Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civile, cit., p. 51 ss. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonio, il giudizio di separazione, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflitto, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Xxxxxxxx. Le garanzie atipiche innominate nel sistema del codice civile del 1942, in Banca Borsa, 1992, 727). La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civile, citdivergenza causale è supportata sul piano formale dall’art. 1937 c.c., p. 51 ssin forza del quale la manifestazione della volontà di assumere l’obbligazione fideiussoria deve essere espressa in modo inequivocabile, pur potendo non risultare da atto solenne. L’Autrice rileva ulteriormente Questione ampiamente dibattuta è stata quella riguardante la natura, giuridica o metagiuridica, delle lettere di patronage. Secondo un primo orientamento, le dichiarazioni in esse contenute sarebbero inidonee a tale riguardo vincolare giuridicamente il dichiarante, stante il carattere morale delle stesse. Si affermava, in particolare, che «l’aver fatto ricorso a tali dichiarazioni piuttosto che agli strumenti di garanzia riconosciuti dalla legge, fosse indice delle volontà delle parti di escludere il vincolo giuridico in capo al dichiarante. Il carattere metagiuridico impedirebbe l’assunzione di alcun obbligo di garanzia da parte del dichiarante né di alcun obbligo giuridicamente vincolante. Detta presunzione è superabile con la prova contraria che la parti abbiano inteso confinare le ragioni dell’abbandono loro relazioni nella sfera sociale e della sola cortesia. La presunzione di giuridicità delle lettere de quibus è, peraltro, corroborata dalla circostanza del principio loro utilizzo da parte di operatori professionali, della colpa particolare cura e attenzione con le quali vengono redatte e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per rilievo degli interessi economici coinvolti nelle operazioni in cui vengono impiegate55. Esistono, da ultimo, delle forme di garanzie che, in realtà, costituiscono dei veri e propri contratti traslativi (anche tipici), i quali tuttavia, vengono utilizzati dalle parti come garanzia dell’adempimento di un’obbligazione. Si pensi, a titolo di esempio, all’alienazione di una cosa o alla cessione di un credito a scopo di garanzia, alla vendita con patto di riscatto o di retrovendita, al riporto, al sale and lease back. In tutte queste ipotesi il momento della crisi del matrimoniobene ceduto (immobile, credito, ecc.) garantisce, in caso di inadempimento, il giudizio di separazionesoddisfacimento del credito; in modo, non costituisce il luogo tra l’altro, anche più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflittovantaggioso rispetto alle normali garanzie reali, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di poiché qui non solo le ripetute proposte di eliminare occorre dar luogo alla complessa procedura esecutiva, visto che il creditore – al momento dell’inadempimento del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte debitore – già si trova nella titolarità del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione bene alienato in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, citgaranzia., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali tutela della salute nell’attività sportiva: aspetti previdenziali e responsabilità civileprevenzionali, citin Riv. dir. sport., p. 51 ssvol. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo 36, n. 6, 1985. è dotato di una scheda sanitaria, istituita con D.M. 13 maggio 1995, in attuazione della legge 26 ottobre 1971 n. 109948, che «che ne riporta le ragioni dell’abbandono condizioni psico-fisiche. Responsabile dell’esercizio dei controlli sulla salute del principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui calciatore è il momento della crisi del matrimoniomedico sociale, il giudizio quale può disporre ogni accertamento che ritenga opportuno al fine di separazionevalutare l’idoneità del calciatore alla prestazione lavorativa.49 In ogni caso, il ruolo del medico sociale non costituisce il luogo più adatto esclude la responsabilità civile della società, per fare i conti con il passatodanni provocati della condotta dello stesso, secondo quanto disposto ex. L’accentuarsi art 2087 c.c. responsabile della violazione degli obblighi di sorveglianza sanitaria, da parte del conflittomedico sociale, nei cui confronti potrà eventualmente esercitare azione di rivalsa. Di fondamentale importanza, per la salute del calciatore, è la normativa antidoping, basata sulla legge 14 dicembre 2000, n. 37650, che inevitabilmente ne consegueha classificato il doping come reato, costituisce demandando ad un apposito D.M. l’indicazione dei farmaci proibiti (ex. art. 2) e l’istituzione di un’apposita commissione di vigilanza e di controllo (ex. art. 3). La legge si è conformata ai principi contenuti nella Convenzione europea di Strasburgo contro il doping, in cui è previsto che esso, oltre ad arrecare un danno ulteriore per i coniugialla salute dell’atleta, e soprattutto per i figlidetermina un alterazione dei risultati sportivi, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzatiincidendo sulla regolarità delle competizioni agonistiche. Di qui Per quanto concerne il calcio, la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare FIGC ha adottato un «regolamento antidoping» entrato in vigore il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto1° gennaio 2004, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’artattuazione dell’art. 6, ultl. n. 376/2000; l’articolo aveva previsto la necessità che il CONI, le Federazioni, le Società, le Associazioni e gli Enti di promozione sportiva adeguassero i loro regolamenti alle disposizioni contenute negli articoli della medesima legge, prevedendo in particolare sanzioni e procedure disciplinari a carico dei tesserati. cpvL’art. 9, co. 2, AC, ha così previsto che il calciatore debba sottoporsi ai prelievi e ai controlli medici predisposti dalla società, dal CONI e dalla FIGC, per «l’implementazione dei controlli antidoping» e per una «maggiore tutela della propria salute». La violazione degli obblighi predetti comporta, ex. art. 9, co. 3, A.C. l’applicazione delle sanzioni previste dai regolamenti vigenti.51 La società 48 Legge sulla tutela sanitaria nelle attività sportive pubblicata in Gazz. Uff., 1. div.23 dicembre 1971, l’artn. 324. 49 cpv.Sul ruolo del medico sociale vedi Xxxx. Sez. Lav. 8 gennaio 2003 n. 85, 1disponibile su xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxx/xxxx_0000/00xxx_00.xxx (marzo 2006), Cass. adoz. In particolare8 maggio 2000, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro n. 11404, disponibile su xxx.xxxxxxx.xx/xxxxxxxx/Xxxxxxx_xxxxxxxx/xxxxxx.xxx (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50marzo 2006).
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Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civileIl contratto di somministrazione di servizi 15 me, cit.pertanto, p. 51 ssuna rilevanza pratica assai rilevante. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito Se si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimoniopensa, il giudizio di separazione, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflittoinfatti, che inevitabilmente ne consegue, costituisce da un danno ulteriore per i coniugi, lato le norme sull’appalto e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente norme sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non somministrazione sono, in linea piu` tratti, divergenti e dall’altro che esiste un ampio novero di principiocontratti ati- pici, tra loro incompatibili (48) aventi ad oggetto la prestazione duratura di servizi, per i quali dottri- na e analogamente può rilevarsi giurisprudenza, prive fin qui di qualsiasi figura normativa generale di riferimento, sono andate alla ricerca atomistica ed erratica di questa o quella norma seguendo la regola del caso per caso, senza alcun criterio or- ganico di ricostruzione della disciplina, si comprendera` come una corretta esegesi delle norme definitorie e di rimando sia essenziale. Una ricostruzione anche sistematica dello stato della dottrina e della giurisprudenza conferma l’assunto. Xxxxxxxxxxxx 26 ha indicato nella ricerca della comune volonta` delle par- ti il criterio guida per selezionare se applicare le norme sull’appalto o sulla somministrazione, delegando, quindi, al giudice, il compito di disciplinare il caso concreto e la effettiva applicazione delle singole norme vuoi sull’ap- palto vuoi sulla somministrazione. Ma si e` correttamente osservato, in sen- so contrario, che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’artil legislatore nell’art. 81 1677 c.c. – non rimette affatto alla vo- lonta` delle parti l’individuazione della normativa applicabile avocando a se´ tale compito. Tuttavia questo stesso Autore, in altra sede 27, ha ritenuto, modificando la precedente opinione, che in realta` un criterio legislativo di individuazio- ne della disciplina debba discendere dall’inquadramento legislativo del contratto nel capo dell’appalto, onde la normativa sull’appalto debba pre- valere sulla cui natura molto normativa in tema di somministrazione. Ma, se vale anche in questo caso il principio lex iubet non docet, la qualificazione legislativa del contratto come appalto non dovra` essere considerata vincolante per l’inter- prete, poiche´, se si discute (49) – tranquillamente convive con vuole evitare ogni concettualismo, la qualificazione do- vra` necessariamente discendere dalla disciplina e non viceversa. Il Devoto 28 sostiene, in un’ottica piu` generale, che le obbligazioni ad esecuzione continuata non presuppongano una causa tipica diversa dalla causa delle corrispondenti obbligazioni ad esecuzione istantanea. Il dato di diritto positivo non offre pero` a questa tesi alcun sostegno ed anzi la lette- ra delle disposizioni codicistiche appare contraddire la tesi. Cio` e` tanto vero che il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex artDevoto pur di difendere l’assunto arriva a ‘‘rovesciare’’ lo stesso tenore letterale dell’art. 80 1570 c.c. (50)facendo dire alla norma l’esatto opposto 26 Xxxxxxxxxxxx, L’appalto, in Tratt. Cicu-Messineo, XXIV, 2, Milano, 1977, 32-33.
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Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civileGli affari differenziali impropri (commento a App. Genova, cit23/12/1926), in Riv. dir. comm., p. 51 1930, II, 677 e ss. L’Autrice rileva ulteriormente L’A. diversifica il trattamento giuridico a tale seconda che si tratti di differenziali impropri, dunque quelli consistenti in due operazioni distinte dove B vende o compra da o ad A per poi comprare o vendere da o a C ad un altro prezzo, da quelli c.d. propri, ossia quelli le cui operazioni passano dalle medesime parti e le cui prestazioni non possono che avere luogo per differenza, essendo esclusa la possibilità di procedere ad effettiva consegna. Secondo l’A. solo la prima tipologia sarebbe caratterizzata da una causa di scambio, mentre nel secondo caso l’intera operazione, risolvendosi in scambi fittizi aventi le caratteristiche di una scommessa, rientrerebbero nelle ipotesi sottoposte all’eccezione di gioco. Nemmeno la seconda teoria appare condivisibile, posto che l’eventuale determinazione del quantum avviene, con riguardo ai contratti differenziali, sulla base di rigidi paradigmi e logiche di mercato che «nulla hanno a che vedere con la mera sorte 89. Inoltre, se, da un lato, risulta innegabile la presenza di un certo grado di rischio, dall’altro, risulta altrettanto vero che lo stesso si presenta esclusivamente in termini eventuali e, parimenti, non sarebbe di tipo giuridico quanto economico. L’alea economica, infatti, si caratterizza per la totale misurabilità attraverso l’impiego di parametri statistici e di matematica finanziaria, mentre l’alea giuridica, al contrario, è caratterizzata dalla totale incertezza non tanto del quantum quanto nell’an della prestazione. Il rischio inoltre, né risulta intimamente connesso all’oggetto del contratto né lo influenza, posto che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa parti effettuano le considerazioni relative agli effettivi vantaggi e del successivo scolorire dell’addebito perdite ex ante.90 Nonostante il dibattito relativo al rapporto sussistente con la disciplina dell’azzardo si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonio, il giudizio di separazionesia poi riproposto anche in relazione ai contratti derivati, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflittosembra, alla luce delle riflessioni svolte, che inevitabilmente ne conseguefra le due tipologie negoziali sussista un rapporto di continuità o, costituisce un danno ulteriore per i coniugitantomeno, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, una qualche relazione in merito alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, citstruttura negoziale., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civiletradizione, cit., p. 51 ss125. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa comprensibile, e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonioallo stesso tempo, elegante e raffinato. In origine contava di 2281 articoli, ancora oggi, è composto da tre libri più un titolo introduttivo. Il primo libro dedicato alle persone, il giudizio secondo dedicato ai beni e alla proprietà, il terzo dedicato ai modi di separazioneacquisto e di modifica della proprietà. La suddivisione si ispirò al modello delle istituzioni di Gaio. Nel testo prevalgono l’uguaglianza e la libertà individuale eliminando così la discriminazione derivante dall’appartenenza di una classe sociale. Per quanto riguarda la materia contrattuale, non costituisce il luogo quest’ultima viene inserita nella terza parte del codice. All’interno del testo si parla del contratto come una convenzione in base alla quale una o più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflitto, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflittopersone si obbligano verso altra o altre, a valorizzare l’accordo ancora possibiledare, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma fare o non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro fare qualche cosa (art. 129-bis c.c.): 1101). Tra i requisiti essenziali del contratto, viene richiesto il che conferma che rimedio giusfamiliare consenso della parte obbligata e rimedio risarcitorio non sonola causa lecita dell’obbligazione (art. 1108). Sul contratto si sono applicate delle riforme, in linea particolare assume particolare rilevanza ‘L’Ordonnance n. 2016-131 del 2016’25. Lo scopo principale, ovvero il ‘riformare e resistere’, vincola contemporaneamente il concetto di principiofedeltà al codice nei suoi principi fondamentali, lo spirito del diritto francese dottrinale e giurisprudenziale e il concetto di innovazione, tanto dal punto di vista formale quanto da quello sostanziale. Si cerca dunque un equilibrio tra l’autonomia contrattuale, la forza di legge del contratto e il valore emergente della giustizia contrattuale. Alla luce di questi obiettivi, cinque sono sostanzialmente le direttrici lungo le quali la riforma si muove. La prima è quella della semplificazione linguistica, nell’ottica di una migliore accessibilità quindi certezza, del diritto. La seconda è quella della semplificazione concettuale: talvolta l’ambiguità non interessa la lettera di una norma, ma il significato stesso di un istituto; per questo la riforma punta a togliere dal codice gli articoli da tempo abbandonati nella pratica, in considerazione della loro incompatibili (48) incerta applicazione. La terza è quella della semplificazione sistematica: in realtà, più che di una semplificazione si tratta di una vera e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive propria rivoluzione, essendo state infatti aggiunte norme e suddivisioni in sotto-titoli, sotto-sezioni, paragrafi, con il rimedio «tipico» risultato che i numeri degli articoli hanno perso ogni corrispondenza con le materie. Così le obbligazioni e i contratti restano inseriti nel libro terzo, dedicato ai modi di acquisto della restituzione dei doniproprietà, ex art. 80 c.c. (50)ma cambiano i 25 Ordinanza 10 Febbraio 2016, n. 2016-131 ‘riformare il diritto contrattuale, il regime generale e la prova delle obbligazioni’.
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Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali L’armonizzazione massima della direttiva 2019/771/UE e responsabilità civilele sorti del principio di maggior tutela del consumatore, cit., p. 51 956. L’autrice sostiene che «il quadro rimediale previsto per il difetto di conformità rimane sostanzialmente invariato rispetto alla direttiva del ‘99, anche se le modalità e le tempistiche per l’esercizio dei rimedi previsti dall’art. 13 dir. 19/771, così come la disciplina dell’onere probatorio circa l’esistenza del difetto di conformità presentano alcuni aspetti di novità rispetto alla precedente disciplina». 230 Cfr. X. XXXXXXXXX, Il contratto di diritto europeo, cit. p. 483 ss. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo L’autore sostiene che «che le ragioni dell’abbandono norme italiane, spagnole e tedesche sono strutturate attorno alla tradizionale categoria dell’obbligazione e, pertanto, ascrivono il difetto di conformità all’area della responsabilità». suddivisa tra contratti a distanza e contratti negoziati fuori dai locali commerciali, mentre adesso la disciplina è stata riunita così da assicurare una maggiore tutela e tenuta sistematica231. Tutto ciò è un problema assai complesso, così come complesso è il tema delle obbligazioni post-vendita232, ma questa complessità è quella del principio della colpa e diritto vivente del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonio, il giudizio di separazione, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflittoXXI secolo, che inevitabilmente ne conseguesi ricollega alla complessità della vita di tutti i giorni233. Le figure contrattuali tipiche sono sempre più strette e lasciano spazio a nuove figure contrattuali atipiche. Questo si verifica perché è la complessità234 della società moderna che domanda atipicità, costituisce un danno ulteriore per i coniugimandando così in frantumi lo schema dei contratti tipici (tra cui proprio la compravendita) creando nuove tipologie di contratti, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (artdi specie, una pluralità di compravendite235. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono231 Per maggiori approfondimenti vedi X. XXXXXXXXXXX, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’artLa norma incompiuta dell’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).61
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Samples: gredos.usal.es
Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civileL’obbligazione di praestare cit. 235. Un breve cenno va fatto alle societates in cui affinchè il periculum derivante dall’incolpevole perimento dell’oggetto della prestazione ricadesse su tutti i soci era necessario che questo, cit.con la collatio, p. 51 ssavesse avuto una destinazione sociale26. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea Ma ciò non bastava. Nel caso di una società costituita per cui il momento della crisi del matrimonioesempio per la vendita di cavalli, il giudizio rischio della morte del cavallo di separazioneun socio avvenuta dopo la collatio, ma prima della vendita, ricadeva sul singolo socio in quanto il contratto associativo era stato stipulato non costituisce habendae quadrigae sed vendendae27. Ma nelle fonti si individuano anche soluzioni più articolate. Ad esempio Xxxxxxx riteneva che solo i rischi derivanti da attività svolta nell’interesse comune ed inerenti alla gestione sociale potessero ricadere su tutti i soci; di conseguenza non rientravano in questa ipotesi le spese mediche sostenute dal socio per curare le ferite subite per impedire la fuga di servi communes28. Contrariamente Xxxxxxxx riteneva che il luogo più adatto per fare rischio ricadesse su tutti i conti con il passatosoci29. L’accentuarsi del conflittoIn ordine al mandatum va detto, in ultimo, che inevitabilmente ne conseguenei rapporti di tipo gestorio l’importanza del rischio dipendeva dall’interesse all’operazione intrapresa e dal nesso necessario tra la perdita incontrata e l’attività gestoria che si era chiamati a svolgere nell’interesse altrui. Se tale nesso necessario mancava ed esisteva solo un legame accidentale tra gli eventi, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, citrischio ricadeva sul mandatario30., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Samples: www.iris.unina.it
Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civileIl potere discrezionale, cit.Milano, p. 51 1939; A. Piras, Discrezionalità amministrativa, in Enciclopedia del diritto, XIII, Milano, 1964, 65 ss. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo Procedendo secondo un ordine che «tenga conto dell’estrinsecazione delle procedure di gara in varie fasi collegate tra loro e preordinate all’assegnazione del contratto, possiamo dire che le ragioni dell’abbandono del principio certamente sindacabile nella sede della colpa giurisdizione amministrativa è già la fase preliminare, che riguarda la scelta della procedura di gara e del successivo scolorire dell’addebito criterio di aggiudicazione. E’ certamente una fase caratterizzata da ampia discrezionalità, ma che non si riassumono sinteticamente nell’idea sottrae (non può legittimamente sottrarsi) all’eventuale verifica di legittimità, verifica che involge anche la coerenza e la ragionevolezza dell’azione amministrativa; profili che assumono particolare rilievo rispetto al contenuto degli atti di gara con riguardo alla previsione o meno dei parametri ambientali minimi comunque imposti dall’ordinamento giuridico (si pensi alle specifiche tecniche, ai criteri di aggiudicazioni ovvero al rapporto fra specifiche tecniche e criteri di aggiudicazione). Tuttavia, “l’ampiezza della discrezionalità attribuita all’Amministrazione diminuisce progressivamente con l’evolversi della procedura, in quanto le prescrizioni di volta in volta delineate costituiranno un vincolo per cui il momento quelle ad esse logicamente subordinate87”; Al di fuori di scelte incoerenti e illogiche, che danneggino in maniera sproporzionata gli interessi ulteriori rispetto alla tutela dell’ambiente, dunque, le stazioni appaltanti saranno libere di esercitare, nei limiti della crisi legge, la propria discrezionalità, tenendo conto del matrimoniocaso concreto. Allo stesso modo, conseguentemente a quanto abbiamo detto in merito all’esistenza di un obbligo dell’uso del GPP, ben potrebbe porsi, nella sede giurisdizionale, la questione della legittimità di una eventuale scelta che non abbia tenuto conto dei vincoli e dei limiti connessi alla tutela ambientale “minima”. E’quindi possibile affermare che, tendenzialmente, una procedura concorsuale del tutto priva di riferimenti a considerazioni ambientali dovrebbe considerarsi, anche in assenza di specifiche disposizioni obbligatorie, illegittima. 87 TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, 30 maggio 2008 n. 5331, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx: “costituisce ius receptum, il giudizio principio secondo il quale le regole stabilite dalla “lex specialis” vincolano rigidamente l’operato dell’Amministrazione appaltante, la quale deve applicarle senza che abbia alcun margine di separazionediscrezionalità nella loro interpretazione (specie quando, come nel caso di specie, il significato delle clausole è chiaro) e nella loro attuazione; e ciò sia per il principio di tutela della “par condicio” delle imprese concorrenti e sia per il principio generale che vieta la disapplicazione del bando quale atto con cui l’Amministrazione si è in origine auto-vincolata nell’esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva”. In questo senso, anche Cons. Stato, Sez. IV, 29 gennaio 2008 n. 263, in Foro Amm. – CDS 2008, 1, 112; TAR Xxxxxx, Xxxxx, Xxx. XX, 0 gennaio 2008 n. 3, in Foro Amm. – TAR, 2008, 1, 232. Purtroppo, come vedremo, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflitto, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, citsempre è così., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Samples: tesi.luiss.it
Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civileripetizione dell’indebito, op. cit., p. 51 ss76. L’Autrice rileva ulteriormente Occorre dunque verificare se la posizione dell’accipiens nei confronti della res possa assimilarsi a quella del dominus o piuttosto a quella del possessore. Ciò non può dedursi automaticamente dai pochi indici normativi, quali ad esempio l’art. 2037 c.c. nella parte in cui pone sull’accipiens (di mala fede) il rischio del perimento del bene oggetto della solutio. Infatti una tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono distribuzione del rischio potrebbe anche essere giustificata non dal principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonio, il giudizio di separazione, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflitto, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebitores perit domino, ma anche e soprattutto quelle da una sorta di incentivare “titolarità formale” dell’accipiens. Sicuramente quest’ultimo, in quanto obbligato alla restituzione di una res indebitamente ricevuta è un debitore particolare, sul quale grava il ricorso a interventi rischio del perimento della res se in mala fede, ma su cui di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, contro non incombe la responsabilità per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmentel’impossibilità sopravvenuta della prestazione, anche se a quelli di natura economica. L’addebitolui imputabile, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge quando è in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis 2037 c.c.): ). D’altra parte la titolarità del diritto di proprietà da parte dell’accipiens non potrebbe farsi dipendere dallo stato soggettivo con il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio quale questi ha ricevuto la prestazione. La norma in questione dunque non sonoappare decisiva per l’attribuzione della qualità di dominus all’accipiens. Non è indicativo in tal senso neanche il regime degli acquisti dei terzi aventi causa dall’accipiens, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’artcui al’art. 81 2038 c.c. – Si dice infatti che o bisogna ammettere che detta disciplina si fondi sulla circostanza che l’accipiens in quanto proprietario è legittimato a disporre del bene, salva la sua responsabilità nei confronti del solvens per inadempimento dell’obbligo di restituzione, oppure si deve ritenere che l’art. 2038 c.c. codifichi una fattispecie di acquisto a non domino diversa da quelle disciplinate agli artt. 1153 e ss. c.c. Tuttavia è anche vero che regole simili a quella di cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» all’art. 2038 c.c. sono contenute anche nell’art. 535, II comma relativamente all’alienazione di beni da parte del possessore di beni ereditari, e nell’art. 1776 c.c che disciplina gli obblighi restitutori che gravano sull’erede del depositario che abbia alienato la res depositata. E in entrambi i casi l’alienante non è un dominus, sebbene gli esiti della restituzione dei doni, sua alienazione non siano diversi da quelli disciplinati ex art. 80 2038 c.c.. Non è dunque possibile dedurre neanche da questa norma un indice sicuro circa l’acquisto della proprietà da parte dell’accipiens. Se dunque è vero che non sempre vi è incompatibilità tra acceptio sine causa e acquisto del dominium, è altrettanto vero che questo non si può nemmeno considerare una conseguenza automatica del pagamento. In più, se nella maggior parte delle ipotesi l’acceptio implica quanto meno il sorgere in capo all’accipiens del possesso in senso tecnico, ciò non è scontato, ben potendo in alcuni casi la traditio essere idonea esclusivamente al sorgere di una detenzione. In definitiva la normativa sul pagamento dell’indebito lascia adito a perplessità circa la definizione della situazione giuridica dell’accipiens nei confronti della res e induce a ritenere che alla solutio indebiti non si ricolleghino effetti costanti e omogenei, ad eccezione della necessaria modificazione, seppure provvisoria della sfera patrimoniale dell’accipiens. Inoltre la disciplina di cui agli artt. 2033 e ss. c.c. non fa distinzioni tra il pagamento non dovuto eseguito dal proprietario e quello eseguito dal non è proprietario delle res consegnate. Ed è evidente come in quest’ultimo caso difficilmente potrà riconoscersi efficacia traslativa alla solutio, mancando la titolarità del diritto di proprietà in capo allo stesso solvens: qui l’accipiens acquisterà la proprietà solo in presenza dei requisiti di cui all’art. 1153 c.c., perché non si può sostenere che in questa materia l’ordinamento abbia inteso derogare alle disposizioni circa gli acquisti a non domino. La disciplina dell’indebito sembra da questo punto di vista ispirata a una ratio unitaria che non autorizza discriminazioni tra solvens dominus e solvens non dominus. Tuttavia in quest’ultimo caso sembra difficile pensare di poter paralizzare un’azione di rivendica del vero proprietario non solvens nei confronti di un accipiens indebiti di mala fede che abbia ricevuto in pagamento una res determinata da parte di un solvens non proprietario. Un’esclusione della rivendica da parte del solvens si potrà prospettare esclusivamente nell’ipotesi in cui l’accipiens sia diventato proprietario ex art. 1153 c.c. Infatti solo chi ha ricevuto in buona fede un pagamento non dovuto a non domino potrà validamente opporsi alla pretesa del precedente proprietario, ma sarà sempre tenuto alla restituzione nei confronti del solvens, in base alle regole dell’indebito. La questione si complica ulteriormente se consideriamo che un accipiens indebiti può essere in buona fede circa la propria legittimazione a ricevere e in mala fede circa la provenienza a non domino dell’oggetto del pagamento, e viceversa. Nel primo caso l’accipiens dovrà restituire al solvens i frutti e gli interessi dal momento della domanda perché in buona fede nei suoi confronti ai sensi dell’art. 2036, II comma c.c., mentre nei confronti del dominus lo stesso soggetto in quanto possessore di mala fede dovrà restituire i frutti percepiti e percipiendi dal momento in cui ha acquistato il possesso ai sensi dell’art. 1148 c.c. La spiegazione delle incertezze interpretative circa l’efficacia traslativa del pagamento indebito va probabilmente ricercata proprio nell’origine storica dell’istituto. Infatti la solutio indebiti romanistica, alla quale seguiva normalmente il trasferimento del dominium, inserita nel contesto del sistema napoleonico basato sul principio consensualistico ma anche sulla necessaria causalità dei negozi traslativi, comportò l’insorgere di inevitabili contraddizioni86. I giuristi romani distinguevano la traditio come fonte di un effetto traslativo e come fonte di un effetto restitutorio. Il fondamento del “dare per riottenere” poteva essere rinvenuto o in un elemento soggettivo (50la volontà) o in un elemento oggettivo (la mancanza di causa). Se si seguiva la prima tesi però, bisognava postulare l’esistenza di un tacito accordo volto alla restituzione della res nell’ipotesi in cui quest’ultima risultasse non dovuta (su questo assunto si fondava come visto la tesi del promutuo e la categoria dei quasi contratti). Ma poiché tale tacito accordo era da considerarsi una mera fictio ed era escluso ogni volta che il solvens versasse in errore, risultava più sicuro il fondamento oggettivo della condictio indebiti, basato sulla mancanza di causa del pagamento. Tuttavia, poiché si riteneva che la mera traditio, quale negozio astratto fosse da sola sufficiente a produrre l’effetto traslativo, risultava difficile affermare che il difetto di causa del pagamento di per sé giustificasse il sorgere dell’obbligazione restitutoria. Si concludeva dunque nel senso che ciò che rilevava non era la mancanza di causa del trasferimento, bensì della retentio. L’obligatio ex indebito aveva dunque come presupposto l’acquisto del domimium da parte dell’accipiens e postulava il difetto di una causa retentionis.
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Samples: iris.unipa.it
Xxxxxxxx. La crisi coniugale Il contratto di leasing pubblico: caratteri generali e problematiche connesse alla sua utilizzazione per la realizzazione di opere pubbliche” in Comuni d’Italia n. 7-8/2000 amministrazione poteri di controllo e sorveglianza sull’esecuzione dell’opera e sul regolare andamento dei lavori. A parte i possibili spunti ritraibili dalle non recenti ricostruzioni del Ministero delle Infrastrutture, vero è che, in assenza nella normativa di disposizioni relative alla modalità di instaurazione del rapporto contrattuale per la realizzazione dell’operazione di leasing, la confusione regna decisamente sovrana, come dimostra la varietà di comportamenti delle Stazioni appaltanti. Da una disamina della prassi, difatti, pochi bandi prevedono la stipula di un unico contratto, mentre la maggioranza contempla la doppia stipulazione, con soluzioni tuttavia non sempre omogenee. A parte il dato costante della sottoscrizione del contratto di locazione finanziaria tra rimedi tradizionali committente e soggetto finanziatore, maggiori incertezze presenta la modalità di stipulazione del contratto d’appalto. Nello specifico, in taluni bandi si prevede la stipulazione tra costruttore e stazione appaltante, sulla base di un mandato gratuito con rappresentanza conferito dal finanziatore. In altri documenti di gara si prevede direttamente la stipulazione del contratto d’appalto tra costruttore e stazione appaltante senza però contemplare esplicitamente il conferimento del mandato dal finanziatore al committente. In ogni caso la formulazione del duplice contratto, pur se determinata dalla netta diversità delle due tipologie di prestazioni (la realizzazione dell’opera, da una parte, ed il suo finanziamento e locazione dall’altra parte) appare quanto mai “atipica” quando l’aggiudicatario è un’Associazione Temporanea. Nel caso di ATI infatti, ad avvenuta aggiudicazione, pur se con ruoli e responsabilità civiledifferenziate, cit.le parti si impegnano, p. 51 sscon un atto costitutivo, a coesistere per una determinata durata temporale, pari almeno tempo intercorrente dalla stipula del contratto di locazione finanziaria alla consegna dell’opera positivamente realizzata e conseguente inizio della decorrenza della locazione stessa. L’Autrice rileva ulteriormente Purtuttavia l’unitarietà del raggruppamento, viene in qualche modo meno nel momento in cui i soggetti costituenti l’ATI stipulano separati contratti con la pubblica Amministrazione, ciascuno per le prestazioni contrattuali di competenza. In questo caso appare quanto meno necessario il mandato con rappresentanza da un soggetto all’altro, ai fini della sottoscrizione delle rispettive obbligazioni contrattuali. Nella direzione del duplice contratto, previo mandato con rappresentanza, si sono orientate ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) e ASSILEA (Associazione Italiana Leasing) che hanno redatto alcuni documenti tipo (dalla gara al contratto) per cercare di superare le criticità ed i rischi di contenziosi che ci sono stati nelle seppur limitate esperienze di bandi di leasing immobiliare. I punti essenziali proposti da Assilea Ance in tema contrattuale sono: - Responsabilità distinte e doppio contratto di lavori (tra l’impresa e la PA) e di leasing (tra la PA e la società finanziaria) - Mandato con rappresentanza gratuito fra società finanziaria e PA - Fatturazione degli stati di avanzamento dei lavori alla società di leasing con pagamento a tale riguardo fronte di certificati di pagamento - Opzione di riscatto dell’immobile per la PA al termine della locazione - Controllo e gestione dei lavori in capo alla PA - Oneri imprevisti interamente a carico della PA Ora, nonostante l’apprezzabile sforzo delle Associazioni di categoria sulla tematica contrattuale, l’eterogeneità della prassi applicativa, unitamente al vuoto normativo, dimostra che «la questione non si presta ad una soluzione univoca. In questa situazione, pur nella complessa configurazione giuridica da attribuire al rapporto trilaterale intercorrente tra il soggetto finanziatore-locatore, l’ente committente- utilizzatore ed il costruttore, appare necessario che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonio, il giudizio di separazione, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflittola Stazione Appaltante, che inevitabilmente ne conseguenon può prescindere dal ruolo primario di garante di un perseguimento dell’interesse pubblico, costituisce un danno ulteriore per veicoli il contratto/i coniugicontratti, e soprattutto per i figliquindi gli atti di gara presupposti, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali verso un sistema che consenta di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi macreare un rapporto sinallagmatico equilibrato con l’aggiudicatario, più realisticamenteacquisendone l’esperienza e le abilità, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del restorisorse finanziarie, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpvcambio di un giusto ed equo corrispettivo., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Samples: www.appaltiecontratti.it
Xxxxxxxx. La crisi coniugale confisca: sanzione amministrativa o misura di sicurezza, in Archivio penale, 1985, p. 549. preventivo per impersonificare un ruolo più spiccatamente repressivo ed indirettamente sanzionatorio. Ma è bene fare attenzione anche ad un ulteriore dato, non meno rilevante, dato dalla sistematica del codice e dalla sua collocazione, che nella sostanza “obbliga” il giudice, in sede applicativa, a trattare la confisca quale misura di sicurezza; ed a cui ha ben badato anche la stessa Corte di Cassazione che, con sentenza a Sezioni Unite del 22 gennaio 1983, ha affermato che la confisca di cui all’art. 240 c.p. rappresenta una misura di sicurezza patrimoniale, utile alla prevenzione della commissione di nuovi reati, per mezzo dell’espropriazione, a favore dello Stato di cose che «provenendo da illeciti penali o collegate alla esecuzione di essi, manterrebbero viva l’idea e l’attrattiva de reato. Essa, quindi, ha carattere cautelare e non punitivo, anche se, al pari della pena, i suoi effetti ablativi si risolvono spesso in una sanzione pecuniaria». La ricostruzione operata dalla Suprema Corte e la scelta di annoverare l’istituto della confisca come pura misura di sicurezza, esplica i suoi effetti anche sul sistema delle garanzie che incidono sullo stesso. In primo luogo, trova pieno riconoscimento il principio di legalità ed alla misura di sicurezza, qui in esame, si applica la disposizione contenuta nell’art. 199 c.p., secondo la quale «nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge». Su altro versante, in riferimento al principio di irretroattività, in deroga al regime ordinario disciplinato dall’art. 2 c.p., le misure di sicurezza, e tra rimedi tradizionali queste la confisca, sono regolate dal principio del tempus regit actum (a norma dell’art. 200 c.p.) secondo il quale le misure di sicurezza trovano la loro regolamentazione nella legge in vigore al tempo della loro applicazione e responsabilità civilequalora la legge del tempo in cui debba eseguirsi la misura di sicurezza sia diversa, citsi applica la legge in vigore al tempo dell’esecuzione. Rispetto a tale asserzione, parte della dottrina ha rilevato come sia necessario delimitare quanto più possibile l’ambito di operatività della norma richiamata, circoscrivendola alle sole ipotesi che incidano sulle concrete modalità di esecuzione della misura e applicando, al contrario, il regime ordinario di cui all’art. 2. c.p. a tutte quelle “nuove” ipotesi sopravvenute di confisca28. La tesi sin qui esposta sembrerebbe però non essere condivisa, in quanto in palese contrasto con l’art. 200 c.p. e con lo stesso comma III, dell’art. 25 Cost, il quale per le misure di sicurezza impone solo il mero 28 X. Xxxxxxxx, voce Legge penale nel tempo, in Enciclopedia del diritto, Vol. XXIII, Milano, 1973, p. 1066 e ss.; X. Xxxxxxxxxx, op.cit., p. 51 ss44. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono rispetto del principio di legalità e non anche quello di irretroattività. Si rileva come tuttavia, sia possibile giungere al medesimo risultato per mezzo dell’applicazione dell’art. 7 Cedu che, alla luce dell’interpretazione sin ora espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, nell’imporre il principio di irretroattività della colpa legge penale, lo espande a tutte quelle relazioni, di carattere afflittivo o sanzionatorio, e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento tal ragione, estendibile anche all’istituto della crisi del matrimonioconfisca29. Sul piano differenziale, echeggia ancora, il giudizio carattere di separazioneperpetuità presente nella confisca ed assente nelle altre misure, non costituisce così comportando il luogo più adatto per fare permanere degli effetti della misura anche qualora siano cessati i conti con il passatoconnotati della pericolosità; o ancora, sul piano processuale, l’impugnabilità autonoma della confisca. L’accentuarsi del conflitto, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali Si giunge così al delinearsi di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).tre diverse ipotesi:
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Xxxxxxxx. Il contratto di somministrazione di servizi 27 Le due norme trovano applicazione al nostro contratto. Ma il problema normativo si pone egualmente, perche´ dette norme contrastano con le nor- me generali dettate in tema di contratti di durata e, cioe`, con gli artt. 1453, 1455, 1458, 1460 c.c. Si deve ritenere che, in considerazione della specialita` del rapporto di somministrazione, gli artt. 1564 e 1565 c.c. prevalgano sugli artt. 1453, 1455, 1458, 1460 c.c. Tale soluzione risponde agli interessi in gioco, come ha dimostrato la dottrina piu` recente 45. Inoltre la soluzione data consente anche di risolvere due problemi non risolti dal legislatore, sia nella norma- tiva sulla somministrazione, sia nella normativa sui contratti in generale: a) il primo problema e` se sia ammissibile la risoluzione non dell’intero con- tratto di somministrazione, ma di singole coppie di prestazioni; b) il secon- do problema e` se l’art. 1564 c.c. sia applicabile anche a tutte le altre ipotesi di risoluzione ope iudicis del contratto. Se si individua il fondamento della risoluzione nel contratto di sommi- nistrazione nell’equilibrio delle prestazioni contrattuali, appare evidente che tale ratio spiega perfettamente e legittima l’inadempimento di coppie di prestazioni. Invero, per definizione, se lo scioglimento dei contratti di durata non e` causa, ma conseguenza dell’inadempimento parziale del con- tratto e si estende tanto quanto si estende l’inadempimento, e` evidente che lo scioglimento puo` riguardare soltanto le coppie di prestazioni interessate dall’inadempimento. Invero l’art. 1565 c.c., essendo norma speciale, puo` applicarsi anche al caso in esame perche´ la norma che detta la disciplina particolare, e` pur sempre espressione di un principio valido all’interno del- la categoria speciale di tutti i contratti di durata e, pertanto, nessun ostaco- lo si frappone all’applicazione della norma al caso. Venendo al secondo problema proposto, la ratio della risoluzione innanzi individuata giustifica l’applicazione delle altre norme del codice, in tema di risoluzione (e, cioe`, per diffida ad adempiere, clausola risolutiva espressa, scadenza del termine essenziale ex artt. 1454, 1456, 1457 c.c.). Per quanto attiene, infine, alle vicende estintive del contratto e del rap- porto per impossibilita` di esecuzione della prestazione o per morte delle parti, l’art. 1672 c.c. e` di difficile applicazione perche´ e` nella logica del con- tratto di durata che qualsiasi scioglimento del contratto non abbia mai ef- fetto retroattivo dal momento che la natura duratura del servizio realizza un adempimento duraturo. L’art. 1672 c.c., in realta`, non e` applicabile per- che´ incompatibile con la prestazione di servizi di durata. 45 Bocchini R., La crisi coniugale tra rimedi tradizionali e responsabilità civilesomministrazione, cit., p. 51 355 ss. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo che «che le ragioni dell’abbandono del principio della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimonio, il giudizio di separazione, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passato. L’accentuarsi del conflitto, che inevitabilmente ne consegue, costituisce un danno ulteriore per i coniugi, e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzati. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loro, l’art. 129-bis c.c. e l’art. 6, ult. cpv., 1. div., l’art. 49 cpv., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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Xxxxxxxx. La crisi coniugale tra rimedi tradizionali Il fallimento e responsabilità civilele altre procedure concorsuali, citTorino, Utet, 1961, 1262; X. XXXXXXXX, L’incidenza del fallimento sul contratto d’appalto, in Riv. Trim. app., p. 51 ss2001, 449; Cfr. L’Autrice rileva ulteriormente a tale riguardo Corte di Cassazione, 9 luglio 1999, n. 7203, in Dir. fall. 2000, II, Al contratto d’appalto privato può poi applicarsi la disposizione di cui all’art. 2558 c.c., in materia di successione ex lege nei rapporti aziendali: che «dispone che, se non sia diversamente pattuito, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio della stessa che le ragioni dell’abbandono del principio non abbiano carattere personale, considerando la successione nei contratti quale effetto naturale della colpa e del successivo scolorire dell’addebito si riassumono sinteticamente nell’idea per cui il momento della crisi del matrimoniocessione d’azienda, al fine di garantirne la sopravvivenza, evidenziando, quindi, il giudizio di separazionelegislatore un favor verso il mantenimento dell’unità funzionale dell’azienda. Il terzo contraente può solo recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, non costituisce il luogo più adatto per fare i conti con il passatose sussiste una giusta causa (art. L’accentuarsi del conflitto2558, che inevitabilmente ne conseguecomma 2, costituisce un danno ulteriore per i coniugic.c.), e soprattutto per i figli, i cui interessi finiscono per essere strumentalizzatisalve le responsabilità dell’alienante36. Di qui la prassi invalsa nei tribunali di indirizzare il tentativo di conciliazione non tanto ad un’improbabile riconciliazione dei coniugi ma, più realisticamente, alla trasformazione della separazione giudiziale in consensuale; di qui non solo le ripetute proposte di eliminare del tutto l’addebito, ma anche e soprattutto quelle di incentivare il ricorso a interventi di mediazione familiare intesi a ridurre le punte più alte del conflitto, a valorizzare l’accordo ancora possibile, per trovare una soluzione condivisa ai problemi di gestione delle responsabilità parentali ed, eventualmente, anche a quelli di natura economica. L’addebito, d’altra parte, influisce solo marginalmente sulle conseguenze economiche della separazione in quanto incide esclusivamente sulla posizione del beneficiario, ma non su quella dell’obbligato al pagamento dell’assegno. La perdita dei diritti successori, poi, anticipa solo di alcuni anni quelle sarebbero comunque le conseguenze del divorzio». Nel senso che la negazione della possibilità di azionare la tutela aquiliana significherebbe addossare al coniuge adempiente i pregiudizi ulteriori rispetto a quelli considerati dalla disciplina della separazione e del divorzio e in genere rinvenibili nel deterioramento delle condizioni economiche cfr. DE MARZO, Responsabilità civile e rapporti familiari, cit., p. 746. rimedio, come dimostrano, del resto, in ambiti molto diversi tra loroInfine, l’art. 129-bis 1406 c.c. prevede che ciascuna parte possa sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto a prestazioni corrispettive, se queste non siano state ancora eseguite purché l’altra parte vi consenta. Ai sensi dell’art. 1408 c.c. dal momento in cui la cessione acquista efficacia, il cedente è liberato dalle proprie obbligazioni verso il contraente ceduto, a meno che quest’ultimo non abbia espressamente dichiarato di non volerlo liberare, nel qual caso può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte. L’effetto della cessione è dunque quello di operare una successione a titolo particolare nella qualità di parte contraente e l’artcomporta una serie di importanti conseguenze in tema di garanzie e responsabilità: ecco perché il consenso dell’altra parte è elemento costitutivo del perfezionarsi della cessione, a differenza dell’ipotesi prevista dall’art. 62558 c.c.. Diversa è l’ipotesi del subappalto, ultpur ricompreso nell’ambito dei mutamenti soggettivi del contraente, poiché consiste nella possibilità che altri soggetti si sostituiscano all’appaltatore originario 726. cpv36 Cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale, I, Diritto dell’impresa, Torino, Utet, III ed., 12000, pagg. div151-159; F. XXXXXXX, X. XXXXX, Imprenditori e società, Milano, Xxxxxxx, XII ed., l’artpagg. 49 cpv156 ss.. nell’esecuzione di parte della prestazione pattuita., 1. adoz. In particolare, ha sicuramente natura risarcitoria l’ «indennità» che spetta al coniuge in buona fede nel caso in cui l’annullamento del matrimonio sia imputabile all’altro (art. 129-bis c.c.): il che conferma che rimedio giusfamiliare e rimedio risarcitorio non sono, in linea di principio, tra loro incompatibili (48) e analogamente può rilevarsi che pure nell’ambito della promessa di matrimonio l’obbligo risarcitorio previsto dall’art. 81 c.c. – sulla cui natura molto si discute (49) – tranquillamente convive con il rimedio «tipico» della restituzione dei doni, ex art. 80 c.c. (50).
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