Le sanzioni. L’art. 9, comma 1, del Decreto individua le sanzioni che possono essere comminate all’Ente ritenuto responsabile per la commissione di uno dei Reati Presupposto, ovvero: • sanzione pecuniaria, che consiste in una somma di denaro quantificata in base alla gravità del reato, al grado di responsabilità della Società, all’attività svolta per eliminare le conseguenze del fatto e attenuarne le conseguenze o per prevenire la commissione di altri illeciti. Il Giudice terrà conto delle condizioni economiche e patrimoniali della Società e dello scopo di assicurare l’efficacia della sanzione. In caso di condanna dell’Ente, la sanzione pecuniaria è sempre applicata; • sanzioni interdittive, che prevedono un “obbligo di non fare”. Le sanzioni interdittive previste dal Decreto sono:
i. l’interdizione, temporanea o definitiva, dall’esercizio dell’attività;
ii. la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
iii. il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
iv. l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
v. il divieto, temporaneo o definitivo, di pubblicizzare beni o servizi. Le sanzioni interdittive sono comminate, congiuntamente a quelle pecuniarie, solo se espressamente previste per quella fattispecie di reato. La durata delle sanzioni interdittive è normalmente temporanea, in un intervallo compreso tra tre mesi e due anni. Solo in casi particolarmente gravi, alcune sanzioni possono essere disposte in via definitiva. Le sanzioni interdittive possono essere applicate anche in via cautelare, su richiesta del Pubblico Ministero, qualora sussistano gravi indizi della responsabilità della Società e vi siano fondati e specifici elementi tali da far ritenere il concreto pericolo che vengano commessi illeciti dello stesso tipo di quello già commesso; • confisca, che consiste nell’acquisizione da parte dello Stato del prezzo o del profitto del reato o di un valore ad essi equivalente; • pubblicazione della sentenza di condanna, quale sanzione accessoria alla sanzione interdittiva, che consiste nella pubblicazione della condanna una sola volta, per estratto o per intero a spese dell’Ente, in uno o più giornali indicati dal Giudice nella sentenza nonché mediante affissione nel Comune ove l’Ente ha la sede principale.
Le sanzioni. Le sanzioni previste2 a carico dell’Ente, in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati, sono: anche per equivalente3; − pubblicazione della sentenza (in caso di applicazione di una sanzione interdittiva4).
Le sanzioni. (Art. 69, d.lgs. n. 276/2003; art. 4, co. 1, lett. c), n. 5, L. n. 30/2003; Circolare Ministeriale n. 1/2004)
Le sanzioni. (Art. 69, d.lgs. n. 276/2003; art. 4, co. 1, lett.
Le sanzioni. Il sistema sanzionatorio contenuto nel Decreto prevede l’applicazione di: • sanzioni pecuniarie; • sanzioni interdittive; • confisca; • pubblicazione della sentenza. La sanzione pecuniaria è ridotta nel caso in cui: • l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’Ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo; • il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità, o se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento in primo grado:
Le sanzioni. Il sistema sanzionatorio previsto dal D. Lgs. 231/2001 è articolato in quattro tipi di sanzione, cui può essere sottoposto l’ente in caso di condanna ai sensi del Decreto: ▪ sanzione pecuniaria la sanzione pecuniaria è sempre applicata qualora il giudice ritenga l’ente responsabile. Essa viene calcolata tramite un sistema basato su quote che vengono determinate dal giudice nel numero e nell’ammontare: il numero delle quote, da applicare tra un minimo e un massimo che variano a seconda della fattispecie, dipende dalla gravità del reato, dal grado di responsabilità dell’ente, dall’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del reato o per prevenire la commissione di altri illeciti; l’ammontare della singola quota va invece stabilito, tra un minimo di € 258,00 ad € 1.549,00, sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente.
Le sanzioni. La previsione di sanzioni per la violazione delle disposizioni del Regolamento è deman- data ai singoli Stati Membri (art. 12 del Regolamento), con la prescrizione che questi ulti- mi debbano disporre almeno l’applicazione di “sanzioni amministrative” e debbano altre- sì assicurare – per il tramite delle rispettive autorità nazionali competenti – che le sanzio- ni irrogate vengano rese pubbliche. Con la legge comunitaria n. 97 del 6 agosto 2013, il le-
Le sanzioni. Le sanzioni previste1 a carico dell’Ente, in conseguenza della commissione o tentata commissione dei reati sopra menzionati, sono: - sanzioni pecuniarie (fino a 1,5 milioni di euro); - sanzioni interdittive, quali l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o revoca di licenze o concessioni, il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, l’esclusione o revoca di finanziamenti e contributi, il divieto di pubblicizzare beni e servizi; - confisca (e sequestro preventivo in sede cautelare) del profitto che l’Ente ha tratto dal reato, anche per equivalente2; - pubblicazione della sentenza (in caso di applicazione di una sanzione interdittiva3).
Le sanzioni. L’art. 31, l. 27.7.1978, n. 392 dispone che il locatore che abbia ottenuto la disponibilita` dell’immobile per uno dei motivi previsti dall’art. 29 cit. e che, nel termine di sei mesi dall’avvenuta consegna, non abbia adibito l’im- mobile ad abitazione propria, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta, o non abbia adibito l’immobile ad esercizio in proprio di una delle attivita` indicate all’art. 27, ovvero non abbia rispettato i termi- ni della concessione o quelli del piano comunale di intervento per quanto attiene l’inizio dei lavori di demolizione, ricostruzione, ristrutturazione o restauro dell’immobile ovvero, in caso di immobili adibiti ad esercizio di albergo, pensione o locanda, non abbia completato i lavori di ricostruzione nel termine stabilito dalla regione, e` tenuto, se il conduttore lo richiede, al ripristino del contratto, salvi i diritti acquistati da terzi in buona fede, e al rimborso delle spese di trasloco e degli altri oneri sopportati, ovvero al ri- sarcimento del danno nei confronti del conduttore in misura non superiore a quarantotto mensilita` del canone di locazione percepito prima della riso- luzione del contratto, oltre alle indennita` previste ai sensi dell’art. 34 della medesima legge. Ai fini dell’integrazione della fattispecie risarcitoria appena esaminata e` necessaria la concreta ed effettiva destinazione dell’immobile ad uso diver- so da quello indicato nella disdetta, non essendo sufficiente la mera mani- festazione del locatore, prima della scadenza del termine previsto, dell’in- tenzione di destinare l’immobile ad uso diverso (Cass. civ., sez. III, 8.1.2005, n. 263); la sanzione del ripristino del contratto di locazione o del risarcimento del danno - che integra una forma di responsabilita` per ina- dempimento inquadrabile nella generale disciplina degli artt. 1176 e 1218 c.c. (A. Napoli, sez. III, 15.2.2006) - non e` connessa ad un criterio di re- sponsabilita` oggettiva o ad una presunzione assoluta di colpa, cosicche´ si applica quando il locatore, sul quale grava l’onere di superare la presun- zione iuris tantum di responsabilita`, non dimostri l’esistenza di una giusta causa e, cioe`, di ragioni meritevoli di tutela, non riconducibili al suo com- portamento colposo o doloso, che hanno impedito o ritardato l’utilizzazio- ne (Cass. civ., sez. III, 14.12.2004, n. 23296). L’art. 31, l. 27.7.1978, n. 392, nel far salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede, accordando agli stessi la prefer...
Le sanzioni. L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva prevede che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato tra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali. L’obiettivo fissato deve essere conseguito secondo i diversi regimi giuridici ai quali gli Stati membri sono liberi di sottoporre le clausole abusive. A causa della diversità delle tradizioni legali esistenti, questa disposizione è stata integrata in modo diverso (le sanzioni civili variano tra l’inesistenza, la nullità, l’annullabilità, l’inefficacia o l’inapplicabilità di tali clausole abusive). Tuttavia, al fine di preservare la portata e salvaguardare l’effetto utile della direttiva, i sistemi giuridici devono rispettare una serie di principi, onde garantire che una clausola abusiva non vincoli il consumatore. A tale proposito, il consumatore deve non solo avere la possibilità, senza potervi rinunciare, di invocare il carattere abusivo delle clausole contrattuali nel corso 37 Diverse direttive settoriali hanno sancito esplicitamente tale diritto all’informazione precontrattuale. È il caso, ad esempio, della direttiva 85/577CEE per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (articolo 4), della direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (articolo 4), della direttiva 94/47/CE concernente la tutela dell’acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all’acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili (articolo 3), della direttiva 97/7/CE riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (articolo 4) eccetera.