SOLUZIONE. Dopo un lungo iter giudiziario, che vede come prodromico l’accertamento con passaggio in giudicato delle vicende inerenti la proprietà del bene e la validità dell’accordo fiduciario, Il Tribunale di Firenze accoglie le richieste risarcitorie del convivente non intestatario del bene costretto a lasciare l’immobile, accerta e quantifica il danno da quest’ultimo subito per effetto del mancato godimento del bene, modulando ai criteri propri delle principali pronunce di legittimità sulla materia del risarcimento dei danni da indebita occupazione dell’immobile, in particolare tenendo conto del valore locativo del bene. QUESTIONI Il punto di partenza per accertare l’esistenza di un danno ed arrivare alla necessaria quantificazione dello stesso, risulta essere la pacifica circostanza che uno dei due conviventi abbia avuta la piena ed esclusiva disponibilità di un bene di cui non era proprietario a discapito dell’altro e contro la volontà di quest’ultimo e dall’altra che in base alla comune esperienza, deve ritenersi che l’immobile sarebbe stato oggetto di un’utilizzazione fruttifera, mediante, ad esempio, la sua locazione, facendo uso delle presunzioni, ai fini probatori. In effetti, il Tribunale giunge alla pacifica conclusione dell’esistenza di un danno risarcibile, per il mancato godimento dell’immobile, facendo applicazione degli istituti: del danno in re ipsa, come indicato nella massima, alla configurazione del c.d. “danno conseguenza”, di cui alle Sezioni Unite del 11.11.2008 n.26972 ed infine al “danno figurativo”, inteso quale valore locativo del cespite abbandonato, richiamando Xxxx. Civ. 649/00; 1373/99; 1123/98). Il Tribunale ancora la propria decisione all’oramai pacifico principio espresso dalla Suprema Corte per il quale: “il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell’immobile che si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l’immobile” (in tal senso sentenza Cass. del 5 settembre 2013, n. 20394 che richiama Xxxx. nn. 7881/11 e 7716/...
SOLUZIONE. [1] Tanto la Cassazione quanto la Corte d’Appello muovono dalla constatazione che il negozio dal quale scaturiva la lite era rimasto inefficace in seguito al mancato avveramento della condicio iuris apposta dai contraenti e che, di conseguenza, non vi era possibilità alcuna per discorrere dell’inadempimento delle obbligazioni, invero mai sorte, che lo stesso prevedeva in capo alle parti. Secondo il ragionamento sviluppato da entrambi i collegi, la controversia doveva essere piuttosto decisa verificando se alla società committente fosse o meno rimproverabile una violazione del dovere di comportamento secondo buona fede in pendenza della condizione contrattuale previsto dall’art. 1358 c.c.: a tale riguardo, evidenzia in particolare la Suprema Corte come «chi si sia obbligato sotto la condizione sospensiva dell’ottenimento di determinate autorizzazioni o concessioni amministrative necessarie per la realizzazione delle finalità economiche che l’altra parte si propone, ha il dovere di compiere, per conservarne integre le ragioni, comportandosi secondo buona fede (art. 1358 c.c.), tutte le attività che da lui dipendono per l’avveramento di siffatta condizione, in modo da non impedire che la P.A. provveda sul rilascio degli auspicati provvedimenti ampliativi»; per poi soggiungere che «in un contratto diretto alla progettazione e realizzazione di opere edili, è configurabile, in capo al committente, un dovere di cooperare all’adempimento dell’esecutore dei lavori, affinché quest’ultimo possa realizzare il risultato cui è preordinato il rapporto obbligatorio, se del caso anche favorendo l’elaborazione di varianti progettuali resesi necessarie in corso d’opera, vieppiù ove (…) l’approvazione del progetto sia stata elevata dalle parti a condizione di efficacia dell’intero contratto». Il ragionamento sviluppato dalla Corte d’Appello e successivamente confermato dalla Cassazione peraltro esclude che alla società committente sia addebitabile una violazione del dovere di correttezza pendente condicione, facendo leva su due ordini di argomenti. Il primo rileva che, nelle ipotesi considerate, il giudizio circa l’inosservanza dell’art. 1358 c.c. presuppone l’accertamento del fatto che, avuto riguardo alla situazione esistente nel momento in cui si è verificato tale inadempimento, «la condizione avrebbe potuto avverarsi, essendo certo il legittimo rilascio delle autorizzazioni o concessioni amministrative con riguardo alla normativa applicabile» (a tale riguardo la sentenza ...
SOLUZIONE. Verificare lo stato delle periferiche connesse mediante la procedura descritta di seguito, quindi configurare le impostazioni.
SOLUZIONE. Verificare che il software sia compatibile con il sistema operativo in uso. ⇒ Windows / Selezionare il software da installare (pagina 3) ⇒ Mac OS / Installazione del driver della stampante (pagina 18) VERIFICA E possibile controllare l'indirizzo IP della macchina.
SOLUZIONE. Fare clic sul pulsante [Start] e successivamente selezionare [Opzioni] → [System] → [App e funzionalità]. (In Windows 8.1/Windows Server 2012, fare clic con il pulsante destro del mouse sul pulsante [Start], selezionare [Pannello di controllo] → [Disinstalla un programma].) (In Windows 7/Windows Server 2008, fare clic sul pulsante [Start], selezionare [Pannello di controllo] → [Programmi e funzionalità].)
SOLUZIONE. Toccare il tasto [Impostazioni] nella schermata iniziale, selezionare [Stato] → [Stato di rete].
SOLUZIONE. Il Tribunale di Venezia ritiene fondata la richiesta dell’agente e condanna dunque il preponente a pagare l’importo di € 44.763 a titolo di indennità per il divieto di concorrenza postcontrattuale.
SOLUZIONE. La Suprema Corte, richiamando l’interpretazione normativa data dalle Sezioni Unite[2], riteneva che l’intervenuta registrazione tardiva avesse effetto sanante con efficacia retroattiva, ma non riguardava il periodo intercorrente tra il reale inizio dell’occupazione dell’immobile e la data di inizio del rapporto locatizio così come attestata dal contratto (nel caso di specie nella registrazione è stata indicata come data di inizio locazione quella del 01.09.2012, mentre la locazione ha avuto inizio nel novembre 2011, per effetto dell’iniziale consegna dell’immobile e pagamento dei canoni corrispondenti). Gli Xxxxxxxxx, quindi, accolgono parzialmente il ricorso – esclusivamente il primo motivo, ritenendo quindi che la parte di negozio non “coperta” da registrazione rimane non sanabile; il provvedimento impugnato è cassato con rinvio a diversa composizione della Corte d’Appello competente.
SOLUZIONE. [1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo che la clausola volta a subordinare l’esigibilità dei crediti della società locatrice nei confronti dell’originaria conduttrice alla sorte del nuovo contratto di locazione concluso nel 2010 configurasse una condizione sospensiva meramente potestativa (come tale, nulla), visto che il suo avveramento era sostanzialmente rimesso alla volontà della medesima locatrice, detenendo essa la maggioranza del capitale della società che aveva assunto in locazione il parcheggio multipiano con detto contratto; da questo punto di vista, l’apparente alterità soggettiva della conduttrice costituiva una mera fictio iuris e, come tale, integrava un abuso della personalità giuridica.
SOLUZIONE. [1] La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio il provvedimento gravato, affermando che, prima dell’entrata in vigore della l. 247/2012 (che ha reintrodotto il divieto abrogato dal d.l. 223/2006), il patto di quota lite concluso tra cliente e avvocato poteva essere validamente concluso, a condizione che, da un lato, non fosse violato il divieto di cessione di crediti litigiosi previsto dall’art. 1261 c.c. e che, dall’altro lato, il compenso così pattuito non fosse sproporzionato per eccesso rispetto a quanto sarebbe risultato dall’applicazione dei parametri tariffari.