XXXXX,. Il contatto di rete - Profili giuslavoristici, cit., p. 119. Proprio la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativi. Tale disposizione ha, da un lato, trovato il favore delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di rete che, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1.
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Samples: Contratti Di Rete Di Imprese
XXXXX,. Il contatto (a cura di) “Rilanciare il welfare locale. Ipotesi e strumenti: una prospettiva di rete - Profili giuslavoristici, cit., p. 119. Proprio management delle reti” – Egea 2014 2 Ibidem E’ importante approcciare con realismo la previsione sulla codatorialità crea costruzione di un agire comune che ha come fine quello di strutturare un welfare locale insieme a tutti i maggiori problemi interpretativi. Tale disposizione hasoggetti coinvolti; questo atteggiamento, da un latolato rende tutti più consapevoli della complessità e della fatica da compiere, trovato dall’altro mette al riparo – almeno in parte – da sentimenti di disillusione che spesso si generano quando i processi collaborativi si arenano o prendono vie impreviste. Da questo punto di vista, un richiamo forte alla corresponsabilità di tutti gli attori nella gestione del processo è doverosa: il favore ruolo delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla istituzioni è sicuramente quello di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programmaessere programmatore e regista di reti di collaborazione, ma è vitale poi il sentirsi responsabili dei processi che si producono – o che non si producono -. I processi collaborativi territoriali devono coinvolgere tutti i soggetti presenti nella realtà del legnanese e del castanese, con una particolare rilevanza dei soggetti istituzionali. La costruzione di reti, collaborazioni, integrazione e prassi comuni che coinvolgano anche le istituzioni presentano infatti un ulteriore grado di complessità che è quello di dover tenere conto dei diversi livelli formali: i livelli di governo, il livello più organizzativo - che attiene ai dipendenti servizi - e il segmento tecnico professionale interno ai servizi. L’impegno delle im- prese della rete istituzioni ad essere partecipi alla costruzione del sistema di welfare deve dunque prevedere il coinvolgimento concreto di tutte le proprie dimensioni interne, attraverso l’adozione di specifici strumenti organizzativi e operativi, che vengano destinati a svolgere sanciscano l’adesione ai processi, prediligendo approcci di tipo collaborativo e non di tipo gerarchico e burocratico. Coerentemente con le indicazioni regionali e con la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi eriforma introdotta dalla Legge Regionale 23/20105, di conseguenzeseguito si declinano gli elementi costitutivi la governance del Piano di Zona per il biennio 2019-2020. Con l’unione dei due Piani di Zona di Legnano e Castano, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso si delinea la seguente struttura di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto governance dal punto di rete che, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia vista politico e tecnico: analizzano di ingaggio dei lavoratori. Il contratto seguito gli organi del Piano di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1Zona.
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Samples: Accordo Di Programma
XXXXX,. Il contatto di rete - Profili giuslavoristici, cit., p. 119. Proprio la previsione sulla codatorialità crea Xx giudice costituzionale e i maggiori problemi interpretativi. Tale disposizione ha, da un lato, trovato il favore delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi conflitti tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettivalegislatori locali e centrali, in particolare di livello aziendaleLe Regioni, 2007, pp. 11-26; relativamente ai primi due periodi si veda anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di rete che, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese Corte costituzionale e Regioni. Sentenze interpretative nel giudizio principale e regionalismo collaborativo, Maggioli editore, 1998, p. 45 e ss. 19 Cfr. Ibidem p.12 Sono molteplici e profonde le ragioni che hanno sottoscritto contribuito al realizzarsi di questo panorama, una su tutte la cattiva stesura della riforma del 2001 che ha generato non pochi problemi e dubbi interpretativi. Per poter vivere e produrre gli effetti sperati in un contratto ordinamento, una riforma costituzionale necessita di reteinterventi successivi da parte del legislatore ordinario; interventi che, nonostante i numerosi rinvii20, in Italia sono di fatto mancati contribuendo ad esasperare il quadro di incertezza generato dalla riforma. Nozione A ciò si aggiungano le criticità dovute ad una tecnica redazionale non eccellente e all’inadeguatezza dei criteri di codatorialità ripartizione delle funzioni tra Stato e questioni aperteRegioni, paper ulteriormente aggravate dall’insufficienza degli strumenti di raccordo tra centro e periferia21 e dalla “perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e più in generale dei procedimenti legislativi”22. Infine, ha concorso ad esasperare una situazione di crescente litigiosità un fattore più squisitamente politico ovvero quello della contrapposizione tra la maggioranza governativa vincitrice al centro e le maggioranze presenti in molte Regioni23. La somma di questi elementi non ha potuto non incidere significativamente sulla funzione della nostra Corte Costituzionale che, di fronte all’inesorabile espandersi del Convegno internazionale di studio contenzioso in via principale, ha finito per trasformarsi da “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)giudice dei diritti in giudice dei conflitti”, Milano - 26 giugno 2014secondo l’ormai celebre espressione del Presidente Onida24. L’assottigliarsi dello scarto numerico tra le pronunce rese in via principale e quelle rese in via incidentale mostra inequivocabilmente come il giudizio in via d’azione rivesta ormai un ruolo centrale nell’attività della Corte. Si avrà modo nel corso nel presente elaborato di analizzare più attentamente i dati relativi alla giurisprudenza costituzionale degli ultimi quindici anni; si può, p. 1tuttavia, fin d’ora ricordare annate quali il 2004, il 2010 e il 2012 in cui la 20 Sono numerosi i casi in cui la novella costituzionale si esauriva nel rinvio a futuri atti legislativi come, ad esempio, alla legge chiamata a fissare i principi di coordinamento della finanza pubblica, a quella sul fondo perequativo, alle norme di procedura per la partecipazione delle Regioni alla fase ascendente dei processi comunitari.
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Samples: Tesi Di Dottorato
XXXXX,. Il contatto Gli edifici di rete - Profili giuslavoristiciculto nel sistema giuridico italiano, op. cit., p. 119134: stessi interventi erano estesi ai fabbricati destinati ad uso di seminario e di istituzioni analoghe di religiosi, campanili, abitazioni di ecclesiastici al servizio delle chiese e al mobilio delle stesse, limitatamente ai bisogni indispensabili. Proprio L’estensione della disciplina riguardava anche le I.P.A.B.: X. Xxxxx, Riforma amministrativa ed interventi religiosi, Napoli, 1983; M.C. Xxxxxxxx, L’assistenza e la previsione sulla codatorialità crea beneficenza fra legislazione e diritto costituzionale vigente, Salerno, 1990. speciale sono stati estesi agli edifici dei culti diversi dal cattolico non di proprietà di stranieri, e direttamente utili all’esercizio del culto, ma con delle condizioni: che l’edificio da riparare o da ricostruire fosse l’unico esistente nel Comune; che si trattasse di un tempio o di un oratorio legalmente riconosciuti; e che l’intervento fosse ritenuto necessario dal Ministro dei Lavori Pubblici, di intesa con i maggiori problemi interpretativiMinistri per l’interno e per il Tesoro, con riguardo al numero dei fedeli del Comune. Tale disposizione haTali presupposti giuridici, hanno reso assai poco agevole per le confessioni acattoliche, l’effettivo conseguimento dei vantaggi promessi. Il governo ha ritenuto di colmare “una grave lacuna della legislazione statale”, vista l’importanza della costruzione di nuovi edifici di culto “di cui non può non riconoscersi la pubblica utilità e l’alta funzione sociale e morale”88, attraverso il c.d. “finanziamento ordinario dell’edilizia di culto”, organicamente previsto con la l. del 18 dicembre 1952, n. 2252 (Concorso dello Stato nella costruzione di nuove chiese). Essa ha considerato in maniera più organica il problema dei luoghi del culto cattolici, facendo gravare sul bilancio del Ministero dei Lavori Pubblici, l’onere di contributi finanziari da un latoconcedere agli Ordinari diocesani per l’acquisto delle aree e per la costruzione ex novo delle chiese parrocchiali, trovato il favore delle imprese machiese vere proprie e degli ambienti destinati ad uso del ministero pastorale, dall’altrodi ufficio e di abitazione. Le “opere” in oggetto sono state considerate come “opere pubbliche” anche se appartenenti ad enti diocesani89. Ancora sul “finanziamento ordinario dell’edilizia di culto”, per aumentare gli impegni finanziari dello Stato e, al contempo, per mitigare le procedure amministrative previste dalla legge precedente, la l. del 18 aprile 1962, n. 168 (Nuove norme relative alla costruzione e ricostruzione degli edifici di culto), ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando stabilito la legge parla concessione di dipendenti contributi trentacinquennali per la costruzione di “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto edifici di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma culto e di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di rete che, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)opere annesse”, Milano - 26 giugno 2014e 88 X. Xxxxxxxxxx, p. 1.Edifici ed edilizia di culto. Problemi generali, Milano, 1979, 45 e ss..
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Samples: Research Agreement
XXXXX,. Il contatto La disciplina penale degli abusi di rete - Profili giuslavoristici, cit., p. 119. Proprio la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativi. Tale disposizione ha, da un lato, trovato il favore delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettivamercato, in particolare di livello aziendaleX. XXXXXXXX, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbiLa legislazione penale compulsiva, Padova, 2006, 203 e ss.; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di rete che, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, sub art. 2637 c.c., in F. C. PALAZZO – C.E. XXXXXXX, Commentario breve alle leggi penali complementari, Padova, 2003, 1899 ss. 94 Art. 185 (Manipolazione del mercato).
1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni.
2. Il distacco giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di personale tra imprese dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo. Secondo quella che hanno sottoscritto era l’impostazione di fondo della citata riforma, la fattispecie di cui all’art. 2637 c.c. avrebbe infatti dovuto assumere il ruolo di norma di riordino delle frammentarie disposizioni riconducibili al paradigma dell’aggiotaggio, disseminate a livello della normativa societaria, bancaria e finanziaria. Tale obiettivo è stato frustrato dall’intervento del Legislatore comunitario, che con la già citata direttiva 2003/6/CE (MAD1) in tema di market abuse ha imposto una riforma del settore a tutela degli interessi finanziari dell’Unione Europea, obbligando di fatto lo Stato italiano ad introdurre a livello del T.U.F. - con la legge n. 62/2005 - la nuova peculiare fattispecie di manipolazione del mercato di cui all’art. 185, avente ad oggetto gli strumenti finanziari quotati. Nel recepire le indicazioni comunitarie in merito all’impiego di figure di illecito anche amministrativo oltre che penale – art. 14 Direttiva MAD1 – si è scelto di affiancare alle fattispecie descritte nell’art. 185 T.U.F. un contratto illecito di rete. Nozione di codatorialità e questioni apertetipo amministrativo recante la medesima rubrica, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1affidando alla CONSOB le correlate prerogative sanzionatorie.
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Samples: Market Abuse
XXXXX,. La tutela dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europea, relazione al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il contatto vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di rete - Profili giuslavoristiciuna legge che recepisce una diret- tiva, cit.ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, p. 119secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Proprio Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativiCarta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. Tale disposizione haLa portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, da un latoche nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, trovato il favore delle imprese ma, dall’altroin particolare, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare precisato che quando la legge parla l’obbligo di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento rispettare i diritti fondamentali opera non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programmanel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto fattispecie è priva di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per xxxxx con l’attuazione del programma dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di reteun’applicazione del principio di uguaglianza, l’attività destina- ta ad operare al di alcuni là dei propri dipendenti23divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di utilizzo condiviso due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una prestazione verifica del rispetto del principio di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva non discriminazione non in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso casi concreti comparati, ma in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, relazione alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di rete chesituazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti positive delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1.norme –
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Samples: Contratto a Tutele Crescenti
XXXXX,. Il contatto di rete - Profili giuslavoristicicontratto, citI, in Trattato dir.civ., p. 119diretto da X. Xxxxx, Torino, 1993. Proprio 195 to di recesso del mutuante previsto dalla legge nell’ipotesi di mutuo gratuito, mentre si dovrà fare più opportunamente riferimento all’art. 1453 c.c. nell’ipotesi di mutuo oneroso. Se il mutuo ha ad oggetto cose diverse dal de- naro e la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativirestituzione è diventata impossibile o notevolmente difficile per causa non dipendente dal mutuatario, quest’ultimo potrà pagarne il valore, tenuto conto del tempo e del luogo in cui la restituzione doveva essere ese- guita. Tale disposizione haQualora la restituzione sia comunque ancora possibile, anche se è diven- tata più difficile rispetto al momento in cui era stata pattuita, applicando le norme generali in materia di obbligazioni potremmo parlare di una vera e propria obbligazione con facoltà alternativa. Chi ha promesso di concedere un mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da un latorendere difficile la restituzione e non gli sono state of- ferte adeguate garanzie. Le garanzie ai fini della restituzione possono essere sia personali (fideius- sione), trovato il favore delle imprese masia reali (mutuo ipotecario, dall’altropignoratizio o cambiario). Secondo l’orientamento maggioritario nell’ipotesi di mutuo garantito, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programmainsorgono due negozi autonomi, ma collegati (il negozio di mutuo e il negozio di garanzia) aventi ciascuno una propria causa. Secondo un’altra tesi il mutuo garantito è invece un contratto unitario che risulta dalla combinazione di mutuo e ga- ranzia. Questa premessa è utile per comprendere le regole generali che discipli- nano il contratto di mutuo, ma non è sufficiente ai fini della valutazione del peso effettivo che il mutuatario dovrà sostenere per adempiere correttamen- te le obbligazioni contratte a seguito della sottoscrizione di un mutuo con un istituto di credito. Rimane però ancora controverso se oltre all’estinzione anticipata4 i rime-
4 Per i contratti di mutuo immobiliare stipulati dopo il 2 febbraio 2007 non si appliche- ranno penali nell’ipotesi di estinzione anticipata. A seguito dell’entrata in vigore del decreto 7/2007 e della successiva legge di conversione è stato ampliato l’ambito di applicazione anche ad altri mutui per l’acquisto o per la ristrutturazione di immobili adibiti ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte delle persone fisi - che. Alle banche è vietato sostituire le penali di estinzione anticipata con altre forme di costi. L’estinzione anticipata può essere richiesta dal mutuatario che si trova in condizioni di liquidi - tà tali da consentirgli l’operazione, invece, ai dipendenti mutuatari in difficoltà è consentito chiedere la sospensione del pagamento delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere rate per non più di due volte e per un periodo massimo to- 196 di predisposti come: la loro prestazione cartolarizzazione5, la rinegoziazione, la surrogazione per pagamento, la portabilità del mutuo a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che altro istituto di credito, consentiti nell’ambito dell’ordinamento siano realmente le misure più appro- priate per tutelare i “retisti” mettano a disposizioneconsumatori dal rischio di mutui insostenibili, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, oppure se in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare alternativa al contratto di rete chemutuo, secondo l’art. 30debbano essere concepiti nuovi modelli contrattuali capaci di incidere sull’intero sistema creditizio in modo più effi- cace, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 tenuto conto delle esigenze del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, mercato e delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1difficoltà economiche attuali.
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Samples: Loan Agreement
XXXXX,. La pubblica amministrazione come organizzazione, Xxxxxxx, Milano, 1968. di coordinamento. Esse sono quindi inserite in un quadro di insieme che emancipa ciascuna di esse dall’episodicità e frammentarietà che avevano caratterizzato la loro introduzione e che, probabilmente, avevano concor- so al loro inabissamento. L’art. 22, in particolare, definisce l’“eco-sistema” digitale come l’insieme delle «piattaforme e dai servizi digitali infrastrut- turali abilitanti la gestione del ciclo di vita dei contratti pubblici» e con ciò conferma che la parte II del primo libro si pone a latere della prima parte relativa ai principi nella funzione portante dell’intera costruzione del sistema dei contratti pubblici. Il contatto Codice ordisce un vero e proprio tessuto connettivo tra banche dati, piattaforme (art. 25) e, soprattutto, tra i soggetti loro titolari, che sono chiamati a integrare pienamente la loro attività. Anche in questo caso il legislatore si premura di rete - Profili giuslavoristicifornire dei principi che devono informare questo eco-sistema. Nell’assicurare il risul- tato le piattaforme devono garantire la «parità di accesso degli operatori» non devono «impedire o limitare la partecipazione alla procedura di gara degli stessi ovvero distorcere la concorrenza, cit.né modificare l’oggetto dell’appalto, p. 119come definito dai documenti di gara» (art. Proprio la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativi25). Tale In questo quadro, allora, desta particolare attenzione l’art. 25 c.9 il quale dispone che «le stazioni appaltanti e gli enti concedenti non dotati di una propria piattaforma di approvvigionamento digitale si avvalgono delle piattaforme messe a disposizione hada altre stazioni appaltanti o enti con- cedenti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni o province autonome che a loro volta possono ricorrere a un lato, trovato gestore del sistema che garantisce il favore delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi funzionamento e la sicurezza della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversipiattaforma». Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, legislatore sembra cristallizzare l’attuale eco-sistema perché da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però lato porta a regime l’operatività delle banche dati già previste dalle precedenti riforme per garantirne interconnessione e così consolidare il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto dei loro titolari all’interno del sistema di rete chee-procurement. Dall’altro, secondo l’art. 30però, comma 4ci si deve chiedere se le piattaforme di e-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” procurement70 costituiscano un hortus conclusus oppure se il loro numero possa crescere in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, forza dell’autonomia organizzativa delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1stazioni appaltanti.
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Samples: Codice Dei Contratti Pubblici
XXXXX,. Il contatto Xx contratto di rete, in G. GITTI - M.R. XXXXXXX - X. XXXXXX, I contratti per l’impresa, cit. del riconoscimento di un nuovo tipo contrattuale - uno dei requisiti essenziali richiesti, quale la cogenza della maggioranza delle disposizioni dettate, dall’altro, non può disconoscersi l’innovativa (ed esclusiva) natura del modello contrattuale in commento37. Infatti, con il contratto di rete pare essersi (almeno parzialmente) soddisfatta la richiesta delle imprese e delle relative associazioni di categoria di uno strumento negoziale duttile ma allo stesso tempo multi- funzionale, che si collochi tra la disciplina generale del contratto e quella dei singoli tipi. Tale nuovo modello contrattuale, infatti, può essere impiegato sia per un mero coordinamento delle attività svolte individualmente dalle singole imprese o per l’individuazione di benchmark per la valutazione e il miglioramento delle attività e dei processi aziendali, sia per la determinazione di forme di collaborazione più intense volte a una vera e propria regolamentazione e gestione delle attività comuni. In definitiva, è evidente (specialmente alla luce della novella di cui alla l. n. 122/10) come l’introdotto contratto di rete appaia dotato di due anime (non contrapposte ma) differenti, difficilmente rinvenibili, contemporaneamente, nei modelli contrattuali diffusi nella prassi. Infatti, a quella propria dei contratti sinallagmatici si aggiunge quella dei contratti associativi (organizzativi), come testimoniato dal fatto che con il contratto di rete le imprese possono contemporaneamente obbligarsi sia “a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica” sia “a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti 37 Sugli elementi e i tratti distintivi occorrenti per l’individuazione di un nuovo tipo contrattuale si v., più ampiamente e senza alcuna pretesa di completezza, G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Cedam, Padova, 1974, 70, 84 ss.; limitatamente alla parte relativa all’analisi dei rapporti tra contratto tipico e atipico si v. X. XXXXX, Contratto e rapporto nella permuta atipica, Xxxxxxx, Milano, 1974, 73 ss. all'esercizio delle proprie imprese … ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa”. Tutto ciò, come riferito, potrebbe indurre a ritenere non più esaustiva la (sola) prospettazione dell’introdotto contratto di rete in termini di contratto plurilaterale con comunione di scopo nonostante tale (unica) qualificazione sembri caldeggiata persino dallo stesso legislatore, il quale, alla lett. d) del co. 4-ter (così come modificato), ha previsto che in contratto devono essere indicate “se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l’esercizio del relativo diritto, ferma restando in ogni caso l’applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo”. «V’è da chiedersi in sostanza se la norma intenda riconoscere come contratto di rete, pur per le finalità particolari perseguite dal comma 4 ter, solo quello riconducibile al contratto plurilaterale presupposto dagli artt. 1459 e 1466 c.c., le cui regole, intendendo letteralmente la norma, dovrebbero risultare applicabili sempre»38. Infatti, risulta difficilmente comprensibile la scelta del legislatore di ritenere “in ogni caso” applicabili le norme dettate in tema di contratti plurilaterali con comunione di scopo, escludendo così dal campo di applicazione della normativa di cui alla l. n. 33/09 tutti quei «rapporti plurilaterali tra gli aderenti alla rete, destinati a realizzare uno scambio, e non una struttura associativa»39, salvo che si voglia intendere - Profili giuslavoristicicontro, però, la letterale interpretazione del dettato normativo - anche lo scambio di informazioni o 00 X. XXXXX, Xx contratto di rete, in G. GITTI - M.R. XXXXXXX - X. XXXXXX, I contratti per l’impresa, cit., p. 119. Proprio la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativi. Tale disposizione ha, da ove un lato, trovato il favore delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi più ampio sviluppo della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di conseguenze, adottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di rete che, secondo l’art. 30, comma 4-ter, D.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in L. n. 33/2009), è stipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di rete da par- te del lavoratore, ha ragione a sottolineare come, in assenza del consenso del lavoratore, le previsioni specifiche relative alla disciplina del contratto di lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a beneficio del contratto di rete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, gli accordi assunti dalle parti nel contratto di rete in ordine alla gestione dei rapporti di lavoro sono ammissibili qualora riguardino la ripartizione tra i retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di personale tra imprese che hanno sottoscritto un contratto di rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (scelte organizzative e diritto del lavoro)”, Milano - 26 giugno 2014, p. 1questione.
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Samples: Contratto Di Rete