LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO Clausole campione

LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. La Società potrà risolvere il presente contratto di appalto al verificarsi dei presupposti di cui all’Art. 108 del D.Lgs. n. 50/2016 e ss.mm.ii.. Si precisa che s’intenderanno quali gravi inadempimenti del Fornitore alle obbligazioni contrattuali, altresì, senza che la seguente elencazione possa ritenersi esaustiva: - l’applicazione di penali per ritardo per importi eccedenti il 10% (dieci per cento) dell'importo contrattuale, di cui all’Art. 3 del Capitolato Speciale d’oneri; - il verificarsi di un ritardo nei tempi di esecuzione del servizio di oltre quattro (4) giorni dalla data indicata nell’ordine, di cui all’Art. 3 del Capitolato Speciale d’oneri; - la violazione degli obblighi di cui all’Art. 5 del Capitolato Speciale d’oneri; - la violazione degli obblighi in materia di previdenza ed assicurazione obbligatorie di cui all’Art. 6 del Capitolato Speciale d’oneri; - la violazione degli obblighi in materia di sicurezza e igiene del luogo di lavoro, di cui all’Art. 7 del Capitolato Speciale d’oneri; - la violazione della normativa sulla tracciabilità dei flussi finanziari, di cui all’Art. 8 del Capitolato Speciale d’oneri; - la violazione della disciplina sul subappalto, di cui all’Art. 9 del Capitolato Speciale d’oneri; - reiterate negligenze o deficienze nel servizio, che a giudizio della Società compromettano gravemente l’esecuzione dell’appalto e/o l’esercizio delle proprie attività; - la cessione ad altri, in tutto o in parte, sia direttamente sia indirettamente, anche per interposta persona, degli obblighi e dei diritti relativi all’appalto. Resta ferma la facoltà della Società di procedere alla risoluzione del contratto di appalto per gravi inadempimenti o gravi ritardi, ribadendosi che le ipotesi sopra elencate non potranno ritenersi esaustive. Nel caso di risoluzione del contratto per colpa del Fornitore, questo sarà tenuto al risarcimento di tutti danni patiti dalla Società.
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. 1. In caso di inadempimento degli obblighi contrattuali da parte dell'altro contraente, il Comune ha facoltà di risolvere il contratto secondo quanto stabilito dalla disciplina del codice civile. In tal caso esso è tenuto al pagamento delle prestazioni regolarmente eseguite sino al momento della risoluzione ai prezzi di contratto, fermo restando il diritto al risarcimento del danno derivante dall'inadempimento ed al rimborso dei maggiori costi derivanti dall'esecuzione d'ufficio. 2. Il Comune ha, inoltre, facoltà di risolvere i contratti ad esecuzione periodica e continuativa, in qualunque momento, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse. In questo caso, esso è tenuto al pagamento delle prestazioni regolarmente eseguite sino al momento della risoluzione ai prezzi di contratto, nonché al pagamento, a titolo di indennizzo, di una somma pari al decimo dell’importo delle prestazioni eseguite non essendo applicabile l’art. 1671 del codice civile. 3. E' ammessa la risoluzione del contratto per sopravvenuta eccessiva onerosità per una delle due parti, qualora non sia prevista la revisione dei prezzi. 4. Il Comune può prevede delle particolari condizioni o specifiche modalità di adempimento della prestazione la cui violazione comporti di diritto l’effetto della risoluzione ai sensi dell’art. 1456 del codice civile, salva comunque la facoltà di non far valere la clausola risolutiva espressa.
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. L'azione per l'adempimento contrattuale
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. I rimedi riconosciuti dalla legge al committente che abbiamo appena esaminato (richiesta di eliminazione delle difformità e dei vizi oppure - in alternativa – di diminuzione del prezzo da corrispondersi per l’opera) sono rimedi che possiamo definire “conservativi”: essi non mirano a fare venire meno il contratto, ma – al contrario - presuppongono il mantenimento del medesimo. Nel primo caso si tratta di migliorare l’opera per renderla a regola d’arte; nel secondo di adeguare il prezzo a un’opera che non è a regola d’arte (o che non è stata effettuata come progettata). Nella struttura rimediale configurata dalla legge, i rimedi conservativi sono però affiancati - nei casi più gravi - dal rimedio risolutorio34. Il testo legislativo prevede difatti che, se le difformità o i vizi dell’opera sono tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione, il committente può chiedere la risoluzione del contratto (art. 1668, 2° co., c.c.). A queste condizioni (opera talmente difforme o viziata da essere del tutto inadatta alla sua destinazione), l’interesse del committente al conseguimento della costruzione non è più realizzabile e sarebbe iniquo costringerlo ad accettare un’opera del tutto inadatta. Per queste ragioni la legge gli consente di chiedere la risoluzione del contratto, con gli effetti liberatori e restitutori che conseguono a tale rimedio. Il primo presupposto di applicazione della disposizione che consente la risoluzione è la presenza di difformità e di vizi: delle relative nozioni ci siamo già occupati sopra e non sarà qui necessario ripetersi. Il secondo presupposto di applicazione della norma è che l’opera sia del tutto inadatta alla sua destinazione. A fronte di una domanda di risoluzione del contratto di 33 Cass., 5.10.2009, n. 21269.
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. L’appalto pubblico può essere risolto mediante l’azione di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c. o, in alternativa, con determinazione unilaterale dell’amministrazione ai sensi degli artt. 135 (risoluzione del contratto per reati accertati) e 136 (risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo) del d.lgs. n. 163/06, che riproducono le disposizioni degli artt. 118 e 119 del d.P.R. n. 554/99. Un consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso anche dalla più ampia dottrina, escludendo l’applicabilità della regola contenuta nell’art. 1458 c.c., attribuisce alla risoluzione efficacia retroattiva50. La risoluzione, quindi, anche in questi casi pone nel nulla la causa giustificativa delle reciproche attribuzioni patrimoniali già effettuate da ciascuno dei contraenti e dovrebbe imporre il ripristino della situazione giuridica ed economica preesistente alla conclusione del contratto risolto, come se questo non fosse mai venuto in essere. Tuttavia, il corollario, secondo cui ciascun contraente è tenuto a restituire o ricevere in restituzione rispettivamente la prestazione ricevuta o quella eseguita, generalmente discendente dalla natura retroattiva della risoluzione, trova un ostacolo insuperabile nelle dinamiche dei contratti d’appalto pubblico, in cui la realizzazione, pur parziale, di lavori strumentali alla realizzazione di un’opera di interesse generale non solo non permette la riduzione in pristino, ma obbliga — per espresso disposto degli artt. 135, comma 2, e 136, comma 1, del d.lgs. n. 163/06 (già art. 340 della legge n. 2248/1865, all. F) — la stazione appaltante alla corresponsione in favore dell’appaltatore di una somma di denaro equivalente alle lavorazioni regolarmente eseguite. La pervasività dell’interesse alla realizzazione dell’opera pubblica emerge anche sotto altri profili e caratterizza i rimedi risolutori dell’appalto pubblico in modo così significativo da rendere difficile la riconduzione tout court degli stessi agli ordinari schemi di diritto comune. Per la difficoltà di distinguere il diritto potestativo dell’amministrazione (di natura privatistica) dal potere discrezionale (pubblicistico) si è a lungo discusso sulla natura della rescissione51.
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. 1. In caso di inadempimento degli obblighi contrattuali da parte dell'altro contraente, il Comune ha facoltà di risolvere il contratto secondo quanto stabilito dalla disciplina del codice civile. 2. Il Comune può prevedere delle particolari condizioni o specifiche modalità di adempimento della prestazione la cui violazione comporti di diritto l’effetto della risoluzione ai sensi dell’art. 1456 del codice civile.
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. I rimedi riconosciuti dalla legge al committente che abbiamo appena esaminato (richiesta di eliminazione delle difformita` e dei vizi oppure – in alternativa – di diminuzione del prezzo da corrispondersi per l’opera) sono rimedi che possiamo definire
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. Il contratto in esame si risolve in presenza di : -mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni determinato dalle parti, e comunque non inferiore a 1/20 del loro numero complessivo;
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. Il difetto funzionale della causa .......................................................... pag. 509 105. Risoluzione per inadempimento ......................................................... » 512 106. Eccezione di inadempimento .............................................................. » 521
LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO. In linea generale, può dirsi che la maggior parte della casistica inerente alla risoluzione del contratto riguarda l’inadempimento di una delle parti207, al quale l’altra (quella non inadempiente) reagisce chiedendo al giudice di sciogliersi dal contratto e di ottenere il risarcimento del danno. Di fianco a siffatta forma risolutiva, il Codice civile (v. gli artt. 1463-1467) stabilisce altre due ipotesi (una propria e una impropria) nelle quali è possibile chiedere la risoluzione del contratto: la risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione e la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione208.