XXXXX,. La convivenza di fatto ed il contratto di convivenza, cit. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.c., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Contract of Cohabitation
XXXXX,. La convivenza Il rinvio delle leggi regionali: l’art. 127 della Costituzione, in AA. VV., Il controllo dello Stato sulle Regioni, Atti del Convegno C.I.D.I.S. (Centro Internazionale di fatto ed il contratto di convivenzaStudi Giuridici), citJesolo, 29-31 maggio 1986, Cedam, 1987, p. 127. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 14384 Così G. PASTORI, comma 3L’esperienza dei rinvii nelle Regioni a statuto ordinario, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenutiLe Regioni, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo1986, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametrip.774, il patrimonio personale quale, poco dopo rileva come “Per contro, i dati dell’esperienza via via emergenti hanno contribuito ad avallare un’opposta prospettazione”. In un ordinamento in cui le aree di competenza riconosciute alle Regioni e i limiti alla loro azione sono sanciti da una Costituzione rigida non era prerogativa del Governo il sostituirsi alle Camere per attuare una loro modificazione: ciò avrebbe significato ammettere che il medesimo avesse la capacità facoltà di lavoroviolare di proposito la legge, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro netto contrasto con i principi di uno dei conviventiStato di diritto85. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). ComportaSecondo questa visione, inoltre, la distinta previsione, accanto a quello di legittimità, di un controllo di merito, per sua natura implicante valutazioni di carattere politico, avrebbe dovuto consentire di non ricomprendere drasticamente il diritto rinvio tra gli atti di esercizio del potere politico, ma di evidenziare l’anima prettamente giuridica del controllo. La questione, come intuibile, non era di poco conto giacché propendere per l’una o l’altra di queste impostazioni significava riconoscere una valenza diversa al giudizio in via d’azione. Da sempre infatti i giudizi in via principale si contraddistinguono, come si è visto, per la loro connotazione ambigua di giudizi di legittimità delle leggi da un lato e giudizi su un conflitto di attribuzioni legislative dall’altro86. Secondo il convivente primo significato si caratterizzerebbero in senso prevalentemente oggettivo, giacché diretti a garantire la conformità costituzionale dell’ordinamento; nel secondo senso, invece, assumerebbero una valenza innanzitutto soggettiva, in quanto volti a tutelare l’interesse concreto della salvaguardia delle sfere di competenza previste in Costituzione. Sposare la tesi del rinvio governativo come atto sostanzialmente politico significava esaltare l’anima “contenziosa”87 del giudizio davanti alla c.d. comunione de residuoCorte; un giudizio “di parti”, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro conviventetra autorità politiche, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legaleConsulta avrebbe svolto una funzione sostanzialmente analoga a quella esercitata in sede di conflitto di attribuzioni. Di contro, operante ex lege sostenere la natura neutrale del controllo equivaleva a vedere nel ricorso in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, via principale e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale preventivo alla Corte costituzionale lo strumento con cui i coniugi possono modificareagire a tutela dell’integrità dell’ordinamento, in am- pliamento o cui lo Stato solo formalmente avrebbe ricoperto il ruolo di parte, mentre da un punto 85 Così E. XXXXX, loc. ult. cit.. 86 Così G. ZAGREBELSKY, X. XXXXXXX, Giustizia costituzionale, Il Mulino, 2012, p.321. Così anche X. XXXXX secondo cui il giudizio in diminuzionequestione è animato da un “oscillare senza soluzione tra le opposte sponde del controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi e della risoluzione dei conflitti di attribuzione”, il regime in Garanzie costituzionali, in Commentario alla Costituzione (a cura di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53Xxxxxx), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comuneIl Mulino, come erogazioni periodiche di somme di denaro1981, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cp.332., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Tesi Di Dottorato
XXXXX,. La convivenza pubblica amministrazione come organizzazione, Xxxxxxx, Milano, 1968. di fatto ed il contratto coordinamento. Esse sono quindi inserite in un quadro di convivenzainsieme che emancipa ciascuna di esse dall’episodicità e frammentarietà che avevano caratterizzato la loro introduzione e che, citprobabilmente, avevano concor- so al loro inabissamento. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto L’art. 22, in particolare, definisce l’“eco-sistema” digitale come l’insieme delle «piattaforme e dai servizi digitali infrastrut- turali abilitanti la gestione del ciclo di convivenza; vita dei contratti pubblici» e con ciò conferma che la trasmis- La lettera b) è modellata sull’artparte II del primo libro si pone a latere della prima parte relativa ai principi nella funzione portante dell’intera costruzione del sistema dei contratti pubblici. 143Il Codice ordisce un vero e proprio tessuto connettivo tra banche dati, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali piattaforme (art. 17725) e, lettsoprattutto, tra i soggetti loro titolari, che sono chiamati a integrare pienamente la loro attività. a)Anche in questo caso il legislatore si premura di fornire dei principi che devono informare questo eco-sistema. Nell’assicurare il risul- tato le piattaforme devono garantire la «parità di accesso degli operatori» non devono «impedire o limitare la partecipazione alla procedura di gara degli stessi ovvero distorcere la concorrenza, c.c.né modificare l’oggetto dell’appalto, come definito dai documenti di gara» (art. 25). ComportaIn questo quadro, inoltreallora, desta particolare attenzione l’art. 25 c.9 il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni quale dispone che «le stazioni appaltanti e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi gli enti concedenti non dotati di una causa propria piattaforma di scioglimento approvvigionamento digitale si avvalgono delle piattaforme messe a disposizione da altre stazioni appaltanti o enti con- cedenti, da centrali di committenza o da soggetti aggregatori, da regioni o province autonome che a loro volta possono ricorrere a un gestore del sistema che garantisce il funzionamento e la sicurezza della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51piattaforma». Si ritiene che l’unica modifica possibile al Il legislatore sembra cristallizzare l’attuale eco-sistema perché da un lato porta a regime patrimoniale della comunione l’operatività delle banche dati già previste dalle precedenti riforme per garantirne interconnessione e così consolidare il ruolo dei beni sia la revoca della scelta loro titolari all’interno del regime sistema di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi e-procurement. Dall’altro, però, ci si deve chiedere se le piattaforme di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere e-procurement70 costituiscano un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, hortus conclusus oppure se il loro numero possa crescere in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità forza dell’autonomia organizzativa delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cstazioni appaltanti., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Codice Dei Contratti Pubblici
XXXXX,. La convivenza di fatto ed il contratto di convivenzaIl contratto, cit.. 14 X.Xxxxx, Il contratto, ult.cit. 15 Cass. 30/06/2005 n. 13954 La dottrina dominante è molto critica nei confronti della posizione assunta dalla giurisprudenza. Si ritiene, infatti, che non sarebbe necessaria sia possibile identificare la perizia contrattuale come figura autonoma. Il carattere tecnico dell’operazione che deve essere espletata dal terzo non esclude che l’atto vada a determinare il rapporto contrattuale altrui oppure a comporre una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto controversia. Ne discende che in ogni caso la perizia o integra un elemento del contratto, ed allora è arbitraggio, oppure risolve una controversia, ed allora è arbitrato irritale16 . Ciò soprattutto ove si consideri le ipotesi in cui le parti abbiano stabilito in via preventiva di convivenza; impegnarsi ad accettare che l’importo di un indennizzo debba essere determinato da un collegio di esperti. L’accettazione in via preventiva fa risaltare come l’atto del perito incida sul rapporto contrattuale, integrandolo17. Sempre al fine di contrastare l’orientamento giurisprudenziale si è, altresì, osservato come sia difficile ritenere che la trasmis- La lettera b) è modellata sull’artdeterminazione del terzo possa essere del tutto scevra da valutazioni discrezionali o giudizi soggettivi. 143Ciò soprattutto se si considera la fase in cui, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla dopo aver studiato la questione con la propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametrispecifica competenza tecnica, il patrimonio personale terzo debba applicare alla fattispecie concreta i risultati dello studio condotto. Inoltre la scelta delle parti di rimettere ad un terzo la decisione di integrare un elemento del contratto fa perdere a quest’ultima il carattere di mera dichiarazione di scienza e conseguentemente assumere quello decisionale18 . Si dubita, pertanto, che sia possibile riconoscere alla perizia un’autentica autonomia sul piano strutturale e funzionale. Si è rilevato, infatti, come il riferimento alla natura tecnica dei criteri di valutazione adottati non sembra poter costituire un criterio sufficiente a distinguere la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni perizia contrattuale dall’arbitrato e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventidall’arbitraggio 19. In primo luogo si osserva che il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comuneriferimento all’ equità, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecccontenuto nell’art. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 1349 c.c., anche se non esiste è tale da distinguere arbitratore e perito perché la determinazione equitativa dell’arbitratore si caratterizza proprio per i conviventi la sua natura di relatio e per la necessità di una norma come rispondenza della scelta operata dal terzo ai criteri di valutazione fissati dalle parti che hanno conferito preventivamente l’incarico20 . La determinazione del terzo è dunque espressione del suo equo apprezzamento, ispirato pur sempre a parametri oggettivi21 , qualora “sia vincolata a criteri tecnici di comune accezione” 22. E questa interpretazione è ritenuta la migliore perchè «vale a soddisfare meglio le esigenze delle parti e corrisponde certamente alla loro normale volontà»23 L’art. 1.1, rubricato “Libertà contrattuale”, riconosce alle parti la possibilità di determinare liberamente il contenuto del contratto: “Le parti sono libere di concludere un contratto e di determinarne il contenuto”. Nel caso in cui le parti abbiano lasciato intenzionalmente delle clausole in bianco l’art. 160 c.c2.14 stabilisce che: 16 Xxxxxx, Diritto Civile, 3, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 1987, 330 ss. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54Cfr. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003anche X. Xxxxx, n. 3713Il Contratto, in Giust. civ. masscit., 2003352-353 17 Xxxxxx, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens»op.ult.cit.
Appears in 1 contract
Samples: Contract Law
XXXXX,. La convivenza Gli edifici di fatto ed il contratto culto nel sistema giuridico italiano, op. cit., 134: stessi interventi erano estesi ai fabbricati destinati ad uso di convivenzaseminario e di istituzioni analoghe di religiosi, cit. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto campanili, abitazioni di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143ecclesiastici al servizio delle chiese e al mobilio delle stesse, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire limitatamente ai bisogni indispensabili. L’estensione della famiglia»disciplina riguardava anche le I.P.A.B.: X. Xxxxx, Riforma amministrativa ed interventi religiosi, Napoli, 1983; M.C. Xxxxxxxx, L’assistenza e la beneficenza fra legislazione e diritto costituzionale vigente, Salerno, 1990. Sono previsti due parametri speciale sono stati estesi agli edifici dei culti diversi dal cattolico non di riferimento proprietà di stranieri, e direttamente utili all’esercizio del culto, ma con delle condizioni: che l’edificio da riparare o da ricostruire fosse l’unico esistente nel Comune; che si trattasse di un tempio o di un oratorio legalmente riconosciuti; e che l’intervento fosse ritenuto necessario dal Ministro dei Lavori Pubblici, di intesa con i Ministri per determinare i reciproci obblighi l’interno e per il Tesoro, con riguardo al numero dei fedeli del Comune. Tali presupposti giuridici, hanno reso assai poco agevole per le confessioni acattoliche, l’effettivo conseguimento dei vantaggi promessi. Il governo ha ritenuto di contribuzione: i) «le sostanze» colmare “una grave lacuna della legislazione statale”, vista l’importanza della costruzione di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite nuovi edifici di culto “di cui non può non riconoscersi la pubblica utilità e l’alta funzione sociale e morale”88, attraverso il convivente può disporre; ii) le capacità c.d. “finanziamento ordinario dell’edilizia di lavoro professionale o casalingoculto”, organicamente previsto con la l. del 18 dicembre 1952, n. 2252 (Concorso dello Stato nella costruzione di nuove chiese). All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche Essa ha considerato in maniera importante: si pensi più organica il problema dei luoghi del culto cattolici, facendo gravare sul bilancio del Ministero dei Lavori Pubblici, l’onere di contributi finanziari da concedere agli Ordinari diocesani per l’acquisto delle aree e per la costruzione ex novo delle chiese parrocchiali, delle chiese vere proprie e degli ambienti destinati ad una forte perdita patrimoniale uso del ministero pastorale, di ufficio e di abitazione. Le “opere” in oggetto sono state considerate come “opere pubbliche” anche se appartenenti ad enti diocesani89. Ancora sul “finanziamento ordinario dell’edilizia di culto”, per un affare sbagliato oppure aumentare gli impegni finanziari dello Stato e, al contempo, per mitigare le procedure amministrative previste dalla legge precedente, la l. del 18 aprile 1962, n. 168 (Nuove norme relative alla perdita del lavoro costruzione e ricostruzione degli edifici di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. aculto), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto ha stabilito la concessione di contributi trentacinquennali per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni la costruzione di “edifici di culto e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun conviventeopere annesse”, e quindi anche a Comuni diversi88 X. Xxxxxxxxxx, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogoEdifici ed edilizia di culto. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenzaProblemi generali, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitanoMilano, formando un’unica «famiglia anagrafica»1979, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente 45 e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.c., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».ss..
Appears in 1 contract
Samples: Research Agreement
XXXXX,. La convivenza (a cura di) “Rilanciare il welfare locale. Ipotesi e strumenti: una prospettiva di fatto ed management delle reti” – Egea 2014 2 Ibidem E’ importante approcciare con realismo la costruzione di un agire comune che ha come fine quello di strutturare un welfare locale insieme a tutti i soggetti coinvolti; questo atteggiamento, da un lato rende tutti più consapevoli della complessità e della fatica da compiere, dall’altro mette al riparo – almeno in parte – da sentimenti di disillusione che spesso si generano quando i processi collaborativi si arenano o prendono vie impreviste. Da questo punto di vista, un richiamo forte alla corresponsabilità di tutti gli attori nella gestione del processo è doverosa: il contratto ruolo delle istituzioni è sicuramente quello di convivenzaessere programmatore e regista di reti di collaborazione, cit. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere ma è vitale poi il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata sentirsi responsabili dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato processi che si tratta di parametri, il patrimonio personale producono – o che non si producono -. I processi collaborativi territoriali devono coinvolgere tutti i soggetti presenti nella realtà del legnanese e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della sceltacastanese, con una modifica particolare rilevanza dei soggetti istituzionali. La costruzione di reti, collaborazioni, integrazione e prassi comuni che coinvolgano anche le istituzioni presentano infatti un ulteriore grado di complessità che è quello di dover tenere conto dei diversi livelli formali: i livelli di governo, il livello più organizzativo - che attiene ai servizi - e il segmento tecnico professionale interno ai servizi. L’impegno delle istituzioni ad essere partecipi alla costruzione del contratto sistema di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocatowelfare deve dunque prevedere il coinvolgimento concreto di tutte le proprie dimensioni interne, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto attraverso l’adozione di specifici strumenti organizzativi e operativi, che sanciscano l’adesione ai processi, prediligendo approcci di tipo collaborativo e non di tipo gerarchico e burocratico. Coerentemente con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune le indicazioni regionali e con la sottoscrizione riforma introdotta dalla Legge Regionale 23/20105, di un contratto seguito si declinano gli elementi costitutivi la governance del Piano di convivenza» (comma 50) Zona per il biennio 2019-2020. Con l’unione dei due Piani di Zona di Legnano e «Il contratto può contenere» (comma 53)Castano, si desume che il contenuto delinea la seguente struttura di governance dal punto di vista politico e tecnico: analizzano di seguito gli organi del contratto Piano di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cZona., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Accordo Di Programma
XXXXX,. La convivenza Il contatto di fatto ed rete - Profili giuslavoristici, cit., p. 119. Proprio la previsione sulla codatorialità crea i maggiori problemi interpretativi. Tale disposizione ha, da un lato, trovato il favore delle imprese ma, dall’altro, ha sollevato gli interrogativi della dottrina22. Occorre sottolineare che quando la legge parla di dipendenti “ingaggiati” fa riferimento non solo ai lavoratori specificamente assunti per l’attuazione del programma, ma anche ai dipendenti delle im- prese della rete che vengano destinati a svolgere la loro prestazione a favore della rete. Sembra quindi possibile ritenere che sia lo stesso contratto di rete a prevedere che i “retisti” mettano a disposizione, per l’attuazione del programma di rete, l’attività di alcuni dei propri dipendenti23. Diviene quindi importante capire quali regole risultano applicabili nelle ipotesi di utilizzo condiviso di una prestazione di lavoro. Le questioni aperte sono molte, dall’esercizio del potere direttivo alla ripartizione degli obblighi tra i co-datori. Alcune risposte si possono trovare nella contrattazione collettiva, in particolare di livello aziendale, anche utilizzando gli spazi aperti dall’art. 8 del D.L. 138/200124. Sull’importanza dell’intervento della contrattazione collettiva in relazione a questi specifici profili non sembrano esserci dubbi; la dottrina ha segnalato ormai da tempo come proprio da questo inter- vento possano scaturire le soluzioni più innovative25. Permane però il problema di capire quale sia il contratto collettivo al quale fare riferimento nel caso in cui le imprese “retiste” appartengano a settori diversi e, di convivenzaconseguenze, citadottino anche contratti diversi. Il rimando, poi, alla contrattazione azien- dale può anch’esso riscontrare problemi perché, da un lato, non tutte le imprese li adottano, dall’altro, non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere comunque facile quale contratto aziendale applicare nel caso di lavoratori assunti da imprese diverse. Al riguardo, la questione più delicata riguarda però il ruolo che la legge sembra voler affidare al contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’artrete che, secondo l’art. 14330, comma 34-ter, c.cD.Lgs. n. 276/2003, può fissare le “regole” in materia di ingaggio dei lavoratori. Il contratto di rete, come si ricava dall’art. 3 del D.L. n. 5/2009 (conv. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiareL. n. 33/2009), è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimentostipulato da più imprenditori, senza che sia richiesto espressamente il coin- volgimento, neppure per questo specifico profilo, delle rappresentanze dei lavoratori. La lettera c) consente ai conviventi dottrina, che richiede l’accettazione delle “regole d’ingaggio” stabilite dal contratto di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni rete da par- te del lavoratore, ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistatiragione a sottolineare come, anche separatamentein assenza del consenso del lavoratore, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente le previsioni specifiche relative alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito disciplina del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta lavoro non possono considerarsi ad esso opponibili (mentre la destinazione della prestazione a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe beneficio del contratto di convivenzarete non richiede il consenso del lavoratore)26. In sostanza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto gli accordi assunti dalle parti nel contratto di convivenza può essere modificato rete in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità ordine alla gestione dei rapporti di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia lavoro sono ammissibili qualora riguardino la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che ripartizione tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi retisti delle funzioni relative alla 22 X. XXXXXXX, Il distacco di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi personale tra imprese che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di hanno sottoscritto un contratto di convivenza» rete. Nozione di codatorialità e questioni aperte, paper del Convegno internazionale di studio “Dall’impresa a rete alle reti d’impresa (comma 50) scelte organizzative e «Il contratto può contenere» (comma 53diritto del lavoro)”, si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comuneMilano - 26 giugno 2014, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cp. 1., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Contratti Di Rete Di Imprese
XXXXX,. La convivenza Il contratto, I, in Trattato dir.civ., diretto da X. Xxxxx, Torino, 1993. 195 to di fatto ed recesso del mutuante previsto dalla legge nell’ipotesi di mutuo gratuito, mentre si dovrà fare più opportunamente riferimento all’art. 1453 c.c. nell’ipotesi di mutuo oneroso. Se il mutuo ha ad oggetto cose diverse dal de- naro e la restituzione è diventata impossibile o notevolmente difficile per causa non dipendente dal mutuatario, quest’ultimo potrà pagarne il valore, tenuto conto del tempo e del luogo in cui la restituzione doveva essere ese- guita. Qualora la restituzione sia comunque ancora possibile, anche se è diven- tata più difficile rispetto al momento in cui era stata pattuita, applicando le norme generali in materia di obbligazioni potremmo parlare di una vera e propria obbligazione con facoltà alternativa. Chi ha promesso di concedere un mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere difficile la restituzione e non gli sono state of- ferte adeguate garanzie. Le garanzie ai fini della restituzione possono essere sia personali (fideius- sione), sia reali (mutuo ipotecario, pignoratizio o cambiario). Secondo l’orientamento maggioritario nell’ipotesi di mutuo garantito, insorgono due negozi autonomi, ma collegati (il negozio di mutuo e il negozio di garanzia) aventi ciascuno una propria causa. Secondo un’altra tesi il mutuo garantito è invece un contratto unitario che risulta dalla combinazione di mutuo e ga- ranzia. Questa premessa è utile per comprendere le regole generali che discipli- nano il contratto di convivenzamutuo, cit. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi ma non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe sufficiente ai fini della valutazione del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare peso effettivo che il mutuatario dovrà sostenere per adempiere correttamen- te le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso obbligazioni contratte a seguito della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un mutuo con un istituto di credito. Rimane però ancora controverso se oltre all’estinzione anticipata4 i rime-
4 Per i contratti di mutuo immobiliare stipulati dopo il 2 febbraio 2007 non si appliche- ranno penali nell’ipotesi di estinzione anticipata. A seguito dell’entrata in vigore del decreto 7/2007 e della successiva legge di conversione è stato ampliato l’ambito di applicazione anche ad altri mutui per l’acquisto o per la ristrutturazione di immobili adibiti ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte delle persone fisi - che. Alle banche è vietato sostituire le penali di estinzione anticipata con altre forme di costi. L’estinzione anticipata può essere richiesta dal mutuatario che si trova in condizioni di liquidi - tà tali da consentirgli l’operazione, invece, ai mutuatari in difficoltà è consentito chiedere la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo to- 196 di predisposti come: la cartolarizzazione5, la rinegoziazione, la surrogazione per pagamento, la portabilità del mutuo a favore di altro istituto di credito, consentiti nell’ambito dell’ordinamento siano realmente le misure più appro- priate per tutelare i consumatori dal rischio di mutui insostenibili, oppure se in alternativa al contratto di convivenza» (comma 50) mutuo, debbano essere concepiti nuovi modelli contrattuali capaci di incidere sull’intero sistema creditizio in modo più effi- cace, tenuto conto delle esigenze del mercato e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cdelle difficoltà economiche attuali., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Loan Agreement
XXXXX,. La convivenza di fatto ed il contratto di convivenzaIl contratto, cit., p. 1993, 141, nota 1 – secondo cui « (...) Il campo è dominato dalla regola della buona fede. Se la lingua naturale dei contraenti è la medesima, e il dichiarante volutamente usa una lingua diversa, che il destinatario non sarebbe necessaria conosce, quest’ultimo non è ob- bligato a fare la benché minima ricerca. Il caso è diverso se il dichiarante, che non parla la lin- gua del destinatario, crede che quest’ultimo capisca o se il dichiarante non ha la possibilità di utilizzare un interprete e così via ». senso – che degradano progressivamente verso l’atto di adesione, pur sem- pre negoziale – ma non la escludono del tutto permanendo sempre la libertà, appunto, di non aderire. La mera pressione del tasto negoziale virtuale – non accompagnata da ulteriori comportamenti – sembra, in conclusione, corret- tamente riconducibile – in quanto codice linguistico simbolico non verbale, iconico, socialmente rilevante – alla manifestazione di accettazione espressa mediante dichiarazione. Il codice alfabetico del linguaggio umano e il codice iconico basato su simboli del linguaggio telematico ipertestuale – pur com- prensibilmente diversi tra loro – sono, infatti, entrambi strumenti linguistici in senso ampio (65). Conclusione – nel senso della natura dichiarativa della pressione del tasto negoziale virtuale – confortata anche dalla scelta normati- va comunitaria e nazionale dell’ambito definitorio della firma elettronica de- bole, categoria in cui detto procedimento tecnico – virtuale – di adesione in senso stretto può essere assimilato. A tutela dei consumatori la nuova dir. Ue 25 ottobre 2011, n. 83 stabilisce – con riferimento ai contratti a distanza con- clusi con mezzi elettronici – che “se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una residenza comune per poter sottoscrivere funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’or- dine implica l’obbligo di pagare il professionista” (art. 8.2 - dir. 2011/83). Se il fornitore non osserva tale prescrizione informativa, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine (art. 8.2 - dir. 2011/83). La pressione del tasto negoziale virtuale associata all’invio dei numeri della carta di convivenza; credito – fattispecie ricorrente nella prassi negoziale del commercio elettronico – sembra, invece, essere assorbita dalla vis attractiva della manifestazione im- plicita dell’accettazione mediante comportamento concludente esecutivo ex art. 1327 c.c. In tal caso la trasmis- La lettera b) è modellata sull’artpressione del tasto negoziale virtuale sembra rile- vare quale pronto avviso ex art. 1431327, comma 32°, c.c. Altra dottrina ritiene, in- vece, che la fattispecie in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per esame integri un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali tertium genus consistente nell’ac- cettazione con contestuale inizio dell’esecuzione (art. 177, lett. a), c.c.66). ComportaSi ritiene, inoltrepertanto, di poter concludere nel senso della natura atipica del tasto negoziale virtuale sotto il diritto duplice concorrente profilo del procedi- mento formativo e della forma – volontaria – per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito validità del contratto virtuale in senso stretto.
9. L’asimmetria di convivenza. 671 sione potere contrattuale tra le parti – caratteristica della contrattazione telematica non negoziata del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato virtuale in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.c., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».senso stret-
Appears in 1 contract
Samples: Contratto
XXXXX,. La convivenza Xxxxx le lavoratrici e tutti i lavoratori hanno diritto a un periodo di fatto ed il contratto ferie di convivenza26 giorni lavorativi per anno, citcomunque calcolati su una settimana lavorativa di 6 giorni. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto In occasione della fruizione del periodo di convivenza; ferie decorre a favore della lavoratrice e del lavoratore la trasmis- La lettera bnormale retribu- zione di fatto. In sostituzione delle 4 festività infrasettimanali abolite dalla L. n. 54/77 (X. Xxxxxxxx, Ascensione, Corpus Domini, SS. Xxxxxx e Xxxxx) è modellata sull’artalla lavoratrice e al lavoratore spettano n. 4 giorni annui di permesso retribuito da aggiungersi alle ferie e da fruirsi entro l’anno solare. 143, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno Tali giorni potranno essere rapportati ad ore in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità all’orario di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia»in azienda. Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e Per la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita festività nazionale del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica»4 novembre, la registrazione cui celebrazione è stata spostata alla 1° domenica del contratto sarà fatta nelle schede individuali mese, si provve- derà a una retribuzione giornaliera suppletiva secondo la regola delle festività cadenti di ciascun convivente domenica. Su richiesta antici- pata del lavoratore e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza compatibilmente con le modalità esigenze di servizio la direzione aziendale potrà concedere in sostituzione della retribuzione aggiuntiva di cui al presente comma 51»il corrispondente permesso retribuito. Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione Il periodo di ferie consecutive o collettive non potrà eccedere le 3 settimane, salvo diverse intese aziendali. L’epoca delle ferie sarà stabilita dalla direzione aziendale, relativamente a 2 settimane di ferie da godere nel periodo 1° giugno-30 settembre, previo esame congiunto in sede aziendale, tenendo conto del desiderio delle lavoratrici e dei beni sia la revoca della scelta lavoratori e compatibilmente con le esigenze del regime di comunione dei beni lavoro dell’azienda. Le rimanenti ferie possono essere richieste dalla lavoratrice e dal lavoratore in qualunque altro momento dell’anno previo accordo con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza direzione aziendale e fermo restando le esigenze di servizio. Le eventuali chiusure annuali del presidio in cui opera la lavoratrice e il lavoratore, ove stabilite, sono computate nelle ferie. Il periodo di preavviso non può parlarsi essere considerato periodo di regime di separazione dei beniferie. Qualora per cause dovute a improcrastinabili esigenze organizzative, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, e in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è notovia del tutto eccezionale, la pubblicità lavora- trice e il lavoratore non sia ammesso al godimento delle convenzioni matrimo- niali ferie, fra le parti si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto concorderà il rinvio delle stesse ad al- tra epoca. In caso di matrimonio richiamo in servizio, per cause eccezionali, nel corso del periodo di ferie sarà corrisposta alla lavoratrice e al lavoratore la retribuzione per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma le ore di pubblicitàviaggio e il biglietto di viaggio o il rimborso chilometrico. La trasmissione lavoratrice e il lavoratore che all’epoca delle ferie non ha maturato il diritto all’intero periodo di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea ferie avrà diritto, per ogni mese di servizio prestato a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione 1/12 dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto giorni di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventiferie annuali previsti. In primo luogo il contratto caso di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma risoluzione del rapporto di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge alla lavoratrice e al lavoratore spetterà il pagamento delle ferie in pro- porzione ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53dodicesimi maturati. La formulazione del comma 53frazione di mese superiore a 15 giorni, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.csarà considerata come mese intero., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
XXXXX,. La convivenza di fatto ed il contratto di convivenzaIl mercato nella costituzione, op. cit., 18. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) Tale concetto si potrebbe ricondurre prima ancora che al primo comma dell’art. 41 (e a come è modellata sull’art. 143stato interpretato a seguito dell’avvento dei principi economici comunitari), comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimentoclausola dell’utilità sociale. La lettera c) consente ai conviventi presunta inconoscibilità della formula, lamentata da Einaudi, si è in realtà sviluppata, come visto, nel modo prospettato da Malagugini, ossia diventando non uno strumento di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni arbitrio legislativo, bensì un “principio-valvola” dell’ordinamento che ha ad oggetto i beni garantito allo stesso di potersi adattare ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime evolversi di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza pari passo con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beniesigenze economiche, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali politiche e sociali del singolo contribuente 51Paese, rispondenti al processo di trasformazione sociale di cui all’art. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 523, comma 2, Cost. Il primo problema rilievo che la formula dell’utilità sociale ha avuto nello sviluppo della Costituzione economica, infatti, è stato tale che alcuni hanno rintracciato in essa il fondamento per il principio di libera concorrenza. Quest’ultima, infatti, come visto, comprenderebbe anche interessi economici massimamente garantiti da affrontare riguarda un funzionamento concorrenziale del mercato e tra i fini sociali cui l’iniziativa economica privata va indirizzata e coordinata ai sensi del comma 3 vi sarebbero anche quelli inerenti al funzionamento del mercato. In tal senso G. OPPO, L’iniziativa economica, op. cit., 309 ss. La diretta applicabilità della normativa europea nonché la determinazione prevalenza della stessa sulle norme di diritto interno all’insegna delle limitazioni di sovranità di cui all’art. 11 Cost., e l’interpretazione evolutiva dell’art. 41 Cost., hanno fatto sì, infatti, che potesse essere pienamente abbracciato il radicale cambiamento, di cui si è detto, del quantum modo di concepire ed interpretare l’intera Costituzione economica. Tale integrazione è stata poi consacrata anche dalla riforma del titolo V della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze Costituzione che ha reso sicuramente più consistente (con le anzidette specificazioni) la garanzia della libera concorrenza nel nostro ordinamento costituzionale79. I cambiamenti che si è cercato di ciascun convivente ed alle sue capacità ricordare hanno richiesto, al fine di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi valorizzare tutte le potenzialità della Carta costituzionale, infatti, un’interpretazione dell’art. 41 Cost. capace di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima legare la libertà di impresa al più ampio contesto della novella legislativalibertà economica nel mercato80. A dimostrazione di ciò, la giurisprudenza l. 10 ottobre 1990, n. 287 “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”81 all’art. 1, rubricato “Ambito di applicazione e rapporti con l'ordinamento comunitario” prevede, al primo comma, che «le disposizioni della presente legge, si applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese», in attuazione «dell’articolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica». Seguendo tale interpretazione può notarsi come la Costituzione, in tale occasione, è riuscita ad avere quel ruolo che, usando le parole di Xxxxxxx, le è 79 Sul rilievo che tale riforma ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’artavuto nell’ambito della tutela della concorrenza v. M. X’XXXXXXX, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.camm., 4, 2004, 705 ss. Secondo l’A. il “nuovo” titolo V ha contribuito certamente a rafforzare la garanzia della concorrenza e del mercato, facendone un elemento fortemente unificante nel nostro sistema giuridico. Anzitutto per via del vincolo che in questa materia discende dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionale sulle leggi statali e regionali ed inoltre anche se non esiste per i conviventi via dell’attribuzione esclusiva alla legge statale di una norma materi- funzione trasversale come l’artla “tutela della concorrenza”. 160 c.cIn tal modo le regole e il principio della concorrenza sono divenuti una sorta di “timone” della normazione economica statale e regionale”. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti 80 In tal senso M. X’XXXXXXX, La tutela della concorrenza, op. cit. e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003anche A. PACE, n. 3713Libertà “del” mercato e “nel” mercato, in GiustLa Costituzione economica, Atti, del Convegno dell’Associazione dei costituzionalisti (Ferrara, 11-12 ottobre 1991), Cedam, 1997, 175 ss. civ81 Tale legge ha concretamente recepito la costituzione economica europea e ha istituito l’Autorità garante della Concorrenza e del mercato. massproprio, ossia di essere «un ponte lanciato verso l’avvenire»82, in grado di dispiegare le sue nascoste (e non previste) potenzialità. Nei paragrafi e nei capitoli successivi si vedrà come la tutela della concorrenza che, come visto, ha faticato ad essere recepita a livello costituzionale, ha poi permeato non solo il mercato in generale ma, più in particolare, ha cambiato la figura del c.d. Stato banditore che, influenzato dal diritto UE, ha dovuto orientare la propria azione (anche normativa) in funzione della garanzia della concorrenza e del mercato libero e aperto., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
3. Il ruolo della Pubblica amministrazione nel mercato
Appears in 1 contract
Samples: Tesi Di Dottorato
XXXXX,. La convivenza di fatto ed il contratto di convivenzaIl patto penale cit., cit160. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’artInoltre, lo stesso art. 143, comma 3, 1708 c.c. al primo comma prevede che il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento, facendo intendere come il legislatore si sia posto il problema, già nella disciplina del mandato, dei poteri impliciti di cui necessitava l’istituto, figuriamoci nel contratto in base esame. Non tanto perché molte volte per lo stesso viene richiamata la disciplina del mandato, ma soprattutto poiché l’escrow account agisce su interessi in gioco diversi e/o in contrapposizione per cui sarebbe difficile chiedere un reale chiarimento alle parti. Infine, un’ultima conferma della soluzione proposta arriva sempre dal- la disciplina del mandato, in quanto il secondo comma dell’art. 1711 c.c. così recita: «il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al quale «Entrambi i coniugi sono tenutimandante, ciascuno e tali che non possano essergli comunicate in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingotempo, a contribuire ai bisogni della famigliafaccia- no ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua appro- vazione». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun conviventeIl legislatore, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiarequindi, è soggetto consapevole che le regole pattizie possono risultare non adeguate ad affrontare circostanze non ipotizzate o non ipotizzabili, e attri- buisce poteri impliciti al mandatario con l’unica condizione della presunta ragio- nevole approvazione da parte del mandante. Traslando il discorso sulla figura in esame, è possibile sostenere che per le questioni che attengono a interessi delle parti, la ragionevole approvazione xxxxxx- sta dalla norma possa equivalere in questo caso alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino compatibilità con la funzione attribuita dalle parti, dato che molte volte la circostanza non ipotizzata nel con- tratto di escrow crea un conflitto tra i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun conviventedue contraenti, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi risulta impossibile una approvazione postuma. Con questo non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità si intende sostenere che non sia una buona tecnica redazio- nale quella di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto prevedere espressamente nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che queste prerogative all’escrow holder, essendo tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità l’altro delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza facoltà nella disponibilità delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenzaparti, ma che non rientrano nella pure in assenza di una previsione tali poteri siano insiti nel ruolo 75. In secondo luogo, a lui è affidato il compito di effettuare sulla causa familiare concre- ta del contratto di convivenza e sonoun controllo costante, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.ccioè sia nella fase genetica sia durante l’e- secuzione dell’escrow., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Escrow Account Agreement
XXXXX,. La convivenza di fatto ed il contratto di convivenza, cit. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale Il marchio come segno e la capacità distintiva nella prospettiva del diritto comunitario, in Dir. ind., 2008, 426. esercitano una particolare forza attrattiva nei confronti del consumatore poiché dotati di lavororinomanza. L’ordinamento giuridico ha deciso quindi di dedicare loro una tutela allargata, mutevoli la cosiddetta tutela extra-merceologica. Con essa si proibisce a terzi di usare un marchio identico o simile ad uno che gode di rinomanza, anteriormente registrato, non solo in caso di appartenenza del prodotto/servizio alla stessa sfera produttiva, ma anche nel caso in cui gli stessi appartengano a due sfere produttive completamente differenti34. Si assicura una protezione che va oltre al rischio di confusione il quale può generalmente insorgere dall’uso di segni identici o affini per prodotti che appartengono allo stesso settore produttivo. Esemplificando quanto detto, sarebbe vietato registrare un marchio con denominazione “Ferrari” per un tipo di formaggio, poiché Ferrari è un marchio di auto che gode di rinomanza e, pertanto, secondo quanto esposto dalla legislazione nazionale non può essere apposto in nessun’altra tipologia di prodotto. L’obiettivo di detta protezione è quello di scongiurare qualsiasi forma di parassitismo che può crearsi usando un marchio simile ad uno dotato di rinomanza, ovvero evitare che vi sia uno sfruttamento indebito del suo potenziale attrattivo. Il marchio celebre acquisisce un valore autonomo rispetto al prodotto cui si riferisce ed è il diretto influenzatore delle scelte d’acquisto dei consumatori evocando emozioni, tramandando valori e comunicando messaggi che interagiscono con la sfera personale dell’acquirente, guidandolo durante il processo d’acquisto35. La nozione di notorietà alla quale ci si riferisce è un concetto ampio: non è solamente quella propria dei marchi con alta rinomanza, ma si comprendono generalmente tutti quei marchi sufficientemente noti, verso i quali possono verificarsi situazioni di sfruttamento indebito del loro potenziale attrattivo36. La disciplina del marchio che gode di rinomanza presuppone che sia il marchio del titolare, sia quello recante pregiudizio in possesso di un terzo siano entrambi utilizzati in concreto; solo infatti tramite il suo uso si porta a conoscenza del consumatore finale la sua essenza. La società moderna ha ben compreso il potenziale del marchio ragion per cui, negli anni, è sorta la necessità di prevedere, in tutti gli ordinamenti, una disciplina dei marchi, ossia un insieme di norme che ne garantissero la difesa e la tutela in caso di eventuali azioni scorrette o abusi da parte di terze persone. Investire nella costruzione dell’immagine del marchio e nel suo mantenimento sono azioni fondamentali per un’impresa e, come tali, hanno il diritto di essere preservate e valorizzate da un’adeguata disciplina. Ciò che emerge da queste considerazioni è che il significato del marchio si è, nel tempo, anche rivalutato: in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per esso la sua funzione distintiva originaria coesiste oggi con l’insieme dei messaggi, delle informazioni, delle emozioni che egli tramanda. Per valutare la capacità distintiva di un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di uno dei conviventimarchio è 34 Art. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 17712, lett. af), c.cc.p.i.); art. Comporta8, inoltrecomma 5, il diritto per il convivente alla c.dReg. comunione de residuo40/1994;
35 X. XXXXXXX, cioè alla metà L’analisi economica del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società marchio che gode di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificarerinomanza, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’artDir. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cind., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 20031996, n. 3713, in Giust. civ. mass292., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
Samples: Other/Miscellaneous Agreements
XXXXX,. La convivenza tutela penale della libertà di fatto ed il contratto concorrenza nelle gare pubbliche, Jovene, 2012. È da segnalare che di convivenzatale ipotesi criminosa non risultano, cital momento attuale, applicazioni giurisprudenziali. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno Contrariamente a quanto rilevato in relazione ai doni e alle proprie so- stanze ed alla propria capacità promesse menzionate nell’art. 353 c.p., la norma oggetto di lavoro professionale analisi sanziona un’ipotesi di corruzione tra privati, all’interno della quale il denaro o casalingoaltre utilità si convertono in autentico pretium sceleris percepito a titolo di compenso per una ben precisa prestazione. La scelta dei termini e la loro connessione sintattica, infatti, rileva che il legislatore ha inteso descrivere un patto a contribuire prestazioni corrispettive avente ad oggetto l’astensione dagli incanti di un soggetto. I compilatori, da un lato, anziché riferirsi ai bisogni della famiglia»“doni”, hanno impiegato un vocabolo dal contenuto semantico estremamente pregnante: il “denaro”, che rappresenta uno strumento a chiara vocazione compensativa per un servizio ricevuto; dall’altro, hanno costruito la proposizione normativa in guisa da sottendere un rapporto di mezzo a fine tra prestazione e controprestazione. Sono previsti Probabilmente, il legislatore ha calibrato l’art. 354 c.p. pensando che l’art. 353 c.p., laddove punisce la dazione di doni o la formulazione di promesse, risultasse delineato in termini tali da non prestarsi a colpire anche il loro precettore, con l’effetto che l’articolo in argomento sarebbe stato deputato a colmare questa lacuna. Tuttavia, in questo modo non ci si è avveduti che, attesi i connotati caratteristici del fatto descritto nell’art. 354 c.p., lo stesso poteva essere tranquillamente riportato all’alveo applicativo dell’art. 353 c.p. sotto forma di collusioni le quali, è appena il caso di ricordarlo, rendono la turbativa d’asta, in parte qua, un reato plurisoggettivo proprio23. Lo scarso coordinamento tra i due parametri testi normativi genera una situazione priva di riferimento logica tale per determinare i reciproci obblighi cui l’offerente il quale, in adempimento degli accordi raggiunti in occasione di contribuzione: i) «le sostanze» intese collusive, 23 XXXXXXXXX, XXXXXXX, GATTA. Manuale di ciascun conviventediritto penale. Parte generale. Xxxxxxx, cioè il patrimonio personale Milano, 2017 si astenga dal concorrere, dovrebbe rispondere, con una pena autonoma e le rendite attenuata, del reato di cui all’art. 354 c.p., mentre colui il convivente può disporre; ii) le capacità quale consegni la pecunia sceleris, nell’ambito della medesima intesa, dovrebbe essere sottoposto alle maggiori pene previste dall’art. 353 c.p. L’unica via percorribile per restituire un minimo di lavoro professionale razionalità al sistema, è dunque quella di ritenere che l’art. 354 c.p. abbia voluto isolare, dal vasto genere delle collusioni di cui all’art. 353 c.p., una specifica tipologia di esse che, per ciò che concerne la posizione del percettore della ricompensa illecita, si presenta connotata da minore disvalore penale. Si tratta, in particolare, di quei casi in cui il soggetto, senza determinare o casalingoistigare altri a consegnargli del denaro per non prendere parte alla procedura di gara, si limiti ad accogliere l’invito ad astenersi corredato dall’erogazione o dalla promessa di una somma di denaro o altra utilità. All’interno Da quest’ordine di questa cornice idee, discende che ricorrerà per tutti gli agenti un’ipotesi di “collusione” rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 353 c.p. esclusivamente allorché ciascuno dei protagonisti della vicenda abbia svolto un ruolo attivo nel perfezionamento del pactum sceleris. Al contrario, laddove non si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametririntracci una partecipazione dinamica da parte dell’astenuto, il patrimonio personale e la capacità quale si accontenti di lavoroaccettare di non intervenire nella gara per avere ricevuto denaro o altra utilità, mutevoli nel temposi integrerà solamente a suo carico il reato meno grave di cui all’art. 354 c.p., anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro anziché quello di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica turbata libertà degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimentoincanti. La lettera c) consente ai conviventi tutela penale è estesa, in via generale, sia all’ipotesi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime inadempimento di comunione, salvo che si tratti contratti di beni personali pubbliche forniture (art. 177, lett. a355 c.p.), c.csia a quelle di frode di pubbliche forniture (art. 356 c.p.). ComportaCirca il secondo reato è stato osservato che dalla formula legislativa dell’art. 356 c.p. si evince agevolmente che tra questo delitto e quello innanzi esaminato vi è identità per quanto attiene all’oggetto giuridico, inoltreal soggetto passivo e al soggetto attivo. Può solo rilevarsi, relativamente all’oggetto giuridico, che in questa disposizione si intende tutelare l’ente pubblico o l’impresa esercente un servizio pubblico o di pubblica utilità anche dalla condotta inducente in errore posta in essere dall’altro contraente, onde evitare che da un adempimento sleale sia compromesso il diritto funzionamento dei pubblici stabilimenti o dei pubblici servizi. La ripetuta identità, circa il soggetto attivo, risulta dall’espressione della legge “nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell’articolo precedente”, la quale è stata adottata, appunto, per il convivente alla c.d. comunione de residuofar richiamo anche agli obblighi dei subfornitori, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni mediatori e dei proventi dell’attività separata dell’altro conviventerappresentanti. La ripetuta espressione, delle aziende o partecipazioni in società cioè, va intesa non nel senso di persone dell’altro conviventealtri obblighi oltre a quello della fornitura, esistenti al momento del verificarsi che non si sa, poi, quali potrebbero essere, bensì nel senso di una causa obblighi nascenti dagli altri contratti diversi da quello di scioglimento della comunionefornitura e con questo coordinati24. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, Soggetto attivo può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun conviventechiunque, e quindi anche a Comuni diversi, non importa - nel dato testuale della norma - se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogointeressato o meno alla gara. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica»Invero, la registrazione del contratto sarà fatta norma in analisi si riferisce soltanto agli offerenti, intesi, questi ultimi, come coloro che si apprestano ad avanzare un’offerta ma che, non avendola ancora materialmente depositata, si astengono dal farlo25. Pertanto, nelle schede individuali procedure in materia di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se appalti pubblici, i conviventi hanno diverse residenze anagrafichesoggetti attivi si identificano con i “candidati”, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento “concorrenti” o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità“offerenti”. La trasmissione condotta incriminata consiste nella “astensione”, non solo nei casi di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenzamancata partecipazione all’appalto pubblico, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto anche qualora si ometta di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita porre in comune, essere atti necessari affinché la propria offerta sia presa in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.cconsiderazione26., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».
Appears in 1 contract
XXXXX,. La convivenza Corte di fatto ed giustizia respinge il contratto ricorso promosso dalla Commissione europea contro la Repubblica federale di convivenzaGermania a seguito del reclamo sollevato da un cittadino che riteneva di versare canoni troppo elevati per lo smaltimento dei rifiuti. La sentenza stabilisce che la scelta di quattro Landkreise tedeschi (circoscrizioni amministrative) di stipulare un appalto di servizi per lo smaltimento dei rifiuti con la città di Amburgo senza applicare le procedure di gara previste dalla direttiva 92/50/CE (oggi trasposta nella direttiva 2004/18/CE) è compatibile con l’ordinamento comunitario. I giudici di Lussemburgo non confermano le conclusioni presentate dall’Avv. generale Xxx Xxxxx0, cit. e dichiarano che le modalità con le quali è stato instaurato il rapporto contrattuale tra le amministrazioni tedesche non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto pregiudica l’obiettivo delle norme comunitarie in materia di convivenza; appalti pubblici, vale a dire “la trasmis- La lettera libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata in tutti gli Stati membri”, poiché: (a) “è retto unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico” e (b) è modellata sull’artnon viola il principio della parità di trattamento degli interessati, dal momento che “nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”. 143Secondo la Corte, comma 3, c.c. in base al quale «Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametriaccoglie la tesi difensiva proposta dallo Stato tedesco, il patrimonio personale e la capacità rapporto contrattuale attivato tra le amministrazioni configura un “accordo di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure cooperazione regionale” finalizzato alla perdita del lavoro di uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di convivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita gestione in comune con la sottoscrizione del servizio di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il contratto può contenere» (comma 53)smaltimento rifiuti. “Detto rapporto”, si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comuneprecisano i giudici, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del contratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.c., anche se non esiste per i conviventi una norma come l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e dei doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di un’ob- bligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del solvens».“non
Appears in 1 contract
Samples: Accordo Di Cooperazione Per La Gestione Di Un Servizio Pubblico