Periodo di prova e risoluzione del rapporto Clausole campione

Periodo di prova e risoluzione del rapporto. La durata massima del periodo di prova per tutte le tipologie di apprendistato è determinata dalle parti contrattuali, in ragione della durata del contratto, del profilo professionale e del livello di inquadramento finale. In ogni caso non può eccedere i 60 (sessanta) giorni di lavoro effettivo per i lavoratori che saranno inquadrati ai livelli IV e IV/S al termine del periodo di apprendistato e di 90 (novanta) giorni di lavoro effettivo per i restanti livelli e qualifiche, durante i quali è reciproco il diritto di risolvere il rapporto senza preavviso, con la corresponsione di tutti gli istituti contrattuali, compreso il trattamento di fine rapporto, in base ai criteri di maturazione previsti dal presente CCNL. Compiuto il periodo di prova, l’assunzione dell’apprendista diviene definitiva. E’ vietato il recesso durante il periodo di formazione in assenza di giusta causa oppure giustificato motivo. Per il licenziamento privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente. Il datore di lavoro e il lavoratore possono recedere dal rapporto allo scadere del periodo di apprendistato ai sensi dell'art. 2118 c.c. Qualora tale recesso non intervenga, il rapporto di lavoro prosegue senza soluzione di continuità.
Periodo di prova e risoluzione del rapporto. A norma del comma 1 dell’art. 2096 c.c., le parti possono prevedere per iscritto, anteriormente o contestualmente alla stipula del contratto di apprendistato, un periodo di prova nel corso del quale verificare la reciproca convenienza alla prosecuzione del rapporto. Durante il periodo di prova, ciascuna delle parti ha il diritto di risolvere il rapporto senza preavviso e senza giustificazione alcuna, con la corresponsione di tutti gli istituti contrattuali, compreso il trattamento di fine rapporto. Il Ccnl precisa che la durata massima di tale periodo per tutte le tipologie di apprendistato deve essere determinata tenendo conto della durata del contratto, del profilo professionale e del livello di inquadramento finale e non può in ogni caso superare: • 60 giorni di lavoro effettivo per i lavoratori inquadrati ai livelli IV e IV/S; • 90 giorni di lavoro effettivo per i restanti livelli e qualifiche. Rileva evidenziare che, in accordo ad una consolidata giurisprudenza, è illegittimo il comportamento del datore di lavoro che eserciti il potere di recesso prima di aver effettivamente verificato le capacità professionali del lavoratore, o qualora il periodo di prova risulti obiettivamente insufficiente a verificare la capacità del prestatore, o conseguentemente all’esito negativo della prova in relazione a mansioni diverse rispetto a quelle pattuite. In riferimento a quest’ultimo caso, è importante che le mansioni indicate nel patto di prova siano corrispondenti a quelle realmente svolte. E’ inoltre illegittimo il licenziamento intimato dal datore durante il periodo di prova, qualora sia riconducibile ad un motivo illecito o estraneo al rapporto di lavoro, spettando in tal caso al lavoratore l’onere di provare l’esistenza di una di tali condizioni, al fine di ottenere l’annullamento del recesso. Qualora il recesso sia considerato illegittimo, sarà riconosciuto al lavoratore il diritto a terminare la prova.

Related to Periodo di prova e risoluzione del rapporto

  • Valuta Gli importi relativi ai premi assicurativi ed alle prestazioni assicurate verranno calcolati, e conseguentemente corrisposti, nella moneta nazionale vigente al momento del pagamento.

  • Conclusione Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale brevemente illustrato si può affermare che sembra ormai trovare riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza di tutela del debitore, quale soggetto debole del rapporto, da indebite pressioni psicologiche del creditore che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenza, altrettanto meritevole di tutela, di facilitare la concessione del credito e di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditore, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore in caso di inadempimento77. L’autonomia privata, nella predisposizione del regolamento contrattuale, deve farsi carico di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità ex art. 2744 c.c. per liberarsi dalla garanzia convenzionale assunta, nonostante la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiusto, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, cit.