Commento Clausole campione
Commento. Il periodo di prova può essere prolungato mediante accordo scritto (nel caso ideale direttamente nel contratto di lavoro) al massimo fino a 3 mesi, possibilità che andrebbe valutata soprattutto per i quadri. Durante il periodo di prova i termini di disdetta possono essere concordati libera- mente e dovrebbero, almeno in caso di periodi di prova prolungati, ammontare a più di 3 giorni (x.xx. 7 oppure 14 giorni). Salvo diverso accordo scritto, vale un periodo di prova di 14 giorni con un termine di disdetta di 3 giorni. Il periodo di prova si prolunga per la durata dell’assenza se il collaboratore è impedito alla pre- stazione del lavoro in seguito a malattia, infortunio o assolvimento di un obbligo legale non as- sunto volontariamente. I periodi di carenza legali (disdetta in tempo inopportuno art. 336c e art. 336d CO) valgono solo il periodo di prova. Tuttavia, la disdetta può essere abusiva anche durante il periodo di prova (art. 336, 336a, 336b CO). La disdetta può essere comunicata alla controparte anche durante l’ultimo giorno del periodo di prova. Essendo un atto recettizio, il timbro postale non è determinante. Può essere data per qualsiasi giorno della settimana (rimangono riservati accordi scritti deroganti). Anche per i contratti di lavoro a tempo determinato si può pattuire un periodo di prova. Senza accordo reciproco scritto, per il rapporto di lavoro a tempo determinato non esiste il periodo di prova. Nei seguenti casi non è ammissibile concordare un nuovo periodo di prova: Trasferimento dell’azienda secondo l’art. 333 CO; un contratto di lavoro susseguente a un con- tratto di tirocinio; interruzione di contratti che si susseguono a breve distanza di tempo per la stessa attività (in particolare contratti stagionali). Il periodo di prova inizia il primo giorno lavorativo e non con la data di entrata in servizio concor- data nel contratto di lavoro. Il periodo di prova deve essere differenziato dai cosiddetti giorni di prova che danno la possibilità di conoscersi a vicenda. Se questi giorni di prova sono richiesti dal datore di lavoro, e durante queste giornate il collaboratore presta un adeguato lavoro, quest’ultimo dev’essere retribuito con un rispettivo salario.
Commento. La pronuncia in esame, confermando la più recente giurisprudenza di merito1, confuta la tesi della cumulatività tra interessi moratori e corrispettivi ai fini della verifica del rispetto del tasso soglia oltre il quale gli interessi sono da considerarsi usurari ai sensi della L. 108/1996. A fare da sfondo al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sotteso alla sentenza de qua è la più ampia e controversa quaestio concernente l’assoggettabilità degli interessi moratori alla disciplina antiusura e, conseguentemente, l’individuazione dei meccanismi di calcolo degli stessi. Le incertezze in materia discendono direttamente dall’intervento operato dal Legislatore del 1996 all’art. 644 c.p. che, nella sua attuale formulazione, al primo comma sembra riferirsi ai soli interessi corrispettivi, laddove invece al quarto comma, attraverso l’inclusione delle “spese” nel computo degli interessi dovuti, pare prescrivere una valutazione omnicomprensiva che tenga conto anche degli interessi moratori2. Neppure il successivo intervento chiarificatore operato con la Legge di interpretazione autentica n. 24 del 28 febbraio 2001, che ha definito usurari gli interessi richiesti in misura superiore al limite di legge “a qualunque titolo” (art. 1, comma 3, L. 108/1996), ha permesso di superare i dubbi interpretativi. Da tali interventi normativi è disceso il consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale che, sebbene dimostrando incertezze con riferimento all’applicabilità agli interessi moratori del medesimo indice di usurarietà previsto per gli interessi corrispettivi, afferma la sostanziale equiparazione delle due categorie ai fini della L. 108/19963. Questo indirizzo si è consolidato con la sentenza della Corte di Cassazione del 9 gennaio 2013, n. 3504, che ha sancito che anche gli interessi moratori rilevano ai fini della valutazione dell’usurarietà degli interessi applicati ad un contratto di mutuo, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1815 c.c. e dell’art. 644 c.p.5 Dall’applicabilità della L. 108/1996 agli interessi di mora deriverebbe altresì il dovere di valutare il loro eventuale carattere usurario alla luce del tasso soglia6, anche attraverso il ricorso alla sommatoria con gli interessi corrispettivi7. Il fondamento giuridico di tale ricostruzione sarebbe da ricercarsi nella sostanziale e funzionale 1 Trib. Bari, sez. IV, 1 luglio 2016, n. 3674; Trib. Napoli Nord, 20 giugno 2016, n. 939; Trib. Milano, sez. VI, 8 marzo 2016, n. 3021; Trib. Trento, 18 febbraio 20...
Commento. Dal 1° gennaio 1985 (entrata in vigore della legge federale sulla previdenza professionale) i con- tratti collettivi dell’industria alberghiera e della ristorazione prevedono un tasso unitario, ossia la riscossione degli stessi contributi da tutti i collaboratori. I motivi principali per il tasso unitario: – una migliore copertura di previdenza dei collaboratori rispetto alle norme legali minime; – eliminazione della discriminazione dei collaboratori più anziani; – semplificazione dell’amministrazione in considerazione dell’altissima fluttuazione propria del settore e delle molte aziende di piccole dimensioni. Il contratto collettivo di lavoro non stabilisce il premio del tasso unitario, ma prevede unicamente un tasso minimo. D’altra parte, il contratto collettivo di lavoro definisce prestazioni minime che l’assicurazione de- ve fornire. Questa regolamentazione garantisce i privilegi sociali acquisiti con il CCNL nell’ambito delle prestazioni della LPP. La Commissione paritetica di sorveglianza può ammettere sistemi che derogano alle disposizio- ni del CCNL per l’istituzione della previdenza professionale, quando essi sono almeno equiva- lenti. A tale riguardo sarà in ogni caso necessario inoltrare alla Commissione di sorveglianza, mediante una delle associazioni contraenti, una domanda motivata con i seguenti allegati: – atto di fondazione – conto annuale degli ultimi tre anni – piani di previdenza – regolamenti – prova che una domanda motivata si basi su una decisione presa dal Consiglio di fondazione (risp. dall’organo superiore dell’istituto di previdenza).
Commento. 1. Previsione contrattuale di un diritto potestativo e clausola di buona fede.
(1) A fronte, chiaramente, della esattezza dell’adempimento. di un fondamento e di una giustificazione nell’abito di una vicenda contrattuale complessa come è quella dell’appalto d’opera (2). La soluzione della questione non in chiave di difetto (o eventualmente di anomalia) della causa contrattuale, ma sulla base della clausola generale di buona fede, sposta l’asse della decisione dal giudizio di validità al giudizio di adempimento; dovendosi risolvere il que- sito non se quella determinata clausola contrattuale fosse o meno conforme alla legge, ma come quella de- terminata clausola dovesse – e potesse – essere legit- timamente applicata, nella (doverosa) prospettiva di realizzazione del programma contrattuale e del con- seguimento degli interessi delle parti contraenti, così come dedotti nel contratto. Con riferimento al caso concreto, il punto consiste nel verificare non se il committente fosse o meno titolare del diritto potestativo di cui si è detto, ma come potes- se, tale diritto, essere legittimamente esercitato. Il tutto si risolve, in buona sostanza, nell’accertamen- to della condotta abusiva (3), là dove l’esercizio del diritto non sia teso a realizzare il programma contrat- tuale, pur in una dimensione di fisiologica conflittua- lità tra contraenti, ma a impedirne la realizzazione. Questa finalità, che per l’appunto diviene oggetto di accertamento giudiziale, rappresenta il criterio rile- vatore che l’interesse che la parte contraente (nella specie il committente) intende realizzare non è quello contrattualmente dedotto, ma è quello, al contrario, di liberarsi del vincolo che si era autonomamente e convenzionalmente dato (4).
(2) Senza considerare, poi, l’ulteriore problema della estensione della nullità della clausola all’intero contratto ai sensi dell’art. 1419 c.c.
(3) Xxxxx figura dell’abuso di diritto e sul rapporto tra questa e la buona fede nelle sue diverse esplicazioni vi è ampia e variegata dot- In questa prospettiva, esattamente il giudice di legitti- mità (come già prima il giudice di merito) ha richiamato la clausola generale di buona fede tramite la quale è pos- sibile individuare i caratteri dell’esercizio abusivo del di- ritto, benché – è opportuno precisare – la funzione delle buona fede oggettiva è certamente più ampia (5).
Commento. Obbligo assicurativo Il datore di lavoro deve stipulare un’assicurazione che prevede il pagamento del salario durante l’impedimento senza colpa del collaboratore alla prestazione del lavoro in seguito a malattia, gravidanza ed infortunio (come da art. 23 e 25 CCNL). Inoltre, il CCNL obbliga il datore di lavoro a retribuire il collaboratore durante il servizio militare, civile e la protezione civile (come da art. 28 CCNL). Le prestazioni in favore del collaboratore durante dette assenze vanno retribuite secondo il CCNL. Per impedimenti senza colpa da parte del dipendente, per i quali il CCNL non disciplina in modo esplicito l’obbligo di pagamento del salario o non prevede nessuna assicurazione, per un perio- do limitato il datore di lavoro è astretto al pagamento del salario intero. Secondo l’art. 324a CO, questo vale quando il rapporto è durato oltre tre mesi o se è stato stipulato per una durata oltre i tre mesi. Questa norma prevede, oltre alle prestazioni di salario per malattia, gravidanza, servi- zio militare e infortunio, disciplinate dagli art. 23, 25 e 28 CCNL, l’obbligo per il datore di lavoro a corrispondere il salario per adempiere obblighi legali e per l’esercizio di una funzione pubblica. Il termine giuridico generico «periodo limitato» viene concretizzato mediante diverse scale su cui si basano i tribunali. A partire dal 1° luglio 2005 il CCNL si basa sulla seguente scala bernese: Scala bernese nel 1° anno (oltre 3 mesi) 3 settimane nel 2° anno 1 mese nel 3° e 4° anno 2 mesi dal 5° al 9° anno 3 mesi dal 10° al 14° anno 4 mesi dal 15° al 19° anno 5 mesi dal 20° al 25° anno 6 mesi Colpa del collaboratore Una colpa del collaboratore per malattie ed infortuni non è facilmente accertabile. Malattie ed infortuni, riconducibili a negligenza da parte del collaboratore, non sono considerate come colpe addossabili. Le malattie e gli infortuni, riconducibili a negligenza grave da parte del collaboratore (esempio: incidente causato a causa di guida in stato di ebbrezza, escursioni su ghiacciai indos- sando scarpe da ginnastica, ecc.) sono considerate come addossabili al collaboratore, di conse- guenza per il datore di lavoro non sussiste alcun obbligo al pagamento del salario. La questione della colpevolezza va accertata in base a circostanze concrete.
Commento. Per principio, il sistema salariale del CCNL è basato sul salario lordo, così definito dalla legisla- zione AVS. In particolare ne fanno parte tutte le partecipazioni alla cifra d’affari, premi di rendi- mento, tredicesima mensilità, indennizzi per vacanze, premi fedeltà, ecc. Eccezioni sono da os- servare in caso di giovani e pensionati. Oltre al salario lordo AVS, il salario complessivo può comprendere elementi non soggetti all’AVS come x.xx. assegni familiari, indennità per perdita di salario delle assicurazioni infortuni e perdita di guadagno per malattia, indennità per vestiario nonché in parte spese. Si raccomanda caldamente di concordare esclusivamente salari lordi. In caso di stipulazione di contratti che prevedono salari netti, sorgeranno inevitabilmente problemi con il conteggio con le assicurazioni sociali risp. con gli uffici delle contribuzioni. Le associazioni contraenti mettono a disposizione dei propri membri contratti tipo che tengono conto di questa esigenza. Per il calcolo del diritto al salario, secondo l’art. 8 cifra 2 CCNL, per il salario fisso ci si deve ba- sare sul salario lordo del mese precedente, quando è stato concordato un orario di lavoro fisso. In caso di salario variabile e in caso di orario di lavoro variabile, ci si deve basare sul salario medio della precedente durata d’impiego, al massimo però su di 12 mesi.
Commento. Metodo di pagamento del salario Su richiesta, il collaboratore ha diritto al versamento del salario su un conto bancario o postale. Soprattutto per motivi di sicurezza si consiglia di non versare il salario in contanti. Salvo accordi diversi, il salario è da corrispondere in valuta svizzera. Debiti pecuniari sono debiti mobili (art. 74 CO). Il collaboratore deve avere a disposizione il pro- prio salario il giorno stesso del pagamento del salario.
Commento. Base di calcolo
Commento. Per il collaboratore che non approfitta della possibilità che gli viene offerta di far pulire i propri abiti da lavoro dall’azienda, l’obbligo all’indennità si estingue. I collaboratori a tempo parziale hanno diritto ad indennità parziale. Queste indennità sono da intendersi come importi forfetari e possono essere ridotte durante tutti i giorni di assenza. Per il personale di servizio, i pantaloni/le gonne neri e le camicie/le camicette/le magliette bian- che non sono considerati come abiti di servizio particolari, l’indennità per la biancheria decade.
Commento. Ammontare del pagamento continuato del salario L’assicurazione d’indennità per malattia, che copre l’80% del salario lordo, può essere stipulata con un periodo di sospensione massimo di 60 giorni. Il periodo di sospensione viene applicato una volta l’anno (anno lavorativo o anno civile) e non per ogni singola malattia. In caso di inca- pacità lavorativa ininterrotta oltre il cambio d’anno, il periodo di attesa deve essere subito una volta sola. Durante il periodo di sospensione, il datore di lavoro deve fornire le stesse prestazioni dell’assicurazione. Visto che le indennità assicurative sono esenti da oneri sociali, per contro esse sono dovuti sulle prestazioni del datore di lavoro nel periodo di sospensione, durante que- sto periodo come base di terrà in considerazione un salario dell’88%. Durante il periodo di as- senza l’assicurato riceve, partendo da una base di calcolo dell’88%, dal datore di lavoro ed in seguito dall’assicurazione le medesime prestazioni.