Common use of XXXXX, Clause in Contracts

XXXXX,. La tutela dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europea, relazione al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –

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XXXXX,. La tutela dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione EuropeaXx sponsorizzazione tecnica e lo sfruttamento commerciale del marchio sportivo, relazione in Nuova giur. civ., 2010, 12. fornire allo sponsor un’autorizzazione a sfruttare la propria immagine per scopi pubblicitari. Pertanto, al convegno Rapporti tra le fonti fine di individuare una disciplina rigorosa, unitaria e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) generale che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione possa applicarsi alle diverse estrinsecazioni del contratto di lavoro»sponsorizzazione sarà necessario ricostruirne l’evoluzione nel corso del tempo e tentare di identificarne le caratteristiche di base. Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” Originariamente, sotto il punto di vista giuridico, nelle sue forme più elementari, la sponsorizzazione altro non era che una vera e propria donazione attraverso la quale il mecenate del diritto dell’Unionetempo donava ad un soggetto una somma di denaro al solo fine di aiutarlo nell’impresa che egli doveva apprestarsi a compiere. Nessun corrispettivo era previsto e la causa del contratto altro non era che lo spirito di liberalità che muoveva il mecenate. Progressivamente, e questo schema iniziale iniziò a mutare. L’atto consiste, pur sempre, in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata una dazione di denaro da parte del diritto europeo, come nell’i- potesi classica mecenate ad un soggetto per il compimento di una legge che recepisce una diret- tivadeterminata attività, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso tuttavia il mecenate inizia a riservarsi il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Cartarendere noto il fatto al pubblico. Né mi pare rilevante Lentamente, dunque, lo spirito di liberalità lascia il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattatoposto ad un nuovo elemento voluto dalle parti: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgoritorno pubblicitario, che nell’applicare diventa così la Carta ha causa del contratto. In altre parole, ciò che il mecenate vuole ottenere è la notorietà del fatto di avere corrisposto la somma di denaro per un fine ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente socialmente utile e meritevole. È bene precisare che l’atto rimane, comunque, tendenzialmente unilaterale in quanto al soggetto ricevente la somma di denaro non è imputata alcuna prestazione, se non il tollerare la divulgazione del rapporto intercorrente tra le parti. Da questo schema contrattuale, chiamato sponsorizzazione impropria o indirettamente colle- gata impura, si passerà al diritto dell’Ue9. La Corte di giustiziapiù complesso schema della sponsorizzazione vera e propria, in particolarecui la condotta delle parti evidenzia esplicite finalità commerciali. In questa fattispecie, ha precisato l’originario mecenate, che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera a questo punto dovrà più propriamente essere chiamato sponsor, non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeosi accontenta del comportamento acquiescente della controparte, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitariacondiziona la corresponsione della somma a specifici comportamenti dello sponsee, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitariedovranno contribuire a perseguire l’effettiva causa del contratto: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –ritorno pubblicitario.

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XXXXX,. La tutela Xx giudice costituzionale e i conflitti tra legislatori locali e centrali, in Le Regioni, 2007, pp. 11-26; relativamente ai primi due periodi si veda anche X. XXXXXXX, Corte costituzionale e Regioni. Sentenze interpretative nel giudizio principale e regionalismo collaborativo, Maggioli editore, 1998, p. 45 e ss. 19 Cfr. Ibidem p.12 Sono molteplici e profonde le ragioni che hanno contribuito al realizzarsi di questo panorama, una su tutte la cattiva stesura della riforma del 2001 che ha generato non pochi problemi e dubbi interpretativi. Per poter vivere e produrre gli effetti sperati in un ordinamento, una riforma costituzionale necessita di interventi successivi da parte del legislatore ordinario; interventi che, nonostante i numerosi rinvii20, in Italia sono di fatto mancati contribuendo ad esasperare il quadro di incertezza generato dalla riforma. A ciò si aggiungano le criticità dovute ad una tecnica redazionale non eccellente e all’inadeguatezza dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europeacriteri di ripartizione delle funzioni tra Stato e Regioni, relazione al convegno Rapporti ulteriormente aggravate dall’insufficienza degli strumenti di raccordo tra le fonti centro e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, periferia21 e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica dalla “perdurante assenza di una legge che recepisce trasformazione delle istituzioni parlamentari e più in generale dei procedimenti legislativi”22. Infine, ha concorso ad esasperare una diret- tivasituazione di crescente litigiosità un fattore più squisitamente politico ovvero quello della contrapposizione tra la maggioranza governativa vincitrice al centro e le maggioranze presenti in molte Regioni23. La somma di questi elementi non ha potuto non incidere significativamente sulla funzione della nostra Corte Costituzionale che, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di fronte all’inesorabile espandersi del contenzioso in via principale, ha finito per trasformarsi da attuazionegiudice dei diritti in giudice dei conflitti”, secondo l’ormai celebre espressione del Presidente Onida24. L’assottigliarsi dello scarto numerico tra le pronunce rese in via principale e quelle rese in via incidentale mostra inequivocabilmente come il giudizio in via d’azione rivesta ormai un ruolo centrale nell’attività della Corte. Si avrà modo nel corso nel presente elaborato di analizzare più attentamente i dati relativi alla giurisprudenza costituzionale degli ultimi quindici anni; si può, tuttavia, fin d’ora ricordare annate quali il 2004, il 2010 e il 2012 in cui la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei 20 Sono numerosi i casi in cuicui la novella costituzionale si esauriva nel rinvio a futuri atti legislativi come, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati alla legge chiamata a fissare i principi di coordinamento della finanza pubblica, a quella sul fondo perequativo, alle norme di procedura per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi la partecipazione delle Regioni alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –fase ascendente dei processi comunitari.

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XXXXX,. Il lavoro autonomo nella riforma del diritto del lavoro, cit., p. 501 ss., nota come «il legislatore, ha riconosciuto che l’esecuzione continuativa di compiti (o mansioni) esecutivi e ripetitivi non può che avere natura subordinata. In definitiva, la norma recepi- sce un dato di esperienza, escludendo la possibilità stessa che la fattispecie del c.d. lavoro a progetto possa includere, quanto meno in via prevalente, la prestazione di attività elemen- tari o di scarso contenuto professionale». 51 Sul punto cfr. X. XXXXXXXXXX, Il contratto di franchising. La tutela dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europeanuova legge sull’affiliazio- ne commerciale. Le norme antitrust europee, relazione al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeoXxxxxx, 0000. I licenziamenti collettiviIn giurisprudenza, Romala Cass., 27 aprile 201515 gennaio 2007, n. 647, in Giust. saminaciv. Mass., poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali2007, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni 6, ha chiarito come «in materia di licenziamento individualefran- chising, prevedendo rimanendo il franchisor ed il franchisee soggetti autonomi e distinti tra loro, il pri- mo non può direttamente richiedere a un debitore del secondo il pagamento di un credito del medesimo, né la competenza comunicazione scritta (nel caso, lettera) indirizzatagli a nome e per conto di adottare direttive quest’ultimo può valere ad interromperne la prescrizione». In tal modo, la Supre- ma Corte di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del Cassazione ha chiarito che il contratto di lavoro»franchising, pur ricostruendo un mo- dello di collaborazione volto ad instaurare una forte integrazione verticale tra franchisor e franchisee, considera gli stessi soggetti autonomi. Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’UnioneX. XXXXXXXXXX, L’outsourcing e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta l’offshoring nell’economia dell’impresa, Torino, 2009. contratto di franchising, fattispecie contrattuale che stabilisce un legame mol- to stretto tra il produttore di un determinato prodotto o servizio e necessitata del diritto europeoil distri- butore di esso, come nell’i- potesi classica sono tenuti al rispetto di criteri che comportano una legge che recepisce una diret- tivarile- vante lesione della loro prerogativa di autonomia; pertanto, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Cartaesercitano un’at- tività a carattere misto 52. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitariaInfatti, il legislatore – europeo franchisor (produttore concedente) vin- cola il franchisee (l’organizzazione concessionaria della distribuzione), im- ponendogli il rispetto dell’esclusiva e nazionale – sia rimasto inertedi regole precise da seguire nelle mo- dalità di vendita, nell’arredamento dei locali adibiti alla vendita e persino nella gestione dei rapporti con la clientela. Quindi, il franchisee, pur essen- do formalmente un autonomo, non è un soggetto totalmente indipendente, perché la sua posizione è sostanzialmente “subordinata” al franchisor. Si assiste alla nascita di figure contrattuali che integrano elementi del la- voro subordinato con elementi del lavoro autonomo: la fine della grande impresa industriale e la globalizzazione dei mercati rendono non più unita- rio il concetto di lavoro subordinato 53, che viene così ampliato sino a com- prendere forme di collaborazione caratterizzate da ampia autonomia del pre- statore 54; per altro verso, i contratti atipici che dominano la pratica degli 52 Come ben rilevato da X. XXXXXXX, Il lavoro autonomo. Contratto d’opera e professioni intellettuali, cit., p. 21: «dopo un secolo sostanzialmente caratterizzato da un’organizzazio- ne industriale tendente all’integrazione verticale della produzione, si assiste, da qualche lu- stro, ad una strategia manageriale volta piuttosto alla disintegrazione dei processi produtti- vi a sua volta basata sulla sostituzione del lavoro subordinato con forme contrattuali di tipo lato sensu commerciale (subcontracting, franchising, concession, outsourcing, ecc.). La portata espansiva e promozionale dei principi fanta- sia creativa degli interpreti, forse troppo a lungo repressa dalla risalente imposizione tota- lizzante ed unitaria suggerita dal paradigma dell’integrazione verticale, può così sbizzarrir- si: sia sul piano interno alla subordinazione (la c.d. frantumazione della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Franssonfattispecie), nonché nelle fattispeciesia ol- tre frontiera; e dal lavoro parasubordinato si passa alle più recenti teorizzazioni sul lavoro par autonomo, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini quale estremo lembo del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –nuovo sistema giuslavoristico».

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XXXXX,. La tutela nuova disciplina delle clausole abusive, Rivista di diritto civile, I - 1994, p. 301. Le prime forme di mobilitazione consumeristica si sviluppano in Italia contemporaneamente agli altri paesi europei. Nel 1955 nasce l’Unione Nazionale Consumatori come evoluzione di un’associazione romana di utenti dei licenziamenti pubblici esercizi che operava da alcuni anni. L’associazione è promossa da un gruppo di giornalisti e di studiosi con una prima specializzazione sul terreno dell’alimentazione che si concretizza ad esempio nelle battaglie per la Legge 283 del 1962 che regolamenta il settore agroalimentare. L’UNC ha dei legami con la Democrazia Cristiana e, in una logica di alleanza tra produttori e consumatori, vede il consumatore come un soggetto da proteggere, è chiaramente interna all’area di governo e risulta, per questo, abbastanza protetta politicamente, ma nel diritto primario dell’Unione Europeacorso degli anni, relazione grazie anche a queste sue caratteristiche, svolge un importante lavoro di informazione e sviluppo culturale. L’UNC impersona il tradizionale modello di associazione europea dei consumatori molto interna alle istituzioni che in Europa, in quegli anni, sono prevalentemente socialdemocratiche, mentre in Italia sono democristiane. Agli inizi degli anni Settanta Xxxxxxx Xxxxxxx assieme ad un gruppo di giovani intellettuali tra cui Xxxxxxx Xxxx, Xxxxxx Xxxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxx, dà vita al convegno Rapporti tra le fonti Comitato Difesa Consumatori dopo l’esperienza di una battaglia civile per la revisione dei foglietti informativi dei medicinali italiani. Verificando che i medicinali italiani riportavano avvertenze più generiche rispetto a quelle degli stessi prodotti distribuiti in altri paesi, il piccolo gruppo riesce ad indurre il Ministero della Sanità a rivedere la regolamentazione attraverso un mix di inchieste giornalistiche, denunce penali e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro»ricerche particolareggiate. Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’UnioneComitato Difesa Consumatori, con la sua rivista animata da Xxxx Xxxxxxxxx, assume come riferimento esplicito il modello americano di Xxxxx Xxxxx di un piccolo gruppo molto determinato con poca presenza territoriale e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica una limitata vocazione a seguire i problemi dei singoli consumatori. Lo scopo è piuttosto quello di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale combattere per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento civili del mercato in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeouna battaglia “evidentemente progressista, popolare, ma non ideologizzabile, non riconducibile ad un conflitto di classe. Una battaglia che si vince solo con un fitto intreccio di diverse esperienze giuridiche, economiche, tecnico scientifiche e di comunicazione … anche ove co- munque si lavora nel campo essendo pochi purché preparati, decisi e insistenti”53. Nel 1974, l’Unione Nazionale Consumatori ed il suo segretario Xxxxxxxx Xxxx, sono accusati da un pretore di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson)Piacenza di aver fatto alzare il prezzo dell’olio: la vicenda suscita gran clamore e una consistente copertura da parte della stampa, nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato sia per la soluzione oppostanotorietà che aveva allora l’associazione, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò sia per l’inserimento della vicenda in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30)battaglie ideologiche. In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatorisecondo grado dopo 18 mesi Xxxx viene prosciolto in istruttoria da tutte le accuse, ma li- mitatamente a violazioni l’associazione impiegherà 7-8 anni per riprendersi e il colpo influisce sull’immagine di tutto il movimento consumatori. Prescindendo da valutazioni storiche sulla vicenda specifica, occorre notare come l’azione giudiziaria abbia interrotto un processo di crescita che ridondino era in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempiosintonia con quanto accadeva negli altri paesi europei. L’anno precedente, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorsonel 1973 l’UNC aveva 50 mila soci paganti, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –un

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XXXXX,. Xx responsabilità civile del professionista, Xxxxxxx, Milano, 1981, p. 24; A. e X. Xxxxxxxxxxx, op. cit., p. 20. comporta mai che costoro diventino parte del rapporto di clientela, restando invece la loro attività assorbita da quella del prestatore d’opera che ha concluso il contratto con il cliente”16. - Divieto dell’esercizio della professione a coloro che non possiedano determinati requisiti di competenza, attestati dall’iscrizione in appositi albi o elenchi: nell’ambito delle professioni intellettuali, si distinguono le cosiddette “professioni regolamentate” - di cui fa parte anche il commercialista – che sono determinate dalla legge e l’esercizio delle quali è subordinato, in base a quanto disposto dall’art. 2229 c.c., all’iscrizione in appositi albi o elenchi, la cui tenuta è demandata agli ordini e collegi professionali, sotto la vigilanza dello Stato (in genere tramite il Ministero della Giustizia). La tutela subordinazione dell’esercizio delle libere professioni all’accertamento, da parte dei licenziamenti nel summenzionati organi competenti, dei requisiti e delle competenze che garantiscano tecnicamente e moralmente il regolare e buon esercizio della singola professione, costituisce un elemento di interesse pubblico17. L’esercizio abusivo della professione comporta una responsabilità verso il cliente, che, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte18, nell’ambito del diritto primario dell’Unione Europeacivile implica, relazione in primis, la nullità assoluta del rapporto tra professionista e cliente, privando il contratto di qualsiasi effetto e, di conseguenza, il professionista perde il diritto di agire al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeofine di ottenere il compenso per l’opera prestata (ex art. I licenziamenti collettivi2231 c.c.). Gli ordini professionali, Romainoltre, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue hanno il potere di dettare agli Stati membri autoregolamentazione dell’attività professionale degli iscritti, attraverso l’emanazione di norme di deontologia, vincolanti per i singoli professionisti, i quali possono essere sottoposti a sanzioni disciplinari qualora violino tali regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cuitengano un comportamento conforme al decoro e alla dignità della professione. Per quanto concerne la professione dei commercialisti, ferma la competenza comunitariadei ragionieri e dei periti commerciali, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerteè necessario precisare che essa è disciplinata dal Codice Deontologico dei commercialisti ed 16 Cass. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di LussemburgoCiv., che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9Sez. La Corte di giustiziaII, 27 agosto 1986, n. 5248; Cass. Civ., Sez. I, 7 luglio 1993, n. 7462; Cass. Civ., Sez. II, 30 gennaio 2006, n. 1847, in particolareCodice Civile annotato con la giurisprudenza, ha precisato che l’obbligo a cura di rispettare i diritti fondamentali opera X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, IV edizione, La Tribuna, pp. 2735 - 2736, quest’ultima sentenza aggiunge che: “Gli eventuali contratti tra il cliente e questi ultimi (sostituti o ausiliari), in assenza di uno specifico mandato in loro favore, non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeogenerano un nuovo rapporto professionale, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione restano assorbiti tra committente e professionista incaricato; ne deriva che quest’ultimo ha un interesse autonomo ad intervenire nella causa intentata dal suo sostituto nei confronti del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati committente per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive pagamento delle norme –relative prestazioni professionali”.

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XXXXX,. La tutela L'importo xxxxx xxxxx viene stabilito dall'Amministrazione dell’IPAB con provvedimento annuale contestuale all'approvazione del Bilancio di Previsione. L’importo xxxxx xxxxx di degenza, anche in corso d’anno, potrà subire le variazioni deliberate dagli organi di amministrazione dell’Ente al fine di rispettare il principio del pareggio xx xxxxxxxx e di consentire la prosecuzione dello svolgimento dell’attività assistenziale. Dette variazioni saranno prontamente e formalmente comunicate all’assistito xx xxxx stipulanti che potranno decidere di recedere dal presente contratto entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso. A garanzia del puntuale pagamento del corrispettivo di soggiorno e delle spese extra il/i referente/i si impegna/impegnano a rilasciare garanzia personale x xxxxx. Il/I referenti/i è/sono stato/i reso/i edotto/i che può/possono rivolgersi al Comune di residenza del beneficiario, per un eventuale sostegno economico, qualora ne ricorrano i presupposti. Il/I referente/i dà/danno atto che il mancato x xxxxxxxx sostegno da parte del Comune, non esonera sé/loro stesso/i dall’obbligo degli impegni di pagamento assunti con la presente impegnativa. Ove al pagamento concorra direttamente il beneficiario sino a concorrenza del proprio reddito e/o in quota parte il Comune, i pagamenti dei licenziamenti referenti rappresentano il corrispettivo per le rette giornaliere non coperte dai versamenti. Il pagamento dovrà essere eseguito presso la Tesoreria dell'IPAB BISOGNIN all’uopo incaricata al ricevimento della fattura di xxxxx entro il giorno 20 del mese successivo. Nel caso di ritardi nel diritto primario dell’Unione Europeapagamento, relazione comunque superiori ai 30 (trenta) giorni rispetto alla data indicata al convegno Rapporti tra le fonti comma precedente, l’IPAB G. BISOGNIN è autorizzata all’addebito degli interessi passivi previsti xx xxxxx xxxxxxxx, xxxxx xxxxxx che normalmente il Tesoriere applica sugli scoperti xx xxxxx. L’IPAB G. BISOGNIN provvederà a tenere conto degli importi eventualmente non versati per eventuali spese accessorie (ad es. farmaci fuori prontuario, trasporti, etc), effettuando il conguaglio con la fatturazione riferita alla mensilità successiva. È possibile recedere dall’impegno assunto con la sottoscrizione della presente domanda mediante lettera raccomandata indirizzata all’Amministrazione dell’IPAB ed accompagnata dalla richiesta di dimissione dell’ospite contermine di preavviso di 15 giorni; in caso contrario l’IPAB G. BISOGNIN provvederà ad addebitare l’importo xxxxx xxxxx per tutti i giorni di mancato preavviso. Ai xxxx xxxxx determinazione xxxxx xxxxx viene conteggiato il giorno dell’accoglimento e rapporti tra le Corti nel diritto europeoil xxxxxx xxxxx dimissione. I licenziamenti collettiviLe modalità e il numero dei giorni di frequenza alla settimana vengono regolamentati dalla SCHEDA DI SERVIZIO DIURNO, Romacompilata all’inizio ed eventualmente aggiornata, 27 aprile 2015che è parte integrante del presente contratto. saminaIn caso xx xxxxxxx, poiché i contraenti si impegnano a xxxxxx anche i giorni non è questione xxxxxx (vuoto per pieno), stabiliti dalla Scheda di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeocui sopra. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori Solo in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa ricovero ospedaliero verrà applicata xx xxxxx ridotta prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –alle deliberazioni dell’Ente).

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Samples: Contratto Di Ospitalita’

XXXXX,. La tutela dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europeaconvivenza di fatto ed il contratto di convivenza, relazione cit. non sarebbe necessaria una residenza comune per poter sottoscrivere il contratto di convivenza; la trasmis- La lettera b) è modellata sull’art. 143, comma 3, c.c. in base al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettiviquale «Entrambi i coniugi sono tenuti, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) ciascuno in relazione alle proprie so- stanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia». Sono previsti due parametri di riferimento per determinare i reciproci obblighi di contribuzione: i) «protezione le sostanze» di ciascun convivente, cioè il patrimonio personale e le rendite di cui il convivente può disporre; ii) le capacità di lavoro professionale o casalingo. All’interno di questa cornice si può esplicare l’autonomia privata dei lavoratori conviventi che possono stabilire le «modalità» di contribu- zione. Va evidenziato che si tratta di parametri, il patrimonio personale e la capacità di lavoro, mutevoli nel tempo, anche in caso maniera importante: si pensi ad una forte perdita patrimoniale per un affare sbagliato oppure alla perdita del lavoro di risoluzione uno dei conviventi. È evidente che l’accordo in ordine alle modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, secondo una regola tipica degli accordi di natura familiare, è soggetto alla regola rebus sic stantibus ed è soggetto a variazione qualora mutino i descritti parametri di riferimento. La lettera c) consente ai conviventi di scegliere il regime patrimoniale della comunione dei beni. Com’è noto la comunione dei beni ha ad oggetto i beni ed i diritti reali acquistati, anche separatamente, durante il regime di comunione, salvo che si tratti di beni personali (art. 177, lett. a), c.c.). Comporta, inoltre, il diritto per il convivente alla c.d. comunione de residuo, cioè alla metà del valore dei frutti dei beni e dei proventi dell’attività separata dell’altro convivente, delle aziende o partecipazioni in società di persone dell’altro convivente, esistenti al momento del verificarsi di una causa di scioglimento della comunione. A differenza del matrimonio in cui la comunione dei beni è il regime legale, operante ex lege in mancanza di diversa scelta dei coniugi, nella convivenza di fatto il regime di comunione dei beni opera sulla base della scelta effettuata nell’ambito del contratto di lavoroconvivenza. 671 sione del contratto al Comune di residenza, posta a carico del professionista, può essere fatta al Comune di «rispettiva» residenza di ciascun convivente, e quindi anche a Comuni diversi, se la residenza anagrafica dei conviventi non è fissata nello stesso luogo. Quanto alle modalità di iscrizione all’anagrafe del contratto di convivenza, l’Autore propone di utilizzare le seguenti modalità: se i conviventi coabitano, formando un’unica «famiglia anagrafica», la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali di ciascun convivente e nell’unica scheda di famiglia riferita ai conviventi coabitanti; se i conviventi hanno diverse residenze anagrafiche, formando ciascuno una propria «famiglia anagrafica», mono-personale, la registrazione del contratto sarà fatta nelle schede individuali e nelle schede di famiglia di ciascun convivente. 672 Dispone il comma 54 «Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento nel corso della convivenza con le modalità di cui al comma 51». Si ritiene che l’unica modifica possibile al regime patrimoniale della comunione dei beni sia la revoca della scelta del regime di comunione dei beni con la conseguenza che tra i conviventi non sussiste alcun regime patrimoniale (per l’esat- tezza non può parlarsi di regime di separazione dei beni, poiché la convivenza non incide sullo status dei conviventi che rimangono di stato libero). Non sembra possibile per i conviventi scegliere un regime di comunione convenzionale con cui i coniugi possono modificare, in am- pliamento o in diminuzione, il regime di comunione dei beni, ai sensi dell’art. 210 c.c. 50. Com’è noto, la pubblicità delle convenzioni matrimo- niali si attua mediante l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio e per i conviventi non è possibile utilizzare tale forma di pubblicità. La trasmissione di copia del contratto presso l’anagrafe non sembra idonea a pubblicizzare una comunione convenzionale. Dunque, l’unica modifica ammessa dopo la scelta della comunione dei beni è la successiva revoca della scelta, con una modifica del contratto di convivenza per atto pubblico notarile oppure per scrittura privata autenticata da notaio o da avvocato, a differenza delle convenzioni matrimoniali per la cui stipula è prescritta la forma vincolata dell’atto pubblico notarile ricevuto con l’assistenza di due testimoni. Dalla formulazione legislativa «I conviventi di fatto possono discipli- nare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza» (comma 50) e «Il vero nodo interpretativo risiede contratto può contenere» (comma 53), si desume che il contenuto del contratto di convivenza può riguardare tutti gli aspetti patrimoniali della vita in comune dei conviventi. In primo luogo il contratto di convivenza disciplinerà gli obblighi reciproci di contribuzione necessari per soddisfare le necessità della vita in comune, come erogazioni periodiche di somme di denaro, contribuzione sotto forma di lavoro casalingo, messa a disposizione dell’abitazione della convivenza, ecc. L’obbligo di contribuzione è ancorato dalla legge ai medesimi parametri previsti dall’art. 143, comma 3, c.c. per i coniugi 50 Nello stesso senso, XXXXXXX, Il contenuto dei contratti di convivenza tra tipico ed atipico, cit. (sostanze patrimoniali di ciascuno e capacità di lavoro professionale o casalingo). Vanno tenute nettamente distinte dagli obblighi di contribuzione even- tuali donazioni o liberalità che possono essere effettuate nell’ambito della convivenza e possono anche essere inserite nel significato dell’“attuazione” contratto di convivenza, ma che non rientrano nella causa familiare del diritto dell’Unionecontratto di convivenza e sono, di conseguenza, soggette alle normali regole della revocazione per sopravvenienza di figli o per ingratitudine, della riunione fittizia, della riduzione e della collazione. Per distinguere tra contribuzione alla vita in comune, in esecuzione di un dovere morale e sociale, e liberalità bisogna considerare il carattere proporzionato e adeguato della prestazione in parti- colare relazione alle circostanze del caso concreto ed in particolare va conside- rato il sacrificio patrimoniale subìto nell’ambito degli assetti socio- economici della specifica relazione, con particolare riguardo alle condi- zioni patrimoniali, reddituali e sociali del singolo contribuente 51. È la proporzionalità che funge da parametro per distinguere ciò che costitui- sce adempimento dei doveri morali e sociali e l’atto di liberalità 52. Il primo problema da affrontare riguarda la determinazione del quantum della contribuzione reciproca dei conviventi: deve essere rigi- damente proporzionale alle sostanze di ciascun convivente ed alle sue capacità di lavoro professionale o casalingo? Oppure i conviventi sono liberi di discostarsi dai parametri dettati dalla legge? Prima della novella legislativa, la giurisprudenza ha fatto applicazione analogica ai conviventi del principio strettamente proporzionale di contribuzione fissato per i coniugi dall’art. 143 c.c. 53. La formulazione del comma 53, lett. b) della legge n. 76/2016 ripropone un criterio di contribuzione modellato sull’art. 143 c.c., anche se questa debba intendersi non esiste per i conviventi una norma come attuazione diretta l’art. 160 c.c. che stabilisce l’inderogabilità dei diritti e necessitata dei doveri previsti dalla legge per effetto del diritto europeomatrimonio 54. Si ritiene che i parametri normativi di 673 51 Cass. 13 marzo 2003, come nell’i- potesi classica n. 3713, in Giust. civ. mass., 2003, 513 ha stabilito che «un’attri- buzione patrimoniale a favore del convivente more uxorio configura l’adempimento di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente un’ob- bligazione naturale a condizione che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” prestazione risulti adeguata alle circostanze e propor- zionata all’entità del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale patrimonio e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione alle condizioni sociali del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –solvens».

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XXXXX,. La tutela Noi abbiamo visto tante città, abbiamo un’altra cultura”, op. cit., p. 20. Inoltre, della stessa Autrice, si veda Domestic Service: Past and Present in Southern and Northern Europe, in Gender & History, vol.18 n.2 August 2006, pp. 222–245. soggetto bisognoso di assistenza, hanno fatto si che anche le classi meno abbienti si rivolgessero al settore privato per alcune particolari mansioni46. In questo senso Xxxxxx Xxxxxxxxxx sottolinea come, sebbene il fenomeno delle migrazioni orientate al lavoro domestico non sia affatto nuovo, se si ricorda “movimento costante di ragazze povere dalle campagne alle città dell’occidente”47, l’elemento che richiama l’attenzione nei flussi attuali è proprio la richiesta di tali figure all’interno dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europeaceti medio-bassi delle società di approdo48, relazione al convegno Rapporti tra ceti, come si è visto, spesso non dissimili da quelli delle stesse migranti. Anche Xxxxxxxxx Xxxxx mette in evidenza come le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unionetrasformazioni dell’economia mondiale, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata la conseguente ristrutturazione del diritto europeomercato del lavoro, come nell’i- potesi classica di una legge che recepisce una diret- tivanon abbiano prodotto effetti solo sulla composizione delle fila dei ‘datori’, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione bensì abbiano introdotto mutamenti anche sul versante dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizialavoratori, in particolare, ha precisato rispetto alla “ricomparsa” di domestici di estrazione sociale equiparabile a quella dei datori. L’Autrice ricorda come nelle società di antico regime “la presenza di servi di estrazione sociale non dissimile dai padroni derivava dal fatto che l’obbligo andare a servizio in gioventù poteva essere un modo per imparare un lavoro o altre abilità; dal fatto che, in alcuni contesti europei caratterizzati dalla trasmissione ereditaria a un erede privilegiato, i figli esclusi potevano rimanere nella dimora paterna come servitori; dal fatto che gli orfani potevano essere accolti con uno status più o meno servile in casa di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento parenti, conoscenti o altri oppure dal fatto che erano presenti schiavi stranieri talvolta di alta estrazione 46 Sul tema si veda anche X. Xxxxxxx, Le colf: ansie e desideri delle datrici di lavoro, in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeoPolis, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson)n. 1, nonché nelle fattispecie2004, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx)pp. Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self137-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –164.

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XXXXX,. La tutela Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di X. XXXXXX e X. XXXXX, Milano, 2011, p. 373 s. Se manca il titulus, ma, ciononostante viene concluso il negozio traslativo, il diritto certamente si trasferisce all’avente causa, stante l’astrattezza della fattispecie acquisitiva; tuttavia, la nullità del Verpflichtungsgeschäft rileverà ex post, legittimando l’alienante ad agire con l’azione di arricchimento senza causa, rimettendo così in discussione l’effetto prodottosi. Si tratta, però, di un’azione meramente personale, esperibile nei soli confronti dell’accipiens. Da ciò ne deriva che, se quest’ultimo ha ulteriormente alienato a terzi, contro questi nulla potrà il solvens, risultando in pieno tutelati gli aventi causa dall’accipiens. Tramite la previsione dell’azione di arricchimento senza causa viene così escluso un modello di astrazione assoluta, mediante un recupero di causalità degli effetti. A tale stregua, come rilevato da autorevole dottrina92, se certo non può parlarsi di un recupero di causalità dell’atto, del negozio di attribuzione, pare però riemergere una rilevanza della causa sotto il profilo effettuale, dell’attribuzione patrimoniale93. Il sistema traslativo ora delineato, grazie all’astrattezza dell’atto di disposizione, sul quale non si riverberano le conseguenze patologiche dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europeavizi che inficiano il contratto fondamentale, relazione al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivipresenta certamente il vantaggio di garantire efficacemente la sicurezza dei traffici, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento rendendo inopponibile ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo terzi aventi causa dall’accipiens la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione nullità del contratto obbligatorio causale. In questi termini, risulta evidente che la certezza della circolazione giuridica, dell’affidamento maturato dai terzi circa la 92 X. XXXXXXXXXX, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000, p. 91, che richiama la distinzione effettuata da X. XXXXXXX fra causa di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” giustificazione, la causa solvendi, la solutio del diritto dell’Unioneromano – classico, per la cui efficacia non era richiesta l’esistenza dell’obbligazione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di una legge il fondamento esterno che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volterappresenta, invece, la stessa Corte ha optato per causa di attribuzione. Ecco, se il titulus si rivela nullo e, conseguentemente, il pagamento risulta sine causa, è proprio la soluzione oppostacausa dell’attribuzione ad entrare in gioco ex post, evidenziando un self-restraint10 quando impedendo il consolidarsi degli effetti che si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –siano fintanto prodotti.

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XXXXX,. La tutela dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europeasomministrazione di lavoro dopo le recenti riforme, relazione in Dir. rel. ind., 2012, p. 967. Sottolinea «la autonomia del rapporto di lavoro tramite agenzia interinale rispetto a quello a tempo determinato» evidenziando tra l’altro la funzione diversa della somministrazione tem- poranea di lavoro rispetto al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivi, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro a termine che si configura, grazie alla direttiva comunitaria 2008/104/CE, «come uno strumento positivo in termini di valore sociale ed eco- nomico per la sua capacità di aprire l’accesso al mondo del lavoro»» X. XXXXXXX, Il lavoro tem- poraneo in ffuropa, in Lav. Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” dir., 2013, p. 785. Più in generale, per un critica all’«appiattimento del diritto dell’Unionelavoro tramite agenzia sul modello tipologico e concettuale del lavoro a termine» cfr. M. significativo l’impianto normativo che regolava il lavoro temporaneo. Anche in questo caso si è formata una interpretazione giurisprudenziale che, e nella sostanza, ha equiparato tale tipologia contrattuale al contratto a termine vo- lutamente disattendendo la chiara volontà del legislatore per il quale la somministrazione di lavoro a termine nasce come strumento gestionale per sopperire all’ordinaria attività dell’utilizzatore, senza che sia richiesto né il requisito della temporaneità, né che le ragioni giustificatrici siano specifi- camente indicate secondo le modalità previste per il contratto a tempo de- terminato 5. È un dato di fatto che si è in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica presenza di una legge che recepisce una diret- tivalegislazione che, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante pur ammet- tendo nella sua giurisdizione formulazione letterale anche un uso ordinario, seppur con- trollato, degli strumenti di flessibilità in entrata, ha conosciuto una applicazio- ne chiusa ad ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata tentativo di affrancare le assunzioni temporanee dal requisi- to della eccezionalità 6, accompagnata, peraltro, da un giudizio sociale di disva- XXXXXXXXXX, Somministrazione di lavoro: ritorno al diritto dell’Ue9. La Corte di giustiziapassato, in particolareLa nuova riforma del lavoro, ha precisato che l’obbligo a cu- ra di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeoX. Xxxxxxx e X. Xxxxxxxxxx, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson)Xxxxxxx, nonché nelle fattispecieMilano, pur estranee all’area comunitaria2012, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –p. 109.

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XXXXX,. La tutela (a cura di) “Rilanciare il welfare locale. Ipotesi e strumenti: una prospettiva di management delle reti” – Egea 2014 2 Ibidem E’ importante approcciare con realismo la costruzione di un agire comune che ha come fine quello di strutturare un welfare locale insieme a tutti i soggetti coinvolti; questo atteggiamento, da un lato rende tutti più consapevoli della complessità e della fatica da compiere, dall’altro mette al riparo – almeno in parte – da sentimenti di disillusione che spesso si generano quando i processi collaborativi si arenano o prendono vie impreviste. Da questo punto di vista, un richiamo forte alla corresponsabilità di tutti gli attori nella gestione del processo è doverosa: il ruolo delle istituzioni è sicuramente quello di essere programmatore e regista di reti di collaborazione, ma è vitale poi il sentirsi responsabili dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europea, relazione al convegno Rapporti tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeoprocessi che si producono – o che non si producono -. I licenziamenti collettiviprocessi collaborativi territoriali devono coinvolgere tutti i soggetti presenti nella realtà del legnanese e del castanese, Romacon una particolare rilevanza dei soggetti istituzionali. La costruzione di reti, 27 aprile 2015collaborazioni, integrazione e prassi comuni che coinvolgano anche le istituzioni presentano infatti un ulteriore grado di complessità che è quello di dover tenere conto dei diversi livelli formali: i livelli di governo, il livello più organizzativo - che attiene ai servizi - e il segmento tecnico professionale interno ai servizi. saminaL’impegno delle istituzioni ad essere partecipi alla costruzione del sistema di welfare deve dunque prevedere il coinvolgimento concreto di tutte le proprie dimensioni interne, poiché attraverso l’adozione di specifici strumenti organizzativi e operativi, che sanciscano l’adesione ai processi, prediligendo approcci di tipo collaborativo e non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma tipo gerarchico e burocratico. Coerentemente con le indicazioni regionali e con la riforma introdotta dalla Legge Regionale 23/20105, di applicazione seguito si declinano gli elementi costitutivi la governance del principio Piano di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeoZona per il biennio 2019-2020. Con riferimento ai licenziamenti individualil’unione dei due Piani di Zona di Legnano e Castano, va richiamato l’art. 153.1.d) si delinea la seguente struttura di governance dal punto di vista politico e tecnico: analizzano di seguito gli organi del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere Piano di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclava, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –Zona.

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Samples: Accordo Di Programma

XXXXX,. La tutela Il rinvio delle leggi regionali: l’art. 127 della Costituzione, in AA. VV., Il controllo dello Stato sulle Regioni, Atti del Convegno C.I.D.I.S. (Centro Internazionale di Studi Giuridici), Jesolo, 29-31 maggio 1986, Cedam, 1987, p. 127. 84 Così G. PASTORI, L’esperienza dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europearinvii nelle Regioni a statuto ordinario, relazione al convegno Rapporti in Le Regioni, 1986, p.774, il quale, poco dopo rileva come “Per contro, i dati dell’esperienza via via emergenti hanno contribuito ad avallare un’opposta prospettazione”. In un ordinamento in cui le aree di competenza riconosciute alle Regioni e i limiti alla loro azione sono sanciti da una Costituzione rigida non era prerogativa del Governo il sostituirsi alle Camere per attuare una loro modificazione: ciò avrebbe significato ammettere che il medesimo avesse la facoltà di violare di proposito la legge, in netto contrasto con i principi di uno Stato di diritto85. Secondo questa visione, inoltre, la distinta previsione, accanto a quello di legittimità, di un controllo di merito, per sua natura implicante valutazioni di carattere politico, avrebbe dovuto consentire di non ricomprendere drasticamente il rinvio tra le fonti e rapporti tra le Corti nel diritto europeo. I licenziamenti collettivigli atti di esercizio del potere politico, Roma, 27 aprile 2015. samina, poiché non è questione di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma di applicazione evidenziare l’anima prettamente giuridica del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeocontrollo. Con riferimento ai licenziamenti individuali, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeoLa questione, come nell’i- potesi classica intuibile, non era di poco conto giacché propendere per l’una o l’altra di queste impostazioni significava riconoscere una legge che recepisce una diret- tivavalenza diversa al giudizio in via d’azione. Da sempre infatti i giudizi in via principale si contraddistinguono, ovvero se sia sostenibile come si è visto, per la loro connotazione ambigua di giudizi di legittimità delle leggi da un concetto più gene- rico ed ampio lato e giudizi su un conflitto di “attuazione”attribuzioni legislative dall’altro86. Secondo il primo significato si caratterizzerebbero in senso prevalentemente oggettivo, giacché diretti a garantire la conformità costituzionale dell’ordinamento; nel secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitario, e non invece nei casi in cui, ferma la competenza comunitaria, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustizia, in particolare, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeo, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre voltesenso, invece, assumerebbero una valenza innanzitutto soggettiva, in quanto volti a tutelare l’interesse concreto della salvaguardia delle sfere di competenza previste in Costituzione. Sposare la stessa tesi del rinvio governativo come atto sostanzialmente politico significava esaltare l’anima “contenziosa”87 del giudizio davanti alla Corte; un giudizio “di parti”, tra autorità politiche, in cui la Consulta avrebbe svolto una funzione sostanzialmente analoga a quella esercitata in sede di conflitto di attribuzioni. Di contro, sostenere la natura neutrale del controllo equivaleva a vedere nel ricorso in via principale e preventivo alla Corte ha optato per la costituzionale lo strumento con cui agire a tutela dell’integrità dell’ordinamento, in cui lo Stato solo formalmente avrebbe ricoperto il ruolo di parte, mentre da un punto 85 Così E. XXXXX, loc. ult. cit.. 86 Così G. ZAGREBELSKY, X. XXXXXXX, Giustizia costituzionale, Il Mulino, 2012, p.321. Così anche X. XXXXX secondo cui il giudizio in questione è animato da un “oscillare senza soluzione oppostatra le opposte sponde del controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi e della risoluzione dei conflitti di attribuzione”, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta in Garanzie costituzionali, in Commentario alla Costituzione (a cura di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNEXxxxxx), o alla sentenza Nisttahuz PoclavaIl Mulino, ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova1981, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –p.332.

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XXXXX,. La tutela Xx contratto di rete, in G. GITTI - M.R. XXXXXXX - X. XXXXXX, I contratti per l’impresa, cit. del riconoscimento di un nuovo tipo contrattuale - uno dei licenziamenti nel diritto primario dell’Unione Europearequisiti essenziali richiesti, relazione al convegno Rapporti quale la cogenza della maggioranza delle disposizioni dettate, dall’altro, non può disconoscersi l’innovativa (ed esclusiva) natura del modello contrattuale in commento37. Infatti, con il contratto di rete pare essersi (almeno parzialmente) soddisfatta la richiesta delle imprese e delle relative associazioni di categoria di uno strumento negoziale duttile ma allo stesso tempo multi- funzionale, che si collochi tra la disciplina generale del contratto e quella dei singoli tipi. Tale nuovo modello contrattuale, infatti, può essere impiegato sia per un mero coordinamento delle attività svolte individualmente dalle singole imprese o per l’individuazione di benchmark per la valutazione e il miglioramento delle attività e dei processi aziendali, sia per la determinazione di forme di collaborazione più intense volte a una vera e propria regolamentazione e gestione delle attività comuni. In definitiva, è evidente (specialmente alla luce della novella di cui alla l. n. 122/10) come l’introdotto contratto di rete appaia dotato di due anime (non contrapposte ma) differenti, difficilmente rinvenibili, contemporaneamente, nei modelli contrattuali diffusi nella prassi. Infatti, a quella propria dei contratti sinallagmatici si aggiunge quella dei contratti associativi (organizzativi), come testimoniato dal fatto che con il contratto di rete le fonti imprese possono contemporaneamente obbligarsi sia “a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica” sia “a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti 37 Sugli elementi e i tratti distintivi occorrenti per l’individuazione di un nuovo tipo contrattuale si v., più ampiamente e senza alcuna pretesa di completezza, G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Cedam, Padova, 1974, 70, 84 ss.; limitatamente alla parte relativa all’analisi dei rapporti tra contratto tipico e atipico si v. X. XXXXX, Contratto e rapporto nella permuta atipica, Xxxxxxx, Milano, 1974, 73 ss. all'esercizio delle proprie imprese … ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa”. Tutto ciò, come riferito, potrebbe indurre a ritenere non più esaustiva la (sola) prospettazione dell’introdotto contratto di rete in termini di contratto plurilaterale con comunione di scopo nonostante tale (unica) qualificazione sembri caldeggiata persino dallo stesso legislatore, il quale, alla lett. d) del co. 4-ter (così come modificato), ha previsto che in contratto devono essere indicate “se pattuite, le Corti nel diritto europeocause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l’esercizio del relativo diritto, ferma restando in ogni caso l’applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo”. I licenziamenti collettivi«V’è da chiedersi in sostanza se la norma intenda riconoscere come contratto di rete, Romapur per le finalità particolari perseguite dal comma 4 ter, 27 aprile 2015solo quello riconducibile al contratto plurilaterale presupposto dagli artt. samina1459 e 1466 c.c., poiché non è questione le cui regole, intendendo letteralmente la norma, dovrebbero risultare applicabili sempre»38. Infatti, risulta difficilmente comprensibile la scelta del legislatore di ritenere “in ogni caso” applicabili le norme dettate in tema di contratti plurilaterali con comunione di scopo, escludendo così dal campo di applicazione della tutela prevista da fonti europee ma normativa di applicazione del principio di uguaglianza in materia genericamen- te disciplinata dal diritto europeo. Con riferimento ai licenziamenti individualicui alla l. n. 33/09 tutti quei «rapporti plurilaterali tra gli aderenti alla rete, va richiamato l’art. 153.1.d) del Trattato sul funziona- mento dell’Unione (TFUE) che attribuisce alla Ue il potere di dettare agli Stati membri regole comuni in materia di licenziamento individuale, prevedendo la competenza di adottare direttive di armonizzazione (ovvero di definire standard minimi comuni di tute- la) in relazione alla «protezione dei lavoratori in caso di risoluzione del contratto di lavoro». Il vero nodo interpretativo risiede nel significato dell’“attuazione” del diritto dell’Unione, e in parti- colare se questa debba intendersi come attuazione diretta e necessitata del diritto europeo, come nell’i- potesi classica di una legge che recepisce una diret- tiva, ovvero se sia sostenibile un concetto più gene- rico ed ampio di “attuazione”, secondo la quale per l’applicazione dei precetti della Carta è sufficiente che la fattispecie esaminata cada per qualche suo aspetto nel “cono d’ombra” del diritto dell’Unione anche indi- rettamente, sicché anche in tal caso il diritto interno può essere considerato “applicativo“ di quello sovra- nazionale e quindi può essere esaminato alla luce dei diritti della Carta. Né mi pare rilevante il mancato esercizio della po- testà legislativa prevista dal Trattato: sarebbe infatti illogico applicare la Carta ove il legislatore – europeo o nazionale – abbia dato attuazione (male) al dirit- to comunitariodestinati a realizzare uno scambio, e non invece nei casi in cuiuna struttura associativa»39, ferma salvo che si voglia intendere - contro, però, la competenza comunitarialetterale interpretazione del dettato normativo - anche lo scambio di informazioni o 00 X. XXXXX, il legislatore – europeo e nazionale – sia rimasto inerte. La portata espansiva e promozionale dei principi della Carta è talora emersa in modo specifico nella giurisprudenza Xx contratto di Lussemburgo, che nell’applicare la Carta ha ritenuto rientrante nella sua giurisdizione ogni normativa direttamente o indirettamente colle- gata al diritto dell’Ue9. La Corte di giustiziarete, in particolareG. GITTI - M.R. XXXXXXX - X. XXXXXX, ha precisato che l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali opera non solo nel momento in cui il legislatore nazionale dà attuazione al diritto europeoI contratti per l’impresa, ma anche ove co- munque si lavora nel campo di applicazione del dirit- to dell’Unione (sentenza Xxxxxxxx Fransson), nonché nelle fattispecie, pur estranee all’area comunitaria, che incidono su una delle condizioni di godimento dei diritti tutelati dall’ordinamento comunitario (K.B. C-117/2001; Xxxxxxxx). Altre volte, invece, la stessa Corte ha optato per la soluzione opposta, evidenziando un self-restraint10 quando si tratta di tutelare diritti sociali, specie se di natura collettiva, previsti dalla Carta ma estra- nei alle tradizioni comunitarie: si pensi alla senten- za Polier sul Contrat nouvelles embauches (CNE), o alla sentenza Nisttahuz Poclavacit., ove la Corte esclude l’applicazione diretta dell’art. 30 ai fini del sindacato sulla previsione del patto di prova, e ciò in quanto la fattispecie è priva di xxxxx con l’attuazione del dirit- to europeo (ma nella soluzione del problema ha certo pesato il carattere non autosufficiente un più ampio sviluppo della disposi- zione della Carta invocata, l’art. 30). In relazione a quanto detto opera la possibilità di un’applicazione del principio di uguaglianza, destina- ta ad operare al di là dei divieti discriminatori, ma li- mitatamente a violazioni che ridondino in ingiustifi- cate differenze di trattamento di situazioni identiche delle persone coinvolte: ad esempio, due dipendenti (illegittimamente) licenziati per il medesimo fatto in concorso, sottoposti a regimi diversi relativi alla sanzione avverso il licenziamento illegittimo; ovve- ro, due (gruppi di) dipendenti assunti prima e dopo il Jobs Act, licenziati per motivo economico comune, con applicazione di tutele diverse. Ma ciò dovrebbe valere non solo in relazione ad una fattispecie concreta, ossia con riferimento alla situazione di due lavoratori nella medesima situazio- ne, ma anche in relazione ad una mera comparazio- ne tra la situazione concreta di un lavoratore e quella astrattamente applicabile ad altro lavoratore, pur se quest’ultimo non abbia contenzioso in corso né addi- rittura sia stato licenziato. L’intera giurisprudenza comunitaria antidiscrimi- natoria infatti ha sempre postulato una verifica del rispetto del principio di non discriminazione non in relazione a casi concreti comparati, ma in relazione alla situazione giuridica applicabile – astrattamente dunque, secondo le previsioni positive delle norme –questione.

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