Common use of XXXXX, Clause in Contracts

XXXXX,. Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall. , n. 11/2008, p. 1237 e segg. Questo momento è caratterizzato da una forte asimmetria informativa, che si manifesta non solo tra il debitore e i suoi creditori, ma anche all’interno delle diverse categorie di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltre, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitore. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordo, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis). In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civ.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall., n. 11/2008, p. 1239.

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XXXXX,. Gli accordi Il mercato nella costituzione, op. cit., 18. Tale concetto si potrebbe ricondurre prima ancora che al primo comma dell’art. 41 (e a come è stato interpretato a seguito dell’avvento dei principi economici comunitari), alla clausola dell’utilità sociale. La presunta inconoscibilità della formula, lamentata da Einaudi, si è in realtà sviluppata, come visto, nel modo prospettato da Malagugini, ossia diventando non uno strumento di salvataggio o arbitrio legislativo, bensì un “principio-valvola” dell’ordinamento che ha garantito allo stesso di liquidazione dell’impresa potersi adattare ed evolversi di pari passo con le esigenze economiche, politiche e sociali del Paese, rispondenti al processo di trasformazione sociale di cui all’art. 3, comma 2, Cost. Il rilievo che la formula dell’utilità sociale ha avuto nello sviluppo della Costituzione economica, infatti, è stato tale che alcuni hanno rintracciato in crisiessa il fondamento per il principio di libera concorrenza. Quest’ultima, ininfatti, Il Fallcome visto, comprenderebbe anche interessi economici massimamente garantiti da un funzionamento concorrenziale del mercato e tra i fini sociali cui l’iniziativa economica privata va indirizzata e coordinata ai sensi del comma 3 vi sarebbero anche quelli inerenti al funzionamento del mercato. In tal senso G. OPPO, L’iniziativa economica, op. cit., 309 ss. La diretta applicabilità della normativa europea nonché la prevalenza della stessa sulle norme di diritto interno all’insegna delle limitazioni di sovranità di cui all’art. 11 Cost., e l’interpretazione evolutiva dell’art. 41 Cost., hanno fatto sì, infatti, che potesse essere pienamente abbracciato il radicale cambiamento, di cui si è detto, del modo di concepire ed interpretare l’intera Costituzione economica. Tale integrazione è stata poi consacrata anche dalla riforma del titolo V della Costituzione che ha reso sicuramente più consistente (con le anzidette specificazioni) la garanzia della libera concorrenza nel nostro ordinamento costituzionale79. I cambiamenti che si è cercato di ricordare hanno richiesto, al fine di valorizzare tutte le potenzialità della Carta costituzionale, infatti, un’interpretazione dell’art. 41 Cost. capace di legare la libertà di impresa al più ampio contesto della libertà economica nel mercato80. A dimostrazione di ciò, la l. 10 ottobre 1990, n. 11/2008287 “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”81 all’art. 1, p. 1237 rubricato “Ambito di applicazione e seggrapporti con l'ordinamento comunitario” prevede, al primo comma, che «le disposizioni della presente legge, si applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese», in attuazione «dell’articolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica». Questo momento Seguendo tale interpretazione può notarsi come la Costituzione, in tale occasione, è caratterizzato riuscita ad avere quel ruolo che, usando le parole di Xxxxxxx, le è 79 Sul rilievo che tale riforma ha avuto nell’ambito della tutela della concorrenza v. M. X’XXXXXXX, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. amm., 4, 2004, 705 ss. Secondo l’A. il “nuovo” titolo V ha contribuito certamente a rafforzare la garanzia della concorrenza e del mercato, facendone un elemento fortemente unificante nel nostro sistema giuridico. Anzitutto per via del vincolo che in questa materia discende dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionale sulle leggi statali e regionali ed inoltre anche per via dell’attribuzione esclusiva alla legge statale di una materi- funzione trasversale come la “tutela della concorrenza”. In tal modo le regole e il principio della concorrenza sono divenuti una sorta di “timone” della normazione economica statale e regionale”. 80 In tal senso M. X’XXXXXXX, La tutela della concorrenza, op. cit. e anche A. PACE, Libertà “del” mercato e “nel” mercato, in La Costituzione economica, Atti, del Convegno dell’Associazione dei costituzionalisti (Ferrara, 11-12 ottobre 1991), Cedam, 1997, 175 ss. 81 Tale legge ha concretamente recepito la costituzione economica europea e ha istituito l’Autorità garante della Concorrenza e del mercato. proprio, ossia di essere «un ponte lanciato verso l’avvenire»82, in grado di dispiegare le sue nascoste (e non previste) potenzialità. Nei paragrafi e nei capitoli successivi si vedrà come la tutela della concorrenza che, come visto, ha faticato ad essere recepita a livello costituzionale, ha poi permeato non solo il mercato in generale ma, più in particolare, ha cambiato la figura del c.d. Stato banditore che, influenzato dal diritto UE, ha dovuto orientare la propria azione (anche normativa) in funzione della garanzia della concorrenza e del mercato libero e aperto. Al fine di inquadrare correttamente il ruolo della concorrenza e quello del potere amministrativo (in specie discrezionale) nel mercato dei contratti pubblici occorre partire da una forte asimmetria informativapiù ampia prospettiva di analisi e guardare al più generale ruolo che l’Amministrazione detiene all’interno dei meccanismi di mercato83 per poi andare ad analizzare le peculiarità legate alla figura del c.d. “Stato banditore”84. Come parte della dottrina ha già evidenziato, il distinguo fondamentale che occorre compiere, anche facendo riferimento ad elementi di analisi economica del diritto, sarebbe quello – accennato nei paragrafi precedenti – tra concorrenza nella visione “macro” e in quella “micro”. Dal primo punto di vista, infatti, la normativa sui contratti pubblici e il ruolo che il potere pubblico esercita in tale mercato, vanno a collocarsi nel più generale contesto dell’azione pubblica sul funzionamento dei mercati; mentre, nella visione micro, la normativa sui contratti pubblici può essere considerata 82 Il senso delle disposizioni costituzionali, infatti, «risiede interamente nel modo in cui vivono». A Differenza di quanto avviene alla legge, il cui senso si compie nel modo in cui essa dispone, le norme costituzionali sono fondamentali, poiché non esauriscono mai il loro significato: «la Costituzione, prima ancora di articolarsi in enunciati che esprimono vere e proprie regole o norme, contiene principi, che sono cosa ben diversa dalle regole». Per tale ragione non si manifesta può pensare che lo schema contenuto all’art. 41 possa esprimere una regola univoca e ben definita. L’art. 41 riflette un principio, non solo tra una regola, e «il debitore e i suoi creditoriprincipio costituzionale non si impone alla realtà, come la volontà sovrana del legislatore, ma anche all’interno ne accompagna il corso operando dall’interno». In tal senso M. RAMAJOLI, La regolazione amministrativa dell’economia e la pianificazione economica nell’interpretazione dell’art. 41 della Costituzione in Dir. amm, 1, 2008, 121 ss. 83 Cfr. X. XXXXXXX, Contratti pubblici e concorrenza, op.cit., 263 ss. 84 X. XXXXXXX, Lo Stato banditore. Gare e servizi locali, Milano, 2001. come tesa a disciplinare un singolo atto di scambio tra due attori in un mercato determinato «imponendo alla stazione appaltante di avviare una procedura ad evidenza pubblica ogniqualvolta decida di stipulare un contratto avente per oggetto un determinato bene, servizio o lavoro» 85. In altre parole, secondo tale ricostruzione, nella dimensione “macro”, la pubblica amministrazione può essere considerata come un agente che opera “nel mercato”; in quella “micro” come un agente che crea artificialmente un mercato in relazione a singoli atti di scambio a cui sono interessati una pluralità di operatori economici (concorrenza per il mercato)86 e ne regola l’accesso e il funzionamento attraverso precisi strumenti87. Nella visione macro lo Stato può influenzare l’andamento del mercato in diversi modi. Anzitutto, può agire in veste di produttore – di norma in condizione di monopolio – di beni (pubblici) fruibili gratuitamente dai cittadini, oppure può agire al fine di garantire ai cittadini la possibilità di usufruire di certi servizi dietro pagamento di un corrispettivo. Siamo qui nell’ambito dei servizi pubblici, garantiti tramite imprese pubbliche oppure direttamente con strutture operative interne agli apparati pubblici. All’interno del mercato l’azione pubblica può poi essere di programmazione dell’impiego delle diverse categorie di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche risorse scarse (governo del proprio obbligato sono molto più limitateterritorio); può essere tesa, inoltre, anche ad offrire ai privati l’utilizzo di risorse scarse di proprietà pubblica, da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi destinare alle attività imprenditoriali (ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitore. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordo, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazioneesempio, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo le concessioni di esempio si beni pubblici); oppure può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italiaagire sia tramite strumenti di regolazione amministrativa88 delle attività svolte dalle imprese in determinati 85 Così X. XXXXXXX, ult. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (artop. 182 bis). In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fallcit., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civ267.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall., n. 11/2008, p. 1239.

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XXXXX,. Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisiIl contratto, in, Il Fall. , n. 11/2008cit., p. 1237 e segg. Questo momento è caratterizzato da una forte asimmetria informativa63 Come anticipato, che la pubblica amministrazione possa ricorrere a moduli consensuali ed in particolare allo strumento contrattuale per perseguire i propri scopi è constatazione non più revocabile in dubbio. Accanto ai moduli pubblicistici vi sono spazi nei quali essa può realizzare i propri scopi attraverso moduli privatistici, ponendosi in condizione di parità con il privato26: a veder bene, anzi, le amministrazioni, per esplicare la loro attività, non possono che avvalersi di soggetti privati per ottenere beni e servizi e l’utilizzo di questi avviene non già in forza di un provvedimento autoritativo, bensì in virtù di un contratto di diritto privato disciplinato dal codice civile27. Ciò che muove l’amministrazione e la determina a rivolgersi al mercato rimane, in ogni caso, il perseguimento del pubblico interesse a cui tutta l’attività amministrativa è preordinata. L’attività dell’amministrazione, infatti, anche quella di diritto privato, è sempre diretta alla soddisfazione di interessi pubblici ovvero, detto altrimenti, è finalisticamente vincolata: come autorevolmente sostenuto tutta l’attività amministrativa è retta da uno statuto unitario, a prescindere dal regime giuridico degli atti nei quali essa si manifesta non solo tra il debitore e i suoi creditoriconcretizzi (provvedimenti, accordi, convenzioni, contratti)28. L’attività contrattuale quindi è disciplinata in primo luogo dal diritto privato, ma anche all’interno delle diverse categorie da quello amministrativo: il che, come si vedrà in seguito, lascia ampi margini di creditori. L’imprenditore riflessione in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresaordine alla qualificazione dogmatica e 26 V. A SCOGNAMIGLIO, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltre, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado Sui collegamenti tra atti di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresaautonomia privata e procedimenti amministrativi, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzioneRiv. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendalitrim. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitoredir. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordo, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis). In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fallpubb., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civ.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall., n. 11/20081983, p. 1239293.

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XXXXX,. Gli accordi La Corte di salvataggio o giustizia respinge il ricorso promosso dalla Commissione europea contro la Repubblica federale di liquidazione dell’impresa Germania a seguito del reclamo sollevato da un cittadino che riteneva di versare canoni troppo elevati per lo smaltimento dei rifiuti. La sentenza stabilisce che la scelta di quattro Landkreise tedeschi (circoscrizioni amministrative) di stipulare un appalto di servizi per lo smaltimento dei rifiuti con la città di Amburgo senza applicare le procedure di gara previste dalla direttiva 92/50/CE (oggi trasposta nella direttiva 2004/18/CE) è compatibile con l’ordinamento comunitario. I giudici di Lussemburgo non confermano le conclusioni presentate dall’Avv. generale Xxx Xxxxx0, e dichiarano che le modalità con le quali è stato instaurato il rapporto contrattuale tra le amministrazioni tedesche non pregiudica l’obiettivo delle norme comunitarie in crisimateria di appalti pubblici, invale a dire “la libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri”, Il Fallpoiché: (a) “è retto unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico” e (b) non viola il principio della parità di trattamento degli interessati, dal momento che “nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”. , n. 11/2008, p. 1237 e segg. Questo momento è caratterizzato da una forte asimmetria informativaSecondo la Corte, che si manifesta non solo accoglie la tesi difensiva proposta dallo Stato tedesco, il rapporto contrattuale attivato tra il debitore e i suoi creditori, ma anche all’interno delle diverse categorie di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltre, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di amministrazioni configura un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitore. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazionecooperazione regionale” finalizzato alla gestione in comune del servizio di smaltimento rifiuti. “Detto rapporto”, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordoprecisano i giudici, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis). In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civ.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall., n. 11/2008, p. 1239.“non

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Samples: Accordo Di Cooperazione Tra Amministrazioni Per La Gestione Di Un Servizio Pubblico (Termovalorizzazione Dei Rifiuti): Non Si Applicano Le Direttive Sugli Appalti Pubblici

XXXXX,. Gli accordi Il contratto, cit., p. 1993, 141, nota 1 – secondo cui « (...) Il campo è dominato dalla regola della buona fede. Se la lingua naturale dei contraenti è la medesima, e il dichiarante volutamente usa una lingua diversa, che il destinatario non conosce, quest’ultimo non è ob- bligato a fare la benché minima ricerca. Il caso è diverso se il dichiarante, che non parla la lin- gua del destinatario, crede che quest’ultimo capisca o se il dichiarante non ha la possibilità di salvataggio o utilizzare un interprete e così via ». senso – che degradano progressivamente verso l’atto di liquidazione dell’impresa adesione, pur sem- pre negoziale – ma non la escludono del tutto permanendo sempre la libertà, appunto, di non aderire. La mera pressione del tasto negoziale virtuale – non accompagnata da ulteriori comportamenti – sembra, in crisiconclusione, incorret- tamente riconducibile – in quanto codice linguistico simbolico non verbale, iconico, socialmente rilevante – alla manifestazione di accettazione espressa mediante dichiarazione. Il Fallcodice alfabetico del linguaggio umano e il codice iconico basato su simboli del linguaggio telematico ipertestuale – pur com- prensibilmente diversi tra loro – sono, infatti, entrambi strumenti linguistici in senso ampio (65). Conclusione – nel senso della natura dichiarativa della pressione del tasto negoziale virtuale – confortata anche dalla scelta normati- va comunitaria e nazionale dell’ambito definitorio della firma elettronica de- bole, categoria in cui detto procedimento tecnico – virtuale – di adesione in senso stretto può essere assimilato. A tutela dei consumatori la nuova dir. Ue 25 ottobre 2011, n. 11/200883 stabilisce – con riferimento ai contratti a distanza con- clusi con mezzi elettronici – che “se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, p. 1237 e segg. Questo momento è caratterizzato da il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una forte asimmetria informativa, formulazione corrispondente inequivocabile indicante che si manifesta non solo tra l’inoltro dell’or- dine implica l’obbligo di pagare il debitore e i suoi creditori, ma anche all’interno delle diverse categorie di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltre, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitore. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza professionista” (art. 1375 e 1175 cod8.2 - dir. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica 2011/83). Se il fornitore non osserva tale prescrizione informativa, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori8.2 - dir. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordo, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis2011/83). In seguito alla presentazione La pressione del Programma tasto negoziale virtuale associata all’invio dei numeri della carta di ristrutturazione81credito – fattispecie ricorrente nella prassi negoziale del commercio elettronico – sembra, l’impresa supportata dai propri consulentiinvece, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione essere assorbita dalla vis attractiva della manifestazione im- plicita dell’accettazione mediante comportamento concludente esecutivo ex art. 182 bis l. fall., o ad un Piano di risanamento attestato 1327 c.c. In tal caso la pressione del tasto negoziale virtuale sembra rile- vare quale pronto avviso ex art. 67 l. fall1327, comma 2°, c.c. comma 3 lett. d) l.fallAltra dottrina ritiene, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipicoin- vece, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civ.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica fattispecie in esame integri un tertium genus consistente nell’ac- cettazione con contestuale inizio dell’esecuzione (66). Si ritiene, pertanto, di poter concludere nel senso della natura atipica del tasto negoziale virtuale sotto il duplice concorrente profilo del procedi- mento formativo e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni della forma – volontaria – per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che validità del contratto virtuale in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fallsenso stretto., n. 11/2008, p. 1239.

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XXXXX,. Gli accordi Le procedure di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisicomposizione della crisi da sovraindebitamento, in, Il Fall. , n. 11/2008cit., p. 1237 12. 12 Art. 14-terdecies, comma 4, legge n. 3/2012; come si vedrà, il Codice della crisi ha introdotto significative innovazioni anche con riferimento alla concessione dell’esdebitazione all’esito della procedura liquidatoria. ricorrere ad una procedura diretta alla ricerca di una soluzione concordata della crisi (accordo di composizione della crisi ovvero, qualora si tratti di un debitore che riveste la qualifica di consumatore, piano del consumatore o accordo di composizione della crisi a sua scelta) oppure, in alternativa, richiedere l’accesso alla procedura liquidatoria. In entrambi i casi l’iniziativa spetta al solo debitore, l’unico legittimato ad avviare una delle tre procedure di cui alla legge n. 3/201213. Nonostante l’ampio spazio riconosciuto dalla legge all’autonomia contrattuale delle parti – l’accordo ed il piano, infatti, possono prevedere “la ristrutturazione dei debiti e segg. Questo momento è caratterizzato da una forte asimmetria informativa, che si manifesta non solo tra il debitore e i suoi creditori, ma anche all’interno delle diverse categorie di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltresoddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che mediante cessione dei crediti futuri” 14– le procedure hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitoreavuto scarsa applicazione nella pratica. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria Relazione ministeriale illustrativa del nuovo Codice della crisi parla, a tal proposito, di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima“quasi totale disapplicazione dell’istituto”15. Il riequilibrio legislatore della riforma ha dunque deciso di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede intervenire anche sulla disciplina delle procedure da sovraindebitamento perseguendo un duplice obiettivo: armonizzare tale disciplina con le modifiche apportate al resto del sistema concorsuale e correttezza (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo rendere le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordo, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio procedure più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, utilizzate nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis)pratica16. In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presupponetale ottica, la continuazione dell’attività imprenditorialescelta è stata nel senso di non richiedere requisiti soggettivi troppo stringenti per l’accesso alle procedure ma, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio al contrario, di buona fede (art. 1375 cod. civ.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi prevedere requisiti negativi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato presenza dei quali risulta precluso l’accesso a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall., n. 11/2008, p. 1239.tali istituti: il

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XXXXX,. Gli accordi La formazione dei prezzi nel mercato finanziario: crisi della razionalità del mercato e massime di salvataggio esperienza, cit., 502. conformità alle prassi ammesse nel mercato regolamentato, in relazione ad operazioni che forniscano o siano idonee a fornire indicazioni false o fuorvianti sulla domanda, l’offerta o il prezzo degli strumenti finanziari, oppure operazioni o ordini di liquidazione dell’impresa compravendita che consentono di fissare il prezzo degli strumenti finanziari a un livello anomalo o artificiale. Le prassi ammesse sono individuate dall’art. 180 T.U.F. come quelle prassi di cui è ragionevole attendersi l’esistenza in crisiuno o più mercati finanziari, inammesse o individuate dalla CONSOB in conformità alle disposizioni di attuazione della direttiva MAD1102. Al fine di escludere l’antigiuridicità dell’illecito, Il Fallè pertanto richiesta la presenza coeva di due elementi: uno di carattere oggettivo, vale a dire il carattere di prassi ammessa del comportamento tenuto nel caso di specie dal soggetto attivo, e l’altro di carattere oggettivo, ossia l’avere l’autore agìto per motivi legittimi. Se il requisito oggettivo è verificabile in modo piuttosto agevole attraverso la consultazione dei provvedimenti adottati dalla CONSOB in materia, n. 11/2008, p. 1237 più generico e seggindeterminato è il requisito riguardante i "motivi legittimi". Questo momento è caratterizzato da una forte asimmetria informativaLa dottrina ha evidenziato come tale clausola generale consenta di contrastare l’eccessiva estensione dell’ambito applicativo delle fattispecie sanzionatorie in materia di manipolazione del mercato, che come si manifesta non solo tra il debitore vedrà sono assai ampie e i suoi creditori, ma anche all’interno delle diverse categorie generiche e scarsamente tipizzate103. Sebbene tale esenzione – che parrebbe escludere l’antigiuridicità della condotta piuttosto che la tipicità del fatto – sia inserita a livello della fattispecie sanzionatoria di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltre, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banche, che in virtù degli strumenti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitore. La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria di creditori, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisi, determina un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza tipo amministrativo (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché 187 ter T.U.F.), è stato sostenuto che la causa di esenzione in parola sia estensibile anche alla luce dei principi di eguaglianza e di libertà di iniziativa economica corrispondente fattispecie penale (art. 3 e 41 Cost.) A seconda delle dimensioni dell’impresa in crisi185 T.U.F.). 102 Con delibera n. 15233, dell’attività esercitata, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditori. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie la Consob ha dettato i criteri e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento procedure per l’ammissione delle prassi. 103 F. CONSULICH, Ex facto oritur ius criminale? Le prassi di mercato ammesse, tra crisi della stipulazione dell’accordo, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditori, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità legge e legalità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis). In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fall., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civ.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditoregiustificazione, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisiRiv. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall.società, n. 11/20082-3, p. 12392011, 281ss; LUNGHINI, Manipolazione del mercato come difesa dell’impresa? in Banca borsa, 2010, vol. 63, n. 2, 229 ss.

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XXXXX,. Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisiIl contratto, incit.. 14 X.Xxxxx, Il Fallcontratto, ult.cit. 15 Cass. 30/06/2005 n. 13954 La dottrina dominante è molto critica nei confronti della posizione assunta dalla giurisprudenza. Si ritiene, n. 11/2008, p. 1237 e segg. Questo momento è caratterizzato da una forte asimmetria informativainfatti, che non sia possibile identificare la perizia contrattuale come figura autonoma. Il carattere tecnico dell’operazione che deve essere espletata dal terzo non esclude che l’atto vada a determinare il rapporto contrattuale altrui oppure a comporre una controversia. Ne discende che in ogni caso la perizia o integra un elemento del contratto, ed allora è arbitraggio, oppure risolve una controversia, ed allora è arbitrato irritale16 . Ciò soprattutto ove si manifesta non solo tra consideri le ipotesi in cui le parti abbiano stabilito in via preventiva di impegnarsi ad accettare che l’importo di un indennizzo debba essere determinato da un collegio di esperti. L’accettazione in via preventiva fa risaltare come l’atto del perito incida sul rapporto contrattuale, integrandolo17. Sempre al fine di contrastare l’orientamento giurisprudenziale si è, altresì, osservato come sia difficile ritenere che la determinazione del terzo possa essere del tutto scevra da valutazioni discrezionali o giudizi soggettivi. Ciò soprattutto se si considera la fase in cui, dopo aver studiato la questione con la propria specifica competenza tecnica, il debitore terzo debba applicare alla fattispecie concreta i risultati dello studio condotto. Inoltre la scelta delle parti di rimettere ad un terzo la decisione di integrare un elemento del contratto fa perdere a quest’ultima il carattere di mera dichiarazione di scienza e i suoi creditoriconseguentemente assumere quello decisionale18 . Si dubita, ma anche all’interno delle diverse categorie di creditori. L’imprenditore in crisi è infatti il soggetto che ha la cognizione più completa della situazione economica della propria impresa, mentre le conoscenze che i creditori normalmente hanno delle condizioni economiche del proprio obbligato sono molto più limitate, inoltre, anche da questo punto vista all’interno del ceto creditorio, normalmente esistono delle differenze, si pensi ad esempio alla posizione privilegiata delle banchepertanto, che in virtù degli strumenti sia possibile riconoscere alla perizia un’autentica autonomia sul piano strutturale e funzionale. Si è rilevato, infatti, come il riferimento alla natura tecnica dei criteri di valutazione adottati non sembra poter costituire un criterio sufficiente a distinguere la c.d. perizia contrattuale dall’arbitrato e dall’arbitraggio 19. In primo luogo si osserva che il riferimento all’ equità, contenuto nell’art. 1349 c.c., non è tale da distinguere arbitratore e perito perché la determinazione equitativa dell’arbitratore si caratterizza proprio per la sua natura di relatio e per la necessità di una rispondenza della scelta operata dal terzo ai criteri di valutazione fissati dalle parti che hanno a disposizione80, potrebbero essere in grado di valutare la situazione dell’impresa sia in relazione al singolo rapporto intrattenuto con la stessa, sia nell’ambito del complesso dei rapporti intrattenuti con il mondo bancario. Anche i lavoratori, soprattutto se assistiti nel loro insieme da organizzazioni sindacali potrebbero avere una percezione più immediata della difficoltà dell’impresa, in ragione di un mutato utilizzo dei fattori della produzione. I fornitori invece, percepiscono, in genere, in ritardo la situazione di crisi del proprio acquirente e ciò anche in considerazione della prassi dei tempi dilazionati per il pagamento dei debiti aziendali. A ciò occorre aggiungere, che all’interno di ciascuna categoria di creditori , è possibile trovare creditori più o meno informati, ad esempio a seconda della maggiore o minore frequenza e rilevanza economica dei rapporti commerciali con il debitoreconferito preventivamente l’incarico20 . La diversa prospettiva dalla quale ciascuna categoria determinazione del terzo è dunque espressione del suo equo apprezzamento, ispirato pur sempre a parametri oggettivi21 , qualora “sia vincolata a criteri tecnici di creditoricomune accezione” 22. E questa interpretazione è ritenuta la migliore perchè «vale a soddisfare meglio le esigenze delle parti e corrisponde certamente alla loro normale volontà»23 L’art. 1.1, e all’interno della stessa ciascun creditore osservano l’impresa in crisirubricato “Libertà contrattuale”, determina riconosce alle parti la possibilità di determinare liberamente il contenuto del contratto: “Le parti sono libere di concludere un diverso livello di informazione del singolo, rispetto alla reale situazione economico-finanziaria dell’impresa medesima. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, durante la fase di negoziazione dell’accordo, si impone alla luce dei principio di buona fede e correttezza (art. 1375 e 1175 cod. civ.) nonché alla luce dei principi di eguaglianza contratto e di libertà di iniziativa economica (artdeterminarne il contenuto”. 3 e 41 Cost.) A seconda Nel caso in cui le parti abbiano lasciato intenzionalmente delle dimensioni dell’impresa clausole in crisibianco l’art. 2.14 stabilisce che: 16 Xxxxxx, dell’attività esercitataDiritto Civile, del contenuto del possibile accordo di ristrutturazione3, può variare il contenuto delle comunicazioni da rivolgere ai creditoriIl contratto, Milano, Xxxxxxx, 1987, 330 ss. Questi possono essere messi in condizione di valutare in maniera ponderata non solo le rinunzie e le clausole che dovranno sottoscrivere al momento della stipulazione dell’accordoCfr. anche X. Xxxxx, ma anche quelle che dovranno sottoscrivere gli altri creditoriIl Contratto, infatti un elemento che può influenzare il giudizio di questi in ordine all’accettabilità della proposta è la consapevolezza della condivisione del sacrificio economico con tutti o parte degli altri creditori. Infatti la possibilità per il debitore di derogare in questa situazione alla regola della par condicio creditorum , non preclude ai creditori di condizionare l’accettazione della proposta ad un sacrificio più o meno uguale delle altre situazioni giuridiche. Il riequilibrio di questa situazione di asimmetria informativa, viene attuato poi, nella fase successiva alla negoziazione, attraverso la previsione legislativa che impone la 80 A titolo di esempio si può pensare alla Centrale Rischi presso la Banca d’Italia. pubblicazione dell’accordo di ristrutturazione nel registro delle imprese (art. 182 bis). In seguito alla presentazione del Programma di ristrutturazione81, l’impresa supportata dai propri consulenti, valutate le reazioni dei creditori, d’intesa con questi ultimi, soprattutto ove questi siano rappresentati in prevalenza da banche o altre istituzioni finanziarie, deciderà se ricorrere ad un accordo di ristrutturazione ex art. 182 bis l. fallcit., o ad un Piano di risanamento attestato ex art. 67 l. fall. comma 3 lett. d) l.fall352-353 17 Xxxxxx, o eventualmente ad un accordo di salvataggio atipico, scelta che dipenderà anche dalle condizioni dell’impresa e dall’esame delle cause che hanno determinato la crisi. E’ evidente che se lo scopo dell’impresa è quello di pervenire alla ristrutturazione del debito attraverso la liquidazione totale delle sue attività, si dovrà ricorrere ad un accordo di ristrutturazione e non al piano di risanamento attestato, giacchè quest’ultimo presuppone, la continuazione dell’attività imprenditoriale, attraverso la riduzione dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria82. Il principio di buona fede (art. 1375 cod. civop.ult.cit.) deve orientare anche il comportamento del creditore nella fase di negoziazione dell’accordo, potendo questi in virtù di una iniziale valutazione ritenere preferibile tentare la strada del recupero individuale del credito. Inoltre il creditore non può ritenersi legittimato a trasmettere a terzi le informazioni ricevute dall’imprenditore, in merito alla situazione di difficoltà che attraversa l’impresa, proprio perché il principio di buona fede impone in questa situazione l’esigenza di rispettare la riservatezza delle informazioni ricevute, in considerazione delle conseguenze pregiudizievoli che una loro divulgazione potrebbe comportare per l’impresa in crisi. La divulgazione di queste notizie, potrebbe infatti provocare una serie di azioni individuali di recupero da parte degli altri creditori, restandone così pregiudicata la reale attuabilità del piano. Per tale ragione, la prassi evidenzia che la prima comunicazione inviata dal debitore è sempre estremamente generica e non contiene informazioni riservate sulla situazione finanziaria dell’azienda, essendo piuttosto diretta a verificare con i creditori le condizioni per attuare una modifica dei rapporti giuridici pendenti anche attraverso una complessiva riorganizzazione aziendale che preveda la cessione dell’azienda o di uno o più rami della stessa. Deve ritenersi pertanto che in questa delicatissima fase non sia consentita ai creditori la divulgazione di quelle informazioni sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa che non siano di dominio pubblico, e che se divulgate sono idonee a causare un pregiudizio all’imprenditore. Xxxxxxx invece divulgabili quelle risultanti ad esempio dal 81 X. XXXXX, Gli accordi di salvataggio o di liquidazione dell’impresa in crisi, in, Il Fall., n. 11/2008, p. 1239.

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