SOLUZIONE. [1] I motivi di ricorso, concernenti la contestazione della giurisdizione del giudice italiano e l’applicazione la legislazione italiana, in ragione della loro connessione, sono stati trattati congiuntamente dalle Sezioni Unite della Cassazione, cui la Sezione II della Cassazione aveva rimesso il ricorso della Società francese, e non sono fondati. In primo luogo, non sussistono le condizioni per disporre rinvio pregiudiziale alla CGUE. La giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit, C283/81; sentenza, 6 ottobre 2021, C-561/19, Consorzio italiano), ha chiarito che, al fine di evitare che in un qualsiasi Stato membro si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme del diritto dell’Unione, qualora non sia previsto alcun ricorso giurisdizionale avverso la decisione di un giudice nazionale, quest’ultimo è, in linea di principio, tenuto a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’art. 267, terzo comma, TFUE quando è chiamato a pronunciarsi su una questione d’interpretazione del diritto Europeo, al fine di garantire la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione nell’insieme degli Stati membri, fra i giudici nazionali, in quanto incaricati dell’applicazione del diritto dell’Unione, e la Xxxxx (Xxxxx xx xxxxxxxxx, xxxxxxxx xxx 00 marzo 2017, in causa C-3/16, Aquino, par. 32). Gli organi giurisdizionali non sono, invece, tenuti a disporre il rinvio pregiudiziale qualora rilevino, come nella specie in ragione della giurisprudenza della CGUE di seguito richiamata, che la disposizione del diritto dell’Unione di cui trattasi sia già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte, ovvero che la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi. Nel merito, viene in evidenza l’art. 5 della Convenzione di Bruxelles del 1968, alla quale sono seguiti i Regolamenti Bruxelles I (Reg. CE 22/12/2000, n. 44/2001) e Bruxelles Ibis (Reg. UE n. 12/12/2012 n. 1215). La Convenzione di Bruxelles del 1968, all’art. 2, salvo le eccezioni poi previste, pone la regola generale che “le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato”. All’art. 5, comma 1, nel prevedere un foro alternativo, sancisce, per quanto qui rileva, che “il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro St...
SOLUZIONE. Verificare lo stato delle periferiche connesse mediante la procedura descritta di seguito, quindi configurare le impostazioni.
SOLUZIONE. Verificare che il software sia compatibile con il sistema operativo in uso. ⇒ Windows / Selezionare il software da installare (pagina 3) ⇒ Mac OS / Installazione del driver della stampante (pagina 18) VERIFICA E possibile controllare l'indirizzo IP della macchina.
SOLUZIONE. Fare clic sul pulsante [Start] e successivamente selezionare [Opzioni] → [System] → [App e funzionalità]. (In Windows 8.1/Windows Server 2012, fare clic con il pulsante destro del mouse sul pulsante [Start], selezionare [Pannello di controllo] → [Disinstalla un programma].) (In Windows 7/Windows Server 2008, fare clic sul pulsante [Start], selezionare [Pannello di controllo] → [Programmi e funzionalità].)
SOLUZIONE. [1] La Corte ha accolto il proposto regolamento, osservando che l’accertamento, da parte della Corte d’appello, del credito opposto in compensazione in sede di verificazione del passivo fallimentare non potrebbe in ogni caso generare effetti vincolanti rispetto al giudizio, pendente davanti al Tribunale, ove dibattuta è l’estinzione dell’ipoteca: vuoi per difetto dell’indispensabile coincidenza dell’elemento soggettivo tra le due cause; vuoi per l’estraneità dello stesso credito al novero degli elementi di cui si compone la fattispecie costitutiva dell’ipoteca in discussione. A ciò si è aggiunto che, essendosi promossa la causa davanti al Tribunale a mezzo di ricorso ex art. 702-bis c.p.c., necessariamente avrebbe dovuto trovare applicazione il principio per cui, sussistendo le condizioni per far luogo alla sospensione a norma, a seconda dei casi, degli artt. 295 ovvero 337 c.p.c., la stessa non potrebbe essere disposta se non previa conversione del rito – nella specie, evidentemente, mancata -, da sommario in ordinario. [2] Il giudice di legittimità non si è limitato, però, a quanto sopra, sottoponendo, ancorché non richiesto, al proprio sindacato critico il provvedimento sospensivo impugnato anche nella parte concernente il giudizio sul credito per il saldo prezzo della vendita immobiliare. Tra questa e la causa vertente, in appello, sullo stesso credito, ivi dedotto in compensazione, non intercorre una relazione di pregiudizialità-dipendenza, bensì di identità, non rilevando in senso contrario la circostanza dell’inversione del ruolo processuale delle parti nel passaggio dall’un giudizio all’altro. E questo fa sì che a ricevere applicazione, nella fattispecie, debba essere la disciplina della litispendenza ex art. 39, 1° comma, c.p.c., a ciò non potendosi rinvenire ostacolo nel fatto della pendenza delle due cause in gradi differenti di giudizio, dal momento che anche in tal caso si profila quel rischio di duplicità di giudizi e confliggenti regolamentazioni dello stesso rapporto che soltanto l’eliminazione dalla scena di una delle due cause, e non il suo artificioso mantenimento in vita sebbene nello stato di quiescenza, è in grado di prevenire. Quale delle due cause vada rimossa, mediante declaratoria della litispendenza e annessa cancellazione dal ruolo, è chiaramente, in forza del criterio di prevenzione di cui a detto art. 39, 1° comma, c.p.c., quella radicata davanti al tribunale: al qual riguardo la Corte ha ritenuto di poter provvedere direttame...
SOLUZIONE. Toccare il tasto [Impostazioni] nella schermata iniziale, selezionare [Stato] → [Stato di rete].
SOLUZIONE. La Suprema Corte, richiamando l’interpretazione normativa data dalle Sezioni Unite[2], riteneva che l’intervenuta registrazione tardiva avesse effetto sanante con efficacia retroattiva, ma non riguardava il periodo intercorrente tra il reale inizio dell’occupazione dell’immobile e la data di inizio del rapporto locatizio così come attestata dal contratto (nel caso di specie nella registrazione è stata indicata come data di inizio locazione quella del 01.09.2012, mentre la locazione ha avuto inizio nel novembre 2011, per effetto dell’iniziale consegna dell’immobile e pagamento dei canoni corrispondenti). Gli Xxxxxxxxx, quindi, accolgono parzialmente il ricorso – esclusivamente il primo motivo, ritenendo quindi che la parte di negozio non “coperta” da registrazione rimane non sanabile; il provvedimento impugnato è cassato con rinvio a diversa composizione della Corte d’Appello competente.
SOLUZIONE. [1] La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio il provvedimento gravato, affermando che, prima dell’entrata in vigore della l. 247/2012 (che ha reintrodotto il divieto abrogato dal d.l. 223/2006), il patto di quota lite concluso tra cliente e avvocato poteva essere validamente concluso, a condizione che, da un lato, non fosse violato il divieto di cessione di crediti litigiosi previsto dall’art. 1261 c.c. e che, dall’altro lato, il compenso così pattuito non fosse sproporzionato per eccesso rispetto a quanto sarebbe risultato dall’applicazione dei parametri tariffari.
SOLUZIONE. [1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo che la clausola volta a subordinare l’esigibilità dei crediti della società locatrice nei confronti dell’originaria conduttrice alla sorte del nuovo contratto di locazione concluso nel 2010 configurasse una condizione sospensiva meramente potestativa (come tale, nulla), visto che il suo avveramento era sostanzialmente rimesso alla volontà della medesima locatrice, detenendo essa la maggioranza del capitale della società che aveva assunto in locazione il parcheggio multipiano con detto contratto; da questo punto di vista, l’apparente alterità soggettiva della conduttrice costituiva una mera fictio iuris e, come tale, integrava un abuso della personalità giuridica.
SOLUZIONE. Il Tribunale di Venezia ritiene fondata la richiesta dell’agente e condanna dunque il preponente a pagare l’importo di € 44.763 a titolo di indennità per il divieto di concorrenza postcontrattuale.