Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il
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Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Il 21 agosto 1995 il presidente del Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellatoaccogliendo un ricorso proposto dall'Istituto Bancario San Paolo (cui è poi succeduta la San Paolo IMI s.p.a., accoglieva l'appello e che in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè prosieguo sarà comunque indicato solo meglio specificata in secondo gradocome San Paolo), traducendosi ingiunse con decreto al Sig. G.L. di pagare all'istituto ricorrente la somma di L. 427.168.304, costituente il saldo debitorio di un conto corrente al quale accedeva una linea di credito per operazioni in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale valuta e per operazioni su titoli derivati. L'ingiunto propose opposizione ed, oltre a sollevare contestazioni sulla ritualità del diritto fatto valere procedimento monitorio, sull'addebito della commissione di massimo scoperto, sulla decorrenza e sulla misura degli interessi convenzionali applicati, eccepì che ai crediti della banca derivanti dall'esecuzione di contratti in giudizioquestione non competeva azione per il pagamento, posto trattandosi di negozi assimilabili al gioco o alla scommessa e perciò rientranti nella previsione dell'art. 1933 c.c.. In corso di causa sostenne, poi, che il passivo accumulato sul conto era frutto di operazioni finanziarie nel compimento delle quali l'istituto di credito era venuto meno ai doveri impostigli dall'art. 6 dell'allora vigente L. n. 1 del 1991, perchè aveva suggerito investimenti estremamente rischiosi senza adeguata informazione per il cliente ed in eccesso rispetto alle disponibilità finanziarie del medesimo e perchè aveva agito in conflitto d'interessi con il cliente medesimo. Eccepì quindi la nullità dei contratti stipulati con il San Paolo e chiese la condanna in proprio favore di detto istituto al risarcimento dei danni. L'opposizione fu accolta dal tribunale, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo, solo per i profili attinenti alla commissione di massimo scoperto ed alla decorrenza degli interessi. Le ulteriori ragioni addotte dall'opponente non furono invece ritenute fondate ed il medesimo opponente fu perciò condannato al pagamento del debito capitale indicato nel ricorso monitorio, oltre agli interessi al tasso convenzionale richiesto. Il gravame proposto contro tale decisione dal Sig. G. aveva affermato fu rigettato dalla Corte d'appello di esserne Torino con sentenza depositata il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva 10 novembre 2001. La corte piemontese ritenne infondata l'eccezione di nullità dei contratti aventi ad oggetto le operazioni finanziarie in questione osservando che le violazioni dedotte in causa riguardavano la condotta prenegoziale dell'istituto di credito, oppure obblighi legali accessori afferenti all'adempimento dei contratti già conclusi, ma non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel meritopotevano riflettersi sulla validità di detti contratti. Escluse che alle menzionate operazioni potesse applicarsi la previsione dell'art. 1933 c.c., avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava rientrando esse tra quelle che la condotta L. n. 1 del M. al momento 1991, art. 23, espressamente sottrae alla citata previsione del codice. Stimò inammissibili, perchè generiche, le doglianze riguardanti la ritualità del procedimento monitorio e la misura degli interessi debitori. Dichiarò inammissibile la domanda di risarcimento dei danni in quanto proposta tardivamente solo in corso di causa. Seguì la condanna dell'appellante alle spese del grado, comprensive di compensi professionali liquidati però non secondo i dettami della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato tariffa forense, ritenuta inapplicabile alla stregua dei principi desumibili dal Trattato dell'Unione europea, bensì sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del paribase dei parametri posti dall'art. 2233 c.c., quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatecomma 2. Avverso l'indicata tale sentenza della Corte di Appello di Torino il Sig. G. ha proposto ricorso per cassazione Cassazione articolato in cinque motivi ed illustrato poi con memoria. Ha resistito con controricorso e memoria il M.San Paolo. Con ordinanza n. 3684 del 16 febbraio 2007, la prima sezione civile di questa corte ha rilevato che, nella sentenza della stessa prima sezione del 29 settembre 2005, n. 19024, è stato escluso che l'inosservanza degli obblighi informativi stabiliti dalla L. n. 1 del 1991, art. 6, possa cagionare la nullità del negozio, poichè quegli obblighi informativi riguardano elementi utili per la valutazione della convenienza dell'operazione e la loro violazione non da luogo a mancanza del consenso, e perchè la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative postula una violazione attinente ad elementi intrinseci della fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto, e non invece all'illegittimità della condotta tenuta nel corso delle trattative ovvero in fase di esecuzione, a meno che questa sanzione non sia espressamente prevista anche in riferimento a dette ipotesi. Nella citata ordinanza della prima sezione è stato però manifestato il dubbio che il principio dianzi ricordato, quantunque corrispondente ad un tradizionale filone giurisprudenziale, non sia coerente con i presupposti da cui muovono molteplici altre decisioni di questa corte: la quale ha ravvisato ipotesi di nullità c.d. virtuale del contratto in caso di mancanza di autorizzazione a contrarre o di mancanza di necessari requisiti soggettivi di uno dei contraenti, in caso di contratti concepiti in modo da sottrarre una delle parti agli obblighi di controllo su di essa gravanti o da consentire l'aggiramento di divieti a contrarre, ed in caso di circonvenzione d'incapace. Situazioni, queste, nelle quali è appunto la violazione di norme imperative concernenti la fase precontrattuale o le modalità esecutive del rapporto contrattuale a venire in evidenza. D'altronde - ha osservato ancora l'ordinanza - il tradizionale principio di non interferenza delle regole di comportamento con quelle di validità del negozio, cui la citata sentenza n. 19024/05 si ispira, appare incrinato da molteplici recenti interventi del legislatore, che risulta articolato su due motiviassegnano rilievo al comportamento contrattuale delle parti anche ai fini della validità del contratto: tali la L. n. 192 del 1998, al quale ha resistito ilart. 9, in tema di abuso di dipendenza economica nei contratti di subfornitura di attività produttive, l'art. 52, comma 3, del codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005), in tema di contratti stipulati telefonicamente, l'art. 34 del citato codice, in tema di clausole vessatorie, il D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 7, in tema di clausola di dilazione dei termini di pagamento, e la L. n. 287 del 1990, art. 3, in tema di clausole imposte con abuso di posizione dominante. Il ricorso è stato perciò rimesso alle sezioni unite, sia per dirimere il ravvisato contrasto di giurisprudenza sull'interferenza tra regole di comportamento e regole di validità del contratto, sia comunque perchè si tratta di questione di massima e di particolare importanza.
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Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, il 12 e 15 marzo 1993 Xxxxxxx Xxxxxxx conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale tribunale di AlbaRoma le società Istituto Finanziario Italiano Spa., M.G. in prosieguo Ifi, e premesso Impresa Costruzioni Edilizie srl., in prosieguo lice, e premesso: che con scrittura privata autenticata del 6 luglio 1988, aveva stipulato con l'Ifi un contratto di svolgere l'attività di antiquariorendita vitalizia, esponeva che nei primi mesi del 1998 col quale ella aveva ricevuto in conto vendita ceduto la nuda proprietà dell'unico suo bene, costituito da un cliente un dipinto appartamento, sito in questa città, via Xxxxxxx xx Xxxxxxxxx n. 99, al piano attico, e composto da attribuirsi tre vani e accessori; che l'istituto vitaliziante si era impegnato a pagare una rendita di L. 1.300.000 al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx"mese, da valutarsi intorno rivalutare periodicamente; che, in caso di mancato versamento di due rate consecutive, dopo venti giorni, il contratto doveva intendersi risolto di diritto e la nuda proprietà dell'immobile doveva essere automaticamente retrocessa in capo alla vitaliziata, che poteva trattenere le singole rate riscosse a L. 35.000.000 titolo di penale; che, nonostante gli impegni assunti, la società vitaliziante, nel frattempo sottoposta ad amministrazione controllata, era venuta meno agli stessi dal mese di agosto 1992; che, all'insaputa di Valdesi, l'Ifi, con scrittura privata autenticata del 15 marzo 1991, a sua volta aveva venduto la nuda proprietà dell'appartamento alla società lice srl., successivamente denominata Imprepar - 40.000.000Impregilo Partecipazioni S.p.a., per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000161.300.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personatutto ciò premesso, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva l'attrice chiedeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutorecontratto fosse dichiarato risolto, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS)e, per cui lo contattava immediatamente l'effetto, fosse dichiarata l'avvenuta riacquisizione della nuda proprietà dell'unità immobiliare in questione da parte di Baldesi. L'Ifi, nel frattempo dichiarato fallito, non si costituiva, e questi gli confermava perciò ne veniva dichiarata la contumacia. La lice si costituiva con comparsa di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.risposta, con la partecipazione quale chiedeva il rigetto della domanda proposta dall'attrice, trattandosi di un mediatore (tale Xx.Xx.)fatti non opponibili ad essa, la quale aveva acquistato la nuda proprietà del bene con atto regolarmente trascritto e annotato nei registri immobiliari in data anteriore alla trascrizione della citazione di che trattasi. Il tribunale, con il pagamento di L. 30.000.000sentenza del 13 marzo 1999, il Tribunale aditoin parziale accoglimento della domanda proposta, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. il contratto di rendita vitalizia si era risolto per inadempimento della vitaliziante. Tuttavia la nuda proprietà non si era trasferita in capo alla vitaliziata, in quanto nel relativo contratto era stata inserita la clausola risolutiva espressa, e non invece una condizione risolutiva. Pertanto la dichiarata risoluzione non era opponibile al terzo, e cioè la società lice, che aveva diritto trascritto in data anteriore l'acquisto rispetto alla restituzione trascrizione della citazione, da parte della originaria cedente, e cioè Baldesi, e condannava il fallimento dell'Ifi al rimborso delle spese a favore dell'attrice, mentre compensava quelle relative alla società, successiva acquirente. Avverso tale provvedimento Baldesi proponeva gravame dinanzi alla corte di appello di Roma, cui la lice resisteva, mentre il fallimento Ifi rimaneva contumace. Il giudice del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98gravame, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice 28 giugno 2002, in parziale riforma di prime cure che aveva ritenuto quella impugnata, ha dichiarato la buona fede del M. riacquisizione della nuda proprietà dell'appartamento conteso in capo all'appellante, e ha condannato l'appellata lice al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione rimborso delle spese del doppio grado a favore di lite a fronte Baldesi. La corte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torinoappello ha osservato che, nella resistenza dell'appellatoloro autonomia contrattuale, accoglieva l'appello le parti originarie del contratto stipulato, nel mese di luglio 1988, e cioè Baldesi e Ifi, avevano inteso inserire in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e esso non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pariclausola risolutiva espressa, quanto al secondo elemento indiziariopiuttosto una condizione risolutiva, quale l'episodio costituita dal fatto oggettivo della visita mancata corresponsione di due rate della rendita; e ciò onde meglio garantire la vitaliziata in qualunque situazione sfavorevole ella potesse essersi trovata. Sicchè quella condizione era opponibile ai terzi, e, quindi, alla lice che si era dichiarata consapevole del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminaterelativo peso. Avverso l'indicata tale sentenza della Corte di Appello di Torino la società Imprepar - Impregilo Partecipazioni ha proposto ricorso per cassazione il M.Cassazione, affidandolo a quattro motivi, che risulta articolato su due motivi, al quale ha illustrato con memoria. Baldesi ha resistito ilcon controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE (XXXXXXX)
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Svolgimento del processo. Con atto notificato l'otto e il dodici settembre 1986 la CA.RI.PLO. - Cassa di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxRisparmio delle Province Lombarde (d'ora innanzi Cariplo) conveniva in giudizio, dinanzi innanzi al Tribunale di AlbaMilano, M.G. la s.p.a. Rejna e premesso la s.r.l. Selle Aquila, esponendo: - che, nella primavera del 1983, la s.p.a. Denver Italiana Sellerie Riunite (d'ora innanzi: Denver), la cui attività riguardava la fabbricazione e il commercio di svolgere l'attività selle per motocicli e accessori, aveva chiesto ad essa attrice la concessione di antiquario, esponeva alcune linee di fido per complessive L. 500.000.000; - che nei primi mesi del 1998 in tale circostanza la Denver aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo riferito: a) di aver avuto origine dalla trasformazione della "Lo svenimento di XxxxxUnidata s.r.l.", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000avente ad oggetto la prestazione di servizi per conto terzi, deliberata nel novembre 1982; b) che il suo capitale era stato sottoscritto, per il quale aveva raggiunto un accordo due terzi, dalla s.r.l. Aquila e, per la vendita con tale xxx.xx P. A.quasi totalità del terzo residuo, pattuendo il prezzo dalla s.p.a. Rejna; - che, a sostegno della domanda di L. 42.000.000fido presentata dalla Denver, la società Selle Aquila e la società Rejna avevano rilasciato - rispettivamente in data 19 aprile 1983 e in data 18 maggio 1983 - due dichiarazioni di patronage; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.- che tali dichiarazioni erano state determinanti ai fini della concessione del fido, il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava era stato infatti accordato il 23 maggio 1983, anche se per un ammontare inferiore a titolo di acconto due assegni dell'importo quello richiesto (L. 350.000.000); - che, peraltro, dopo pochi mesi (14 dicembre 1983) veniva deliberato dai soci lo scioglimento anticipato della società; - che il 29 marzo 1984 essa attrice aveva revocato i fidi, invitando la Denver a pagare la somma di L. 15.000.000 ciascuno138.769.642, risultante a suo debito; verificata - che tale richiesta non aveva avuto però esito positivo, benché fosse stata rivolta anche alla s.r.l. Selle Aquila e alla s.p.a. Rejna; - che trattative avviate in un secondo momento su iniziativa della s.p.a. Rejna non avevano avuto successo e quindi, il 19 marzo 1985, la non esigibilità società Denver era stata dichiarata fallita dal Tribunale di dette sommeMilano, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva senza che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutorecredito fosse stato soddisfatto. Tanto premesso, la Xxxxxxx chiedeva che qualificatosi come antiquario della sia la società Selle Xxxxxx che la società Rejna fossero condannate al risarcimento dei danni in misura corrispondente all'ammontare del credito esistente alla data del fallimento (OMISSISL. 158.336.431), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS)oltre rivalutazione e interessi, per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno in via generica, riservandone la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito illiquidazione ad un separato giudizio.
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Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto Cremonesi F.lli s.r.l. conveniva in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquistogiudizio Banca Cremasca Credito Cooperativo soc. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.pcoop., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente già Banca di Credito Cooperativo di Crema s.c. a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.r.l., con la partecipazione quale aveva avuto in essere un rapporto di conto corrente con affidamento, estinto il 26.8.2015, e stipulato un mediatore contratto di mutuo ipotecario, estinto il 13.12.2006. L’attrice lamentava: 1) quanto al conto corrente, l’applicazione illegittima di interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto e spese non pattuiti, nonché interessi anatocistici ed usurari; 2) quanto al contratto di xxxxx, la pattuizione di interessi superiori al tasso soglia di usura (tale Xx.Xx.usura originaria), con riferimento sia agli interessi corrispettivi, sia a quelli di mora, nonché l’indeterminatezza della clausola relativa al tasso di interesse, nonché l’abuso di dipendenza economica. Chiedeva quindi il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione ricalcolo del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito saldo del procedimento penale n. 1444/98conto corrente, con condanna dell'attore ripetizione di quanto indebitamente corrisposto alla rifusione banca, e la restituzione degli interessi pagati a fronte del mutuo, in Firmato Da: XXXXXXX XXXXXXXXX Emesso Da: POSTE ITALIANE EU QUALIFIED CERTIFICATES CA Serial#: 1e0969d1407fb1d6 - Firmato Da: XXXXXX XXXXXX Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: 602cc64342c6d0a9608655eb580409ba RG n. 2570/2015 quanto usurari, o in subordine poiché difformi (per effetto dell’ammortamento alla francese) da quelli pattuiti, o comunque nulli per violazione dell’art. 9 della legge n. 192/1998. La convenuta si costituiva contestando innanzi tutto la valenza delle speseperizie di parte prodotte dall’attrice; inoltre, affermava l’esistenza di un’apertura di credito, pur sostenendo che all’epoca non vi era l’obbligo per la banca di sottoscrivere uno specifico contratto, essendo sufficiente l’annotazione dell’affidamento sul registro delle delibere di Consiglio, mentre le condizioni economiche sarebbero ritualmente state rese note all’attrice con “lettera di comunicazione di affidamento” datata 31.1.2007. Eccepiva quindi la prescrizione delle rimesse solutorie (precisando peraltro che dovevasi avere riguardo al solo “fido di cassa” e non al c.d. “castelletto s.b.f.”) che avevano “pagato” le competenze liquidate fino al II trimestre del 2005, considerando che l’atto di citazione era stato notificato il 2.9.2015. In virtù di rituale appello interposto comparsa indicava la somma complessiva per trimestre (dal G.III del 2002 a parte del III del 2005) delle somme aventi carattere solutorio versate dalla correntista. Affermava inoltre, con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; giusta le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.delibera CICR 9.2.2000, la Corte legittimità dell’anatocismo praticato, poiché il rapporto era stato aperto in data 19.9.2000. Quanto al mutuo, contestava che fossero stati pattuiti interessi usurari e che l’ammortamento alla francese non comportasse anatocismo, posto che gli interessi corrispettivi sono calcolati di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e volta in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava volta sulla quota capitale residua. Chiedeva pertanto il G. legittimo proprietario del dipinto in contesarigetto delle domande avversarie. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile Depositate le memorie ex art. 346 183, comma VI. c.p.c. perchè solo meglio specificata e disposta consulenza tecnica d’ufficio, all’udienza fissata per il conferimento dell’incarico ed il giuramento veniva dichiarata l’interruzione del processo a seguito della dichiarazione di fallimento dell’attrice. Il giudizio veniva ritualmente riassunto dalla Curatela fallimentare e fatto oggetto di alcuni rinvii stante le trattative in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (corso tra le parti per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processualidefinizione bonaria, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte però avevano esito negativo, sicché il nominato C.T.U. veniva riconvocato per gli incombenti di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilrito.
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Svolgimento del processo. Con atto Q.M. e M.R. proponevano appello nei confronti del Fallimento della S.r.l. Residence di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxFrascati e del notaio P. M., dinanzi al avverso la sentenza del Tribunale di AlbaRoma del 9/15 maggio 2001, M.G. che, in accoglimento della domanda proposta dal Fallimento nei confronti dei convenuti X. Xxxx., ex art. 67, comma 1, n. 1, aveva revocato il contratto, stipulato con atto notarile del 29/12/1993, di vendita a Q. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario M. della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. dell'unità immobiliare sita in (OMISSIS), in attuazione del preliminare del 10/10/1978, con cui era stata compromessa in vendita la proprietà per cui lo contattava immediatamente il prezzo di L. 50.500.000, figurante nell'atto definitivo, attesa la notevole sproporzione tra il valore dell'immobile, stimato dal C.T.U. in L. 144 milioni all'epoca del definitivo, ed il prezzo, anche a ritenere quello di L. 81.824.000 indicato dai convenuti, e questi gli confermava per l'effetto ordinato ai convenuti l'immediata restituzione dell'immobile al Fallimento, libero da persone e cose, rigettando nel resto la domanda del Fallimento di possedere il quadro. Presentata denunziarisarcimento del danno, nonchè la Procura della Repubblica domanda svolta da M. e Q. con l'atto di Alba disponeva perquisizione domiciliare chiamata in causa nei confronti del M. ed notaio P.M., per essere tenuti indenni dall'esito del giudizio revocatorio, e disposto, ex art. 295 c.p.c., la sospensione del processo in relazione alle altre domande dei chiamanti in causa verso il quadro veniva sottoposto notaio per mancata individuazione dell'iscrizione ipotecaria a sequestrofavore del comune di Monte Xxxxxx Xxxxxx. La Corte d'appello ha ritenuto non condivisibile la tesi degli appellanti principali, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; secondo cui la non revocabilità della compravendita deriverebbe dalla considerazione che il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati contratto di cui agli artt. 110alla scrittura privata del 10/10/1978, 640al di là del nomen iuris di preliminare di compravendita, 61 n. 7in realtà costituiva già una vendita perfetta, 495rispetto a cui il rogito del 29/12/1993 adempiva alla sola funzione di formalizzazione in atto pubblico, 482 essendo stato già corrisposto l'intero prezzo ed essendo avvenuta la consegna dell'immobile precedentemente all'atto notarile, alla stregua dell'esame della scrittura privata, che dimostrava il contenuto obbligatorio del contratto, non incidendo su detta natura il versamento nel corso del tempo del prezzo promesso, nè la consegna detentiva della porzione immobiliare compromessa (OMISSIS) La Corte del merito ha rigettato l'appello incidentale del Fallimento, inteso al conseguimento del ristoro per l'uso sine titulo del bene, in quanto la richiesta era stata subordinata alla mancata conferma della sentenza di primo grado, ed ha altresì respinto la domanda di manleva degli appellanti verso il notaio P., dichiarando infine inammissibili le domande del notaio, aventi la valenza di appello incidentale, di declaratoria di esenzione da colpa professionale e 477 c.p.di responsabilità, anche in relazione alla domanda risarcitoria, per cui l'attore chiedeva al GIP la quale il dissequestro primo giudice aveva disposto la sospensione necessaria del quadroprocesso, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione e di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione conseguimento delle spese di lite a fronte del primo grado del giudizio, non rifuse neppure in relazione al capo di una legittima iniziativa del G., la Corte sentenza definitivo di Appello rigetto della domanda di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello manleva. Propongono ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi Q. e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava M.; resistono con controricorso il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile Fallimento ed il notaio P. Il Fallimento ed il notaio P. hanno depositato le memorie ex art. 346 378 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado.. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.1- (XXXXXXX), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il
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Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi notarile del 3.11.1986 Corrente Xxxxxxxx vendeva due immobili in Xxxxxxx Xxxxxx alla Sifi s.r.l. (le cui quote si appartenevano a sè medesimo ed al Tribunale di Alba, M.G. figlio Xxxxxxxx) e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, con successivo atto la Sifi vendeva per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il lo stesso prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquistoL.. 500 milioni i medesimi immobili alla s.p.a. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutoreAgrileasing, che qualificatosi come antiquario della contestualmente li cedeva in locazione finanziaria alla s.n. c. Corrente Auto (OMISSIS), gli comunicava le cui quote erano di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali pertinenza di proprietà di M.G. in (OMISSISCorrente Xxxxxxxx e Xxxxxxxx), per cui lo contattava immediatamente essere destinati ad attività di concessionaria Fiat. Sopraggiunto il fallimento di Corrente Xxxxxxxx e questi gli confermava Xxxxxxxx, di possedere Corrente Auto s.n.c. e della Sifi, il quadro. Presentata denunzia5.12.1987, la Procura della Repubblica curatela adiva il tribunale di Alba disponeva perquisizione domiciliare Taranto perchè fossero dichiarati inefficaci e nulli i predetti contratti nonchè il dissimulato contratto di mutuo, con patto commissorio vietato ed in subordine instava per la revocatoria ex art. 67 l.f. nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestrodella Agrileasing. Si costituiva la Agrileasing, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A.che resisteva alla domanda, studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per chiedendo la risoluzione della controversiadel contratto di leasing per inadempimento ed anche perchè aveva scoperto che gli immobili in questione non erano stati occupati dalla s.n.c. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del beneCorrente Auto ma da altri soggetti. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva accoglieva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto attrice, ritenendo simulati gli atti in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98quanto predisposti per mascherare un mutuo con patto commissorio, poichè il rapporto sostanzialmente era intervenuto tra i Corrente e l'Agrileasing e che era significativo, ai fini di questa ricostruzione il fatto che gli immobili erano detenuti da terzi e che la Corrente Auto, con condanna dell'attore alla rifusione delle spesemissiva del 14.11.1986, aveva significato di voler dismettere la concessionaria (medio tempore tra i due atti). In virtù Avverso questa sentenza proponeva appello la Agrileasing. Resisteva la s.r.l. Nuova Immobiliare, quale assuntore dei fallimenti Corrente (già costituitasi nel corso del giudizio di rituale primo grado). La corte di appello interposto dal G.di Lecce, sez. dist. di Taranto, con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquistodepositata 7.1.2000, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesarigettava l'appello. A sostegno dell'adottata sentenza, Riteneva la corte territoriale evidenziava di merito che l'eccezione nella fattispecie sussisteva la consapevole partecipazione dell'Agrileasing al disegno simulatorio. Infatti non era possibile che l'Agrileasing non avesse visionato gli immobili, rilevando che gli stessi erano già occupati da terzi locatari, tenuto conto che la convenuta aveva una filiale a Bari e che vi fu un verbale di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata consegna degli immobili; che le visure commerciali esibite, da parte appellata era infondata (cui risultava che i Corrente erano in bonis, si riferivano solo ai Corrente ed alla Corrente Auto e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processualialla Sifi, che andavano rideterminatepure era il soggetto alienante. Avverso l'indicata sentenza Secondo i giudici di appello l'Agrileasing era a conoscenza della Corte struttura societaria della SIFI e l'intera operazione si riduceva ad un rapporto tra i Corrente e la convenuta e gli atti erano simulati, in quanto non si trattava di Appello vendita, ma di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilun mutuo con patto commissorio.
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Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, il 31 marzo 1994 Xxx Xxxxxx evocò in giudizio dinanzi al Tribunale tribunale di AlbaMilano la S.p.a. Gerolimich in liquidazione, M.G. e premesso esponendo: - di svolgere l'attività aver stipulato con la convenuta, in data 20.2.1989, nella qualità di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo amministratore della s.a.s. "Lo svenimento di XxxxxBusiness Gain", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per primo contratto di consulenza (avente ad oggetto la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo valutazione di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. progetti industriali e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo acquisizione di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSISazienda), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato cui era aveva fatto seguito una seconda convenzione negoziale, sempre conclusa con la Gerolomich in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.data 3.7.1992, con la partecipazione quale gli veniva riconosciuto, per dette prestazioni, un compenso annuo di L. 240.000.000; - di essere stato inserito, nell'ambito di tale incarico, tra i componenti degli organi di amministrazione di alcune società facenti capo alla Gerolomich; - di avere emesso, il 31.10.1992, una fattura per l'importo di L. 140.000.000 relativo al periodo aprile 1992 - febbraio 1993; - di non aver ricevuto il saldo delle proprie competenze da parte della convenuta che, con lettera del 21.1.1993, aveva invece contestato l'esecuzione delle prestazioni, mentre egli si era reso nelle more cessionario dalla Business Gain dei crediti sopra indicati. Nel costituirsi in giudizio, la società convenuta eccepì, tra l'altro, che tutte le attività svolte dal Nistri, sì come descritte nell'atto di citazione, erano da ritenersi tout court assorbite nei compiti a lui spettanti in relazione alle cariche ricoperte nei consigli di amministrazione delle società a lei collegate, rilevando altresì che la "Business Gain" non aveva mai svolto alcuna reale attività, essendo viceversa un mediatore mero schermo societario fittiziamente creato per eludere norme fiscali e contributive. Il tribunale, ritenuto che il contratto fosse stato stipulato, in realtà, direttamente tra la società convenuta ed il Nistri, e rilevato che nessuna oggettiva diversità era dato rinvenire tra le prestazioni rese da quest'ultimo in esecuzione del predetto contratto e i compiti da lui svolti nella veste di componente del consiglio di amministrazione della Gerolomich (tale Xx.Xx.identici essendo l'oggetto sociale di quest'ultima e l'oggetto del contratto di consulenza stipulato con il Nistri), con rigettò la domanda, ritenendo nullo il pagamento duplice negozio di L. 30.000.000consulenza per difetto di causa. Il gravame proposto dal Xxxxxx avverso tale pronuncia venne rigettato dalla Corte di appello di Milano, il Tribunale aditoche, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù per quanto ancora di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. rilievo in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato giudizio di legittimità, ebbe ad osservare: - che, pur vera la affermazione dell'appellante secondo cui i due contratti stipulati con la Gerolomich costituivano "l'uno la prosecuzione dell'altro", elementi fattuali inconfutabili (tra i quali, l'accettazione della proposta contrattuale da parte del Nistri spedita ad un indirizzo diverso dalla sede sociale della Business Gain e il possesso tenore letterale della proposta stessa, ove il Nistri in prima persona scriveva: "per la collaborazione ... mi riconoscerete un compenso ... comprensivo delle spese da me sostenute") rendevano evidente come proprio l'appellante fosse il soggetto che, direttamente e personalmente, assumeva le obbligazioni derivanti dal contratto; 17 - che, comunque, nel corso del dipinto; giudizio, non era mai stata contestata l'osservazione, svolta dal tribunale, secondo cui le dichiarazioni rilasciate dal D.prestazioni oggetto del contratto erano state opera esclusiva del Nistri e non di altri soggetti della s.a.s. Business Gain (società che, venditore del quadro; il prezzo pagatod'altronde, sensibilmente inferiore al valore de bene;...risultava costituita soltanto da membri della famiglia di, quest'ultimo), nonchè di talchè, al di là della formale intestazione del contratto del 3.7.1992, l'effettivo contraente era da considerarsi proprio Xxx Xxxxxx; - che, per le ragioni esposte dallo stesso Xxxxxx, il secondo contratto costituiva la circostanza prosecuzione del precedente accordo negoziale stipulato il 20.2.1989, accordo da ritenersi a sua volta concluso personalmente dall'appellante e, di conseguenza, soggettivamente simulato; - che le attività di prestazione contemplate nei due contratti non avere provveduto ad una compensazione delle spese apparivano sostanzialmente diverse da quelle svolte dal Nistri nella qualità di lite a fronte amministratore presso le società del gruppo Gerolmich, sicchè, dalla identità di una legittima iniziativa oggetto tra attività di amministratore ed attività di consulenza, discendeva la nullità del G., contratto "per mancanza di giustificazione concreta". Per la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma cassazione della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesadella corte d'appello milanese ricorre oggi dinanzi a questa Corte Xxx Xxxxxx. A sostegno dell'adottata sentenza, Resiste con controricorso la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilGerolomich Le parti hanno entrambe depositato tempestive memorie.
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Samples: Contratti, Contract Law Decisions
Svolgimento del processo. Con atto Gli odierni ricorrenti agirono nel novembre 1996 proclamandosi promittenti venditori di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxuna porzione di fabbricato sita in Avellino. Chiesero l'esecuzione in forma specifica dell'accordo preliminare concluso il 9 luglio 1996 con i promissari acquirenti, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale coniugi Xx.Xx.). e F.M.. I convenuti resistettero sostenendo che la scrittura privata del 9 luglio costituiva una semplice puntuazione, con priva di efficacia obbligatoria, insuscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c.. Il tribunale di Avellino rilevò che il pagamento contratto conteneva l'impegno a stipulare il contratto preliminare di L. 30.000.000compravendita, allorquando il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione Banco di Napoli avesse dato assenso all'esclusione della porzione venduta dall'ipoteca gravante sul fabbricato. Il tribunale ritenne che il contratto stipulato fosse da qualificare come "preliminare di preliminare" e che fosse nullo per difetto originario di causa, respingeva . Pertanto respinse la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spesedomanda. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., Anche la Corte di Appello appello di TorinoNapoli ha ritenuto che al contratto preliminare può riconoscersi funzione giuridicamente apprezzabile solo se è idoneo a produrre effetti diversi da quelli del contratto preparatorio; che nella specie il secondo preliminare previsto dalle parti avrebbe prodotto gli stessi effetti di impegnarsi a stipulare alle medesime condizioni e sul medesimo bene; che pertanto l'accordo del 1996 era nullo, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di per difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata causa autonoma rispetto al contratto preliminare da parte appellata era infondata (stipulare. Ha rigettato quindi la domanda di risoluzione e non inammissibile risarcimento danni, introdotta nel corso del giudizio di primo grado ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado)1453 c.c., traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatecomma 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha questa sentenza, i promittenti venditori signori M. - S. hanno proposto ricorso per cassazione con unico motivo. Gli intimati inizialmente non hanno svolto attività difensiva. In vista della pubblica udienza, F.M. si è costituita con "memoria difensiva" del difensore nominato con procura speciale notarile. Con ordinanza interlocutoria 5779/14 del 12 marzo 2014 della seconda sezione civile, la causa è stata rimessa al primo Presidente, il M., che risulta articolato su due motivi, al quale la ha resistito ilassegnata alle Sezioni Unite della Corte. Le parti costituite hanno depositato memorie. Motivi della decisione
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Samples: Preliminary Contract
Svolgimento del processo. Con atto La Corte d'Appello di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxPalermo, dinanzi al Tribunale confermando la pronuncia di Albaprimo grado, M.G. ha rigettato l'opposizione all'esecuzione proposta da P.S. e premesso C.M., sul rilievo di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva non aver mai ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo somma di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava 180.000.000 concessa dal Banco di Sicilia a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette sommemutuo, l'attore responsabile del bene in quanto custodetale importo era stato impiegato per il pagamento di esposizioni debitorie relative, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva proprio figlio P.F.. Ritenevano pertanto gli opponenti che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto mutuo fosse simulato e celasse un patto commissorio. Il contratto di mutuo era stato risolto dall'istituto bancario. Era seguito il precetto ed il pignoramento non solo dell'immobile ipotecato a garanzia del mutuo sopradescritto ma anche di altri 10 immobili, ben oltre l'ammontare del debito. Gli opponenti chiedevano pertanto che fosse accertata la nullità del mutuo perchè celava un patto commissorio; per contrasto con norme imperative, per usurarietà e per impossibilità sopravvenuta. Si chiedeva anche la riduzione delle ipoteche e la restrizione delle ipoteche, oltre al risarcimento dei danni. Venivano evocati nel giudizio oppositivo anche i creditori intervenuti BNL (Banca nazionale del Lavoro) e il Monte Paschi di Siena. Secondo gli opponenti, il credito BNL era inesistente perchè dovuto all'incapacità di gestione e recupero di garanzia assicurativa e l'altro doveva essere rideterminato perchè assistito dalla garanzia del fondo Interbancario. La Corte territoriale a sostegno del rigetto ha affermato: In ordine all'esclusione della legittimazione passiva della BNL e del Monte dei Paschi, stabilita dal Tribunale, la statuizione era condivisibile. Per quanto riguarda BNL non erano state indicate dall'interveniente le ragioni a sostegno del motivo di gravame. Inoltre nel giudizio di opposizione all'esecuzione sono legittimati soltanto il soggetto che ha proceduto al pignoramento e i creditori intervenuti che non solo siano muniti di titolo esecutivo ma abbiano anche compiuto atti del procedimento. Tale caratteristica non si poteva rinvenire in BNL. Quanto al Monte Paschi di Siena la censura doveva ritenersi inammissibile, non essendo stato addotto alcun argomento a sostegno della dedotta legittimazione passiva. In ordine alla dedotta simulazione del contratto di mutuo fondiario, viene rilevato che la somma erogata a mutuo era stata accreditata sul conto corrente di P.S. che ne aveva rilasciato quietanza mentre la riconduzione del medesimo ad un finanziamento ordinario garantito da un anonimo interlocutoreipoteca con P.Iva 01589730629 R.E.A. MI 2848076 Sede Legale: Xxx Xxxxx Xxxxxxxxx, 10 20122 Milano Sede Operativa: Xxxxxx Xxxxxxxx, 0 00000 Xxxxxxxxx xxx.xxxxxxxxxxxx.xx xxxx@xxxxxxxxxxxx.xx Numero Verde 800 653 346 importo impiegato esclusivamente per le esposizioni debitorie del figlio, era rimasta sfornita di prova. La richiesta di consulenza tecnica d'ufficio aveva carattere del tutto esplorativo. Peraltro la giurisprudenza di legittimità ha escluso che qualificatosi come antiquario della il mutuo fondiario abbia natura di mutuo di scopo non essendo necessario indicare la destinazione del credito. Neanche la mancata utilizzazione per il miglioramento fondiario determina in sè la nullità del contratto. In ordine alla violazione del divieto di patto commissorio non sussiste prova dell'accordo illecito (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore accettando preventivamente il quadro trafugato in alcuni locali trasferimento di proprietà di M.G. un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito). Peraltro i mutuatari non erano impossidenti ma proprietari di svariati immobili. In ordine all'impossibilità sopravvenuta non risulta provato che la somma data a mutuo non sia stata messa nella disponibilità dei mutuatari così impedendone la restituzione. La risoluzione era stata determinata in (OMISSIS)ossequio alle prescrizioni contrattuali per il mancato pagamento e non solo per il ritardo di due ratei. Non si era provveduto ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39, perchè oltre all'estinzione della quinta parte del debito è necessario, per cui lo contattava immediatamente la riduzione proporzionale della somma iscritta e questi gli confermava la parziale liberazione dei beni ipotecati, che i rimanenti beni siano sufficienti alla garanzia. La censura relativa all'usurarietà dei tassi d'interesse è stata ritenuta generica in quanto non vengono esposte le ragioni in base alle quali il giudice di possedere primo grado avrebbe errato. Peraltro, l'applicabilità della L. n. 108 del 1996, doveva limitarsi alla parte di mutuo in esecuzione dopo la sua entrata in vigore (il quadromutuo è stato risolto nell'agosto 2000). Presentata denunziaIn ordine agli interessi anatocistici, la Procura nullità riguarda solo i mutui ordinari. La partecipazione dei successori a titolo particolare Calliope e Island Financing è avvenuta regolarmente con procura valida ed efficace, tenuto conto che le due intervenienti si sono limitate a richiedere il rigetto del gravame. Infine devono ritenersi validi gli atti compiuti dal procuratore del Banco di Sicilia in quanto titolare del credito formante oggetto della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che procedura esecutiva in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatecontestazione. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha P.S. e C.M.. Hanno resistito ilcon autonomi controricorsi Unicredit Credit Managment Bank S.P.A.; Island Refinancing s.r.l. e Calliope S.R.L. Sono state depositate memorie dai ricorrenti e da Di do Bank (già Unicredit Managment Bank s.p.a.).
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Samples: Mutuo Fondiario
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.). conveniva, con il pagamento davanti al tribunale di L. 30.000.000Xxxxx, il Tribunale aditoComune di Lago (CS) chiedendone la condanna al risarcimento dei danni. Esponeva, all'esito dell'istruzione a tali fine, che: a) nel (OMESSO) il Sindaco del comune convenuto le aveva imposto l'immediato sgombero della causapropria abitazione per il distacco di un muretto di contenimento di un costone roccioso posto sul retro della stessa; b) successivamente, respingeva la domanda attorea e dichiarava il Comune aveva concluso un contratto di locazione con terzi di un immobile concedendolo in uso all'attrice per circa undici anni; xxxx' fino al momento in cui erano state ripristinate le condizioni di sicurezza dell'abitazione; c) le pessime condizioni igienico - sanitarie dell'immobile, pero', le avevano causato gravi patologie delle quali chiedeva, appunto, il risarcimento. Si costituiva il Comune di Lago che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto eccepiva, in questionevia pregiudiziale, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù il difetto di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza giurisdizione del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquistoordinano, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravie, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X.contestava la fondatezza della domanda, responsabile del dipinto ex recepto (proponendo anche domanda riconvenzionale per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita)restituzione delle spese dallo stesso sostenute. Con atto regolarmente notificato il Comune proponeva, corrisposto al C. il prezzo di cessionequindi, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M.regolamento preventivo di giurisdizione. L'intimata non ha svolto attivita' difensiva. Il PG ha depositato conclusioni scritte, che risulta articolato su due motivi, al quale con le quali chiede dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario. Il ricorrente ha resistito ilanche depositato memoria.
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Samples: Contratti Immobiliari E Agrari
Svolgimento del processo. Con scrittura in data 27 luglio 1989, Xxxxxxxx Xxxxxxx dette incarico alla Italiana Immobiliare s.r.l. (poi divenuta s.p.a.) di promuovere la vendita di un appartamento sito in Scandicci (Firenze), di cui aveva dichiarato di essere comproprietaria insieme alla madre Xxxxxxx Xxxxxxx e a Novembrini Lido. Xxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx, che a sua volta si era rivolta alla Italiana Immobiliare per l’acquisto di una casa, sottoscrisse una prima proposta di acquisto di detto appartamento in data 6 novembre 1989 e la Martelli R., all’atto dell’accettazione fece presente al mediatore che comproprietari del bene erano anche Xxxxxxx Xxx, Xxxxxxx Xxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx Xxxx, Xxxxxxxxxx Xxxxxx, Pesci- ni Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxx, anche in nome e per conto dei quali la stessa Xxxxxxxx G. sottoscrisse l’accettazione; la stessa Xxxxxxxxx Xxxxxxx, in data 1- 12-1989, sottoscrisse una seconda proposta di acquisto per lo stesso immobile, in quanto era emersa l’esistenza di una pratica di condono edilizio in precedenza non comunicata dalla Martelli G., e anche tale seconda proposta fu accettata dalla Martelli G., con le ulteriori sottoscrizioni di Novembrini Lido e Xxxxxxx Xxxxxxx. In seguito, in virtù di più approfonditi accertamenti da parte del notaio rogante, risultò che l’immobile in questione era riportato nel n.c.e.u. con due diversi numeri di partita, uno dei quali risultava intestato per 1/8 a Xxxxxxx Xxxx, deceduta da anni e della quale non erano reperibili gli eredi. Pertanto, la Orlandini Xxxxxxx rinunciò ad acquistare la proprietà per intero, ottenendo la restituzione della ca- parra versata, e chiedendo alla società mediatrice Italiana Immobiliare il rimborso della provvigione, oltre al risar- cimento dei danni. Per il rifiuto della società in ordine a tali richieste, la Orlandini Bianchi, con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 16 settembre 1993, dinanzi al conveniva in giudizio la Italiana Im- mobiliare ai fini della restituzione della provvigione e del risarcimento dei danni; costituitasi la società (che in particolare negava ogni responsabilità a suo carico, con particolare riferimento all’esistenza della quota della Cecconi R.), l’adito Tribunale di AlbaFirenze, M.G. con sentenza n. 2502/2002, accoglieva in parte la domanda condannando, la Immobiliare al pagamento di Euro 2.582,28, corrispon- denti all’importo versato, oltre interessi e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava rivalutazione monetaria a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascunorestituzione della provvigione pagata dalla Orlandini Bianchi; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene ciò in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva riteneva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutoreme- diatore è tenuto ad una corretta informazione, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava secondo il criterio di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati media diligenza di cui agli arttall’art. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p1176 c.c., e che pertanto doveva ritenersi responsabile per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione avere omesso di accertare l’effettiva titolarità del bene. Instaurato il contraddittorioA seguito dell’appello della Italiana Immobiliare, nella resistenza del convenutola Corte d’Appello di Firenze, che in via riconvenzionale chiedeva costituitasi la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.Orlandini Bian- chi, con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.)sentenza in esame, con il pagamento di L. 30.000.000in data 28 maggio 2004/22 aprile 2005, il Tribunale aditorigettava l’impugnazione; affermava, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.parti- colare, la Corte territoriale che “esaminando la proposta contrattuale che l’appellante sottopose all’appellata, fa- cendogliela sottoscrivere, essa appare stesa nella maniera più semplice e più piana, in perfetta complementarietà con le diciture di Appello rito del modulo prestampato, senza il minimo segnale verso il grosso problema, che c’era die- tro, della complicata intestazione dell’immobile. Xxxx, dal tenore letterale della proposta si esclude addirittura l’ipotesi di Torinouna comproprietà, nella resistenza dell'appellatogiacché l’oggetto dell’acqui- sto proposto è la sua pozione immobiliare, accoglieva l'appello e sua nel senso di appartenente alla venditrice. Insomma, la promittente acquirente sentiva di muoversi in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesaun campo sicuro. E in- vece non era così. A sostegno dell'adottata sentenzaquesto punto, le possibili soluzioni sono due: o la società di mediazione non si curò affatto di guardare, o forse nemmeno di richiedere alla venditrice, i titoli di provenienza del suo diritto dell’immobile; oppure, avendoli guardati, ed essendosi accorta che le venditrice non era l’unica proprietaria, o che, comunque, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione situazio- ne dell’intestazione non era chiara, omise di difetto farlo presente nella proposta contrattuale fatta firmare all’appellata. Si scelga l’una o l’altra ipotesi, la responsabilità contrattua- le della società di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata mediazione c’è comunque. Sul dovere professionale di esaminare il titolo di provenienza, prima di sottoporre come fattibile l’affare al pubblico, o anche al singolo interessato, non esistono dubbi, perché la funzione del mediatore professionale, con determinanti requisiti di cultura e competenza (Cass. n. 6389 del 8-2- 2001), impli- ca innanzitutto la verifica della fattibilità reale dell’affare, e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto si riduce ad essere soltanto un megafono della grida negoziali altrui; sul dovere di rappresentare con scrupolo e lealtà alle parti le reali difficoltà che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. gli constano circa la provenienza del dipintofattibilità dell’affare non si può dubitare ugualmente, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa gravealla luce dell’insegnamento della Suprema Corte, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatepiù volte so- pra citato”. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso Ricorre per cassazione il M., che risulta articolato su la Italiana Immobiliare con due motivi, al quale ha resistito ilillustrati con memoria; resiste con con- troricorso la Orlandini Bianchi.
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Samples: Contratto Di Locazione
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per La causa concerne il quale aveva raggiunto un accordo recesso dell'Agenzia Regionale per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile Protezione dell'Ambiente del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava ) (ARPA) dal contratto di avere visionato consulenza e conferimento di incarico di assistenza legale rinnovato nel febbraio 2004 con l'avvocato P.M.. Nel dicembre dello stesso anno il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare professionista agiva nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestrodell'Agenzia, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione chiedendo che fosse accertato l'inadempimento contrattuale della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98convenuta, con condanna dell'attore alla rifusione delle speseal risarcimento dei danni. In virtù Il tribunale qualificava il rapporto come contratto di rituale appello interposto clientela - riconducibile al mandato oneroso a tempo determinato - con cui l'avvocato si era obbligato per tre anni a prestare la propria opera professionale in relazione a tutti gli affari legali dell'ente. Riteneva sussistente una giusta causa oggettiva di risoluzione del rapporto e rigettava ogni domanda di danni, dando atto che le prestazioni professionali svolte erano state già saldate. Adita dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.professionista, la Corte di Appello appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava Trieste rigettava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesagravame. A sostegno dell'adottata sentenzatal fine, con sentenza 3 aprile 2013, dopo aver discusso la questione posta dall'odierno ricorrente circa il "mandato alle liti", e dopo aver rilevato che tra le parti non c'erano "sospesi" in quanto anche l'ultima fattura era "stata pagata", la corte territoriale evidenziava Corte di appello qualificava il rapporto come contratto d'opera. Riteneva pertanto legittimo il recesso per il "venir meno dell'intuitus personae" e per il sopravvenire dell'impossibilità sopravvenuta, da ricollegare alla sopravvenuta legge regionale che l'eccezione imponeva all'ente di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (avvalersi dell'avvocatura regionale e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato ai dubbi sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione legittimità del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza derivati da pronuncia della Corte di Appello di Torino dei Conti. L'avv. P. ha proposto sei motivi di ricorso per cassazione cassazione, notificato il M.26 aprile 2013; ha depositato memoria aggiuntiva il 22 aprile 2014; memoria in vista dell'adunanza del 10 marzo 2017 e della successiva pubblica udienza, che risulta articolato su due motivi, al alla quale la causa è stata rimessa con ordinanza 12947/17. ARPA ha resistito ilcon controricorso. Il procuratore generale in data 13 febbraio 2017 ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
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Svolgimento del processo. Con atto convenzione stipulata il 27 marzo 1987 tra il Comune di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi Isola del Giglio e ring. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxx l'ente territoriale affidò al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi professionista la redazione del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo progetto dei lavori per la vendita costruzione di una rete idrica relativa ai centri abitati di Giglio Castello, Giglio Porto e Giglio Campese. Nella convenzione fa pattuito che il pagamento del compenso al professionista restasse subordinato alla condizione che il Comune ottenesse dagli enti competenti il finanziamento dell'opera. Espletato l'incarico l'xxx. Xxxxxxxxx, non avendo ottenuto il compenso, promosse il procedimento arbitrale (previsto dalla convenzione d'incarico) al fine di ottenere la condanna del Comune al pagamento di lire 100.954.726, con tale xxx.xx P. A.i relativi interessi, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata onorari e rimborso spese per l'attività professionale espletata. Il Comune contestò la non esigibilità di dette sommedomanda, l'attore responsabile del bene in quanto custodeil pagamento del compenso era subordinato alla condizione, versava non avveratasi, del finanziamento dell'opera. La parte privata replicò che la condizione doveva ritenersi inefficace, in quanto meramente potestativa, e comunque contraria al proprietario principio d'inderogabilità della tariffa professionale. Addusse, inoltre, che la condizione, se valida, si sarebbe dovuta ritenere avverata essendo mancata per fatto imputabile al Comune, tenuto comunque al risarcimento del dipintodanno, C.F.e che l'opera almeno in parte era stata finanziata. Il collegio arbitrale, l'intero prezzo espletata una consulenza tecnica ed acquisita agli atti la documentazione prodotta, con lodo del 9 ottobre 1998 condannò l'ente territoriale a titolo pagare all'xxx. Xxxxxxxxx la somma di acquistolire 65.000.000=, con i relativi interessi, nonchè i 2/3 delle spese di lite. Aggiungeva Il collegio pervenne a tale statuizione ritenendo non configurabile la fattispecie di cui all'art. 1359 c.c. (dato l'interesse di entrambe le parti all'avveramento della condizione), considerando valida la clausola che prevedeva la condizione medesima ed osservando, tuttavia, che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto Comune non si era attivato con la dovuta diligenza nella richiesta di finanziamento, onde risultava inadempiente ai sensi dell'art. 1358 c.c. con conseguente obbligo risarcitorio a suo carico, liquidato in misura pari al compenso spettante al professionista e ridotto del 20%. Con citazione notificata il 15 febbraio 1999 il Comune di Isola del Giglio impugnò il lodo davanti alla Corte di appello di Firenze, adducendone la nullità per violazione degli artt. 1358 e 1359 c.c. per contraddittorietà, per violazione del principio di diritto secondo cui il giudice deve pronunciare "iuxta alligata et probata", per carente esame della documentazione prodotta e per mancata ammissione delle prove richieste in ordine all'impossibilità di ottenere un mutuo comunitario o di ricorrere a soluzioni alternative. Il Ceciarini si costituì per resistere all'impugnazione, proponendo a sua volta impugnazione incidentale diretta a censurare il lodo nella parte in cui avrebbe illegittimamente decurtato il compenso minimo del 20% e deducendo l'errata interpretazione ed applicazione dell'art. 1359 c.c. nonchè la nullità del lodo medesimo per carenza di motivazione sulle deduzioni proposte. La Corte di appello fiorentina, con sentenza depositata il 17 luglio 2000, dichiarò la nullità del lodo e dichiarò che nulla era dovuto dal Comune al professionista in virtù del contratto stipulato tra le parti, compensando integralmente tutte le spese del giudizio, comprese quelle del procedimento arbitrale. La Corte territoriale richiamò il principio (già affermato da questa Corte) secondo cui, qualora le parti abbiano subordinato gli effetti di un contratto preliminare di compravendita immobiliare alla condizione che il promissario acquirente ottenga da un anonimo interlocutoreistituto bancario un mutuo per poter pagare in tutto o in parte il prezzo stabilito - patto valido perché i negozi ai quali non è consentito apporre condizioni sono indicati tassativamente dalla legge - la relativa condizione è qualificabile come "mista", in quanto la concessione del mutuo dipende anche dal comportamento del promissario acquirente nell'approntare la relativa pratica. La mancata concessione del mutuo, peraltro, comporta le conseguenze previste in contratto, senza che qualificatosi come antiquario della rilevi (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadroai sensi dell'art. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx1359 c.c.), con il pagamento un eventuale comportamento omissivo del promissario acquirente, sia perché tale disposizione è inapplicabile nel caso in cui la parte, tenuta condizionatamente ad una data prestazione, abbia anch'essa interesse all'avveramento della condizione, sia perché l'omissione di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto un'attività in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la tanto può ritenersi contraria a buona fede del M. al momento dell'acquistoe costituire fonte di responsabilità in quanto l'attività omessa costituisca oggetto di un obbligo giuridico, mentre andava e la sussistenza di un obbligo siffatto deve essere esclusa sulla base per l'attività di attuazione dell'elemento potestativo di una serie condizione mista. Nel quadro di indizi gravitale principio, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.ritenuto applicabile alla fattispecie, la sentenza impugnata escluse l'applicabilità al caso in esame sia dell'art. 1359 c.c., attinente all'avveramento della condizione per il comportamento della parte dalla cui condotta l'avveramento stesso anche dipende, sia dell'art. 1358 c.c., relativo alla responsabilità nascente in capo a detta parte per comportamento non conforme a buona fede, in ciò ravvisò causa di nullità del lodo, in accoglimento della doglianza proposta dall'impugnante principale. La Corte di Appello di Torinomerito, nella resistenza dell'appellatopoi, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto rilevò che il G. contratto de quo prevedeva la concessione di un mutuo per l'esecuzione dell'opera la cui progettazione era stata affidata al Ceciarini, in assenza del quale nessun compenso era previsto per quest'ultimo, e ne dedusse che ai fini di causa il Comune era tenuto alla richiesta del detto mutuo e ciò, com'era pacifico, era stato fatto, sicché l'ente territoriale aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone adempiuto agli obblighi derivanti dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di contratto, non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto essendo obbligato in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione forza del contratto con stesso ad ulteriori comportamenti. Pertanto, ad avviso della Corte fiorentina, dichiarato nullo il D.lodo per errore di diritto, osservava cheandava altresì dichiarato che nulla era dovuto al Ceciarini dal Comune medesimo, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminaterestando assorbita ogni altra domanda proposta dalle parti. Avverso l'indicata tale sentenza della Corte di Appello di Torino ring. Ceciarini ha proposto ricorso per cassazione Cassazione, affidato a tre motivi illustrati con due memorie. Il Comune di Isola del Giglio ha resistito con controricorso. La prima sezione civile di questa Corte, cui il M.ricorso era stato assegnato, con ordinanza depositata il 5 giugno 2004 ha rilevato che, con il primo motivo del ricorso stesso, si poneva la questione della validità della clausola - apposta alla convenzione con la quale il Comune affida ad un privato l'attività professionale di progettazione di un'opera pubblica - che subordina il diritto al compenso all'ottenimento del finanziamento dell'opera progettata. Ha osservato, quindi, che risulta articolato su due motivitale questione sussiste un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, perché in alcune sentenze si è affermato che il principio d'inderogabilità delle tariffe professionali (operante anche con riguardo alle prestazioni rese da ingegneri ed architetti allo Stato e agli altri enti pubblici, nei limiti indicati dall'art. 4, comma 12 xxx, xxx x.x. x. 00 del 1989, introdotto dalla legge di conversione n. 155 del 1989) attiene al momento di liquidazione del compenso, ma non esclude che il professionista possa validamente sottoporre il suo diritto a riscuotere il compenso stesso a termine o a condizione, o anche a prestare la propria opera gratuitamente per i motivi più vari, che possono essere ispirati da mera liberalità ovvero da considerazioni di ordine sociale o di convenienza o, ancora, da prospettive di opportunità in relazione a personali ed indiretti vantaggi. Mentre nella sentenza n. 7538 del 2002 si è deciso che deve essere ritenuta nulla la clausola, contenuta in un capitolato, la quale condizioni il pagamento del compenso a finanziamenti futuri e incerti, ancorchè l'ente pubblico abbia ricevuto l'intera prestazione professionale, in quanto in contrasto con la causa normalmente onerosa della prestazione. In presenza di tale contrasto l'ordinanza ha resistito ilravvisato l'opportunità di rimettere gli atti al Primo Presidente per eventuale assegnazione del ricorso alle sezioni unite, considerato anche che era già all'esame di queste la questione (ritenuta connessa) concernente la validità dell'atto negoziale di conferimento dell'incarico al professionista nell'ipotesi in cui la relativa delibera dell'ente territoriale sia priva della previsione di spesa, in violazione dell'art. 284 del r. d. 3 marzo 1934, n. 383 (relativamente a fattispecie contrattuali realizzate nel vigore di detta normativa). Il ricorso, quindi, è stato assegnato alle sezioni unite di questa Corte ed è stato chiamato all'udienza di discussione.
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Samples: Contratto Di Progettazione
Svolgimento del processo. Con atto Su ricorso di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxBanca X S.p.A. - Divisione P., dinanzi con decreto n. 22969/2007 del 29.6.2006, il tribunale di Milano ha ingiunto a G.M. il pagamento dell'importo di ? 3.450,01 oltre interessi e spese quale residuo debito di un finanziamento di £. 5.000.000 erogato nel giugno del 2000. L'ingiunta M. ha proposto rituale opposizione chiedendo la revoca del decreto ed il rigetto di ogni domanda; ha esposto di aver sottoscritto nel giugno 2000 due contratti di credito al Tribunale consumo (uno con Banca X, uno con L. S.p.A., con la quale aveva poi trovato una transazione avanti al giudice di Albapace) ciascuno dell'importo di £. 5.000.000, M.G. per un trattamento estetico in otto sedute che aveva prenotato presso il centro estetico di P. S.r.l.; poiché il centro aveva in seguito chiuso e premesso la società era stata dichiarata fallita senza aver fornito alcuna prestazione, l'opponente ne ha dedotto lo scioglimento del contratto di svolgere l'attività trattamento estetico e la risoluzione di antiquariodiritto anche del collegato contratto di finanziamento, esponeva quale mutuo di scopo. In via riconvenzionale ha chiesto la condanna di controparte alla restituzione dell'importo di ? 1.062, pari alle rate già corrisposte alla finanziaria prima del fallimento del centro estetico. Ha eccepito l'insussistenza dei presupposti di legge per l'emissione del decreto ingiuntivo, in quanto il documento prodotto dall'istante non aveva i requisiti (attestazione di conformità da parte di un dirigente, nel caso non identificato) richiesti dall'art. 50 TUB; P. non avrebbe neppure mai erogato al centro estetico la somma di cui ora chiede la restituzione. Alla prima udienza nessuno è comparso per l'opposta e Banca X è stata dichiarata contumace; su richiesta della difesa attrice le è stato concesso termine ex art. 183, 6° comma, n. 2 c.p.c.. Nel predetto termine si è costituita Banca X S.p.A. chiedendo il rigetto dell'opposizione e, in ogni caso, la condanna dell'opponente al pagamento della somma portata dal decreto. Ha affermato la regolarità dell'estratto prodotto in sede monitoria, e nel merito ha negato l'automatica risoluzione del contratto concluso con il centro estetico per effetto del fallimento dello stesso (in quanto compravendita di servizi e non appalto) e ha contestato la sussistenza di prova dell'inadempimento di P.; il contratto azionato non sarebbe mutuo di scopo, bensì credito al consumo, in subordine sarebbe qualificabile come mutuo di scopo volontario, laddove il testo contrattuale, all'art. 15, esclude un collegamento causale tra acquisto del trattamento estetico e finanziamento da parte di P.; la somma mutuata era stata trasferita alla P. in forza di mandato irrevocabile sottoscritto dalla M.. Il g.i., rilevato che la tardiva costituzione costituiva violazione del diritto di difesa dell'opponente (che si vedeva precluse le attività di cui all'art. 183, 6° comma, n. 1), ha rimesso in termini entrambe le parti per il deposito delle memorie di cui all'art. 183, 6° comma, c.p.c.. All'esito di tali memorie, il g.i. ha ritenuto la causa matura per la decisione senz'altra istruttoria. Precisate le conclusioni nei primi mesi termini riportati in epigrafe, il giudice ha riservato la decisione ex art. 281-quinquies all'esito del 1998 deposito delle memorie conclusive ex art. 190 c.p.c.. 1.- L'opposta si è costituita tardivamente, e la rimessione in termini di cui al provvedimento 8.1.2008 del g.i. riguarda solo i termini di cui all'art. 183, 6° comma, c.p.c. mentre deve ritenersi maturata la decadenza di cui all'art. 167 c.p.c.. Ne consegue, come ribadito dall'opponente, che Banca X è decaduta dal potere di proporre domande riconvenzionali. Questo tuttavia non comporta inammissibilità della domanda, diversa dal mero rigetto dell'opposizione, proposta dall'opposta. L'opposizione apre infatti un giudizio di cognizione piena sulla pretesa azionata dal ricorrente in monitorio, e costituendosi tardivamente Banca X non ha fatto altro che chiedere il pagamento che aveva ricevuto chiesto con il ricorso per ingiunzione. La richiesta "in ogni caso" di "condannare la sig.ra G.M. al pagamento in favore di Banca X S.p.A. della somma di ? 3.450,01 oltre interessi convenzionali di mora a decorrere dal 23.2.2007 fino al saldo" non costituisce una nuova domanda riconvenzionale (in quanto non ampia il thema decidendum né il thema probandum), ma è la stessa pretesa di cui al ricorso per ingiunzione. L'atto di opposizione contesta l'efficacia probatoria dell'estratto conto vendita posto da P. a corredo del ricorso in monitorio, osservando che il documento prodotto non può ritenersi estratto conto ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. 1.9.1993, n. 385 (TUB), non essendo stato sottoscritto da un cliente un dipinto dirigente della banca. Il rilievo è fondato; l'art. 50 del TUB permette alle banche di ottenere decreto ingiuntivo "anche in base all'estratto conto certificato conforme alle scritture contabili da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.uno dei dirigenti della banca interessata, il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva deve anche dichiarare che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto credito è vero e liquido". Il legislatore ha cioè riconosciuto efficacia probatoria, nell'ambito del procedimento sommario, a una dichiarazione unilaterale dell'istituto di credito, purché sottoscritta da un anonimo interlocutore, dirigente che qualificatosi come antiquario si assume la responsabilità di tale dichiarazione. Nel caso in esame il documento prodotto in monitorio non è sottoscritto da alcun dirigente dell'opposta; vi compare solo una sigla illeggibile sotto la dicitura "Banca X S.p.A. Divisione P. - Gestione Contenzioso". L'impersonalità della (OMISSIS), gli comunicava dicitura e quindi l'impossibilità di avere visionato identificare il quadro trafugato in alcuni locali firmatario e la sua qualifica - elemento essenziale secondo la previsione legislativa escludono che il documento prodotto abbia i requisiti di proprietà di M.G. in (OMISSIS)cui all'art. 50 cit. 2.- Ciò tuttavia, per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava quanto prima rilevato, non impedisce all'opposta, in questo giudizio di possedere opposizione, di provare in altro modo la fondatezza del suo credito. In proposito l'opposta evidenzia il quadrocontratto di finanziamento sottoscritto dalla M. in data 28.6.2000 (doc. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.2 monitorio, con la partecipazione quale l'opponente ha dato mandato irrevocabile alla banca di un mediatore corrispondere direttamente alla convenzionata P. l'importo di cui al finanziamento, ossia £. 5.000.000) e l'estratto del conto corrente intestato alla P. da cui risulta, in data 30.6.2000 con valuta 28.6.2000, l'accredito mediante bonifico dell'importo di £. 5.000.000 in relazione a M. (tale Xx.Xx.doc. 3 opposta). L'avvenuta erogazione del finanziamento, con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente la M. aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D.messo in dubbio, venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (può ritenersi provata e non inammissibile ex artè più contestata, anzi è affermata nelle difese conclusiva dell'opponente (comparsa conclusionale pag. 346 c.p.c8, memoria di replica pag. perchè solo meglio specificata in secondo grado3), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il.
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Samples: Contratti Di Credito
Svolgimento del processo. I coniugi F.G. e S.R. convenivano in giudizio la BCI (Banca Commerciale Italiana) per ottenere l'accertamento dell'inefficacia delle iscrizioni ipotecarie accese dall'istituto di credito sui beni costituiti da essi coniugi in fondo patrimoniale con atto del 20/4/1990. La BCI, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda deducendo che la costituzione del fondo patrimoniale era inopponibile ad essa banca essendo stata annotata a margine dell'atto di matrimonio, ex art. 162 c.c., in data successiva all'iscrizione ipotecaria. Gli attori chiedevano ed ottenevano di chiamare in causa il Comune di Xxxxxx Superiore in quanto responsabile della mancata annotazione pur avendo il notaio rogante notificato l'atto costitutivo del fondo in data 4/5/1990. Il Comune si costituiva chiedendo il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti. Con sentenza 486/00 l'adito tribunale di Xxxxxx Inferiore rigettava la domanda nei confronti della BCI poiché l'atto costitutivo del fondo patrimoniale non era stato annotato a margine dell'atto di matrimonio come prescritto dall'art. 162 c.c. ed essendo irrilevante la conoscenza dello stesso altrimenti (per effetto delle trascrizioni) conseguita dal terzo. Il tribunale dichiarava poi inammissibile la chiamata in causa del Comune in quanto non richiesta alla prima udienza. Avverso la detta decisione i coniugi F.- S. proponevano appello al quale resistevano la BCI ed il Comune di Xxxxxx Superiore. Con sentenza 12/3/2003 la corte di appello di Salerno rigettava il gravame osservando per quel che ancora rileva in questa sede: che, con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxnotarile del 20/4/1990, dinanzi al Tribunale di AlbaS.R., M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquariocon l'assenso del marito, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto costituito in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000fondo patrimoniale ex art. 162 c.c., per il quale aveva raggiunto un accordo per far fronte ai bisogni della famiglia, alcuni beni immobili mantenendone la vendita con tale xxx.xx P. A.proprietà; che l'atto, pattuendo il prezzo trascritto presso la Conservatoria dei RR.II. di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personaSalerno in data 26/4/1990, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava era stato notificato dal notaio rogante all'ufficio dello stato civile di Xxxxxx Superiore in data 4/5/1990 ed era stato poi annotato a titolo margine dell'atto di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene matrimonio in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della data (OMISSIS); che, emessi due decreti ingiuntivi a carico dei coniugi F.- S. e a favore della BCI, quest'ultima aveva iscritto ipoteca giudiziale anche sui beni costituiti in fondo patrimoniale; che gli comunicava appellanti avevano reiterato la domanda di avere visionato inefficacia dell'iscrizione ipotecaria sui beni della S. costituenti il quadro trafugato fondo patrimoniale sostenendo la prevalenza della trascrizione dell'atto di costituzione pur se non annotato a margine dell'atto di matrimonio; che il gravame era infondato alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità e di merito, con il conforto anche della Corte Costituzionale; che tutti i rilievi al riguardo svolti dagli appellanti trovavano puntuale risposta nel detto orientamento giurisprudenziale; che la stipulazione del fondo patrimoniale, essendo una tipica convenzione matrimoniale, doveva essere annotata ex art. 162 c.c., ad istanza del notaio rogante, a margine dell'atto di matrimonio dei coniugi in alcuni locali favore dei quali il fondo era stato costituito; che detta convenzione era soggetta al terzo comma del citato articolo che condizionava l'opponibilità ai terzi alla annotazione del relativo contratto a margine dell'atto di proprietà di M.G. in (OMISSIS)matrimonio; che la trascrizione, per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadropure prevista dall'art. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p2647 c.c., per effetto dell'abrogazione dell'u.c. di tale art., doveva intendersi degradata a mera pubblicità notizia del vincolo inidonea ad assicurare la detta opponibilità derivante solo dall'annotazione a margine dell'atto di matrimonio; che pertanto, avendo la BCI iscritto ipoteca sui beni immobili della S. quando non era stata ancora annotata a margine dell'atto di matrimonio la convenzione costitutiva del fondo patrimoniale, il vincolo di destinazione non era opponibile alla creditrice pur essendo stata trascritta la convenzione nei RR.II. di Salerno; che la domanda di risarcimento non poteva trovare accoglimento alla cuce dei principi di correttezza e buona fede in quanto, non essendo la costituzione del fondo patrimoniale opponibile per legge al creditore, l'iscrizione ipotecaria non poteva costituire comportamento valutabile alla stregua dei detti principi; che non potevano essere accolti i motivi di gravame relativi alla pretesa responsabilità del Comune per la tardiva annotazione della convenzione a margine dell'atto di matrimonio agendo il Sindaco, nell'esercizio della funzione di tenuta dei registri dello stato civile, quale organo dello Stato con conseguente legittimazione passiva di questo nella controversia in esame. La cassazione della sentenza della corte di appello di Salerno è stata chiesta dai coniugi F.- S. con ricorso affidato a quattro motivi. Con il primo motivo di ricorso i citati coniugi denunciano violazione degli artt. 167 e 162 c.c., nonché vizi di motivazione, deducendo che la costituzione di fondo patrimoniale in questione riguarda solo immobili di proprietà esclusiva di essa S.R. e che essi coniugi avevano già in precedenza optato per il regime patrimoniale di separazione dei beni. Pertanto - a prescindere dalle impostazioni teoriche che escludono dal novero delle convenzioni matrimoniali il negozio costitutivo del fondo patrimoniale - difetta nella specie la natura di "convenzione matrimoniale" trattandosi di atto unilaterale di uno solo dei coniugi relativo a beni di sua esclusiva proprietà. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 2647, 2685, 1175 e 1375 c.c., nonché del rapporto tra i primi due articoli con gli artt. 162 e 167 c.c., sostenendo che è errata la ricostruzione operata dalla corte di appello in ordine ai rapporti intercorrenti tra la trascrizione nei registri immobiliari e l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio ai fini dell'opponibilità ai terzi dell'atto di costituzione di beni immobili in fondo patrimoniale. Ad avviso dei coniugi F.- S. "le due forme di pubblicità conservano una natura complementare avendo un diverso campo di applicazione: l'annotazione a margine dell'atto di matrimonio ha ad oggetto il regime patrimoniale diverso da quello della comunione legale oppure la modifica del regime scelto al matrimonio ........; la trascrizione di cui l'attore chiedeva all'art. 2647 c.c. è invece necessaria al GIP fine di rendere opponibile ai terzi l'atto costitutivo del fondo patrimoniale avente ad oggetto beni immobili". L'annotazione di cui all'art. 162 c.c. ha quindi la finalità di rendere conoscibili l'esistenza ed il dissequestro contenuto del quadrofondo patrimoniale, richiesta chementre la trascrizione di cui all'art. 2647 c.c. assolve la funzione dichiarativa generale svolta da detto istituto. Inoltre, unitamente pur qualificando la pubblicità della iscrizione come mera "pubblicità notizia", ha errato la corte di appello nel non censurare il comportamento della banca che - conoscendo la finalizzazione del patrimonio alla realizzazione degli interessi della famiglia evincibile dalla trascrizione dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale - in violazione dei principi di buona fede e correttezza, oltre che di normale prudenza, ha fatto gravare sui beni immobili iscrizione ipotecaria rendendo in tal modo gli stessi inutilizzabili per i bisogni della famiglia. La banca era a quella presentata dal M.conoscenza non solo del vincolo di destinazione sui beni, veniva respinta ma anche della origine del credito azionato non generato per gli interessi della famiglia. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell'art. 170 c.c. e vizi di motivazione rilevando che il credito posto a base dei decreti ingiuntivi e della iscrizione ipotecaria è successivo alla costituzione del fondo patrimoniale e riguarda rapporti tra la banca e società (garantita da obbligazione fideiussoria assunta da essi coniugi) instaurati per scopi estranei ai bisogni della famiglia, con conseguente impossibilità di agire su beni immobili vincolati ai detti bisogni. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione del X.X. 0 luglio 1939, n. 1238, art. 1, anche in relazione all'art. 2043 c.c., lamentando l'errore commesso dalla corte di appello nell'aver escluso la legittimazione passiva del Sindaco. Deducono i ricorrenti che nella specie è evidente il cattivo funzionamento dell'intera struttura organizzativa del Comune di Xxxxxx Superiore i cui uffici avevano impiegato circa sei anni ad annotare a margine dell'atto di matrimonio l'atto di costituzione del fondo patrimoniale in questione. Pertanto il Sindaco, pur agendo in veste di ufficiale di Governo quale organo dello Stato, anche nel servizio dello stato civile è titolare di una competenza funzionale propria con obbligo di organizzare i servizi nella maniera più efficiente e in modo tale da non arrecare danni a terzi. La s.p.a. Intesa Gestione Crediti (subentrata a seguito di fusione in tutti i rapporti giuridici della Banca Commerciale Italiana) e il Comune di Xxxxxx Superiore hanno resistito con separati controricorsi. La seconda sezione civile di questa Corte, con ordinanza 27/10/2008 n. 25857, rilevato che i primi due motivi di ricorso investivano una questione di particolare importanza, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle sezioni unite in base alle considerazioni svolte in detta ordinanza. Il Primo Presidente ha quindi disposto l'assegnazione del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversiaricorso alle sezioni unite. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale XxI ricorrenti hanno depositato memoria.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il
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Samples: Patto Di Prelazione
Svolgimento del processo. Con atto di citazione ricorso regolarmente notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx_ conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso Bergamo in funzione di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi giudice del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzialavoro, la Procura s.r.l. per sentirla condannare al pagam🞋nto della Repubblica somma di€ 26.024,28, tutto oltre interessi legali e rivalutazione. A fondamento di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del proftale pretesa la ricorrente esponeva di aver lavorato alle dipendenze della convenuta dal 19.9.2019 al 30.11.2020 in forza di contratto di "collaborazione coordinata e continuativa" con l'incarico di procurare nuovi clienti di telefonia. A., studioso d'arte; il Tribunale La riferiva di Alba - Sez. distaccata aver lavorato sei giorni alla settimana presso lo stand allestito nel centro commerciale di Bra condannava P. L. per i reati (e più sporadicament🞋 in quelli di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con orario dalle 9.00 alle 17.00, dal lunedi al venerdi, e dalle 9.00 alle 20.00 il pagamento di L. 30.000.000sabato e la dom🞋nica, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie turni e di indizi gravidirettive assegnati dal responsabile della società. La ricorrente aggiungeva di essere stata obbligata a saltare la pausa qualora non avesse concluso alcun contratto ed a rispettare i turni ed i luoghi di lavoro indicati dalla società tramite whatsapp. La rivendicava in base all'art. 2 d.lgs. 81/15 l'applicazione deJla disciplina del rapporto di lavoro subordinato con le CODS(�guenti differenze retributive. Rassegnava le sopra precisate conclusioni. La s. r.1., precisi regolarmente citata, si costitutiva in g zio, resistendo alla domanda e concordanti (comportamento di cui chiedeva il rigetto domanda riconvenzionale. all'art. 2' xxx.xx 1, d.1gs. 81/15, sottoscritto richiamato 30.7.2015. dell'l.8.2O13, accordo del M. La convenuta, nel chiarire che ogni comunicazione andava inserita nell'ambito di un mero confronto tra cornmittentr? e collaboratore, contestava l'orario di lavoro indicato dalla ricorrente, dando atto che xxxxxx aveva cessato la collaborazione alla data del 5.7.2020, senza rendere il dovuto preavviso, cosa che era stata fonte di danni, quantificati in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D.€ 10.000,00, venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (alla somma corrisposta per la custodia) locazione dello stand nel mesi di luglio ed ex mandatu (perchè ricevuto agosto 2020. ' l'operatore illegittima , pratica dall'operatore considerata telefonico. Concludeva pertanto per il rigetto del ricorso e, in conto vendita)via riconvenzionale, corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza condanna della ricorrente al pagamento della somma di€ 10.000,00. La causa, istruita documentalmente e testimonialmente, viene decisa con sentenza all'odierna udienza all'esito del dipintoprocedimento di trattazione seritta di cui all'art. 221, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa gravecomma 4, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilL. 77/20.
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Svolgimento del processo. Con atto Il Banco di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxSicilia Spa - sulla premessa che i coniugi Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx e Xxxxx Xxxxxxx avevano chiesto ed ottenuto, dinanzi al negli anni 1988 e 1989, due concessioni di credito (qualificate come “prestiti fiduciari”), tacendo che il Ronsisvalle era stato dichiarato fallito con sentenza del Tribunale di AlbaSiracusa del 7 luglio 1981; e che successivamente la banca istante era stata convenuta in giudizio dalla curatela fallimentare per la dichiarazione di inefficacia, M.G. ex articolo 44 legge fallimentare, dei pagamenti eseguiti dal Ronsisvalle in relazione ai predetti prestiti – otteneva dal Presidente del Tribunale di Catania un sequestro conservativo in danno dalla Colombo fino alla concorrenza della somma di lire 12.000.000. La misura cautelare, disposta con decreto del 14 gennaio 1991, veniva eseguita lo stesso giorno mediante trascrizione su un immobile sito in Paternò. Il Banco di Sicilia instaurava quindi il giudizio per la convalida del sequestro e premesso la condanna della Colombo al risarcimento dei danni per quanto la banca attrice avesse dovuto eventualmente restituire alla curatela fallimentare; giudizio nel quale la convenuta si costituiva, contestando la fondatezza della domanda. In corso di svolgere l'attività causa, il Banco di antiquarioSicilia veniva condannato dal Tribunale di Siracusa, esponeva con sentenza dell’8 novembre 1993, passata poi in giudicato, al pagamento in favore del fallimento Ronsisvalle della somma di lire 5.000.000, oltre interesse della domanda, nonché al rimborso delle spese giudiziali, liquidate in lire 2.000.000. Il Tribunale di Catania, con sentenza del 5 maggio 1998, rigettava tuttavia la domanda risarcitoria della banca, revocando conseguentemente il sequestro conservativo. I primi giudici ritenevano insussistente, nel caso di specie, la violazione dell’articolo 95 della legge bancaria del 1938 (Dl 75/1936, convertito in legge 141/38, e successive modificazioni), denunciata dal Banco di Sicilia, rilevando come detta disposizione, nel sottoporre a pena i fatti cosiddetti mendacio bancario, facesse riferimento a comportamenti di tipi esclusivamente commissivo e attenesse, altresì, alle sole concessioni di credito a favore di aziende. Osservava inoltre il Tribunale che non v’era neppure prova che la Colombo, all’atto della richiesta, fosse stata a conoscenza dell’avvenuta dichiarazione di fallimento del marito. Avverso la decisione proponeva appello il Banco di Sicilia. Nel giudizio di appello si costituivano, chiedendo il rigetto del gravame, Xxxxxxxx e Rosa Xxxxxxx Xxxxxxxxxxx, quali figli ed eredi legittimi della Colombo, deceduta già nel corso del giudizio di primo grado (il 18 settembre 1997), senza peraltro che tale vento interruttivo fosse stato dichiarato dal suo difensore. A seguito di ordine di integrazione del contraddittorio nei primi mesi confronti degli altri figli ed eredi legittimi della Colombo, la banca appellante chiamava nel processo anche Rosario ed Xxxxx Xxxxxxxxxxx, i quali rimanevano contumaci. Con sentenza del 1998 6 aprile 2002, in parziale accoglimento del gravame, la Corte d’appello di Catania condannava i Ronsisvalle, ciascuno pro quota ereditaria, al pagamento in favore del Banco di Sicilia della somma di euro 6.861,13, oltre interessi legali. La Corte territoriale rilevava che la banca appellante aveva ricevuto bensì dedotto, in conto vendita prime cure, che la condotta della Colombo – consistita nell’aver dolosamente taciuto l’avvenuto fallimento del marito al fine di ottenere concessioni di credito – comportava, “tra l’altro”, la violazione dell’articolo 95 della legge bancaria del 1938, ma che da ciò non poteva affatto desumersi che essa avesse inteso fondare unicamente su detta norma penale la propria pretesa risarcitoria. Quest’ultima poteva essere, di contro, agevolmente ricondotta – così come sostenuto nell’atto di appello – alla generale previsione in tema di illecito civile di cui all’articolo 2043 Cc, con operazione di semplice qualificazione giuridica della domanda che escludeva la configurabilità della preclusione ex articolo 345 Cpc, eccepita dagli appellati. A prescindere, pertanto, dal rilievo che gli argomenti in base ai quali il Tribunale aveva escluso la violazione del citato articolo 95 della legge bancaria del 1938 non potevano essere condivisi – dato che,per un cliente un dipinto da attribuirsi verso, la denunciata omissione della Colombo si era inserita in una condotta sostanzialmente commissiva, consistente nell’esporre alla banca una situazione personale e familiare non rispondente al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000vero; e, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunziaaltro verso, la Procura della Repubblica norma incriminatrice in parola non riguarderebbe la sola concessione di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestrocredito ad azienda (come potrebbe desumersi dalla formula alternativa “per sé o per le aziende che amministra”, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva ivi contenuta) – la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto risarcitoria risultava comunque meritevole di accoglimento in questionebase al citato generale precetto dell’articolo 2043 Cc, attualmente essendosi in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base presenza di una serie condotta dolosa causativa di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.ingiusto pregiudizio. Al riguardo, la Corte di Appello merito rilevava, infatti, come la conoscenza da parte della Colombo dell’avvenuta dichiarazione di Torinofallimento del marito – che il Tribunale aveva ritenuto non provata – non fosse stata, nella resistenza dell'appellatoin realtà, accoglieva l'appello mai contestata dalla convenuta, risultando quindi sostanzialmente incontroversa, e comunque desumibile in totale riforma via presuntiva a fronte della quotidiana comunanza di vita tra i coniugi. La Corte d’appello escludeva, per contro, che potesse trovare accoglimento la domanda di convalida dell’eseguito sequestro conservativo, trattandosi di misura cautelare che, in quanto autorizzata anteriormente all’entrata in vigore del Dl 571/94 convertito in legge 673/94, aveva perduto efficacia in forza dell’articolo 4 comma 5 del citato Dl stante la dichiarata inesistenza, ad opera della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto diritto a cautela del quale essa era stata concessa, senza che a diversa conclusione potesse pervenirsi in contesaragione del fatto che l’efficacia esecutiva di tale sentenza era stata sospesa in limine del giudizio di appello con ordinanza presidenziale del 15 giugno 1988. A sostegno dell'adottata sentenzaDichiarata, quindi, l’inefficacia del sequestro, la corte Corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale condannava comunque i Ronsisvalle alle spese del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; doppio grado del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (giudizio “per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in parte concernente il merito”, escludendo – stante la marginalità della statuizione concernente la mancata convalida del sequestro e tenuto conto vendita)delle relative motivazioni – che sussistessero ragioni per un diverso regolamento delle spese stesse, corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma là dell’esclusione del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto rimborso di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatequelle correlabili alla predetta misura cautelare. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto la decisione proponeva ricorso per cassazione il M.Xxxxxxxx Xxxxxxxxxxx, che risulta articolato su due sulla base di quattro motivi, al quale ha resistito il.
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Samples: Dispensa Di Diritto Civile Parte I
Svolgimento del processo. Con 1.1 sig. L.G., con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 21 giugno 2001, citò in giudizio dinanzi al Tribunale di AlbaLecce la Banca Popolare Pugliese soc. coop. per az. (in prosieguo indicata come Banca Pugliese). Riferì di aver versato a detta banca, M.G. dopo la chiusura di alcuni rapporti di conto corrente con essa intrattenuti tra il 1995 od il 1998, un importo comprensivo di interessi computati ad un tasso extra Legale e premesso capitalizzati trimestralmente per l'intera durata dei menzionati rapporti. Chiese quindi che, previa declaratoria di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario nullità della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunziaclausola contrattuale inerente agli interessi sopra indicati, la Procura banca convenuta fosse condannata a restituire quanto indebitamente a questo titolo percepito. La Banca Pugliese si difese contestando la fondatezza della Repubblica pretesa dell'attore ed eccependo la prescrizione del diritto azionato. L'adito tribunale accolse in parte le domande del sig. L. e condannò la banca a restituirgli l'importo di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto Euro 113.571,08. Chiamata a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione pronunciarsi sui contrapposti gravami delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.parti, la Corte d'appello di. Lecce, con sentenza non definitiva resa pubblica il 19 febbraio 2009, accolse parzialmente la sola Impugnazione principale, in quanto ritenne che validamente fosse stata pattuita la corresponsione di Appello interessi ad un tasso extralegale. Confermò invece la declaratoria di Torinonullità della clausola di capitalizzazione trimestrale dei medesimi interessi, nella resistenza dell'appellatoescludendo d:i potervi validamente sostituire un meccanismo di capitalizzazione annuale, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava ribadì il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione rigetto dell'eccezione di difetto prescrizione con cui l'istituto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. credito aveva affermato inteso paralizzare l'azione di esserne il titolare per acquisto fattone ripetizione d'indebito proposta dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatecorrentista. Avverso l'indicata tale sentenza della Corte la Banca Pugliese ha avanzato ricorso per cassazione, prospettando due motivi di Appello di Torino censura. Il sig. X. si è difeso con xxxxxxxxxxxxx ed ha proposto un ricorso per cassazione il M.incidentale, che risulta articolato su in due motivimotivi ed illustrato poi anche con memoria, al quale la banca ha resistito ilreplicato, a propria volta, con un controricorso del pari illustrato da successiva memoria. La particolare importanza delle questioni sollevate ha indotto ad investirne le sezioni unite. All'esito della discussione in pubblica udienza il difensore della ricorrente ha presentato osservazioni scritte sulle conclusioni, del pubblico ministero.
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Samples: Contratto Di Conto Corrente
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi dell'8.5.2000 L.I. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di AlbaChiavari B.R., M.G. e per sentir accertare che con scrittura privata del 2 gennaio 1994 quest'ultima aveva concesso un diritto di prelazione in favore di essa attrice, in ordine all'eventuale vendita di un appartamento sito in Chiavari. Il tribunale, accogliendo l'eccezione proposta in via principale dalla convenuta B. che, costituitasi, aveva negato l'intenzione di procedere alla vendita del bene, respingeva la domanda attrice per difetto di interesse, con decisione che veniva impugnata dalla parte soccombente. Con successivo atto di citazione del 26.4.2001 la stessa B. R., dopo aver premesso di svolgere l'attività di antiquarioaver riscontrato all'esito del giudizio sopra richiamato l'avvenuta trascrizione della domanda della L. presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto conveniva a sua volta in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi giudizio quest'ultima davanti al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000medesimo tribunale, per il quale aveva raggiunto un accordo per sentir ordinare la vendita con tale xxx.xx P. A.cancellazione o l'annotazione di inefficacia della trascrizione della domanda giudiziale concernente l'accertamento del diritto di prelazione, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato non compresa in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati alcuno dei casi di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 2652 e 477 c.p2653 c.c., e sentirla quindi condannare al risarcimento del danno riconducibile all'illiceità della detta trascrizione. Il tribunale accoglieva la domanda, ordinando per cui l'attore chiedeva l'effetto la cancellazione della trascrizione e condannando la convenuta al GIP il dissequestro risarcimento del quadrodanno, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., da liquidare in separata sede. Tale decisione veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenutoimpugnata dalla L., che ne denunciava l'erroneità sotto un duplice aspetto, vale a dire per l'incompetenza funzionale del giudice adito in via riconvenzionale chiedeva quanto, vertendosi in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., come già inutilmente rilevato in primo grado la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.competenza si sarebbe radicata in capo allo stesso giudice della domanda asseritamente non trascrivibile; inoltre, con la partecipazione in quanto non vi sarebbe stata prova circa l'esistenza di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spesedanno risarcibile. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la La Corte di Appello di TorinoGenova confermava la sentenza di primo grado, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e escludendo in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesaparticolare che l'art. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 96 c.p.c. perchè solo meglio specificata individuasse sempre la competenza del giudice del merito della causa a disporre la cancellazione della illegittima trascrizione di una domanda giudiziale. Occorrerebbe invero distinguere, secondo il giudice del gravame, fra l'ipotesi della trascrizione della domanda non compresa in secondo grado)alcuno dei casi contemplati negli artt. 2652 e 2653 c.c. da quella in cui in astratto la domanda sarebbe stata suscettibile di trascrizione, traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto non essendo tuttavia nel concreto trascrivibile: nella prima ipotesi sarebbe infatti ravvisabile nell'avvenuta trascrizione un fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziarioillecito, il cui ristoro troverebbe titolo giuridico nell'art. 2043 c.c. mentre nel secondo, rispetto al quale la trascrizione della domanda non sarebbe stata consentita per l'infondatezza nel merito della pretesa fatta valere, troverebbe applicazione l'art. 96 c.p.c.. Nella specie sarebbe poi certa la non trascrivibilità del patto di prelazione e, conseguentemente, della domanda finalizzata all'accertamento della relativa sussistenza, così come sarebbe altrettanto certa la configurabilità dell'elemento della colpa nel comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D.L., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, atteso che andavano rideterminateavrebbe eseguito una trascrizione "contra legem". Avverso l'indicata la detta sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto L.I. proponeva ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due affidato a cinque motivi, al quale ha resistito ilcui resisteva la B. con controricorso. All'udienza del 19.11.2009, fissata per la trattazione della controversia, questa Corte emetteva ordinanza interlocutoria di rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, avendo ravvisato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità relativamente all'ambito di applicazione dell'art. 96 c.p.c. ed alla linea di demarcazione fra la sfera di operatività di detta norma e quella dell'art. 2043 c.c. in tema di responsabilità per danni da trascrizione illegittima. Le parti depositavano quindi memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. e la causa veniva infine decisa all'esito dell'udienza pubblica dell'1.2.2011.
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Samples: Patto Di Prelazione
Svolgimento del processo. Con atto La Corte d'Appello di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxPalermo, dinanzi al Tribunale confermando la pronuncia di Albaprimo grado, M.G. ha rigettato l'opposizione all'esecuzione proposta da P.S. e premesso C.M., sul rilievo di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva non aver mai ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo somma di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava 180.000.000 concessa dal Banco di Sicilia a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette sommemutuo, l'attore responsabile del bene in quanto custodetale importo era stato impiegato per il pagamento di esposizioni debitorie relative, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva proprio figlio P.F.. Ritenevano pertanto gli opponenti che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto mutuo fosse simulato e celasse un patto commissorio. Il contratto di mutuo era stato risolto dall'istituto bancario. Era seguito il precetto ed il pignoramento non solo dell'immobile ipotecato a garanzia del mutuo sopradescritto ma anche di altri 10 immobili, ben oltre l'ammontare del debito. Gli opponenti chiedevano pertanto che fosse accertata la nullità del mutuo perchè celava un patto commissorio; per contrasto con norme imperative, per usurarietà e per impossibilità sopravvenuta. Si chiedeva anche la riduzione delle ipoteche e la restrizione delle ipoteche, oltre al risarcimento dei danni. Venivano evocati nel giudizio oppositivo anche i creditori intervenuti BNL (Banca nazionale del Lavoro) e il Monte Paschi di Siena. Secondo gli opponenti, il credito BNL era inesistente perchè dovuto all'incapacità di gestione e recupero di garanzia assicurativa e l'altro doveva essere rideterminato perchè assistito dalla garanzia del fondo Interbancario. La Corte territoriale a sostegno del rigetto ha affermato: In ordine all'esclusione della legittimazione passiva della BNL e del Monte dei Paschi, stabilita dal Tribunale, la statuizione era condivisibile. Per quanto riguarda BNL non erano state indicate dall'interveniente le ragioni a sostegno del motivo di gravame. Inoltre nel giudizio di opposizione all'esecuzione sono legittimati soltanto il soggetto che ha proceduto al pignoramento e i creditori intervenuti che non solo siano muniti di titolo esecutivo ma abbiano anche compiuto atti del procedimento. Tale caratteristica non si poteva rinvenire in BNL. Quanto al Monte Paschi di Siena la censura doveva ritenersi inammissibile, non essendo stato addotto alcun argomento a sostegno della dedotta legittimazione passiva. In ordine alla dedotta simulazione del contratto di mutuo fondiario, viene rilevato che la somma erogata a mutuo era stata accreditata sul conto corrente di P.S. che ne aveva rilasciato quietanza mentre la riconduzione del medesimo ad un finanziamento ordinario garantito da un anonimo interlocutoreipoteca con importo impiegato esclusivamente per le esposizioni debitorie del figlio, era rimasta sfornita di prova. La richiesta di consulenza tecnica d'ufficio aveva carattere del tutto esplorativo. Peraltro la giurisprudenza di legittimità ha escluso che qualificatosi come antiquario della il mutuo fondiario abbia natura di mutuo di scopo non essendo necessario indicare la destinazione del credito. Neanche la mancata utilizzazione per il miglioramento fondiario determina in sè la nullità del contratto. In ordine alla violazione del divieto di patto commissorio non sussiste prova dell'accordo illecito (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore accettando preventivamente il quadro trafugato in alcuni locali trasferimento di proprietà di M.G. un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito). Peraltro i mutuatari non erano impossidenti ma proprietari di svariati immobili. In ordine all'impossibilità sopravvenuta non risulta provato che la somma data a mutuo non sia stata messa nella disponibilità dei mutuatari così impedendone la restituzione. La risoluzione era stata determinata in (OMISSIS)ossequio alle prescrizioni contrattuali per il mancato pagamento e non solo per il ritardo di due ratei. Non si era provveduto ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 39, perchè oltre all'estinzione della quinta parte del debito è necessario, per cui lo contattava immediatamente la riduzione proporzionale della somma iscritta e questi gli confermava la parziale liberazione dei beni ipotecati, che i rimanenti beni siano sufficienti alla garanzia. La censura relativa all'usurarietà dei tassi d'interesse è stata ritenuta generica in quanto non vengono esposte le ragioni in base alle quali il giudice di possedere primo grado avrebbe errato. Peraltro, l'applicabilità della L. n. 108 del 1996, doveva limitarsi alla parte di mutuo in esecuzione dopo la sua entrata in vigore (il quadromutuo è stato risolto nell'agosto 2000). Presentata denunziaIn ordine agli interessi anatocistici, la Procura nullità riguarda solo i mutui ordinari. La partecipazione dei successori a titolo particolare Calliope e Island Financing è avvenuta regolarmente con procura valida ed efficace, tenuto conto che le due intervenienti si sono limitate a richiedere il rigetto del gravame. Infine devono ritenersi validi gli atti compiuti dal procuratore del Banco di Sicilia in quanto titolare del credito formante oggetto della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che procedura esecutiva in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatecontestazione. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha P.S. e C.M.. Hanno resistito ilcon autonomi controricorsi Unicredit Credit Managment Bank S.P.A.; Island Refinancing s.r.l. e Calliope S.R.L. Sono state depositate memorie dai ricorrenti e da Di do Bank (già Unicredit Managment Bank s.p.a.).
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Samples: Mutuo Fondiario
Svolgimento del processo. Firmato Da: XXXXX XXXXXXX Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: f7a35b2dd096cf1808fb9acd5188fb4 Con atto di citazione ritualmente notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 9.1.2018, P.M.C. S.r.l. in liquidazione conveniva Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. dinanzi al Tribunale di AlbaSiena; esponeva di avere intrattenuto con Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., M.G. e premesso a partire dal 29.3.2007, un rapporto di svolgere l'attività apertura di antiquariocredito sul conto corrente n. 2611.96, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto sulla base di un contratto da essa mai sottoscritto; lamentava la nullità di tale contratto per l’applicazione di interessi anatocistici in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento violazione della legge 27 dicembre 2013 n. 147, la nullità della clausola sulla commissione di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000massimo scoperto, per indeterminatezza dell’oggetto, stante la mera indicazione della percentuale, e per difetto di causa, nonché la nullità della clausola di commissione di massimo scoperto ai sensi del D.L. 185/2008, della clausola “commissione sull’affidamento” e della commissione di istruttoria veloce, la nullità del corrispettivo per disponibilità creditizia e indennità di sconfinamento e delle spese, l’applicazione dello ius variandi in senso peggiorativo per il quale aveva raggiunto un accordo per correntista, la vendita con tale xxx.xx P. A.non debenza delle competenze sui saldi calcolati extrafido e la mancata indicazione del TAEG; chiedeva il risarcimento dei danni patiti. Per tutte queste ragioni, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personal’attrice P.M.C. S.r.l. in liquidazione così concludeva: “Voglia l’Xxx.xx Tribunale adito, tale P.L., qualificatosi come P.M. respinta ogni contraria eccezione: - Accertare e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava dichiarare l’invalidità a titolo di acconto due assegni dell'importo nullità parziale del contratto di L. 15.000.000 ciascunocui in narrativa in relazione alle clausole sulla capitalizzazione degli interessi poiché in violazione della 27 dicembre 2013 n. 147 (Legge di stabilità 2014) si è previsto al comma 629, all’applicazione della provvigione di massimo scoperto per € all’applicazione della Commissione extrafido, della commissione sull’affidamento ex d.l. 185/08 convertito dalla l. 2/2009, corrispettivo per disponibilità creditizia e Firmato Da: XXXXX XXXXXXX Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: f7a35b2dd096cf1808fb9acd5188fb4 La convenuta Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. si costituiva il 23.4.2018 in vista dell’udienza di prima comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c. indicata in atto di citazione per il 15.5.2018 contestando la domanda attorea; verificata in particolare, evidenziava la non esigibilità genericità dell’atto di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunziacitazione, la Procura mancanza di prova delle lamentate nullità e la mancanza della Repubblica documentazione contrattuale; sosteneva che l’anatocismo era valido successivamente alla delibera CICR 9.2.2000 e che anche la commissione di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestromassimo scoperto e le altre commissioni erano valide; contestava la fondatezza della domanda risarcitoria. Per tutte queste ragioni, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; la convenuta Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. così concludeva: “affinché il Tribunale di Alba - SezSiena voglia, in tesi, in via preliminare e Esperito il tentativo obbligatorio di mediazione previsto dall’art. distaccata 5 comma 1-bis D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, espletati gli incombenti preliminari all’udienza di Bra condannava P. L. per prima comparizione e trattazione ex art. 183 c.p.c. del 15.5.2018 e concessi i reati termini di cui agli arttall’art. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p183 comma 6° c.p.c., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadrola causa veniva istruita, richiesta cheoltre che con la produzione di documenti, unitamente a quella presentata attraverso la consulenza tecnica d’ufficio contabile, disposta dal M., veniva respinta Giudice con ordinanza del 7.3.200010.10.2018. Firmato Da: XXXXX XXXXXXX Emesso Da: ARUBAPEC S.P.A. NG CA 3 Serial#: f7a35b2dd096cf1808fb9acd5188fb4 All’udienza del 15.9.2020, rimettendo celebrata con trattazione scritta ai sensi dell’art. 83 comma 4 D.L. 18/20 e dell’art. 221 comma 4 D.L. 34/20, le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; precisavano le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessioneconclusioni, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998in epigrafe indicate, essendo irrilevante che al momento della cessione ed il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premessoGiudice tratteneva la causa in decisione, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità assegnando alle parti i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto memorie di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilreplica.
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Samples: Sentenza
Svolgimento del processo. Con La controversia è insorta tra le parti con riferimento a una vicenda che in sede di merito è stata ricostruita essenzialmente in questi termini: il 2 ottobre 1996 A.A. notificò a sua sorella A.R., a norma dell'art. 732 c.c., l'intenzione di vendere a terzi la propria quota ideale dell'eredità paterna "per un controvalore di L. 150.000.000 al netto di qualsivoglia onere passato, presente e futuro gravante sulla quota stessa"; con raccomandata del 21 novembre 1996 A.R. comunicò "la propria accettazione ad acquistare la quota ereditaria come sopra specificata per la somma di L. 150.000.000"; con lettera del 27 novembre 1996 l'avv. Xxxxx Xxxxxxx, nell'interesse di A.A., invitò A.R. a indicare il notaio incaricato del rogito; rispose con lettera del 22 dicembre 1996 l'avv. Xxxxxxxx Xxxxxxxx, precisando che dal prezzo della vendita doveva essere defalcata la somma di L. 80.877.240, corrispondente all'importo delle spese straordinarie sostenute da A.R. a vantaggio del fratello; per conto di quest'ultimo, con lettera del 13 gennaio 1997, l'avv. Xxxxx Xxxxxxxx, ai sensi dell'art. 1454 c.c., intimò a A.R. di indicare entro 15 giorni il notaio per la stipula, con contestuale pagamento del prezzo come concordato, avvertendo che altrimenti "dovrà intendersi risolto e priva di efficacia la proposta di acquisto con conseguente libera e piena facoltà del Dott. A. di alienare la quota stessa ad altri"; la diffida rimase senza esito. Ciò stante, con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi il 25 luglio 1997 A.R. citò davanti al Tribunale di AlbaRoma A.A., M.G. chiedendo che fosse accertato il proprio diritto di prelazione e premesso che le fosse trasferita la quota in contestazione previo pagamento della somma di svolgere l'attività L. 69.122.7 60 o di antiquarioaltra da accertare, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto detratto quanto da lei già anticipato per imposta di successione e altri oneri e spese. Il convenuto si costituì in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, giudizio concludendo per il quale rigetto della domanda, in quanto l'attrice era decaduta dal suo vantato diritto, pretendendo modificazioni della proposta che aveva raggiunto un accordo per accettato e non adempiendo nel termine assegnatole con la vendita diffida, con tale xxx.xx P. A.conseguente risoluzione del contratto; contestò le singole voci di credito esposte nella citazione e chiese, pattuendo il prezzo in via riconvenzionale, la condanna dell'attrice al. pagamento di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona11.537.834, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo pari alla differenza tra la somma di L. 15.000.000 ciascuno; verificata da lei dovuta per il godimento esclusivo da parte sua di un bene ereditario e quella di L. 3.462.155 costituente l'effettivo ammontare del debito dei convenuto. Essendo stata dichiarata l'interruzione del processo, in seguito alla morte di A.A., la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutorecausa fu riassunta nei confronti delle sue eredi M.M.A. ed A.E., che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS)rimasero contumaci. Intervennero invece nel processo, gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata facendo proprie le richieste formulate dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva F.M. e B.A., alla quali A.A. con un rogito del 4 dicembre 1997, aveva venduto la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito propria quota ereditaria. All'esito dell'istruzione della causa, respingeva con sentenza del 15 maggio 2001 il Tribunale, dichiarò legittimo l'intervento di F.M. e B.A., qualificandolo come adesivo dipendente; respinse la domanda attorea e dichiarava proposta dall'attrice, ritenendo che M. G.P. aveva diritto alla restituzione con la sua inequivoca accettazione l'accordo contrattuale tra le parti era stato concluso, ma si era però risolto in seguito all'inutile decorso del dipinto termine assegnato a A.R. con l'intimazione ad adempiere Inviatale dall'avv. Xxxxx Xxxxxxxx; non provvide su la domanda riconvenzionale, da reputarsi abbandonata in questionequanto non era stata riproposta dalle eredi del convenuto rimaste contumaci, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98né ora ammissibile da parte delle intervenute nel processo. Impugnata da A.R., la decisione è stata confermata dalla Corte d'appello di Roma, che con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure 15 giugno 2004 ha rigettato il gravame, che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquistoera stato contrastato da F.M. e B.A., mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della si erano costituite M.M.A. ed A.E.. Contro tale sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino A.R. ha proposto ricorso per cassazione il M.cassazione, che risulta articolato su in base a due motivi, al quale ha resistito il. F.M. e B.A. si sono costituite con controricorso. M.M.A. ed A.E. non hanno svolto attività difensive nel giudizio di legittimità. A.R. e F.M. hanno presentato memorie.
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Samples: Promessa Di Appalto Di Escavazione
Svolgimento del processo. Con atto Il Consorzio UNISAN Società Cooperativa sociale - Onlus ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d'Appello di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxRoma n. 1600/2017, dinanzi al Tribunale di Albapubblicata il 31/03/2017, M.G. affidandosi a tre motivi, illustrati con memoria. Resiste e premesso di svolgere l'attività di antiquariopropone ricorso incidentale, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto fondato su un solo motivo, l'Associazione Xxxx Xxxxx Onlus in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000liquidazione. Il Consorzio ricorrente espone quanto segue. L'Associazione Anni Verdi Onlus concedeva in locazione, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A.l'esclusivo svolgimento di attività di assistenza sanitaria, pattuendo il prezzo al Patrimonio destinato dalla Società Riabilitazione e Reinserimento RI.REI. - Consorzio di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi cooperative sociali società cooperativa Onlus (d'ora innanzi indicato come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto Consorzio RI.REI.) due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. immobili in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che siti in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.OMISSIS), con decorrenza dall'1/08/2008 e fino al 31/07/2010, per il canone di Euro 14.166,67; con altro contratto locava un altro immobile in (OMISSIS), con decorrenza dall'1/12/2008 e fino al 31/07/2010, per il canone mensile di Euro 1.931,67. Alla scadenza di entrambi i contratti il Consorzio RI.REI. non riconsegnava gli immobili; anzi, con scrittura privata del 3 maggio 2011 concedeva in affitto al Consorzio UNISAN tra Cooperative sociali - Società cooperativa sociale Onlus (d'ora in avanti indicato come Consorzio UNISAN) il ramo d'azienda comprensivo delle attività assistenziali svolte negli immobili locati, determinando il subentro del Consorzio UNISAN nella disponibilità dei suddetti immobili. Con ricorso al Tribunale di Roma, ex art. 447 bis c.p.c., l'Associazione Anni verdi Onlus in liquidazione denunciava la mancata riconsegna degli immobili concessi in godimento alla scadenza dei contratti di locazione; deduceva il mancato pagamento dei canoni, prima, e delle indennità di occupazione, successivamente, nonchè la mancata registrazione dei contratti. Rilevata la concessione in affitto del ramo di azienda al Consorzio UNISAN, quando i contratti di locazione risultavano scaduti, denunciava l'occupazione senza titolo degli immobili da parte del Consorzio UNISAN e la reiterata morosità di quest'ultimo relativamente alla corresponsione dei canoni di locazione e/o delle indennità di occupazione. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 10443/2014, accoglieva la domanda attorea, dichiarava risolti per inadempimento i contratti di locazione e, per l'effetto, condannava il Consorzio RI.REI e il Consorzio UNISAN al rilascio degli immobili; condannava il Consorzio RI.REI. al pagamento di L. 30.000.000Euro 240.210,67 per canoni scaduti e non pagati fino al 2 maggio 2011 e di Euro 16.446,68 per imposte di registrazione, al netto degli interessi; condannava in solido il Tribunale aditoConsorzio RI.REI e il Consorzio UNISAN al pagamento di Euro 434.655,09 per indennità di occupazione dal 3 maggio 2011 alla data del ricorso, all'esito dell'istruzione della causadi Euro 16.098,34 mensili per indennità di occupazione sino al rilascio dei beni, respingeva al netto degli interessi legali, e poneva a carico di entrambi le spese di lite. La decisione veniva impugnata dinanzi alla Corte d'Appello di Roma, in via principale, dal Consorzio UNISAN e, in via incidentale, dall'Associazione Anni Verdi Onlus. Entrambi gli appelli venivano rigettati dalla Corte territoriale con la domanda attorea sentenza oggetto dell'odierna impugnazione che, dopo aver respinto la richiesta di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c., ritenuti assenti i presupposti normativi e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione la pregiudizialità, consequenzialità e dipendenza tra le questioni oggetto del dipinto giudizio in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità corso e quelle oggetto della sentenza del Tribunale di Roma n. 20374/2016, confermava integralmente la decisione del giudice di prime cure e compensava parzialmente le spese di lite tra le parti, condannando il Consorzio UNISAN al pagamento della metà del loro ammontare. I quattro motivi formulati dall'appellante principale - 1) nullità del contratto per mancata registrazione; 2) erroneità della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto inopponibile il contratto di locazione per mancata comunicazione L. n. 392 del 1978, ex art. 36; 3) mancata considerazione del particolare contesto in cui si era svolta la controversia; 4) mancato scomputo dal dovuto della somma di Euro 415.349,00 per i lavori di ristrutturazione eseguiti sugli immobili locati - venivano rigettati con le seguenti motivazioni: la registrazione tardiva aveva avuto effetto sanante ex tunc, ai sensi dell'art. 1360 c.c., costituendo la registrazione non un requisito di validità del contratto, bensì di efficacia; l'inopponibilità al terzo cessionario del contratto di locazione, la mancata considerazione del contesto della controversia e la richiesta di scomputo delle somme spese per la ristrutturazione dei beni locati erano da ritenersi questioni nuove, in precedenza non dedotte. Le censure formulate dall'Associazione Xxxx Xxxxx - violazione della L. n. 431 del 1998, art. 5 in relazione alla L. n. 392 del 1978, art. 27 ed errata valutazione circa la natura transitoria del contratto; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002; violazione e falsa applicazione dell'art. 1591 x.x. x xxxx'xxx. 000 x.x.x. - xxxxxxxx rigettate perchè: a) la durata minima contrattuale prevista dalla L. n. 392 del 1978, art. 27 doveva considerarsi applicabile al caso di specie, residuando la possibilità di una durata inferiore a sei anni per la documentata transitorietà delle esigenze locatizie del conduttore, mentre i contratti in oggetto avevano avuto una durata biennale per esigenze del locatore, perciò il giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base sostituito alla durata pattizia quella minima legale non era incorso in errore; b) correttamente il giudice di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente primo grado aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (dichiarato risolti i contratti per inadempimento e non inammissibile per scadenza della locazione ed aveva concluso per l'inesigibilità della richiesta di risarcimento del danno, ex art. 346 c.p.c1591 c.c.; c) il D.Lgs. perchè solo meglio specificata in secondo grado)n. 231 del 2002 non poteva applicarsi al caso di specie, traducendosi in data l'inestensibilità alle attività assistenziali svolte da una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizioonlus della normativa ivi contenuta, posto che il G. aveva affermato riferibile esclusivamente allo svolgimento di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione attività di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) impresa ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilalla P.A.
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Samples: Locazione
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 28 febbraio 1989 la s.r.l. Ergife di Roma dichiarò che aveva prestato servizi alberghieri, dinanzi in occasione di un congresso organizzato presso l'Ergife Palace Hotel, a favore della s.r.l. Emmezeta di Milano, la quale non aveva pagato la somma di L. 18.081.600 quale corrispettivo residuo rispetto a quello totale convenuto di L. 118.081.600; pertanto col predetto atto convenne in giudizio la nominata società davanti al Tribunale di AlbaRoma per sentirla condannare al pagamento in suo favore della predetta somma di L. 18.081.600, M.G. oltre accessori. Nel costituirsi in giudizio la soc. Emmezeta contestò la domanda e premesso di svolgere l'attività di antiquarione chiese il rigetto; eccepì in particolare che, esponeva che nei primi mesi del 1998 in violazione degli accordi, aveva ricevuto in conto vendita ritardo a propria disposizione alcune sale con pregiudizio del loro tempestivo allestimento, aveva dovuto pagare prestazioni di lavoro straordinario e notturno alla s.r.l. Mastering per allestire in tempo le predette sale, aveva ricevuto prestazioni alberghiere inadeguate rispetto a quelle cui era tenuto un albergo di prima categoria, ed aveva subito un pregiudizio alla propria immagine; per cui spiegò domanda riconvenzionale chiedendo la condanna della soc. Ergife al pagamento della complessiva somma di L. 15.781.500 (L. 4.500.000 da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. detrarre dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno corrispettivo convenuto per la ritardata messa a L. 35.000.000 - 40.000.000, disposizione delle sale per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A.congresso, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava 3.000.000 a titolo di acconto due assegni dell'importo di danni per lavoro straordinario e notturno pagato alla soc. Mastering, L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo 7.781.500 a titolo di acquistoriduzione del 25% del corrispettivo per le camere d'albergo e relativi servizi) oltre al risarcimento del danno all'immagine. Aggiungeva che La soc. Ergife contestò la domanda riconvenzionale e ne chiese il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutorerigetto. Acquisiti agli atti i documenti prodotti dalle parti e raccolta una prova testimoniale, che qualificatosi il Tribunale, a conclusione del giudizio, con sentenza in data 15 marzo 1995, qualificato il rapporto come antiquario della appalto di servizi e la domanda riconvenzionale come pretesa di riduzione del prezzo (OMISSIS), gli comunicava per le voci non richieste a titolo di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS)danno) accolse entrambe le domande e, per cui lo contattava immediatamente quanto riguarda quella riconvenzionale, riconobbe alla soc. Emmezeta la somma di L. 4.750.000 quale riduzione del corrispettivo per la tardiva consegna delle sale, quella di L. 5.250.000 quale riduzione del corrispettivo per i disservizi e questi gli confermava le inadeguatezze relative al servizio alberghiero, quella di possedere L. 3.500.000 rivalutate a L. 5.422.000 quale danno derivato dal pagamento del lavoro straordinario e notturno alla soc. Mastering, e quella di L. 10.000.000 per danni all'immagine sociale; per cui, in accoglimento della domanda proposta dalla soc. Ergife e di parte di quella riconvenzionale, condannò la soc. Emmezeta al pagamento della somma di 8.081.600 quale residuo corrispettivo (ridotto di L. 4.750.000 + 5.250.000) per i servizi ricevuti, e, in accoglimento della parte residua della domanda riconvenzionale, condannò la soc. Ergife al pagamento della somma di L. 15.422.000 a titolo di risarcimento danni (L. 5.422.000 + 10.000.000). A seguito dell'impugnazione proposta dalla soc. Ergife il quadro. Presentata denunziacontraddittorio tra le parti si instaurò nuovamente davanti alla Corte d'appello di Roma, la Procura della Repubblica quale, a conclusione del giudizio di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.secondo grado, con sentenza in data 18 novembre 1997, accolse per quanto di ragione il gravame e in parziale riforma della decisione del Tribunale, condannò la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento soc. Emmezeta a pagare alla soc. Ergife la somma di L. 30.000.00012.831.600, il Tribunale aditoe la soc. Ergife a pagare alla soc. Emmezeta la somma di L. 5.584.117 a titolo di risarcimento danni, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva confermando nel resto la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spesedecisione di primo grado. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della Contro la sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesasoc. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino Ergife ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su e formulato tre motivi d'impugnazione. La soc. Emmezeta ha depositato controricorso e proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi, al quale ha resistito ilpoi illustrati con memoria. È stata disposta la riunione dei due ricorsi separatamente proposti contro la stessa sentenza.
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Samples: Contratto Di Albergo E Di Pensione
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al ricorso depositato l'8.3.06 l'INPS proponeva appello contro la sentenza n. 764/05 del Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.Brescia, con la partecipazione di un mediatore (tale quale era stata accolta l'opposizione alla cartella esattoriale notificata il 28.5.04 a Xx.Xx.), . per il recupero dei contributi previdenziali relativamente alla rapporto di lavoro subordinato intercorso con il pagamento geometra Xx.Xx. , illegittimamente inquadrato come apprendista. Lamentava l'appellante che il giudice di L. 30.000.000primo grado, dopo avere affermato l'applicabilita' al rapporto di lavoro oggetto di controversia del ccnl Studi professionali per richiamo espresso nel contratto individuale, avesse cio' nonostante affermato la legittimita' del contratto di apprendistato con un lavoratore in possesso del diploma dell'istituto tecnico per geometri in relazione alla acquisizione della qualifica professionale di disegnatore tecnico, ossia, in relazione a mansioni per le quali vi era stata una formazione specifica in ambito scolastico. Si costituiva l'appellato contestando in fatto e in diritto gli argomenti svolti a sostegno della impugnazione, ribadendo la compatibilita' del contratto di apprendistato con la contestuale pratica professionale per l'iscrizione all'albo e proponendo appello incidentale contro il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù capo di rituale appello interposto dal G., sentenza con il quale egli lamentava l'erroneità della era stata disattesa l'eccezione di inapplicabilita', al rapporto intercorso con Xx.Xx. , del ccnl Studi professionali e di illegittimita' dello stesso per contrasto con una disposizione di legge, nella parte nella quale escludeva la possibilita' di stipulare contratti di apprendistato con soggetti in possesso del diploma professionale o di istituto tecnico. Con sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto22 giugno - 22 settembre 2006, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la l'adita Corte di Appello di TorinoBrescia, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnataimpugnata decisione, dichiarava rigettava l'opposizione alla cartella esattoriale in oggetto, aderendo alla tesi dell'INPS circa la inconfigurabilita' di un contratto di apprendistato per un lavoratore in possesso del diploma di geometra rispetto a mansioni di disegnatore tecnico. Rigettava, altresi', l'appello incidentale, dovendosi ritenere valida la clausola del ccnl degli Studi professionali, che escludeva la possibilita' di stipulare contratti di apprendistato con soggetti in possesso di diploma professionale o di istituto tecnico. Per la cassazione di tale pronuncia, ricorre Fo. Vi. con due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex articolo 378 c.p.c.. Resiste l'INPS con controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il G. legittimo proprietario primo mezzo d'impugnazione, il ricorrente, denunciando violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ed illegittimita' del dipinto ccnl del 9.12.1996 e dell'accordo del 30.7.1998 studi professionali (articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), sostiene che, pur avendo evidenziato, sia in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava primo che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado, il contrasto esistente tra la Legge 24 giugno 1997, n. 196, articolo 16 e l'accordo del 30.7.1998 (modificativo del CCNL dle 9.12.1996 per gli Studi Professionali), traducendosi il Giudice di appello non avrebbe fornito alcuna adeguata soluzione in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizioordine a detto conflitto riguardante due fonti giuridiche, posto che di grado pacificamente diverso. Con il G. aveva affermato di esserne secondo motivo, richiamandosi la medesima normativa, si contesta, sotto il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva profilo della sua totale estraneità violazione e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del parisotto quello motivazionale, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza l'assunto della Corte di Appello Brescia circa la inammissibilita' del contratto di Torino apprendistato rispetto al diplomato geometra con mansioni di disegnatore. Il ricorso, pur valutato nelle sue diverse articolazioni, e' infondato. Giova premettere che la Legge n. 196 del 1997, articolo 16, comma 2 ha proposto ricorso previsto la possibilita' di stipulare contratti di apprendistato con soggetti in possesso di titolo di studio post - obbligo o di attestato di qualifica professionale. Cio' non significa pero' - come opportunamente rimarcato nella impugnata pronuncia- che sia consentito alle parti di assoggettare il contratto a un regime contributivo (fortemente) agevolato in forza di una dichiarazione negoziale meramente qualificatoria a prescindere dal contenuto del rapporto di lavoro cosi' instaurato. Il comma 2 richiama implicitamente ed esplicitamente la Legge n. 25 del 1955, della quale con il comma 6 sono stati abrogate solo le disposizioni relative ai limiti di eta' per cassazione l'assunzione. E' quindi necessario che il M.contratto di apprendistato abbia un effettivo contenuto formativo, come del resto e' ribadito nello stesso articolo 1, comma 2 cit. che risulta articolato su due motiviaddirittura subordina le agevolazioni contributive alla esistenza non solo di un obbligo di formazione in capo al datore di lavoro nell'ambito del rapporto con l'apprendista, al quale ha resistito ilma anche alla partecipazione a iniziative di formazione esterne previste dai ccnl. Da tale corretta premessa - fatta propria dal Giudice a quo - discende che la legittimita' del contratto di apprendistato in ragione della sussistenza del rapporto di formazione professionale debba essere valutata in relazione ad ogni singolo rapporto di lavoro e non in astratto in ragione della esistenza di una disposizione di legge che lo consente anche con soggetti diplomati.
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Samples: Sentenza
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, ricorso dinanzi al Tribunale di AlbaAosta Xxxxx Xxxx proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui la s.p.a. Air Vallee (sua ex datrice di lavoro) gli aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 33.000.000, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquariooltre gli interessi legali, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 forza dell'accordo sottoscritto in data 12 luglio 1996 - 40.000.000, per mediante il quale aveva raggiunto la cerniate società datrice di lavoro si assumeva ogni onere concernente l'effettuazione di un accordo per corso di abilitazione negli Stati Uniti del Ronc (pilota in addestramento di primo livello) e si conveniva che, in caso di dimissioni del Ronc prima del termine di quattro anni dalla conclusione di detto xxxxx, lo stesso avrebbe dovuto rimborsare alla società la vendita con tale xxx.xx P. A.somma, pattuendo il prezzo appunto, di L. 42.000.00033.000.000 corrispondente al costo del corso di abilitazione - e in relazione al fatto che il Ronc si era dimesso in data 30 settembre 1997 e, dunque, prima della scadenza del termine quadriennale di cui al citato accordo. Il ricorrente in opposizione deduceva l'annullabilità dell'accordo in questione ai sensi dell'art. 2113 cod. civ., trattandosi di una transazione avente ad oggetto diritti indisponibili e, in subordine, deduceva l'annullabilità dello stesso per vizio del consenso; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personain via riconvenzionale, tale P.L.poi, qualificatosi come P.M. chiedeva la condanna della datrice di lavoro al pagamento di tutte le differenze retributive dovute al suo errato inquadramento quale pilota in addestramento anzichè quale membro effettivo di equipaggio. Nel relativo giudizio si costituiva la s.p.a. Air Vallee che contestava tutte le avverse pretese e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta chiedeva la conferma dell'opposto decreto ingiuntivo. L'adito Tribunale di Aosta - con sentenza del 13 maggio 2000 - revocava l'opposto decreto ingiuntivo e consegnava condannava la s.p.a. Air Vallee a titolo di acconto due assegni dell'importo pagare al Ronc la somma di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile 28.577.984 e - su appello principale della società e appello incidentale del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba Ronc - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di TorinoTorino così provvedeva: "respinge l'appello principale; in parziale accoglimento dell'appello incidentale condanna la s.p.a. Air Vallee a pagare a Xxxx Xxxxx la somma di E. 2, nella resistenza dell'appellato498, accoglieva l'appello 38, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, ed a rimborsare al medesimo i 2/3 delle spese del primo grado e del presente grado". Per quello che rileva in totale riforma della sentenza impugnataquesta sede la Corte territoriale ha rimarcato che: a/1) "poichè è pacifico che tra le parti era in corso un rapporto di lavoro subordinato e poichè non vi è traccia di un contratto scritto di segno, dichiarava il G. legittimo proprietario eventualmente, contrario, si deve ritenere che si trattasse di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato"; a/2) "se così è, però, l'accordo di cui si discute ha comportato un limite non indifferente alla facoltà di recesso del dipinto lavoratore dipendente, essendosi questi assunto l'obbligo di provvedere al pagamento di una somma di denaro di importo variabile - ma consistente - in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che relazione al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto recesso futuro: in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziarioaltre parole, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D.dipendente ha limitato notevolmente la propria facoltà di recesso, osservava chefacoltà che egli invece aveva 'in qualunque momentò ai sensi dell'art. 2118 c.c., proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ildisposizione sicuramente inderogabile";
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Samples: Competenza E Giurisdizione Civile
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxxxxxxxxxx in giudizio D.C. e D. A., dinanzi al Tribunale di Albaquali eredi della sorella D.A., M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva esponendo che nei primi mesi il 18/1/1992 aveva stipulato con quest'ultima un contratto preliminare in virtù del 1998 aveva ricevuto quale la D. si era impegnata a vendergli un immobile sito in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, (OMISSIS) per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo corrispettivo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona400.000.000 di cui 100 milioni versati in contanti al momento della stipulazione del preliminare, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo prezzo e di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità caparra confirmatoria, 100 milioni pagati mediante restituzione di dette sommeeffetti cambiari rilasciati a favore di esso C. da D.C. ed A., l'attore responsabile 40 milioni in contanti dopo un mese dal preliminare, 60 milioni alla stipula del bene in quanto custode, versava definitivo e 100 milioni imputando al proprietario del dipinto, C.F., l'intero detto prezzo l'equivalente ammontare dovuto ad esso attore da D. M. a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava corrispettivo dell'appalto riguardante la sistemazione di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali altro immobile di proprietà di M.G. D.C.. Deduceva il C. di aver adempiuto alle proprie obbligazioni mentre la D., contrattualmente obbligata a trasmettergli il possesso dell'immobile, l'aveva locato a terzi e gli aveva dichiarato che il bene era libero e franco da pesi ed oneri mentre sullo stesso gravava un sequestro conservativo per 100 milioni. Tanto D.M. che le convenute avevano ritardato il compimento dei lavori appaltati impedendogli di consegnare l'opera. L'attore chiedeva quindi che gli fosse trasferito in (OMISSIS)proprietà, ex art. 2932 c.c., l'immobile oggetto del compromesso con disposizione di immissione in possesso e con la condanna delle convenute, tra l'altro, alla restituzione dei frutti relativi al detto bene. Le D., costituitesi, chiedevano il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la pronuncia di risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del C. Con sentenza 9/3/2000 l'adito tribunale di Catania rigettava le domande di entrambe le parti. Avverso la detta sentenza proponevano appello principale il C. e incidentale le D.. Con sentenza 25/9/2003 la corte di appello di Catania rigettava l'appello incidentale e, in parziale accoglimento di quello principale, accoglieva la domanda proposta ex art. 2932 c.c., disponendo il trasferimento dell'immobile oggetto del preliminare. Osservava la corte di merito: che il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda di trasferimento dell'immobile promesso in vendita perché non era stata acquisita la documentazione attestante la liceità della costruzione come richiesto dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, applicabile anche ai trasferimenti ex art. 2932 c.c.; che il C. nel giudizio di appello aveva prodotto una dichiarazione giurata da lui sottoscritta attestante l'avvenuta costruzione dell'immobile prima dell'1/9/1967 rimuovendo in tal modo l'ostacolo giuridico che aveva giustificato il rigetto della domanda proposta in primo grado; che l'appellante ben poteva produrre in sede di gravame nuovi mezzi di prova trattandosi nella specie di prove c.d. precostituite, cioè di documenti; che l'accoglimento della domanda del C. era condizionato alla valutazione delle domande proposte dalle appellate volle ad attribuire allo stesso la colpa dell'inadempimento contrattuale per non aver rispettato il termine essenziale di compiere i lavori in appalto entro il mese di settembre 1992 e per non averli mai portati a termine; che la tesi delle appellanti incidentali era infondata posto che nessun termine essenziale era stato esplicitamente pattuito e poteva desumersi dalla natura e dall'oggetto del contratto; che i punti di fatto stabiliti nella sentenza appellata e passati in giudicato riguardavano: a) la mancata liberazione del vincolo del sequestro per 100 milioni; b) l'intero pagamento della parte di prezzo che il C. si era obbligato a versare prima del contrailo definitivo; c) il valore di L. 68.392.000 delle opere compiute dall'appaltatore fino alla data del rifiuto di proseguire; d) la somma residua di L. 60 milioni ancora dovuta dal C. al momento della stipula del contratto definitivo; che il tribunale, nel prendere in esame il rifiuto del C. di proseguire i lavori commissionati dalla D., lo aveva riconosciuto riconducibile alla previsione di cui all'art. 1482 c.c., e, quindi, da giustificare in presenza dei vincoli derivanti dal sequestro non dichiarato dal venditore e dal compratore ignorato; che, secondo le appellanti incidentali, il C. era stato informato dell'esistenza del vincolo avendo D.M. durante il giudizio cautelare fatto presente pubblicamente al g.i. che il C. era a conoscenza del sequestro tanto che aveva offerto il proprio aiuto per svincolare l'immobile da tale sequestro ed aveva dichiarato di poter ottenere con le sue conoscenze l'eliminazione del vincolo; che però le D. non avevano specificato il procedimento logico idoneo a pervenire alla conclusione che a dire la verità innanzi al g.i. fosse stata la D.; che la clausola relativa al trasferimento dell'immobile libero da ipoteche andava interpretata come prevista in favore del compratore ne senso di non trovare l'intralcio di liberare il bene da vincoli successivi alla stipulazione del preliminare per cui lo contattava immediatamente da tale clausola non poteva scaturire una sostanziale rinuncia al diritto previsto dagli articoli 1482 e questi gli confermava 1460 c.c.; che la sospensione dei lavori da parte del C. era giustificata dal vincolo sull'immobile promesso in vendita; che il C. aveva quindi diritto di possedere ottenere il quadrotrasferimento ex art. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p2932 c.c., con l'obbligo di completare i lavori di. appalto e di pagare il residuo prezzo di L. 60 milioni nei termine di tre mesi dalla data di eliminazione della trascrizione pregiudizievole sul fabbricato in questione ad opera delle D. nel termine di sessanta giorni dalla data di comunicazione della sentenza; che il C. aveva censurato la sentenza appellata per cui l'attore chiedeva non aver disposto il rilascio in suo favore dell'immobile promesso in vendita e per non aver il tribunale condannato le D. al GIP il dissequestro rilascio del quadro, richiesta possesso dell'immobile; che la censura era infondata posto che, unitamente rigettata la domanda principale, non vi era alcun titolo per pronunciare sul possesso dell'immobile; che del pari infondata era l'altra critica che il C. aveva mosso alla sentenza del tribunale riguardante la mancata condanna delle convenute a quella presentata dal M.corrispondergli i frutti dell'immobile; che, veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.secondo l'appellante, con la partecipazione testimonianza del teste I. era stata raggiunta la prova che il bene promesso in vendita era stato dato in locazione; che la detta censura non era fondata posto che il primo giudice aveva correttamente e motivatamente escluso l'attendibilità del detto teste; che dagli atti non risultava l'impossibilità per il promissario acquirente di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato conseguire il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e bene promesso in totale riforma vendita per fatto addebitabile alle appellate. La cassazione della sentenza impugnatadella corte di appello di Catania e stata chiesta da D.C. e D.A. con ricorso affidato a quattro motivi illustrati da memoria. C.A. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale. La seconda sezione civile di questa Corte, dichiarava il G. legittimo proprietario con ordinanza 25/11/2008 n. 28132, ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l'assegnazione alle sezioni unite sulla questione di particolare importanza relativa all'individuazione, nell'ambito del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione giudizio di difetto esecuzione specifica dell'obbligo di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile concludere un contratto di compravendita immobiliare ex art. 346 c.p.c2932 c.c., del soggetto (solo promettente venditore o anche promissario acquirente) onerato della prova della situazione di cui alla L. n. 47 del 1985, art. perchè solo meglio specificata in secondo grado)40, traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale con riferimento all'ipotesi di costruzione iniziata prima dell'1/9/1967. Il Primo Presidente ha quindi disposto l'assegnazione del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del benericorso alle sezioni unite. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilLe parti hanno depositato memoria.
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Samples: Contratto Di Locazione
Svolgimento del processo. Con atto Nel fallimento della Xx.Xx. S.n.c. di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxFicara Concetto Paolo & C., pendente dinanzi al Tribunale di AlbaForlì, M.G. e premesso la Cassa dei Risparmi di svolgere l'attività Forlì propose opposizione ad un piano di antiquarioriparto parziale dichiarato esecutivo dal giudice delegato. Premesso che la somma distribuita costituiva il ricavato della vendita di un appartamento sul quale risultava iscritta ipoteca a garanzia del credito dalla Cassa stessa vantato in virtù di un mutuo fondiario concesso alla società costruttrice dell'immobile, esponeva l'opponente sosteneva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. erroneamente tale credito era stato collocato con grado inferiore a quello vantato dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, B. per il quale aveva raggiunto rimborso della caparra da questo versata contestualmente alla stipulazione di un accordo per contratto preliminare di acquisto del medesimo appartamento, trascritto in data successiva all'iscrizione dell'ipoteca e scioltosi ai sensi della L. Fall., art. 72. Ad avviso dell'opponente, infatti, l'ipoteca concessa a garanzia del finanziamento di un intervento edilizio ai sensi del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 38, prevalendo sulla trascrizione anteriore del contratto preliminare, a norma dell'art. 2825 bis c.c., doveva prevalere, a maggior ragione, sulla trascrizione posteriore. Il Tribunale accolse la vendita con tale xxx.xx P. A.domanda, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personaosservando, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutoreanzitutto, che qualificatosi come antiquario la particolare causa di prelazione accordata al promissario acquirente dall'art. 2775 bis c.c., comma 1, non si sottrae al principio generale enunciato dall'art. 2748 c.c., comma 2, in forza del quale i crediti muniti di privilegio speciale immobiliare prevalgono su quelli ipotecari, se la legge non dispone diversamente. Ha, tuttavia, ravvisato una tale diversa disposizione (idonea, appunto, ad invertire l'anzidetto criterio di priorità) nel combinato disposto degli artt. 2775 bis e 282 5 bis c.c., reputando che dette norme siano da interpretare nel senso della prevalenza delle ipoteche iscritte a garanzia di mutui fondiari erogati a norma del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 38 e ss., T.U. bancario, rispetto al privilegio immobiliare accordato al promissario acquirente, indipendentemente dall'esservi stato o meno accollo del mutuo da parte dell'acquirente. Così ragionando ha, dunque, ritenuto irrilevante nella fattispecie la precedente affermazione resa sul tema da questa Corte (OMISSISXxxx. 14 novembre 2003, n. 17197, della quale si dirà in seguito), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente considerando che questa non decidesse riguardo ad un documento rinvenuto a tergo istituto di credito garantito da ipoteca ai sensi del dipinto a firma D.Lgs. n. 385 del prof1993, artt. A.38 e segg., studioso d'arte; ovvero in altro modo garantito da ipoteca. Avverso il decreto del Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP Forlì il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino B. ha proposto ricorso per cassazione il M.cassazione, che risulta articolato su due motiviaffidato ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso la Cassa dei Risparmi, al la quale ha resistito ildepositato successivamente memoria. Non ha svolto difese la curatela del fallimento. Con ordinanza interlocutoria del 20 ottobre 2008, la Prima Sezione Civile, ritenuta la sussistenza di una questione di massima di particolare importanza, avente ad oggetto la prevalenza del privilegio di cui all'art. 2775 bis c.c., sulle ipoteche per mutui fondiari iscritte anteriormente alla trascrizione del contratto preliminare, ha rimesso gli atti al Primo Presidente, il quale ha disposto l'assegnazione della causa alle Sezioni Unite.
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Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxritualmente e tempestivamente notificato, la società A. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore G.M., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale all'intestato Tribunale, l'ingegner X, chiedendo che l'adito Tribunale, previa risoluzione, per grave inadempimento del convenuto, del contratto di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi collaborazione professionale inter partes avente ad oggetto lo sviluppo del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo programma per elaboratore denominato "Lo svenimento di XxxxxNAVCRM", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000dichiarasse la responsabilità del citato professionista per violazione dei diritti patrimoniali d'autore asseritamente spettanti, per il in via esclusiva, all'attrice, quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A.committente del progetto finalizzato alla creazione del predetto software, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava nonché a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile concorrenza sleale ex art. 346 2598, nn. 1 e 3 c.c. La società attrice chiedeva, altresì, xxxxxxsi al convenutola prosecuzione delle denunciate attività illecite, nonché di qualsiasi altra attività di riproduzione e distribuzione a terzi del suddetto programma "Navcrm", con fissazione di una penale per ogni violazione dell'invocata decisione, la pubblicazione per estratto dell'emanando provvedimento e, infine, la condanna del convenuto al risarcimento dei conseguenti danni e alla restituzione dei codici sorgenti indebitamente trattenuti. Si costituiva in giudizio il convenuto, eccependo, in via pregiudiziale, l'incompetenza per territorio dell'intestato Tribunale. Nel merito, il X contestava le deduzioni avversarie, chiedendo il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, l'accertamento del proprio diritto di proprietà/paternità sul software oggetto di causa. Nel corso del giudizio, espletati gli incombenti di cui all'art. 183 c.p.c., il G.I. ammetteva le prove per testi dedotte dalle parti e,all'esito, fissava udienza di precisazione delle conclusioni. Infine, all'udienza del 26 novembre 2015, sulle conclusioni precisate dai difensori delle parti, il Giudice rimetteva la causa al Collegio per la decisione, assegnando i termini di cui all'art. 190 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato per lo scambio di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione comparse conclusionali e memorie di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilreplica.
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Samples: Software Development Agreement
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto sentenza in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; data 14 dicembre 2005 il Tribunale di Alba Macerata dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra P.M. e O.L.; affidava alla madre i figli minori, ponendo a carico del padre un contributo periodico al loro mantenimento; rigettava altresì la domanda riconvenzionale dell' O., volta ad ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., per la esecuzione in forma specifica dell'impegno assunto, con scrittura privata, dalla P., prima del matrimonio, di trasferire all' O. stesso la proprietà di immobile, in caso di "fallimento" del matrimonio stesso. Avverso tale sentenza proponeva appello l' O., limitando il gravame alla questione della validità ed eseguibilità del predetto impegno, assunto dalla moglie. Costituitasi, la P. chiedeva rigettarsi l'appello. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data 28/02/2007 - Sez14/03/2007, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, dichiarava valido ed efficace, nei confronti dell' O., il predetto impegno negoziale della P., omettendo peraltro pronuncia ex art. distaccata 2932 c.c., ed invitando la parte interessata ad attivarsi, al riguardo, in separata sede. Ricorre per cassazione la P. Con il primo motivo la ricorrente sostiene che la scrittura privata in questione trarrebbe il proprio titolo genetico dal matrimonio e integrerebbe violazione dell'art. 160 c.c., ove si precisa che i coniugi non possono derogare ai doveri e diritti nascenti dal matrimonio. Con il secondo lamenta la ricorrente insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata all'interpretazione della predetta scrittura. La scrittura privata. sottoscritta dai nubendi il giorno prima della celebrazione del matrimonio, prevede che, in caso di Bra condannava suo fallimento (separazione o divorzio), la P. cederà al marito un immobile di sua proprietà, quale indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la ristrutturazione di altro immobile, pure di sua proprietà, da adibirsi a casa coniugale; a saldo, comunque, l' O. trasferirà alla moglie un titolo BOT di L. 20.000.000. E' evidente che la ricorrente inquadra la predetta scrittura tra gli accordi prematrimoniali in vista del divorzio, molto frequenti in altri Stati, segnatamente quelli di cultura anglosassone, dove essi svolgono una proficua funzione di deflazione delle controversie familiari e divorzili. Come è noto, la giurisprudenza è orientata a ritenere tali accordi, assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione consensuale, e in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con ì principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (per tutte, Cass. N. 6857 del 1992). Tale orientamento è criticato da parte della dottrina, in quanto trascurerebbe di considerare adeguatamente non solo i reati principi del diritto di cui agli arttfamiglia, ma la stessa evoluzione del sistema normativo, ormai orientato a riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale. 110(E' assai singolare che invece siano stati ritenuti validi accordi in vista di una dichiarazione di nullità del matrimonio, 640perché sarebbero correlati ad un procedimento dalle forti connotazioni inquisitorie, 61 volto ad accertare l'esistenza o meno di una causa di invalidità del matrimonio, fuori da ogni potere negoziale di disposizione degli status: tra le altre, Cass. N. 348 del 1993). Giurisprudenza più recente di questa Corte ha invece sostenuto che tali accordi non sarebbero di per sé contrari all'ordine pubblico: più specificamente il principio dell'indisponibilità preventiva dell'assegno di divorzio dovrebbe rinvenirsi nella tutela del coniuge economicamente più debole, e l'azione di nullità (relativa) sarebbe proponibile soltanto da questo (al riguardo, tra le altre, Xxxx. N. 8109 del 2000; n. 72492 del 2001; n. 5302/2006). Va peraltro precisato che la sentenza impugnata, 495sorretta da motivazione ampia, 482 articolata e 477 c.pnon illogica, ha fornito un preciso inquadramento della scrittura privata in esame. Si tratta, all'evidenza, di valutazione di merito, insuscettibile di controllo in questa sede, ove immune da errori di diritto. L'impegno negoziale della P., una sorta di datio in solutum, viene collegato alle spese affrontate dall'O. per la sistemazione di altro immobile adibito a casa coniugale, e il fallimento del matrimonio non viene considerato come causa genetica dell'accordo, ma è degradato a mero "evento condizionale". Prosegue la Corte di merito precisando che, ove causa genetica fosse il matrimonio (e il suo fallimento), l'impegno predetto, una sorta di sanzione dissuasiva volta a condizionare la libertà decisionale degli sposi anche in ordine all'assunzione di iniziative tendenti allo scioglimento del vincolo coniugale, sarebbe sicuramente nullo. Ma indice di tale ipotesi potrebbe essere soltanto una notevole sproporzione delle prestazioni, al contrario non provata. L'argomentazione è censurata dalla ricorrente, ma, al contrario, la Corte territoriale ha fatto buon uso delle regole di ermeneutica contrattuale, in particolare con riferimento all'art. 1363 c.c., per cui l'attore chiedeva al GIP le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il dissequestro senso che risulta dal complesso dell'atto. Si tratterebbe in definitiva - si può aggiungere - di un accordo tra le parti, libera espressione della loro autonomia negoziale, estraneo peraltro alla categoria degli accordi prematrimoniali (ovvero effettuati in sede di separazione consensuale) in vista del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenutodivorzio, che in via riconvenzionale chiedeva intendono regolare l'intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione corresponsione di un mediatore (tale Xx.Xx.assegno), con il pagamento di L. 30.000.000possibili arricchimenti e impoverimenti. Nella specie, il Tribunale aditodunque un accorcio (rectius: un vero e proprio contratto) caratterizzato da prestazioni e controprestazioni tra loro proporzionali, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto secondo l'inquadramento effettuato dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilquo.
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Samples: Contratto Di Indennizzo
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 21.12,1998 B.P. evocava, dinanzi al Tribunale di AlbaMantova, M.G. e premesso il Comune di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi Castiglione delle Stiviere chiedendone la condanna al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo pagamento della somma di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona150.859.451, tale P.L.oltre accessori, qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo corrispettivo delle prestazioni svolte in esecuzione dell'incarico di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette sommeprogettazione e direzione lavori dell'edificio da destinare a nuova sede del Comando della Compagnia dell'Arma dei Carabinieri, l'attore responsabile conferitogli con atto esecutivo della giunta municipale n. 768/GM del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene3.9.1986. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del Comune convenuto, che il quale chiedeva ed otteneva di chiamare in via riconvenzionale chiedeva garanzia la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., ULD S.p.A. (con la partecipazione quale aveva stipulato una convenzione per la costruzione della caserma di un mediatore cui era stato presentato, per l'approvazione dell'ente, il progetto redatto dall'attore) e, nel merito, deduceva la nullità della delibera di conferimento dell'incarico, in subordine, che il compenso non avrebbe potuto superare L. 55.641.000, costituita la terza chiamata, che successivamente (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000sull'accordo delle parti) veniva estromessa dal giudizio, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva accoglieva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle speseattorea. In virtù di rituale appello interposto dal G.Comune di Castiglione delle Stiviere, con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del che il giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede avesse disatteso l'eccezione di nullità del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base contratto per difetto di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento sottoscrizione da parte del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...)Sindaco, nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.nullità della delibera per mancata previsione dei mezzi per fronteggiare la spesa, la Corte di Appello di TorinoBrescia, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesarigettava la domanda attorea. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione la conclusione di difetto contratto d'opera con la pubblica amministrazione necessitava di legittimazione attiva forma scritta ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e substantiam ed in mancanza di tale requisito doveva ritenersi l'inesistenza dell'obbligazione contrattuale a carico dell'amministrazione medesima per non inammissibile ex artavere pacificamente il Sindaco sottoscritto il disciplinare allegato alla prima delibera. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per Nè la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione sussistenza del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatepoteva essere ricavato aliunde. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino Brescia ha proposto ricorso per cassazione il M.B., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilil Comune con controricorso.
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Svolgimento del processo. Con deliberazione in data 8.4.91, la Giunta del Comune di Cambiago affidava all'avv. Xxxx Xxxxx Xxxxxxxx la consulenza legale per gli atti inerenti alla realizzazione del secondo e terzo lotto dell'area d'accoglienza per la ricreazione fisica e culturale di proprieta’ del Comune medesimo, secondo le condizioni contenute nell'allegato disciplinare, predisposto dal legale, con una previsione di spesa di L. 6.000.000, oltre ad IVA e CPA; come da detto allegato, l'incarico aveva ad oggetto la redazione di pareri scritti su quattro specifici quesiti in ordine alla sospensione dei lavori da parte dell'impresa appaltatrice, che aveva lamentato la mancanza di precisi progetti esecutivi da parte del progettista e direttore dei lavori arch. Xxxxxxx; con successiva deliberazione del 24.2.92, la stessa Giunta deliberava ancora in favore del legale un ulteriore stanziamento di L. 4.000.000. Il 27.10.92 l'Avv. Cimolino inviava al Comune di Cambiago parcella di L. 34.627.400 e accessori, al netto dell'acconto di L. 6.000.000, per attivita’ stragiudiziale svolta tra il settembre 1990 e l'ottobre 1992. La parcella era contestata dal Comune, che sosteneva d'aver corrisposto per intero i compensi spettanti al legale per le prestazioni autorizzate. Su ricorso del Cimolino, il presidente del tribunale di Milano, con decreto notificato il 30.6.94, ingiungeva al Comune di Cambiago di pagare all'istante, in forza della predetta parcella come liquidata dal competente ordine professionale, la somma di L. 42.639.854. L'ingiunto proponeva tempestiva opposizione avverso il decreto e ne chiedeva la revoca, sostenendo che nessun compenso fosse dovuto all'avv. Cimolino per attivita’ anteriori all'incarico affidatogli ed eccedenti i limiti dello stesso; che unica obbligata per il compenso relativo a tali attivita’ doveva esser considerata, ai sensi dell'art. 23/4^ della L. 24.4.89 n. 144, l'arch. Xxxx Xxxxxxxxxxx, all'epoca dei fatti sindaco d'esso Comune; che l'incarico aveva avuto ad oggetto pareri scritti, l'ultimo consegnato il 16.5.1991, per i quali il legale aveva chiesto un compenso - L. 10.340.000 - ben maggiore di quello - L. 6.000.000 onnicomprensive - previsto nel disciplinare; che nell'importo ingiunto non s'era tenuto conto del pagamento di L. 4.000.000. Il Cimolino resisteva all'opposizione, anche chiedendo ed ottenendo la provvisoria esecutorieta’ del decreto opposto. Nel frattempo, con atto notificato addi’ 8.6.94, il Comune di Cambiago aveva convenuto il Cimolino innanzi al tribunale di Milano chiedendo l'accertamento negativo di sue obbligazioni nei confronti dello stesso in relazione | alla parcella del 23.10.1992. Il Xxxxxxxx s'era costituito chiedendo la condanna dell'attore al pagamento della parcella, in via subordinata ex art. 2041 CC. Le due cause venivano, quindi, riunite per connessione. Con atto 3.4.96, il Comune di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxCambiago chiamava in causa Xxxx Xxxxxxxxxxx con azione di rivalsa per quanto fosse stato condannato a corrispondere al Cimolino in relazione alle pretese da questi azionate. La Mangiagalli, dinanzi costituitasi, chiedeva il rigetto dell'azione contro di lei proposta dal Comune di Cambiago eccependo che tutte le prestazioni esposte dal Cimolino successive all'8.4.91 erano riconducibili al disciplinare approvato dalla Giunta comunale in tale data; che dette prestazioni, come desumibile dalla parcella presentata dal legale, erano state consentite non soltanto da lei, ma dall'insieme dei funzionari ed amministratori comunali; che unico beneficiario dell'attivita’ del Cimolino era I stato lo stesso Comune di Cambiago. Il Cimolino estendeva, quindi, le sue richieste nei confronti della Xxxxxxxxxxx e proponeva contro il Comune azione di surroga ex artt. 2041 e 2900 CC per il caso d'insolvenza della terza chiamata. Con sentenza 1.1.0.98, il Tribunale di AlbaMilano - sulla considerazione che la deliberazione della Giunta del Comune di Cambiago in data 8.4.91, M.G. ai sensi dell'art. 23 c. 3 del D.L. 2.3.89 n. 66, aveva impegnato il Comune nei confronti dell'avv. Cimolino unicamente in relazione alle attivita’ previstevi ed al compenso - L. 6.000.000 - determinatovi; che, in ogni caso, detto importo era congruo in relazione alle prestazioni stragiudiziali svolte dal legale in esecuzione di detta deliberazione; che non v'era prova del conferimento d'incarichi professionali al di fuori di quelli deliberati dalla Giunta comunale dalla Mangiagalli al Cimolino - respingeva le domande del Cimolino contro il Comune di Cambiago e premesso la Mangiagalli, accoglieva la domanda d'accertamento negativo del Comune di svolgere l'attività Cambiago e revocava il decreto ingiuntivo. Avverso tale decisione il Xxxxxxxx proponeva gravame insistendo nelle conclusioni e nelle difese di antiquarioprimo grado e censurando l'impugnata sentenza perche’: contrariamente a quanto ritenutovi, esponeva la deliberazione della giunta comunale in data 8.4.91 aveva recepito l'attivita’ di consulenza da lui svolta in precedenza e la sua attivita’ successiva costituiva nient'altro che nei primi mesi lo sviluppo dell'incarico conferitogli con la deliberazione medesima, come desumibile dal fondo spese di L. 4.000.000 in seguito concessogli; tutte le prestazioni esposte nella parcella inviata il 27.10.92 gli erano state richieste dal sindaco Xxxxxxxxxxx o da altri amministratori o funzionar del 1998 Comune di Cambiago, punto sul quale aveva dedotto prove orali ingiustificatamente non ammesse; ne’ il Comune di Cambiago ne’ la Mangiagalli avevano mai contestato l'entita’ dei compensi da lui richiesti, sicche’ la valutazione effettuata al riguardo era affetta da extrapetizione; non ara stata esaminata la sua azione di arricchimento senza causa contro il Comune; la Corte Costituzionale, con sentenza 24.10.97 n. 466, aveva riconosciuto al funzionario tenuto a pagare il compenso per un'opera eseguita nell'interesse d'un ente pubblico locale, l'azione d'arricchimento senza causa contro l'ente stesso e al privato esecutore dell'opera il diritto di sostituirsi al funzionario nell'esercizio dell'azione medesima. Resistevano la Mangiagalli ed il Comune di Cambiago, quest'ultimo anche riproponendo, in xxx xxxxxxxxxxx, x'xxxxxx xx xxxxxxxx xxxxxx la Mangiagalli e censurando la pronunzia sulle spese. Dei contrapposti gravami decideva la corte d'Appello di Milano con sentenza 30.5.00, parzialmente accogliendo il principale in relazione alla sola questione della responsabilita’ diretta dell'amministratore, peraltro anche questa limitatamente, e, di conseguenza, condannava la Mangiagalli al pagamento della minor somma di L. 4.733.000 in favore del Cimolino. Cio’ sulla considerazione che le attivita’ svolte dal Cimolino in adempimento ad incarichi legittimamente conferiti, in conformita’ alle disposizioni normative di cui all'art. 23/3^ del DL 2.3.89 n. 66, fossero esclusivamente quelle demandategli con le deliberazioni di Giunta 3.4.91 e 24.2.92; che tali Incarichi attenessero soltanto, rispettivamente, ai quattro pareri scritti su specifici quesiti redatti tra l'8.4.91 ed il 16.5.91 ed alla consulenza per la "pratica Xxxxxxx"; che, quanto al primo, il gia’ ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento compenso di Xxxxx"L. 6.000.000, da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, contrattualmente stabilito per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita rinvio recettizio dalla deliberazione al disciplinare con tale xxx.xx P. A.espresso riferimento all'art. 1, pattuendo lettera b), della tariffa approvata con DM 24.11.90 all'epoca vigente, dovesse considerarsi conforme alla tariffa stessa e congruo in quanto pressocche’ coincidente con il prezzo massimo previsto; che, quanto al secondo, il compenso di L. 42.000.0004.000.000, del pari gia’ ricevuto, fosse addirittura superiore alle voci parcellate relativamente alla pratica; successivamente che, in relazione a tutte le altre prestazioni non riconducibili agli incarichi legittimamente conferiti, dovesse trovare applicazione il quadro veniva ritirato da una terza personaquarto comma del richiamato art. 23 del DL 23.3.89 n. 66, tale P.L., qualificatosi come P.M. onde il rapporto obbligatorio andava ravvisato non tra il Cimolino ed il Comune bensi’ tra il primo e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascunogli amministratori o funzionari dai quali era stata richiesta la prestazione; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquistoche l'azione d'arricchimento ex art. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare 2041 CC promossa dal Cimolino nei confronti del M. Comune fosse improponibile per difetto del requisito della sussidiarieta’; che l'azione diretta del Cimolino nei confronti della Mangiagalli meritasse accoglimento nei limiti della fornita prova delle prestazioni dalla stessa effettivamente commissionate ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad individuate in parcella per un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento ammontare di L. 30.000.0004.733.000; che non potesse accogliersi l'azione d'arricchimento della Mangiagalli nei confronti del Comune, stante il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata prova del riconoscimento espresso od implicito dell'utilitas della prestazione da parte appellata era infondata (e di quest'ultimo, e, di conseguenza, non inammissibile ex artpotesse accogliersi neppure l'azione surrogatoria del Cimolino in tale pretesa della Mangiabili. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in Tale decisione del secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare giudice veniva impugnata per acquisto fattone Cassazione dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura Cimolino con ricorso affidato a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due cinque motivi, al quale ha resistito il.
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Svolgimento del processo. Con D.B., con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 16 luglio 2002, dinanzi convenne in giudizio innanzi al Tribunale di AlbaNapoli, M.G. sezione distaccata di Frattamaggiore, il fratello A. e premesso la di svolgere l'attività lui coniuge, P.P., e M.V., vedova di antiquarioun altro fratello, esponeva deducendo che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita data 18 giugno 1984 D.A. e M.V. avevano con denaro di esso esponente acquistato da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000terzo, per il quale aveva raggiunto un accordo porzioni separate e per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.parti comuni, il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata primo in comunione legale con la non esigibilità di dette sommemoglie, l'attore responsabile del bene un compendio immobiliare in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS). L'attore deduceva che tra le parti in causa si era concordato che i beni oggetto della compravendita sarebbero stati trasferiti a lui, gli comunicava vero dominus dell'affare, o ad altra persona da lui indicata. A riprova di avere visionato quanto affermato, produceva due scritture private a firma di P.P. e di M.V., del medesimo tenore, entrambe del 28 marzo 2002, nelle quali le scriventi davano atto che il quadro trafugato vero proprietario del fabbricato era D.B. e si impegnavano al trasferimento, a semplice richiesta, in alcuni locali favore del D. o di proprietà persona da lui indicata. Lamentando che i convenuti non avevano onorato il patto fiduciario, chiese accertarsi e dichiararsi la loro interposizione reale nella intestazione degli immobili descritti in citazione, con contestuale emissione di M.G. sentenza di trasferimento in proprio favore. I convenuti si costituirono in giudizio, resistendo. Nel corso del processo di primo grado la lite venne transatta tra l'attore e i convenuti D.A. e P.P., con trasferimento, senza corrispettivo, degli immobili oggetto di causa (ed a questi ultimi intestati) in capo all'attore e contestuale riconoscimento, in favore dei convenuti predetti, dell'importo di Euro 25.000 a fronte di spese e miglioramenti dagli stessi sostenute ed eseguiti. Quanto al rapporto tra D.B. e M.V., la domanda venne accolta dall'adito Tribunale che, con sentenza n. 13 in data 11 gennaio 2008, dichiarata l'interposizione reale della M., dispose il trasferimento dei beni immobili alla stessa formalmente intestati in favore dell'attore (o di persona da nominare ad opera dello stesso). Il Tribunale rilevò: che i fatti posti a fondamento della domanda proposta nei confronti della M. avevano trovato ampia conferma sia nell'istruttoria espletata nel corso del giudizio, sia nella documentazione prodotta in atti; che, in particolare, con la dichiarazione in data 28 marzo 2002 la M. aveva riconosciuto che il cognato D.B. era l'unico proprietario dell'intero complesso immobiliare sito in (OMISSIS), intestato alla stessa dichiarante e ad D.A. in forza dell'atto per notaio Ma. del (OMISSIS), e che l'attore aveva versato tutte le relative tasse e spese, e nel contempo si era impegnata a ritrasferire detto complesso immobiliare a semplice richiesta di D.B., affinchè quest'ultimo lo intestasse a lui o a persona da designare. Il primo giudice richiamò inoltre il principio secondo cui lo contattava immediatamente il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento tra due negozi, l'uno di carattere esterno, realmente voluto e questi gli confermava con efficacia verso i terzi, e l'altro di possedere carattere interno ed obbligatorio, pure effettivamente voluto, diretto a modificare il quadrorisultato finale del primo negozio. Presentata denunziaOsservò quindi che l'esistenza del negozio fiduciario ben può ritenersi nella scrittura privata con la quale l'acquirente di un immobile, riconoscendo la natura fiduciaria dell'intestazione e, conseguentemente, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto relativa proprietà a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione favore di un mediatore (tale Xx.Xx.)terzo, con assuma contestualmente l'obbligo di trasferirgli il pagamento diritto; e rilevò che ciò era quello che era avvenuto nel caso di L. 30.000.000specie tra la M. e il cognato, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione risultando l'esistenza della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) interposizione reale dimostrata dalle espresse ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle inequivocabili dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza dalla convenuta nella scrittura privata del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il28 marzo 2002.
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Samples: Patto Fiduciario
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, F.G. convenne dinanzi al Tribunale tribunale di AlbaBusto Arsizio B.A., M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), B.G., B.M. T. e B.R., chiedendo la risolu- zione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita con il pagamento gli stessi stipulato nell’aprile del 1989 e la loro condanna al risarcimento dei danni. A so- stegno di L. 30.000.000tali richieste, il Tribunale aditoX.X. xxxxxxx che gli odierni convenuti, all'esito dell'istruzione della quali promittenti venditori, avevano diserta- to l’appuntamento dinanzi al notaio Be. fissato per la sti- pula del contratto definitivo il giorno 30 giugno 1989, dopo che la precedente convocazione era stata rinviata per consentire loro una regolarizzazione di ordine fiscale, precisando che tale assenza gli impedì di vendere, a sua volta, un proprio immobile, per il deciso rifiuto dell’altro contraente di procrastinare l’atto di acquisto. Si costituirono in giudizio i B., ad eccezione di B. A., ri- masta contumace, chiedendo il rigetto delle domande e, in caso di loro accoglimento, di essere manlevati dal me- diatore, la s.a.s. Studio Busto di F. M. e C. che, chiamata in causa, respingeva si difese proponendo, in via autonoma, xxxxxx- sta nei confronti dei convenuti di pagamento della prov- vigione. Esaurita l’istruttoria, il tribunale adito rigettò sia la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione do- manda del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal F. G., con il quale egli lamentava l'erroneità che quella della terza chiamata. Con sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.31 dicembre 1999, la Corte di Appello appello di TorinoMilano, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario cui si erano rivolte tutte le parti del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che così dispose: a) respinse l’appello principale del F. G., re- putando che,essendo il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di termine fissato nel contratto pre- liminare non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziarioessenziale, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto dei promet- tenti venditori integrasse un ritardo di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario non grave impor- tanza e non già mandatario un inadempimento definitivo, tale da le- gittimare la risoluzione del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato contratto, b) accolse l’appel- lo incidentale proposto dalla s.a.s. Studio Busto di F. M. e C. e condannò i B. al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza pagamento della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilprovvigione a questa dovuta;
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Svolgimento del processo. Con Cassazione, sez. VI, 29 aprile 2016, n. 8483 (Pres. Manna – Rel. Xxxxxxx) Xx.Xx. , con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxdel 23 maggio 2000, dinanzi conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di AlbaTivoli, M.G. e L.F. e, premesso di svolgere l'attività aver stipulato con il convenuto, in data 3 giugno 1996, una scrittura privata per la vendita di antiquarioun immobile sito in (omissis) (appartamento e locale garage) chiedeva che accertato l’integrale pagamento del prezzo fosse emessa sentenza costitutiva ex art. 2932 cc., esponeva con vittoria di spese. Si costituiva L.F. , eccependo la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, che nei primi mesi il prezzo versato di i 20.000.000 doveva considerarsi solo come anticipo del 1998 aveva ricevuto corrispettivo, tenuto conto del valore di mercato dei beni; che era il promissario acquirente inadempiente all’obbligo di corresponsione del prezzo e, pertanto, il contratto andava risolto per colpa dell’attore, che il contratto era nullo dato che il diritto di superficie che si assumeva essere stato trasferito non era accompagnato dalla forma scritta. Insisteva, in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000definitiva, per il quale aveva raggiunto un accordo rigetto della domanda o per la vendita risoluzione del contratto, con tale xxx.xx P. A., pattuendo vittoria delle spese di lite. La difesa del convenuto chiedeva che venisse integrato il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare contraddittorio nei confronti del M. ed il quadro coniuge del convenuto in regime di comunione dei beni, ma la domanda veniva sottoposto a sequestrorespinta. La causa veniva rimessa sul ruolo per l’acquisizione di documentazione sulla regolarità edilizia degli immobili. All’esito del giudizio, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - SezTivoli, con sentenza n. 72 del 2006, accoglieva la domanda attrice e per l’effetto dichiarava trasferito, in favore del Pe. distaccata , l’appartamento ed il garage. Rigettava le domande riconvenzionali proposte dal convenuto e condannava lo stesso al pagamento delle spese del giudizio. A fondamento di Bra condannava P. L. per questa decisione, il Tribunale di Tivoli riteneva che la scrittura intercorsa tra le parti, in data 3 giugno 1996, avesse tutti i reati requisiti di un contratto preliminare di vendita; accertava che l’abitazione era stata oggetto di concessione in sanatoria e quanto al garage era stata presentata domanda di condono con i relativi pagamenti dell’oblazione ai sensi della legge n. 326 del2003, a nulla rilevando che la regolarizzazione urbanistica dell’immobile fosse avvenuta successivamente alla stipula del preliminare, sulla base della sopravvenuta disciplina del condono degli abusi edilizi. Avverso questa sentenza interponeva appello L.F. , chiedendo che venisse dichiarata la nullità assoluta ed insanabile del contratto intercorso tra le parti, non essendo stata provata la regolarità urbanistica e la commerciabilità del bene immobile promesso in vendita ai sensi della legge n. 47 del 1985, nonché venisse dichiarata la nullità, anche perché trattavasi di un bene di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 il convenuto dichiarava di essere superficiario e 477 c.p.mancava la prova documentate del dedotto diritto di superficie, per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro l’inesistenza del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversiaprezzo derivante dall’irrisorietà dello stesso. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Si costituiva Xx.Xx.). , con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva resistendo al gravame e chiedendo la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità conferma della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la impugnata. La Corte di Appello di TorinoRoma, nella resistenza dell'appellatocon sentenza n. 4430 del 2013, accoglieva l'appello rigettava l’appello e in totale riforma della confermava la sentenza impugnatadi primo grado, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesacondividendo le ragioni già espresse dal Tribunale di Tivoli. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione La cassazione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata questa sentenza è stata chiesta da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziarioP.L. , quale l'episodio della visita erede del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio marito L.F. per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale . Xx.Xx. ha resistito ilcon controricorso. Motivi della decisione 1.- P.L. denuncia:
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Samples: Contract and Default
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, il 12 novembre 1993 la Tecnoimpianti s.r.l. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di AlbaNapoli la SEPSA s.p.a. esponendo che con contratto di appalto stipulato il 14 gennaio 1992 detta società le aveva affidato per la durata di un anno, M.G. tacitamente rinnovabile per un ulteriore anno, la manutenzione ordinaria e premesso straordinaria degli impianti di svolgere l'attività illuminazione e forza motrice installati nei fabbricati, nei piazzali e nelle pertinenze della ferrovia cumana e circumflegrea, con riserva di antiquario, esponeva indicare gli eseguendi interventi con appositi ordinativi di lavoro; che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000tale contratto era rimasto ineseguito, per non avere la committente comunicato alcun ordinativo; che essa istante aveva prestato cauzione di lire 6.000.000 mediante polizza fideiussoria assicurativa e sostenuto spese contrattuali. Xxxxxxxx pertanto che si dichiarasse l’inadempimento della convenuta o il quale aveva raggiunto un accordo recesso per la vendita il suo comportamento omissivo, con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.lo svincolo della cauzione, il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava rimborso delle spese sostenute ed il pagamento del decimo dell'importo delle opere non eseguite a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata mancato utile e spese generali, con la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquistorivalutazione monetaria e gli interessi legali. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato Costituitosi il contraddittorio, nella resistenza con sentenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, 7 ottobre - 31 dicembre 1998 il Tribunale aditodichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla richiesta di svincolo della cauzione e rigettava le altre domande, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle speseravvisando nel negozio intercorso tra le parti un contratto normativo. In virtù di rituale Proposto appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.dalla Tecnoimpianti s.r.l., la Corte di Appello di TorinoNapoli, disposta consulenza tecnica di ufficio diretta ad accertare se nel periodo di originaria durata del contratto ed in quello successivo di proroga tacita la SEPSA s.p.a. avesse commissionato a terzi i lavori contrattualmente previsti, rigettava l’impugnazione, osservando in motivazione che il primo giudice aveva errato nel configurare il negozio intercorso tra le parti come contratto normativo, ossia come accordo volto a dettare una determinata regolamentazione per futuri ed eventuali contratti, la cui conclusione postulasse un'ulteriore manifestazione di volontà, avendo in realtà dette parti stipulato un tipico contratto di appalto, fissandone anche la durata ed il corrispettivo, avente ad oggetto lavori e forniture per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di illuminazione e forza motrice nei luoghi su indicati, con la clausola che i lavori e le forniture da eseguire verranno precisati all'imprenditore dalla Sepsa, mediante appositi ordinativi di lavoro, di volta in volta che si renderanno necessari in relazione alle esigenze della Sepsa stessa (art. 1), e con l'ulteriore clausola che il termine utile... sarà fissato di volta in volta nei relativi ordini di lavoro, secondo l'apprezzamento discrezionale della Dirigenza, tenuto conto, nella resistenza dell'appellatosua competenza e responsabilità, accoglieva l'appello delle caratteristiche dei singoli interventi di manutenzione o dei lavori similari da effettuare (art. 7). Peraltro siffatto contratto doveva considerarsi nullo per indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto, essendo state l’indicate le prestazioni a carico dell'appaltatore in termini così vaghi e generici da rendere impossibile la loro individuazione, né potendo a tale scopo farsi ricorso ad elementi estrinseci che assumessero una funzione integrativa ex post, atteso che l’unico elemento in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenzatesi utilizzabile era costituito dagli ordini di servizio, la corte territoriale evidenziava cui adozione era stata rimessa all'apprezzamento discrezionale della società committente, così da doversi ritenere che l'eccezione l'assunzione dell'obbligazione fosse subordinata ad una condizione meramente potestativa, tale da dar luogo ad una ulteriore causa di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione nullità del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminateai sensi dell'art. 1355 c.c. Avverso l'indicata tale sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su la Tecnoimpianti s.r.l. deducendo due motivi, al quale motivi illustrati con memoria. La SEPSA s.p.a. ha resistito ilcon controricorso.
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Samples: Contract of Appalto
Svolgimento del processo. Con atto due separati ricorsi al Pretore di citazione notificato l'8 Savona, Gi. Cu. conveniva in giudizio la s.r.l. Id. Ca. della quale era stato dipendente, con mansioni di operaio categoria E, dal 1 giugno 1995. Con il primo ricorso esponeva di essere stato licenziato verbalmente il 30 novembre 1995 e di aver impugnato il provvedimento espulsivo in data 7 febbraio 1996; di aver ripreso il lavoro, a seguito di invito del datore, in data 19 febbraio 1996: di essere rimasto creditore delle retribuzioni dei mesi di dicembre 1995, gennaio 2001 X.X. xxxxxxx1996 e di 18 gg. del mese di febbraio 1996. Chiedeva quindi la condanna della convenuta a corrispondergli le suddette retribuzioni, dinanzi al Tribunale di Albaoltre accessori, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquariononché il risarcimento del danno, derivante dall'illegittimo licenziamento, in misura non inferiore a 2,5 mensilità. Con il secondo ricorso, depositato nella medesima data, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx"il 10 giugno 1996 era stato indetto uno sciopero, per lo stesso giorno, da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000parte dei dipendenti della società -tra i quali lo stesso ricorrente- e della CGIL di Savona, per protestare in ordine ai continui ed arbitrari spostamenti di orario da parte del datore, chiedendo un incontro per definire l'organizzazione del futuro lavoro; che nella medesima data la società lo sospendeva cautelativamente dal lavoro, licenziandolo quindi il quale aveva raggiunto 17 giugno 1996. Assumeva l'illegittimità del licenziamento, di natura apparentemente disciplinare facendo riferimento all'art. 55 c.c. n. l. laterizi, ma in realtà privo di giusta causa perché determinato dalla partecipazione allo sciopero e quindi configurante condotta antisindacale, in quanto volto a limitare l'attività sindacale e reprimere il diritto di sciopero. In ogni caso, nella fattispecie in esame, era stato violato il criterio della proporzionalità. ex art. 2106 c.c., tra il fatto contestato e la sanzione applicata, tanto più che non poteva essere ritenuto leso l'elemento fiduciario, poiché lo sciopero era finalizzato alla ricerca di un accordo dialogo col datore. Chiedeva quindi la reintegrazione nel posto di lavoro e la condanna alla corresponsione delle retribuzioni maturate fino alla data della reintegra, ovvero alla corresponsione dell'indennità sostitutiva pari a 15 mensilità, oltre al risarcimento del danno. La società si costituiva esponendo, quanto al primo ricorso, che tra le parti era stato posto in essere rapporto di lavoro a tempo determinato, come risultava dalla richiesta inviata alla sezione circoscrizionale per la vendita con tale xxx.xx P. A.l'impiego, pattuendo il prezzo sottoscritta dal ricorrente per accettazione, cosicché non era necessaria alcuna comunicazione della cessazione del rapporto trattandosi di L. 42.000.000scadenza naturale del contratto; che successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personaricorrente era stato riassunto a tempo indeterminato; che quindi nulla era dovuto per il periodo di tempo in cui non aveva lavorato, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava né a titolo di acconto due assegni dell'importo risarcimento danni; che comunque, essendo venuto meno il licenziamento, nessun danno si era prodotto. In risposta al secondo ricorso, esponeva che la CGIL non aveva mai proclamato uno sciopero, né vi sarebbe stato motivo di L. 15.000.000 ciascunofarlo perché la società non aveva arbitrariamente e continuamente modificato gli orari, che, per necessità aziendali, la società aveva reso edotti i dipendenti del mutamento di orario; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da ricorrente aveva posto in essere un anonimo interlocutoregrave atto di insubordinazione, essendosi presentato la mattina del 10 giugno 1996 pretendendo di imporre al datore determinati orari di lavoro e, davanti al diniego, aveva ribadito che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS)non aveva intenzione di accettare il nuovo orario e che in caso di mancato accoglimento delle sue pretese se ne sarebbe andato trascinando con sé gli altri dipendenti: aveva quindi cercato di far abbandonare il lavoro ad un collega, gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestroma non essendovi riuscito se ne era andato, unitamente ad un documento rinvenuto altri due dipendenti; che a tergo del dipinto a firma del profseguito di tale condotta gli veniva inviata contestazione disciplinare, cui seguiva il licenziamento. A.Xxxxxxxx, studioso d'arte; quindi, il rigetto di tutte le domande. Riuniti i procedimenti, il Tribunale di Alba - SezSavona (subentrato al Pretore) accoglieva le domande sia in ordine al pagamento delle retribuzioni dall'1 dicembre 1995 al 18 febbraio 1996, non risultando l'apposizione per iscritto del termine al contratto di lavoro, sia in ordine alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento in quanto intimato in seguito alla proclamazione e partecipazione ad uno sciopero, con conseguente ordine di reintegrazione del Gi. distaccata Cu. nel posto di Bra condannava P. L. per i reati lavoro e di cui agli arttpagamento della retribuzione globale di fatto dal 17 giugno 1996 alla data della reintegra, ovvero, in caso di opzione ex art. 11018 l. 300/70, 640alla corresponsione della indennità sostitutiva in misura pari a 15 mensilità della retribuzione suddetta, 61 n. 7con interessi e rivalutazione, 495altre al risarcimento del danno in misura di 5 mensilità. Avverso tale decisione, 482 e 477 c.p.la società Id. Ca. s.r.l. proponeva appello deducendo, per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto riguardo alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenutoprima questione, che in via riconvenzionale chiedeva il Gi. Cu. non avrebbe disconosciuto nei termini il documento da lei prodotto dal quale si evinceva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.natura di rapporto a termine, con la partecipazione di conseguenza che la cessazione del rapporto non era imputabile ad un mediatore licenziamento ma alla semplice scadenza del termine finale posto al rapporto. In ordine alla seconda questione (tale Xx.Xx.relativa alla impugnazione del licenziamento intimato in data 17.6.1996), con la società ribadiva la legittimità della risoluzione del rapporto lavorativo avvenuta per ragioni disciplinari a causa della grave insubordinazione messa in atto dal lavoratore nella mattinata del 10 giugno 1996. Si costituiva l'appellato, contestando il pagamento gravame di L. 30.000.000, cui chiedeva il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle speserigetto. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della Con sentenza del giudice 22 marzo-18 aprile 2002, l'adita Corte d'appello di prime cure che aveva ritenuto Genova rigettava il gravame, confermando l'impugnata decisione, anche in ordine alle argomentazioni adottate a sostegno della stessa. Per la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base cassazione di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato tale pronuncia ricorre la Id. Ca. s.r.l. con due motivi. Resiste il possesso del dipinto; Gi. Cu. con controricorso. Entrambe le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile parti hanno presentato memorie ex art. 346 378 c.p.c. perchè solo meglio specificata MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo, la società ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2086, 2094, 2104 e 2119 c.c. e dell'art. 41 della Costituzione, nonché omessa o insufficiente o illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, lamenta il mancato rispetto, da parte del Giudice a quo, dei richiamati articoli del codice civile e della Costituzione, in secondo grado)quanto -a suo dire- sarebbe stato violato il principio della libertà di impresa e quello della insindacabilità della determinazione datoriale circa le modalità di espletamento della prestazione lavorativa. Più specificamente, traducendosi la società sostiene che il datore di lavoro sarebbe libero da ogni vincolo nel determinare l'orario di lavoro da assegnare ai dipendenti, con la conseguenza logica che l'orario stabilito dal datore di lavoro non può in alcun modo essere messo in discussione. Da ciò conseguirebbe, inoltre, che la proposta da parte del Gi. Cu. di un diverso orario -proposta, avente il carattere, ad avviso della ricorrente, di una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale vera e propria "imposizione"- a cui era seguito il suo allontanamento dall'azienda, costituirebbe un atto di insubordinazione che legittimerebbe la risoluzione del rapporto lavorativo. Nella specie, peraltro, non si tratterebbe di esercizio del diritto fatto valere di sciopero, ma di abbandono del posto di lavoro, come forma di contestazione rispetto alle determinazioni aziendali. La CGIL -osserva la Società- si era occupata della questione "solo ad insubordinazione avvenuta e solo per cercare di porvi una toppa", non avendo la stessa mai proclamato alcun legittimo sciopero. Il motivo è infondato. Va preliminarmente osservato che -secondo l'orientamento di questa Corte, cui va prestata adesione- in giudiziotema di orario di lavoro, posto i limiti allo "ius variandi" dell'imprenditore nei contratti di lavoro part time -nei quali la programmabilità del tempo libero (eventualmente in funzione dello svolgimento di un'ulteriore attività lavorativa) assume carattere essenziale che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene giustifica l'immodificabilità dell'orario da parte dell'attore anche datoriale- non sono estensibili al contratto di lavoro a tempo pieno, nel meritoquale un'eguale tutela del tempo libero del lavoratore si tradurrebbe nella negazione del diritto dell'imprenditore di organizzare l'attività lavorativa, avendo diritto che può subire limiti solo in dipendenza di accordi che lo stesso X.vincolino o lo condizionino a particolare procedure (Cass. 16 aprile 1993 n. 4507). Pertanto, responsabile sotto questo profilo, appare fondata la critica formulata dalla società ricorrente alla decisione impugnata, laddove si afferma che non sussiste un potere pienamente discrezionale del dipinto ex recepto (per datore di lavoro di determinare o di variare unilateralmente la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto collocazione temporale della prestazione lavorativa, sebbene non sussista in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo linea generale un diritto soggettivo del dipendente alla stabilità dell'orario di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processualilavoro, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilpuò essere legittimamente variata previo accordo sindacale o con i lavoratori addetti all'attività d'impresa.
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Samples: Sentenza
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, La società Axa assicurazioni conveniva nel 1999 dinanzi al Tribunale di AlbaMilano l’azienda Trasporti Municipali chiedendone la condanna, M.G. e premesso a titolo di svolgere l'attività rivalsa, al pagamento di antiquariolire 50 milioni, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi indennizzate al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx"proprio assicurato, da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000L.B., per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita furto dell'auto Jeep Grand Cherokee, da lui utilizzata in leasing, parcheggiata dal medesimo chiusa a chiave con tale xxx.xx P. A.l’antifurto inserito, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della nell'area (OMISSISomissis), gli comunicava in prossimità della stazione della metropolitana milanese, stazione (omissis) , gestita a pagamento dalla suddetta azienda. La domanda era respinta dal Tribunale perché nella specie era stato concluso un contratto atipico di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali parcheggio, disciplinato dalle norme sulla locazione, di proprietà area e di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione qui l'inesistenza di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento obbligo di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione custodia dell'auto da parte del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle speseparcheggiatore. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della Con sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., 30 aprile 2004 la Corte di Appello appello di TorinoMilano rigettava il gravame dell'Axa assicurazioni sulle seguenti considerazioni: 1) l’area di parcheggio Cascina Gobba, realizzata dal Comune di Milano in attuazione del programma di decongestionamento dei centri urbani, imposto dall'art. 6 della legge 24 marzo del 1989 n. 122 ai Comuni di 15 città, era finalizzata "all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo", nella resistenza dell'appellatospecie con la metropolitana, accoglieva l'appello stazione (omissis) ; 2) l'art. 15 di detta legge aveva aggiunto la lettera d) al quinto comma dell'art. 4 decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959 n. 393, riprodotto nell'art. 7 lettera f) decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, recante il nuovo codice della strada, che prevede il parcheggio del veicolo anche senza custodia, subordinato al pagamento di una somma da calcolare mediante dispositivi di controllo della durata, previa fissazione delle relative condizioni e tariffe; 3) in totale riforma della sentenza impugnataattuazione di detta normativa il Comune aveva deliberato - atto n. 1740/1993 - di destinare le aree di interscambio di linea a parcheggio "sorvegliato senza custodia dei veicolo", dichiarava in tal modo tutelando l’interesse pubblico, in città di intenso traffico, a reperire uno spazio per parcheggiare l'auto, senza i costi derivanti dalla custodia, ed ha concesso il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenzarelativo servizio all'azienda Trasporti Milanesi; 4) perciò, avendo il B. optato per il parcheggio incustodito, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e causa del contratto non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per è la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che ma la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziariolocazione dell'area, il comportamento cui corrispettivo, a tempo, è determinato da dispositivi automatici, senza rilevanza né del M. tipo di struttura adibito a parcheggio - silos, strada, recinzione - né della presenza di personale addetto a riscuotere il corrispettivo o alla sorveglianza della sicurezza e manutenzione ed integrità delle strutture ed attrezzature, del flusso dei veicoli, e del rispetto della disciplina della sosta nelle aree, e legittimato a ricevere la denunzia dei danni di cui l’ente deve rispondere, ma senza espletare attività di custodia dei veicoli; 5) in varie parti dell'infrastruttura ove aveva parcheggiato il B. era affisso il regolamento contenente l'offerta della sosta, ottimizzata da semafori, impianti video e recinzione, e munita di dispositivi di controllo per disciplinare le modalità di accesso e uscita e rilasciare un contrassegno, non identificativo dell'auto o del conducente, ma misuratore dei tempi d'uso dell'area, in cui era espressamente richiamata la delibera comunale n. 1740/1993 che esclude la responsabilità dell'A.T.M. per furto del veicolo, contemplata invece per i danni arrecati alle strutture e attrezzature e per l’incendio; 6) questa offerta è stata accettata dall'utente con l’introduzione, del veicolo nel parcheggio secondo le modalità prescritte, ponendolo in sosta in qualsiasi spazio libero, senza affidarlo in custodia a nessuno, e ritirando il biglietto al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto fine di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processualipagare l'utilizzazione dell'area all'A.T.M., che andavano rideterminateha adempiuto l’obbligo di assicurare l’occupazione dello spazio per il tempo richiesto. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha Ha proposto ricorso per cassazione il M.l'Axa Assicurazioni cui ha resistito la s.p.a. A.T.M. La causa, che risulta articolato su due motivia seguito di ordinanza 683/2010 della III sezione civile di segnalazione del contrasto di giurisprudenza all'interno della medesima - Cass. 27 gennaio 2009 n. 1957, contra Xxxx. 13 marzo 2009, n. 6169 - sull disciplina applicabile nel caso di furto di un veicolo parcheggiato in un'area recintata, gestita da una società privata, e sulla natura ed efficacia delle clausole di esclusione della responsabilità ex recepto stabilite nel regolamento di parcheggio in attuazione del potere amministrativo conferito al Comune dal precitato art. 7, comma primo, lett. f) dlgs n. 285 del 1992 di istituire apposite aree a pagamento anche senza obbligo della custodia dei veicoli - indipendentemente dalle modalità di organizzazione dei parcheggio [recinzioni, accesso e uscita, dispositivi di controllo] – secondo le modalità manifestate con apposito regolamento esposto prima di accedere all'apposita area - e così assimilando questo tipo di contratto di parcheggio a quello di locazione di area - da valutare alla luce delle norme sulla tutela dei consumatore, ha rimesso la causa al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite sulla questione se "in caso di parcheggio istituito dal Comune, previa deliberazione della Giunta, in un'area recintata a ciò predisposta e gestita da una società privata, al quale contratto atipico di parcheggio stipulato dall'utente con la predetta società siano applicabili le norme relative al deposito, con la conseguente responsabilità del gestore nel caso di furto del veicolo, oppure le norme relative al contratto di locazione (di area), con esclusione della responsabilità del gestore per la custodia dei veicoli in essa parcheggiati". Il Pubblico Ministero ha resistito ilconcluso per il rigetto del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
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Samples: Contratto Di Parcheggio
Svolgimento del processo. Con Xx. e Fi. hanno adito il tribunale di Aosta, chiedendo la condanna di B.L. a ripristinare una servitù di passaggio dalla larghezza di mt. 6, costituita in favore della loro proprietà con atto del 6.11.2003. Gli attori avevano acquistato da M.D. taluni fondi agricoli siti nel Comune di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxSaint Xxxxxx, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.contestualmente alla vendita, il quale esibiva convenuto aveva concesso una carta d'identità contraffatta servitù di passaggio pedonale e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della carrabile sul mappale (OMISSIS), dietro il pagamento di un'indennità di Euro 500,00. Circa sei mesi dopo, il Comune di Saint Xxxxxx aveva comunicato la pendenza di una procedura espropriativa che interessava il fondo servente e che avrebbe inciso anche sulla servitù, riducendo la larghezza del tracciato asservito. Xxxx'assunto che il titolare del fondo servente fosse a conoscenza della procedura ablatoria e che essa avesse determinato l'interclusione del fondo dominante, gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in attori hanno chiesto la condanna del B. a costituire sui mappali (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente la servitù di passaggio su un tracciato dalla larghezza di mt. 6 In corso di causa B.L. è deceduto e questi la causa è proseguita verso gli confermava eredi. Il Tribunale ha accolto la domanda e ha costituito la servitù, senza indennità, sul tracciato dalla larghezza di possedere il quadromt. Presentata denunzia, 6 individuato dalla consulenza tecnica d'ufficio. La pronuncia è stata confermata dalla Corte distrettuale la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per quale ha ritenuto i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo resistenti avessero diritto alla restituzione tutela reale del benediritto di passaggio e che l'esproprio avesse ridotto la larghezza del percorso asservito, dovendosi quindi ripristinare la servitù conformemente al titolo. Instaurato Ha stabilito che il contraddittorioB. era a conoscenza dell'esproprio già al momento del contratto costitutivo della servitù e che non aveva reso alle controparte "ogni informazione rilevante ai fini della costituzione della servitù", nella resistenza del convenutopur essendovi tenuto. Per la cassazione di questa sentenza B.F. ha proposto ricorso in 5 motivi, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.illustrati con memoria, con la partecipazione di un mediatore (tale cui Xx.Xx. e Fi. hanno resistito con controricorso.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il
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Samples: Ord.
Svolgimento del processo. Con atto ricorso depositato il 5 luglio 2000 la soc. coop. a.r.l. CO.GI.FE., con sede in (OMESSO), a seguito di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxsentenza dichiarativa d'incompetenza emessa dal Tribunale di Campobasso, dinanzi riassumeva davanti al Tribunale di AlbaIsernia, M.G. e premesso dichiarato competente, il processo che aveva instaurato contro l'INPS con ricorso 28 gennaio 2000. Esponeva che, con verbale di svolgere l'attività accertamento 28 maggio 1999, l'INPS aveva contestato alla stessa la violazione del CCNL del settore pulizie, avendo assunto con contratto a tempo parziale una lavoratrice per un orario di antiquariolavoro settimanale inferiore al minimo stabilito di 14 ore. Deduceva l'insussistenza della violazione poiche' essa societa', esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto all'epoca, non poteva collocare la predetta lavoratrice in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx"altri appalti ricadenti nel medesimo ambito territoriale. Concludeva perche', da valutarsi intorno accertata l'illegittimita' (recte: la legittimita') dei contratti a L. 35.000.000 - 40.000.000tempo parziale e, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A.converso, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza personal'infondatezza dell'accertamento, tale P.L.venisse riconosciuto, qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.in proprio favore, il quale esibiva diritto agli sgravi ed alla fiscalizzazione. Costituitosi, l'INPS sosteneva che la CO.GI.FE. forniva una carta d'identità contraffatta lettura interpretativa dell'articolo 26 c.c.n.l. non condivisibile e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile chiedeva pertanto il rigetto del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquistoricorso. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisatoEspletata l'attivita' istruttoria, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.Tribunale, con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causasentenza 15 gennaio 2002, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto domanda. Avverso tale decisione proponeva appello la societa', insistendo nel ritenere applicabile alla restituzione fattispecie, alla stregua del dipinto in questionedisposto di cui al richiamato articolo 26, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (principio dell'orario minimo possibile e non inammissibile ex artquello dell'orario minimo inderogabile. 346 c.p.cPer la cassazione di tale pronuncia ricorre la CO.GI.FE. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del beneSCARL con un unico articolato motivo. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto L'INPS resiste con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilcontroricorso.
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Samples: Sentenza
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxsentenza n. 2649/2003, dinanzi al Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - SezFirenze accoglieva l'opposizione proposta da X.X. xxxxxxx il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti ad istanza della s.p.a. distaccata di Bra condannava P. L. Centro Leasing per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento della somma di L. 30.000.000132.714.179 oltre accessori, in relazione ad un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto un ecografo e altri apparecchi; senza provvedere, di conseguenza, sulla domanda di manleva proposta dal V. nei confronti dei chiamati in causa s.r.l. RWS e O.G., rispettivamente società che avrebbe dovuto fornire il macchinario e rappresentante della stessa società; compensava interamente le spese tra le parti. A fondamento della decisione il Tribunale aditoosservava che il V. - pur avendo sottoscritto la dichiarazione di accettazione dei macchinari, all'esito dell'istruzione avente valore di benestare al pagamento da parte della causaCentro Leasing, respingeva la domanda attorea e dichiarava indotto a ciò dall' O. che M. G.P. gli aveva diritto alla restituzione del dipinto promesso tempi di consegna più celeri - non aveva mai ricevuto le apparecchiature in questione, attualmente le quali erano determinate solo nel genere e non risultavano mai specificate, non essendo a tal fine sufficiente la dichiarazione indicata. Ne derivava - secondo il Tribunale - l'inefficacia del contratto di locazione finanziaria per mancanza dell'oggetto o, comunque, la sua risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione. La decisione, gravata da impugnazione in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98via principale della s.p.a. Centro Leasing e in via incidentale dal V., era riformata dalla Corte di appello di Firenze, la quale con condanna dell'attore alla rifusione delle spesesentenza in data 8 aprile 2010, così provvedeva: accoglieva l'appello della s.p.a. In virtù di rituale appello interposto Centro Leasing e confermava il decreto ingiuntivo opposto dal G.V., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. condannava al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione pagamento delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e processuali dei due gradi in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatefavore dell'appellante. Avverso l'indicata detta sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M.V. M. contro la s.p.a. Centro Leasing e nei confronti di O. G. e della Curatela del Fallimento RWS s.r.l., che risulta articolato su due svolgendo sette motivi. Ha resistito la s.p.a. Centro Leasing, al quale ha resistito ildepositando controricorso Nessuna attività difensiva è stata svolta dagli altri intimati.
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Samples: Leasing Agreement
Svolgimento del processo. Con atto di O.E., con citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxdel 27.4.95, dinanzi conviene la S.p.A. Ice- Snei innanzi al Tribunale di AlbaNapoli e, M.G. sulla premessa del possesso esclusivo ed ininterrotto dal 5.1.68 d'un appartamento e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario pertinente box nell'edificio alla traversa 2 della via (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. ) in (OMISSIS), catastalmente intestato alla convenuta, chiede dichiararsi l'intervenuto suo acquisto della proprietà dell'immobile per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadrousucapione. Presentata denunziaCostituendosi, la Procura della Repubblica convenuta S.p.A. Ice-Snei si oppone alla domanda, deducendo che l'attore aveva avuto la mera detenzione dell'immobile, consegnatogli in esecuzione d'un preliminare di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti vendita inter partes, appunto del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro5.1.68, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A.e chiede, studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110in via riconvenzionale, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per dichiararsi la risoluzione del detto preliminare per grave inadempimento della controversia. Ciò precisatocontroparte, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto questa avendo corrisposto sul prezzo di vendita soltanto un anticipo di L. 42.815, e, quindi, condannarsi la stessa controparte alla restituzione del benebene ed al risarcimento dei danni. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza Decidendo delle contrapposte domande con sentenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.0002.3.00, il Tribunale tribunale adito, all'esito dell'istruzione in accoglimento della causaprincipale, respingeva dichiara acquisita dall'attore la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questioneproprietà dell'immobile. Tale decisione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98impugnata dalla S.p.A. Ice-Snei, viene riformata con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la 27.1.03 dalla Corte di Appello di TorinoNapoli, nella resistenza dell'appellatoche rigetta sia la domanda principale sia quelle riconvenzionali sulla considerazione: da un lato, accoglieva l'appello che l' O., a seguito del preliminare di vendita, avesse acquisito la sola detenzione dell'immobile e che i successivi comportamenti tenuti dallo stesso non fossero stati idonei a mutare detta detenzione in totale riforma della un possesso utile all'usucapione; dall'altro, che non avendo la S.p.A. Ice-Snei rivolto l'invito a stipulare l'atto definitivo di trasferimento a termini di contratto alla controparte, a quest'ultima non fosse addebitabile un inadempimento al preliminare neppure in relazione al mancato pagamento del prezzo convenuto. Avverso la sentenza impugnatadi secondo grado la S.p.A. Ice-Snei propone ricorso per cassazione, dichiarava con atto notificato il G. legittimo proprietario 5.4.03, affidato a due motivi; l' O., a sua volta, propone ricorso per Cassazione, con atto notificato il 7.4.03, affidato anch'esso a due motivi; al primo ricorso l' O. resiste con controricorso del dipinto in contesa14.5.03, contestualmente proponendo ricorso incidentale nel quale si riporta al proprio precedente ricorso; la S.p.A. Ice-Snei, a sua volta, con atto del 16.5.03, propone controricorso e contestuale ricorso incidentale, nel quale anch'essa si riporta al già proposto ricorso. A sostegno dell'adottata sentenzaEntrambe le parti fanno seguire memoria. La Seconda Sezione, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile disposta ex art. 346 335 c.p.c. perchè solo meglio specificata all'udienza 13.6.06 la riunione dei ricorsi proposti in secondo grado)via principale ed incidentale avverso la medesima sentenza, traducendosi con ordinanza 19.7.06 evidenzia come la questione relativa alla qualificazione, in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudiziotermini di possesso piuttosto che di detenzione, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità della disponibilità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto conseguita dal promissario d'una vendita immobiliare in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo forza di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione clausola del contratto preliminare questione ritenuta propedeutica anche rispetto a quella, sollevata dal medesimo ricorrente con il D.secondo motivo, osservava cherelativa al difetto d'integrità del contraddittorio quanto alla domanda di risoluzione del contratto, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza proposta in via riconvenzionale dalla controparte ed oggetto del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M.di quest'ultima abbia avuto soluzioni difformi nella giurisprudenza di legittimità, che risulta articolato su due motivianche all'interno della stessa Sezione, e rimette, quindi, la causa al Primo presidente, dal quale ha resistito ilè disposta la trattazione della questione stessa da parte di queste Sezioni Unite per la composizione del contrasto.
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Svolgimento del processo. Con on atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 27 febbraio 1992 F.L.M. e M.E. - premesso che avevano sti- pulato il 15 giugno 1990 con C.G.F., dinanzi prelimina- re di compravendita relativamente ad una porzione di terreno in (Omissis), meglio identificato nella scrittura; che avevano contestualmente versato il prezzo conve- nuto di 30.000.000; che il trasferimento con atto notari- le era stato convenuto entro il mese di ottobre 1990, e, comunque, una volta effettuato il frazionamento del ter- reno; che a seguito del decesso di C.G.F. tale trasferi- mento non era potuto avvenire; che invano alla stipula- zione erano stati invitati gli eredi di questa - convenne- ro in giudizio davanti al Tribunale di AlbaVigevano C.G.G. e P.E., M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno chiedendo la condanna degli stessi a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.trasferire ai sensi dell’art. 2932 Codice civile, il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata terreno oggetto del contratto preliminare individuato nel frazionamento in- tervenuto dopo la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile stipula del bene in quanto custode, versava contratto preliminare al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquistofg. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSISOmissis), gli comunicava mapp. (Omissis) di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in are (OMISSISOmissis), RD (Omis- sis), RA (Omissis), con ordine di trascrizione della sen- tenza dichiarativa del trasferimento di proprietà. Chiese- ro inoltre condanna dei convenuti al risarcimento dei danni (per cui lo contattava immediatamente spese di frazionamento, registrazione scrittura e questi gli confermava altro). In giudizio si costituirono i convenuti chiedendo il riget- to della domanda sostenendo trattarsi non di possedere il quadroun con- tratto preliminare ma di compravendita. Presentata denunzia, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; All’esito dell’i- struttoria il Tribunale di Alba - SezVigevano, con sentenza del 19 aprile 1999, accogliendo parzialmente la domanda di- spose il trasferimento di proprietà del terreno ai sensi dell’art. distaccata 2932 Codice civile, dando atto che il prezzo era stato già corrisposto, dichiarò trascrivibile la sentenza ai sensi dell’art. 2652 Codice civile, n. 2, e rigettò la do- manda di Bra condannava P. L. risarcimento danni. Avverso tale decisione hanno proposto appello i soc- combenti chiedendo declaratoria di nullità della senten- za impugnata per i reati indeterminatezza dell’oggetto del con- tratto redatto inter partes. In giudizio si sono costituiti gli appellati chiedendo la conferma della decisione impugnata. All’esito dell’istruttoria, la Corte d’appello di Milano, con sentenza in data 23 ottobre 2001, rigettava il grava- me avendo ritenuto che l’oggetto del contratto era de- terminabile attraverso il frazionamento cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per han- no fatto riferimento nella scrittura. Per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione Cassazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea decisione C.G.G. e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa P.E. propo- nevano ricorso sulla base di una serie di indizi gravi, precisi tre motivi. F.L.M. e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto M.E. hanno resistito con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilcontroricorso.
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Samples: Contratti
Svolgimento del processo. Con atto Gli odierni ricorrenti agirono nel novembre 1996 proclamandosi promittenti venditori di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxuna porzione di fabbricato sita in Avellino. Chiesero l'esecuzione in forma specifica dell'accordo preliminare concluso il 9 luglio 1996 con i promissari acquirenti, dinanzi al Tribunale i coniugi F. G. e Fi. Ma. . I convenuti resistettero sostenendo che la scrittura privata del 9 luglio costituiva una semplice puntuazione, priva di Albaefficacia obbligatoria, M.G. e premesso insuscettibile di svolgere l'attività esecuzione ex articolo 2932 c.c.. Il tribunale di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva Avellino rilevò che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto contratto conteneva l'impegno a stipulare il contratto preliminare di compravendita, allorquando il Banco di Napoli avesse dato assenso all'esclusione della porzione venduta dall'ipoteca gravante sul fabbricato. Il tribunale ritenne che il contratto stipulato fosse da un anonimo interlocutore, qualificare come "preliminare di preliminare" e che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS), gli comunicava fosse nullo per difetto originario di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadrocausa. Presentata denunzia, Pertanto respinse la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestro, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del profdomanda. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., Anche la Corte di Appello appello di TorinoNapoli ha ritenuto che al contratto preliminare può riconoscersi funzione giuridicamente apprezzabile solo se è idoneo a produrre effetti diversi da quelli del contratto preparatorio; che nella specie il secondo preliminare previsto dalle parti avrebbe prodotto gli stessi effetti di impegnarsi a stipulare alle medesime condizioni e sul medesimo bene; che pertanto l'accordo del 1996 era nullo, nella resistenza dell'appellatoper difetto di causa autonoma rispetto al contratto preliminare da stipulare. Ha rigettato quindi la domanda di risoluzione e risarcimento danni, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnataintrodotta nel corso del giudizio di primo grado ex articolo 1453 c.c., dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesacomma 2. A sostegno dell'adottata Avverso questa sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex arti promittenti venditori signori Me. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha - St. hanno proposto ricorso per cassazione con unico motivo. Gli intimati inizialmente non hanno svolto attività difensiva. In vista della pubblica udienza, Fi. Ma. Si è costituita con "memoria difensiva" del difensore nominato con procura speciale notarile. Con ordinanza interlocutoria 5779/14 del 12 marzo 2014 della seconda sezione civile, la causa è stata rimessa al primo Presidente, il M., che risulta articolato su due motivi, al quale la ha resistito ilassegnata alle Sezioni Unite della Corte. Le parti costituite hanno depositato memorie.
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Samples: Preliminary Agreement
Svolgimento del processo. Con atto di citazione del 27/8/2001, notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxin data 28/09/2001, dinanzi al la Locat S.p.A. conveniva in giudizio davanti il Tribunale di Alba, M.G. e premesso di svolgere l'attività di antiquario, esponeva che nei primi mesi del 1998 aveva ricevuto in conto vendita da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx", da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per Milano la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P.Sig.ra T.D., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta Sig. S.A. e consegnava il Sig. C.V. chiedendone la condanna, in solido tra loro, al pagamento della somma di Euro 417.707,00 (allora L. 808.794.178) dovuta in forza dei patti di riacquisto prestati a titolo garanzia delle obbligazioni assunte dalla società Di.Seal. S.r.l., poi fallita, a favore della concedente con il contratto di acconto due assegni dell'importo leasing stipulato in data 19/3/1997 avente ad oggetto la locazione finanziaria di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità un capannone industriale sito nel Comune di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della (OMISSIS). Si costituivano i convenuti eccependo preliminarmente l'incompetenza del Tribunale adito e la carenza di legittimazione attiva della Locat S.p.a., gli comunicava avendo sottoscritto i patti di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS)riacquisto de quibus non con quest'ultima, per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunziama con altro soggetto giuridico, la Procura Credit Leasing Società per il Leasing Finanziario S.p.a.; deducendo nel merito l'infondatezza della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed domanda attorea chiedendone il quadro veniva sottoposto a sequestrorigetto, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che domandando in via riconvenzionale chiedeva dichiararsi l'inesistenza e/o la riconsegna nullità dei patti di riacquisto per indeterminatezza dell'oggetto negoziale e comunque l'inefficacia e/o invalidità dei medesimi e delle clausole vessatorie negli stessi contenute nonchè l'estinzione dell'obbligo di riacquisto e la risoluzione del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G., con la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000rapporto contrattuale per inadempimento della concedente. In esito al giudizio, il Tribunale aditoadito accoglieva le domande attrici condannando i convenuti, all'esito dell'istruzione della causain solido, respingeva la domanda attorea al pagamento di Euro 417.787,00 oltre interessi e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G.lite. Avverso tale decisione proponevano appello la T., il S. ed il C. ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la Locat Spa, la Corte di Appello di TorinoMilano con sentenza depositata in data 29 giugno 2011, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, respingeva la corte territoriale evidenziava domanda di pagamento proposta dalla Locat che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità condannava alla rifusione delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminatespese. Avverso l'indicata la detta sentenza della Corte di Appello di Torino l'Unicredit Leasing Spa ha quindi proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su in due motivi. Resistono con controricorso T.D., al quale ha resistito ilS.A. e C.V.. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
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Samples: Fideicommissum
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxxil 15 febbraio 2000, dinanzi al il Fallimento CCRT impianti srl in liquidazione, dichiarato dal Tribunale di AlbaMilano il 16 ottobre 1997, M.G. conveniva avanti il medesimo Tribunale la I.F.I. spa e premesso l'ENEL Distribuzione spa. Quanto alla prima, Xxxxxxx chiedeva in via principale, a norma della L. Fall., art. 67, comma 2, revocarsi gli accreditamenti operati nell'ambito di svolgere l'attività un intercorso rapporto di antiquariofactoring, esponeva che nei primi mesi in misura di complessive L. 159.262.923, sul conto corrente intestato alla società durante l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento di quest'ultima, nonchè dichiararsi inefficaci, ai sensi del 1998 aveva ricevuto successivo art. 44, i pagamenti in analogia occorsi per L. 71.144.626; quanto alla seconda, chiedeva dichiararsi la propria legittimazione esclusiva alla riscossione del crediti della CCRT con conseguente condanna della convenuta al pagamento di due fatture del settembre 1996 per totali L. 53.322.022. Si costituiva in giudizio l'Enel chiedendo di chiamare in causa della Interpower spa quale cessionaria della struttura produttiva cui ineriva il contratto originante una delle fatture in questione. Si costituiva parimenti la I.F.I. spa, che, oltre a confutare la ascrittale conoscenza dello stato d'insolvenza al tempo del pagamenti dedotti in causa, escludeva essersi nella specie trattato di un rapporto di conto vendita da corrente e di una reciprocità di rimesse, avendo, nel peculiare contesto negoziale di factoring, accreditato alla società cedente il corrispettivo del crediti cedutile, ma solo dopo esserle subentrata nella titolarità relativa. Il Tribunale,con sentenza del 5 agosto 2003, rilevata l'avvenuta contabilizzazione delle operazioni svoltesi in attuazione del rapporto in oggetto all'interno di un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento unico conto, secondo il tipico svolgimento del rapporto di Xxxxx"conto corrente, da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000, per il quale aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A., pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo di acquisto. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario della pattuita loro compensazione (OMISSISvolontaria), gli comunicava attribuiva carattere solutorio ai pagamenti colà risultanti in favore della società finanziaria,che riteneva consapevole dello stato di avere visionato il quadro trafugato dissesto della cedente, e, in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunziaaccoglimento delle domande proposte, la Procura della Repubblica condannava al pagamento delle somme di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti del M. ed Euro 82.252,43 e di Euro 36.743,13 oltre interessi, mentre condannava Enel Distribuzione spa e Interpower spa, costituitasi in causa, a pagare rispettivamente le somme di Euro 9.747,98 e Euro 4.526,21 oltre interessi. Avverso la sentenza proponeva appello la I.F.I. con atto di citazione notificato il quadro veniva sottoposto a sequestro20 maggio 2004 alla procedura e alla Enel Distribuzione spa. Si costituiva nel grado il Fallimento resistendo alla proposta impugnazione, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del profmentre restava contumace l'altro appellato. A., studioso d'arte; il Tribunale La Corte d'appello di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.Milano, con sentenza n. 1285/07, rigettava l'impugnazione. Avverso la partecipazione di un mediatore (tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione del dipinto in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spese. In virtù di rituale appello interposto dal G., con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure che aveva ritenuto la buona fede del M. al momento dell'acquisto, mentre andava esclusa detta decisione ricorre per cassazione sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; cinque motivi la I.F.I. cui resiste con controricorso la curatela fallimentare. Entrambe le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile ex art. 346 c.p.c. perchè solo meglio specificata in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava che la condotta del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede; del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito ilparti hanno depositato memorie.
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Samples: Sentenza
Svolgimento del processo. Con atto di citazione notificato l'8 gennaio 2001 X.X. xxxxxxx, dinanzi al Il Tribunale di AlbaBrescia, M.G. con sentenza del l° ottobre 2000, in accoglimento della domanda proposta dal Cu- ratore del Fallimento della V. s.r.l. (di seguito, Fallimen- to) nei confronti della Banca s.p.a. (Infra, Banca), revo- cava, ai sensi dell’art. 67 l. fall., le rimesse effettuate dal- la società su un conto corrente accesso presso la conve- nuta, ritenendone la natura solutoria, in quanto succes- sive alla revoca degli affidamenti disposta con lettera del 28 settembre 1994, reputando altresì che esistevano ele- menti a conforto della scientia decoctionis della Banca. La sentenza era appellata dalla soccombente, deducen- do che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto revo- cabili i pagamenti, benché non fosse stata revocata la cessione del credito in forza della quale erano stati effet- tuati, reputando provata la scientia decoctionis; inesat- tamente aveva escluso la compensazione ex art. 56 l. fall. tra il credito anticipato dalla banca e premesso le somme ver- sate sul conto corrente; malamente l’aveva condannata al pagamento della rivalutazione e degli interessi. Nel giudizio si costituiva il Fallimento, resistendo al gravame. La Corte d’appello di svolgere l'attività Brescia, con sentenza del 24 giu- gno 2003, in parziale riforma della pronuncia di antiquarioprimo grado, esponeva escludeva che nei primi mesi sulla somma fosse dovuta la riva- lutazione monetaria, rigettava nel resto l’appello e con- dannava la Banca alle spese del 1998 aveva ricevuto in conto vendita doppio grado. La sentenza premetteva che la somma oggetto della do- manda, pari a £ 308.927.775, era stata riferita dalla Banca, quanto a £ 232.679.384 a cessioni di credito e quanto a £ 76.248.391 a versamenti di assegni e bonifi- ci, dovendo da un cliente un dipinto da attribuirsi al Pa. dal titolo "Lo svenimento di Xxxxx"essa scomputarsi £ 33.207.000 a rimaste insolute. La pronuncia osservava quindi che, da valutarsi intorno a L. 35.000.000 - 40.000.000secondo il Tribunale, per i pagamenti relativi alle cessioni di credi- to il quale Fallimento avrebbe dovuto chiedere la revoca di queste ultime e, tuttavia, aveva raggiunto un accordo per la vendita con tale xxx.xx P. A.ritenuto le stesse inop- ponibili al Fallimento, pattuendo il prezzo di L. 42.000.000; successivamente il quadro veniva ritirato da una terza persona, tale P.L., qualificatosi come P.M. e nipote dell'xxx.xx P., il quale esibiva una carta d'identità contraffatta e consegnava a titolo di acconto due assegni dell'importo di L. 15.000.000 ciascuno; verificata la non esigibilità di dette somme, l'attore responsabile del bene in quanto custode, versava al proprietario del dipinto, C.F., l'intero prezzo a titolo prive di acquistodata certa. Aggiungeva che il 21 giungo 1998 veniva telefonicamente raggiunto da un anonimo interlocutore, che qualificatosi come antiquario Ad avviso della (OMISSIS), gli comunicava di avere visionato il quadro trafugato in alcuni locali di proprietà di M.G. in (OMISSIS), per cui lo contattava immediatamente e questi gli confermava di possedere il quadro. Presentata denunziaCorte territoriale, la Procura della Repubblica di Alba disponeva perquisizione domiciliare nei confronti cessione delle rice- vute bancarie era invece «idonea solo a conferire al ces- sionario un mandato a riscuotere in nome e per conto del M. ed il quadro veniva sottoposto a sequestrocedente, unitamente ad un documento rinvenuto a tergo del dipinto a firma del prof. A., studioso d'arte; il Tribunale di Alba - Sez. distaccata di Bra condannava P. L. per i reati di cui agli artt. 110, 640, 61 n. 7, 495, 482 e 477 c.p., per cui l'attore chiedeva al GIP il dissequestro del quadro, richiesta che, unitamente a quella presentata dal M., veniva respinta con ordinanza del 7.3.2000, rimettendo le parti innanzi al tribunale civile per la risoluzione della controversia. Ciò precisato, il G. chiedeva che venisse accertato il suo diritto alla restituzione del bene. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che sia pure in via riconvenzionale chiedeva la riconsegna del dipinto da lui regolarmente acquistato da D.G.rem propriam, con la partecipazione di un mediatore (conse- guenza che fino a tale Xx.Xx.), con il pagamento di L. 30.000.000, il Tribunale adito, all'esito dell'istruzione della causa, respingeva momento la domanda attorea e dichiarava che M. G.P. aveva diritto alla restituzione titolarità del dipinto credito rimane in questione, attualmente in sequestro nell'ambito del procedimento penale n. 1444/98, con condanna dell'attore alla rifusione delle spesecapo al creditore originario». In virtù ogni caso, anche ritenendo che il negozio indiretto equivaleva ad una cessione del credito, la sentenza era incensurabile, stante la ritenuta inopponibilità delle cessioni di rituale appello interposto dal G.credito, per mancanza della data certa. La certezza della data non era, infatti, desumibile «dall’e- missione delle lettere di cessione», in quanto prive dei caratteri stabiliti dall’art. 2704 c.c.. La sentenza configurava quindi i versamenti quali paga- menti, aventi natura solutoria, dato che erano stati ef- fettuati successivamente alla revoca dell’affidamento, reputando assorbito il secondo motivo di appello, con il quale egli lamentava l'erroneità della sentenza del giudice di prime cure la Banca aveva lamentato che il Tribunale aveva ritenuto sussistente la buona fede scientia decoctionis, sulla scorta della lettera di revoca degli affidamenti del M. al momento dell'acquisto6 ottobre 1994, mentre andava esclusa sulla base sostenendo che il relativo accertamento doveva essere effettuato avendo riguardo alla data della stipula delle cessioni di una serie credito. La pronuncia osservava, altresì, che l’eccezione di indizi gravi, precisi e concordanti (comportamento del M. in sede di perquisizione dei Carabinieri che inizialmente aveva negato il possesso del dipinto; le dichiarazioni rilasciate dal D., venditore del quadro; il prezzo pagato, sensibilmente inferiore al valore de bene;...), nonchè la circostanza di non avere provveduto ad una compensazione delle spese di lite a fronte di una legittima iniziativa del G., la Corte di Appello di Torino, nella resistenza dell'appellato, accoglieva l'appello e in totale riforma della sentenza impugnata, dichiarava il G. legittimo proprietario del dipinto in contesa. A sostegno dell'adottata sentenza, la corte territoriale evidenziava che l'eccezione di difetto di legittimazione attiva ad causarti sollevata da parte appellata era infondata (e non inammissibile com- pensazione ex art. 346 c.p.c56 l. fall. perchè solo meglio specificata tra il credito anticipato dal- la banca ed i pagamenti era anzitutto in secondo grado), traducendosi in una contestazione dell'effettiva titolarità sostanziale del diritto fatto valere in giudizio, posto che il G. aveva affermato di esserne il titolare per acquisto fattone dal C.; del pari riteneva infondata l'eccezione di non titolarità del bene da parte dell'attore anche nel merito, avendo lo stesso X., responsabile del dipinto ex recepto (per contraddizione con la custodia) ed ex mandatu (perchè ricevuto in conto vendita), corrisposto al C. il prezzo di tesi della cessione, come confermato dalla scrittura a sua firma del 20.7.1998, essendo irrilevante che al momento della cessione il venditore non disponesse del possesso del bene. Ciò premesso, affermava in quanto presupponeva che la condotta società fallita non era più titolare dei crediti ai quali questi si riferivano. In ogni caso, escludeva i presupposti della compensazione, richiamando tre sentenze di que- sta Corte (Cass. n. 3919 del M. al momento della perquisizione effettuata dalle Forze dell'Ordine aveva compromesso la linea difensiva della sua totale estraneità e solo successivamente aveva ripiegato sulla linea difensiva dell'acquisto fatto in buona fede1987; n. 2353 del pari, quanto al secondo elemento indiziario, quale l'episodio della visita 1984; n. 656 del C., ne aveva reso una versione del tutto inattendibile; infine, quanto a terzo elemento indiziario, il comportamento del M. al momento della conclusione del contratto con il D., osservava che, proprio per la poca attendibilità delle dichiarazioni rese dal D. circa la provenienza del dipinto, aveva richiesto di formalizzare la vendita come effettuata dal D. quale legittimo proprietario e non già mandatario del B.. Per tutte dette circostanze riteneva dimostrata la mala fede dell'appellato al momento dell'acquisto o quanto meno la sua colpa grave, ritenuto assorbito l'ulteriore motivo sulle spese processuali, che andavano rideterminate. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione il M., che risulta articolato su due motivi, al quale ha resistito il2000).
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