Ottobre 2015
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Decreti attuativi del Jobs Act
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Sommario
Il Decreto sul CONTRATTO A “TUTELE” CRESCENTI 9
Campo di applicazione (Art. 1) 9
Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale (Art. 2) 10
Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa (Art. 3) 10
Vizi formali e procedurali (Art. 4) 11
Revoca del licenziamento (Art. 5) 11
Offerta di conciliazione (Art. 6) 11
Computo dell’anzianità negli appalti (Art. 7) 11
Computo e misura delle indennità per frazioni di anno (Art. 8) 11
Piccole imprese e organizzazioni di tendenza (Art. 9) 12
Licenziamento collettivo (Art. 10) 12
Entrata in vigore (Art. 12) 12
Contratto a tutele crescenti e sgravi contributivi per le nuove assunzioni 12
Cessione di azienda o di ramo d’azienda 13
Il Decreto sugli AMMORTIZZATORI SOCIALI IN CASO DI DISOCCUPAZIONE 14
Disciplina della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI) 15
Incentivo all’autoimprenditorialità 16
Compatibilità con il rapporto di lavoro subordinato 17
Compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale 17
Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata (DIS-COLL)
Assegno di disoccupazione - ASDI 19
Contratto di ricollocazione 19
Confronto fra alcune caratteristiche di ASpI, Mini-ASpI e NASpI 20
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Il Decreto sulle MISURE PER LA CONCILIAZIONE DELLE ESIGENZE DI CURA, DI VITA E DI LAVORO 21
Congedo di maternità (c.d. Astensione obbligatoria) 21
Pagamento dell’indennità anche in caso di licenziamento per giusta causa 22
Congedo parentale (c.d. Astensione facoltativa) 22
Periodo massimo di riconoscimento dell’indennità 23
Periodo massimo di fruizione 23
Congedo parentale anche su base oraria 23
Trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in part time 23
Prolungamento del congedo parentale per figli disabili gravi 23
Condivisione della Responsabilità genitoriale 24
Iscritte alla Gestione separata 24
Donne vittime di violenza di genere 25
Demansionamenti: che cosa cambia 26
Mansioni di livello inferiore per decisione unilaterale del datore di lavoro 26
Riduzione del livello di inquadramento e della relativa retribuzione 26
Assegnazione a mansioni superiori 27
L’INTERVENTO SULLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI 28
Lavoro supplementare, lavoro straordinario, clausole elastiche (Art. 6) 29
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Mancata regolamentazione da parte della contrattazione collettiva 30
Revoca del consenso alla clausola elastica da parte del lavoratore 30
Trasformazione del rapporto (Art. 8) 31
Richiesta di trasformazione da full time a part time da parte del lavoratore 31
Il Lavoro Intermittente (c.d. Contratto a Chiamata) 32
Casi di divieto di ricorso al lavoro intermittente 33
I cosiddetti “periodi di attesa” 33
l’indennità di disponibilità 33
Computo del lavoratore intermittente 33
Continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine 37
Numero massimo di contratti a tempo determinato per datore di lavoro 38
Casi di divieto di assunzioni a termine 38
Principio di non discriminazione 39
Risarcimento in caso di trasformazione ordinata dal giudice 39
Esclusioni dalla normativa dei contratti a termine 40
La Somministrazione di Lavoro (ex Lavoro Interinale) 41
I (pochi) divieti all’utilizzo della somministrazione di lavoro 41
Lavoratori assunti dall’agenzia con contratto a tempo INdeterminato 42
La somministrazione a tempo indeterminato: lo staff leasing 42
La liberalizzazione dello staff leasing attuata dal D.Lgs. n. 81/2015 42
Staff leasing: limite quantitativo 42
Lavoratori assunti dall’agenzia con contratto a termine 43
Somministrazione di lavoro a tempo determinato: limite quantitativo 43
Condizioni economiche e normative dei lavoratori somministrati 43
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Computo dei lavori somministrati 44
Limiti numerici all’assunzione di apprendisti: 47
Obblighi di stabilizzazione a cui è subordinata l’assunzione di nuovi apprendisti: 47
Xxxxxx, recesso, inquadramento, retribuzione: 47
Demandi alla contrattazione 48
Previdenza e assistenza sociale 48
1ª tipologia: Apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore 48
Requisiti dei soggetti interessati: 48
Retribuzione durante le ore di formazione: 49
2ª tipologia: Apprendistato professionalizzante 49
Requisiti dei soggetti interessati: 49
Obblighi di stabilizzazione a cui è subordinata l’assunzione di nuovi apprendisti (solo per datori di lavoro con almeno 50 dipendenti): 50
3ª tipologia: Apprendistato di alta formazione e di ricerca 50
Requisiti dei soggetti interessati: 50
Retribuzione durante le ore di formazione: 50
Il Lavoro Accessorio (Voucher) 51
Limite complessivo alle prestazioni di lavoro accessorio da parte del lavoratore 52
Limite per singolo committente (se committente imprenditore o professionista) 52
Compatibilità con prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito 52
Copertura previdenziale e assicurativa 52
Determinazione del valore netto del voucher 53
Adempimenti da parte dei committenti (cenni) 53
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La BUFALA del Superamento delle Collaborazioni Coordinate e delle False Partite IVA 54
Il mancato superamento delle collaborazioni coordinate e continuative 54
Il mancato superamento delle partite iva fasulle 55
Individuazione delle collaborazioni fittizie: 55
Le collaborazioni organizzate dal committente 55
La stabilizzazione delle collaborazioni organizzate dal committente 55
Tipologie Contrattuali Abrogate - Quadro di Sintesi - Considerazioni Conclusive 57
L’Abolizione del Lavoro Ripartito (c.d. Job Sharing) 58
Riordino Tipologie Contrattuali: Quadro di Sintesi 59
Controlli a Distanza: Le Novità - I Rischi - Le Cautele 61
Il Decreto sugli AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO 63
La Cassa Integrazione Guadagni 63
Norme generali comuni sia alla Cassa integrazione ORDINARIA sia alla STRAORDINARIA 64
Contributo addizionale dovuto dal datore di lavoro 65
Condizionalità e politiche attive del lavoro 66
Integrazioni Salariali ORDINARIE 66
CIGO: Campo di applicazione 66
CIGO: Contributo ordinario dovuto dal datore di lavoro 67
CIGO: Informazione e consultazione sindacale 67
Integrazioni Salariali STRAORDINARIE 68
CIGS: Campo di applicazione 68
CIGS: Durata (in base alle causali) 69
CIGS: Contributo ordinario (del datore di lavoro e del lavoratore) 70
CIGS: Informazione e consultazione sindacale 70
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I Fondi di Solidarietà Bilaterali - Art. 26 73
Prestazioni dei fondi di solidarietà bilaterali 73
Ulteriori prestazioni (facoltative): 73
I Fondi di Solidarietà Bilaterali Alternativi - Art. 27 74
Prestazioni dei fondi di solidarietà bilaterali alternativi (anche solo una fra le due) 74
Fondo di Solidarietà Residuale (Dal 1-gen-2016 Fondo di Integrazione Salariale) - Artt. 28 e 29 74
Prestazioni del fondo di integrazione salariale 75
Limiti di utilizzo delle prestazioni: 75
L’assegno di Solidarietà (Misura prevista dai Fondi Alternativi e dal FIS) 75
I Contratti di Solidarietà Espansiva 77
Compiti della Direzione territoriale del lavoro 78
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PREMESSA
Nel mese di dicembre 2014 è stata approvata la c.d. Legge delega sul Jobs Act (Legge 10 dicembre 2014, n.
183) che - proprio in quanto Legge delega - ha stabilito l’adozione da parte del Governo, nei mesi successivi, di ulteriori provvedimenti sulle materie individuate (riforma degli ammortizzatori sociali e riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese, riordino delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, misure volte a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro).
A partire dal mese di marzo sono entrati via via in vigore i decreti attuativi:
DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2015, n. 22
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati
DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2015, n. 23
Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti
DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 80
Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro
DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 81
Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni
DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 148
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro
DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 149
Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale
DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 150
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive
DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 151
Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità
in tutto otto provvedimenti, fra i quali il più noto è il decreto legislativo sul cosiddetto contratto a tutele crescenti, che, sotto un titolo all’apparenza accattivante (e fuorviante) ha al contrario cancellato per i lavoratori coinvolti l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e quindi il diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro a seguito di un licenziamento illegittimo. In “cambio” è stato introdotto il principio della monetizzazione dell’ingiustizia subita, stabilendo, in caso di licenziamento illegittimo, un risarcimento commisurato all’anzianità di servizio (risarcimento in molti casi inferiore a quello previsto dalle norme precedenti): quindi non di tutele crescenti bisognerebbe parlare, ma di monetizzazione crescente nel tempo, in un quadro in cui il lavoratore è destinato, nei fatti, a rimanere precario a vita.
Quello appena descritto è lo scenario realizzato dal decreto di gran lunga più noto; ma anche altri fra i provvedimenti emanati (e forse ancor più del decreto sulle “tutele” crescenti) smentiscono i proclami circa una presunta lotta alla precarietà che l’esecutivo dichiara di voler attuare.
Se una lotta è messa in campo sembrerebbe quella nei confronti dei lavoratori e dei loro diritti.
Con questa dispensa riproponiamo in un unico documento le note già diffuse sulle principali misure contenute nei decreti attuativi, nel tentativo di fornire uno strumento di rapida consultazione per le delegate e i delegati: proprio in relazione a questo obiettivo si è scelta un’illustrazione sintetica e schematica, mentre pochissimo spazio è riservato alle valutazioni.
I vari temi sono generalmente trattati secondo la data di emanazione del decreto: il sommario delle pagine precedenti consente di individuare rapidamente il relativo capitolo.
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Il Decreto sul CONTRATTO A “TUTELE” CRESCENTI
Scopo di questo capitolo è illustrare in maniera per quanto possibile sintetica il decreto sul cosiddetto contratto a tutele crescenti (D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23) che rappresenta il provvedimento più grave all’interno del complesso di norme noto come Jobs Act, in quanto segna di fatto, per i lavoratori coinvolti, l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (già pesantemente modificato dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92,
c.d. Riforma Fornero del Mercato del Lavoro).
Sotto un titolo fuorviante che fa riferimento a tutele crescenti nel tempo, viene al contrario pressoché cancellato il diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro a seguito di un licenziamento ingiusto.
Quella che segue è un’esposizione prevalentemente tecnica e al tempo stesso il più possibile schematica degli articoli di cui si compone il decreto, mentre pochissimo spazio è riservato alle valutazioni, peraltro nella convinzione che la gravità e l’iniquità del provvedimento risultino nella maggior parte dei casi di per sé evidenti.
CAMPO DI APPLICAZIONE (ART. 1)
Il decreto si applica a:
lavoratori assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del decreto), ad esclusione dei dirigenti;
lavoratori a tempo determinato o in apprendistato il cui rapporto di lavoro sia stato convertito in contratto a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015;
dipendenti di aziende al di sotto del limite dei 15 dipendenti (o più precisamente aziende al di sotto del limite previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori1) in cui, in conseguenza di nuove assunzioni (effettuate dal 7 marzo 2015), venga superato tale limite: le nuove disposizioni si applicano anche ai rapporti già in essere;
dipendenti di imprese che siano subentrate in un appalto a partire dal 7 marzo 2015 (v. oltre: Art. 7 - Computo dell’anzianità negli appalti).
Inoltre la norma si applica anche a lavoratori neoassunti di (v. oltre: Art. 9 - Piccole imprese e organizzazioni di tendenza):
imprese fino a 15 dipendenti (parzialmente, in quanto continua ad essere esclusa qualsiasi, seppur minima, possibilità di reintegrazione per i licenziamenti disciplinari; inoltre sono previste indennità dimezzate - v. oltre);
organizzazioni di tendenza (per esempio sindacati e partiti politici).
Per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 in imprese con più di 15 dipendenti permangono in vigore le disposizioni precedenti (Legge 28 giugno 2012, n. 92, c.d. Riforma Fornero).
1 Campo di applicazione dell’articolo 18: singole unità produttive, o più unità produttive situate in uno stesso comune, con più di 15 dipendenti (più di 5 in ambito agricolo), oppure datori di lavoro con oltre 60 dipendenti (in quest’ultimo caso si applica a tutte le unità produttive, anche con meno di 16 dipendenti).
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LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO, NULLO E INTIMATO IN FORMA ORALE (ART. 2)
Si tratta degli unici casi in cui si prevede ancora il diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto (fatti salvi i rarissimi casi di licenziamenti disciplinari illegittimi trattati più avanti).
Infatti il decreto stabilisce che in caso di licenziamento discriminatorio, nullo2, o intimato in forma orale, il giudice ordini al datore di lavoro la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
Il rapporto di lavoro si intende risolto se il lavoratore non riprende servizio entro 30 giorni dall’invito del datore di lavoro.
Questa parte della norma è sostanzialmente invariata. Tuttavia al lavoratore spetta a titolo di risarcimento del danno per il periodo di estromissione dal servizio una indennità costituita non più dalla “retribuzione globale di fatto” bensì dalle sole voci prese a riferimento per il calcolo del TFR3. Continua ad essere dedotto quanto fosse stato percepito, nel periodo, per lo svolgimento di altre attività lavorative (secondo quanto già previsto dalla Riforma Fornero).
Il risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità.
Il datore di lavoro è tenuto al versamento dei contributi (previdenziali e assistenziali).
In alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore può chiedere un’indennità pari a 15 mensilità.
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO E GIUSTA CAUSA (ART. 3)
In relazione ai licenziamenti per giustificato motivo e per giusta causa, nei casi di accertata illegittimità, si prevede solo un indennizzo economico legato all’anzianità di servizio e non soggetto a contribuzione previdenziale.
Quindi, in caso di licenziamento per il quale fossero state addotte motivazioni disciplinari o economiche pur dichiarate illegittime dal giudice, non è più prevista la reintegrazione nel posto di lavoro, ma solo
un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale pari a 2 mensilità per ogni anno di servizio, con un minimo di 4 e un massimo di 24 mensilità.
Esclusivamente nel caso di licenziamento per motivi disciplinari in relazione al quale in giudizio si dimostri che il fatto non è stato commesso, il lavoratore verrà reintegrato e riceverà per il periodo di estromissione dal servizio una indennità risarcitoria. Tale indennità sarà commisurata alla retribuzione non corrisposta, dedotto non solo quanto fosse stato percepito, nel periodo, per lo svolgimento di altre attività lavorative, ma anche quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. L’indennità non potrà essere superiore a 12 mensilità. Il datore di lavoro è altresì tenuto al versamento dei contributi (previdenziali e assistenziali).
In alternativa alla reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore può chiedere un’indennità pari a 15 mensilità.
Qualora invece il fatto sussista ma sia di lieve entità (per esempio nel caso che il lavoratore si sia reso colpevole di un ritardo di pochi minuti e in conseguenza di ciò sia stato licenziato), è comunque espressamente escluso che il giudice possa dichiarare il licenziamento una sanzione sproporzionata rispetto al fatto stesso e in conseguenza di ciò obbligare il datore di lavoro alla reintegrazione del dipendente licenziato (il giudice potrà disporre solo il pagamento dell’indennità crescente in base all’anzianità).
2 È nullo il licenziamento della lavoratrice madre o a causa di matrimonio. Per questa seconda fattispecie, il riferimento è alla Legge 9 gennaio 1963, n. 7, “Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio” che stabilisce che sono nulli i licenziamenti delle dipendenti nel periodo che intercorre dal giorno della richiesta delle pubblicazioni di matrimonio ad un anno dopo la celebrazione delle nozze.
3 In generale per il calcolo delle mensilità il decreto considera sempre la retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
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Nel caso di lavoratori interessati dalla nuova normativa non si applica la procedura introdotta dalla Riforma Fornero (tentativo preventivo di conciliazione presso la DTL).
VIZI FORMALI E PROCEDURALI (ART. 4)
Eventuali vizi formali (mancata o insufficiente indicazione dei motivi del licenziamento) o procedurali (per esempio mancato rispetto della procedura per i licenziamenti disciplinari) sono sanzionati con un indennizzo pari a 1 mensilità per ogni anno di servizio (con un minimo di 2 e un massimo di 12).
Nel caso in cui il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che in realtà si ricade nei casi descritti dagli articoli precedenti (Art. 2 - Licenziamento discriminatorio, nullo e intimato in forma orale e Art. 3
- Licenziamento per giustificato motivo e giusta causa) si applicano le tutele previste da tali articoli.
REVOCA DEL LICENZIAMENTO (ART. 5)
In caso di impugnazione da parte del lavoratore, il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro 15 giorni dalla relativa comunicazione (secondo la previsione già introdotta dalla Legge n. 92/2012).
Al lavoratore spetta in questi casi la retribuzione maturata nel periodo precedente la revoca, senza applicazione di sanzioni o indennità (e senza l’obbligo per il datore di lavoro di corrispondere un numero minimo di mensilità).
OFFERTA DI CONCILIAZIONE (ART. 6)
Al fine di evitare il giudizio viene prevista una ulteriore ipotesi di conciliazione per la risoluzione delle controversie al di fuori delle sedi giudiziarie, da svolgersi in una delle sedi “protette” previste: DTL, tribunale, sedi sindacali, commissioni di conciliazione, commissioni di certificazione dei rapporti di lavoro.
Il decreto introduce infatti la possibilità per il datore di lavoro di offrire al lavoratore una somma, non assoggettata a tassazione IRPEF e a contribuzione previdenziale, commisurata all’anzianità di servizio (1 mensilità per ogni anno) e compresa tra un minimo di 2 e un massimo di 18 mensilità. La somma deve essere erogata tramite assegno circolare, la cui accettazione da parte del lavoratore comporta anche l’accettazione irrevocabile del licenziamento e la rinuncia all’eventuale impugnazione già avviata.
Possono inoltre essere pattuiti ulteriori importi a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro (c.d. conciliazione “tombale”); queste ultime somme sono soggette al regime fiscale ordinario.
COMPUTO DELL’ANZIANITÀ NEGLI APPALTI (ART. 7)
L’articolo in tema di cambio di appalti, sotto l’apparenza di una norma a favore dei lavoratori (ai quali viene riconosciuta l’anzianità precedente il cambio stesso) estende in realtà anche a coloro che sono stati assunti antecedentemente al 7 marzo 2015 (ma sono coinvolti in cambi di appalti effettuati successivamente) la nuova normativa sui licenziamenti.
Un primo obiettivo per arginare la perdita di diritti e tutele determinata dal provvedimento sarà quello di inserire negli accordi per il cambio di appalti una clausola secondo cui continueranno a trovare applicazione in tema di licenziamenti le norme previgenti alla Legge 10 dicembre 2014, n. 183 e al X.Xxx. 4 marzo 2015, n. 23.
COMPUTO E MISURA DELLE INDENNITÀ PER FRAZIONI DI ANNO (ART. 8)
Per il calcolo delle indennità le frazioni d’anno vengono riproporzionate (considerando come mese intero le frazioni di mese di almeno 15 giorni).
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PICCOLE IMPRESE E ORGANIZZAZIONI DI TENDENZA (ART. 9)
Il decreto comprende nel suo campo di applicazione sia le piccole imprese fino a 15 dipendenti (o più precisamente le aziende al di sotto del limite previsto dall’articolo 00 xxxxx Xxxxxxx xxx Xxxxxxxxxx (x. nota 1), sia le organizzazioni di tendenza. Tuttavia nel caso delle piccole imprese:
le indennità sono dimezzate e possono arrivare ad un massimo di 6 mensilità (questo si traduce nella possibilità di andare al di sotto dei limiti stabiliti in precedenza che vanno da un minimo di 2,5 mensilità e potevano arrivare anche ad un massimo di 10 o 14 mensilità4);
in caso di licenziamento disciplinare non è mai prevista la reintegrazione.
LICENZIAMENTO COLLETTIVO (ART. 10)
Il decreto include infine anche i licenziamenti collettivi per cui non siano state correttamente seguite le procedure o i criteri di scelta previsti dalla Legge n. 223/1991, prevedendo l’applicazione del medesimo criterio dei licenziamenti illegittimi per giustificato motivo oggettivo, ossia la semplice corresponsione di un’indennità compresa tra le 4 e le 24 mensilità ed escludendo qualsiasi possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro (sempre per i lavoratori indicati all’articolo 1 del provvedimento).
Si tratta di uno degli aspetti più gravi del decreto che meriterebbe considerazioni approfondite. In questa nota ci limiteremo ad evidenziare quale disparità di trattamento si potrà determinare (all’interno di una stessa procedura di eccedenza di personale in cui il datore di lavoro non avesse rispettato i criteri di scelta) tra lavoratori licenziati ingiustamente ancora beneficiari del diritto alla reintegrazione e lavoratori licenziati altrettanto ingiustamente che potrebbero rivendicare soltanto un indennizzo monetario.
RITO APPLICABILE (ART. 11)
Lo speciale iter processuale introdotto dalla Riforma Fornero nei casi di impugnazione di licenziamento disposto da aziende rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 18 della Legge n. 300 del 1970 non si applica ai licenziamenti disciplinati dal decreto.
ENTRATA IN VIGORE (ART. 12)
Il decreto è entrato in vigore il 7 marzo 2015 (giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale).
QUALCHE PUNTO ULTERIORE
CONTRATTO A TUTELE CRESCENTI E SGRAVI CONTRIBUTIVI PER LE NUOVE ASSUNZIONI
Occorre distinguere tra il decreto in esame e la norma (contenuta invece nella Legge di stabilità 2015) che prevede l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali (nel limite di € 8.060 annui) nei confronti dei datori di lavoro che dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015 effettuino assunzioni a tempo indeterminato (con esclusione dei contratti di apprendistato). Tale distinzione opera in primo luogo per la diversa decorrenza: le nuove norme sui licenziamenti si applicano come abbiamo visto ai lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, mentre gli sgravi contributivi valgono per le assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2015.
4 10 o 14 mensilità nel caso di lavoratori con anzianità superiori rispettivamente a 10 anni e 20 anni, alle dipendenze di datori di lavoro con più di 15 dipendenti (articolati su più unità produttive ciascuna con un numero di dipendenti inferiore a 16).
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CESSIONE DI AZIENDA O DI RAMO D’AZIENDA
In caso di cessione di azienda o di ramo di essa (in cui il rapporto di lavoro dei lavoratori ceduti prosegue senza soluzione di continuità) i lavoratori che già beneficiavano della tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori e che passano alle dipendenze dell’impresa subentrante mantengono tale tutela.
Per quanto ovvio, si precisa che un lavoratore che dia volontariamente le dimissioni per essere assunto da un altro datore di lavoro, rientrerà nel campo di applicazione del decreto. Pertanto, qualora al momento dell’assunzione nel nuovo posto di lavoro egli si trovi nelle condizioni di negoziare garanzie più ampie, dovrà far inserire nel contratto di lavoro una clausola secondo cui continueranno a trovare applicazione in tema di licenziamenti le norme precedentemente in vigore.
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Il Decreto sugli
AMMORTIZZATORI SOCIALI IN CASO DI DISOCCUPAZIONE
Lo scorso mese di dicembre è stata approvata la c.d. Legge delega sul Jobs Act (Legge 10 dicembre 2014, n.
183) che - proprio in quanto Legge delega - ha previsto l’adozione da parte del Governo, entro i successivi sei mesi, di ulteriori provvedimenti sulle materie individuate (riforma degli ammortizzatori sociali e dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva, tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro).
Il 7 marzo 2015 sono entrati in vigore i primi due decreti:
D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 sul cosiddetto contratto a tutele crescenti (che come noto ha segnato di fatto, per i lavoratori coinvolti, l’abrogazione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori).
D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 riguardante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati”, a cui è dedicato questo capitolo.
Quella che segue è un’esposizione tecnica e schematica del provvedimento: ci limitiamo qui ad osservare che alla progressiva precarizzazione del mondo del lavoro non si è neppure fatto corrispondere un significativo ampliamento delle tutele economiche, non essendo stato realizzato un adeguato sistema di protezione sociale per i casi di perdita del posto di lavoro (v. in particolare l’ultima pagina destinata al confronto fra ASpI e mini-ASpI e la “nuova” misura introdotta dal decreto con il nome di NASpI).
Il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 sugli Ammortizzatori sociali si compone di 5 titoli:
Titolo I Disciplina della Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI)
riguardante la misura destinata a sostituire l’ASpI e la mini-ASpI;
Titolo II Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata (DIS-COLL)
sulla misura volta a sostituire l’una tantum in precedenza prevista per i collaboratori continuativi;
Titolo III Assegno di disoccupazione
riguardante la previsione di un’ulteriore sostegno economico al termine della fruizione della NASpI;
Titolo IV Contratto di ricollocazione
consistente nella possibilità di ricevere un servizio di assistenza nella ricerca del lavoro;
Titolo V Disposizioni finanziarie e finali
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DISCIPLINA DELLA
NUOVA PRESTAZIONE DI ASSICURAZIONE SOCIALE PER L’IMPIEGO
(NASPI)5
La NASpI sostituisce le prestazioni di ASpI e mini-ASpI introdotte dalla Riforma Fornero per i casi di
disoccupazione verificatisi dal 1° maggio 2015.
Ne sono destinatari i lavoratori dipendenti, con le seguenti esclusioni:
dipendenti a tempo indeterminato delle Pubbliche amministrazioni;
operai agricoli.
REQUISITI:
perdita involontaria dell’occupazione (sono inclusi e quindi possono beneficiare della NASpI:
i lavoratori licenziati per motivi disciplinari;
i lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa;
i lavoratori che hanno accettato l’«offerta di conciliazione» nell’ambito della nuova procedura introdotta dal X.Xxx. n. 23/2015;
i lavoratori cessati per risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nell’ambito della procedura di conciliazione prevista dalla Legge Fornero in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
i lavoratori cessati per risoluzione consensuale a seguito di trasferimento ad altra sede distante oltre 50 Km dalla propria residenza e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici;
le lavoratrici xxxxx che hanno rassegnato le dimissioni durante la gravidanza o entro il compimento di un anno di età del bambino);
stato di disoccupazione;
almeno 13 settimane di contribuzione6 nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione7;
30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
CALCOLO
L’indennità è rapportata alla retribuzione mensile calcolata come segue: retribuzione imponibile INPS ultimi 4 anni
settimane di contribuzione X 4,33 = retribuzione mensile
5 Alla NASpI l’INPS ha dedicato in particolare le circolari n. 94 del 12 maggio 2015 e n. 142 del 29 luglio 2015.
6 Per l’accredito dei contributi la retribuzione deve essere almeno pari all’importo limite settimanale comunicato annualmente dall’INPS (per il 2015 € 200,76).
7 Eventuali periodi non utili al soddisfacimento del requisito contributivo (malattia e infortunio sul lavoro nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro; cassa integrazione straordinaria e ordinaria con sospensione dell’attività a zero ore; assenze per permessi e congedi fruiti dal lavoratore che sia coniuge convivente, genitore, figlio convivente, fratello o sorella convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità) immediatamente precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, saranno considerati periodi neutri e determineranno un ampliamento, pari alla loro durata, del periodo all’interno del quale ricercare i requisiti necessari di almeno 13 settimane di contribuzione e 30 giornate di lavoro effettivo (Circolare INPS n. 94 del 12 maggio 2015).
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retribuzione mensile fino a € 1.1958 | 75% della retribuzione mensile | Massimale € 1.3008 |
retribuzione mensile superiore € 1.195 | 75% di € 1.195 (= € 896,25) + 25% della differenza tra retribuzione mensile e € 1.195 |
È corrisposta nella stessa misura per i soci lavoratori e il personale artistico.
A partire dal 4° mese la NASpI si riduce del 3% ogni mese (rispetto al precedente).
Non è soggetta al prelievo contributivo del 5,84%.
DURATA
La durata è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni (rispetto all’ASpI viene superato il criterio della durata collegata all’età anagrafica del disoccupato, adottando quello già in vigore per la mini-ASpI: v. prospetto all’ultima pagina del presente capitolo)9. Sono escluse le settimane che siano già state prese in considerazione per una precedente prestazione.
La possibilità per il lavoratore al quale spetti l’indennità di mobilità di optare per la NASpI nei casi in cui il nuovo trattamento fosse più favorevole è stata esclusa dall’INPS con la circolare n. 142/2015.
DOMANDA E DECORRENZA
La domanda va presentata in via telematica entro 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
La NASpI spetta dall’8° giorno successivo alla cessazione o (per domande presentate successivamente) dal giorno successivo alla domanda.
CONDIZIONALITÀ
L’erogazione della NASpI è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa e ai percorsi di riqualificazione professionale.
INCENTIVO ALL’AUTOIMPRENDITORIALITÀ
È possibile richiedere la liquidazione anticipata dell’importo complessivo per l’avvio di un’attività autonoma o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa in cui i soci prestino attività lavorativa.
In questi casi non sono riconosciuti i contributi figurativi, né l’assegno per il nucleo familiare.
La domanda deve essere presentata in via telematica entro 30 giorni dalla data di inizio della nuova attività. L’anticipazione andrà interamente restituita nel caso si instauri un rapporto di lavoro subordinato prima della fine del periodo per cui è riconosciuta la NASpI (a meno che tale rapporto non sia alle dipendenze della cooperativa di cui si è sottoscritta quota del capitale sociale).
8 Importo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente.
9 La norma contenuta nel D.Lgs. n. 22/2015 che stabiliva in 18 mesi la durata massima della NASpI a partire dal 1° gennaio 2017, è stata abrogata dal D.Lgs. n. 148/2015: la durata della NASpI rimarrà pertanto anche a regime pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni (quindi massimo 2 anni). La maggior durata è finanziata dalle economie operate sulla CIG - v. capitolo relativo.
Alessandria
COMPATIBILITÀ CON IL RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
Si decade dalla NASpI nel caso si instauri un rapporto di lavoro subordinato con reddito annuale superiore al reddito minimo esente da imposta (€ 8.145,32). Se il rapporto di lavoro non supera i 6 mesi la NASpI viene solo sospesa per il periodo di lavoro.
Se il reddito annuale è inferiore a € 8.145,32, si conserva il diritto alla NASpI ridotta di un importo pari all’80% del reddito previsto (che deve essere comunicato all’INPS entro 30 giorni), a condizione che non sussistano collegamenti tra il nuovo datore di lavoro e quello per cui il lavoratore aveva in precedenza prestato la sua attività.
Il lavoratore titolare di più rapporti a part time che rimanga disoccupato rispetto ad uno di essi e al quale residui un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione (€ 8.000 annui) ha diritto alla NASpI, che viene ridotta di un importo pari all’80% del reddito residuo previsto (che deve essere comunicato all’INPS entro 30 giorni).
COMPATIBILITÀ CON LO SVOLGIMENTO DI ATTIVITÀ LAVORATIVA IN FORMA AUTONOMA O DI IMPRESA INDIVIDUALE
In caso di attività lavorativa autonoma o di impresa individuale con reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione (€ 8.000 annui per le collaborazioni - € 4.800 negli altri casi), si mantiene il diritto alla NASpI ridotta dell’80% del reddito previsto (che deve essere comunicato all’INPS entro 1 mese; verrà poi effettuato il ricalcolo sulla base del reddito effettivamente ricavato).
DECADENZA
Sono stabiliti i seguenti casi di decadenza:
perdita dello stato di disoccupazione;
mancate comunicazioni all’INPS di inizio di attività lavorativa (subordinata o autonoma);
raggiungimento dei requisiti per il pensionamento (di vecchiaia o anticipato);
acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità (salvo il diritto a optare per la NASpI).
Ulteriori misure deriveranno dall’inottemperanza agli obblighi di partecipazione alle azioni di politica attiva.
CONTRIBUZIONE FIGURATIVA
La contribuzione figurativa è rapportata alla retribuzione utilizzata come base di calcolo per la NASpI, entro il seguente limite:
massimale NASpI X 1,4 (per il 2015: € 1.300 X 1,4 = 1.820).
Qualora i periodi coperti da contribuzione figurativa per disoccupazione determinino un abbassamento della retribuzione media pensionabile (che costituisce base di calcolo per la pensione), gli stessi periodi (ai fini della misura della pensione) saranno considerati neutri.
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INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE PER I LAVORATORI
CON RAPPORTO DI COLLABORAZIONE COORDINATA (DIS-COLL)
La DIS-COLL è la misura prevista in via sperimentale per il 2015 per i lavoratori con rapporto di collaborazione
coordinata e continuativa (xx.xx.xx. e xx.xx.xxx.) in stato di disoccupazione.
Sostituisce l’indennità una tantum per i collaboratori continuativi (introdotta dalla Riforma Fornero) misura che ha trovato scarsa applicazione a causa del numero elevato di requisiti richiesti per potervi accedere, e le cui risorse vengono destinate al finanziamento della DIS-COLL.
I prerequisiti per poter accedere sono l’iscrizione in via esclusiva alla gestione separata, il non percepire alcun tipo di pensione e il non essere titolari di una partita IVA.
REQUISITI:
stato di disoccupazione;
almeno 3 mesi di contribuzione dal 1° gennaio dell’anno precedente la cessazione fino all’insorgenza dello stato di disoccupazione (quindi per il 2015 almeno 3 mesi dal 01/01/2014 fino alla data in cui si rimane disoccupati);
nell’anno della cessazione almeno 1 mese di contribuzione o un rapporto di collaborazione con reddito non inferiore alla metà dell’importo che dà diritto all’accredito di 1 mese di contribuzione10.
CALCOLO
La misura è determinata in base a criteri analoghi a quelli previsti per la NASpI, avendo però a riferimento il periodo dal 1° gennaio dell’anno precedente la cessazione fino all’insorgenza dello stato di disoccupazione per il computo del reddito medio mensile (base di calcolo della DIS-COLL):
reddito imponibile INPS dal 1° gennaio A.P. fino alla cessazione mesi di contribuzione | = | reddito medio mensile |
reddito medio mensile fino a € 1.19511 | 75% del reddito medio mensile | Massimale € 1.30010 |
reddito medio mensile superiore € 1.195 | 75% di € 1.195 (= € 896,25) + 25% della differenza tra reddito medio mensile e € 1.195 |
DURATA
Numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione intercorsi tra il 1° gennaio dell’anno precedente l’evento di disoccupazione (quindi dal 1° gennaio 2014 per chi rimane disoccupato nel 2015) e il momento della disoccupazione.
In ogni caso la durata massima non può superare i 6 mesi.
10 Esempio: Posto che il minimale retributivo annuo per il 2015 è pari ad € 15.548,00, il compenso minimo mensile è pari ad € 1.295,66 (15.548/12): il requisito previsto per la DIS-COLL sarà soddisfatto nel caso in cui il rapporto di collaborazione, di durata pari almeno ad un mese, abbia dato luogo ad un reddito almeno pari ad € 647,83 (compenso minimo mensile 1.295,66/2).
11 Importo rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente.
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ALTRE CARATTERISTICHE
Non è riconosciuta contribuzione figurativa.
Modalità, termini di presentazione e decorrenza sono uguali a quelli stabiliti per la NASpI, così come sono analoghi i criteri di condizionalità.
In caso di rioccupazione in lavoro subordinato l’indennità viene sospesa sino ad un massimo di 5 giorni (dopo i quali si decade dalla misura).
Le regole sulla compatibilità e parziale cumulabilità con reddito da lavoro autonomo sono uguali a quelle stabilite per la NASpI.
ASSEGNO DI DISOCCUPAZIONE - ASDI
Si tratta di una misura introdotta dal provvedimento in via sperimentale (e resa strutturale dal successivo
X.Xxx. n. 148/2015 - v. ultimo capitolo) di cui sono destinatari i lavoratori che abbiano fruito per l’intera sua durata della NASpI, e che “si trovino in una condizione economica di bisogno”. Sono esclusi coloro che hanno fruito dell’ASpI.
Durata: Massimo 6 mesi (non è definito in quali casi si determina una durata inferiore)
Misura: 75% dell’ultima indennità NASpI con il limite dell’importo dell’assegno sociale (nel 2015 € 448,52) incrementato per gli eventuali carichi familiari (con criteri ancora da definire).
La corresponsione dell’ASDI è condizionata all’adesione a progetti di politica attiva.
Un decreto ministeriale dovrà definire ulteriori aspetti (individuazione della situazione economica di bisogno del nucleo familiare in base all’ISEE, criteri di priorità nell’accesso in caso di insufficienza delle risorse, incremento in caso di carichi familiari, cumulabilità con redditi da lavoro, caratteristiche del progetto di politica attiva, controlli per evitare la fruizione indebita dell’ASDI, ecc.).
CONTRATTO DI RICOLLOCAZIONE
Il contratto di ricollocazione consiste nella possibilità di ricevere dai servizi per il lavoro pubblici o dai soggetti
privati accreditati un servizio di assistenza nella ricerca del lavoro.
Il disoccupato deve prima effettuare la procedura di definizione del profilo personale di occupabilità a seguito della quale gli è riconosciuta una “dote individuale di ricollocazione” (voucher) spendibile presso i soggetti accreditati (che avranno diritto ad incassare il voucher soltanto a risultato occupazionale ottenuto).
retribuzione mensile fino a € 1.195,37 | 75% della retribuzione mensile | |
75% di € | ||
1.195,37 | ||
retribuzione mensile | (= € 896,53) + 25% della | massimale € 1.167,91 |
superiore € 1.195,37 | differenza | |
tra | ||
retribuzione | ||
mensile e € | ||
1.195,37 |
CONFRONTO FRA ALCUNE CARATTERISTICHE DI ASPI, MINI-ASPI E NASPI
ASpI | Mini-ASpI | NASpI | ||||||||
Requisiti contributivi Devono essere trascorsi almeno 2 anni dal versamento del primo contributo contro la disoccupazione Almeno 1 anno di contribuzione contro la disoccupazione nei 2 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione | Requisiti contributivi Almeno 13 settimane di contribuzione da attività lavorativa nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione | Requisiti contributivi Almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione | ||||||||
Durata | Durata metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 12 mesi Quindi massimo 6 mesi | Durata metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni Quindi massimo 24 mesi | ||||||||
Anno cessaz. rapp. lavoro | Età anagrafica | |||||||||
Meno di 50 anni | 50 - 54 anni | Più di 54 anni | ||||||||
2014 | 8 mesi | 12 mesi | 14 mesi | |||||||
2015 | 10 mesi | 12 mesi | 16 mesi | |||||||
2016 e succ. | 12 mesi | 12 mesi | 18 mesi | |||||||
Calcolo (uguale per ASpI e mini-ASpI) Retribuzione imponibile INPS ultimi 2 anni X 4,33 = retribuzione Settimane di mensile contribuzione | Calcolo NASpI Retribuzione imponibile INPS ultimi 4 anni Settimane di contribuzione | X | 4,33 | = | retribuzione mensile | |||||
retribuzione mensile fino a € 1.195 | 75% della retribuzione mensile | massimale € 1.300 | ||||||||
retribuzione mensile superiore € 1.195 | 75% di € 1.195 (= € 896,25) + 25% della differenza tra retribuzione mensile e € 1.195 | |||||||||
Riduzione dell’ammontare 15% dopo il 6° mese di fruizione 30% dopo il 12° mese di fruizione | R iduzione dell’ammontare No (durata massima 6 mesi) | R iduzione dell’ammontare 3% ogni mese (rispetto al precedente) a partire dal 4° mese |
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Il Decreto sulle
MISURE PER LA CONCILIAZIONE DELLE ESIGENZE DI CURA, DI VITA E DI LAVORO
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, riguardante “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”. Il provvedimento interviene, prevalentemente, sul Testo Unico sulla maternità e sulla paternità, rendendo più flessibili le misure in esso previste o prevedendone l’estensione (anche a seguito di alcune sentenze della Corte Costituzionale). Il decreto contiene inoltre disposizioni riguardanti il telelavoro (non del tutto favorevoli) e le donne vittime di violenza di genere. | |
In questa nota proponiamo una sintesi delle principali misure, inizialmente introdotte in via sperimentale esclusivamente per il solo anno 2015 e successivamente rese strutturali dal D.Lgs n. 148/2015, rispetto alle quali esprimiamo un giudizio in generale positivo, pur sottolineando una evidente insufficienza rispetto al dichiarato obiettivo della conciliazione. |
CONGEDO DI MATERNITÀ (C.D. ASTENSIONE OBBLIGATORIA)
GENERALITÀ
Il congedo di maternità (c.d. maternità obbligatoria) è il periodo durante il quale è vietato adibire al lavoro le donne e corrisponde a:
2 mesi precedenti la data presunta del parto, salvi i casi di gravidanza a rischio e quanto previsto in tema di flessibilità12;
3 mesi dopo il parto, sempre salvo quanto previsto in tema di flessibilità.
Per tutto il periodo del congedo di maternità le lavoratrici hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione. Molti contratti collettivi prevedono, a carico del datore di lavoro, il pagamento del restante 20%, così da assicurare alla lavoratrice l’intera retribuzione.
CHE COSA CAMBIA
PARTO PREMATURO
Nei casi di parto prematuro, i giorni non goduti prima del parto si aggiungono al periodo di congedo di maternità dopo il parto, anche qualora la somma dei periodi (antecedente e successivo alla nascita) determini il superamento del limite dei 5 mesi.
12 Flessibilità: se le condizioni di salute lo consentono, la lavoratrice può decidere di posticipare l’inizio del congedo fino ad un mese prima la data presunta del parto, prolungando così il periodo successivo al parto.
Alessandria
RICOVERO DEL NEONATO
Nei casi di ricovero ospedaliero del neonato, la madre, compatibilmente con il suo stato di salute e per una sola volta per ogni figlio, può chiedere la sospensione del congedo di maternità, rinviandone la fruizione (che potrà essere anche solo parziale) a partire dalla data di dimissione del bambino.
PAGAMENTO DELL’INDENNITÀ ANCHE IN CASO DI LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA
La madre che, durante il congedo di maternità, venga licenziata per giusta causa (quindi per colpa grave) ha comunque diritto al pagamento diretto dell’indennità di maternità da parte dell’INPS (in precedenza il pagamento nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro era previsto solo per cessazione dell’attività aziendale o per scadenza del termine del contratto).
CONGEDO PARENTALE (C.D. ASTENSIONE FACOLTATIVA)
GENERALITÀ
Il congedo parentale è il periodo di astensione facoltativa dal lavoro al quale ciascun genitore ha diritto per ogni bambino. I genitori ne possono usufruire anche contemporaneamente; il padre lo può utilizzare anche durante il congedo di maternità e/o durante i riposi giornalieri (c.d. permessi per allattamento) della madre.
Entrambi i genitori lavoratori dipendenti possono usufruire cumulativamente di un periodo massimo di 10 mesi che possono diventare 11 se il padre usufruisce di almeno 3 mesi di congedo parentale.
Nell’ambito di tali limiti, il diritto ad astenersi dal lavoro spetta:
alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 6 mesi;
al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 7 mesi;
qualora vi sia un solo genitore13, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a 10 mesi.
In caso di madre lavoratrice autonoma e di padre lavoratore dipendente, il periodo massimo non può superare complessivamente i 10 mesi, con un limite di 3 mesi spettanti alla madre da fruirsi entro il 1° anno di vita del bambino.
Il congedo parentale non spetta al padre lavoratore autonomo o alla madre casalinga. La seguente tabella sintetizza i periodi massimi spettanti espressi in mesi:
Madre | Padre | Madre | Padre | Totale |
Dipendente | Dipendente | 6 | 7 | 11 |
Casalinga | Dipendente | 0 | 7 | 7 |
Autonoma | Dipendente | 3 da fruirsi entro il 1° anno di vita del bambino | 7 | 10 |
Dipendente | Autonomo | 6 | 0 | 6 |
13 La condizione di “genitore solo” si realizza nei seguenti casi:
morte o grave infermità dell’altro genitore;
abbandono del figlio da parte dell’altro genitore;
affidamento esclusivo del figlio al solo genitore richiedente.
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Per i periodi di congedo parentale è prevista un’indennità pari al 30% della retribuzione,generalmente per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi e con limitazioni legate all’età del bambino, come illustrato di seguito.
CHE COSA CAMBIA
PERIODO MASSIMO DI RICONOSCIMENTO DELL’INDENNITÀ
Fermo restando il pagamento per massimo 6 mesi (salvi i casi di reddito personale basso - v. oltre), il
riconoscimento dell’indennità del 30% è esteso ai periodi usufruiti entro i 6 anni di età del bambino (in precedenza il limite era 3 anni di età).
Inoltre, nel caso di reddito personale (lordo) non superiore a 2,5 volte il trattamento minimo di pensione14, è previsto il pagamento dell’indennità del 30% anche per i periodi oltre i 6 mesi (fino al massimo di 10 o 11 mesi) se fruiti entro i primi 8 anni di vita (in precedenza entro i primi 6 anni).
PERIODO MASSIMO DI FRUIZIONE
Il congedo parentale può essere fruito fino ai 12 anni di età del bambino (in passato fino agli 8 anni).
In base a quanto precisato al paragrafo precedente in generale non sarà coperta da indennità la fruizione oltre il 6° anno (salvo il caso già citato di reddito basso).
CONGEDO PARENTALE ANCHE SU BASE ORARIA
Anche nel caso in cui il contratto nazionale o aziendale di riferimento non lo preveda, è possibile per ciascun genitore optare per la fruizione oraria del congedo parentale, in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero.15
Il congedo parentale fruito ad ore non può essere cumulato con altri permessi o riposi previsti dal Testo Unico sulla maternità e sulla paternità.
RIDUZIONE DEL PREAVVISO
Il datore di lavoro deve essere preavvertito almeno 5 giorni prima (in passato i giorni erano 15) per i congedi su base giornaliera, e 2 giorni prima per i congedi su base oraria, salvo diversa previsione contrattuale.
TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PIENO IN PART TIME
Ai sensi dell’ulteriore D.Lgs. n. 81/2015 è stata prevista anche la possibilità di chiedere per una sola volta, in luogo del congedo parentale spettante, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a part time per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50%.
Andrà tuttavia valutata l’effettiva convenienza anche in relazione alle norme di minor favore introdotte per il contratto a tempo parziale dal provvedimento citato.
PROLUNGAMENTO DEL CONGEDO PARENTALE PER FIGLI DISABILI GRAVI
Il congedo parentale previsto per una durata massima di 36 mesi in caso di figli disabili in situazione di gravità può essere fruito in misura continuativa o frazionata fino al compimento dei 12 anni del figlio (in precedenza il limite erano gli 8 anni di età del bambino).
14 quindi inferiore, per il 2015, a € 6.530,94 X 2,5 = 16.327,35
15 La disposizione in tema di fruizione oraria del congedo parentale non si applica al personale del comparto sicurezza e difesa e a quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.
ADOZIONE E AFFIDAMENTO
Il decreto si pone l’obiettivo dell’equiparazione tra genitori naturali e genitori adottivi o affidatari.
Le modifiche già citate in tema di congedo di maternità (sospensione e rinvio in caso di ricovero del bambino) sono estese ai casi di adozione e affidamento.
Analogamente, sono elevati a 12, dal momento dell’ingresso del minore nella famiglia adottiva o affidataria, gli anni entro cui godere del congedo parentale ed entro 6, sempre calcolati avendo a riferimento l’ingresso del minore nella famiglia adottiva o affidataria, gli anni in cui il congedo nel limite dei 6 mesi è retribuito al 30%.
Il divieto di adibizione al lavoro notturno viene esteso alla lavoratrice madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia (con il limite del 12° anno di età del bambino), o, in alternativa e alle stesse condizioni, al lavoratore padre adottivo o affidatario.
È infine previsto che il congedo non retribuito per la madre adottiva o affidataria, per il periodo di permanenza all’estero, spetta alle medesime condizioni al lavoratore padre adottivo o affidatario anche qualora la madre non lavori.
CONDIVISIONE DELLA RESPONSABILITÀ GENITORIALE
Ulteriori modifiche ampliano la possibilità di fruizione da parte del padre, in alternativa alla madre, dei
congedi e delle indennità a questa spettanti “in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”.
ISCRITTE ALLA GESTIONE SEPARATA
Nei casi di adozione e affidamento, viene sancito il diritto alla indennità di maternità delle lavoratrici iscritte
alla Gestione separata e non iscritte ad altre forme obbligatorie, per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso del minore in famiglia.
Come i lavoratori dipendenti anche i lavoratori e le lavoratrici iscritte alla Gestione separata hanno diritto all’indennità di maternità anche in caso di mancato versamento dei contributi previdenziali da parte del committente (automaticità delle prestazioni).
TELELAVORO
La sbandierata norma volta a incentivare il telelavoro “per motivi legati ad esigenze di cure parentali” rischia
di essere un ulteriore strumento di riduzione di diritti.
Infatti si prevede che i lavoratori ammessi al telelavoro possano essere esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti.
Ciò significa, per esempio, che un datore di lavoro potrà apparentemente scendere sotto i limiti previsti dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori per evitarne l’applicazione (anche a coloro che siano stati assunti prima dell’entrata in vigore del c.d. contratto a tutele crescenti).
DONNE VITTIME DI VIOLENZA DI GENERE
Sono previste misure a favore delle donne vittime di violenza di genere inserite in percorsi di protezione
debitamente certificati. Le lavoratrici dipendenti di datore di lavoro pubblico o privato (con esclusione del lavoro domestico) e le lavoratrici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa potranno:
astenersi dal lavoro, per un massimo di 3 mesi, per motivi legati a tali percorsi, mantenendo - a carico dell’INPS - la retribuzione e gli altri istituti connessi;
ottenere su richiesta la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (verticale od orizzontale) sempreché nell’azienda siano disponibili ruoli a part time. Il rapporto di lavoro a tempo parziale dovrà essere nuovamente trasformato, a richiesta della lavoratrice, in rapporto di lavoro a tempo pieno.
Alessandria
Il Decreto su
DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
DEMANSIONAMENTI: CHE COSA CAMBIA
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, che oltre a contenere una revisione delle tipologie contrattuali (revisione che nella realtà non segna alcun effettivo ridimensionamento delle forme di lavoro precario) interviene pesantemente sulle norme che, in base allo Statuto dei Lavoratori, tutelavano le lavoratrici e i lavoratori rispetto ai demansionamenti. Vediamo di cosa si tratta. |
NUOVE MANSIONI
non necessariamente equivalenti
Il decreto interviene sulla norma che in precedenza stabiliva che il datore di lavoro potesse modificare le mansioni del lavoratore solo assegnandogli mansioni superiori o equivalenti.
Il termine equivalenti andava inteso nel senso che le nuove mansioni, oltre ad essere proprie dello stesso livello di inquadramento, dovevano richiedere conoscenze e professionalità omogenee.
In futuro il datore di lavoro potrà invece modificare le mansioni in maniera molto più libera, assegnando mansioni non più equivalenti, ma semplicemente “riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento”.
FORMAZIONE PROFESSIONALE
vero diritto?
Anche qualora il datore di lavoro non garantisse al lavoratore la formazione necessaria a svolgere i nuovi compiti il mutamento di mansioni non sarà comunque nullo.
In altri termini, anche in assenza di formazione il lavoratore dovrà svolgere la nuova mansione.
MANSIONI DI LIVELLO INFERIORE PER DECISIONE UNILATERALE DEL DATORE DI LAVORO
ora sarà consentito
Viene anche introdotta la possibilità per il datore di lavoro di assegnare unilateralmente il lavoratore ad una mansione a tutti gli effetti inferiore: è sufficiente che egli adduca come ragione (o pretesto) una modifica degli assetti organizzativi aziendali.
In questi casi è prevista la conservazione del livello di inquadramento e del trattamento economico (fatta
eccezione per le indennità legate alla mansione precedente).
Tuttavia…
RIDUZIONE DEL LIVELLO DI INQUADRAMENTO E DELLA RELATIVA RETRIBUZIONE
ora sarà possibile
Alessandria
Anche il diritto alla conservazione della categoria legale16, del livello di inquadramento e del trattamento economico potrà essere messo in discussione e cancellato. Questo potrà avvenire attraverso un accordo individuale tra il datore di lavoro e il lavoratore, stipulato “ nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”.
Proviamo a fare qualche esempio:
Un datore di lavoro che intende demansionare il lavoratore potrà dichiarare la necessità di licenziarlo a causa delle difficoltà economiche, e proporre, come unica alternativa al licenziamento, un demansionamento con riduzione del livello di inquadramento e della retribuzione.
Oppure:
Un datore di lavoro che si pone l’obiettivo di demansionare un dipendente potrà sostenere l’esigenza di trasferirlo ad una distanza considerevole, e presenterà come unica alternativa un demansionamento, sempre con riduzione dell’inquadramento e della retribuzione.
Quale possibilità di scelta avrà il lavoratore in casi come questi?
IL SISTEMA PRECEDENTE
rigidità eccessiva?
Xxxxxxxx sostiene che il sistema precedente era troppo rigido e che cambiare era un esigenza. Anche questo è falso.
Il demansionamento era già consentito, ma in casi ben precisi:
nei confronti del lavoratore divenuto inabile a seguito di infortunio o malattia e non più in grado di svolgere le mansioni precedenti;
nei confronti della lavoratrice in gravidanza nel caso in cui le mansioni precedenti rientrassero tra le mansioni a rischio o vietate in relazione allo stato della lavoratrice;
nei casi previsti dagli accordi sindacali sottoscritti al termine di trattative legate a esuberi di personale, allo scopo di evitare licenziamenti.
Quest’ultima possibilità è stata percorsa nei periodi di crisi, ma governata attraverso accordi collettivi tra aziende e rappresentanti dei lavoratori.
Ora la libertà di demansionare viene consegnata all’insindacabile giudizio del datore di lavoro, libero di assegnare mansioni inferiori in caso di modifica degli assetti organizzativi dell’azienda, e di ridurre anche inquadramento e retribuzione in virtù di accordi (accordi?) individuali.
ASSEGNAZIONE A MANSIONI SUPERIORI
si allungano i tempi per la promozione
L’ultima modifica riguarda il caso di assegnazione a mansioni superiori: in precedenza si aveva diritto alla
promozione al livello proprio delle mansioni superiori svolte dopo un periodo non superiore a 3 mesi17.
Ora questo termine viene allungato a 6 mesi, e se in passato gli accordi con il Sindacato potevano solo stabilire una riduzione del termine definito per legge, ora le aziende potranno chiedere anche un ulteriore allungamento, e ai tavoli di trattativa occorrerà difendere (in alcuni casi rinunciando a portare avanti a qualche altra rivendicazione) un diritto che in passato poteva solo essere ampliato.
Non c’è che dire: un’altra bella riforma per la modernizzazione del Paese!
16 operaio, impiegato, quadro, dirigente
17 Salvi i seguenti casi:
passaggio a quadro o dirigente (per il quale poteva essere previsto dalla contrattazione collettiva un periodo più lungo);
svolgimento temporaneo di mansioni in sostituzione di un lavoratore assente per ragioni che danno diritto alla conservazione del posto (maternità, malattia, infortunio, ferie).
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Il Decreto su
DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
L’INTERVENTO SULLE TIPOLOGIE CONTRATTUALI
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, riguardante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”. Il provvedimento interviene sulle seguenti tipologie contrattuali: | |
Lavoro a tempo parziale, Lavoro intermittente, Lavoro a tempo determinato, Somministrazione di lavoro, Apprendistato, Lavoro accessorio, Collaborazioni coordinate, Associazione in partecipazione con apporto di lavoro, Lavoro ripartito (c.d. Job sharing), | |
e smentisce l’obiettivo dichiarato di eliminazione della precarietà (a partire dal mancato superamento delle collaborazioni coordinate e continuative). Ulteriori considerazioni meritano: da un lato un deciso ridimensionamento del ruolo in precedenza affidato alla contrattazione collettiva, dall’altro l’obiettivo di ridurre definitivamente il peso della contrattazione nazionale a vantaggio di quella di secondo livello: anche nei casi in cui viene mantenuto il riferimento alla contrattazione, ricorre infatti il rinvio ai contratti collettivi intesi come accordi nazionali, territoriali o aziendali (articolo 51), senza più alcuna gerarchia tra le norme. Questa prima scheda - che inaugura la serie delle note sulla revisione delle tipologie contrattuali - è dedicata alle modifiche apportate alla normativa sul rapporto di lavoro a part time. |
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PART TIME: CHE COSA CAMBIA
Le principali modifiche riguardano il lavoro supplementare, il lavoro straordinario, le clausole elastiche e il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in part time come alternativa alla fruizione del congedo parentale.
LAVORO SUPPLEMENTARE, LAVORO STRAORDINARIO, CLAUSOLE ELASTICHE (ART. 6)
La nuova normativa riduce il ruolo della contrattazione collettiva, ampliando a vantaggio del datore di lavoro la possibilità di ricorrere al lavoro supplementare e al lavoro straordinario, e di introdurre clausole elastiche.
LAVORO SUPPLEMENTARE18
Nel caso in cui il contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro non disciplini questo istituto, il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate.
In assenza di regolamentazione contrattuale il lavoro supplementare è retribuito con una maggiorazione del 15% della retribuzione oraria globale di fatto: non è chiaro se tale maggiorazione è già onnicomprensiva o se andrà applicata dopo aver valorizzato la quota oraria incrementata dei ratei relativi agli istituti indiretti e differiti (es. ferie): in attesa di una interpretazione definitiva andrà sostenuta questa ipotesi più favorevole al lavoratore per il principio secondo cui il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento, fatto salvo ovviamente il riproporzionamento della sua retribuzione all’orario effettuato (articolo 7 del D.Lgs. n. 81/2015).
Non è più previsto il consenso del lavoratore (stabilito in precedenza in caso di mancata regolamentazione da parte del contratto collettivo): il lavoratore potrà rifiutarsi di prestare lavoro supplementare solo per comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.
Permangono al momento incertezze interpretative rispetto alla possibilità che il rifiuto da parte del lavoratore di prestare lavoro supplementare possa costituire giustificato motivo di licenziamento19. Torneremo sull’argomento appena perverranno ulteriori chiarimenti.
LAVORO STRAORDINARIO20
La normativa precedente limitava lo svolgimento di prestazioni straordinarie ai soli casi di part time verticale o misto, mentre ora il lavoro straordinario è consentito in tutte le forme di lavoro a tempo parziale.
Esempio:
In assenza di regolamentazione contrattuale ad una lavoratrice/lavoratore a part time orizzontale con orario di lavoro di 4 ore potrà essere richiesto di svolgere nella stessa giornata 4 ore di lavoro supplementare (è sufficiente non superare su base settimanale il 25% delle ore di lavoro concordate) e un ulteriore periodo di lavoro straordinario.
18 Per lavoro supplementare si intende quello reso in aggiunta all’orario (ridotto) di lavoro concordato, ma entro i limiti dell’orario a tempo pieno.
19 L’art. 6, comma 8 del decreto stabilisce che “Il rifiuto del lavoratore di concordare variazioni dell’orario di lavoro non costituisce giustificato motivo di licenziamento.” ma non è chiaro se il riferimento è alle sole clausole elastiche o vale anche per il lavoro supplementare e il lavoro straordinario.
20 Per lavoro straordinario si intende il lavoro svolto oltre il normale orario di lavoro.
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CLAUSOLE ELASTICHE
CAMBIA LA DEFINIZIONE
La legge precedente definiva
clausole flessibili quelle che consentivano al datore di lavoro di modificare la collocazione temporale dell’orario lavoro,
clausole elastiche quelle che prevedevano il diritto del datore di lavoro di aumentare la durata della prestazione lavorativa (queste ultime erano previste nei soli casi di tempo parziale verticale o misto).
Ora la distinzione scompare e si parla solo di clausole elastiche, che consentono entrambe le modifiche (della collocazione temporale e della durata) indipendentemente dalla tipologia di part time (orizzontale, verticale o misto).
PREAVVISO
Si riduce da 5 a 2 giorni lavorativi (salvo diversi accordi) la durata del preavviso con cui al lavoratore potrà essere comunicata la variazione.
MANCATA REGOLAMENTAZIONE DA PARTE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
L’eventuale introduzione di clausole elastiche non è più subordinata alla condizione che esse siano disciplinate dal contratto collettivo: ove non regolamentate, le clausole elastiche possono essere pattuite anche tra datore di lavoro e lavoratore, mediante un accordo (individuale!) da stipularsi avanti all’apposita commissione di certificazione (il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante sindacale o da un avvocato o da un consulente del lavoro).
L’accordo deve prevedere le condizioni e le modalità per l’applicazione delle clausole stesse, e una misura massima dell’eventuale aumento dell’orario, che non può superare il 25% della prestazione annua del lavoratore; è prevista una maggiorazione sul compenso orario, pari al 15%.
Va sottolineato che il limite del 25% della normale prestazione, essendo calcolato su base annua, assegna un’ampia discrezionalità al datore di lavoro che può essere posto nella condizione di disporre come meglio crede del monte ore complessivo. Questo aspetto andrà valutato (per ridurne l’impatto) negli accordi stipulati presso la commissione di certificazione.
In merito alla maggiorazione, valgono, in primo luogo, le considerazioni già esposte per quella stabilita per il lavoro supplementare: la maggiorazione è già onnicomprensiva o andrà applicata sulla quota oraria incrementata dei ratei relativi agli istituti indiretti e differiti (es. ferie)?
Inoltre non è chiaro se la maggiorazione vada applicata al complesso delle ore oppure solo a quelle oggetto di variazione della collocazione temporale ovvero a quelle in aumento dell’orario.
REVOCA DEL CONSENSO ALLA CLAUSOLA ELASTICA DA PARTE DEL LAVORATORE
Secondo un principio già introdotto dalla Riforma Fornero, il consenso alle clausole elastiche potrà essere revocato nei seguenti (limitati) casi:
lavoratori affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa,
patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con grave malattia invalidante;
figlio convivente di età non superiore a 13 anni o figlio convivente portatore di handicap ai sensi della Legge n. 104/1992;
lavoratori studenti di scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale.
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TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO (ART. 8)
RICHIESTA DI TRASFORMAZIONE DA FULL TIME A PART TIME DA PARTE DEL LAVORATORE
Viene confermata la norma che stabilisce quali situazioni personali o familiari danno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in part time o garantiscono quanto meno una priorità21. Una novità è invece rappresentata dal diritto a chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale (eventualmente entro i limiti di quello ancora spettante se già parzialmente fruito) la trasformazione in rapporto a tempo parziale (la riduzione d’orario non può superare il 50%).
Il datore di lavoro è tenuto a dar corso alla trasformazione entro 15 giorni dalla richiesta.
Va precisato che non è ad oggi chiarito il significato dell’espressione per una sola volta: una sola volta per ciascun figlio? una sola volta nell’arco dell’intero periodo lavorativo presso la stessa azienda?
Alcune considerazioni
L’aumento del potere discrezionale del datore di lavoro garantito dalla legge, nei casi di mancato intervento della contrattazione collettiva, ci consegna la responsabilità di affrontare questi temi ai tavoli di trattativa con l’obiettivo di ridurre la portata negativa della norma.
È infatti evidente come i settori i cui contratti non prevedono, per esempio, le clausole elastiche (perché l’obiettivo che ci si era suo tempo posti era stato quello di non consentirne l’applicazione) si trovino oggi ad essere quelli nei quali i lavoratori saranno più esposti alla richiesta di sottoscrizione di accordi individuali che le prevedano.
Anche le occasioni in cui saremo chiamati ad assistere i lavoratori avanti le commissioni di certificazione
richiederanno la massima attenzione per circoscrivere la discrezionalità dei datori di lavoro.
Un’ultima considerazione riguarda i diritti (negati) di informativa sindacale: la nuova norma non prevede più l’obbligo da parte del datore di lavoro di informare con cadenza annuale le rappresentanze sindacali aziendali sull’andamento delle assunzioni a tempo parziale, sulla tipologia e sul ricorso al lavoro supplementare (in precedenza sanciti dal decreto legislativo sul lavoro a tempo parziale che la nuova norma abroga).
Anche su questo aspetto occorrerà intervenire attraverso la contrattazione collettiva per assicurare alle RSU/RSA gli strumenti di conoscenza utili a monitorare il fenomeno.
21
Diritto | lavoratori affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita; |
Priorità | patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; figlio convivente di età non superiore a 13 anni o figlio convivente portatore di handicap ai sensi dell’art. 3 della legge n. 104 del 1992. |
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DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
IL LAVORO INTERMITTENTE (C.D. CONTRATTO A CHIAMATA)
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 81/2015, riguardante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni” (quarto decreto attuativo del Jobs Act), tra le cui misure figura una revisione del lavoro intermittente, che, tuttavia, lascia in generale inalterata una tipologia contrattuale considerata il simbolo stesso della precarietà (e che per questa ragione era stata abolita dalla Legge n. 247/2007, c.d. Protocollo Welfare). | |
Il decreto prevede sostanzialmente due modifiche: viene introdotto in modo esplicito il divieto di utilizzo del contratto intermittente nella Pubblica amministrazione; non è più prevista l’eventualità che al lavoratore (che non abbia ottemperato all’obbligo, a cui si era contrattualmente vincolato, di rispondere alla chiamata del datore di lavoro) venga richiesto di risarcire il danno (v. oltre). Nella tabella che segue si sintetizzano le caratteristiche fondamentali del contratto di lavoro intermittente. |
Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente. Non può essere utilizzato nella Pubblica amministrazione. | |
Scritta ai soli fini della prova | |
Le esigenze che consentono l’utilizzo del lavoro intermittente sono individuate dai contratti collettivi o, in mancanza, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Si può ritenere che in attesa del nuovo decreto si continui a fare riferimento alle occupazioni elencate nel Regio Decreto n. 2657/1923 (riprodotto a fine capitolo). Deroghe: Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti: con meno di 24 anni di età (purché le prestazioni siano svolte entro il 25° anno), con più di 55 anni. | |
400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari Conseguenze del superamento del limite: trasformazione in rapporto a tempo pieno e indeterminato Eccezioni: Non è previsto limite nei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo. |
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È vietato il ricorso al lavoro intermittente nei seguenti casi: sostituzione di lavoratori in sciopero; unità produttive in cui siano stati effettuati nei 6 mesi precedenti licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni del lavoratore intermittente; unità produttive i cui lavoratori (aventi le stesse mansioni del lavoratore intermittente) siano interessati dalla CIG; datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi. | |
Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata alla DTL, mediante sms o posta elettronica. Con successivo decreto potranno essere individuate ulteriori modalità di comunicazione. In caso di mancata comunicazione sanzione amministrativa: da € 400 a € 2.400 per ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione | |
I lavoratori intermittenti hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’impresa. Il trattamento economico, normativo e previdenziale è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa effettivamente eseguita. Nulla spetta per i periodi in cui non si presta attività lavorativa, salvo che si sia garantita al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate, nel qual caso si ha diritto all’indennità di disponibilità. | |
Il lavoratore che ha garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate ha diritto all’indennità di disponibilità, il cui importo è determinato dalla contrattazione collettiva e non può comunque essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministero del lavoro. In caso di malattia o di altro evento che renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata, il lavoratore è tenuto a informarne tempestivamente il datore di lavoro: l’indennità è sospesa per i giorni di impedimento. Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto: non è più prevista la possibilità che il lavoratore debba anche rispondere del danno subito dal datore di lavoro con un congruo risarcimento. | |
Il lavoratore intermittente è computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre. (Il calcolo del numero dei dipendenti ha per esempio rilevanza ai fini della determinazione della soglia dei 15 dipendenti.) | |
Il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annuale le RSA/RSU sull’andamento del ricorso al contratto di lavoro intermittente. |
Xxxxxxxxxxx
Xxxxx Xxxxxxx 00 dicembre 1923, n. 2657 (Gazzetta Ufficiale 21/12/1923, n. 299)
Articolo unico. - È approvata la tabella annessa al presente decreto, vista d’ordine nostro dal Ministro proponente, indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell’orario sancita dall’art. 1 del decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692
Tabella indicante le occupazioni che richiedono un lavoro discontinuo o di semplice attesa o custodia, alle quali non è applicabile la limitazione dell’orario sancita dall’art. 1° del regio decreto-legge 15 marzo 1923, n. 692 (art. 3 regio decreto- legge 15 marzo 1923, n. 692, e art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955)
1. Custodi.
2. Guardiani diurni e notturni, guardie daziarie.
3. Portinai.
4. Fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono una applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti.
L’accertamento che le mansioni disimpegnate dai fattorini costituiscono un’occupazione a carattere continuativo è fatta dall’Ispettorato del lavoro.
5. Camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere, carrozze-letto, carrozze ristoranti e piroscali, a meno che nelle particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
6. Xxxxxxxx, magazzinieri, dispensieri ed aiuti.
7. Personale addetto alla estinzione degli incendi.
8. Personale addetto ai trasporti di persone e di merci: Personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità.
9. Cavallanti, stallieri e addetti al governo dei cavalli e del bestiame da trasporto, nelle aziende commerciali e industriali.
10. Personale di treno e di manovra, macchinisti, fuochisti, manovali, scambisti, guardabarriere delle ferrovie interne degli stabilimenti.
11. Sorveglianti che non partecipino materialmente al lavoro.
12. Addetti ai centralini telefonici privati.
13. Personale degli ospedali, dei manicomi, delle case di salute e delle cliniche, fatta eccezione per il personale addetto ai servizi di assistenza nelle sale degli ammalati, dei reparti per agitati o sudici nei manicomi, dei reparti di isolamento per deliranti o ammalati gravi negli ospedali, delle sezioni specializzate per ammalati di forme infettive o diffusive, e, in genere, per tutti quei casi in cui la limitazione di orario, in relazione alle particolari condizioni della assistenza ospedaliera, sia riconosciuta necessaria dall’Ispettorato dell’industria e del lavoro, previo parere del medico provinciale.
14. Commessi di negozio nelle città con meno di cinquantamila abitanti a meno che, anche in queste città, il lavoro dei commessi di negozio sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto, su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate, e del capo circolo dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro competente per territorio.
15. Personale addetto alla sorveglianza degli essiccatoi.
16. Personale addetto alla sorveglianza degli impianti frigoriferi.
17. Personale addetto alla sorveglianza degli apparecchi di sollevamento e di distribuzione di acqua potabile.
18. Personale addetto agli impianti di riscaldamento, ventilazione e inumidimento di edifici pubblici e privati.
19. Personale addetto agli stabilimenti di bagni e acque minerali, escluso il personale addetto all’imbottigliamento, imballaggio e spedizione.
20. Personale addetto ai servizi di alimentazione e di igiene negli stabilimenti industriali.
21. Personale addetto ai servizi igienici o sanitari, dispensari, ambulatori, guardie mediche e posti di pubblica assistenza, a meno che, a giudizio dell’Ispettorato corporativo, manchino nella particolarità del caso, gli estremi di cui all’art. 6 del Regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
22. Xxxxxxxx, parrucchieri da uomo e da donna nelle città con meno di centomila abitanti, a meno che, anche in queste città, il lavoro dei xxxxxxxx e parrucchieri da uomo e da donna sia dichiarato effettivo e non discontinuo con ordinanza del prefetto su conforme parere delle organizzazioni padronali ed operaie interessate e del capo circolo dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro competente per territorio.
23. Personale addetto alla toeletta (manicure, pettinatrici).
24. Personale addetto ai gazometri per uso privato.
25. Personale addetto alla guardia dei fiumi, dei canali e delle opere idrauliche.
26. Personale addetto alle pompe di eduzione delle acque se azionate da motori elettrici.
27. Personale addetto all’esercizio ed alla sorveglianza dei forni a fuoco continuo nell’industria della calce e cemento, a meno che, a giudizio dell’Ispettorato del lavoro, nella particolarità del caso, concorrano speciali circostanze a rendere
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gravoso il lavoro. Fuochisti adibiti esclusivamente alla condotta del fuoco nelle fornaci di laterizi, di materiali refrattari, ceramiche e vetrerie.
28. Personale addetto nelle officine elettriche alla sorveglianza delle macchine, ai quadri di trasformazione e di distribuzione, e alla guardia e manutenzione delle linee e degli impianti idraulici, a meno che, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, la sorveglianza, nella particolarità del caso, non assuma i caratteri di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
29. Personale addetto alla sorveglianza ed all’esercizio:
a) degli apparecchi di concentrazione a vuoto;
b) degli apparecchi di filtrazione;
c) degli apparecchi di distillazione;
d) dei forni di ossidazione, riduzione e calcinazione nelle industrie chimiche, a meno che si tratti di lavori che, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, non rivestano i caratteri di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955;
e) degli impianti di acido solforico e acido nitrico;
f) degli apparecchi per l’elettrolisi dell’acqua;
g) degli apparecchi per la compressione e liquefazione dei gas.
30. Personale addetto alle gru.
31. Capistazione di fabbrica e personale dell’ufficio ricevimento bietole nella industria degli zuccheri.
32. Personale addetto alla manutenzione stradale.
33. Personale addetto esclusivamente nell’industria del candeggio e della tintoria, alla vigilanza degli autoclavi ed apparecchi per la bollitura e la lisciviatura ed alla produzione con apparecchi automatici del cloro elettrolitico.
34. Personale addetto all’industria della pesca.
35. Impiegati di albergo le cui mansioni implichino rapporti con la clientela e purché abbiano carattere discontinuo (così detti «impiegati di bureau» come i capi e sottocapi addetti al ricevimento, cassieri, segretari con esclusione di quelli che non abbiano rapporti con i passeggeri), a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro, manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
36. Operai addetti alle pompe stradali per la distribuzione della benzina, comunemente detti pompisti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato dell’industria e del lavoro manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
37. Operai addetti al funzionamento e alla sorveglianza dei telai per la segatura del marmo, a meno che nella particolarità del caso a giudizio dell’Ispettorato corporativo manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955.
38. Interpreti alle dipendenze di alberghi o di agenzie di viaggio e turismo, esclusi coloro che hanno anche incarichi od occupazioni di altra natura e coloro le cui prestazioni, a giudizio dell’Ispettorato corporativo, non presentano nella particolarità del caso i caratteri di lavoro discontinuo o di semplice attesa.
39. Operai addetti alle presse per il rapido raffreddamento del sapone, ove dall’Ispettorato corporativo sia nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro.
40. Personale addetto al governo, alla cura ed all’addestramento dei cavalli nelle aziende di allevamento e di allenamento dei cavalli da corsa.
41. Personale addetto esclusivamente al governo e alla custodia degli animali utilizzati per prodotti medicinali o per esperienze scientifiche nelle aziende o istituti che fabbricano sieri.
42. Personale addetto ai corriponti, a meno che nella particolarità del caso, a giudizio dell’Ispettorato del lavoro, manchino gli estremi di cui all’art. 6 del regolamento 10 settembre 1923, n. 1955 (prestazioni discontinue o di semplice attesa o custodia).
43. Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi; cineoperatori, cameramen-recording o teleoperatori da ripresa, fotografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo documentario, anche per fini didattici.
44. Operai addetti esclusivamente alla sorveglianza dei generatori di vapore con superficie non superiore a 50 mq. quando, nella particolarità del caso, detto lavoro abbia carattere di discontinuità, accertato dall’Ispettorato del lavoro.
45. Operai addetti presso gli aeroporti alle pompe per il riempimento delle autocisterne e al rifornimento di carburanti e lubrificanti agli aerei da trasporto, eccettuati i singoli casi nei quali l’Ispettorato del lavoro accerti l’inesistenza del carattere della discontinuità.
46. Operai addobbatori o apparatori per cerimonie civili o religiose ove dall’Ispettorato del lavoro sia, nei singoli casi, riconosciuto il carattere discontinuo del lavoro.
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DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
IL CONTRATTO A TERMINE
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, riguardante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”, che costituisce il quarto decreto attuativo della c.d. Legge delega sul Jobs Act (Legge 10 dicembre 2014, n. 183). Il provvedimento interviene sulle seguenti tipologie contrattuali: | |
Lavoro a tempo parziale, Lavoro intermittente, Lavoro a tempo determinato, Somministrazione di lavoro, Apprendistato, Lavoro accessorio, Collaborazioni coordinate, Associazione in partecipazione con apporto di lavoro, Lavoro ripartito (c.d. Job sharing), | |
e smentisce l’obiettivo dichiarato di eliminazione della precarietà (a partire dal mancato superamento delle collaborazioni coordinate e continuative). Questa nota riepiloga le norme sul contratto di lavoro a tempo determinato, già oggetto di una profonda revisione nel 2014, attraverso il cosiddetto decreto Poletti, di cui la normativa qui illustrata conferma l’impianto sostanziale: il nuovo decreto tuttavia introduce alcune novità che (manco a dirlo) non vanno nella direzione auspicata, bensì riducono ulteriormente i residui spazi di rivendicazione da parte dei lavoratori, come evidenziato più avanti. |
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IL CONTRATTO A TERMINE
Si conferma la cancellazione dell’obbligo di indicare le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che giustificano il ricorso ad un contratto a termine (acausalità dei contratti a termine già stabilita dal decreto Poletti)22. | |
Durata massima Art. 19 - Apposizione del termine e durata massima | (Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l’eccezione delle attività stagionali) 36 mesi, comprensivi di proroghe e rinnovi, alle dipendenze dello stesso datore di lavoro e con mansioni di pari livello e nell’ambito della stessa categoria (operai, impiegati, quadri o dirigenti)23 Un ulteriore contratto a tempo determinato della durata massima di 12 mesi può essere stipulato presso la DTL (non è più prevista l’assistenza da parte di un rappresentante sindacale). |
Art. 21 - Proroghe e rinnovi | Xxxxxxx 5 Conseguenze del superamento del limite: trasformazione in tempo indeterminato dalla decorrenza della 6ª proroga Il limite relativo alle proroghe non si applica alle imprese start-up innovative per un periodo prefissato dalla costituzione della società. |
Art. 21 - Proroghe e rinnovi | Va osservato un intervallo minimo tra un contratto e l’altro: 10 giorni dalla scadenza di un contratto fino a 6 mesi 20 giorni dalla scadenza di un contratto superiore a 6 mesi C onseguenze del rinnovo prima che sia trascorso l’intervallo prescritto: trasformazione in tempo indeterminato del 2° contratto Deroghe all’obbligo dell’intervallo minimo: lavoratori stagionali altre ipotesi individuate dai contratti collettivi I limiti riguardanti proroghe e xxxxxxx non si applicano alle imprese start-up innovative per un periodo prefissato dalla costituzione della società. |
Continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine Art. 22 - Continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine | Il datore di lavoro può chiedere di proseguire la prestazione lavorativa oltre il termine fissato fino a 30 giorni per i contratti inferiori a 6 mesi, fino a 50 giorni negli altri casi, riconoscendo una maggiorazione retributiva del 20% fino al 10° giorno successivo la scadenza del termine, del 40% per ciascun giorno ulteriore. In caso di continuazione oltre i termini indicati (30 o 50 giorni) si determina la trasformazione in tempo indeterminato (dalla scadenza dei termini). |
Art. 19 - Apposizione del termine e durata massima | Obbligatoria, con l’eccezione dei rapporti di lavoro non superiori a 12 giorni Nell’atto va richiamato il diritto di precedenza (v. oltre). |
22 Permane la possibilità di inserire comunque la motivazione, in alcuni casi con un vantaggio per l’azienda (per es. nel contratto a termine per motivi sostitutivi il datore di lavoro paga contributi ridotti e non deve rispettare il limite massimo di assunzioni a termine). 23 Nel computo rientrano i periodi di missione svolti con contratto di somministrazione a tempo determinato.
Raggiunto il limite di 36 mesi “il datore di lavoro potrà comunque ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore anche successivamente al raggiungimento dei 36 mesi”. (Circolare MLPS n. 18/2012)
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Numero massimo di contratti a tempo determinato per datore di lavoro Art. 23 - Numero complessivo di contratti a tempo determinato | Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi (anche aziendali), il numero complessivo dei contratti a termine non può superare il 20% (con arrotondamento per eccesso) dei lavoratori a tempo indeterminato al 1° gennaio dell’anno di assunzione oppure (nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno) dei lavoratori a T.I. in forza al momento dell’assunzione del T.D.. Per datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è sempre ammesso 1 T.D.. |
Numero massimo di contratti a tempo determinato per datore di lavoro Deroghe: | Non occorre rispettare la soglia del 20% (o quella stabilita dai contratti collettivi di qualsiasi livello) per i contratti a termine conclusi nei seguenti casi: fase di avvio di nuove attività, imprese start-up innovative per un periodo prefissato dalla costituzione della società, attività stagionali, specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi, sostituzione di lavoratori assenti, assunzione di lavoratori di età superiore a 50 anni (precedente limite 55 anni). Ulteriori eccezioni introdotte ora dal provvedimento riguardano il settore della ricerca, istituti, enti e iniziative legate alla cultura e al turismo (v. comma 3 articolo 23). |
Conseguenze in caso di superamento della soglia | In caso di violazione del limite percentuale sanzione amministrativa così calcolata: se assunto 1 solo lavoratore a T.D. oltre la soglia: 20% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro se assunti più lavoratori a T.D. oltre la soglia: 50% della retribuzione per ciascun mese di durata del rapporto di lavoro IMPORTANTE (E GRAVE): Il provvedimento stabilisce che resta “esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato”, mentre il decreto Xxxxxxx aveva lasciato qualche spiraglio all’interpretazione secondo cui alla sanzione amministrativa poteva accompagnarsi la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro che avesse determinato il superamento della soglia. |
Casi di divieto di assunzioni a termine Art. 20 - Divieti | Non è possibile effettuare assunzioni a termine nei seguenti casi: sostituzione di lavoratori in sciopero; unità produttive in cui siano stati effettuati nei 6 mesi precedenti licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni di quello/i che si intenderebbe assumere a termine (salvo che per ragioni sostitutive, assunzioni di lavoratori in mobilità, o con contratti fino a 3 mesi); unità produttive i cui lavoratori (aventi le stesse mansioni del neoassunto) siano interessati dalla CIG; datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi. Conseguenze della violazione del divieto: trasformazione in tempo indeterminato. |
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Diritti di precedenza Art. 24 - Diritti di precedenza | In caso di: A. assunzioni a tempo indeterminato effettuate nei 12 mesi successivi per le stesse mansioni: diritto di precedenza per il lavoratore che ha prestato servizio per più di 6 mesi (per le lavoratrici l’eventuale congedo di maternità si computa nei 6 mesi) B. assunzioni a tempo determinato effettuate nei 12 mesi successivi per le stesse mansioni: diritto di precedenza per la lavoratrice che abbia fruito del congedo di maternità e abbia prestato servizio per più di 6 mesi C. assunzioni a tempo determinato per attività stagionali: diritto di precedenza per il lavoratore che ha già svolto le medesime attività Per esercitare il diritto di precedenza il lavoratore deve manifestare per iscritto la propria volontà al datore di lavoro entro 6 mesi (casi A. e B.) o entro 3 mesi (caso C.) dalla cessazione. |
Principio di non discriminazione Art. 25 - Principio di non discriminazione | Diritto per i lavoratori a T.D. al trattamento economico e normativo in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a T.I. comparabili |
Art. 26 - Formazione | Rinvio alla contrattazione collettiva |
Art. 28 - Decadenza e tutele | Entro 120 giorni (deve quindi seguire il deposito del ricorso in tribunale entro l’ulteriore termine di 180 giorni) |
Risarcimento in caso di trasformazione ordinata dal giudice Art. 28 - Decadenza e tutele | Indennità onnicomprensiva da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità (massimo 6 mensilità in presenza di contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie) a prescindere dal tempo intercorso tra la scadenza del termine illegittimo e la sentenza |
Art. 27 - Criteri di computo | Salvo che sia disposto diversamente, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi 2 anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro. (Il calcolo del numero dei dipendenti ha per esempio rilevanza ai fini della determinazione della soglia dei 15 dipendenti.) |
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Esclusioni dalla normativa dei contratti a termine Art. 29 - Esclusioni e discipline specifiche | Sono esclusi dal campo di applicazione del contratto a tempo determinato: i rapporti instaurati con lavoratori in mobilità (ad eccezione degli articoli sul principio di non discriminazione e sui criteri di computo); i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato; i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a 5 anni (salvo il diritto del dirigente di recedere una volta trascorso un triennio); i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi; i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente e ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale; i contratti a tempo determinato stipulati con le Università. |
Sindacato | Devono essere precisati dalla contrattazione collettiva i diritti di informativa nei confronti di RSA/RSU riguardanti: i posti vacanti che si rendono disponibili nell’impresa (articolo 19); l’utilizzo del lavoro a tempo determinato (articolo 23). |
Alcune considerazioni
Dopo il D.L. n. 34/2014 (c.d. decreto Xxxxxxx) che già aveva ampiamente liberalizzato il contratto a termine, il Governo interviene con ulteriori norme che lo rendono ancora più flessibile.
Questa scelta contrasta con il principio (pur enunciato all’articolo 1 del nuovo provvedimento) secondo cui “Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”, ma anche con la volontà, più volte sbandierata, di combattere le forme di lavoro atipiche e precarie.
Molte modifiche riguardano il limite percentuale del 20% (calcolato sui tempi indeterminati) che definisce il numero massimo dei lavoratori che possono essere assunti a termine.
Vediamo le principali.
Ancora più eccezioni
Viene ampliata la casistica delle esclusioni dall’obbligo di rispetto del limite del 20%.
Possibilità di deroghe da parte della contrattazione aziendale
In precedenza la facoltà di apportare deroghe al tetto massimo era attribuita ai soli contratti collettivi nazionali: ora la norma la estende alla contrattazione collettiva di qualsiasi livello. Questa modifica, se non correttamente gestita dalle XX.XX. presenti in azienda, rischia di ampliare a dismisura il ricorso ai contratti a termine.
Inosservanza della soglia: esclusa la possibilità di rivendicare la trasformazione
Il provvedimento stabilisce esplicitamente che anche in caso di superamento della soglia resta “esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato”: il rispetto del limite del 20% diventa un mero adempimento formale, la cui violazione determinerà solo un aumento del costo del lavoratore assunto a termine.
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Il Decreto su
DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
LA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (EX LAVORO INTERINALE)
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, riguardante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni” (quarto decreto attuativo del Jobs Act), tra le cui misure figura una revisione della somministrazione di lavoro, tipologia contrattuale le cui possibilità di utilizzo erano già state ampliate con il c.d. decreto Xxxxxxx, e che viene ora di fatto liberalizzata, a partire da una profonda modifica delle norme in tema di staff leasing. | |
Di seguito si illustrano gli aspetti principali delle nuove disposizioni (contenute agli articoli da 30 a 40 del D.Lgs. n. 81/2015). Ci limitiamo qui ad osservare come, anche in questo caso, i provvedimenti adottati smentiscano la presunta volontà di contrasto alla precarietà, vista l’accresciuta possibilità di ricorrere ad una tipologia contrattuale volta a cancellare il legame tra lavoratore e impresa che ne utilizza la prestazione, con il chiaro intento di ridurre tutele e diritti e frammentare ulteriormente il mondo del lavoro, spazzando via ogni residua forma di coesione e solidarietà (e conseguente capacità di mobilitazione) tra i lavoratori. |
Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto con il quale un’agenzia per il lavoro autorizzata (somministratore) mette a disposizione di un’impresa (utilizzatore) uno o più lavoratori suoi dipendenti.
La somministrazione di lavoro coinvolge quindi 3 soggetti (agenzia, lavoratori, impresa), legati da
2 diverse forme contrattuali:
il contratto di somministrazione stipulato tra utilizzatore e somministratore che ha natura commerciale e può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato (è prevista la forma scritta24);
il contratto di lavoro stipulato tra somministratore e lavoratore, che può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato.
I (POCHI) DIVIETI ALL’UTILIZZO DELLA SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
Il Decreto Legge n. 34/2014 (c.d. decreto Xxxxxxx) aveva già significativamente ampliato la possibilità di ricorrere alla somministrazione a tempo determinato, cancellando l’obbligo di indicare le “ragioni di carattere
24 Il decreto indica gli elementi che devono essere contenuti nel contratto, riducendoli di numero rispetto al passato.
Va precisato che in assenza di forma scritta il contratto è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
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tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo” che giustificano il ricorso ad un contratto a termine (acausalità dei contratti a termine)25.
Il nuovo decreto completa di fatto la liberalizzazione della somministrazione di lavoro (v. oltre staff leasing), definendo limitati casi in cui la somministrazione è vietata:
sostituzione di lavoratori in sciopero;
unità produttive in cui siano stati effettuati nei 6 mesi precedenti licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni alle quali si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro (salvo che per ragioni sostitutive o con contratti fino a 3 mesi);
unità produttive i cui lavoratori (aventi le stesse mansioni alle quali si riferisce il contratto di somministrazione) siano interessati dalla CIG;
datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi.
LAVORATORI ASSUNTI DALL’AGENZIA CON CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO
Il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia per il lavoro ha diritto ad un’indennità mensile di disponibilità per i periodi in cui non è in missione presso un utilizzatore. L’importo dell’indennità è determinato dalla contrattazione collettiva26 e non può comunque essere inferiore all’importo fissato con decreto del Ministero del lavoro.
LA SOMMINISTRAZIONE A TEMPO INDETERMINATO: LO STAFF LEASING
È prevista tuttavia anche la possibilità che il lavoratore, assunto a tempo indeterminato dall’agenzia, venga inviato in missione a tempo indeterminato presso un’impresa utilizzatrice: si realizza in questo caso il c.d. staff leasing, che rappresenta una delle tipologie contrattuali più controverse (e che per questa ragione era stato abolito dalla Legge n. 247/2007 - c.d. Protocollo Welfare - salvo poi essere reintrodotto a partire dal 1° gennaio 2010).
La somministrazione a tempo indeterminato del lavoratore risponde evidentemente ad una necessità
strutturale di manodopera da parte dell’impresa utilizzatrice, impresa che tuttavia si sottrae a quella che
dovrebbe essere la soluzione più ovvia: l’assunzione diretta del lavoratore.
LA LIBERALIZZAZIONE DELLO STAFF LEASING ATTUATA DAL D.LGS. N. 81/2015
La normativa precedente l’ultimo decreto limitava lo staff leasing a specifici ambiti di attività e tipologie di lavoratori (ad elevata specializzazione): ora questa forma di somministrazione viene invece completamente liberalizzata, e mantiene solo un limite di carattere quantitativo.
STAFF LEASING: LIMITE QUANTITATIVO
Il numero dei lavoratori in staff leasing non potrà superare il 20% (con arrotondamento per eccesso) dei lavoratori a T.I. in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipula del contratto di somministrazione a tempo indeterminato oppure (nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno) dei lavoratori a T.I. in forza presso l’utilizzatore al momento della stipula del contratto.
Tale percentuale potrà essere oggetto di modifica da parte della contrattazione collettiva (anche aziendale) applicabile dall’utilizzatore.
25 Permane la possibilità di inserire comunque la motivazione, in alcuni casi con un vantaggio per l’azienda (per es. nel contratto a termine per motivi sostitutivi il datore di lavoro paga contributi ridotti e non deve rispettare il limite massimo di assunzioni a termine). 26 L’attuale CCNL 2 febbraio 2012 prevede un’indennità di disponibilità mensile lorda di € 750.
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LAVORATORI ASSUNTI DALL’AGENZIA CON CONTRATTO A TERMINE
In caso di assunzione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla disciplina sul contratto a termine contenuta nello stesso decreto, ma con numerose eccezioni:
Non si applicano:
la durata massima di 36 + 12 mesi (e la conseguente trasformazione a tempo indeterminato in caso di superamento);
le limitazioni in tema di proroghe e rinnovi (numero massimo proroghe, intervallo minimo tra un contratto e l’altro, conseguente trasformazione a tempo indeterminato in caso di mancato rispetto dei limiti) - in tema di proroghe v. oltre;
il limite quantitativo in assenza di regolamentazione da parte della contrattazione collettiva (v. oltre);
il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel periodo successivo a favore del lavoratore a tempo determinato che abbia prestato servizio per più di 6 mesi.
PROROGHE
Il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore.
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO: LIMITE QUANTITATIVO
Il limite quantitativo alla somministrazione a tempo determinato deve essere individuato dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, ma il decreto prevede comunque numerose deroghe:
lavoratori in mobilità;
disoccupati che godono, da almeno 6 mesi, di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati”.
CONDIZIONI ECONOMICHE E NORMATIVE DEI LAVORATORI SOMMINISTRATI
I lavoratori somministrati hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice (condizioni che devono essere rese note da parte dell’utilizzatore al somministratore).
Il pagamento della retribuzione al lavoratore e il versamento dei contributi previdenziali e assicurativi sono a carico del somministratore, con il rimborso successivo da parte dell’utilizzatore.
L’impresa utilizzatrice è obbligata in solido con il somministratore, sia per i trattamenti retributivi che per i contributi previdenziali.
CONTRATTAZIONE INCLUSIVA
I contratti collettivi applicati dall’utilizzatore possono prevedere l’erogazione di premi di risultato ai lavoratori somministrati.
Questa norma (contenuta all’articolo 35, comma 3) ci consegna la responsabilità di agire in coerenza con le nostre dichiarazioni di principio, attuando una contrattazione inclusiva, con l’obiettivo di contribuire a ricostituire anche per questa via l’unità del mondo del lavoro.
Lo stesso comma prevede che i lavoratori somministrati hanno inoltre diritto a fruire dei servizi sociali e
assistenziali di cui godono i dipendenti dell’utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva (esclusi quelli il cui godimento sia condizionato alla iscrizione ad associazioni o società cooperative o al conseguimento di una determinata anzianità di servizio).
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La tabella seguente fornisce alcune informazioni ulteriori in tema di:
Pubblica amministrazione
Salute e sicurezza
Computo dei lavori somministrati
Posti vacanti
Diritti sindacali
Impugnazione
Sanzioni
amministrazione | La disciplina della somministrazione a tempo indeterminato non trova applicazione nei confronti delle Pubbliche amministrazioni. |
I datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi (in applicazione della normativa in tema di salute e sicurezza dei lavoratori) non possono utilizzare lavoratori in somministrazione. Obblighi di informazione Il compito di informare i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la salute spetta di norma al somministratore (ma il contratto di somministrazione può attribuire tale obbligo all’utilizzatore). Non è più previsto l’obbligo da parte dell’utilizzatore di informare il lavoratore nel caso in cui le mansioni a cui quest’ultimo è adibito richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino rischi specifici. Obblighi di prevenzione e protezione L’utilizzatore è vincolato nei confronti dei somministrati agli obblighi di prevenzione e protezione previsti per i propri dipendenti. | |
Il lavoratore somministrato non è computato nell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, con le seguenti eccezioni: norme in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, somministrazione di lavoratori disabili per missioni di durata non inferiore a 12 mesi (concorrono così al rispetto della quota prevista per legge). | |
I lavori somministrati hanno diritto a essere informati sui posti vacanti nell’azienda utilizzatrice. | |
Assemblee Il lavoratore somministrato ha diritto a partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici. Nel decreto non è invece più contemplato lo specifico diritto di riunione che spettava ai lavoratori dipendenti di una stessa agenzia ma operanti presso diversi utilizzatori. Diritti di informativa alle rappresentanze sindacali Non vige più l’obbligo di comunicare alle RSA/RSU o, in mancanza, al Sindacato territoriale il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione di lavoro prima della stipula del contratto di somministrazione. Permane solo l’obbligo di comunicazione ogni 12 mesi (numero, motivi e durata dei contratti di somministrazione, numero e qualifica dei lavoratori interessati). |
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Quando la somministrazione di lavoro avviene al di fuori dei limiti e delle condizioni previste dal decreto, il lavoratore può rivolgersi al giudice del lavoro per ottenere la formalizzazione del rapporto alle dirette dipendenze dell’utilizzatore. L’impugnazione andrà comunicata entro 60 giorni (all’impugnazione deve seguire il deposito del ricorso in tribunale entro l’ulteriore termine di 180 giorni). Risarcimento in caso di accoglimento della domanda da parte del giudice Indennità onnicomprensiva da un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità a prescindere dal tempo intercorso tra la cessazione dell’attività presso l’utilizzatore e la sentenza | ||
È prevista una sanzione amministrativa da € 250 a € 1.250 a carico del somministratore e/o dell’utilizzatore (come di seguito precisato) in caso di violazione dei seguenti obblighi/divieti: | ||
Contratto di somministrazione stipulato senza gli elementi previsti (N.B. In assenza di forma scritta il contratto è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore) | Sommin.e Utilizz. | |
Violazione dei diritti in tema di condizioni economiche e normative | Sommin.e Utilizz. | |
Mancata comunicazione al lavoratore degli estremi della missione | Somministratore | |
Ricorso alla somministrazione nei casi vietati | Utilizzatore | |
Superamento delle soglie relative al numero dei lavoratori somministrati | Utilizzatore | |
Violazione dei diritti del lavoratore somministrato (informazioni su posti vacanti, fruizione dei servizi sociali e assistenziali) | Utilizzatore | |
Violazione dei diritti di informativa nei confronti del Sindacato | Utilizzatore |
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Il Decreto su
DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
L’APPRENDISTATO
Il X.Xxx. n. 81/2015 riguardante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni” (quarto decreto attuativo del Jobs Act) interviene sul contratto di apprendistato, già oggetto | |
di una profonda revisione nel 2014, attraverso il D.L. n. 34/2014 (c.d. decreto Poletti). Al di là delle condivisibili affermazioni di principio sulla funzione del contratto di apprendistato nell’integrazione formazione lavoro, non si rilevano miglioramenti nella norma, ma al contrario qualche ulteriore arretramento: il vincolo della stabilizzazione di una quota degli apprendisti assunti in precedenza per poter nuovamente utilizzare il contratto di apprendistato (già pesantemente ridimensionato dal decreto Xxxxxxx) viene limitato ad un solo tipo di apprendistato; | |
viene ancora ridotta la retribuzione per le ore di formazione (apprendistato di 1° e 3° tipo); | |
per una delle tipologie di apprendistato si stabilisce che il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi costituisce giustificato motivo di licenziamento; si ridimensiona il ruolo delle parti sociali; nel contempo si rileva che la disciplina generale continua ad essere affidata, nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge, ai contratti nazionali, senza che si assista, come in altri casi, al tentativo di sovvertire i livelli della contrattazione. | |
Ancora una volta per rendere appetibile da parte dei datori di lavoro una tipologia contrattuale poco utilizzata27 si sceglie la strada della compressione delle tutele e dei diritti dei lavoratori, anziché quella degli investimenti, negati già in partenza dal decreto, che ripetutamente esclude la possibilità di “nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. |
27 Dati relativi alle assunzioni in provincia di Alessandria: confronto 1° semestre 2014 - 1° semestre 0000
Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxx
Tipo | 1° semestre 2014 | 1° semestre 2015 |
Tempi indeterminati | 4.430 | 6.209 |
Apprendistato | 752 | 586 |
Tempi determinati | 16.470 | 17.746 |
Totale | 21.652 | 24.541 |
Percentuale apprendistato su totale 3,5% | Percentuale apprendistato su totale 2,4% |
La flessione dell’apprendistato in valori assoluti e relativi è da mettere in relazione alla “concorrenza” da parte di altre forme contrattuali, tra cui le assunzioni con contratto a tempo indeterminato effettuate nel 2015 per cui è previsto lo sgravio contributivo.
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L’APPRENDISTATO
L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.
Nell’apprendistato, allo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione che costituisce la caratteristica di ogni contratto di lavoro, si aggiunge l’obbligo formativo a carico del datore di lavoro, il quale ha, in compenso, la possibilità di beneficiare di agevolazioni di tipo normativo, contributivo ed economico.
L’apprendistato si articola nelle 3 seguenti tipologie:
1. apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore (oggetto, attraverso il decreto, di una revisione più significativa rispetto agli altri 2 tipi);
2. apprendistato professionalizzante (in precedenza definito anche “contratto di mestiere”);
3. apprendistato di alta formazione e ricerca.
La funzione dell’apprendistato di 1° e 3° tipo (per i quali il piano formativo individuale è predisposto da una istituzione formativa con il coinvolgimento dell’impresa) è l’integrazione tra formazione e lavoro, in quello che viene definito “un sistema duale”.
DISCIPLINA GENERALE
Il contratto di apprendistato è stipulato in forma scritta ai soli fini della prova (si tratta di una modifica negativa introdotta dal decreto: ne consegue che l’assenza di forma scritta non determina più la conversione
dell’apprendistato in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato). Il contratto contiene, in forma sintetica, il piano formativo individuale.
LIMITI NUMERICI ALL’ASSUNZIONE DI APPRENDISTI:
Rapporto massimo di 3 a 2 rispetto ai lavoratori qualificati o specializzati in servizio presso il medesimo datore di lavoro.
Eccezioni:
Datori di lavoro che occupano meno di 10 lavoratori rapporto massimo di 1 a 1.
Datori di lavori con lavoratori qualificati o specializzati da 0 a 3 possono assumere fino a 3 apprendisti. Per le imprese artigiane valgono invece limiti diversi e specifici28.
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO:
In caso di somministrazione, il contratto di “affitto” del lavoratore non può essere a tempo determinato.
OBBLIGHI DI STABILIZZAZIONE A CUI È SUBORDINATA L’ASSUNZIONE DI NUOVI APPRENDISTI:
In base al nuovo decreto, la possibilità di procedere a nuove assunzioni in apprendistato è subordinata alla stabilizzazione di una quota degli apprendisti solo nel contratto di 2° tipo (apprendistato professionalizzante -
v. oltre), mentre in precedenza il vincolo valeva per tutte le tipologie (modifica negativa).
DURATA, RECESSO, INQUADRAMENTO, RETRIBUZIONE:
Il contratto di apprendistato ha una durata minima non inferiore a 6 mesi (fatte salve le ipotesi di rapporti a tempo determinato in relazione ad attività stagionali per l’apprendistato di 1° e 2° tipo - v. oltre).
28 Il riferimento è all’art. 4 della Legge n. 443/1985.
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Al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere dal contratto con preavviso decorrente dal medesimo termine (durante il periodo di preavviso si applica la disciplina del contratto di apprendistato).
Se nessuna delle parti recede, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
DEMANDI ALLA CONTRATTAZIONE
La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad accordi interconfederali ovvero ai CCNL che possono prevedere, tra l’altro:
la possibilità di inquadrare il lavoratore fino a 2 livelli inferiori o di stabilire la retribuzione
dell’apprendista in misura percentualmente ridotta e proporzionata all’anzianità di servizio;
il possibile prolungamento del periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, per un periodo massimo di 30 giorni.
PREVIDENZA E ASSISTENZA SOCIALE
In tema di previdenza e assistenza sociale valgono per gli apprendisti:
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;
assicurazione contro le malattie;
assicurazione contro l’invalidità e vecchiaia;
maternità;
assegno familiare;
NASpI (per la quale è dovuta dal datore di lavoro una contribuzione pari all’1,31%).
1ª TIPOLOGIA: APPRENDISTATO PER LA QUALIFICA E IL DIPLOMA PROFESSIONALE, IL DIPLOMA DI ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE E IL CERTIFICATO DI SPECIALIZZAZIONE TECNICA SUPERIORE REQUISITI DEI SOGGETTI INTERESSATI:
Almeno 15 anni di età e fino al compimento dei 25 anni
REGOLAMENTAZIONE:
La regolamentazione è rimessa alle Regioni29 o (in mancanza di intervento) al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
DURATA:
La durata del contratto è determinata in base alla qualifica o al diploma da conseguire:
massimo 3 anni (4 anni nel caso di diploma professionale quadriennale).
In alcuni casi i datori di lavoro hanno la facoltà di prorogare fino a 1 anno il contratto di apprendistato. Inoltre possono essere stipulati contratti di apprendistato:
29 Nella presente nota il riferimento alle Regioni include sempre anche le Province autonome di Trento e Bolzano. Maggiori informazioni sull’apprendistato in Piemonte sono reperibili al seguente link: xxxx://xxx.xxxxxxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxx/xxxxxxxxxxxxx/xxxxx.xxx
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di durata massima di 4 anni per i giovani iscritti a partire dal 2° anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore;
di durata massima di 2 anni per i giovani che frequentano il corso annuale integrativo che si conclude con l’esame di Stato.
Per le Regioni che abbiano definito un sistema di alternanza scuola-lavoro, i contratti collettivi possono prevedere specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali.
Successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma è possibile la trasformazione del contratto in apprendistato professionalizzante (la durata massima complessiva dei 2 periodi di apprendistato è individuata dalla contrattazione nazionale).
LICENZIAMENTO
Il decreto ha previsto per l’apprendistato di 1° tipo che costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi (attestato dall’istituzione formativa).
FORMAZIONE
Il datore di lavoro che intende stipulare il contratto di apprendistato di 1° tipo sottoscrive un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto.
Nell’apprendistato che si svolge nell’ambito del sistema di istruzione e formazione professionale regionale, la formazione esterna all’azienda è impartita nell’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto con i seguenti
limiti: | |||
| 2° anno: | formazione esterna: massimo 60% della formazione complessiva prevista | |
| anni seguenti: | formazione esterna: massimo 50% della formazione complessiva prevista | |
RETRIBUZIONE DURANTE LE ORE DI FORMAZIONE: | |||
| Formazione svolta nell’istituzione formativa: | nessun obbligo retributivo da parte del datore di lavoro | |
| Formazione a carico del datore di lavoro: | retribuzione pari al 10% di quella spettante |
Sono fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (di qualsiasi livello).
2ª TIPOLOGIA: APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE
REQUISITI DEI SOGGETTI INTERESSATI:
Età compresa tra i 18 e i 29 anni
Per i soggetti in possesso di una qualifica professionale30 il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato a partire dal 17° anno di età.
La qualificazione professionale da conseguire è determinata con riferimento ai CCNL.
REGOLAMENTAZIONE:
L’apprendistato professionalizzante è regolato in tutti i suoi aspetti dagli accordi interconfederali e dai CCNL, che stabiliscono:
le caratteristiche della formazione,
la durata del contratto (massimo 3 anni - 5 per i profili professionali dell’artigiano).
30 conseguita ai sensi del D.Lgs. n. 226/2005
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La formazione erogata dal datore di lavoro è integrata dall’offerta formativa pubblica finalizzata all’acquisizione di competenze di base e trasversali (organizzazione aziendale, diritti e doveri, ecc.) disciplinata dalle regioni per massimo 120 ore nel triennio.
Per i datori di lavoro che svolgono attività stagionali i CCNL possono prevedere specifiche modalità di svolgimento del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato.
OBBLIGHI DI STABILIZZAZIONE A CUI È SUBORDINATA L’ASSUNZIONE DI NUOVI APPRENDISTI (SOLO PER DATORI DI LAVORO CON ALMENO 50 DIPENDENTI):
Esclusivamente per i datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti l’assunzione di nuovi apprendisti con contratto professionalizzante è subordinata alla stabilizzazione (nel triennio precedente l’assunzione) di almeno il 20% degli apprendisti (esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, dimissioni o licenziamento per giusta causa).
Anche in caso di mancato rispetto del limite è sempre consentito assumere 1 apprendista con contratto professionalizzante.
I CCNL possono stabilire limiti diversi.
In caso di violazione dei limiti gli apprendisti sono considerati ordinari lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
3ª TIPOLOGIA: APPRENDISTATO DI ALTA FORMAZIONE E DI RICERCA
Ambiti: conseguimento di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, i diplomi relativi ai percorsi degli istituti tecnici superiori di cui all’articolo 7 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2008 - attività di ricerca - praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche
REQUISITI DEI SOGGETTI INTERESSATI:
Età compresa tra i 18 e i 29 anni e possesso di diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo.
Il datore di lavoro deve sottoscrivere un protocollo con l’istituzione formativa o con l’ente di ricerca, che stabilisce le caratteristiche della formazione a carico del datore di lavoro (e i crediti formativi che ne derivano).
REGOLAMENTAZIONE:
Per i profili che attengono alla formazione, la regolamentazione è rimessa alle Regioni o (in mancanza di intervento) a convenzioni stipulate con le istituzioni formative o di ricerca.
Formazione esterna all’azienda: di norma massimo 60% della formazione complessiva prevista
RETRIBUZIONE DURANTE LE ORE DI FORMAZIONE:
Formazione svolta nell’istituzione formativa: nessun obbligo retributivo da parte del datore di lavoro
Formazione a carico del datore di lavoro: retribuzione pari al 10% di quella spettante Sono fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi (di qualsiasi livello).
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DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
IL LAVORO ACCESSORIO (VOUCHER)
In data 25 giugno 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, riguardante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni” (quarto decreto attuativo del Jobs Act), tra le cui misure figura una revisione del lavoro accessorio, con l’obiettivo dichiarato di estenderne le possibilità di utilizzo. | |
Quella che segue è una sintesi tecnica e schematica delle norme (contenute agli articoli 48, 49 e 50 del D.Lgs. n. 81/2015): ci limitiamo qui ad osservare come, ancora una volta, i provvedimenti adottati smentiscano la volontà dichiarata di lotta alla precarietà, vista l’accresciuta possibilità di ricorrere ad una tipologia di lavoro tra le più precarie e meno garantite. |
Per lavoro accessorio si intende l’attività lavorativa retribuita mediante buoni lavoro o voucher.
Attualmente il lavoro accessorio non prevede più, come era all’origine, il requisito della occasionalità e vi si può ricorrere in tutti i settori di attività: elemento caratterizzante - e principale limitazione - di questa tipologia rimane pertanto il tetto annuo dei compensi percepiti dal lavoratore (che peraltro il decreto ha elevato).
Altra novità riguarda l’obbligo di comunicazione preventiva da parte del committente: il decreto stabilisce che prima dell’inizio della prestazione lavorativa siano forniti dati più circostanziati, utili a garantire la tracciabilità dei buoni: tale vincolo riguarda però solo i committenti imprenditori e professionisti, mentre non sono più soggetti ad alcun obbligo di comunicazione i committenti privati (che prima vi erano invece tenuti).
Il lavoro accessorio può essere svolto da qualsiasi soggetto: disoccupato, inoccupato, lavoratore autonomo o subordinato31, full-time o part-time, pensionato, studente, percettore di prestazioni a sostegno del reddito, secondo quanto precisato di seguito.
Non dà diritto alle prestazioni di malattia, maternità, disoccupazione e assegni familiari.
31 Il ricorso all’istituto del lavoro accessorio non è compatibile con lo status di lavoratore subordinato (a tempo pieno o parziale) se impiegato presso lo stesso datore di lavoro titolare del contratto di lavoro dipendente: in altri termini non può essere svolto in favore dello stesso datore di lavoro presso cui si presta la propria opera come lavoratore dipendente (Circolare INPS n. 49/2013).
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Limite complessivo alle prestazioni di lavoro accessorio da parte del lavoratore | € 7.000 (lordo € 9.333): è il limite massimo del compenso che il lavoratore può percepire dalla totalità dei committenti nel corso di un anno civile (dal 1° gennaio al 31 dicembre). Il limite è rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. |
Limite per singolo committente (se committente imprenditore o professionista) | Solo in caso di committente imprenditore o professionista vige (per ciascun committente) un’ulteriore limite, pari, per il 2015, a € 2.020 (lordo € 2.693). Va sottolineato che questo limite opera nei confronti del singolo lavoratore e non impedisce al committente (datore di lavoro) di affidare l’attività da svolgere ad una pluralità di lavoratori ciascuno dei quali non potrà percepire più di € 2.693 lordi. |
Nel settore agricolo, il lavoro accessorio si applica: alle attività lavorative occasionali di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani under 25 (per questi ultimi, se regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, è necessario che l’attività sia compatibile con gli impegni scolastici, mentre potranno svolgerla in qualunque periodo dell’anno gli studenti universitari); alle attività agricole a favore di piccoli produttori agricoli (aziende agricole con volume d’affari fino a € 7.000) che non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli. | |
In generale, è vietato ricorrere al lavoro accessorio per l’esecuzione di appalti di opere o servizi. In un prossimo decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi entro il 25/12/2015, saranno individuate specifiche deroghe. | |
Compatibilità con prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito | I percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possono effettuare prestazioni di lavoro accessorio nel limite complessivo di un compenso annuo di € 3.000 (lordo € 4.000), rivalutato annualmente32. (Dal punto di vista previdenziale l’INPS dovrebbe decurtare la contribuzione figurativa riconosciuta per le prestazioni integrative, dei contributi che derivano dal lavoro accessorio, effettuando una compensazione che non ha conseguenze per il lavoratore, ma si è in attesa di un ulteriore messaggio che confermi questa interpretazione.) Le remunerazioni da lavoro accessorio che superino il limite di € 3.000 (e fino a € 7.000) non sono integralmente cumulabili (per i criteri relativi alle diverse prestazioni e per gli obblighi di comunicazione previsti, v. circolare INPS n. 170/2015) |
In attesa dell’emanazione di un ulteriore decreto, il valore nominale del buono orario è attualmente fissato in € 10. Nel settore agricolo è pari all’importo della retribuzione stabilito dal contratto collettivo. | |
I voucher garantiscono, oltre alla retribuzione, anche la copertura previdenziale presso l’INPS e quella assicurativa presso l’INAIL (v. oltre). | |
Per il lavoratore, il compenso è esente da ogni imposizione fiscale (e non incide sul suo stato di disoccupato o inoccupato). |
32 Il limite complessivo di € 3.000 di compenso, per l’anno in corso, comprende le prestazioni di lavoro accessorio già rese dal 1° gennaio 2015 al 24 giugno 2015, giorno precedente all’entrata in vigore del decreto (Circolare INPS n. 149/2015): l’eventuale riduzione dell’indennità effettuata da alcune sedi INPS è da ritenersi illegittima: nell’eventualità che ciò si sia verificato occorrerà richiedere l’erogazione della quota di indennità non corrisposta.
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Il valore nominale di ciascun buono comprende: una quota previdenziale destinata alla gestione separata INPS (13%), una quota per l’assicurazione INAIL (7%), una quota ulteriore a favore del concessionario del servizio (INPS e ora ulteriori soggetti previsti dal decreto) a titolo di rimborso spese (in passato 5%, attualmente da determinare con decreto MLPS). Il valore netto per il lavoratore è di € 7,50. | |
Per i buoni già richiesti alla data del 25/06/2015 si applicheranno fino al 31/12/2015 le disposizioni precedenti che stabilivano un ricorso al lavoro accessorio nel limite di € 5.000 per la totalità dei committenti e di € 2.00033 per ciascun singolo committente. | |
Acquisto dei voucher: modalità esclusivamente telematica per i committenti imprenditori o professionisti anche presso le rivendite autorizzate se non imprenditori o professionisti Comunicazione preventiva: I committenti imprenditori o professionisti che ricorrono a prestazioni occasionali di tipo accessorio sono tenuti a darne comunicazione prima dell’inizio della prestazione. Il decreto stabilisce che a regime la comunicazione sia effettuata alla DTL, ma fino a quando non saranno definite le nuove procedure rimangono in vigore le precedenti modalità di invio all’INPS. |
33 Importi rivalutati rispettivamente, per il 2015, a € 5.060 e a € 2.020
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DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
LA BUFALA DEL SUPERAMENTO
DELLE COLLABORAZIONI COORDINATE E DELLE FALSE PARTITE IVA
Ovvero: Quando i cococo, senza stare nei pollai, rischiano di essere ancor più spennati
Dal 25 giugno 2015 è in vigore il D.Lgs. n. 81/2015 (quarto decreto attuativo del Jobs Act), che ha modificato radicalmente la disciplina dei contratti di collaborazione, ma certamente non nel senso che il Presidente del Consiglio aveva lasciato intendere, annunciando “Restituiamo ai pollai i cococo, cocopro e coco vari”. | ||
Il provvedimento non realizza affatto l’auspicato, definitivo superamento di questa tipologia contrattuale, ma, al contrario, determina una netta riduzione dei diritti e delle tutele, seppur minimi, ad oggi raggiunti. Vediamo perché. |
Breve premessa
La Legge n. 92/2012 (c.d. riforma Fornero del Mercato del lavoro) era intervenuta sul tema delle collaborazioni continuative, introducendo alcune novità positive con l’obiettivo di contrastare il ricorso improprio a questa tipologia contrattuale, volto ad eludere la normativa sul lavoro subordinato per rapporti di lavoro che in realtà ne avevano le caratteristiche.
La Legge n. 92/2012 aveva infatti stabilito che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa dovessero “essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore”, e che la mancanza di tali progetti determinasse “la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.
IL MANCATO SUPERAMENTO DELLE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE
Il nuovo provvedimento abroga tutte le disposizioni che disciplinavano il contratto di lavoro a progetto34, ma conferma la norma che fa riferimento ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, decretando quindi la sopravvivenza di questa tipologia contrattuale.
Quale risultato si determina?
34 Articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003, che continuano ad applicarsi esclusivamente ai contratti già in atto alla data di entrata in vigore del decreto
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Vengono abrogate quelle minime tutele che il D.Lgs. n. 276/2003 aveva concesso ai lavoratori coordinati e continuativi a progetto: per esempio l’articolo che disponeva la forma scritta del contratto e gli elementi che vi dovevano essere contenuti, e le norme che stabilivano che il compenso del collaboratore non potesse essere inferiore ai minimi salariali fissati dal CCNL, e che prevedevano alcune tutele in caso di gravidanza, malattia e infortunio35.
In estrema sintesi:
Si abroga il COCOPRO con le sue poche tutele, ma resta in vita il COCOCO del tutto privo di tutele.
IL MANCATO SUPERAMENTO DELLE PARTITE XXX XXXXXXX
Anche il superamento delle partite IVA non si realizza. Il decreto si limita a cancellare la norma che, in presenza di particolari presupposti (ma per la verità con molte eccezioni), poteva ricondurre il rapporto a partita IVA ad un contratto di collaborazione a progetto (determinando così l’applicazione delle seppur minime tutele previste per quest’ultimo, prospettiva che ora viene meno).
Si abrogano le pochissime tutele dei contratti a partita IVA, ma resta in vita il contratto a partita IVA.
INDIVIDUAZIONE DELLE COLLABORAZIONI FITTIZIE:
LE COLLABORAZIONI ORGANIZZATE DAL COMMITTENTE
Il provvedimento contiene infine una previsione che, almeno all’apparenza, mirerebbe a ricondurre - a partire dal 1° gennaio 2016 - una parte delle collaborazioni alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato.
La disposizione fa riferimento ai rapporti di collaborazione con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Questa formulazione lascia molti margini di incertezza circa la effettiva possibilità che essa possa tradursi in uno strumento ulteriore, e più efficace rispetto al passato, utile a distinguere le collaborazioni genuine da quelle fittizie. Al contrario, l’interpretazione che sembra prevalere in questa prima fase36 è che l’articolo in questione si limiti a recepire quello che era già il prevalente orientamento della giurisprudenza (ivi compresa la Cassazione). | LE DEROGHE La norma volta alla riconduzione all’area del lavoro subordinato non si applicherà: 1. alle collaborazioni individuate dagli accordi collettivi nazionali in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore;37 2. alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali; 3. alle attività prestate dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni; 4. alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.. Sono inoltre escluse (fino al completo riordino della disciplina dell’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile) le Pubbliche amministrazioni. Dal 1° gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle Pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione aventi natura subordinata. |
LA STABILIZZAZIONE DELLE COLLABORAZIONI ORGANIZZATE DAL COMMITTENTE
L’articolo 54 del D.Lgs. n. 81/2015 contempla un meccanismo di stabilizzazione consistente in una “sanatoria” nei confronti dei datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, procederanno
35 In caso di malattia, infortunio e maternità restano in vita le sole tutele previdenziali, non quelle relative al rapporto di collaborazione.
36 v. anche il “Commento critico al D.Lgs. n. 81/2015” dell’Ufficio giuridico e vertenze della CGIL nazionale (Il Taccuino Anno VIII Numero 110 - 8 luglio 2015).
37 L’esclusione di cui al punto 1. è una novità, mentre le restanti eccezioni erano già inserite nella normativa precedente.
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alla assunzione con contratto a tempo indeterminato di lavoratori in precedenza impiegati illegittimamente con rapporti di lavoro autonomo (contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, partita IVA).
L’assunzione determinerà l’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali (fatti salvi quelli accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data antecedente alla assunzione) a condizione che:
1. i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano (rispetto a tutte le possibili pretese riguardanti il pregresso rapporto di lavoro) atti di conciliazione in una delle sedi “protette” previste: DTL, tribunale, sedi sindacali, commissioni di conciliazione, commissioni di certificazione;
2. nei 12 mesi successivi all’assunzione i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro, salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.
Un’ultima considerazione
Nei casi in cui fosse più evidente l’abuso di una forma di lavoro autonomo (e quindi più elevata la possibilità di successo in caso di ricorso in giudizio da parte del lavoratore), è indubbio il vantaggio offerto attraverso il meccanismo di stabilizzazione di cui all’articolo 54 al datore di lavoro: quest’ultimo si vedrebbe sollevato dalle sanzioni e dal rischio di una conversione a tempo indeterminato (che decorrerebbe dalla data di insorgenza del primitivo rapporto e garantirebbe il “vecchio” articolo 18) e avrebbe comunque la possibilità di licenziare il lavoratore dopo un anno dietro pagamento di una indennità risarcitoria (di regola da 4 a 24 mensilità, fatta salva l’accettazione dell’offerta di conciliazione che può abbassare ulteriormente il risarcimento).
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DISCIPLINA ORGANICA DEI CONTRATTI DI LAVORO E REVISIONE DELLA NORMATIVA IN TEMA DI MANSIONI
TIPOLOGIE CONTRATTUALI ABROGATE - QUADRO DI SINTESI - CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Con questo capitolo si conclude l’illustrazione del “riordino” delle tipologie contrattuali attuato dal Governo attraverso il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 - “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni” (quarto decreto delegato del Jobs Act). La presente scheda è nella sua prima parte dedicata alle forme di lavoro precario abolite dal decreto: | |
l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro (con i limiti e i rischi illustrati di seguito); il lavoro ripartito (c.d. job sharing): abrogazione in questo caso reale e completa (di fatto l’unica), della quale tuttavia anche altri commentatori e lo stesso Governo (v. oltre) hanno sottolineato la scarsa rilevanza (nei 12 anni intercorsi dalla sua introduzione è stato il contratto meno utilizzato dalle aziende). | |
La mancata cancellazione delle tipologie contrattuali più subdole (va qui ricordato che anche le collaborazioni continuative non sono state abolite, contrariamente a quanto promesso dallo stesso esecutivo) basterebbe da sola a smentire che la lotta alla precarietà sia davvero tra le priorità del Governo: in realtà a tale mancata cancellazione si aggiunge l’ulteriore arretramento che il decreto in esame determina su tutte le forme di lavoro “riordinate”. Nella seconda parte del capitolo proponiamo quindi un quadro sintetico del provvedimento e alcune considerazioni, rinviando alle schede già diffuse per i necessari approfondimenti. |
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L’(INCOMPLETA) ABOLIZIONE DELLA
ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DI LAVORO
L’associazione in partecipazione è un contratto con il quale un imprenditore (detto associante) attribuisce ad un altro soggetto (detto associato) la partecipazione agli utili dell’impresa o di uno o più affari, in cambio di un determinato apporto che può consistere anche in una prestazione di lavoro.
persona fisica
Attraverso l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro (nella quale l’associato fornisce il suo lavoro ma riceve un compenso solo se, e nella misura in cui, l’impresa consegue degli utili) si sono realizzate vere proprie forme di sfruttamento.
Il decreto interviene quindi stabilendo che nel caso in cui l’associato sia una
possa consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro.
l’apporto non
È prevista una fase transitoria per i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro in atto al 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto, che sono fatti salvi fino alla loro cessazione.
Il fine dichiarato della modifica legislativa è quello di evitare che attraverso l’associazione in partecipazione si acquisiscano nella realtà prestazioni di lavoro subordinato.
La norma presenta tuttavia un limite.
Come detto, la restrizione si applica solo nel caso in cui l’associato sia una persona fisica: questa limitazione lascia aperta la possibilità che a gruppi di lavoratori si imponga la costituzione di una società (per esempio sotto forma di cooperativa) per ottenere alle stesse condizioni del passato la prestazione lavorativa, continuando ancora una volta ad eludere la normativa e le tutele del lavoro subordinato.
L’ABOLIZIONE DEL LAVORO RIPARTITO (C.D. JOB SHARING)
Con il contratto di lavoro ripartito (detto anche job sharing) due lavoratori si obbligano in solido a fornire la stessa prestazione lavorativa.
Salva diversa intesa tra le parti o differente previsione dei contratti collettivi, i lavoratori possono discrezionalmente e in qualsiasi momento sostituirsi tra loro, come pure modificare la collocazione temporale dell’orario di lavoro.
L’abolizione del lavoro ripartito attraverso il decreto è effettiva e piena: naturalmente non può che derivarne un giudizio positivo, ma le seguenti considerazioni (e la fonte da cui provengono) danno la misura della sua scarsa rilevanza nell’ambito del contrasto alla precarietà diffusa.
Dalla ANALISI DI IMPATTO del decreto predisposta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la valutazione da parte del Governo (allegato alla Relazione illustrativa dello schema di decreto: pagina 27).
“Si è valutata l’ipotesi di conservare alcune tipologie contrattuali, quali il lavoro ripartito (…). Tuttavia tale ipotesi è stata scartata e sì è ritenuto di superare tali tipologie in quanto, relativamente al lavoro ripartito, si è riscontrato lo scarso utilizzo di tale tipologia contrattuale”.
(Da sottolineare tra l’altro che, secondo quanto affermato, se questa tipologia fosse stata ampiamente utilizzata si sarebbero ben guardati dall’abolirla.)
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RIORDINO TIPOLOGIE CONTRATTUALI: QUADRO DI SINTESI:
Il provvedimento interviene sulle seguenti tipologie contrattuali:
1. Lavoro a tempo parziale - 2. Lavoro intermittente - 3. Lavoro a tempo determinato
4. Somministrazione di lavoro - 5. Apprendistato - 6. Lavoro accessorio (Voucher)
7. Collaborazioni coordinate e Partite IVA - 8. Associazione in partecipazione con apporto di lavoro
9. Lavoro ripartito (c.d. job sharing)
Ecco le principali modifiche:
LAVORO A TEMPO PARZIALE
Aumento del potere discrezionale del datore di lavoro in particolare per lavoro supplementare, lavoro straordinario, clausole elastiche
Introduzione del diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro in part time come alternativa alla fruizione del congedo parentale
LAVORO INTERMITTENTE
Introduzione del divieto di utilizzo del contratto intermittente nella Pubblica amministrazione
Non è più prevista l’eventualità che al lavoratore (che non abbia ottemperato all’obbligo di rispondere alla chiamata del datore di lavoro, e che rimane comunque passibile di licenziamento) venga anche richiesto di risarcire il danno.
LAVORO A TEMPO DETERMINATO
Ampliamento delle deroghe rispetto alla soglia del 20% di contratti a termine rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato
Esclusione della possibilità che il superamento della soglia determini la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro eccedente la soglia
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
Liberalizzazione della somministrazione a tempo indeterminato (c.d. staff leasing) prima limitata a specifici ambiti di attività e tipologie di lavoratori
Riduzione dei diritti sindacali dei lavoratori
APPRENDISTATO
Ampliamento della possibilità di assumere in apprendistato anche da parte dei datori di lavoro che non abbiano stabilizzato gli apprendisti assunti in precedenza
Azzeramento/riduzione della retribuzione per le ore di formazione
Nessun ulteriore investimento per sostenere gli ambiziosi obiettivi di integrazione formazione e lavoro in un sistema duale
LAVORO ACCESSORIO (VOUCHER)
Ampliamento della possibilità di utilizzo del lavoro accessorio attraverso l’aumento della soglia di reddito da esso derivante
COLLABORAZIONI CONTINUATIVE - PARTITE IVA
Si abroga il COCOPRO con le sue poche tutele, ma resta in vita il COCOCO del tutto privo di tutele.
Si abrogano le pochissime tutele dei contratti a partita IVA, ma resta in vita il contratto a partita IVA.
ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DI LAVORO
Abolizione della possibilità dell’apporto di lavoro solo da parte di persona fisica
LAVORO RIPARTITO (C.D. JOB SHARING)
Abrogazione
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Da rilevare inoltre, come elemento comune a molti articoli del decreto:
la limitazione rispetto al passato dei diritti di informativa sindacale;
il ridimensionamento del ruolo in precedenza affidato alla contrattazione collettiva;
il tentativo di ridurre definitivamente il peso della contrattazione nazionale a vantaggio di quella di secondo livello attraverso un ricorrente rinvio ai contratti collettivi intesi come accordi nazionali, territoriali o aziendali, con il fine di sovvertire ogni gerarchia tra le norme.
È evidente la responsabilità che ci deriverà di fronte all’esigenza di contrastare le ricadute negative di un provvedimento che consegna spazi ulteriori a chi vorrebbe una contrattazione aziendale sempre più derogatoria e sostitutiva di quella nazionale.
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Il Decreto su
RAZIONALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE E DEGLI ADEMPIMENTI E ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RAPPORTO DI LAVORO E PARI OPPORTUNITÀ
CONTROLLI A DISTANZA: LE NOVITÀ - I RISCHI - LE CAUTELE
Il 24 settembre è entrata in vigore la norma che, stravolgendo l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori, consentirà ai datori di lavoro di effettuare controlli a distanza ingiustificati e invasivi nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Vediamo di che cosa si tratta, quali rischi si corrono e quali cautele è opportuno adottare.
SINTESI DELLA NUOVA DISCIPLINA DEI CONTROLLI A DISTANZA | ||
Impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori | Computer, tablet, telefonini messi dall’azienda a disposizione dei dipendenti | Badge e altri strumenti per misurare accessi e presenze al lavoro |
NECESSARIO Accordo sindacale, o (in mancanza) Autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o del Ministero del lavoro | NON SONO NECESSARI NÉ ACCORDO SINDACALE NÉ AUTORIZZAZIONE DELLA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO O DEL MINISTERO DEL LAVORO | |
Le informazioni raccolte potranno essere utilizzate “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”. |
Per l’installazione di “impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori” anche in futuro continuerà ad essere necessario l’accordo sindacale previsto in precedenza.
Tuttavia, qualora l’accordo non fosse raggiunto, è stata ampliata la possibilità per il datore di lavoro di ottenere comunque l’autorizzazione all’installazione.
In passato, in assenza di accordo sindacale, era infatti stabilito l’intervento della Direzione territoriale del lavoro (DTL), che - a tutela dei lavoratori - aveva la facoltà di dare indicazioni circa le modalità di utilizzo delle apparecchiature.
D’ora in avanti - in caso di imprese con unità produttive situate in più province e/o regioni - l’azienda si rivolgerà direttamente al Ministero del lavoro che, immaginiamo, rilascerà un assenso prettamente burocratico.
Soprattutto:
Fino ad ieri le rappresentanze sindacali dopo l’autorizzazione della DTL (qualora avessero ravvisato una violazione del divieto di controllo a distanza) avrebbero potuto presentare ricorso.
Ora questa possibilità non è più prevista.
IMPIANTI AUDIOVISIVI (TELECAMERE)
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Ma BEN PIÙ GRAVI sono le novità introdotte in relazione all’uso di COMPUTER, TABLET, TELEFONINI, GPS aziendali vale a dire gli “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”.
Per tali strumenti, a seguito del decreto, “l’accordo sindacale o l’autorizzazione ministeriale non sono necessari … pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore”38.
VIENE QUINDI CANCELLATA OGNI EFFETTIVA POSSIBILITÀ DI INTERVENTO DA PARTE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI PROPRIO NELL’AMBITO IN CUI POSSONO REALIZZARSI I CONTROLLI PIÙ SUBDOLI E INVASIVI.
Le informazioni raccolte potranno essere utilizzate “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” (comprese naturalmente le sanzioni disciplinari fino al licenziamento).
COMPUTER, TABLET, TELEFONINI & C.
Si tratta di un provvedimento gravissimo, in contrasto con le più recenti indicazioni europee secondo le quali è necessario ridurre il rischio di violazione di diritti e libertà fondamentali dei lavoratori e, in particolare, il loro diritto alla privacy. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha richiamato la Convenzione dei Diritti dell’Uomo che assicura il diritto alla “vita privata”, includendo al suo interno le attività lavorative, e ha indicato, tra le cautele da adottare:
la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori prima dell’adozione o della modifica di qualsiasi sistema di monitoraggio;
l’obbligo di consultazione dei Garanti nazionali della privacy.
CHE COSA PENSA L’EUROPA?
In Italia il Garante della privacy, prima che il decreto fosse approvato in via definitiva, aveva colto il rischio che si realizzasse “una indebita profilazione delle persone che lavorano” e aveva quindi auspicato che il provvedimento sapesse “ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo”. “Occorre sempre di più coniugare l’esigenza di efficienza delle imprese con la tutela dei diritti”, aveva ulteriormente precisato.
Inviti puntualmente caduti nel vuoto.
LA POSIZIONE DEL GARANTE DELLA PRIVACY
La “filosofia” che si vuole affermare è quella che pretende di affidare tutte le questioni inerenti al lavoro alle imprese, estromettendo qualsiasi soggetto a cui il lavoratore prima poteva rivolgersi a tutela dei propri diritti, a partire dal Sindacato (non a caso oggetto di continui tentativi di delegittimazione e denigrazione). Si vuole far diventare il datore di lavoro depositario di un potere assoluto: dare il lavoro e toglierlo39, dare le mansioni e cambiarle40, decidere se, come e chi controllare41.
Adesso sì che il Paese è moderno!
38 Dalla Relazione illustrativa del Governo
39 D.Lgs. n. 23/2015 sul cosiddetto contratto a tutele crescenti, in vigore dal 7 marzo 2015
40 D.Lgs. n. 81/2015 contenente la revisione della disciplina delle mansioni (demansionamenti), in vigore dal 25 giugno 2015
41 D.Lgs. n. 151/2015 contenente disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in vigore dal 24 settembre 2015
Sono tutti decreti attuativi del Jobs Act.
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Il Decreto sugli
AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO
LA CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI
In data 24 settembre 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 148/2015, riguardante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro”. Il provvedimento si compone di 4 titoli: TITOLO I TRATTAMENTI DI INTEGRAZIONE SALARIALE che contiene le norme relative alla riforma della Cassa integrazione guadagni, a cui è dedicato questo capitolo TITOLO II FONDI DI SOLIDARIETÀ TITOLO III CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ ESPANSIVA TITOLO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Quella che segue è una illustrazione complessiva delle norme che regoleranno la Cassa integrazione, illustrazione nella quale prevale l’esposizione tecnica e schematica, mentre pochissimo spazio è riservato alle valutazioni, spesso affidate a simboli grafici, inseriti per mettere | ||
in evidenza con immediatezza le modifiche positive o negative alle norme precedenti | ||
o al contrario gli aspetti che rimangono invariati. | ||
Per una valutazione complessiva riportiamo qui la seguente affermazione: «La logica che pervade il riordino degli ammortizzatori va nella direzione di una stretta sul loro utilizzo.»: giudizio espresso non dai soliti gufi della CGIL, ma apparso sull’autorevole “Il Sole 24 Ore” venerdì 10 settembre 2015. |
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NORME GENERALI COMUNI
SIA ALLA CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA SIA ALLA STRAORDINARIA
LAVORATORI BENEFICIARI:
Sono destinatari dei trattamenti di integrazione salariale i lavoratori subordinati compresi gli app (questi ultimi se assunti con contratto di apprendistato professionalizzante e con le limitazioni di cui al paragrafo relativo): l’estensione agli apprendisti costituisce una novità positiva, per quanto marginale. | rendisti |
Esclusioni: dirigenti lavoratori a domicilio |
REQUISITO:
Anzianità di almeno 90 giorni presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento. Il requisito dell’anzianità (riferito in precedenza all’impresa e non all’unità produttiva e quindi ora più restrittivo) era in passato previsto solo per la CIGS: ora è esteso alla Cassa ordinaria; non è richiesto solo nel caso di CIGO per eventi oggettivamente non evitabili nel settore industriale. |
In caso di cambio di appalto è riconosciuta l’anzianità precedente.
APPRENDISTI:
Se dipendenti di impresa con sola CIGS, possono beneficiare soltanto della CIGS per crisi aziendale. Se dipendenti di impresa con sola CIGO, o con CIGO e CIGS, possono beneficiare soltanto della CIGO.
Alla ripresa dell’attività lavorativa l’apprendistato è prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di CIG fruite.
MISURA | Pressoché |
Il trattamento di integrazione salariale ammonta all’80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, con massimali.
L’importo è assoggettato al prelievo contributivo del 5,84%.
Massimali (per il 2015)42:
Retribuzione | Importo lordo | Importo al netto del prelievo del 5,84% (è ulteriormente assoggettato alle trattenute IRPEF) |
Inferiore o uguale a 2.102,24 | 971,71 | 914,96 |
Superiore a 2.102,24 | 1.167,91 | 1.099,70 |
Settore edile e lapideo
I massimali sono aumentati del 20% per i trattamenti concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali e risultano quindi i seguenti:
Retribuzione | Importo lordo | Importo al netto del prelievo del 5,84% (è ulteriormente assoggettato alle trattenute IRPEF) |
Inferiore o uguale a 2.102,24 | 1.166,05 | 1.097,95 |
Superiore a 2.102,24 | 1.401,49 | 1.319,64 |
I massimali non si applicano in caso di CIGO concessa nel settore agricolo per intemperie stagionali.
42 Importi rivalutati annualmente
Alessandria
In caso di malattia il decreto prevede l’erogazione dell’integrazione salariale: occorrerà verificare se saranno confermati i precedenti orientamenti secondo cui si continuava a garantire il trattamento di malattia se la stessa era insorta prima del periodo di CIG e non vi era una sospensione totale dell’attività lavorativa nel reparto di appartenenza.
Ai lavoratori in CIG spetta l’assegno per il nucleo familiare.
DURATA MASSIMA COMPLESSIVA |
Per ciascuna unità produttiva il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Utilizzando la CIGS per causale contratto di solidarietà tale limite complessivo può essere portato a 36 mesi (v. oltre).
Nel settore edile43 (in considerazione della sua specificità ritenuta scarsamente compatibile con i contratti di solidarietà) la durata massima complessiva della Cassa ordinaria e straordinaria è stabilito in 30 mesi per ciascuna unità produttiva.
Si riduce quindi drasticamente la durata complessiva (riferita tra l’altro non più a un quinquennio fisso ma mobile): il limite di 36 mesi era infatti ulteriormente elevabile in caso di prolungamento del contratto di solidarietà e nei casi di CIGS per riorganizzazione aziendale “complessa”.
CONTRIBUTO ADDIZIONALE DOVUTO DAL DATORE DI LAVORO |
A carico delle imprese che presentano domanda di CIG il contributo addizionale44 viene sensibilmente aumentato e commisurato alla durata dell’intervento concesso in un quinquennio mobile: si incrementano infatti la base di calcolo (costituita ora dalla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, anziché sull’integrazione salariale pagata) e le percentuali:
9% fino a 52 settimane,
12% oltre le 52 settimane e fino a 104,
15% oltre le 104 settimane45.
Il contributo addizionale è ora previsto anche per il ricorso ai contratti di solidarietà.
Il Governo con il consueto paternalismo ha definito la scelta “un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese”. In realtà si tratta di una misura destinata a disincentivare il ricorso alla Cassa, con il rischio di favorire l’espulsione dei lavoratori (rischio ancora più marcato proprio in quelle imprese a cui difetta la c.d. responsabilità sociale d’impresa).
CONTRIBUZIONE FIGURATIVA |
La contribuzione figurativa è riconosciuta in base alla retribuzione globale del lavoratore.
MODALITÀ DI EROGAZIONE | Pressoché |
Il pagamento è effettuato dall’impresa (e a questa successivamente rimborsato dall’INPS).
In presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa può essere autorizzato il pagamento diretto da parte dell’INPS.
43 Il riferimento è alle imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini, imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo, imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione.
44 Il contributo addizionale continua a non essere dovuto per gli interventi concessi per eventi oggettivamente non evitabili.
45 Percentuali precedenti (calcolo sull’integrazione salariale corrisposta al lavoratore): 4% datori di lavoro fino a 50 dipendenti - 8% datori di lavoro oltre 50 dipendenti
Alessandria
CONDIZIONALITÀ E POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO
In caso di sospensione/riduzione superiore al 50% i lavoratori devono essere convocati dal centro per l’impiego per stipulare il patto di servizio personalizzato previsto dal decreto sulle politiche attive (D.Lgs. n. 150/2015). La pretesa di mettere in campo iniziative di politica attiva per questa platea di lavoratori stride con l’inadeguatezza dell’intero sistema nei confronti di milioni di disoccupati. |
Altra attività lavorativa
In caso di svolgimento di altra attività lavorativa, autonoma o subordinata, non si ha diritto all’integrazione salariale. Vige l’obbligo di comunicazione preventiva all’INPS (pena la decadenza dal trattamento): in realtà nel caso di lavoro subordinato tale obbligo è assolto dalla comunicazione effettuata dal datore di lavoro al centro per l’impiego; è comunque preferibile effettuare la comunicazione per evitare di percepire quote non spettanti di integrazione salariale che andrebbero successivamente restituite.
In passato erano stati previsti alcuni casi di cumulabilità tra l’integrazione salariale e l’attività lavorativa46; occorrerà verificare che i medesimi criteri siano confermati per il futuro.
I lavoratori in CIG possono effettuare prestazioni di lavoro accessorio (remunerato attraverso i voucher) nel limite di un compenso annuo di € 3.000 - lordo € 4.000 (per compensi superiori non è consentito il cumulo).
INTEGRAZIONI SALARIALI ORDINARIE
CIGO: CAMPO DI APPLICAZIONE | Pressoché |
Rimane sostanzialmente invariato il campo di applicazione nel quale vengono inserite solo le “imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica”, peraltro accogliendo quello che era già l’orientamento prevalente della giurisprudenza.
Quindi possono fare ricorso alla CIGO:
imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell’energia, acqua e gas;
cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal DPR n. 602/1970;
imprese dell’industria boschiva, forestale e del tabacco;
cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola cinematografica;
imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi;
imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato;
imprese addette agli impianti elettrici e telefonici;
imprese addette all’armamento ferroviario;
imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica;
imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini;
imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo;
imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione.
46 Per esempio al lavoratore in CIG in relazione ad attività lavorativa con orario da lunedì a venerdì era consentito lavorare come cameriere il sabato e la domenica.
Alessandria
CIGO: CAUSALI | Pressoché |
Sostanzialmente immutate anche le causali di ricorso alla CIGO, consistenti in:
situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
situazioni temporanee di mercato.
CIGO: DURATA
Durata massima 13 settimane prorogabile trimestralmente fino a 52 settimane Come in precedenza, in caso di fruizione per 52 settimane consecutive, una nuova domanda può essere presentata solo quando sia trascorso un periodo di almeno 52 settimane di normale attività lavorativa. In caso di fruizione non consecutiva il limite è comunque di 52 settimane in un biennio mobile. Tali limiti non si applicano in caso di eventi oggettivamente non evitabili (ad eccezione dei trattamenti richiesti da imprese del settore edile e lapideo). |
Continua ad essere adottato il precedente criterio di computo, basato sul conteggio delle singole giornate di Cassa, per cui si considera usufruita una settimana dopo 5 (in caso di settimana corta) o 6 giornate di sospensione del lavoro.
Ulteriore limite Oltre alla durata, è stato introdotto un ulteriore limite: non saranno autorizzate ore di integrazione salariale ordinaria eccedenti il limite di 1/3 delle ore lavorabili nel biennio mobile, con riferimento a tutti i lavoratori dell’unità produttiva mediamente occupati nel semestre precedente la domanda di integrazione salariale. «L’effetto principale sarà che le durate massime “teoriche” sopra descritte, nella pratica, si rid notevolmente per via di questo principio» (Il Sole 24 Ore - 10/09/2015) | urranno |
CIGO: CONTRIBUTO ORDINARIO DOVUTO DAL DATORE DI LAVORO
Il contributo ordinario (calcolato in percentuale sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali) si riduce rispetto al passato del 10% circa47. Tale misura non sarebbe di per sé negativa se non fosse compensata dal rilevante incremento del contributo addizionale a carico delle aziende che decidono di fare ricorso agli ammortizzatori sociali (v. sopra).
CIGO: INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE SINDACALE | Pressoché |
Sussiste l’obbligo di comunicazione preventiva a RSA o RSU e al sindacato territoriale (in precedenza la comunicazione al sindacato territoriale era prevista solo in assenza di rappresentanza aziendale ) sui seguenti aspetti (invariati):
cause,
entità e durata prevedibile,
47 1,70% imprese industriali che occupano fino a 50 dipendenti (precedente 1,90%); 2,00% imprese industriali che occupano oltre 50 dipendenti (precedente 2,20%); 4,70% operai delle imprese dell’industria e artigianato edile (precedente 5,20%); 3,30% operai delle imprese dell’industria e artigianato lapidei (precedente 3,70%);
1,70% impiegati e quadri delle imprese dell’industria e artigianato edile e lapidei che occupano fino a 50 dipendenti (precedente 1,90%);
2,00% impiegati e quadri delle imprese dell’industria e artigianato edile e lapidei che occupano oltre 50 dipendenti (precedente 2,20%).
Alessandria
numero dei lavoratori interessati.
Esame congiunto e durata procedura
Sono confermate le previsioni in tema di esame congiunto e i relativi termini (calcolati dalla data della comunicazione) entro i quali deve esaurirsi la procedura:
imprese fino a 50 dipendenti 10 giorni
imprese oltre 50 dipendenti 25 giorni
Anche per i casi di eventi oggettivamente non evitabili che non consentono di rinviare la sospensione o la riduzione dell’attività, la norma è invariata (non obbligatorietà della comunicazione preventiva; per sospensione/riduzione superiore alle 16 ore settimanali esame congiunto entro 3 giorni e conclusione della procedura entro i 5 giorni successivi).
Settore edile e lapideo
Come in precedenza, la procedura di consultazione sindacale non è prevista per la CIG del settore edile e lapideo ad eccezione delle richieste di proroga oltre le prime 13 settimane consecutive.
CIGO: PROCEDIMENTO
Vengono significativamente ridotti i termini di presentazione della domanda all’INPS (entro 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa).
Si continua a prevedere che in caso di danno per il lavoratore, dovuto a ritardo o mancata comunicazione, la corresponsione di una somma corrispondente all’integrazione è a carico dell’impresa.
Dal 1° gennaio 2016 la CIGO sarà concessa dalla sede dell’INPS territorialmente competente anziché dalla
Commissione provinciale, che viene quindi soppressa.
INTEGRAZIONI SALARIALI STRAORDINARIE
«Si semplifica il quadro della Cassa integrazione straordinaria, ma si restringono le durate di utilizzo così come viene introdotto un tetto massimo alle ore autorizzabili» (Il Sole 24 Ore - 10/09/2015)
CIGS: CAMPO DI APPLICAZIONE | Pressoché |
È sostanzialmente confermato il campo di applicazione già esistente, sia per quanto riguarda i settori, sia per quanto riguarda le classi dimensionali (per stabilire il numero dei dipendenti si prevede di fare riferimento al dato medio del semestre precedente inclusi gli apprendisti e i dirigenti).
Non si ha quindi alcun ampliamento della Cassa integrazione e la presunta estensione delle tutele è affidata ai Fondi di solidarietà (illustrati nel prossimo capitolo).
La CIGS continuerà quindi ad applicarsi a:
Imprese elencate di seguito con PIÙ DI 15 DIPENDENTI:
imprese industriali, anche xxxxx e xxxxxx;
imprese artigiane in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell’attività dell’impresa che esercita l’influsso gestionale prevalente;
imprese appaltatrici di servizi di mensa, di ristorazione, o di pulizia, in conseguenza di ricorso alla CIG da parte dell’azienda appaltante;
imprese dei settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile;
imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e loro consorzi;
imprese di vigilanza.
Imprese elencate di seguito con PIÙ DI 50 DIPENDENTI:
imprese esercenti attività commerciali, comprese quelle della logistica;
Alessandria
agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici.
Imprese elencate di seguito A PRESCINDERE DAL NUMERO dei dipendenti:
imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché imprese del sistema aereoportuale;
partiti e movimenti politici e loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali (entro limiti di spesa determinati) a condizione che risultino iscritti nel registro dei partiti politici.
Si conferma la disciplina precedente per l’editoria (per es. non richiesto limite dimensionale) e per le aziende in amministrazione straordinaria (durata della CIGS prorogata sino al termine dell’attività del Commissario).
CIGS: CAUSALI |
riorganizzazione aziendale (che include anche la ristrutturazione e riconversione dell’azienda);
crisi aziendale, per cui si conferma l’esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione
dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa;
contratto di solidarietà (CDS).
In deroga al principio in base al quale la CIGS non viene concessa in caso di cessazione dell’attività produttiva, nel caso tale cessazione si realizzi al termine del programma di crisi, ma sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale, in sede ministeriale può ancora essere autorizzata la CIGS nel limite di spesa annuo di 50 milioni per gli anni 2016 (max 12 mesi), 2017 (max 9 mesi) e 2018 (max 6 mesi).
Come in precedenza, non può essere richiesta la CIGS per le unità produttive per le quali sia stata richiesta, con riferimento agli stessi periodi e per causali sostanzialmente coincidenti, la CIGO.
I contratti di solidarietà difensivi cessano di essere disciplinati da una normativa specifica per rientrare nel campo di applicazione della CIGS (sia pure con alcune specificità).
Ne deriva una riduzione dell’integrazione salariale (che viene assoggettata ai massimali della Cassa integrazione) e della durata (massimo 36 mesi contro il precedente limite di 48 mesi).
La riduzione media oraria complessiva non può essere superiore al 60% dell’orario dei lavoratori interessati.
Per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione dell’orario di lavoro non può eccedere il 70% calcolato sull’intero periodo del contratto di solidarietà.
Il trattamento retributivo perso va determinato non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nei 6 mesi antecedenti la stipula del contratto di solidarietà. Il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.
Gli accordi devono specificare le modalità con cui l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto.
CIGS: DURATA (IN BASE ALLE CAUSALI)
Riorganizzazione aziendale | 24 mesi (in precedenza dopo i primi 24 mesi era prevista la possibilità di 2 proroghe per 12 mesi ciascuna per programmi di particolare complessità per motivi tecnici o rilevanti per l’occupazione) |
Crisi aziendale | 12 mesi: nuova autorizzazione concedibile solo dopo un periodo pari a 2/3 del periodo di CIGS (invariato) |
Alessandria
Contratto di solidarietà | 24 mesi; può raggiungere 36 mesi se è l’unica causale utilizzata nel quinquennio mobile (la durata del CDS è computata per metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente, salvo che nel settore edile). Il limite di 36 mesi può quindi essere raggiunto nelle seguenti ipotesi: 12 mesi di CIGO+24 mesi di CDS 12 mesi di CIGS (es. crisi)+24 mesi di CDS 36 mesi di CDS |
Ulteriore limite Per le causali di riorganizzazione aziendale e crisi aziendale, a partire dal 24 settembre 2017 (decorsi 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto) non saranno autorizzate sospensioni del lavoro eccedenti il limite dell’80% delle ore lavorabili nell’unità produttiva. In pratica viene introdotto il divieto della Cassa a zero ore per tutto il personale per tutto il periodo a partire dal 24/09/2017. |
Per i limiti di riduzione dell’orario per i contratti di solidarietà v. sopra.
CIGS: CONTRIBUTO ORDINARIO (DEL DATORE DI LAVORO E DEL LAVORATORE) | Pressoché |
0,60% a carico del datore di lavoro
0,30% a carico del lavoratore
(v. anche contributo addizionale in caso di utilizzo)
CIGS: INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE SINDACALE | Pressoché |
Rispetto all’obbligo di comunicazione preventiva a RSA o RSU e al sindacato territoriale (in precedenza la comunicazione al sindacato territoriale era prevista solo in assenza di rappresentanza aziendale ), le imprese interessate saranno tenute a comunicare solo le cause di sospensione o di riduzione dell’attività,
l’entità e la durata prevedibile della CIGS, il numero dei lavoratori coinvolti, e non più i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione. |
Come in precedenza, entro 3 giorni dalla comunicazione il datore di lavoro o gli organismi sindacali aziendali presentano la domanda di esame congiunto al competente ufficio della Regione o al Ministero del lavoro (a seconda che l’intervento riguardi unità produttive ubicate in una sola regione o in più regioni).
Accanto agli aspetti che già in passato dovevano essere oggetto dell’esame congiunto (tra cui si ricorda l’importanza delle modalità della rotazione tra i lavoratori o le ragioni tecnico-organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione), dovranno essere analizzate:
le ragioni che rendono non praticabili forme alternative di riduzioni di orario,
la coerenza dei criteri di scelta dei lavoratori da sospendere con le ragioni per cui è richiesto l’intervento. Salvo che per le imprese edili e affini, le parti devono espressamente dichiarare la non percorribilità della causale di contratto di solidarietà.
Durata della procedura
imprese fino a 50 dipendenti 10 giorni
imprese oltre 50 dipendenti 25 giorni
Il mancato rispetto delle modalità di rotazione è sanzionato con un incremento della contribuzione addizionale (definito da un successivo decreto interministeriale).
CIGS: PROCEDIMENTO |
La domanda va presentata al Ministero e alla DTL entro 7 giorni dal termine della procedura di consultazione
Alessandria
sindacale o dalla data di stipula dell’accordo collettivo (va unito l’elenco nominativo dei lavoratori interessati). Per le CIGS richieste dal 1° novembre 2015 la sospensione o la riduzione dell’orario decorre non prima del 30° giorno successivo alla data di presentazione della domanda.
Al pari della CIGO si riduce quindi il termine per la domanda (in precedenza 25° giorno dalla fine del periodo di paga in corso al termine della settimana in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione di orario, ridotto a 20 giorni dalla sospensione per le CIGS a pagamento diretto) e si pone un’ulteriore restrizione rispetto alla decorrenza (non prima del 30° giorno dalla domanda).
«Si tratta di un aspetto che potrebbe rivelarsi penalizzante, considerando che coinvolge imprese già in crisi e che imporrà una programmazione più oculata nell’accesso a queste procedure.» (Il Sole 24 Ore - 10/09/2015)
Anche per la CIGS si continua a prevedere che in caso di danno per il lavoratore, dovuto a ritardo o mancata
comunicazione, la corresponsione di una somma corrispondente all’integrazione è a carico dell’impresa. Diventa possibile richiedere la CIGS per tutto il periodo ritenuto necessario.
Il decreto ministeriale di concessione sarà adottato entro 90 giorni dalla presentazione della domanda.
È stabilito un unico controllo da parte della DTL 3 mesi prima della fine del periodo di CIGS per accertare lo svolgimento del programma presentato dall’impresa.
L’impresa, sentito il Sindacato, può chiedere una modifica del programma nel corso del suo svolgimento.
FASE TRANSITORIA
Le nuove regole si applicano solo ai trattamenti richiesti a decorrere dall’entrata in vigore del decreto.
Ai trattamenti pregressi si applicano le norme previgenti, e le durate si computano (ai fini del limite massimo di durata complessiva nel quinquennio mobile) solo per il periodo successivo all’entrata in vigore del decreto. Anche gli accordi sindacali conclusi prima dell’entrata in vigore del decreto (anche se la Cassa non è ancora stata autorizzata) restano validi anche qualora prevedano durate maggiori.
I periodi fruiti dall’entrata in vigore del decreto si computano però ai fini dei nuovi limiti, mentre nel nuovo quinquennio mobile non si computano i periodi fruiti in passato.
Per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale (il cui piano industriale abbia previsto l’utilizzo di trattamenti straordinari di integrazione salariale oltre i limiti di durata previsti dal decreto) entro il limite di spesa di 90 milioni di euro per l’anno 2017 e di 100 milioni di euro per l’anno 2018, può essere autorizzata, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la prosecuzione dei trattamenti di integrazione salariale per la durata e alle condizioni certificate da un’apposita commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Alessandria
Il Decreto sugli
AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI RAPPORTO DI LAVORO
FONDI DI SOLIDARIETÀ E ALTRE MISURE
In data 24 settembre 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 148/2015, riguardante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro”, il quinto tra gli otto decreti attuativi del c.d. Jobs Act ad oggi emanati.
Il provvedimento si compone di 4 titoli:
TITOLO I
TITOLO II
TITOLO III
TITOLO IV
TRATTAMENTI DI INTEGRAZIONE SALARIALE che contiene le norme relative alla riforma della Cassa integrazione guadagni, a cui è dedicato il capitolo precedente
FONDI DI SOLIDARIETÀ
CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ ESPANSIVA DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
La presente nota conclude l’illustrazione del provvedimento, con la sintesi delle disposizioni riguardanti i Fondi di solidarietà e i contratti di solidarietà espansiva, nonché degli interventi su temi già oggetto di precedenti decreti attuativi del Jobs Act (conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro e misure in caso di disoccupazione involontaria).
I FONDI DI SOLIDARIETÀ
GENERALITÀ
I Fondi di solidarietà sono lo strumento attraverso il quale viene realizzata la presunta e sbandierata estensione degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, a fronte della “stretta” operata sul sistema della Cassa integrazione.
Il decreto stabilisce l’estensione dei Fondi di solidarietà per tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione della CIG, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (in precedenza l’obbligo era previsto in relazione ai datori di lavoro con più di 15 dipendenti).
La normativa si applica anche agli apprendisti in apprendistato professionalizzante.
Tutti i Fondi istituiti dal provvedimento hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità.
Il modello delineato dal decreto è sintetizzato nello schema della pagina seguente:
Alessandria
FONDO DI SOLIDARIETÀ RESIDUALE
dal 1° gennaio 2016
FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE
FONDO DI SOLIDARIETÀ BILATERALI ALTERNATIVI
ARTIGIANATO - SOMMINISTRAZIONE
FONDI DI SOLIDARIETÀ
(TITOLO II D.Lgs. n. 148/2015)
FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI
I FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI - ART. 26
Il decreto prevede l’obbligo di stipulare accordi sindacali per la costituzione di Fondi di solidarietà bilaterali per tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione della CIGO o della CIGS, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti.
Alla stipula dell’accordo sindacale deve seguire entro 90 giorni l’emanazione del decreto interministeriale istitutivo del Fondo. I Fondi così costituiti sono gestioni presso l’INPS.
Il termine per la stipula degli accordi sindacali istitutivi dei Fondi è fissato nel 31 dicembre 2015. Entro la stessa data i Fondi già esistenti48 dovranno adeguarsi alle disposizioni del decreto: in caso di mancata stipula degli accordi (per la costituzione dei Fondi o per il loro adeguamento) i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti confluiranno dal 1° gennaio 2016 nel Fondo di integrazione salariale (ex Fondo residuale - v. oltre).
PRESTAZIONI DEI FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI
I Fondi devono assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste per il ricorso alla CIG, consistente in un ASSEGNO ORDINARIO di importo almeno pari all’integrazione salariale (quindi almeno 80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, con i massimali previsti per la CIG).
La durata massima di tale prestazione deve essere compresa fra le 13 settimane in un biennio mobile e la durata massima prevista per la CIGO e la CIGS in relazione alla causale indicata.
Ulteriori prestazioni (facoltative):
prestazioni integrative agli ammortizzatori sociali già previsti dalla legge (sia durante il rapporto di lavoro che in caso di disoccupazione);
assegno straordinario per coloro che maturino i requisiti per la pensione entro i 5 anni successivi;
finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale.
In relazione alla possibilità che i Fondi eroghino prestazioni aggiuntive alla CIG, il decreto ha previsto che Fondi di solidarietà bilaterali possano essere istituiti anche per ambiti coperti dalla Cassa integrazione.
CONTRIBUZIONE
L’aliquota complessiva della contribuzione ordinaria è definita dagli accordi collettivi e ripartita come segue:
48 Credito ABI, Credito cooperativo, Imprese di assicurazioni, Riscossione, Poste
Alessandria
2/3 a carico del datore di lavoro,
1/3 a carico dei lavoratori.
In caso di utilizzo è dovuto un contributo addizionale che sarà stabilito dai decreti ministeriali in misura almeno pari all’1,50% della retribuzione persa.
L’eventuale erogazione dell’assegno straordinario (che costituisce una forma di accompagnamento alla pensione) è interamente a carico dell’azienda, così come la contribuzione ad esso correlata.
I FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI ALTERNATIVI - ART. 27
Nei settori dell’artigianato e della somministrazione di lavoro è prevista la possibilità di un sistema alternativo al precedente, in cui i Fondi già istituiti possono rimanere bilaterali “puri” (anziché diventare gestioni presso l’INPS), sia pure con una vigilanza pubblica.
Tale possibilità è subordinata all’adeguamento alle disposizioni del decreto entro il 31 dicembre 2015.
PRESTAZIONI DEI FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI ALTERNATIVI (ANCHE SOLO UNA FRA LE DUE)
ASSEGNO ORDINARIO di importo almeno pari all’integrazione salariale (quindi almeno 80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, con i massimali previsti per la CIG) - durata massima compresa fra le 13 settimane in un biennio mobile e la durata massima prevista per la CIGO e la CIGS in relazione alla causale indicata
e/o
ASSEGNO DI SOLIDARIETÀ, per un periodo minimo di 26 settimane (misura sostitutiva dei contratti di solidarietà di tipo B, ossia quelli stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS) - v. oltre
In mancanza di adeguamento dei Fondi esistenti alle disposizioni del decreto entro il termine del 31/12/2015, i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti confluiranno dal 1° gennaio 2016 nel Fondo di integrazione salariale (ex Fondo residuale - v. oltre) e potranno richiederne le prestazioni per gli eventi di sospensione o riduzione del lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016.
CONTRIBUZIONE
L’aliquota complessiva della contribuzione ordinaria non può essere inferiore allo 0,45% della retribuzione lorda (percentuale che include sia la quota a carico del datore di lavoro sia quella a carico del lavoratore: la ripartizione deve essere definita dagli accordi sindacali).
Per il settore della somministrazione la contribuzione può essere effettuata stornando una quota (almeno pari allo 0,30% della retribuzione lorda) della contribuzione del 4% già versata al fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori in somministrazione.
In caso di utilizzo è dovuto un contributo addizionale che sarà stabilito dai decreti ministeriali in misura almeno pari all’1,50% della retribuzione persa.
FONDO DI SOLIDARIETÀ RESIDUALE
(DAL 1-GEN-2016 FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE) - ARTT. 28 E 29
Il Fondo di solidarietà residuale è il Fondo che opera per tutti i settori i quali:
non rientrano nell’ambito di applicazione della CIGO e della CIGS
e
Alessandria
non hanno costituito Fondi di solidarietà bilaterali.
A partire dal 1° gennaio 2016 il Fondo residuale assumerà la denominazione di Fondo di integrazione salariale (FIS) e riguarderà i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti e non sono coperti dalla CIG, nel caso non abbiano costituito Fondi di solidarietà bilaterali.
PRESTAZIONI DEL FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE
datori di lavoro FINO A 15 DIPENDENTI:
ASSEGNO DI SOLIDARIETÀ (per datori di queste dimensioni può essere richiesto a partire dal 1° luglio 2016) - v. oltre
datori di lavoro CON PIÙ DI 15 DIPENDENTI:
ASSEGNO DI SOLIDARIETÀ - v. oltre
ASSEGNO ORDINARIO (durata massima 26 settimane in un biennio mobile) in relazione alle causali previste per la CIGO e la CIGS
Limiti di utilizzo delle prestazioni:
Oltre all’obbligo di garantire l’equilibrio di bilancio, è previsto un ulteriore limite all’utilizzo delle prestazioni in rapporto ai contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro, come risulta dalla tabella che segue:
Anno | Limite alle prestazioni erogate a ciascun datore di lavoro in rapporto ai contributi ordinari dovuti |
2016 | Nessun limite |
2017 | 10 volte i contributi |
2018 | 8 volte i contributi |
2019 | 7 volte i contributi |
2020 | 6 volte i contributi |
2021 | 5 volte i contributi |
A partire dal 2022 | 4 volte i contributi |
REQUISITO
Dal 1° gennaio 2016 anzianità in capo al lavoratore di almeno 90 giorni presso l’unità produttiva per la quale è richiesto il trattamento
CONTRIBUZIONE
Contribuzione ordinaria:
0,45% datori di lavoro FINO A 15 DIPENDENTI
0,65% datori di lavoro OLTRE 15 DIPENDENTI
In caso di utilizzo è dovuto un contributo addizionale pari al 4% della retribuzione persa.
L’ASSEGNO DI SOLIDARIETÀ (MISURA PREVISTA DAI FONDI ALTERNATIVI E DAL FIS)
L’ASSEGNO DI SOLIDARIETÀ è la prestazione (sostitutiva dei contratti di solidarietà di tipo B ossia quelli stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, la cui disciplina è abrogata dal 1° luglio 2016) erogata dal Fondo di integrazione salariale (a decorrere dal 1° gennaio 2016 o dal 1° luglio 2016 -
v. oltre).
È subordinato alla stipula di accordi sindacali aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare licenziamenti plurimi individuali per ragioni economiche. Non vi si può quindi fare ricorso se l’eccedenza dichiarata è relativa a un solo lavoratore.
Alessandria
Tale circostanza ha evidentemente una valenza fortemente negativa considerato che la disciplina dei Fondi riguarda anche le micro-imprese (media dipendenti a partire dalle 6 unità) in cui non si potrà ricorrere a questa misura per evitare il licenziamento di un solo lavoratore.
La prestazione potrà essere utilizzata per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi:
dal 1° gennaio 2016 per datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti,
dal 1° luglio 2016 per datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti. Durata
Periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile
Misura
Stesso importo dell’integrazione salariale per i casi di CIG: 80% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, con massimali.
L’importo è assoggettato al prelievo contributivo del 5,84%.
Massimali (per il 2015)49:
Retribuzione | Importo lordo | Importo al netto del prelievo del 5,84% (è ulteriormente assoggettato alle trattenute IRPEF) |
Inferiore o uguale a 2.102,24 | 971,71 | 914,96 |
Superiore a 2.102,24 | 1.167,91 | 1.099,70 |
Gli accordi collettivi aziendali individuano i lavoratori interessati dalla riduzione oraria.
La riduzione media oraria complessiva non può essere superiore al 60% dell’orario dei lavoratori interessati. Per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione dell’orario di lavoro non può eccedere il 70% calcolato sull’intero periodo del contratto di solidarietà.
Gli accordi devono specificare le modalità con cui l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto.
La domanda va presentata all’INPS entro 7 giorni dalla data di stipula dell’accordo (va unito l’elenco nominativo dei lavoratori interessati anche per l’eventuale coinvolgimento in iniziative di politica attiva).
Dal 1° luglio 2016 sono abrogate le norme relative ai contratti di solidarietà di tipo B.
Nei due schemi seguenti sono sintetizzate le prestazioni e le contribuzioni per i diversi modelli di Fondo previsti dal decreto:
PRESTAZIONI
Assegno ordinario
Eventuali prestazioni aggiuntive (non obbligatorie)
FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI
Assegno ordinario
e/o
Assegno di solidarietà
FONDO DI SOLIDARIETÀ BILATERALI ALTERNATIVI
ARTIGIANATO - SOMMINISTRAZIONE
Assegno di solidarietà
e
Assegno ordinario (solo datori che occupano mediamente più di 15 dipendenti)
FONDO DI SOLIDARIETÀ RESIDUALE
dal 1° gennaio 2016
FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE
La contribuzione previdenziale correlata alle prestazioni (calcolata sulla retribuzione che il lavoratore avrebbe
percepito) è a carico dei Fondi (fatta eccezione per l’assegno straordinario).
49 Importi rivalutati annualmente
Alessandria
CONTRIBUZIONE
Ordinaria: definita dagli accordi - Ripartizione: 2/3 a carico datore e 1/3 lavoratore
Addizionale: definita dal decreto istitutivo: minimo 1,5% retribuzione persa
FONDI DI SOLIDARIETÀ BILATERALI
Ordinaria: minimo 0,45% retribuzione lorda - Ripartizione definita dagli accordi
Addizionale: definita dal decreto istitutivo: minimo 1,5% retribuzione persa
FONDO DI SOLIDARIETÀ BILATERALI ALTERNATIVI
ARTIGIANATO - SOMMINISTRAZIONE
Ordinaria: datori <15 dip. 0,45% datori >15 dip. 0,65% retribuzione lorda - Ripartiz. 2/3 datore, 1/3 lavoratore
Addizionale: 4% retribuzione persa
FONDO DI SOLIDARIETÀ RESIDUALE
dal 1° gennaio 2016
FONDO DI INTEGRAZIONE SALARIALE
I CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ ESPANSIVA
Il decreto contiene anche un articolo contenente la disciplina dei contratti di solidarietà di tipo espansivo e l’abrogazione della norma precedente. In realtà l’attuale formulazione riprende la disciplina finora vigente, sintetizzata di seguito.
I contratti collettivi aziendali con il fine di incrementare gli organici possono prevedere una riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione, e la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale.
In questi casi è prevista la concessione, a favore dei datori di lavoro e a carico dell’INPS (per ogni lavoratore assunto e per ogni mensilità di retribuzione), di un contributo stabilito in percentuale rispetto alla retribuzione lorda prevista dal CCNL:
1° anno: 15% della retribuzione,
2° anno: 10% della retribuzione,
3° anno: 5% della retribuzione.
In alternativa, in caso di assunzione di lavoratori tra i 15 e i 29 anni, il datore di lavoro potrà beneficiare (per i primi 3 anni e comunque non oltre il compimento del 29° anno di età del lavoratore assunto) di un’aliquota contributiva ridotta pari a quella prevista per gli apprendisti.
Non potranno beneficiare delle agevolazioni i datori che nei 12 mesi antecedenti le assunzioni abbiano proceduto a riduzioni di personale o a sospensioni di lavoro in regime di CIGS.
Le assunzioni non devono determinare una riduzione della percentuale della manodopera femminile rispetto a quella maschile, o di quest’ultima quando risulti inferiore, salvo nei casi previsti dai CCNL in relazione alla carenza di manodopera di uno dei due generi.
Si prevede una sorta di “staffetta generazionale” tra i lavoratori prossimi alla pensione e quelli più giovani che entrano in azienda.
Nelle imprese in cui siano stati stipulati accordi di solidarietà espansiva, i lavoratori ai quali manchino non più di 24 mesi per raggiungere l’età anagrafica richiesta per la pensione di vecchiaia (ma abbiano maturato i requisiti minimi di contribuzione per la stessa) potranno richiedere il trattamento di pensione se accettano di
ridurre di almeno il 50% l’orario di lavoro.
Il trattamento spetta a condizione che la trasformazione del rapporto avvenga entro un anno dalla stipula del contratto di solidarietà e che siano state introdotte clausole che prevedano, in caso di una maggiore riduzione dell’orario, un ulteriore incremento dell’occupazione.
Alessandria
Per il periodo di anticipazione della pensione, il trattamento di pensione è cumulabile con la retribuzione nel limite massimo della retribuzione persa a causa della trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale.
Per evitare un trattamento pensionistico inferiore dopo il passaggio a part time, per la determinazione della quota retributiva della pensione dei lavoratori interessati, è neutralizzato il numero delle settimane di lavoro prestate a tempo parziale, nel caso in cui dall’adozione di tale criterio derivi un trattamento pensionistico più favorevole.
Compiti della Direzione territoriale del lavoro
I contratti di solidarietà stipulati vanno depositati presso la DTL. L’attribuzione del contributo è subordinata all’accertamento, da parte della DTL, della corrispondenza tra la riduzione concordata dell’orario di lavoro e le assunzioni effettuate. Alla Direzione territoriale è demandata inoltre la vigilanza sulla corretta applicazione dei contratti.
ALTRE MISURE
Il decreto rende strutturali alcune misure introdotte con carattere sperimentale da precedenti decreti attuativi del Jobs Act:
le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro (tra le quali l’estensione del periodo di utilizzo del congedo parentale);
l’assegno di disoccupazione (ASDI), che dovrebbe fornire un reddito fino a 6 mesi ai beneficiari di NASpI con figli minori o ultracinquantacinquenni che esauriscono la NASpI senza avere trovato lavoro e hanno un ISEE inferiore a € 5.000 all’anno. In proposito va ricordato che la sperimentazione non è mai stata avviata per la mancata emanazione del decreto interministeriale che avrebbe dovuto definire criteri e modalità di erogazione della prestazione e ora il provvedimento rinvia ad un ulteriore decreto interministeriale…
Il decreto abroga infine la norma che definiva in 18 mesi la durata massima della NASpI a decorrere dal 2017: la durata della NASpI rimarrà anche a regime pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni (quindi massimo 2 anni). La maggior durata è finanziata dalle economie operate sulla CIG.