Common use of XXXXX, Clause in Contracts

XXXXX,. Il contratto, in Tratt. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II ed., Milano, 2011, 343s. La precisazione è molto rilevante, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causale, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiama

Appears in 1 contract

Samples: Dottorato Di Ricerca

XXXXX,. L’alea nei contratti differenziali, in Obbligazioni e contratti, 2012, 1, 63. La norma, dunque, estende, senza lasciare minimo dubbio all’interprete, la disciplina del gioco a tali forme contrattuali82. Ciò può dirsi confermato, a fortiori, dalla scelta terminologica utilizzata dal legislatore, il quale, nel descrivere la fattispecie, fa riferimento al gioco, nonché ad una parte vincente in contrapposizione ad una perdente. In Italia il percorso risultò più articolato. Furono soprattutto, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, le Camere di commercio a sollecitare un intervento volto a colmare l’assenza di una regolazione specifica in materia di attività finanziaria, al fine di ammettere la validità delle operazioni di borsa a scadenza.83 L’esigenza di fornire veste giuridica a fenomeni ormai in piena espansione spinsero il legislatore ad emanare la l. 20 marzo 1913 n. 272 che equiparava i differenziali a veri e propri contratti di borsa, dalla funzione economicamente e socialmente giovevole.84 Il 82 Secondo taluno, l’articolo 764 del GBG delimiterebbe il confine sussistente fra alea giuridica ed alea economica82. Così X. XXXXXXXX, Dottrina generale del contratto, Milano, 1952, 252 e ss. in Tratttale ultimo caso il rischio sarebbe qualitativamente misurabile, utilizzando parametri statistici di matematica finanziaria mentre, al contrario, l’alea giuridica sarebbe caratterizzata dalla totale incertezza dell’an delle prestazioni, essendo il relativo rischio sopportato da entrambe le parti. In questo senso, X. XXXXXXX, Op. cit., , 105 e ss. 83 In travagliato percorso italiano viene ricostruito da X. XXXXX, Op. cit., 63 e ss. Il primo intervento normativo risale alla l. 14.6.1874, n. 1971, con la quale si sancisce la validità delle compravendite a termine di titoli del debito pubblico «dello Stato, delle province, dei comuni e di altri corpi morali», di azioni, obbligazioni sociali e di «qualunque titolo di analoga natura». 84 Sul punto C. XXXXXXX, I contratti differenziali secondo la nuova legge sulle borse, in Riv. dir. privcomm., 1913, I, 952 e ss., secondo il quale “ la legge 20 marzo 1913 ha repudiato l’erroneo concetto che considera i contratti differenziali come contratti di mera sorte (…)”. Trattandosi, per l’A., di “ contratti seri ed effettivi, al dibattito sorto in quegli anni venne, inoltre, ulteriormente alimentato dall’equivoco tenore dell’articolo 5 del successivo D.L. n. 601 del 1925 dal quale si deduceva, in via interpretativa, una sorta di liberalizzazione tout court di ogni operazione prevedente l’utilizzo di differenziali.85 A tal riguardo, furono per lo più tre i principali orientamenti dogmatici sviluppatisi sul punto. Secondo una prima impostazione, lo schema negoziale del contratto differenziale era riconducibile a cura quello di una doppia vendita, poiché la finalità speculativa risultava del tutto eventuale, potendo, se mai, rilevare esclusivamente sul terreno dei motivi. L’inapplicabilità dell’eccezione di gioco veniva inoltre dedotta dall’operatività, anche per tali fattispecie, degli articolo 68 e 69 dell’allora vigente codice del commercio, ai sensi dei quali la parte adempiente, in caso di ritardo o inadempimento dell’altra parte, poteva agire per richiedere l’esatto adempimento o il risarcimento del danno.86 Secondo diversa impostazione, che negava la riconducibilità del contratto differenziale allo schema della doppia vendita a termine, le parti, lungi dall’obbligarsi alla consegna di titoli o merci dietro corrispettivo alla scadenza, si impegnavano, piuttosto, al pagamento delle sole differenze 85 Sul punto, App. Bari, 21 marzo 1924; App. Milano 20 giugno 1923; App. Torino18 marzo 1924, in Riv.dir.comm., 1925, II, 183 e ss. con commento di X. Xxxxxx XXXXXXX, Contratti a termine e differenziali sui cambi; critico sul punto anche X. XxxxxXXXXX, II edPagamento per causa illecita in contratti differenziali su divisa estera, in Riv. dir. comm. e del dir. gen.obbl., Milano1927, 2011I, 343s101 e ss. La precisazione è molto rilevanteUna panoramica delle politiche legislative di quegli anni relative al settore finanziario viene offerta anche da X. XXXXXXXX, Il c.d. mercato fittizio dei cambi, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causaleRiv. dir. comm., pur sempre intesa la causa 1928, 97 e ss. 86 Così X. XXXXXXXX, Op. cit., 103 e ss.; C. VIVANTE, Polemica sul commercio fittizio dei cambi, in senso oggettivoForo It., ossia con riguardo a ciò 1928,I, 291 e ss. determinate sulla base di circostanze future ed incerte, rappresentate dalle fluttuazioni che il negozio è preordinato a produrre titolo, la merce o il tasso di cambio subiva sul piano dell’assetto perseguitomercato. Secondo tale dottrina, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”risultava quindi evidente il carattere aleatorio dell’intera operazione, in questo sensovirtù della capacità di tali eventi di influenzare il quantum della prestazione e di determinare il soggetto tenuto ad eseguirla87. Secondo altro orientamento, permane invece, tali contratti si caratterizzavano per la sussistenza di una causa non già tipica, individuabile nello schema della doppia vendita o in quella del contratto aleatorio, quanto piuttosto di una atipica, individuabile nell’organizzazione e gestione di scambi fittizi sottendenti una scommessa. 88 Tanto l’impostazione che lo accosta ad una scommessa quanto quella che ne ravvisa un punto di riferimento necessariocontratto aleatorio, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contestosuscitano più d’una perplessità. Ciò premessoRispetto alla prima teoria, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione l’estensione che il negozio deve adempierelegislatore fece, riguardata agli inizi del secolo scorso, delle tutele del codice del commercio al contratto differenziale lo rendono oltremodo lontano da una scommessa, la quale, come ragione determinante del soggetto al negozionoto, appare e si chiamacaratterizza per la mancanza di azione per l’adempimento delle prestazioni ad essa sottese, c.d. denegato actionis.

Appears in 1 contract

Samples: Swap Agreement

XXXXX,. Il contrattoLa questione delle sopravvenienze: presupposizione e rinegoziazione, in TrattGiust. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II edciv., Milano2010, 2011p. 235. risoluzione del contratto alla parte la cui prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa, 343sa causa di avvenimenti straordinari ed imprevedibili. La precisazione è molto rilevanterisoluzione non può, però, essere accolta se lo squilibrio di valore tra le prestazioni rientra nella normale alea del contratto. La disciplina codificata delle sopravvenienze non si arresta a tale previsione, avendo il legislatore reagito al fenomeno anche apprestando rimedi diversi ritenuti, di volta in quanto rivela fin d’ora volta, opportuni con riferimento a singoli contratti. Si pensi, ad esempio, al contratto d’appalto ed in particolare all’art. 1664 c.c., il quale, prevedendo l’adeguamento automatico del corrispettivo monetario, garantisce la conservazione del contratto e - secondo alcuni autori - dovrebbe assurgere a disciplina generale del rischio, per tutti i rapporti contrattuali caratterizzati da scambi integrativi2. Tecniche di reazione alle sopravvenienze di tipo conservativo sono, inoltre, riscontrabili nella vendita, nella locazione e nell’affitto. Occorre, peraltro, osservare che l’accertamento causalel’incidenza degli eventi sopravvenuti assume rilevanza anche a seguito della conclusione di contratti “non definitivi”. L’esigenza di arginare il suddetto fenomeno è, pur sempre intesa la causa in senso oggettivoinfatti, essenziale nei vincoli preparatori, ossia con riguardo a ciò in quei contratti (come il contratto preliminare e quello di opzione) che prevedono una discrasia tra il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” momento della conclusione dell’accordo e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamaquello della produzione degli effetti.

Appears in 1 contract

Samples: Dottorato Di Ricerca

XXXXX,. Il contratto, cit., p. 63 Come anticipato, che la pubblica amministrazione possa ricorrere a moduli consensuali ed in Trattparticolare allo strumento contrattuale per perseguire i propri scopi è constatazione non più revocabile in dubbio. Accanto ai moduli pubblicistici vi sono spazi nei quali essa può realizzare i propri scopi attraverso moduli privatistici, ponendosi in condizione di parità con il privato26: a veder bene, anzi, le amministrazioni, per esplicare la loro attività, non possono che avvalersi di soggetti privati per ottenere beni e servizi e l’utilizzo di questi avviene non già in forza di un provvedimento autoritativo, bensì in virtù di un contratto di diritto privato disciplinato dal codice civile27. Ciò che muove l’amministrazione e la determina a rivolgersi al mercato rimane, in ogni caso, il perseguimento del pubblico interesse a cui tutta l’attività amministrativa è preordinata. L’attività dell’amministrazione, infatti, anche quella di diritto privato, è sempre diretta alla soddisfazione di interessi pubblici ovvero, detto altrimenti, è finalisticamente vincolata: come autorevolmente sostenuto tutta l’attività amministrativa è retta da uno statuto unitario, a prescindere dal regime giuridico degli atti nei quali essa si concretizzi (provvedimenti, accordi, convenzioni, contratti)28. L’attività contrattuale quindi è disciplinata in primo luogo dal diritto privato, ma anche da quello amministrativo: il che, come si vedrà in seguito, lascia ampi margini di riflessione in ordine alla qualificazione dogmatica e 26 V. A SCOGNAMIGLIO, Sui collegamenti tra atti di autonomia privata e procedimenti amministrativi, in Riv. trim. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II edpubb., Milano1983, 2011, 343s. La precisazione è molto rilevante, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causale, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamap. 293.

Appears in 1 contract

Samples: Contratti Ad Evidenza Pubblica

XXXXX,. Il contrattoLa tutela penale della libertà di concorrenza nelle gare pubbliche, Jovene, 2012. È da segnalare che di tale ipotesi criminosa non risultano, al momento attuale, applicazioni giurisprudenziali. Contrariamente a quanto rilevato in relazione ai doni e alle promesse menzionate nell’art. 353 c.p., la norma oggetto di analisi sanziona un’ipotesi di corruzione tra privati, all’interno della quale il denaro o altre utilità si convertono in autentico pretium sceleris percepito a titolo di compenso per una ben precisa prestazione. La scelta dei termini e la loro connessione sintattica, infatti, rileva che il legislatore ha inteso descrivere un patto a prestazioni corrispettive avente ad oggetto l’astensione dagli incanti di un soggetto. I compilatori, da un lato, anziché riferirsi ai “doni”, hanno impiegato un vocabolo dal contenuto semantico estremamente pregnante: il “denaro”, che rappresenta uno strumento a chiara vocazione compensativa per un servizio ricevuto; dall’altro, hanno costruito la proposizione normativa in guisa da sottendere un rapporto di mezzo a fine tra prestazione e controprestazione. Probabilmente, il legislatore ha calibrato l’art. 354 c.p. pensando che l’art. 353 c.p., laddove punisce la dazione di doni o la formulazione di promesse, risultasse delineato in termini tali da non prestarsi a colpire anche il loro precettore, con l’effetto che l’articolo in argomento sarebbe stato deputato a colmare questa lacuna. Tuttavia, in Trattquesto modo non ci si è avveduti che, attesi i connotati caratteristici del fatto descritto nell’art. dir354 c.p., lo stesso poteva essere tranquillamente riportato all’alveo applicativo dell’art. priv353 c.p. a cura sotto forma di X. Xxxxxx e X. Xxxxxcollusioni le quali, II ed.è appena il caso di ricordarlo, rendono la turbativa d’asta, in parte qua, un reato plurisoggettivo proprio23. Lo scarso coordinamento tra i due testi normativi genera una situazione priva di logica tale per cui l’offerente il quale, in adempimento degli accordi raggiunti in occasione di intese collusive, 23 XXXXXXXXX, XXXXXXX, GATTA. Manuale di diritto penale. Parte generale. Xxxxxxx, Milano, 20112017 si astenga dal concorrere, 343sdovrebbe rispondere, con una pena autonoma e attenuata, del reato di cui all’art. 354 c.p., mentre colui il quale consegni la pecunia sceleris, nell’ambito della medesima intesa, dovrebbe essere sottoposto alle maggiori pene previste dall’art. 353 c.p. L’unica via percorribile per restituire un minimo di razionalità al sistema, è dunque quella di ritenere che l’art. 354 c.p. abbia voluto isolare, dal vasto genere delle collusioni di cui all’art. 353 c.p., una specifica tipologia di esse che, per ciò che concerne la posizione del percettore della ricompensa illecita, si presenta connotata da minore disvalore penale. Si tratta, in particolare, di quei casi in cui il soggetto, senza determinare o istigare altri a consegnargli del denaro per non prendere parte alla procedura di gara, si limiti ad accogliere l’invito ad astenersi corredato dall’erogazione o dalla promessa di una somma di denaro o altra utilità. Da quest’ordine di idee, discende che ricorrerà per tutti gli agenti un’ipotesi di “collusione” rilevante ai fini dell’applicazione dell’art. 353 c.p. esclusivamente allorché ciascuno dei protagonisti della vicenda abbia svolto un ruolo attivo nel perfezionamento del pactum sceleris. Al contrario, laddove non si rintracci una partecipazione dinamica da parte dell’astenuto, il quale si accontenti di accettare di non intervenire nella gara per avere ricevuto denaro o altra utilità, si integrerà solamente a suo carico il reato meno grave di cui all’art. 354 c.p., anziché quello di turbata libertà degli incanti. La precisazione tutela penale è molto rilevanteestesa, in via generale, sia all’ipotesi di inadempimento di contratti di pubbliche forniture (art. 355 c.p.), sia a quelle di frode di pubbliche forniture (art. 356 c.p.). Circa il secondo reato è stato osservato che dalla formula legislativa dell’art. 356 c.p. si evince agevolmente che tra questo delitto e quello innanzi esaminato vi è identità per quanto rivela fin d’ora attiene all’oggetto giuridico, al soggetto passivo e al soggetto attivo. Può solo rilevarsi, relativamente all’oggetto giuridico, che l’accertamento causalein questa disposizione si intende tutelare l’ente pubblico o l’impresa esercente un servizio pubblico o di pubblica utilità anche dalla condotta inducente in errore posta in essere dall’altro contraente, pur sempre onde evitare che da un adempimento sleale sia compromesso il funzionamento dei pubblici stabilimenti o dei pubblici servizi. La ripetuta identità, circa il soggetto attivo, risulta dall’espressione della legge “nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell’articolo precedente”, la quale è stata adottata, appunto, per far richiamo anche agli obblighi dei subfornitori, dei mediatori e dei rappresentanti. La ripetuta espressione, cioè, va intesa la causa in non nel senso oggettivodi altri obblighi oltre a quello della fornitura, ossia che non si sa, poi, quali potrebbero essere, bensì nel senso di obblighi nascenti dagli altri contratti diversi da quello di fornitura e con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguitoquesto coordinati24. Soggetto attivo può essere chiunque, non può prescindere importa - nel dato testuale della norma - se interessato o meno alla gara. Invero, la norma in analisi si riferisce soltanto agli offerenti, intesi, questi ultimi, come coloro che si apprestano ad avanzare un’offerta ma che, non avendola ancora materialmente depositata, si astengono dal considerare farlo25. Pertanto, nelle procedure in materia di appalti pubblici, i profili di soggetti attivi si identificano con i interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consensocandidati”, “concorrenti” o “offerenti”. La condotta incriminata consiste nella “astensione”, non solo nei casi di mancata partecipazione all’appalto pubblico, ma anche qualora si ometta di porre in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio essere atti necessari affinché la propria offerta sia presa in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamaconsiderazione26.

Appears in 1 contract

Samples: d.lgs. 50/2016 Codice Dei Contratti Pubblici

XXXXX,. Il contrattoXx causa, in Tratt. dir. priv. diretto da X. Xxxxxxxx, III ed., Obbligazioni e contratti, II, 326. un’obbligazione precedente (obbligo di garanzia) o per adempiervi, venendo qui in considerazione il tema – che sarà oggetto di specifica analisi infra (§ 4.2) – del pagamento traslativo, ove la corrispettività risiederebbe all’esterno rispetto alla nuda pattuizione negoziale singolarmente intesa. In questi casi, si osserva, “il preesistente interesse (giuridicamente riconosciuto e tutelato) del promissario alla prestazione sostiene la promessa, e, in genere, l’atto di disposizione” (95). In effetti, il richiamo all’interesse in un’ottica di giustificazione del negozio giuridico assume, soprattutto nell’odierno contesto giuridico e tenuto conto delle svariate applicazioni giurisprudenziali, rilevanza centrale, per la sua capacità di spiegare l’assunzione di obblighi o l’effettuazione di prestazioni che, se considerate alla luce della mera dichiarazione, potrebbero apparire ingiustificate. Non a cura caso – come autorevolmente osservato – “proprio nell’art. 1322 c.c. non è cenno ad una funzione economico-sociale del contratto, ma è cenno a un interesse meritevole di X. Xxxxxx tutela, e cioè ad una entità che, rappresentando un rapporto tensionale tra una persona e un bene, implica necessariamente un elemento soggettivo, e cioè individuale” (96). Occorre però ribadire che, ai fini della causa, la rilevanza dell’interesse non si arresta alla posizione individuale del promittente o del promissario, bensì concerne l’assetto complessivo che il negozio, unilaterale, bilaterale o plurilaterale che sia, è oggettivamente atto a perseguire in concreto. Nonostante la dottrina poco sopra citata ritenga contraddittorio identificare la causa con la funzione – sull’assunto che quest’ultima, riferendosi a qualsiasi atto, non avrebbe per il contratto un significato pratico –, alla luce di quanto illustrato nel paragrafo precedente nulla impedisce che di “funzione” possa specificamente discorrersi sia con riferimento al contratto, sia con riguardo alle promesse e ai negozî unilaterali, 95 X. Xxxxx, II edop. cit., Milano, 2011, 343s. La precisazione è molto rilevante, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causale, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiama326.

Appears in 1 contract

Samples: Dottorato Di Ricerca

XXXXX,. Il contratto, in Tratt. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II edpatto penale cit., Milano160. Inoltre, 2011lo stesso art. 1708 c.c. al primo comma prevede che il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, 343sma anche quelli che sono necessari al loro compimento, facendo intendere come il legislatore si sia posto il problema, già nella disciplina del mandato, dei poteri impliciti di cui necessitava l’istituto, figuriamoci nel contratto in esame. La precisazione è molto rilevanteNon tanto perché molte volte per lo stesso viene richiamata la disciplina del mandato, ma soprattutto poiché l’escrow account agisce su interessi in gioco diversi e/o in contrapposizione per cui sarebbe difficile chiedere un reale chiarimento alle parti. Infine, un’ultima conferma della soluzione proposta arriva sempre dal- la disciplina del mandato, in quanto rivela fin d’ora il secondo comma dell’art. 1711 c.c. così recita: «il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che l’accertamento causalenon possano essergli comunicate in tempo, pur sempre intesa faccia- no ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la causa sua appro- vazione». Il legislatore, quindi, è consapevole che le regole pattizie possono risultare non adeguate ad affrontare circostanze non ipotizzate o non ipotizzabili, e attri- buisce poteri impliciti al mandatario con l’unica condizione della presunta ragio- nevole approvazione da parte del mandante. Traslando il discorso sulla figura in senso oggettivoesame, ossia è possibile sostenere che per le questioni che attengono a interessi delle parti, la ragionevole approvazione xxxxxx- sta dalla norma possa equivalere in questo caso alla compatibilità con riguardo a ciò la funzione attribuita dalle parti, dato che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, molte volte la circostanza non può prescindere dal considerare ipotizzata nel con- tratto di escrow crea un conflitto tra i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei due contraenti, quand’anche e quindi risulta impossibile una approvazione postuma. Con questo non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattualesi intende sostenere che non sia una buona tecnica redazio- nale quella di prevedere espressamente nel contratto queste prerogative all’escrow holder, qualora essi non possano essere relegati essendo tra l’altro delle facoltà nella disponibilità delle parti, ma che pure in assenza di una previsione tali poteri siano insiti nel ruolo 75. In secondo luogo, a rappresentazioni lui è affidato il compito di effettuare sulla causa concre- ta del foro internocontratto un controllo costante, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamacioè sia nella fase genetica sia durante l’e- secuzione dell’escrow.

Appears in 1 contract

Samples: Escrow Account Agreement

XXXXX,. Il contratto, in Tratt. dir. priv. La Corte di giustizia respinge il ricorso promosso dalla Commissione europea contro la Repubblica federale di Germania a cura seguito del reclamo sollevato da un cittadino che riteneva di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II ed., Milano, 2011, 343sversare canoni troppo elevati per lo smaltimento dei rifiuti. La precisazione sentenza stabilisce che la scelta di quattro Landkreise tedeschi (circoscrizioni amministrative) di stipulare un appalto di servizi per lo smaltimento dei rifiuti con la città di Amburgo senza applicare le procedure di gara previste dalla direttiva 92/50/CE (oggi trasposta nella direttiva 2004/18/CE) è molto rilevantecompatibile con l’ordinamento comunitario. I giudici di Lussemburgo non confermano le conclusioni presentate dall’Avv. generale Xxx Xxxxx0, e dichiarano che le modalità con le quali è stato instaurato il rapporto contrattuale tra le amministrazioni tedesche non pregiudica l’obiettivo delle norme comunitarie in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causalemateria di appalti pubblici, pur sempre intesa vale a dire “la causa libera circolazione dei servizi e l’apertura alla concorrenza non falsata in senso oggettivotutti gli Stati membri”, ossia con riguardo a ciò che il negozio poiché: (a) “è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili retto unicamente da considerazioni e prescrizioni connesse al perseguimento di “interesseobiettivi d’interesse pubblico” e (b) non viola il principio della parità di trattamento degli interessati, dal momento che “nessun impresa privata viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”. Secondo la Corte, che accoglie la tesi difensiva proposta dallo Stato tedesco, il rapporto contrattuale attivato tra le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni amministrazioni configura un “accordo di cooperazione regionale” finalizzato alla gestione in comune del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettiviservizio di smaltimento rifiuti. Il consensoDetto rapporto”, in questo sensoprecisano i giudici, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamanon

Appears in 1 contract

Samples: Accordo Di Cooperazione Per La Gestione Di Un Servizio Pubblico

XXXXX,. Il contratto, cit., p. 1993, 141, nota 1 – secondo cui « (...) Il campo è dominato dalla regola della buona fede. Se la lingua naturale dei contraenti è la medesima, e il dichiarante volutamente usa una lingua diversa, che il destinatario non conosce, quest’ultimo non è ob- bligato a fare la benché minima ricerca. Il caso è diverso se il dichiarante, che non parla la lin- gua del destinatario, crede che quest’ultimo capisca o se il dichiarante non ha la possibilità di utilizzare un interprete e così via ». senso – che degradano progressivamente verso l’atto di adesione, pur sem- pre negoziale – ma non la escludono del tutto permanendo sempre la libertà, appunto, di non aderire. La mera pressione del tasto negoziale virtuale – non accompagnata da ulteriori comportamenti – sembra, in Trattconclusione, corret- tamente riconducibile – in quanto codice linguistico simbolico non verbale, iconico, socialmente rilevante – alla manifestazione di accettazione espressa mediante dichiarazione. Il codice alfabetico del linguaggio umano e il codice iconico basato su simboli del linguaggio telematico ipertestuale – pur com- prensibilmente diversi tra loro – sono, infatti, entrambi strumenti linguistici in senso ampio (65). Conclusione – nel senso della natura dichiarativa della pressione del tasto negoziale virtuale – confortata anche dalla scelta normati- va comunitaria e nazionale dell’ambito definitorio della firma elettronica de- bole, categoria in cui detto procedimento tecnico – virtuale – di adesione in senso stretto può essere assimilato. A tutela dei consumatori la nuova dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II ed., Milano, Ue 25 ottobre 2011, 343sn. 83 stabilisce – con riferimento ai contratti a distanza con- clusi con mezzi elettronici – che “se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’or- dine implica l’obbligo di pagare il professionista” (art. 8.2 - dir. 2011/83). Se il fornitore non osserva tale prescrizione informativa, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine (art. 8.2 - dir. 2011/83). La precisazione è molto rilevantepressione del tasto negoziale virtuale associata all’invio dei numeri della carta di credito – fattispecie ricorrente nella prassi negoziale del commercio elettronico – sembra, invece, essere assorbita dalla vis attractiva della manifestazione im- plicita dell’accettazione mediante comportamento concludente esecutivo ex art. 1327 c.c. In tal caso la pressione del tasto negoziale virtuale sembra rile- vare quale pronto avviso ex art. 1327, comma 2°, c.c. Altra dottrina ritiene, in- vece, che la fattispecie in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causaleesame integri un tertium genus consistente nell’ac- cettazione con contestuale inizio dell’esecuzione (66). Si ritiene, pur sempre intesa pertanto, di poter concludere nel senso della natura atipica del tasto negoziale virtuale sotto il duplice concorrente profilo del procedi- mento formativo e della forma – volontaria – per la causa validità del contratto virtuale in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, stretto. 9. L’asimmetria di potere contrattuale tra le parti – caratteristica della contrattazione telematica non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni negoziata del foro interno, né si risolvano contratto virtuale in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamasenso stret-

Appears in 1 contract

Samples: Contratto

XXXXX,. Il contrattoLa legge 21 Febbraio 1991, n. 52 sulla disciplina della cessione dei crediti di impresa, in TrattBanca borsa e titoli di credito, 1991, fasc. dirI, p. 409. privmercato i beni ed i servizi prodotti nell’esercizio dell’impresa industriale; tutti i contratti, altresì, mediante i quali si esplica l’intermediazione nella circolazione dei beni propria dell’impresa intermediaria; o, ancora, i contratti di trasporto, bancari, o assicurativi, attraverso i quali si esercitano le relative imprese”108. Ma che dire dei contratti “stipulati per esitare gli strumenti aziendali obsoleti, o per smobilizzare le scorte”109?. Anche qui si rilevano due orientamenti opposti: in base al primo si opera un’interpretazione restrittiva e si ritiene corretta l’equazione fra i crediti sorti “da contratti stipulati dal cedente nell’esercizio dell’impresa”, (legge n. 52 del 1991), ed i soli crediti che costituiscono il corrispettivo di cessione di beni o di prestazione di servizi, alla cui produzione o scambio l’attività d’impresa è diretta110. Contrariamente il secondo orientamento sostenuto da autorevole dottrina dispone che tali contratti vadano compresi nell’ambito di applicazione della norma; in quanto risultano compatibili con il dettato normativo e con la ratio sottostante alla legge n. 52 del 1991. Infatti: “se la ratio dell’art.1 è quella di consentire l’applicazione di una disciplina privilegiata alle società di factoring che si pongono al servizio degli imprenditori consentendo loro la smobilizzazione di crediti di impresa, coerenza vuole che l’interpretazione della norma sia diretta ad allargare l’ambito dei crediti cedibili sino a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II edricomprendere tutti quelli che sorgano da contratti stipulati dal cedente per l’esercizio della propria attività”111. In ultima analisi si confronta la disciplina speciale: che 108 Cit., MilanoX.XXXXX, 2011op. cit.,p. 109. 109 Cit., 343s. La precisazione è molto rilevanteX.XXXXX, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causale, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamaibidem.

Appears in 1 contract

Samples: Factoring Agreement

XXXXX,. Il contratto, cit.. 14 X.Xxxxx, Il contratto, ult.cit. 15 Cass. 30/06/2005 n. 13954 La dottrina dominante è molto critica nei confronti della posizione assunta dalla giurisprudenza. Si ritiene, infatti, che non sia possibile identificare la perizia contrattuale come figura autonoma. Il carattere tecnico dell’operazione che deve essere espletata dal terzo non esclude che l’atto vada a determinare il rapporto contrattuale altrui oppure a comporre una controversia. Ne discende che in Trattogni caso la perizia o integra un elemento del contratto, ed allora è arbitraggio, oppure risolve una controversia, ed allora è arbitrato irritale16 . dirCiò soprattutto ove si consideri le ipotesi in cui le parti abbiano stabilito in via preventiva di impegnarsi ad accettare che l’importo di un indennizzo debba essere determinato da un collegio di esperti. privL’accettazione in via preventiva fa risaltare come l’atto del perito incida sul rapporto contrattuale, integrandolo17. Sempre al fine di contrastare l’orientamento giurisprudenziale si è, altresì, osservato come sia difficile ritenere che la determinazione del terzo possa essere del tutto scevra da valutazioni discrezionali o giudizi soggettivi. Ciò soprattutto se si considera la fase in cui, dopo aver studiato la questione con la propria specifica competenza tecnica, il terzo debba applicare alla fattispecie concreta i risultati dello studio condotto. Inoltre la scelta delle parti di rimettere ad un terzo la decisione di integrare un elemento del contratto fa perdere a cura quest’ultima il carattere di X. Xxxxxx mera dichiarazione di scienza e conseguentemente assumere quello decisionale18 . Si dubita, pertanto, che sia possibile riconoscere alla perizia un’autentica autonomia sul piano strutturale e funzionale. Si è rilevato, infatti, come il riferimento alla natura tecnica dei criteri di valutazione adottati non sembra poter costituire un criterio sufficiente a distinguere la c.d. perizia contrattuale dall’arbitrato e dall’arbitraggio 19. In primo luogo si osserva che il riferimento all’ equità, contenuto nell’art. 1349 c.c., non è tale da distinguere arbitratore e perito perché la determinazione equitativa dell’arbitratore si caratterizza proprio per la sua natura di relatio e per la necessità di una rispondenza della scelta operata dal terzo ai criteri di valutazione fissati dalle parti che hanno conferito preventivamente l’incarico20 . La determinazione del terzo è dunque espressione del suo equo apprezzamento, ispirato pur sempre a parametri oggettivi21 , qualora “sia vincolata a criteri tecnici di comune accezione” 22. E questa interpretazione è ritenuta la migliore perchè «vale a soddisfare meglio le esigenze delle parti e corrisponde certamente alla loro normale volontà»23 L’art. 1.1, rubricato “Libertà contrattuale”, riconosce alle parti la possibilità di determinare liberamente il contenuto del contratto: “Le parti sono libere di concludere un contratto e di determinarne il contenuto”. Nel caso in cui le parti abbiano lasciato intenzionalmente delle clausole in bianco l’art. 2.14 stabilisce che: 16 Xxxxxx, Diritto Civile, 3, Il contratto, Milano, Xxxxxxx, 1987, 330 ss. Cfr. anche X. Xxxxx, II edIl Contratto, cit., Milano352-353 17 Xxxxxx, 2011, 343s. La precisazione è molto rilevante, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causale, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamaop.ult.cit.

Appears in 1 contract

Samples: Contract Law

XXXXX,. Il contrattorecente orientamento giurisprudenziale in tema di contratti derivati anche in relazione alla disciplina comunitaria. Focus su scenari di performance e mark to market, Dir. comm. internaz., 2021, 162. (25) Cass., S.U., n. 8770/2020, cit. In dottrina, X. Xxxxxxx Xxxxxx, Noterelle a margine di cass., Sez. Un., 12 maggio 2020, n. 8770: asimmetrie informative e meritevolezza dei contratti IRS, in Tratt. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. XxxxxBanca, II edborsa ecc., Milano2021, 2011II, 343s60. (26) Il presupposto soggettivo, essere una delle parti un intermediario autorizzato, che esime i derivati dalla eccezione di giuoco è funzionale a garantire la “razionalità” dell’alea: infatti, è la «logica della “razionalizzazione” a consentire di distinguere fra speculazione e scommessa. La precisazione Lo speculatore compie, bensì, una scommessa, ma su base razionale o quanto meno “razionalizzabile”, sicché, se vince, è molto rilevanteper aver avuto una “migliore padronanza” dei dati disponibili, mentre lo scommettitore vero e proprio vince per pura fortuna. Il contributo utile dello speculatore sta, quindi, nell’immissione nel sistema di “ricchezza informativa”: il prezzo di mercato dei rischi è la risultante di una serie di contributi di “ricchezza informativa”» (X. Xxxxxxxxx, Operazioni su derivati: contratti o scommesse?, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causaleContratto e impr., pur sempre intesa la causa in senso oggettivo2009, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi1134). Il contratto è pertanto consensomeritevole”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., se la controparte privata è in questo senso, permane un punto grado di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamaassumere una alea razionale.

Appears in 1 contract

Samples: Interest Rate Swap Agreement

XXXXX,. Il contrattoLe Nuove disposizioni sul contratto a tempo determinato e sul contratto a progetto, Relazione tenuta al corso di aggiornamento professionale per avvocati Inps, Le recenti riforme in tema di diritto del lavoro e di processo civile, in Tratt. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx Roma e X. Xxxxxvideoconferenza, II ed14 e 15 novembre 2012, datt., Milano, 2011, 343s3. dall’indicazione delle ragioni oggettive che ordinariamente consentono la stipula di un contratto di lavoro a termine. La precisazione possibilità di stipulare contratti a termine a-causali non è molto rilevantein realtà nuova nel nostro ordinamento, che la prevede da tempo per le aziende dei servizi aeroportuali e del trasporto aereo (art.2 d.lgs. n.368/2001), ma in tal maniera detta possibilità viene generalizzata a tutti i settori, seppur limitata a un primo contratto di un anno. Tale contratto non può essere prorogato, perché la proroga presuppone ragioni oggettive che sono qui assenti, oltre che per il carattere eccezionale e derogatorio di un contratto a termine a-causale rispetto a quello ordinario, fondato su necessità temporanee di lavoro. La proroga, infatti, riflette la necessità di un prolungamento del contratto iniziale sempre per esigenze temporanee e non è quindi compatibile con un accordo individuale che prescinde dalla temporaneità delle ragioni del lavoro80. Poiché nella norma manca un espresso divieto di riassumere con un contratto a-causale il medesimo lavoratore, è da ritenersi che ben potrà stipularsi un contratto a-causale con un lavoratore che già ha avuto un precedente simile rapporto, ma con un’altra impresa, così come si potranno registrare casi di aziende stipulanti rapporti a-causali con diversi lavoratori assunti a termine una prima ed unica volta. E’ invece esclusa la possibilità per il datore di lavoro di riassumere a termine, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 bis del decreto n.368, il medesimo lavoratore seppure con mansioni differenti rispetto a quelle precedentemente svolte. A tale primo rapporto a tempo determinato la lettera b) affianca un ulteriore contratto a termine a-causale, senza il requisito delle esigenze tecniche e organizzative, definito dall'autonomia collettiva “nell'ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui all'articolo 5, comma 3” e cioè per l'avvio di una nuova attività, il lancio di un prodotto o di un servizio 00 X. Xxxxxxxx, La riforma del contratto a termine…,2012, op.cit. innovativo, l'implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico, la fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo, il rinnovo o la proroga di una commessa consistente. Tale possibilità è peraltro vincolata a una franchigia del 6% del totale dei lavoratori occupati nell'ambito dell’unità produttiva. In questa maniera il legislatore utilizza lo strumento della delega al contratto collettivo non per ridurre la rigidità della norma, come di solito avviene, ma per introdurre nuove forme di lavoro a tempo determinato in un quadro che appare già liberalizzato. L’opportunità di tale decisione è da rinvenire nella possibilità, per le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, di prevedere un termine di durata superiore (o inferiore) ai 12 mesi previsti dalla prima parte della normativa. Si lascia quindi alle parti sociali, in via diretta a livello interconfederale o di categoria ovvero in via delegata ai livelli decentrati, il compito di definire un tempo massimo che costituisce un differente punto di equilibrio rispetto a quello rinvenuto dal legislatore. Seppur in assenza di un regime sanzionatorio specifico, è da ritenersi che la violazione delle disposizioni di cui all’art.1, comma 1 bis, determini la nullità del termine e la conversione del rapporto a tempo indeterminato, ai sensi degli articoli 1418 e 1419, c. 2, c.c.. Peraltro, l’art. 1, comma 9, lettera e), della legge n.92/2012 estende il periodo di tolleranza entro il quale il prolungamento del contratto oltre il termine finale (eventualmente prorogato) non determina la sua conversione in un rapporto a tempo indeterminato, ma soltanto un incremento della retribuzione dovuta. I termini di venti giorni (per i contratti fino a sei mesi) e quello di trenta giorni (per i contratti superiori a sei mesi) vengono infatti elevati rispettivamente a trenta e cinquanta giorni. Superato tale breve periodo di tolleranza senza che il rapporto sia effettivamente cessato, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Questa modifica ha subito sollevato perplessità, dal momento che i termini originariamente previsti erano più che sufficienti ad impedire gli effetti negativi sopra descritti. La loro estensione, dunque, non sembra avere una reale giustificazione se non quella di consentire al datore di lavoro di poter utilizzare più a lungo il lavoratore anche in assenza delle causali temporanee originarie. Resta ferma la previsione normativa secondo cui, nel caso di protrazione della prestazione lavorativa dopo il maturare del termine, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore una retribuzione maggiorata, pari al venti per cento fino al decimo giorno successivo alla scadenza del termine ed al quaranta per cento per ciascun giorno ulteriore. E’, comunque, necessaria la previa comunicazione al Centro per l’impiego territorialmente competente, da effettuarsi entro la scadenza del termine inizialmente fissato indicando altresì la durata della prosecuzione. Tale modifica all’art.5 del d.lgs. n.368/2001 con l’inserimento del comma 2 bis, è stato ritenuto irragionevole poiché il periodo “cuscinetto” è stato introdotto da tempo non per prosecuzioni di fatto programmate con precisione in anticipo, quanto per situazioni dovute a disguidi o a esigenze del momento per definizione incompatibili con precise comunicazioni preventive81. La legge inoltre non prevede alcuna sanzione, neanche economica, nel caso di mancata comunicazione e non incentiva quindi l’applicazione della norma. In direzione opposta rispetto ai provvedimenti finora analizzati, ossia nel tentativo di limitare la reiterazione dei rapporti a termine, l’art.1, comma 9, lettera g), della l. n.92/2012 interviene sugli intervalli temporali tra i contratti a tempo. Tra un contratto a termine e l’altro devono intercorrere, pena la trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, i seguenti intervalli: 60 giorni, dalla data di scadenza di un contratto di durata non 81 X. Xxxxxxxxx, La riforma del lavoro 2012, Torino, Xxxxxxxxxxxx, 2012. superiore a 6 mesi; 90 giorni, dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a 6 mesi. La successiva lettera h), tuttavia, stabilisce che “I contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 1-bis, possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a venti e trenta giorni nei casi in cui l’assunzione a termine avvenga nell’ambito di un processo organizzativo determinato dall’avvio di una nuova attività; dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente”. Con una modificazione introdotta dalla legge n. 134/2012 di conversione del decreto legge n.83/2012 (c.d. decreto sviluppo) l’articolo 46 bis, modificando la legge n.92/2012 appena approvata, introduce la deroga sulle riassunzioni a termine per gli stagionali, che è possibile se il secondo rapporto a termine è instaurato dopo venti giorni (anziché sessanta) se il contratto è di durata fino a sei mesi o dopo trenta (anziché novanta) se il contratto è di durata superiore ai sei mesi. Analogamente, la stessa disposizione amplia la possibilità di riduzione degli intervalli in esame sino a venti o trenta giorni, possibilità che viene affidata ai contratti collettivi di ogni livello e senza ulteriori condizioni. Un'ulteriore disposizione diretta a ridurre la precarizzazione del lavoro si rinviene nella modifica del comma 4 bis dell’art. 5 del d.lgs. n.368/2001. Nel computo dei 36 mesi (o del diverso periodo previsto dai contratti collettivi), che costituisce il tetto massimo di rapporti a termine tra le stesse parti e per mansioni equivalenti, devono ora essere computate anche le somministrazioni a tempo determinato, sia quella a-causale prevista dal comma 1 bis del decreto delegato, sia quelle effettuate in base alle esigenze tecniche od organizzative previste dal comma 4 dell’art.20 del d.lgs. n.276/2003. In precedenza infatti le missioni effettuate dallo stesso lavoratore nei confronti del medesimo utilizzatore non potevano essere prese in considerazione nel “tetto” triennale, in quanto rivela fin d’ora tra impresa utilizzatrice e dipendente non sussiste un contratto di lavoro a termine. Infine, l’art.1, comma 11, lettera a), della l. n.92/2012, modifica l’art.32, comma 3, lettera a), della l. n.183/2010 intervenendo in tal maniera sulla disciplina relativa alla impugnazione giudiziale e stragiudiziale dei contratti a termine. Si stabilisce che l’accertamento causale“ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro, pur sempre intesa la causa ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n.368, e successive modificazioni. Laddove si faccia questione della nullità del termine apposto al contratto, il termine di cui al primo comma del predetto articolo 6, che decorre dalla cessazione del medesimo contratto, è fissato in senso oggettivocentoventi giorni, ossia con riguardo mentre il termine di cui al primo periodo del secondo comma del medesimo articolo 6 è fissato in centottanta giorni”. La riforma, che quindi aumenta il termine per l’impugnazione in forma scritta (da 60 a ciò che il negozio è preordinato 120 giorni) e diminuisce quello relativo alle fasi successive (da 270 a produrre sul piano dell’assetto perseguito180 giorni), non può prescindere si applica soltanto alle cessazioni di contratti a tempo determinato verificatesi a decorrere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati 1° gennaio 2013. Nonostante a rappresentazioni una prima lettura l’allungamento del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”primo termine possa sembrare un’agevolazione nei confronti del lavoratore, in questo sensorealtà la situazione è rimasta sostanzialmente invariata dal momento che a fronte di un periodo minimo di sessanta o novanta giorni tra un contratto a termine e l’altro il prestatore tornerà ad avere tempi molto limitati entro cui dover decidere se impugnare o meno il contratto. Inoltre, permane un punto mentre in precedenza la somma del doppio periodo di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia decadenza era pari a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” 330 giorni (3160 + 270), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico i giorni complessivi sono in tal modo 300 (introducendo il concetto di “funzione”120 + 180), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamavenendo quindi anche in questo caso a peggiorare la situazione ex ante.

Appears in 1 contract

Samples: Contratto Di Lavoro a Tempo Determinato

XXXXX,. Il contrattomercato nella costituzione, op. cit., 18. Tale concetto si potrebbe ricondurre prima ancora che al primo comma dell’art. 41 (e a come è stato interpretato a seguito dell’avvento dei principi economici comunitari), alla clausola dell’utilità sociale. La presunta inconoscibilità della formula, lamentata da Einaudi, si è in realtà sviluppata, come visto, nel modo prospettato da Malagugini, ossia diventando non uno strumento di arbitrio legislativo, bensì un “principio-valvola” dell’ordinamento che ha garantito allo stesso di potersi adattare ed evolversi di pari passo con le esigenze economiche, politiche e sociali del Paese, rispondenti al processo di trasformazione sociale di cui all’art. 3, comma 2, Cost. Il rilievo che la formula dell’utilità sociale ha avuto nello sviluppo della Costituzione economica, infatti, è stato tale che alcuni hanno rintracciato in essa il fondamento per il principio di libera concorrenza. Quest’ultima, infatti, come visto, comprenderebbe anche interessi economici massimamente garantiti da un funzionamento concorrenziale del mercato e tra i fini sociali cui l’iniziativa economica privata va indirizzata e coordinata ai sensi del comma 3 vi sarebbero anche quelli inerenti al funzionamento del mercato. In tal senso G. OPPO, L’iniziativa economica, op. cit., 309 ss. La diretta applicabilità della normativa europea nonché la prevalenza della stessa sulle norme di diritto interno all’insegna delle limitazioni di sovranità di cui all’art. 11 Cost., e l’interpretazione evolutiva dell’art. 41 Cost., hanno fatto sì, infatti, che potesse essere pienamente abbracciato il radicale cambiamento, di cui si è detto, del modo di concepire ed interpretare l’intera Costituzione economica. Tale integrazione è stata poi consacrata anche dalla riforma del titolo V della Costituzione che ha reso sicuramente più consistente (con le anzidette specificazioni) la garanzia della libera concorrenza nel nostro ordinamento costituzionale79. I cambiamenti che si è cercato di ricordare hanno richiesto, al fine di valorizzare tutte le potenzialità della Carta costituzionale, infatti, un’interpretazione dell’art. 41 Cost. capace di legare la libertà di impresa al più ampio contesto della libertà economica nel mercato80. A dimostrazione di ciò, la l. 10 ottobre 1990, n. 287 “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”81 all’art. 1, rubricato “Ambito di applicazione e rapporti con l'ordinamento comunitario” prevede, al primo comma, che «le disposizioni della presente legge, si applicano alle intese, agli abusi di posizione dominante e alle concentrazioni di imprese», in Trattattuazione «dell’articolo 41 della Costituzione a tutela e garanzia del diritto di iniziativa economica». dirSeguendo tale interpretazione può notarsi come la Costituzione, in tale occasione, è riuscita ad avere quel ruolo che, usando le parole di Xxxxxxx, le è 79 Sul rilievo che tale riforma ha avuto nell’ambito della tutela della concorrenza v. M. X’XXXXXXX, La tutela della concorrenza in un sistema a più livelli, in Dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II edamm., Milano4, 20112004, 343s705 ss. Secondo l’A. il “nuovo” titolo V ha contribuito certamente a rafforzare la garanzia della concorrenza e del mercato, facendone un elemento fortemente unificante nel nostro sistema giuridico. Anzitutto per via del vincolo che in questa materia discende dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionale sulle leggi statali e regionali ed inoltre anche per via dell’attribuzione esclusiva alla legge statale di una materi- funzione trasversale come la “tutela della concorrenza”. In tal modo le regole e il principio della concorrenza sono divenuti una sorta di “timone” della normazione economica statale e regionale”. 80 In tal senso M. X’XXXXXXX, La precisazione è molto rilevantetutela della concorrenza, op. cit. e anche A. PACE, Libertà “del” mercato e “nel” mercato, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causaleLa Costituzione economica, pur sempre intesa Atti, del Convegno dell’Associazione dei costituzionalisti (Ferrara, 11-12 ottobre 1991), Cedam, 1997, 175 ss. 81 Tale legge ha concretamente recepito la causa in senso oggettivocostituzione economica europea e ha istituito l’Autorità garante della Concorrenza e del mercato. proprio, ossia con riguardo di essere «un ponte lanciato verso l’avvenire»82, in grado di dispiegare le sue nascoste (e non previste) potenzialità. Nei paragrafi e nei capitoli successivi si vedrà come la tutela della concorrenza che, come visto, ha faticato ad essere recepita a ciò che livello costituzionale, ha poi permeato non solo il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguitomercato in generale ma, non può prescindere più in particolare, ha cambiato la figura del c.d. Stato banditore che, influenzato dal considerare i profili di “interesse” diritto UE, ha dovuto orientare la propria azione (anche normativa) in funzione della garanzia della concorrenza e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivimercato libero e aperto. 3. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamaruolo della Pubblica amministrazione nel mercato

Appears in 1 contract

Samples: Tesi Di Dottorato

XXXXX,. Il contrattoLe procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento,cit., p. 4. alla remissione del debito ex art. 1236 cod. civ. oppure, in Trattalternativa, che l’effetto concretizzi un pactum de non petendo tra il debitore e il creditore con riferimento alla parte non soddisfatta del debito104. dirL’opinione prevalente, invece, ritiene che le obbligazioni colpite da esdebitazione costituiscano delle obbligazioni naturali ai sensi dell’art. priv2034 cod. a cura civ.: pur essendo dichiarate inesigibili, infatti, nulla vieta che il debitore decida comunque di X. Xxxxxx e X. Xxxxxadempierle, II edsenza diritto di ottenere la ripetizione di quanto prestato spontaneamente105. Al di là della corretta qualificazione formale dell’istituto, l’effetto più rilevante dell’esdebitazione dal punto di vista sostanziale rimane la limitazione di responsabilità di cui beneficia il debitore106. L’obiettivo di recuperare al mercato soggetti produttivi di reddito, infatti, verrebbe frustrato dalla permanenza del vincolo ex art. 2740, primo comma, cod. civ., Milanosul patrimonio successivo alla chiusura della procedura concorsuale107. Nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, 2011l’emersione di un secondo patrimonio è un fatto ricorrente: ciò soprattutto perché è fisiologico che a seguito della concessione dell’esdebitazione le persone fisiche (ma ormai – vista la possibilità di concedere la discharge anche alle persone giuridiche – non solo) continuino ad operare sul mercato tramite la formazione di un nuovo patrimonio108. 104 X. XXXXXXXXX, 343s. La precisazione è molto rilevanteL’esdebitazione, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causalecit., pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”), è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamap. 2034.

Appears in 1 contract

Samples: Not Applicable

XXXXX,. Il contrattoLa contrattazione standardizzata…, in Tratt. dir. priv. a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II edcit., Milano503; C.M. XXXXXX, 2011Diritto civile…, 343s347, il quale sottolinea che si debba escludere che sia richiesto all’aderente «un particolare sforzo o una particolare competenza per conoscere le condizioni generali usate dal predisponente». La precisazione Cfr. però A. GE- NOVESE, Condizioni generali…, cit., 804, per il quale la norma dell’art. 1341 co. 1 c.c. impone in capo all’aderente uno sforzo di diligenza «molto più gravoso dell’ordinario». della volontà con il principio dell’autoresponsabilità21. Specularmente, è molto rilevanterichiesto al predisponente un onere di rendere conoscibili le proprie condizioni generali: si può ritenere che, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causalenell’attuale società digitalizzata, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò tale onere possa assolversi anche pubblicando le condizioni generali sul sito web dell’im- presa (si può però ragionevolmente pretendere che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguitopredisponente dimostri di aver fornito all’aderente l’indirizzo url ove rinvenire le condizioni). Le condizioni generali non conoscibili con l’ordinaria diligenza non sono nulle, non può prescindere ma – come si evince dal considerare chiaro dato testuale – inefficaci22. Secondo l’opinione prevalente, si tratta di inefficacia assoluta (ossia rilevabile d’ufficio dal giudice)23. Un problema particolare si pone quando entrambi i profili contraenti abbiano predi- sposto condizioni generali di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenticontratto. In questa circostanza (spesso definita, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattualenella letteratura internazionale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31battle of the forms), la regola codicistica non chiarisce se una delle due regolamentazioni standard prevalga e sia integralmente efficace nei confronti dell’altro contraente o se siano entrambe applicabili al contratto concluso e 21 V. per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero tutti X. XXXXXXX-FERRARA, Il negozio giuridico (introducendo il concetto di “funzione”)nel diritto privato italiano, è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipicoNapoli, invariabile1945, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiama198.

Appears in 1 contract

Samples: Conditions of Contract

XXXXX,. Il contrattorinvio delle leggi regionali: l’art. 127 della Costituzione, in TrattAA. dirVV., Il controllo dello Stato sulle Regioni, Atti del Convegno C.I.D.I.S. (Centro Internazionale di Studi Giuridici), Jesolo, 29-31 maggio 1986, Cedam, 1987, p. 127. priv84 Così G. PASTORI, L’esperienza dei rinvii nelle Regioni a statuto ordinario, in Le Regioni, 1986, p.774, il quale, poco dopo rileva come “Per contro, i dati dell’esperienza via via emergenti hanno contribuito ad avallare un’opposta prospettazione”. In un ordinamento in cui le aree di competenza riconosciute alle Regioni e i limiti alla loro azione sono sanciti da una Costituzione rigida non era prerogativa del Governo il sostituirsi alle Camere per attuare una loro modificazione: ciò avrebbe significato ammettere che il medesimo avesse la facoltà di violare di proposito la legge, in netto contrasto con i principi di uno Stato di diritto85. Secondo questa visione, inoltre, la distinta previsione, accanto a quello di legittimità, di un controllo di merito, per sua natura implicante valutazioni di carattere politico, avrebbe dovuto consentire di non ricomprendere drasticamente il rinvio tra gli atti di esercizio del potere politico, ma di evidenziare l’anima prettamente giuridica del controllo. La questione, come intuibile, non era di poco conto giacché propendere per l’una o l’altra di queste impostazioni significava riconoscere una valenza diversa al giudizio in via d’azione. Da sempre infatti i giudizi in via principale si contraddistinguono, come si è visto, per la loro connotazione ambigua di giudizi di legittimità delle leggi da un lato e giudizi su un conflitto di attribuzioni legislative dall’altro86. Secondo il primo significato si caratterizzerebbero in senso prevalentemente oggettivo, giacché diretti a garantire la conformità costituzionale dell’ordinamento; nel secondo senso, invece, assumerebbero una valenza innanzitutto soggettiva, in quanto volti a tutelare l’interesse concreto della salvaguardia delle sfere di competenza previste in Costituzione. Sposare la tesi del rinvio governativo come atto sostanzialmente politico significava esaltare l’anima “contenziosa”87 del giudizio davanti alla Corte; un giudizio “di parti”, tra autorità politiche, in cui la Consulta avrebbe svolto una funzione sostanzialmente analoga a quella esercitata in sede di conflitto di attribuzioni. Di contro, sostenere la natura neutrale del controllo equivaleva a vedere nel ricorso in via principale e preventivo alla Corte costituzionale lo strumento con cui agire a tutela dell’integrità dell’ordinamento, in cui lo Stato solo formalmente avrebbe ricoperto il ruolo di parte, mentre da un punto 85 Così E. XXXXX, loc. ult. cit.. 86 Così G. ZAGREBELSKY, X. XXXXXXX, Giustizia costituzionale, Il Mulino, 2012, p.321. Così anche X. XXXXX secondo cui il giudizio in questione è animato da un “oscillare senza soluzione tra le opposte sponde del controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi e della risoluzione dei conflitti di attribuzione”, in Garanzie costituzionali, in Commentario alla Costituzione (a cura di X. Xxxxxx e X. Xxxxx, II ed., Milano, 2011, 343s. La precisazione è molto rilevante, in quanto rivela fin d’ora che l’accertamento causale, pur sempre intesa la causa in senso oggettivo, ossia con riguardo a ciò che il negozio è preordinato a produrre sul piano dell’assetto perseguito, non può prescindere dal considerare i profili di “interesse” e le consapevoli scelte dei contraenti, quand’anche non desumibili dall’oggettivo contenuto o regolamento contrattuale, qualora essi non possano essere relegati a rappresentazioni del foro interno, né si risolvano in semplici motivi soggettivi. Il “consenso”, in questo senso, permane un punto di riferimento necessario, inteso anche come consapevole configurazione e collocazione del negozio in un determinato contesto. Ciò premesso, guardando alle teorie oggettive, ossia a quelle secondo cui “la causa va ricercata in qualche elemento obiettivo, esterno e autonomo rispetto alle rappresentazioni mentali dei contraenti” (31Xxxxxx), per comprendere l’evoluzione che sul punto ha interessato il pensiero giuridico (introducendo il concetto di “funzione”)Il Mulino, è d’obbligo muovere dalle parole dell’illustre Autore che relegava all’ambito dei motivi soggettivi tutte quelle funzioni ulteriori e diverse dallo scopo tipico1981, invariabile, dell’atto: “questa funzione che il negozio deve adempiere, riguardata come ragione determinante del soggetto al negozio, appare e si chiamap.332.

Appears in 1 contract

Samples: Tesi Di Dottorato