sistema di Informazioni Creditizie (SIC) e per le “continue richieste di rimborso delle rate insolute da parte di due call center e da ultimo da uno studio legale”, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.)azioni che stanno minando la salute del cliente, “perché gli obblighi danni da liquidarsi in separata sede”; c) condannare l’intermediario al pagamento delle spese e competenze del procedimento. Narrava il ricorrente: - di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi aver stipulato un contratto per la fornitura e messa in opera di trasparenza informativa a carico della un impianto fotovoltaico con una società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrispostoconvenzionata con l’intermediario resistente, che corrisponde all’importo totale previsto si è impegnato ad erogare l’intero finanziamento di € 20.000,00; - che, preventivamente, il fornitore avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al competente Ufficio, allegando la documentazione occorrente, e presentare all’Enel il progetto preliminare per il parere di massima; - La motivazione che ha indotto il ricorrente a sottoscrivere il contratto è stata la possibilità (prevista nel contratto) di godere dei benefici fiscali e del “Conto Energia”, mentre quest’ultimo ha cessato la sua efficacia in data 31.12.14, poiché il finanziamento Governo lo ha escluso a partire dal 2015; - L’impianto è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto fornito e montato senza avere le autorizzazioni né alcun progetto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società massima da una ditta terza, con cui che ha danneggiato un modulo/pannello, impegnandosi alla sostituzione; nel giugno 2015 la ditta ha comunicato che avrebbe sostituito il pannello quando il fornitore le avrebbe pagato le prestazioni eseguite; - L’efficienza dell’impianto non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza è stata provata e non si conosce né la capacità produttiva di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato al ricorrente, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.)energia, né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché se la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorsostessa possa essere sufficiente ed usufruibile; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “l’impianto è stato predisposto proprio acceso solo per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva alcuni minuti per verificare che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contratto.tutti i collegamenti fossero funzionali;
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Il ricorrente riferisce quanto segue: − Con ricorso presentato in data 25/03/201312 novembre 2020, unitamente al coniuge che il ricorrente ha aderito al presente ricorso e su sollecitazione di un promotore di una società ha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00; − il contratto subordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; − gli acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e dalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i coniugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna affermato che, con ordinanza atto di quietanza consegnato in data 10 ottobre 2016, veniva formalizzata la definizione di tutti i rapporti pendenti inter partes con impegno da parte dell’intermediario alla cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile di proprietà del 1 dicembre 2019ricorrente e della sua ex moglie; che tale accordo era stato concluso con un rappresentante della società X (ora incorporata nell’intermediario resistente) con l’unica finalità di procedere spontaneamente alla vendita del bene di proprietà del ricorrente (in comunione con la ex-moglie) al fine di estinguere i contratti di mutuo ***961 e ***289, all’esito all’epoca in essere con l’intermediario resistente; che restava inteso tra le parti che l’eventuale eccedenza rispetto al saldo residuo del mutuo, sarebbe stata consegnata ai venditori-mutuatari; che l’accordo aveva ad oggetto il conferimento di un ricorso ex artmandato al servicer di procedere alla vendita bonaria dell’immobile al miglior prezzo di mercato; che, al contrario, ha visto svendere l’immobile al prezzo equivalente del debito residuo al momento in essere con l’intermediario; che, infatti, a fronte di un valore dell’immobile pari a circa € 160.000,00 (doc. 702-bis c.p.c.2) quest’ultimo è stato venduto a 87.000,00 euro, dichiarava la nullità del contratto di associazioneoltre le commissioni; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamentoche tale risultato, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumocom’è apprezzabile ictu oculi, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite ha costituito un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base indubbio vantaggio per l’intermediario al quale l’erogazione poteva avvenire ha fatto da contraltare un lucro cessante in capo al contraente–consumatore: infatti, quest’ultimo avrebbe ben potuto vendere l’immobile ad un prezzo più alto rispetto al debito residuo vantato con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatariol’istituto di credito; − la stipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestualeche, essendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 2013 il secondo); − ad ogni modo, il contratto a quella data veniva confermato che tutti i rapporti (compresi anche i rapporti di finanziamentoconto corrente sul quale giravano le rate del mutuo) erano definiti; che nel luglio del 2020 – intenzionato a comprare una nuova automobile – veniva a conoscenza di risultare segnalato a sofferenza per complessivi 9.371,00 euro; che, è “di con reclamo del 22 luglio 2020, chiedeva la cancellazione retroattiva delle informazioni illegittimamente segnalate nella Centrale Rischi presso Banca d'Italia perché illegittima per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. 124 T.U.B.)insussistenza dei presupposti formali e sostanziali e – al contempo – avanzava formale richiesta, “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa ai sensi del 119 T.U.B. volta a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della tipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità ottenere copia del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto servicing stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzioneX al fine di poter dimostrare e quantificare l’illegittimo comportamento posto in essere dalla stessa; − l’assenza copia del contratto di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. mutuo ***784 intestato 961 e ***289; copia della comunicazione di messa in mora e contestuale segnalazione a sofferenza. Quanto alla richiesta documentale, l’intermediario dirottava il Cliente presso la filiale di riferimento; ritenendo insoddisfacente la risposta dell’Intermediario, avanzava un nuovo reclamo in data 1° settembre 2020 (doc. 6) reiterando la richiesta della documentazione e chiedendo che gli venisse recapitata a mezzo pec “dietro pagamento del dovuto che dovrà essere previamente comunicato”. Tale richiesta trova la sua motivazione in quanto attualmente risiede a L*** e, anche in ossequio alla normativa primaria e secondaria sull’emergenza sanitaria COVID-19, appare più ragionevole ottenere tale documentazione in via telematica; con successiva comunicazione del 24 settembre 2020 l’intermediario confermava quanto già rappresentato nella prima risposta (doc. 7) ovvero di recarsi in filiale; si faceva, comunque, parte diligente prendendo contatti con la Filiale a mezzo pec in data 5 ottobre 2020, alla quale però non ha mai ricevuto alcuna risposta. La parte ricorrente ha, poi, affermato, in diritto, di essere stata oggetto di una erronea segnalazione del ricorrente in Centrale Rischi per mancanza dei presupposti formali e sostanziali, in quanto la segnalazione a sofferenza riguarda un debito in realtà insussistente in quanto oggetto di accordo con l’istituto segnalante, la prova di tale accordo è da rinvenire nella quietanza consegnata in occasione della vendita dell’immobile in forza del quale la Banca ha promesso la definizione in via bonaria di tutte le pendenze. Peraltro, l’estinzione dell’obbligazione deve essere presunta dal comportamento omissivo dell’istituto di credito che si è ostinato a non produrre alcuna documentazione, nonostante le numerose richieste avanzate sia all’Ufficio Reclami che alla filiale ove il rapporto era stato acceso (peraltro a seguito di espressa indicazione del primo). Altro elemento di fatto dal quale è possibile presumere l’illegittimità della segnalazione per estinzione del debito è la manifestata volontà di non voler consegnare e/o allegare alle risposte dei reclami la comunicazione di messa in mora e preavviso di iscrizione a sofferenza. Infatti, ha sostenuto il ricorrente che la situazione economico-patrimoniale del ricorrente non corrisponde affatto alla definizione di sofferenza offerta dalla Circolare di Banca d’Italia (cap. II, sez. 3, § 9), così come delineata dalla giurisprudenza di legittimità e arbitrale: il ricorrente infatti ricopre un importante ruolo nell’Arma dei Carabinieri, non ha mai avuto alcuna problematica con il ceto bancario e, in generale, con alcun creditore, gode di un ottimo stipendio e conduce una vita senza alcuna privazione nella città di ***. In giurisprudenza è stato precisato che grava sull’intermediario segnalante l’onere di dimostrare, in sede giudiziale, i criteri che hanno giustificato tale appostazione (cfr., ex multis, Tribunle di Napoli del 1° dicembre 2017 e Tribunle di Belluno del 22 marzo 2018). Nel caso di specie la Banca non ha minimamente motivato ed esposto nelle risposte ai reclami le ragioni che hanno giustificato un così grave provvedimento, e, inoltre, non ha ricevuto alcun preavviso di segnalazione e ciò ha impedito di contestare tempestivamente la dichiarata situazione di insolvenza e il credito vantato dall’intermediario. Per la giurisprudenza costante il preavviso costituisce presupposto di validità della segnalazione a sofferenza in C.R., la cui omissione giustifica un risarcimento del danno in capo all’odierno ricorrente; l’onere di fornire la prova della ricezione da parte del cliente incombe sull’intermediario segnalante. In merito al risarcimento del danno patrimoniale e non, per quanto concerne il danno patrimoniale, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la condanna generica al risarcimento dei danni patrimoniali non richiede sostegno probatorio in ordine all’esistenza in concreto di un danno, ma soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di esso (cfr. Cassazione, Sez. I, 26 ottobre 2017, n. 25512), ove, sul danno non patrimoniale, l’orientamento maggioritario in giurisprudenza ha chiarito che il danno da lesione dell’immagine sociale della persona che si vede ingiustamente indicata come insolvente presso la Centrale dei rischi «costituisce un danno reale che deve essere risarcito senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sussistenza» (ex multis Cass. Sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929; Cass. Sez. I, 24 maggio 2020, n. 12626). la giurisprudenza più recente, in tema di mezzi di prova utilizzabili, ha altresì chiarito che nel caso in cui venga lamentato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, da illegittima segnalazione «È ammessa la prova per presunzioni dell’esistenza del danno, purché le allegazioni siano puntali e complete». (Cass., Sez. III, 15 aprile 2015, n. 7661). Nel caso di specie, l’esistenza del danno è dimostrata dalla circostanza che la segnalazione persiste come minimo dall’ottobre del 2016; che non è mai stata soggetta a rettifiche o segnalazioni ulteriori, neppure telefoniche; che appartiene all’Arma dei Carabinieri, con servizio di alto grado anche in ambasciate estere, ed è sottoposto al Codice disciplinare e di condotta, così come previsto dal D.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, e al Regolamento interno che all’art. 732, comma 6 stabilisce espressamente che: «6. Per il personale dell'Arma dei Carabinieri costituisce grave mancanza disciplinare: […] d) non onorare i debiti o contrarli con persone moralmente o penalmente controindicate.»; che non ha mai ricevuto un addebito nella sua carriera e attualmente vive in uno stato di profonda angoscia in quanto il recupero forzoso del credito viene solitamente notificato anche alla Caserma di appartenenza e tale notifica comporta l’apertura di un procedimento disciplinare; che le conseguenze di tale provvedimento determinano immediatamente una ricaduta negativa in termini di future promozioni o scatti di stipendio; che, in tema di quantum risarcibile, sulla scorta dei precedenti giurisprudenziali in casi analoghi (cfr. Trib. di Modena 20 marzo 2012 su Resp. Civ., 2012, il danno è da quantificare in una somma pari al debito erroneamente segnalato e, pertanto, in complessivi € 9.371, oltre rivalutazione ed interessi; che, in ogni caso, il ricorrente chiede che il danno non patrimoniale sia quantificato in via equitativa ai sensi del 1226 c.c. Quanto alla mancata consegna della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 119 T.U.B., il ricorrente sostiene che, nonostante si sia fatto parte diligente inviando una richiesta scritta alla filiale di Olbia, quest’ultima non ha mai risposto; che la richiesta di documentazione mediante un appuntamento fisico in filiale non solo appare un mero strumento per aggravare di ulteriori costi il Cliente ma, oltretutto, appare irragionevole in virtù della normativa emergenziale sanitaria che impone a tutti i cittadini e, a maggior ragione agli intermediari qualificati, di adottare tutte le misure necessarie per ridurre gli spostamenti e i contatti fisici. Alla luce di quanto precede, il ricorrente ha chiesto al Collegio la condanna del resistente, previo accertamento della illegittima segnalazione presso la CR, «alla refusione dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti […] quantificati nella misura minima» di 9.371,00 euro, «o di diversa maggiore o minor somma che riterrà di giustizia, oltre alla refusione delle spese del presente ricorso», oltre alla riconsegna della documentazione richiesta con il reclamo del 22 luglio 2020. Nel controdedurre, l’intermediario ha eccepito, in via preliminare, che la propria carenza di legittimazione passiva in quanto il credito è rientrato in una operazione di cessione di crediti pro soluto individuati in blocco perfezionata in data 1/07/2020 in favore di altra società, di cui è stata data notizia mediante pubblicazione in G.U.. Nel merito, ha poi affermato che la correttezza delle segnalazioni effettuate, anche in presenza di trattative con il ricorrente, che ne confermano come lo stesso fosse perfettamente a conoscenza della propria posizione debitoria avendo già ricevuto a maggio 2015 la comunicazione di costituzione in mora nonché l’avvenuta notifica a suo carico di un atto di precetto e successivamente di un pignoramento immobiliare sin da giugno/luglio 2015; che successivamente, preso atto di precedenti tentativi posti in essere da parte di società mandatarie per il recupero del credito nonché della grave situazione di insolvenza come sopra descritta in forza dell’esecuzione immobiliare avviata ai danni del ricorrente, ha poi liberamente disposto bonificandone una parte proceduto alla classificazione a sofferenza della posizione in questione nel settembre 2017 in ottemperanza alle vigenti disposizioni normative emanate in materia dalla Banca d’Italia (€ 12.104,66) Circolare 139/1991); che, secondo la giurisprudenza costante dei Collegi ABF, il preavviso di segnalazione a sofferenza nella CR non costituisce condizione di legittimità della segnalazione a sofferenza, ma ha esclusivamente valenza informativa; che, quanto alla presunta dichiarazione liberatoria rilasciata dalla Banca ed allegata al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) la stessa si riferisce solo ai rapporti di mutuo cointestato con altro nominativo e non comporta profili alle esposizioni derivanti da c/c e carta di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi credito intestati unicamente al ricorrente; che, per quanto riguarda la richiesta di documentazione, il ricorrente è stato più volte invitato, ma senza esito, a ritirare la documentazione richiesta presso l’Agenzia di competenza, previo pagamento di quanto stabilito dalle norme che regolano la trasparenza bancaria. Da ultimo, in relazione alla richiesta di risarcimento di presunti danni subiti, il ricorrente non ha fornito alcuna prova dell’esistenza e consistenza di tali danni né del 1284 C.C.)nesso di causalità tra il lamentato comportamento della banca e il danno. La resistente ha, quindi, richiesto al Collegio di «dichiarare il ricorso inammissibile per carenza della legittimazione passiva della Banca» e, in subordine, la legittimità della segnalazione in CR. In sede di repliche, il ricorrente ha affermato, per quanto riguarda l’eccezione del difetto di legittimazione passiva, che la stessa appare priva di pregio in quanto il soggetto passivamente legittimato è indubbiamente l’intermediario che ha proceduto alla segnalazione; sulla pendenza di presunte trattative e sulla raccomandata A/R di costituzione in mora, contesta fermamente che vi siano mai state trattative con la società Y, così come affermato da controparte che non fornisce alcuna prova a riguardo; quanto alla raccomandata A/R, non ha mai ricevuto tale comunicazione, né ha mai sottoscritto la cartolina; anzi la documentazione prodotta attesta che dal 27.04.2015 al 17.05.2015 non si trovava a L***; che l’Istituto di violazione Credito, pienamente in possesso di norme tutte le sottoscrizioni, avrebbe dovuto verificare la corrispondenza della sottoscrizione apposta; che la differenza risulta palese, come è possibile constatare dalla lettura dei documenti che la stessa banca ha prodotto, nonché dalla procura alle liti; disconosce, dunque, la sottoscrizione apposta sulla trasparenzacartolina e segnala che sta predisponendo esposto/querela contro lo spedizioniere al fine di accertare le responsabilità penali in relazione al fatto accaduto; formula anche una richiesta di indennizzo in quanto tale comportamento gli ha arrecato un grave ed irreparabile danno; in ogni caso, poiché anche a voler considerare che la rata risulta già lettera di messa in mora sia stata determinata ex ante correttamente recapitata al destinatario, quest’ultima non costituisce comunque condizione di legittimità della segnalazione; per quanto riguarda la richiesta di documentazione, la resistente ha prodotto documenti estranei all’oggetto della richiesta, che riguarda il contratto di servicing con cui la società X ha provveduto alla contabilizzazione dell’importo di 82.000,00 euro; che gli atti di precetto e di pignoramento prodotti da controparte sono totalmente ininfluenti rispetto all’oggetto del ricorso e sono affetti da un difetto di notifica che, stante la loro natura recettizia, determina la loro invalidità ab origine. Dipoi, a differenza di quanto sostenuto dall’intermediario, il ricorrente ha affermato di aver preso contatti con la filiale di riferimento, come dimostra la comunicazione a mezzo pec del 5 ottobre 2020 cui non è mai seguita alcuna risposta (doc. 12). Da ultimo, quanto alla richiesta risarcitoria, nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le motivazioni già addotte rimandare alle considerazioni svolte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di compravendita del certificato, evidenzia che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in ipotesi di recesso, sia il contratto di concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntivadanno patrimoniale che quello non patrimoniale sono stati dimostrati ed argomentati.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente di € 13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la stipula del contratto.
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