Common use of XXXXXXXXXX, Clause in Contracts

XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria del contratto di leasing nel fallimento, in Il fall., 2006, 1239. 94 Si tratta di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, cit., 880, si chiede in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva della sua proprietà.

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XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria del contratto di leasing nel fallimento, in Il fall., 2006, 1239. 94 Si tratta di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione L’amministrazione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato beni della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentarecomunione legale, cit., 8802011, p. 539 ss. 30 DE RUBERTIS, Sulla locazione della casa coniugale in regime di comunione dei beni, nota a Pret. Napoli, 31 maggio 1979, Pret. Sorrento, 3 giugno 1978, in Dir. giur., 1979, p. 820 ss. 31 X. XXXX, Il regime patrimoniale della famiglia, in AA.VV., La riforma del diritto di famiglia, Atti del 2° Convegno di Venezia svolto presso la Fondazione Xxxxxxx Xxxx nei giorni 11-12 marzo 1972, cit., p. 75. Citazione ricordata anche da X. XXXXXX, La comunione legale tra coniugi, cit., pp. 1146 In altri termini, il complesso iter di approvazione, sebbene privo di motivazioni ufficiali sulla soluzione prescelta32, non può che testimoniare un’attenta riflessione legislativa, che sarebbe riduttivo definire come mera svista: dall’espressa equiparazione tra atti di concessione di diritti personali di godimento ed atti di straordinaria amministrazione si desume, in buona sostanza, il chiaro intendimento del legislatore di dare massima ampiezza alla partecipazione dei coniugi alla gestione dei beni comuni e ad ogni decisione che li riguarda33. Voluntas legis che è peraltro in perfetta sintonia con lo spirito della riforma, improntato, in una logica solidaristica, ad assicurare ad entrambi i coniugi una sostanziale partecipazione all’amministrazione del patrimonio comune. Ad analoga conclusione conduce anche l’analisi sistematica del dato positivo, rappresentato dagli artt. 180/2 e 184 c.c. È evidente che l’approccio da seguire debba essere sintetico, non potendosi arbitrariamente scindere la norma che contiene il precetto primario da quella che prevede l’apparato sanzionatorio predisposto dall’ordinamento per reagire alla violazione della prescrizione normativa, a meno di non concepire l’art. 184 c.c. come disposizione autosufficiente, contenente cioè sia il precetto che la relativa sanzione: il che, tuttavia, implicherebbe una inammissibile forzatura del sistema, priva di un solido aggancio legislativo. Altrimenti opinando, si chiede finirebbe, insomma, per separare ciò che il legislatore ha chiaramente voluto – seppure in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche distinte disposizioni – disciplinare in modo unitario. Si noti, infine, che la sola concessione divergente disciplina sanzionatoria contemplata dall’art. 184 c.c. è costruita su un criterio discretivo di matrice strettamente oggettiva, fondato sulla natura del bene nella disponibilità oggetto dell’atto abusivo compiuto da un solo coniuge all’insaputa dell’altro e sulla diversità dei relativi regimi pubblicitari. Ogni altra opzione ermeneutica si risolverebbe nell’introduzione – in via praeter legale – di terziun’ulteriore limitazione, che, pur astrattamente apprezzabile sul piano della politica economica nonchè della tutela della circolazione e dell’affidamento del terzo, è già stata esclusa a monte dal legislatore. Non si è in presenza di una lacuna normativa, bensì di una precisa scelta legislativa, alla quale l’interprete deve inesorabilmente rassegnarsi, abbandonando ogni tentazione di interpretazioni creative; si concorda, in definitiva, con riserva il suggerimento di una parte della sua proprietàdottrina, secondo la quale è opportuno prendere atto che il legislatore plus dixit quam voluit e limitarsi a restringere l’ambito applicativo dell’art. 180/2 c.c (e del correlato rimedio impugnatorio di cui all’art. 184 c.c.) ai soli diritti personali di godimento relativi a beni immobili, norma che, in quest’ottica, assumere allora il significato di mera “tipizzazione” di una categoria di atti di straordinaria amministrazione34. Alla stregua di questa interpretazione – testuale, storica, sistematica e teleologica – sfuma, fino a perdere rilevanza, la perplessità avanzata dal giudice cremonese in merito alla sussumibilità della locazione infranovennale entro la categoria degli atti di straordinaria amministrazione, posto che la stessa è stata espressamente tipizzata come tale dal legislatore della riforma. Sulle suddette considerazioni, ed in particolare sull’esame del connesso art. 180/2 c.c., la sentenza in esame è rimasta inspiegabilmente muta, essendosi limitata ad aderire alla tesi secondo la quale l’art. 184 c.c. è applicabile ai soli atti dispositivi di cose della comunione; tesi che, però, benchè largamente diffusa in dottrina35, non è stata elaborata con specifico riferimento alla tematica 32 X. XXXXXXXXXXX, Della comunione legale, cit., 1977, p. 424.

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XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria del Il contratto di leasing nel fallimentoillecito, in Trat. Roppo, II, Il fall.regolamento, a cura di X.Xxxxxxx, Milano, 2006, 1239441. 94 Si Dottrina e giurisprudenza concordano nel ritenere che la disposizione contenuta nella norma imperativa possa essere determinata “da un interesse, sociale, dal bisogno di difesa della sicurezza giuridica” (F. Ferrara, Teoria del negozio illecito, Milano, 1914, p.23) nonché “dall’esigenza di tutela dei principi fondamentali e di interesse generale, essenziali all’ordinamento giuridico dello Stato (anche transitoriamente) e tali da osservarsi inderogabilmente da tutti”. (Cass. 11 novembre 1979, n.5311, in Riv. not., 1980, p.134. In realtà parte della dottrina ha sottolineato che la ricostruzione basata sul binomio nullità e interesse generale sia entrata in crisi all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso con l’emersione della categoria delle “nullità speciali” originata dal ricorso da parte del legislatore alla figura della nullità per la tutela di interessi particolari riferibili non alla collettività ma tutt’al più, a classi di contraenti individuate X.Xxxxxxx, op.cit., p.540. Nonostante queste critiche recentemente la giurisprudenza di legittimità non ha esitato a confermare il proprio orientamento consolidato escludendo che l’emersione delle nullità speciali possa smentire il principio per cui tale categoria di invalidità è sempre posta a presidio di interessi generali. Infatti la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n.26242 del 12 dicembre 2014) non ha negato che le nuove ipotesi di nullità siano volte a tutelare particolari categorie di soggetti, quali i consumatori, i subfornitori e così via, ma ha altresì aggiunto che il potere offioso del giudice di rilevare tali forme di nullità, che sussiste anche in tali ipotesi, è essenziale al perseguimento di valori che possono anche avere rilievo costituzionale, quali il corretto funzionamento del mercato (ex art. 41 Cost.) o l’uguaglianza formale tra contraenti forti e deboli (ex art. 3 Cost.) poichè “lo squilibrio contrattuale tra le parti altera non soltanto i presupposti dell’autonomia contrattuale ma altresì le dinamiche concorrenziali tra le imprese”. L’orientamento è seguito anche in dottrina, si osserva infatti che le nullità extracodicistiche sono sì volte a tutelare un contraente appartenente ad una determinata categoria considerata “debole”, in quanto sfornita di un sufficiente potere contrattuale in grado di influire adeguatamente sul contenuto del negozio, ma allo stesso tempo non considerano il singolo in sé poiché tengono conto di una situazione di asimmetria che ha carattere diffuso ed è generalizzata tra tutti gli appartenenti alla medesima categoria di modo che si tratta di una applicazione coerente del disposto dell’artnullità volte a colpire il contratto socialmente dannoso. 104Così per M. Bianca, comma settimoDiritto civile, come novellato dal legislatore del 2006Il Contratto, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisoriovol. III, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo)Milano, il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse2000, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, citp. 613., 880, si chiede in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva della sua proprietà.

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XXXXXXXXXX,. Il rapporto di lavoro sportivo, p. 108 dell’Autorità giudiziaria che limitino di fatto la libertà di movimento del lavoratore. Detto provvedimento può essere assunto, secondo la giurisprudenza, anche in via cautelare, ovvero prima che la decisione della Federazione sportiva o dell’Autorità giudiziaria divenga definitiva, dato che costituirebbe un mezzo per tutelare gli interessi organizzativi e produttivi della società. Inoltre, ha ritenuto legittima l’applicazione di detti provvedimenti anche qualora non espressamente delineati nella specifica disciplina di settore, a meno che permanga il vincolo di utilità per la società e di proporzionalità rispetto alla sanzione adottata. Sul punto si è pronunciata la Suprema Corte: “La sospensione cautelare del lavoratore, prevista dall'art. 26 del c.c.n.l. 5 luglio 1994 costituisce una forma di autotutela del datore di lavoro, volta ad evitare la permanenza del lavoratore sul posto di lavoro nei casi previsti ed è istituto diverso dalla sospensione disciplinare, che ha invece carattere sanzionatorio; ne consegue che alla sospensione cautelare non si applica l'art. 7 della legge n. 300 del 1970, fermo restando che, ove sussista una specifica disciplina unitaria contrattuale che la regolamenti, è necessario che il datore di lavoro vi si attenga, dovendosi svolgere la potestà del contratto datore di leasing lavoro di organizzazione dell'impresa nel fallimentorispetto dei diritti dei lavoratori, come tutelato dalla contrattazione collettiva”95. Per comprendere meglio quanto sopra descritto, è doveroso fare riferimento, in Il fallambito calcistico, ad un recente caso che ha ribaltato le possibili decisioni 95 Cass. civ. Sez. lavoro Sent., 200613/09/2012, 1239n. 15353. 94 disciplinari che possono far seguito ad uno scorretto comportamento da parte di un atleta tesserato presso una società sportiva. Si tratta del lodo depositato il 16 dicembre 2010 dal Collegio Arbitrale presso la Lega Seria A, ad oggetto la controversia tra il calciatore Xxxxxxx Xxxxxxx e la società calcistica UC Sampdoria. Stando a quanto riportato, il 26 ottobre 2010 il calciatore, non essendo d’accordo con una richiesta a lui fatta dal presidente della società UC Sampdoria, abbandonava la stanza in cui era avvenuto il colloquio e, allontanandosi, utilizzava espressioni volgari a carico del predetto presidente, udite sia da quest’ultimo che da dirigenti ed alcuni compagni di squadra in quel momento presenti. L’ingiuria, secondo giurisprudenza96, se grave e reiterata, può costituire una violazione degli obblighi di diligenza in capo al lavoratore previsti dall’art 2104 c.c., oltre che nel caso specifico, dell’Accordo collettivo vigente. Per quanto concerne, più in particolare, l’eccesso di critica, l’inadempimento si verifica quando la critica travalichi i limiti della correttezza formale imposti dall’esigenza di tutela della persona umana ex art. 2 Cost. Tali limiti, in particolare, si ritengono superati laddove all’impresa o ai suoi rappresentanti vengano attribuite qualità apertamente disonorevoli, riferimenti volgari ed infamanti97. Il datore di lavoro (presidente della UC Sampdoria) decideva quindi di disporre, in via cautelare, la sospensione dal lavoro per l’atleta, misura consentita sulla base dell’art 11 dell’Accordo collettivo, il quale prevede che quando l’inadempimento del calciatore sia tale da non consentire, senza obiettivo 96 Cass. Civ. Sez. Lavoro, sent. n. 15334/2007 97 Cass. Civ. Sez. Lavoro, sent. n. 19350/2003 immediato nocumento per la Società, la partecipazione dell’atleta agli allenamenti, la Società stessa può disporre l’esclusione dagli allenamenti purché contesti preventivamente gli addebiti al calciatore e, contestualmente alla sospensione, inoltri, al calciatore ed al Collegio arbitrale presso la Lega, la proposta di irrogazione della sanzione disciplinare. Tale provvedimento, dunque, non ha natura disciplinare ma cautelare: fermo restando l’obbligo retributivo per la Società, il calciatore è esonerato dall’obbligo di fornire la prestazione. La funzione è solo quella di allontanare l’atleta dal luogo di lavoro, per il tempo strettamente necessario alla definizione del procedimento disciplinare, quando l’infrazione sia così grave da non consentire la prosecuzione, neanche provvisoria, del rapporto ovvero nel caso in cui la presenza dell’atleta medesimo possa costituire fondato pericolo di ulteriori turbamenti. La società UC Sampdoria quindi, contestualmente alla sospensione del calciatore Xxxxxxx Xxxxxxx, si rivolgeva al Collegio arbitrale per l’irrogazione di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquistomisura disciplinare adeguata. In caso di scioglimento casi del contratto genere, le sanzioni (comma secondo), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene oltre le semplici multe ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – ammonizioni scritte) che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocatopuò richiedere, per recuperare il capitale residuosulla base dell’art 11 dell’Accordo collettivo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, cit., 880, si chiede in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva della sua proprietà.sono:

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Samples: Dipartimento Di Giurisprudenza

XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria del contratto compravendita di leasing nel fallimentopartecipazioni azionarie, in Il fall.Scritti in onore di Xxxxxxx Xxxxx, 2006Milano, 12391994, p. 767, afferma che i «contratti di compravendita di azioni, … hanno contribuito, in «contratto alieno»59, ove l’aggettivo alieno ha «come calco “alius”, e quindi “altro, straniero”, ma anche “alien”, e quindi “extraterrestre”», per indicare un fenomeno più ampio dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 94 Si tratta 1322 c.c.. Difatti, se tra i contratti alieni vi sono certamente contratti atipici per il nostro ordinamento, i contratti di sale and purchase agreement non possono dirsi atipici, in quanto corrispondono al tipo italiano della vendita; tuttavia essi, per scelta delle parti contraenti e dei loro consulenti, al tempo stesso ricalcano modelli anglosassoni e contengono una clausola de lege utenda riferita alla legge italiana. Pertanto sono numerose le incertezze cui ci si espone, qualora non si tenga conto delle peculiarità né dell’ordinamento da cui perviene il modello contrattuale adottato né dell’ordinamento di recepimento. A parere di tale dottrina, difatti, non è da mettere in programma la preparazione di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione disciplina legale italiana dei contratti alieni, ma il tentativo di contrastarne un recepimento acritico60. Non pare si pongano particolari problematiche in merito alle modalità di conduzione delle trattative nonché delle indagini relative alla società target, sebbene sia da domandarsi quali natura e vincolatività possano avere le lettere di intenti con cui generalmente si dà avvio alle negoziazioni61, nonché quale rilevanza abbia la conoscenza degli elementi della società bersaglio acquisita durante l’esercizio provvisoriolo svolgimento della due diligence62. ragione del carattere naturalmente «transnazionale» che li connota, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza creare una forte osmosi tra il credito vantato alla data del fallimento modelli e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti sistemi giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, citdifferenziati., 880, si chiede in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva della sua proprietà».

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Samples: Contratto Di Acquisizione

XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria Il giudice amministrativo nella modernità (Adunanza Plenaria n. 3 del contratto di leasing nel fallimento, in Il fall., 2006, 1239. 94 Si tratta di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo2011), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, cit., 880par. 3, non par dubbio che l’invito all’autotutela o i ricorsi amministrativi, motivatamente e tempestivamente attivati possano costituire ampia dimostrazione di una collaborazione piena e leale, di talché una p.A. che ciononostante tenga fermo l’atto lesivo, poi non può in sede di giudizio risarcitorio pretendere riduzioni o persino azzeramenti del proprio obbligo risarcitorio quando il danneggiato l’aveva tempestivamente e motivatamente avvisata del danno ingiusto che stava provocando. Tuttavia, se si considera che al privato deve essere chiesto il minor sacrificio possibile, sono le ultime forme di tutela testé richiamate che andrebbero prese in considerazione e non certo la prima, cioè quella del ricorso giurisdizionale. Né si può condividere il ragionamento della Plenaria laddove sostiene che l’azione di annullamento, se rapportata all’azione di risarcimento, non è particolarmente costosa né aleatoria. Il problema è che il raffronto non deve essere fatto con l’azione risarcitoria, ma semmai con gli altri rimedi che l’ordinamento mette a disposizione del ricorrente per avvisare la p.A. dell’illegittimità dell’atto (quindi, richiesta di autotutela e ricorsi amministrativi). Xx è chiaro che da questo raffronto il mezzo più esigibile, perché più economico e al contempo efficace, è la proposizione di una motivata istanza volta a sollecitare il potere di autotutela della p.A. In conclusione, alla luce della sentenza della Plenaria, sembra sussistere ancora un onere di attivarsi per il privato, almeno per segnalare le illegittimità dell’atto, se il ricorrente non vuole correre il serio rischio di vedersi decurtato o negato il risarcimento del danno34. Rispetto alla situazione precedente, quando a chi aveva intenzione di proporre un’azione risarcitoria si imponeva l’onere di impugnare in via pregiudiziale il provvedimento illegittimo di fronte al giudice amministrativo, un piccolo passo in avanti è stato fatto. Forse, però, si chiede poteva fare di più, nonostante la (non condivisibile) soluzione di compromesso adottata dal legislatore. Non si comprende infatti perché debba continuare ad essere il privato ad accorgersi e a dover segnalare i vizi di legittimità dell’atto piuttosto che la stessa Amministrazione, che per definizione è esperta nel settore in chiave problematica se nell’espressione preferita cui opera. Un’altra importante novità in tema di tutela risarcitoria degli appalti pubblici si è avuta con la recente sentenza della Corte di giustizia del 30 settembre 2010, causa X- 000/00, Xxxx Xxxxx00. Xx questa decisione il Giudice del Lussemburgo afferma a chiare lettere che il diritto comunitario osta ad una normativa nazionale che, nelle ipotesi di violazione della disciplina sugli appalti pubblici da parte di una Amministrazione aggiudicatrice, 34 Anche ad avviso di P. QUINTO, Le “convergenze parallele” nel processo amministrativo. Nota a margine dell’A.P. n. 3 del 2011, cit., par. 4, “rimangono ben ristretti gli spazi nei quali il titolare di una situazione di interesse legittimo possa rivendicare un risarcimento danni avendo omesso di attivare nei termini e nei modi plurimi che l’ordinamento gli concede tutte quelle azioni (“altra collocazione”tipiche) possa oggi rientrare anche ed iniziative (atipiche) per far caducare la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva fonte della sua proprietàsituazione dannosa: il provvedimento amministrativo illegittimo”.

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XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria del contratto di leasing nel fallimento, in Il fall., 2006, 1239. 94 Si tratta di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentaredemocrazia diretta, cit., 880501, ma si chiede v., per ripercorrere il discorso, 496 ss. 46 Cfr., sul punto, X. XX XXXXX, La “negoziazione legislativa”, Padova, 1984, 38 ss. affinità politico-programmatiche47. Questo parallelo confermerebbe l’ipotesi che la forma contrattuale sia volta ad assicurare un reciproco impegno in chiave problematica se nell’espressione preferita (caso di significativa distanza politica fra le parti contraenti e che questo impegno non venga assunto tanto in termini altra collocazionegiuridici) possa oggi rientrare , quanto in termini politici48. Ciò che imprime una significativa differenza fra il Contratto di governo “all’italiana” e il Koalitionsvertrag tedesco è, invece, il contesto istituzionale e politico entro il quale si collocano l’uno e l’altra. Non può, infatti, non tenersi conto del ruolo di fondamentale stabilizzazione e razionalizzazione svolto nell’ordinamento tedesco dalla sfiducia costruttiva49, che pone un significativo argine alle possibilità di crisi di governo determinate dai conflitti politici fra le forze in coalizione e che intensifica, quindi, la necessità di un’effettiva reciproca collaborazione fra di loro. Ma sono anche la sola concessione storia e la cultura politica a differire notevolmente e ad incidere sull’effettiva vincolatività del bene nella disponibilità contratto di terzicoalizione poiché, con riserva mentre in Germania il mancato rispetto dell’accordo porterebbe all’isolamento del soggetto o del partito che se ne è reso responsabile, per via della sua proprietàinaffidabilità, nella nostra esperienza istituzionale non si registrano sanzioni di tipo politico a rinforzare la vincolatività del patto di governo50. Com’è stato efficacemente sintetizzato, «in Germania l’accordo è un metodo, è il fine della dialettica politica, in Italia è un mezzo per costringere quella stessa dialettica nelle strette maglie del testo scritto»; «in Germania il termine “contratto” non è stato scelto dalle parti, bensì è stato attribuito successivamente agli accordi a causa della forte vincolatività politica che presentavano. In Italia invece si è voluto utilizzare tale termine per attribuire, arbitrariamente, vincolatività ad un patto politico che (…) non può averne»51.

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XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria L’obbligazione, Milano, 1968, 23 ss. e 213 ss. 65 L’orientamento della giurisprudenza è abbastanza restrittivo: Trib. Teramo, 18 settembre 2015, in dejure, il quale esclude la legittimità del rifiuto a concludere il definitivo allorquando si possa affermare che «non sussistevano rilevanti difformità dell’immobile non conosciute dal primo e dallo stesso non accettate o comunque tali da non potere essere eliminate con un minimo costo»; nonché, Trib. Messina, 14 maggio 2015, ivi; Trib. Parma, 5 febbraio 2014, ivi; Trib. Genova, 26 giugno 2013, ivi. 354 Sul punto, d’altronde, la giurisprudenza è assai chiara: se è vero che ciò che distingue la minuta o la puntuazione dal preliminare è anzitutto la ricorrenza della volontà dei contraenti di vincolarsi alla conclusione del successivo contratto 66, è anche vero che l’individuazione del contenuto minimo del contratto può – a date circostanze, quale può essere il mancato rinvio ad altra sede della definizione degli elementi accessori – fare pre- sumere l’esistenza di leasing nel fallimentouna tale volontà 67. Affinché possa reputarsi rag- giunto un accordo idoneo a obbligare a contrarre è necessaria l’individua- zione degli elementi essenziali (in concreto) del definitivo 68. A questa stregua, qualificare un patto che non individua tutti gli elementi essenziali del futuro contratto – che altro non sono che quelli del definitivo – in termini di preliminare, sì da ricondurgli egualmente l’effetto costitutivo dell’obbligo a contrarre, porterebbe all’applicazione di un regime di re- sponsabilità che suscita non poche perplessità. I contraenti, in definitiva, finirebbero per consumare la loro autonomia negoziale con riguardo alla conclusione del successivo contratto pur essendo ancora in via di defini- zione, e quindi di programmazione, la stessa utilità finale cui tendono. A fronte di un accordo incompleto, le cause di esonero dalla responsabilità devono identificarsi con il ventaglio di ipotesi in cui il rifiuto della succes- siva stipulazione non sia sorretto da alcun giustificato motivo 69. Giustifi- cato è il rifiuto, ad esempio, quando la proposta di dettaglio formulata da 66 Sul rilievo della volontà spec. Trib. Padova, 11 settembre 2006, in Iusexplorer. 67 Cass., 4 agosto 1990, n. 7871, in Iusexplorer; Trib. Genova, 15 maggio 2008, in Giur. merito, 2011, 82; in prospettiva assai simile v., pure, Trib. Bologna, 23 aprile 2007, in Il fallcivilista, 2008, 86; Trib. Milano, 10 maggio 2006, ivi, ove si dà rilievo ai fini della distinzione tra minuta e accordo vincolante al rinvio operato dai contraenti al successivo accordo necessario per la definizione degli elementi accessori (dunque, perciò tali soltanto in astratto) del regolamento contrattuale. 68 Sulle regole di formazione del vincolo contrattuale e, in particolare, sulla c.d. formazione progressiva la letteratura è molto ampia. Per tutti G.B. XXXXX, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale «per relationem», in Riv. dir. comm., 1964, 199 ss.; ID., Consi- derazioni sulla formazione progressiva del contratto, in Riv. dir. comm., 1969, spec. 73 ss.; X. XXXXX, Carattere vincolativo della minuta nella fase precontrattuale, in Giust. civ., 1961, I, 1668 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto, 2ª ed., Milano 2000, 228 ss.; X. XXXXXXXX, La formazione progressiva del contratto, in X. XXXXXXXXX (a cura di), I contratti in generale, in X. XXXXXXXX-X. XXXXXXXXX (diretto da), Trattato dei contratti, I, Torino 2006, 1239177 ss. 94 Si tratta 69 Il rinvio è, dunque, alle regole in materia di una applicazione coerente del disposto dell’artresponsabilità precontrattuale: sul punto, ex multis, X. XXXXXXX, La responsabilità precontrattuale, rist. 104Camerino, comma settimoNapoli, come novellato dal legislatore del 20062012; X. X’XXXXX, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorioLa reponsabilità precontrattuale, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto in X. XXXXX (comma secondox xxxx xx), il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosseXxxxxxxx xxx xxxxxxxxx, inoltreX, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67Xxxxxx, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, cit., 880, si chiede in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva della sua proprietà.0000;

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XXXXXXXXXX,. Le nuove regole del lavoro dopo il Jobs Act, Milano, Xxxxxxx, 2016, p. 76. nella prassi informale di alcuni settori produttivi ed è stato introdotto, anche se come variante del part-time, in alcuni contratti collettivi36. La disciplina unitaria del lavoro intermittente ha conosciuto un’evoluzione particolarmente complessa. Introdotta in Italia dalla Legge Biagi (D. Lgs. n. 276/2003), questa forma di contratto di leasing nel fallimentolavoro è stata abrogata (con esclusione dei contratti in essere) dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, recante “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in Il fall., 2006, 1239materia di lavoro e previdenza sociale”37. 94 Si tratta Un autore ricorda come questa fattispecie «sia stata molto contrastata per il particolare stato di una applicazione coerente del disposto dell’artprecarietà che determina e per questo motivo ha subito diverse modifiche a seconda della colorazione politica dei Governi che si sono succeduti»38. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006La legge n. 247/2007, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorioha recepito le indicazioni delle parti sociali, salvo che aveva, delegato però alla contrattazione collettiva il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente potere, per l’acquisto. In caso evitare forme di scioglimento lavoro irregolare o sommerso e limitatamente ai settori dello spettacolo e del contratto (comma secondo)turismo, il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque introdurre la possibilità di soddisfare anche instaurare «specifici rapporti di lavoro finalizzati a sopperire a esigenze di utilizzo di personale per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo»39. A meno di un anno, il credito d.l. 25 giugno 2008, n. 11240, ha ripristinato il lavoro a chiamata, come era stato modificato nel 200541. Tra il 2011 e il 2012 un disegno di legge presentato dal Governo stabiliva che il job on call dovesse essere «sottratto di nuovo a un regime di regolamentazione legale per interessiessere eventualmente disciplinato 36 Cfr. X. Xxxxx, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute L’Accordo Xxxxxxx e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocatoil «lavoro a chiamata», per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, citin Guida lav., 8802000, si chiede pp. 56 ss.; X. Xxx Xxxxx, Riforma Biagi: il contratto di lavoro intermittente, in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità Guida lav., 2004, p. 12, che ricorda come sia fallito sul nascere il tentativo, compiuto nel 2000, di terziintrodurre per via contrattuale questo istituto con l’Accordo tra Electrolux-Zanussi e parti sociali. Cfr. X. Xxxx, con riserva della sua proprietàContratto di lavoro intermittente e subordinazione, in Riv. it. dir. lav., 2005,1, p. 116.

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XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria Uno dei casi disciplinati dalla S.C.88 discende dalla fattispecie prevista dall’art. 1588 c.c.89 secondo il quale la totale distruzione dell’immobile locato a seguito di incendio comporta, secondo i principi generali, l’estinzione del contratto rapporto di leasing nel fallimento, in Il fall., 2006, 1239. 94 Si tratta locazione per la impossibilità del conduttore di una applicazione coerente del disposto dell’art. 104, comma settimo, come novellato dal legislatore del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo che il curatore intenda sciogliersi dagli stessi. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente per l’acquisto. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo), il concedente ha diritto alla immediata restituzione continuare a godere del bene locato, ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 inoltre l’obbligo del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori conduttore di mercato96 – rispetto risarcire il danno conseguente al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione perimento del bene, a meno che non riesca a provare che l’immobile sia perito per causa a lui non imputabile; il danno risarcibile è limitato “85 Corte di Cassazione, sentenza 11-6-83, n. 4028 86 Corte di Cassazione, sentenza 19-11-99, n. 12838 87 Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx 00000 del 00-00-000 88 Corte di Cassazione, sentenza 9199 del 9-6-2003. Inoltre per altra cassazione l'art. 1588 cod. civ., in base al credito residuo quale il conduttore risponde della perdita e del deterioramento della cosa locata anche se derivante da incendio, qualora non provi che il fatto si sia verificato per causa a lui non imputabile, pone una presunzione di colpa a carico del conduttore, superabile soltanto con la dimostrazione che la causa dell'incendio, identificata in linea capitale” restando esclusa dunque modo positivo e concreto, non sia a lui imputabile, onde, in difetto di tale prova, la possibilità causa sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. Ne discende che, a tal fine, non è sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, perché ciò non comporta di soddisfare anche per sé l'identificazione della causa, ma occorre che questa sia nota e possa dirsi non addebitabile al conduttore. Xxxxx xx Xxxxxxxxxx, xxxxxxxx 00000 del 17-5-2010 89 Vedi pag. 81, xxx.xx 6, n. 4 – dare la garanzia per il credito per interessipagamento comprensivo sia del danno emergente derivante dalla perdita o dal deterioramento della cosa locata, o spese ed eventuali commissioni sempre sia del lucro cessante; in relazione all’ammontare del risarcimento dovrà aversi riguardo alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alla scadenza contrattuale, nel senso che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza tale limite potrà essere superato solo se la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza restituzione (ancora possibile) dell’immobile sia stata successiva alla data scadenza, ovvero il risarcimento potrà essere inferiore se la restituzione sia avvenuta in epoca precedente alla scadenza stessa, tenuto conto del fatto che la restituzione non necessariamente coincide con il limite temporale cui deve aversi riguardo ai fini della dichiarazione liquidazione del danno da lucro cessante, dovendo il giudice tener conto anche del tempo necessario al ripristino della cosa in modo che sia di fallimento; mentre nuovo idonea a fornire al locatore le utilità che poteva offrire prima che fosse danneggiata per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento fatto imputabile al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentare, citconduttore., 880, si chiede in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità di terzi, con riserva della sua proprietà.

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XXXXXXXXXX,. La disciplina unitaria del contratto di leasing nel fallimentoXx frontiere mobili della responsabilità civile, in Il fallRiv. crit. dir. priv., 20061988, 1239. 94 Si tratta p. 577), osserva che l’unico modo di una applicazione coerente dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del disposto dell’art. 104rapporto obbligatorio», comma settimo, come novellato dal legislatore giacché il comportamento del 2006, che appunto conferma la prosecuzione dei contratti durante l’esercizio provvisorio, salvo terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il curatore intenda sciogliersi dagli stessidebitore non adempia. prededuzione il corrispettivo stabilito contrattualmente La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per l’acquistoun soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. In caso di scioglimento del contratto (comma secondo)X. Xxxx., il concedente ha diritto alla immediata restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione95 del bene stesso – che deve avvenire oggi a valori di mercato96 – rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse00 agosto 1990, inoltre, si applica l’esonero dalla revocatoria fallimentare previsto dall’articolo 67, terzo comma, lettera a), l.fall.97. Nell’ipotesi in cui il ricavato della vendita non fosse sufficiente a colmare il credito in linea capitale vantato dal concedente (comma terzo), quest’ultimo ha poi diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene. Va precisato che il diritto del concedente a soddisfare il suo credito per canoni rimasti insoluti con il ricavato dalla vendita o, comunque, dalla collocazione del bene, è limitato “al credito residuo in linea capitale” restando esclusa dunque la possibilità di soddisfare anche il credito per interessi, o spese ed eventuali commissioni sempre che siano effettivamente dovute e giustificate. In sostanza la società di leasing ha diritto di soddisfarsi direttamente sul ricavato del bene riallocato, per recuperare il capitale residuo, intendendosi per tale il capitale compreso nelle sole rate con scadenza successiva alla data della dichiarazione di fallimento; mentre per le quote di capitale delle rate scadute e non pagate fino a detta data, le quali 95 L’art. 00 xxx xxxxx x.x. xxxxx XXXXXX – sulla scia dell’art. 72-ter del c.d. maxiemendamento al d.d.l. “XXXXXX” – parlava espressamente del ricavato derivante dalla vendita o dalla “rilocazione” del bene. A. PATTI I rapporti giuridici preesistenti nella prospettiva di liquidazione fallimentaren. 8403, cit., 880e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si chiede comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in chiave problematica se nell’espressione preferita (“altra collocazione”) possa oggi rientrare anche la sola concessione del bene nella disponibilità grado di terziselezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, con riserva il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della sua proprietàresponsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.

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