La disciplina codicistica Clausole campione

La disciplina codicistica. Il regime normativo dell’eccessiva onerosità sopravvenuta risale all’entrata in vigore del Codice civile del 1942. Il Codice civile italiano del 1865, infatti, optò per il principio della vincolatività (cd. pacta sunt servanda): ritenendo rigidamente immodificabili gli accordi contrattuali, non si previde alcuna norma che consentisse di risolvere il contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta1. Non si diede, dunque, alcuna importanza a eventuali sopravvenienze intervenute successivamente alla conclusione del contratto. L’unica eccezione a tale sistema fu dovuta all’avvento della Grande Guerra, che portò con sé fenomeni speculativi e disfunzioni economiche: il legislatore del tempo, infatti, dovette introdurre il d. lgs. lt. 739/1915, secondo cui la guerra era considerata caso di forza maggiore con riguardo sia all’impossibilità della prestazione, sia alla sua eccessiva onerosità sopravvenuta2. Solo il Codice civile del 1942 introdusse una disciplina relativa all’eccessiva onerosità negli articoli 1467, 1468 e 1469, tuttora vigenti. Tale normativa, che sarà approfondita nel prosieguo del capitolo, rispose alla necessità di porre riparo a squilibri contrattuali sopravvenuti rispetto alla stipulazione del contratto, che rendono lo stesso xxxxxxxx a rispettare gli impegni economici delle parti. Si affermò così, soprattutto all’art. 1467 c.c., la clausola rebus sic stantibus, con cui l’ordinamento reagisce ad alterazioni contrattuali, e consente di mantenere l’equilibrio tra le prestazioni originarie3. L’ordinamento, grazie a tale clausola, tiene conto del fatto che le parti contraenti, nei contratti di durata, si vincolano, considerando la situazione di fatto in quel momento: è necessario, perciò, potersi adattare ad eventuali sopravvenienze, per riequilibrare l’assetto negoziale, e tutelare così le effettive volontà delle parti4. Tuttavia, il principio pacta sunt servanda non è stato abbandonato: l’art. 1372 c.c. prevede, infatti, che il contratto ha forza di legge tra le parti, garantendo la certezza e la stabilità del rapporto negoziale. Il contratto vincola legalmente le parti contraenti a quanto da esse stabilito nell’accordo stesso. Pare dunque che tale previsione non consenta il riconoscimento di eventi sopravvenuti, né che essi possano incidere sull’esecuzione del contratto. 1 Cfr. X. XXXXXX, Eccessiva onerosità, Bologna, Zanichelli, 2010, p. 3. 2 Cfr. X. XXXXXXX, La rinegoziazione del contratto. Strumenti legali e convenzionali a tutela dell’equili...
La disciplina codicistica. Fu così introdotta la nozione di consumatore: “…. è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”; così come quella di professionista: “…. È la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro della sua attività imprenditoriale professionale, utilizza il contratto di cui al primo comma”, vale a dire quello “concluso tra il consumatore ed il professionista, che ha per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi”.[21] La giurisprudenza, dal canto suo, ha avuto le prime occasioni di affrontare la delimitazione dell’ambito applicativo della disciplina speciale per il consumatore in relazione alle vendite negoziate fuori dei locali commerciali, affermando la prevalenza della sostanza del rapporto sulla forma del contratto: è stato così ritenuto che, sebbene per ragioni di ordine fiscale al consumatore che rivesta anche lo status di imprenditore possa risultare vantaggioso configurare un contratto di consumo alla stregua di un contratto dell’impresa, l’effettiva realtà del rapporto non è d’ostacolo all’esercizio del “diritto di ripensamento” riservato a “chi agisce per scopi che possono considerarsi estranei alla propria attività professionale”.[22] È probabile, inoltre, l’affermarsi di una tendenza alla dilatazione giurisprudenziale della sfera dei destinatari della disciplina speciale, sì che le regole dei contratti dei consumatori potrebbero progressivamente riferirsi anche ad altre categorie considerate “deboli” nei loro rapporti contrattuali con la grande impresa quali, ad esempio, i piccoli imprenditori, soprattutto se considerati alla luce della disciplina adottata per la protezione dei subfornitori (legge n. 192/1998). Cerchiamo, ora, di analizzare brevemente le linee di fondo che caratterizzano l’intervento legislativo del 1996, facendo una piccola premessa al riguardo.
La disciplina codicistica. LA RINEGOZIAZIONE DEL CONTRATTO COME DOVERE DI CORRETTEZZA
La disciplina codicistica. 1.3.1. I riferimenti normativi
La disciplina codicistica. Quando non derogate da norme speciali, sono applicate le disposizioni del Codice civile (artt. 1571-1614 c.c.). La sezione I del Capo VI del Titolo III del Libro IV, rubricata “Disposizioni generali” (artt. 1571-1606 c.c.), disciplina sia la locazione di cose mobili che di beni immobili; la sezione II (artt. 1607-1614 c.c.) afferisce, invece, alla “Locazione di fondi urbani”. Le obbligazioni principali del locatore sono, come si è già avuto modi di accennare:

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  • XXXXXXXXXX, Xx frontiere mobili della responsabilità civile, in Riv. crit. dir. priv., 1988, p. 577), osserva che l’unico modo di dare alla fattispecie forma giuridica è di «iscriverla nel cerchio del rapporto obbligatorio», giacché il comportamento del terzo complice diviene rilevante unicamente in concorso con quello del debitore e comunque mai senza che il debitore non adempia. La natura della responsabilità sarebbe contrattuale e rilevante la sola «intenzione prava di nuocere del terzo» stante l’art. 2644 che denota in modo equivoco l’assenza di rilievo del comportamento del terzo che trascrive. La tesi è suggestiva ma una responsabilità contrattuale per un soggetto estraneo al rapporto può suscitare perplessità; la giurisprudenza segue costantemente una tesi diversa. X. Xxxx., 00 agosto 1990, n. 8403, cit., e Cass., 9 gennaio 1997, n. 99, cit., p. 392. Il terzo che coopera all’inadem- pimento illecito, dove la misura della responsabilità non è data dalla culpa in diligentia sancita dall’art. 2043, bensì dalla mala fede» 74 . Resta da precisare come la valutazione di buona o mala fede possa essere utilmente richiamata nel nostro caso. La sola presenza del «fatto contrattuale» non è in grado di discriminare fra un semplice pregiudizio irrilevante e il danno ingiusto che il contraente risente per il contegno di un terzo. Il problema va allora risolto nell’ambito, più vasto, dell’operazione ove il fatto è ricompreso. Nella valutazione delle interferenze e dei limiti alla condotta che si verificano per la presenza di un contratto, quest’ultimo non è altro che una situazione-presupposto per il sorgere di nuove ed eventuali conseguenze giuridiche; per la cui realizzazione entrano in gioco altre norme che assumono come elementi di fatto, appunto, la fattispecie ed i contegni che in concreto determinano il verificarsi delle interferenze. Basta qui osservare che la rilevanza del contratto nei confronti dei terzi è caratterizzata da tre elementi: il titolo, i comportamenti, che nel quadro più ampio dell’operazione giuridica sono riferibili alla sua fase di formazione e di esecuzione, e la norma che attribuisce ad essi delle conseguenze in ordine ai criteri di regolarità dell’azione. Dal confronto fra questi elementi di fatto ed il criterio formale sarà possibile precisare i limiti che gravano sui terzi per la presenza di un atto di autonomia privata. È principio recepito da tempo, nella giurisprudenza teorica e pratica, che i terzi non possono interferire illecitamente nelle posizioni costituitesi in testa ai contraenti per effetto del contratto 75 . Ciò significa che il terzo, a conoscenza di un contratto, si comporta non iure se coopera all’inadempimento e viola così la situazione da esso sorta. Il ricorso alla mala fede è in grado di selezionare un illecito che si caratterizza proprio per l’esistenza di un fatto, il contratto concluso fra altri, e dei contegni che intorno ad esso si svolgono, tutti soggetti alla 74 V. L. XXXXXXX, Sulla natura della responsabilità contrattuale, in Riv. dir. comm., 1956, II, p. 360.

  • Conclusione Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale brevemente illustrato si può affermare che sembra ormai trovare riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico – accanto ad un’esigenza di tutela del debitore, quale soggetto debole del rapporto, da indebite pressioni psicologiche del creditore che possono tradursi in un ingiustificato arricchimento del creditore ai danni del debitore – un’esigenza, altrettanto meritevole di tutela, di facilitare la concessione del credito e di consentire una rapida ed efficiente soddisfazione del creditore, a condizione che vengano previsti accorgimenti giuridici che garantiscano un’equa soddisfazione del creditore e la restituzione al debitore dell’eccedenza di valore del bene che funge da garanzia dell’operazione di finanziamento. Ciò che il divieto di patto commissorio vuole evitare è che la situazione di temporanea difficoltà economica in cui si trova il debitore porti ad abusi del creditore che tenti di lucrare sulla differenza di valore tra il credito e la garanzia offerta dal debitore. La disciplina del patto commissorio ha alla base una presunzione di sproporzione tra il credito e il valore del bene che acquisirebbe il creditore in caso di inadempimento77. L’autonomia privata, nella predisposizione del regolamento contrattuale, deve farsi carico di prevedere meccanismi tecnici che valgano a superare l’accennata presunzione di sproporzione tra il valore del credito e quello del bene dato in garanzia. La prospettata impostazione è altresì conforme al canone di autoresponsabilità gravante sul soggetto che liberamente decide di immettersi nel traffico giuridico: non pare ragionevole né corretto attribuire al debitore, dopo avere concluso un contratto non squilibrato né viziato, re melius perpensa, invocare la nullità ex art. 2744 c.c. per liberarsi dalla garanzia convenzionale assunta, nonostante la sua inidoneità a tradursi in un sacrificio patrimoniale ingiusto, in contrasto con i principi della buona fede e della correttezza78 che animano la materia delle obbligazioni e quella del contratto79. 75 Parere sul disegno di legge n. 1564, in materia di prestito vitalizio ipotecario, della 14^ Commissione permanente (Politiche dell’unione europea), Roma, 11 marzo 2015, est. X. Xxxxxxxxxx (consultabile in xxxxxx.xx). 76 Parere sul disegno di legge n. 1564, cit.

  • INADEMPIENZE E PENALITA’ Tenuto conto delle specifiche modalità di erogazione dei servizi oggetto del presente Capitolato, la Provincia si riserva la facoltà, ove si verifichino inadempienze da parte dell’affidatario nell’esecuzione degli obblighi previsti, formalmente contestate dal RUP e riguardanti la qualità dei servizi forniti oppure i tempi o le modalità di esecuzione, fatti salvi i casi di forza maggiore e quelli non addebitabili al soggetto affidatario riconosciuti come tali dal RUP, di applicare, a suo insindacabile giudizio, una penale pecuniaria. Tenuto conto della gravità dell’inadempimento riscontrato, il RUP previa contestazione ed eventuale contraddittorio, potrà applicare una penale pecuniaria di importo variabile tra lo 0,3 per mille e il 1 per mille dell’ammontare contrattuale (al netto dell’IVA), per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della prestazione. Nei casi di servizi forniti con modalità diverse da quelle concordate e/o aventi contenuti non corretti e con riflessi pregiudizievoli per il Committente, questi potrà avvalersi della facoltà di risolvere il contratto fermo restando il diritto di risarcimento dell'eventuale maggior danno. Nell’ipotesi in cui l’importo delle penali applicabili superi l’ammontare del 10% dell’importo contrattuale complessivo, la Provincia potrà risolvere il contratto in danno dell’affidatario, fatto salvo il diritto al risarcimento dell’eventuale maggiore danno. Gli eventuali inadempimenti contrattuali che daranno luogo all’applicazione delle penali verranno contestati per iscritto dal RUP. L'affidatario dovrà comunicare, in ogni caso, le proprie deduzioni al RUP nel termine massimo di 5 (cinque) giorni lavorativi dalla contestazione. Qualora dette deduzioni non siano ritenute accoglibili, a giudizio del RUP, ovvero qualora non vi sia stata risposta oppure la stessa non sia giunta nel termine sopra fissato, potranno essere applicate le penali sopra indicate. Tutte le penalità e le spese a carico dell'affidatario saranno trattenute dai corrispettivi dovuti. In ogni caso, l’applicazione delle penali non sarà condizionata all’emissione di nota di debito o di altro documento. L’affidatario non potrà chiedere la non applicazione delle penali, ne evitare le altre conseguenze previste dal presente Capitolato per le inadempienze contrattuali, adducendo che le stesse siano dovute a forza maggiore o ad altra causa indipendente dalla propria volontà ove lo stesso affidatario non abbia provveduto a denunciare dette circostanze al Settore committente entro 5 (cinque) giorni lavorativi da quello in cui ne ha avuta conoscenza. Oltre a ciò, l’aggiudicatario non potrà invocare la non applicazione delle predette penali adducendo l’indisponibilità di personale, di mezzi, di attrezzature od altro, anche se dovuta a forza maggiore o ad altra causa indipendente dalla sua volontà, ove non dimostri di non aver potuto evitare l’inadempimento. L’applicazione delle penali non limita l’obbligo, da parte dell’affidatario, di provvedere all’integrale risarcimento del danno indipendentemente dal suo ammontare ed anche in misura superiore rispetto all’importo delle penali stesse. Resta inteso, inoltre, che la richiesta e/o il pagamento della penale non esonera, in alcun caso, l’affidatario dall’adempimento dell’obbligazione per cui questi si è reso inadempiente e che ha fatto sorgere l’obbligo di pagamento della medesima penale.

  • Criteri generali I criteri generali, la cui descrizione analitica è distintamente riportata ai successivi punti 4.1.1 - 4.2.1 - 4.3.1 - 4.4.1 - 4.5.1.1 e 4.5.2.1 relativi a ciascuna tipologia di costo, sono ispirati al fine di adeguarli il più possibile alla realtà operativa.

  • Prestazione lavorativa I rapporti di telelavoro possono essere instaurati ex novo oppure trasformati, rispetto ai rapporti in essere svolti nei locali fisici dell'impresa. Resta inteso che la telelavoratrice o il telelavoratore è in organico presso l’unità produttiva di origine, ovvero, in caso di instaurazione del rapporto ex novo, presso l’unità produttiva indicata nella lettera di assunzione. I rapporti di telelavoro saranno disciplinati secondo i seguenti principi: