Common use of FATTO Clause in Contracts

FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto Il ricorrente lamenta di essere titolare stato vittima di un rapporto “furto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in biancoidentità”, edenunciato alle autorità competenti in data 24/2/2016, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato in quanto a suo nome era stato omologato dal tribunale illegittimamente stipulato con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivoresistente un prestito personale; in particolare, poiafferma di aver subito un danno dalla segnalazione a sofferenza di tale posizione, ha argomentato sottolineando per la rilevanza della scientia decotionis della bancaquale non aveva ricevuto neanche il prescritto preavviso di iscrizione. Lamenta, e affermandoin particolare, altresìdi aver subito un pregiudizio patrimoniale dall’accaduto, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di poiché gli sarebbe stato negato un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi finanziamento richiesto altro intermediario (in data 17 dicembre 20014/2/2016) volto ad acquisire uno studio professionale: operazione per la quale erano già state concluse le trattative, raggiunti gli accordi sugli elementi essenziali del contratto di cessione e predisposto il contratto medesimo. Ha eccepitoAfferma, quindi, che il di aver subito un danno di natura economica per la mancata conclusione di tale affare commerciale a lui favorevole, nonché un mancato guadagno per non poter più accedere al mercato del credito, con lesione del suo diritto di iniziativa economica. Asserisce, inoltre, di aver subito un danno alla propria reputazione professionale e commerciale a causa del permanere per un lungo periodo di tempo della banca di trattenere le somme di cui la segnalazione nei SIC. Il ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto pertanto all’Arbitro di conto anticipi sia dal contratto condannare l’intermediario al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali per un importo pari a € 30.000,00 per impossibilità di conto correnteaccesso al credito e perdita di occasioni favorevoli e a € 12.000,00 per lesione del diritto alla reputazione professionale e commerciale, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; all’onore e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivoall’immagine. L’intermediario ha chiestopresentato controdeduzioni nelle quali afferma di aver provveduto, pertantoin data 10/3/2016, a cancellare la segnalazione nei SIC appena venuto a conoscenza in data 5/2/2016 della volontà del ricorrente di disconoscere il finanziamento; precisa, inoltre, di non aver mai effettuato alcuna segnalazione nella Centrale Rischi. In ogni caso, riferisce di aver inviato al ricorrente la comunicazione di preavviso in data 20/12/2014 tramite nota poi restituita al mittente nel mese di febbraio 2015. Tra l’altro, il rigetto preavviso era stato preceduto da altre comunicazioni dirette all’indirizzo del ricorrente, tra cui l’invio dei bollettini per il pagamento delle rate, l’invio di nota di sollecito del pagamento in data 15/11/2014 e di altra nota per comunicare la decadenza dal beneficio del termine in data 14/2/2015. Permanendo lo stato di arretrato, in data 14/9/2015, il credito veniva ceduto ad altro intermediario. Soltanto in data 5/2/2016, la resistente veniva a conoscenza della domandavolontà del ricorrente di disconoscere il finanziamento. Quanto alla diligenza impiegata nell’istruttoria della pratica, l’intermediario fa presente di aver effettuato “in assoluta buona fede” le verifiche della documentazione contrattuale fornita dal ricorrente. L’istruttoria, infatti, si era conclusa positivamente una volta soddisfatti tutti i requisiti necessari per l’accoglimento, tra cui la verifica dei dati anagrafici del ricorrente, tra l’altro già cliente della banca. Riguardo alla richiesta di risarcimento del danno, la resistente eccepisce la mancanza di evidenze probatorie; in particolare, mancherebbe la prova che il diniego di finanziamento ricevuto da altro intermediario sarebbe riconducibile alla segnalazione di tipo negativo, comunque prontamente cancellata dalla resistente, una volta pervenuta la denuncia di disconoscimento. Pertanto l’intermediario chiede all’Arbitro di rigettare il ricorso.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 del 21 agosto 2013 2013, non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario alla resistente che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, corrente venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto deduceva che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. PertantoInfine, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 24.966,00 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 1 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la dedotto che, dopo aver ricevuto dal legale rappresentante della società ricorrente si articolava la comunicazione di avvenuto deposito della domanda di ammissione al concordato preventivo, aveva provveduto a comunicare alla cliente, con nota del 5 aprile 2013, la sospensione degli affidamenti in un conto corrente corso e, con successiva comunicazione del 20 giugno 2013, la revoca immediata degli stessi, con invito al pagamento entro cinque giorni della somma di corrispondenza complessivi € 50.242,04. Infine, comunicava anche l’avvenuta segnalazione a sofferenza in Centrale dei Rischi e in un conto anticipil’assegnazione della gestione della posizione ad una società di recupero crediti. Ciò premesso, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il ha eccepito la sussistenza del proprio diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia a sospendere o recedere dal contratto di conto anticipi sia dal contratto corrente e/o dalle linee di conto correntecredito che eventualmente assistano il rapporto, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente seguito alla procedura presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo. L’intermediario Ne conseguirebbe l’applicabilità dell’art. 56 l.f., ma non delle norme in materia di revocatoria fallimentare, richiamate dalla ricorrente. In subordine, ha chiestorilevato che, pertantoin ogni caso, gli effetti derivanti dalla presentazione della domanda di concordato preventivo si producono dalla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, nel caso di specie avvenuta il rigetto della domanda27 dicembre 2012.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione Una società (“cedente”) aveva stipulato due contratti di locazione finanziaria con l’odierno resistente: uno avente ad oggetto beni strumentali ed un altro inerente ad un bene immobile. Nel corso del Collegio concerne il tema del regime giuridico 2009, la cedente ha concordato con l’odierna ricorrente (“cessionaria”) la cessione dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione de quibus. Tuttavia, con raccomandata A.R. del 1° febbraio 2010, l’intermediario ha negato il proprio consenso alla procedura suddetta cessione. La cessionaria, con raccomandata del 15 febbraio 2010, ha chiesto copia del «contratto di concordato preventivolocazione finanziaria di beni strumentale firmato [...] in data 19/11/2009 [e del] contratto di locazione finanziaria di beni immobiliari [...] firmato in data 19/11/2009». Con ricorso presentato raccomandata A.R. del 17 maggio 2010, la reclamante, per il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare tramite di un rapporto legale, ha rappresentato che «in data 19.11.2009, presso [una] filiale [dell’intermediario] ed in presenza del legale rappresentante della ditta [cedente], veniva sottoscritta, in persona del legale rapp.te p.t. della [cessionaria], la comunicazione di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentecessione di fabbricato per uso artigianale dell’immobile [oggetto di uno dei contratti di leasing de quibus]. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda Nella medesima circostanza, peraltro, la [cessionaria] sottoscriveva la cessione di concordato preventivo “in bianco”un contratto di locazione finanziaria di beni strumentali e la cessione di un contratto di locazione finanziaria di beni immobili, erelativo al succitato fabbricato. Tale cessione contrattuale, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto correntesuccessivamente (e senza fornire motivazione alcuna) non ratificata da codesto istituto, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; ha determinato nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta [cessionaria] al versamento di messa a disposizione delle somme incassate € 38.688,03 in [...] favore [dell’intermediario] per conto fatture arretrate della società[cedente]». Ciò premesso, è stata richiesta la ricorrente «copia di entrambi i contratti di cessione, e di tutta la documentazione [...] sottoscritta dalla [cessionaria il 19 novembre 2009]». La banca, avvalendosi di un avvocato, ha dedotto replicato, con fax del 4 giugno 2010, evidenziando che «il 19.11[.2009] venne rappresentato [...] che vi erano tutta una serie di adempimenti da eseguire per rendere possibile l’istruttoria sul subentrante [e] che la cessione avrebbe avuto effetto nei confronti della banca solo dopo che la stessa avesse inviato formale accettazione ex art.1406 c.c. Primo fra tutti gli adempimenti richiesti era il saldo delle morosità in essere al momento, saldo che, ovviamente, non poteva provenire da un terzo ma doveva essere atto del contraente in essere al momento: tant’è che il dies relativo a/b di € 38.688/03 è a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario firma diretta [del rappresentate legale della cedente] ed è esplicitamente corrisposto nella sua qualità di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era garante e fideiussore [...]. La richiesta di cessione non è stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis poi approvata dagli organi deliberanti della banca, e affermandola [società cedente] è stata dichiarata fallita e, altresìper di più, che i pagamenti in beni del contratto strumentale non sono mai stati rinvenuti. A questo punto la questione rappresentavano l’oggetto per [la ] banca [...] può anche essere dichiarata conclusa; poi se la [cessionaria], senza attendere l’approvazione della banca alla richiesta di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertantocessione, ha avuto ‘scambi economici’ con il [rappresentate legale della cedente], [è] a quest’ultimo che va[...] chiesto all’Arbitro bancario finanziario conto, non di ordinare certo alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario che dalla [cessionaria] non ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandamai ricevuto alcunché».

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FATTO. La controversia sottoposta Parte ricorrente espone che, dopo aver stipulato, in data 18 aprile 2018, un contratto di locazione (docc.1 - 2) ha richiesto all’intermediario convenuto una garanzia fideiussoria a prima richiesta per un importo complessivo di euro 9.600,00 in sostituzione del deposito cauzionale, come previsto dal contratto. Come garanzia per il rilascio della fideiussione sono stati concessi i titoli n. *785 negoziati nel conto *330 aperto presso la banca resistente; Tanto detto, il contratto di locazione si è risolto e i locali sono stati riconsegnati al locatore il 16 aprile 2020 (doc.3); la garanzia fideiussoria non è stata attivata dal locatore nei 60 giorni successivi alla cognizione risoluzione del Collegio concerne contratto (né del resto è stata attivata successivamente), sicché deve considerarsi estinta. Parte ricorrente lamenta di aver più volte chiesto invano che la banca provvedesse a svincolare i titoli di credito posti a garanzia della fideiussione; il tema diniego deriverebbe dalla constatazione che il terzo garantito non ha restituito l’originale del regime giuridico contratto alla filiale. Tale decisione non è convincente e si pone in contrasto con i principi che regolano il rilascio delle garanzie personali rispetto all’adempimento di un’obbligazione pecuniaria; la riconsegna dell’originale, infatti, non è previsto come elemento costitutivo della fattispecie estintiva dalla garanzia. Argomenta inoltre parte ricorrente che: - il fideiussore può restare obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale nel solo caso in cui venga proposta istanza contro il debitore entro due mesi dalla cessazione del rapporto; - dal momento che, nel caso di specie, tale istanza non è stata proposta, il creditore non ha alcuna residua pretesa e pertanto si può definire soddisfatto; - subordinare, peraltro, l’estinzione della fideiussione e con essa la liberazione dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione titoli posti a sua garanzia alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto riconsegna dell’originale da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare parte di un soggetto terzo (il creditore) rispetto al contratto fideiussorio è irragionevole dal momento che il debitore è condizionato dal comportamento, in ipotesi disattento o anche scorretto, del creditore il quale - pur anche se perfettamente soddisfatto - potrebbe non avere alcun interesse alla riconsegna dell’originale; - la polizza fideiussoria è stata costituita, in luogo del deposito cauzionale, a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali a carico del conduttore; - sebbene la fideiussione abbia durata sino al 17 maggio 2024, dal momento che il contratto di locazione si è risolto è venuta meno la causa per la quale la garanzia è stata richiesta; - l’indicazione della durata al 17 maggio 2024 si giustificava in ragione della potenziale estensione del rapporto locatizio sino a tale data, ma evidentemente cede rispetto alla più breve durata concreta del rapporto medesimo; - va, infatti, rilevato che nel contratto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato locazione, l’obbligo di restituzione del deposito cauzionale sorge in capo al locatore al termine del rapporto nel momento in cui viene rilasciato l’immobile locato per qualunque ragione la risoluzione e il conseguente rilascio avvengano; - se il locatore trattiene la somma senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, della stessa a copertura di concordato preventivo “in bianco”, especifici danni subiti o di importi rimasti impagati, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto correnteconduttore può esigerne la restituzione; - pertanto, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle moreanche la garanzia richiesta come deposito cauzionale esaurisce la sua funzione al termine del contratto di locazione o, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiestopiù precisamente, proponeva reclamo reiterando la richiesta al termine di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia ogni obbligazione nascente dal contratto di locazione, inclusa quella oggetto della garanzia in esame; - la liberazione del garante dall’obbligazione di garanzia libera a sua volta i valori economici che sono stati messi a disposizione dell’istituto bancario per consentire il rilascio della polizza fideiussoria, nel caso di specie i titoli negoziati nel conto anticipi sia dal n. *330; - il diniego da parte dell’istituto di credito di svincolare tali titoli appare pertanto illegittimo, anche sotto il profilo penale in relazione al divieto di trattenere indebitamente somme di denaro o altri valori economici senza autorizzazione o consenso da parte del rispettivo titolare; - in aggiunta, la condotta della banca sta arrecando un danno al medesimo in quanto non può utilizzare nè negoziare i predetti titoli. L’intermediario chiede il rigetto del ricorso ed eccepisce quanto segue: - in data 9 maggio 2018, a garanzia di un contratto di conto correntelocazione, ritualmente sottoscritti dalla ricorrenteha rilasciato una fideiussione bancaria “a prima richiesta” nell’interesse della Ditta M.G. ed in favore del locatore fino alla concorrenza di euro 9.600,00 (all. 1); - in merito alla scadenza, nel testo dell’impegno è riportato che lo stesso è valido fino al 17 maggio 2024 e che, comunquedecorsi 30 giorni senza richiesta alla Banca da parte del beneficiario - ma solo in questo caso - l’impegno si intenderà decaduto, anche senza la materiale restituzione dell’atto in originale; - il ricorrente a garanzia della fideiussione bancaria ha rilasciato un mandato irrevocabile di vendita di euro 4.000, che agli artt. 2 e 4 prevede l’indisponibilità e la vendita dei titoli fino a che non siano estinte le obbligazioni garantite; - la fideiussione bancaria con indicazione della data di scadenza e di un termine perentorio entro il quale essa può essere validamente escussa si estingue alla maturazione di tale termine finale; - il decorrere di tale termine senza che sia pervenuta una richiesta di pagamento consentirà di ritenere definitivamente estinto l’impegno della Banca anche in assenza della restituzione dell’atto; - anticipatamente ai termini sopra descritti, la garanzia potrà essere ritenuta estinta solo a seguito di restituzione dell’originale della garanzia con accompagnatoria di svincolo del beneficiario ovvero al ricevimento di una lettera liberatoria incondizionata del medesimo; - come già precisato nel riscontro al reclamo, l’autorizzazione allo svincolo da parte del beneficiario viene ritenuta validamente acquisita e dotata di carattere ricettizio solo se pervenuta alla banca direttamente dal locatore a mezzo raccomandata o con altri mezzi aventi pari valore legale, quali ad esempio una PEC con firma digitale; - nel caso di specie detta liberatoria non è stata ricevuta né è a conoscenza dell’espletamento di concreti tentativi in tal senso; - contrariamente a quanto asserito dal cliente, infatti, trattandosi di garanzia autonoma “a prima richiesta”, come tale indipendente dalle vicende del rapporto sottostante, l’impegno della banca verso il beneficiario non è in alcun modo vincolato nella durata alla possibile risoluzione anticipata del contratto di locazione sottostante; - la data di anticipata estinzione del citato contratto di locazione non interrompe i termini entro cui il beneficiario potrebbe rivalersi sulla Banca per inadempimenti del conduttore; - pertanto, la restituzione della documentazione originale fideiussoria o in alternativa la liberatoria del beneficiario sono contrattualmente previste e necessarie prima della scadenza del termine (cfr. in tal senso Collegio di Milano, decisione 8522/2014); - come da documentazione allegata dal ricorrente, il proprio credito sarebbe sorto verbale di riconsegna dell’immobile locato, sottoscritto dalle parti in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura data 18 aprile 2020, fa esplicito riferimento a riserve di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertantoeventuali danni circa lo stato manutentivo del cespite; - infine, il rigetto ricorrente ha sottoscritto all’atto del rilascio della domandagaranzia (allegato 2) una manleva che prevede espressamente al punto 4 che l’impegno è sussistente fino a che non sia stata data integrale ed incondizionata liberatoria del beneficiario. Entrambe le parti hanno depositato repliche. In conclusione, parte ricorrente chiede che la banca provveda a svincolare i titoli di credito posti a garanzia della fideiussione.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare della nullità di un rapporto contratto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario fideiussione. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. La società attuale ricorrente stipulava con un terzo, in qualità di appaltatrice, un contratto avente ad oggetto la “progettazione direzione ed esecuzione dei lavori di ristrutturazione del locale commerciale … nonché della fornitura di elettrodomestici ed arredamento interno”. Considerato che il committente chiedeva di pagare ratealmente, il contratto prevedeva la stipula di una polizza fideiussoria - assicurativa o bancaria - a garanzia dei pagamenti. La garanzia veniva prestata dall’odierno resistente, in data 14 luglio 2014, sotto forma di fideiussione dell’importo di € 40.000,00, caratterizzata dalla previsione della clausola “a prima richiesta”, e con rinuncia da parte del fideiussore al beneficio di preventiva escussione del debitore principale. In data 19 dicembre 2012 18 luglio 2014, “facendo affidamento sull’efficacia e validità di tale garanzia”, la società ricorrente sottoscriveva quindi il contratto d’appalto. Il debitore principale, emetteva, altresì, assegni bancari “ad ulteriore garanzia dei pagamenti a farsi”. Tuttavia, il primo assegno, con data 20 agosto 2014, risultava impagato per mancanza di provvista “e così pure altri assegni”. La ricorrente informava, pertanto, immediatamente il resistente “di tale grave inadempimento” e richiedeva all’intermediario, appunto nella qualità di garante, il pagamento delle somme come previsto nell’atto di fideiussione. Tuttavia l’intermediario “per sottrarsi all’obbligo di adempiere la garanzia”, invocava la clausola di cui all’art. 5 del contratto “eccependo che il socio contraente … non aveva depositato domanda prestato la garanzia ipotecaria ivi prevista”. Ritenendo tale eccezione infondata, il 14 novembre 2014, la società ricorrente, tramite il proprio legale, ha presentato formale reclamo all’intermediario. La società deduce, innanzitutto, che la clausola invocata dalla resistente «non è in realtà qualificabile come una condizione ai sensi degli art. 1353 ss. c.c., in quanto essa non sospende gli effetti giuridici del contratto che è stato stipulato tra le parti; infatti all’art. 2 delle condizioni generali è espressamente previsto che il premio relativo al seguente contratto è, comunque, incamerato dalla Società e non potrà in alcun caso esserne richiesta la restituzione…». Secondo la società tale clausola «introduce a carico dell’altro contraente (e conseguentemente del terzo garantito) un onere che limita l’esercizio del suo diritto contrattuale in modo tale da snaturare causalmente il negozio giuridico di concordato preventivo “in bianco”garanzia, facendo venir meno la naturale solidarietà tra il debito del fideiussore e quello del debitore principale, la quale è peraltro dichiaratamente voluta dalle parti contraenti». Sulla base di tali premesse la società concludeva chiedendo all’intermediario di «riconsiderare la richiesta di escussione della polizza, riscontrandola con esito positivo». Non soddisfatta del riscontro ricevuto, la società si è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario, sostenendo - sulla scorta di alcuni orientamenti della Cassazione e dello stesso Xxxxxxx – che «una clausola condizionale che snaturi il tipo di contratto al quale è apposta, alterando la causa che lo caratterizza peculiarmente è inficiata da nullità». La società ha quindi chiesto al Collegio di dichiarare la nullità della clausola dettata dall’art. 5, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca per l’effetto, di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dichiarare l’intermediario tenuto ad adempiere gli obblighi nascenti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivogaranzia. L’intermediario ha chiestoresistito depositando controdeduzioni con cui chiede il rigetto del ricorso. Il resistente espone in fatto di avere rilasciato, pertantoin data 14 luglio 2014, un atto di fideiussione a favore della società ricorrente, con il quale si prestava garanzia fino alla concorrenza di € 40.000,00. La fideiussione, infatti, veniva rilasciata «a garanzia del corretto e puntuale pagamento di € 40.000,00 (euro quarantamila/00) per la progettazione, la direzione e l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione svolti nel locale commerciale sito in Napoli …, nonché della fornitura di elettrodomestici ed arredamento interno». Prosegue quindi osservando che sebbene l’art. 5 delle condizioni generali di fideiussione prevedesse che «il Contraente si obbliga a prestare garanzie ipotecarie a favore della Società fideiubente su beni, anche di terzi, del valore per lo meno equivalente alla garanzia prestata che non spiega alcun effetto giuridico fino all’avverarsi di tale condizione», tali garanzie di natura reale non venivano mai fornite. Dopo aver sottolineato che la clausola sospensiva di cui all’art. 5 non atteneva al rapporto obbligatorio garantito, ma rappresentava una condizione idonea a incidere sull’efficacia dell’atto di fideiussione stesso, sicché «l’eccezione è opponibile anche al creditore garantito», il rigetto resistente insiste nell’affermare che «tale condizione sospensiva, il cui verificarsi non dipende dall’arbitrio del fideiussore, ma è ricollegabile ad un fatto volontario del contraente, non può essere considerata vessatoria» perché «non attiene ad una limitazione di responsabilità del fideiussore, ma all’insorgere stesso dell’obbligazione fideiussoria, con tutto ciò che ne consegue anche in ordine alla doppia sottoscrizione». In conclusione, l’intermediario sostiene la piena validità della domandaclausola, e dunque la legittimità del proprio rifiuto di adempiere gli obblighi derivanti dalla garanzia, sottolineando che la clausola in parola risponderebbe ad un interesse pienamente meritevole di tutela – come riconosciuto dalla giurisprudenza – atteso che la funzione economica della clausola ipotecaria consiste nella possibilità che il garante possa esperire con successo l’eventuale azione di rivalsa nei confronti del debitore principale nel caso in cui, per l’inadempimento di quest’ultimo, il garante debba corrispondere il pagamento richiesto dal beneficiario.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto Il ricorrente, premesso di essere titolare del x/x x. *000 presso l’intermediario convenuto e di avere stipulato, con una Compagnia assicurativa collegata all’intermediario, la polizza n. *233 contro i danni derivanti da furto, afferma che a partire dal mese di maggio 2020 e per i mesi a seguire l’intermediario non effettuava, sul predetto c/c, l'addebito automatico preautorizzato del premio mensile della polizza; quanto alla rata del mese di maggio 2020 precisa, peraltro, che non veniva addebitata per scopertura del saldo di c/c, il quale tuttavia risultava capiente per le rate successive. Lamenta che l'intermediario non lo ha avvisato dei mancati pagamenti delle rate e che a causa di tali omissioni la copertura assicurativa veniva sospesa, per cui, conseguentemente, non veniva risarcito il sinistro avvenuto in data 22.8.2020, denunciato telefonicamente con n. pratica 2020.09PCA.244637, il quale gli causava un danno di circa € 8.500. Riferisce altresì che l’intermediario ha riscontrato il suo reclamo inviato in data 3 novembre 2020; che in data 22 gennaio 2021 riceveva, da parte della Compagnia assicurativa, un riscontro al reclamo inviato il 17.12.2020, nel quale si evidenziava che la rata insoluta era inerente al mese di giugno 2020. Tutto ciò premesso, chiede che venga riconosciuta “l’illecita esecuzione del rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”da parte [dell’intermediario] e conseguentemente [corrisposto] L’intermediario, enelle controdeduzioni, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario afferma che tutte le somme comunque pervenute sul conto correntecorrente di titolarità del Cliente risultano attivi, venissero stornate presso un diverso per conto corrente acceso della menzionata Compagnia assicurativa, numerosi mandati di pagamento. Sostiene, pertanto, che per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando accogliere la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto rimborso oggetto del ricorso è necessario che il dies a quoCliente fornisca maggiori informazioni, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario al fine di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda poter effettuare le opportune verifiche. In sede di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, repliche il ricorrente precisa che i pagamenti mandati di pagamento, richiesti dall’intermediario in questione rappresentavano l’oggetto sede di un mandato in rem propriam della bancacontrodeduzioni, e non potevano essere hanno ad oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma l’addebito mensile del premio di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito16,06 relativo alla polizza danni “Vivere protetti”; sottolinea, quindi, che il diritto della banca solo per scopi dilatori la parte resistente richiede informazioni di trattenere le somme dettaglio che potrebbe agevolmente acquisire direttamente dalla Compagnia assicurativa, per la quale svolge in esclusiva l’attività di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaincasso dei premi tramite RID.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne Il 6.11.2010 il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura ricorrente ha stipulato un contratto di concordato preventivocompravendita con una società terza per l’acquisto di un’opera editoriale multimediale, unitamente ad altri beni (“n° 1 forno/cucina della SMEG, n° 1 PSP della Sony, n° 5 giochi per la PSP, n° 1 lettore dvd/blu ray della Samsung”). In relazione a tale acquisto, il ricorrente ha richiesto un finanziamento all’intermediario convenuto, prestito che è stato concesso in data 9.11.2010 per un importo di € 5.400,00. Con il ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto ricorrente lamenta la mancata consegna di parte dei beni acquistati e chiede “la risoluzione/cancellazione del contratto [di compravendita] per inadempienza del fornitore e contestualmente, anche la risoluzione/cancellazione del contratto di finanziamento con la [convenuta]. Richied[e] inoltre, anche il rimborso delle rate effettivamente pagate, in quanto tali contratti sono da reclamo dell’1 agosto 2013 ritenersi nulli come previsto anche dall’art. 125 quinques del D.Lgs. 1-9-1993 n. 385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e artt. 1454 1455 del codice civile”. L’intermediario convenuto respinge le richieste del ricorrente, osservando “che la doglianza del [ricorrente] si fonda sulla condotta attribuita alla società [fornitrice], cui controparte imputa un grave inadempimento rispetto al contratto di fornitura tra le parti”. A parere dell’intermediario “In queste condizioni, risulta evidente la lesione del diritto di difesa [della convenuta] che, essendo estranea ai rapporti intercorsi tra l’odierno ricorrente e la [società fornitrice], non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto è posta … nelle condizioni di poter verificare se le contestazioni sollevate dal cliente siano fondate. Si ritiene, dunque, che il ricorso al quale si replica avrebbe dovuto essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”rivolto anche al [fornitore] e che, econseguentemente, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto nel merito l’intermediario sottolinea che il dies cliente «conferma di aver ricevuto la consegna … dell’enciclopedia su CD pacificamente acquistata presso la ditta venditrice ... La doglianza del cliente risiede solamente nella circostanza per la quale [il fornitore] non avrebbe consegnato ‘n° 1 forno/cucina della SMEG, n° 1 PSP della Sony, n° 5 giochi per la PSP, n° 1 lettore dvd/blu ray della Samsung’”. A tale riguardo, l’intermediario precisa che “il contratto di finanziamento sottoscritto dal [ricorrente] ed allegato al ricorso introduttivo reca quale bene finanziato solamente del ‘Materiale didattico’ e, dunque, la più volte citata enciclopedia su CD ... Anche il contratto di fornitura allegato agli atti [dal ricorrente] indica espressamente quale bene acquistato solo la nota ‘Opera editoriale EXPLORER NEWMEDIA – la tua biblioteca multimediale’ e, quali meri omaggi (testuale sul contratto: ‘AGG. GRATUITO’), il forno di marca SMEG, il lettore dvd/blu ray ed una PSP completa di giochi”. In conclusione l’intermediario sostiene che: (a) “non pare vi sia stato alcun inadempimento da parte del [fornitore], attesa la circostanza per la quale il bene effettivamente acquistato da parte del [cliente] – l’enciclopedia multimediale – è stata pacificamente consegnata ed installata al domicilio del cliente”; (b) “a quotutto voler concedere, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario i beni dei quali il cliente lamenta la mancata consegna ... sono solamente una parte di rimettere tutti i versamenti quelli che il [ricorrente] assume aver acquistato e, dunque, non potrà farsi luogo a risoluzione del contratto di vendita e di finanziamento in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto ragione di un mandato presunto inadempimento parziale”; (c) “il contratto di finanziamento … è stato stipulato solamente al fine di acquistare l’enciclopedia multimediale ... e, dunque, l’eventuale omessa consegna degli omaggi … non incide in rem propriam della banca, alcun modo sulla validità e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’artsull’efficacia del rapporto intercorrente con l’esponente società”. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014Infine, l’intermediario ha precisato precisa che il rapporto contrattuale l’erogazione del finanziamento avviene a favore della società fornitrice “con la società ricorrente si articolava espressa dispensa da ogni verifica in un conto corrente di corrispondenza relazione alla consegna del bene o alla prestazione del servizio, dal mancato completamento della fornitura/prestazione, dalla garanzia eventualmente concessa dal venditore e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e checasa fabbricante o, comunque, da qualsiasi difetto della cosa acquistata e dal rendimento della stessa, non essendo opponibili [all’intermediario] le eccezioni relative al rapporto di compravendita o di prestazioni di servizi intervenuto tra il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura cliente ed il fornitore, posto che non esiste tra quest’ultimo e [l’intermediario] alcun accordo di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaesclusiva per la concessione di credito”.

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FATTO. La controversia sottoposta I ricorrenti hanno affermato che: -sarebbero gli unici eredi del padre, deceduto il 7 giugno 2012; -come accertato da questo Arbitro mediante la decisione n. 1709 del 2015, la banca resistente non avrebbe dato loro alcuna informazione in ordine alla cognizione successione ereditaria dell’avo (da parte del Collegio concerne padre), deceduto il tema 25 agosto 2010; -a seguito di tale decisione di questo Arbitro, la banca resistente avrebbe loro trasmesso alcuni resoconti del regime giuridico dossier titoli di tale avo, precisando che, in base a un accordo tra gli eredi di quest’ultimo, quanto xxx depositato era stato trasferito alla sua coniuge; -tale procedura sarebbe tuttavia evidentemente irregolare, per quanto eventualmente consentita dagli altri eredi; -al padre dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – ricorrenti sarebbe spettata la società istante ha esposto di essere titolare quota di un rapporto sesto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della societàtale eredità. Ciò premessoposto, i ricorrenti hanno chiesto che: -la banca resistente sia condannata a mettere a loro disposizione la quota di un sesto dell’asse ereditario del de cuius, loro avo (da parte del padre). La banca ha resistito al ricorso, affermando che: -il valore complessivo dell’asse ereditario di cui si tratta sarebbe di € 273.731,48, e pertanto superiore al limite massimo entro il quale questo Arbitro può pronunciarsi nel merito; -sussisterebbe un litisconsorzio necessario nei confronti degli altri eredi del de cuius; -per quanto non sia stata rinvenuta la relativa documentazione, la ricorrente banca resistente si sarebbe limitata a eseguire un accordo fra tali eredi, cosicché non sarebbe ravvisabile alcuna sua responsabilità. Ciò posto, la banca resistente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012chiesto che: -il ricorso sia dichiarato inammissibile, in cui era stata presentata quanto la domanda il valore della controversia sarebbe superiore a € 100.000,00; -il ricorso sia dichiarato altresì inammissibile a causa del difetto di concordato preventivocontraddittorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari; -il ricorso sia comunque rigettato, perché infondato in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza fatto e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandadiritto.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura vicenda trae origine da una delibera condominiale c.d. “ristretta”, ossia assunta dal Consiglio di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto Condominio, senza la successiva ratifica dell’assemblea, nè tantomeno preceduta da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto una corretta e formale delibera di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistenteapprovazione dell’opera e della spesa. In data 19 dicembre 2012 tale decisione il Consiglio di condominio esulando da una funzione meramente “consultiva” attribuita dalla legge, esaminava differenti preventivi di appaltatori inerenti lavori di rifacimento del terrazzo/ lastrico solare, approvando uno di tali preventivi e suddividendo il relativo pagamento del costo dell’opera tra i condomini. Uno dei condomini rifiutava pagare le rate ed impugnava la delibera del Consiglio di condominio, in quanto esorbitante dai poteri ed in ogni caso collegata ad un opera mai approvata dall’assemblea, quale orano sovrano e deliberante, né compresa nei precedenti verbali di condominio. Il Tribunale adito accoglieva l’opposizione e affermava che il Consiglio di Condominio, composto da cinque condomini, non si era limitato a svolgere funzione consultiva, come disciplinato nell’art. 1130-bis c.c., ma aveva depositato domanda espresso una decisione vincolante per l’intero condominio approvando i lavori di concordato rifacimento ed il preventivo ritenuto più economico, ripartendo in bianco”, e, tal modo le spese tra i condomini. Successivamente il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessoCondominio soccombente impugnava tale decisione dinanzi alla Corte d’Xxxxxxx, la ricorrente ha dedotto quale però confermava il disposto del giudice di prime cure, rilevando inoltre l’interesse legittimo del condomino di proporre azione ex art. 1137 c.c., anche nei confronti di una delibera “ristretta” La Corte rilevava che sebbene la riunione dei consiglieri avrebbe dovuto avere carattere consultivo, nella pratica esprimeva una decisione sui lavori di manutenzione del lastrico. Inoltre si rilevava che nel verbale di assemblea, precedente a quello impugnato, prodotto in giudizio, non risultavano approvate le opere in oggetto alla delibera oggetto di opposizione, né era stata adottata successivamente alcuna successiva approvazione o ratifica assembleare. Il Condominio proponeva ricorso in Cassazione adducendo due motivi di ricorso e rimarcando, MA SOLO IN CASSAZIONE, che una successiva assemblea condominiale, avesse ratificato la decisione del consiglio di condominio, approvando a “larghissima maggioranza” i lavori e la scelta dell’impresa esecutrice. Il condomino controricorrente, in ragione del principio di autosufficienza del ricorso, deduceva che il dies verbale di quell’assemblea, posto a quofondamento del ricorso non era mai stato acquisito agli atti del giudizio, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario nei precedenti gradi di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandamerito.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione società ricorrente censura la condotta dell’intermediario, per avere questi illegittimamente e arbitrariamente sospeso l’erogazione del Collegio concerne servizio incassi SDD e ridotto le linee di credito in essere presso il tema medesimo intermediario, con conseguente sconfinamento, da parte del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivocliente. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò Tanto premesso, la ricorrente chiede il risarcimento dei danni patrimoniali e all’immagine, conseguenti all’illegittima condotta dell’intermediario. In particolare, la ricorrente afferma di essere stata più volte contattata telefonicamente dall’intermediario resistente e di avere in tal modo appreso che, a partire dal mese di febbraio 2016, “gli incassi SDD (…) non sarebbero stati lavorati sul conto corrente” ad essa intestato; nel corso di una di queste telefonate, inoltre, veniva proposto “di ripresentare gli incassi SDD aderendo ad una linea di credito (fido o altro) o in alternativa di rivolgersi ad altri istituti bancari” (cfr. reclamo del 09/02/2016). Nonostante la successiva richiesta di chiarimenti, avanzata per iscritto, l’intermediario “in maniera autonoma e priva del consenso della società non effettuava le operazioni di accredito” (cfr. comunicazione del 20/02/2016); ciò in violazione delle prescrizioni del regolamento UE 260/2012 in tema di preavviso. L’intermediario, nelle controdeduzioni, precisa di aver emanato, in data 08/09/2015, “una disposizione interna sul servizio incassi SDD in base alla quale sarebbe stata necessaria un’idonea linea di fido per adeguare detto servizio alle nuove disposizioni”. Dopo quattro mesi di “ripetuti solleciti” alla cliente, stante il perdurante rifiuto della stessa di aggiornare gli affidamenti, la informava che “non [avrebbe] più potuto accettare detto “servizio incassi”, come peraltro è stato confermato nella […] risposta [al reclamo] del 18.02.2016”. In seguito a tale missiva, nella quale informava la ricorrente della necessità di “formalizzare un’idonea linea di fido per accogliere le presentazioni di portafoglio”, il legale rappresentante della ricorrente provvedeva a sottoscrivere, in data 23/03/2016, una “richiesta delle nuove linee di fido”; queste ultime successivamente deliberate dagli organi competenti della banca, in data 25/03/2016. Nel corso di un secondo incontro, tenutosi il 04/04/2016, l’amministratore della società ricorrente si rifiutava, tuttavia, di sottoscrivere le condizioni relative alla nuova concessione, poiché ritenute troppo onerose; quindi, “di comune accordo con la cliente, si procedeva alla revoca del fido per smobilizzo crediti”. L’intermediario riferisce che, in seguito all’introduzione della commissione sull’affidamento, da concordarsi “in forma scritta con il cliente unitamente al tasso debitore per tutte le aperture di credito in conto corrente”, “per tutte le concessioni relative ad affidamenti di breve termine (…) ha dedotto che introdotto il dies nuovo contratto di affidamento (X.XX.). Con riferimento alla segnalazione in Centrale dei Rischi, precisa di non aver segnalato alcuno sconfinamento, “mentre le segnalazioni “contestate” sono presenti a quolivello “sistema”, cioè effettuate da altri istituti, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario periodo in esame”. L’intermediario prosegue affermando che, in data 26/10/2016, la ricorrente “chiedeva la chiusura dei rapporti, la revoca dei fidi ed il trasferimento dei titoli presso altra Banca”; non risultava tuttavia possibile soddisfare tali richieste per le ragioni esplicitate al cliente con comunicazione del 15/11/2016 (all.4). Siffatta comunicazione non veniva riscontrata, ragion per cui, in data 10/03/2017, l’intermediario provvedeva a informare la cliente che “i rapporti di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordatariae il deposito titoli sono tuttora aperti”. In ogni caso, andava determinato nella data parte resistente ritiene che la richiesta risarcitoria non sia accoglibile in quanto non supportata da prove (richiama sul punto la decisione del 19 dicembre 2012Coll. Roma n. 2248/14). Con riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali, l’intermediario richiama inoltre la pronuncia di Xxxx. S.U., n. 26972/08, sulla non risarcibilità dei pregiudizi consistenti in cui era stata presentata meri “disagi, fastidi, disappunti (…)”. In sede di repliche, la domanda di concordato preventivo; ricorrente contesta quanto dichiarato dall’intermediario e, in particolare, poiafferma che le variazioni alle condizioni contrattuali non sono state comunicate con quattro mesi di anticipo; precisa che il primo contatto telefonico è avvenuto il 07/02/2016 e ad esso aveva fatto seguito l’invio della comunicazione del 09/02/2016 di richiesta di chiarimenti. Inoltre, ha argomentato sottolineando la rilevanza l’incontro con i rappresentanti della scientia decotionis banca non si sarebbe tenuto il 23/03/2016: in tale data, afferma, l’amministratore della bancasocietà si trovava “fuori città”. A riprova del danno subito, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto asserisce di aver dovuto inviare “ben 79 comunicazioni agli utenti per mancato incasso di fatture per un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma totale di € 28.154,46 e 28.133,10” (cfr. solleciti di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandapagamento allegati).

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione ricorrente ha affermato che: x il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; x tale contratto sarebbe tuttavia nullo; x nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del Collegio concerne 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il tema divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura 1990; x il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; x solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto aver sottoscritto una fideiussione omnibus; x in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di essere titolare aver garantito fino al massimo del 50% di un rapporto finanziamento di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda € 40.000,00; x non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della societàbuona fede. Ciò premessoposto, la ricorrente ha dedotto che chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il dies 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: x questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; x il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; x il 19 marzo 2018, a quoseguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, nel la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; x alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; x non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poiquestione, ha argomentato sottolineando deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la rilevanza questione della scientia decotionis della banca, nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto volendo evitare l’insorgere di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale contrasti interpretativi con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaaltri Collegio territoriali.

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FATTO. La controversia sottoposta Il ricorrente espone che il 26.01.2009, unitamente alla cognizione moglie (cointestataria del Collegio concerne ricorso), aveva stipulato con la banca convenuta un mutuo ipotecario ventennale per € 146.000, al quale era collegata una polizza collettiva con premio unico di € 5.616. Successivamente, il tema ricorrente aveva perfezionato una pratica di surroga del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura mutuo e, conseguentemente, il 25.11.2010, aveva chiesto il parziale rimborso del premio della suddetta polizza collettiva (per un importo pari a € 5.136,91). Il ricorrente chiede a) di concordato preventivo. Con ricorso presentato accertare che il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – contratto assicurativo deve intendersi “sciolto con la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in biancocessazione del rischio”, eritenendo che “con la portabilità del mutuo, infatti, il successivo 20 rischio in capo alla Banca viene meno”, e b) “la restituzione della somma del premio già pagata e non dovuta in relazione al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata secondo le indicazioni contenute nel Regolamento ISVAP n. 35 … consistente in euro 5.136,91, considerando le 23 mensilità dovute (da gennaio 2009 a dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso 2010)”. L’intermediario convenuto eccepisce anzitutto l’irricevibilità del ricorso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta difetto di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012legittimazione passiva, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione quanto “ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria 1.10 delle condizioni contrattuali della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che polizza assicurativa i reclami riguardanti il rapporto contrattuale vanno presentati direttamente alla Compagnia e/o al Broker”. Nel merito, invece, la banca eccepisce che il reclamo non può essere accolto in quanto ai sensi all’art. 1.6 (Anticipata estinzione anticipata) del contratto della polizza collettiva era previsto che “In caso di anticipata estinzione del rapporto di mutuo, ovvero accollo dello stesso ad altra persona, le garanzie assicurate con la società ricorrente si articolava presente polizza collettiva rimarranno valide secondo l’originario piano di ammortamento”; tale dispositivo, peraltro, veniva mitigato da quanto disposto dall’art. 1.5 (Beneficiari) che, ai fini di non scoraggiare la portabilità dei mutui, ammetteva la possibilità di designare liberamente un diverso beneficiario della polizza per la somma assicurata a scadenza che poteva essere individuato anche in un conto corrente altro intermediario bancario. Inoltre, con riguardo alla normativa invocata dal ricorrente, l’intermediario convenuto precisa quanto segue: a) le “Linee guida per le polizze assicurative connesse ai mutui e altri contratti di corrispondenza finanziamento”, elaborate da ABI-Ania il 22 ottobre 2008, “‘suggeriscono’ alle banche, agli intermediari finanziari e alle imprese d’assicurazione a esse associate (tra cui comunque non figura la ricorrente) di adottare soluzioni (fra cui quella invocata da ricorrente) volte a facilitare la portabilità dei mutui … e l’estinzione anticipata degli stessi”, lasciando libertà agli aderenti di adottare soluzioni diverse; b) “l’ art. 56 del Regolamento ISVAP n. 35/2010 è perentorio nell’affermare … [che] entra in un conto anticipi, entrambi accesi vigore il 1° dicembre 2010 e si applica ai contratti in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandacommercializzazione successivamente a tale data”.

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FATTO. La controversia sottoposta parte ricorrente espone, allega e chiede nel ricorso quanto segue. - Il 13/05/2013 ha stipulato con l’intermediario un contratto di finanziamento da rimborsare dietro cessione del quinto dello stipendio, estinto anticipatamente dal 30/09/2017 dopo il pagamento di n. 51 rate delle n. 120 complessive. - A seguito dell’estinzione anticipata l’intermediario non ha rimborsato le commissioni e i costi non maturati fino alla cognizione scadenza del Collegio concerne il tema contratto. - Nel contratto non è chiara la distinzione tra commissioni c.d. recurring e commissioni c.d. up front. - Sono rimborsabili, per la parte non maturata, non solo le commissioni bancarie e finanziarie, ma anche le commissioni di intermediazione e i costi assicurativi. - In considerazione del regime giuridico rapporto di accessorietà dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura assicurativi e di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un mediazione creditizia, rispetto al rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentefinanziamento, al loro rimborso è tenuto l'intermediario. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”- La sentenza della CGUE dell’11/09/2019, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poicausa C-383/18, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, stabilito che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto sede di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e estinzione anticipata spetta al cliente una proporzionale restituzione di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente spese associate al 19 dicembre 2012prestito, indipendentemente dalla loro natura up front o recurring. Nelle controdeduzioni- In maniera conforme si è espresso anche il Collegio di Coordinamento ABF (n. 26525/2019). - Dopo aver esperito infruttuosamente il reclamo, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario parte ricorrente ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava proposto ricorso chiedendo: o in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunquevia principale, il proprio credito sarebbe sorto rimborso di complessivi € 3.884,97, calcolati con il criterio proporzionale, a titolo di oneri contrattuali non maturati, al lordo di quanto eventualmente già rimborsato, da considerarsi a titolo di acconto; o in epoca anteriore all’ammissione via subordinata, la riduzione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto predetta somma in applicazione del criterio proporzionale ai costi recurring e agli oneri assicurativi e del criterio della domanda.curva degli interessi ai costi up front;

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FATTO. La controversia sottoposta ricorrente, unitamente alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di madre poi deceduta, sottoscriveva con l’intermediario resistente un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla che prevedeva una serie di servizi accessori di natura bancaria e assicurativa. Tra questi ultimi figurava una polizza assicurativa che garantiva la possibilità per il titolare del conto corrente di ricevere una diaria pari ad Euro 38,73 per ogni giorno di ricovero superiore al settimo fino alla durata massima di 80 giorni. Nel 2009 la madre della ricorrente veniva ricoverata presso due distinte strutture ospedaliere dal 16/06/2009 al 29/06/2009 e successivamente dal 29/06/2009 al 19/11/2011 per un periodo di degenza superiore ad 80 giorni. Al fine di ricevere quanto dovuto la ricorrente si rivolgeva (in nome della madre) inizialmente alla Compagnia di Assicurazione, che negava il versamento della somma richiesta in ragione dell’interruzione della collaborazione con l’intermediario resistente e, successivamente, direttamente allo stesso intermediario, il quale chiariva che, a seguito di una modifica unilaterale del contratto di conto corrente comunicata alle parti in data 31/03/2009, la polizza assicurativa non figurava più tra i servizi connessi a quella particolare tipologia contrattuale. Insoddisfatta del riscontro ricevuto dall’intermediario, la ricorrente, subentrata in tutti i rapporti della madre nel frattempo deceduta, ha presentato ricorso all’ABF con il quale ha chiesto “la corresponsione di quanto dovuto a titolo di diaria, euro 3098,40 e degli interessi legali maturati su tale credito fino a novembre 2012. Da dicembre 2012 sono invece da computarsi gli interessi moratori poiché con lettera del procuratore è da considerarsi realizzata la costituzione in mora della banca”. Con le proprie controdeduzioni, l’intermediario resistente ha precisato quanto segue: - tra le prestazione accessorie al contratto di conto corrente della ricorrente figurava la possibilità di usufruire di un rimborso assicurativo pari ad una diaria di Euro 38,73 per ogni giorno di ricovero superiore al settimo per un massimo di 80 giorni; - di aver prontamente comunicato alla ricorrente il venir meno della clausola relativa alla prestazione assicurativa in oggetto nel conto scalare del 31/03/2013 e di aver ribadito tale informativa nelle risposte alle successive lettere della stessa ricorrente; - non sussiste alcuna “correlazione tra la sottoscrizione del Conto (…) e la durata della polizza collettiva che decorre dalla sottoscrizione della Banca delle polizza stessa e non certo dall’adesione al Conto (…) da parte del cliente che, comunqueper questo motivo, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione ha l’obbligo di accertare preventivamente la validità della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandapolizza”.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato del 16 febbraio 2016, la s.r.l. istante ha adito questo Arbitro, chiedendo l’accertamento e la dichiarazione dell’illegittimità della segnalazione a sofferenza del proprio nominativo presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia, operata dalla banca resistente, e ciò: (i) sia perché non preceduta da un’analisi della propria complessiva situazione finanziaria; (ii) sia perché intervenuta successivamente all’accollo, da parte di altra società, del mutuo oggetto di segnalazione, in guisa tale che la ricorrente avrebbe dovuto essere segnalata come garante, e non quale debitrice principale. Ha inoltre concluso la ricorrente per il 10 giugno 2014 risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti in ragione della predetta segnalazione. Questi, nel dettaglio, i fatti riferiti dall’istante: - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – in data 12.05.2010 la società istante ha esposto ricorrente stipulava con l’intermediario un contratto di essere titolare mutuo fondiario dell’importo di € 960.000,00, iscrivendo ipoteca su un immobile di sua proprietà; - in data 28.03.2014, tuttavia, l’istante vendeva il predetto immobile ad altra società, e nell’ambito del contratto di compravendita era stabilito, in riferimento al pagamento del prezzo, che l’importo residuo di € 753.718,97 sarebbe stato corrisposto mediante accollo del corrispondente importo in linea capitale, quale residuato dopo il pagamento della rata in scadenza al 31 marzo 2014, del predetto mutuo concesso alla società venditrice dalla resistente e – come detto – garantito dall’ipoteca gravante sull’immobile; - ciò posto, con raccomandata a/r del 14.07.2014 la società acquirente chiedeva all’intermediario di addebitare le rate del mutuo sul proprio conto corrente a mezzo RID, ed in assenza di riscontro da parte della banca, con bonifico del 12.08.2014 la società acquirente provvedeva ad accreditare, sul conto corrente dell’odierna ricorrente ove erano prelevate dall’intermediario le rate di ammortamento, una somma corrispondente all’importo delle rate dei mesi di aprile, maggio, giugno e luglio 2014; - con nota del 05.09.2014 – prosegue l’istante – l’intermediario richiedeva alla società acquirente di prendere contatti con la filiale di incardinamento del rapporto, al fine di valutare la possibilità di accollo del predetto mutuo, salvo però poi comunicare alla ricorrente, in data 29.12.2014, l’avvenuta decadenza dal beneficio del termine a causa del mancato pagamento di quattro rate del mutuo; - la banca chiedeva dunque all’istante il pagamento, entro dieci giorni dalla ricezione, dell’intero capitale residuo (di importo pari ad € 715.387,10); - stante il mancato pagamento, poi, nel mese di gennaio 2015 l’intermediario segnalava a “sofferenza” la posizione dell’odierna ricorrente presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia: “sofferenza” comprensiva sia del mancato pagamento delle rate di ammortamento del mutuo fondiario, sia di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul ulteriore scoperto relativo ad un conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della proceduraconseguente alla revoca di un’apertura di credito precedentemente concessa; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti premesso in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della bancafatto, e affermando, altresì, chiarito che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente relazione al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il debito derivante dal rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti la resistente aveva ottenuto dal Tribunale di Roma un provvedimento monitorio provvisoriamente esecutivo, tempestivamente opposto dalla ricorrentericorrente (con giudizio tuttora pendente), l’istante ha dedotto l’illegittimità della segnalazione a sofferenza presso la Centrale Rischi: - in primo luogo in quanto, nell’effettuarla, l’intermediario non avrebbe tenuto conto della “complessiva situazione finanziaria del cliente”, così come previsto dalla Circolare della Banca d’Italia n. 139/1991, sottolineando che al mese di dicembre 2014, risultassero scadute e impagate solo quattro rate del contratto di mutuo (mentre – come detto – l’altro debito era stato puntualmente contestato dinanzi all’A.G.O.); e - in secondo luogo, in virtù del fatto che, comunquea seguito dell’intervenuto accollo del debito derivante dal contratto di mutuo, l’istante avrebbe dovuto essere iscritta solamente quale garante della società accollante, così come pure affermato dal Collegio di coordinamento ABF, con decisione n. 611 del 31.01.2014. Rilevato, infine, di avere subito ingenti danni a seguito dell’illegittima segnalazione dell’intermediario, a causa dell’incremento degli oneri gravanti sui rapporti intrattenuti con il proprio credito sarebbe sorto sistema creditizio, nonché della ripercussione sulla propria reputazione ed immagine professionale, ha concluso la ricorrente chiedendo all’Arbitro di ordinare la cancellazione della predetta segnalazione presso la Centrale Rischi, ovvero di ordinarne la correzione, indicando la ricorrente quale mera garante e non quale debitrice principale, nonché per la condanna dell’intermediario al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali, derivanti dalla segnalazione. Nelle proprie controdeduzioni, la banca ha sollevato in epoca anteriore all’ammissione della via preliminare l’eccezione di irricevibilità del ricorso, essendo attualmente pendente tra le parti un controversia dinanzi all’A.G.O. Ciò posto, e passando al merito, l’intermediario ha fornito una versione dei fatti sostanzialmente corrispondente a quella riferita dall’istante, specificando come la ricorrente alla procedura non avesse formalizzato alcuna richiesta di concordato preventivoaccollo del finanziamento (tanto che la banca ne era venuta a conoscenza solo in data 02.07.2014), né avesse preso ulteriori contatti con la filiale di radicamento del rapporto. L’intermediario Più in generale – prosegue la banca – non avendo essa mai dichiarato di aderire all’accollo, tanto meno liberando l’accollato, e dovendosi comunque ritenere la complessiva posizione dell’istante sicuramente tale da rendere legittima la segnalazione a “sofferenza”, la resistente ha chiesto, pertanto, concluso per il rigetto della domandadel ricorso.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – I ricorrenti hanno affermato che: -sarebbero la società istante ha esposto di essere titolare coniuge e la figlia (e pertanto le eredi) di un rapporto cliente della banca resistente, deceduto nel maggio del 2013; -insieme alla coniuge, in particolare, egli sarebbe stato presso tale banca cointestatario di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul un conto corrente, venissero stornate presso al quale sarebbe stato collegato un diverso deposito titoli in amministrazione; -alla sua morte, tale conto corrente acceso per sarebbe stato bloccato, ma la banca resistente avrebbe ciononostante continuato ad addebitare su di esso fino al 31 gennaio 2014 le finalità della procedura; nelle morespese di tenuta e altri oneri, tra i quali il concordato costo del servizio Telepass di cui il de cuius era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando titolare; -la documentazione richiesta per la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era successione sarebbe stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare tuttavia fornita alla banca resistente già il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 25 novembre 2013 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 il dispositivo Telepass sarebbe stato riconsegnato il 16 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in 2013; -il saldo residuo sarebbe stato accreditato dalla banca resistente su un conto corrente di corrispondenza cui le ricorrenti sono cointestatarie; -senza la loro autorizzazione, la banca resistente avrebbe altresì “scaricato” i titoli che erano depositati nel dossier cointestato al de cuius e li avrebbe “caricati” su quello cointestato alle ricorrenti; -tale operazione avrebbe cagionato loro un danno patrimoniale, costituito dall’addebito di alcune spese, dalla perdita di valore di tali titoli pari a € 50,00 e dal mancato conseguimento di un c.d. bonus fedeltà. Ciò posto, le ricorrenti hanno chiesto che: -la banca resistente sia condannata a restituire loro le spese di tenuta del conto cointestato al de cuius, perché indebite; -sia ordinato alla banca resistente di ripristinare il titolo depositato sul dossier cointestato al de cuius e sia condannata al pagamento di € 50,00 a titolo di rimborso della perdita di valore da esso subita. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: -il 26 giugno 2013, avrebbe appreso che il congiunto delle ricorrenti era deceduto, in quanto le era stato richiesto dall’ente previdenziale competente di restituire quanto nel frattempo erogato a titolo di pensione del de cuius; -il 27 novembre 2013, le ricorrenti avrebbero consegnato alla filiale competente la dichiarazione di successione; -l’8 gennaio 2014, avrebbero chiesto per iscritto che fosse estinto il conto corrente cointestato al de cuius; -tale estinzione sarebbe avvenuta il 29 gennaio 2014; -la documentazione inerente alla restituzione del dispositivo Telepass sarebbe stata consegnata alla filiale competente il 24 dicembre 2013; -l’importo di € 3,42, che il 31 dicembre 2013 era stato addebitato per tale servizio sul conto corrente di una delle ricorrente, le sarebbe stato pertanto rimborsato dalla banca resistente; -il BTP di € 35.000,00, che era depositato nel dossier titoli cointestato al de cuius, sarebbe stato suddiviso in un BTP di € 26.000,00, depositato sul dossier intestato alla prima ricorrente, e in un conto anticipiBTP di € 9.000,00, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001depositato sul dossier intestato all’altra; -quest’ultima avrebbe trasferito alla prima il titolo che era stato depositato sul suo dossier, sostenendo così alcune spese e perdendo il premio fedeltà. Ha eccepitoCiò posto, quindi, la banca resistente ha chiesto che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto ricorso sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto correnterigettato, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; perché infondato in fatto e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandadiritto.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura Il ricorrente riferisce che, in data 13.5.2019, si è rivolto ad una filiale dell’intermediario convenuto(presso la quale era già “correntista fidelizzato”) per ottenere un finanziamento di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare euro 60.000,00 destinato ad integrare l’acquisto di un rapporto immobile di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentevilleggiatura ed a ristrutturare tale immobile ed altro di sua proprietà, dove abitava con la sua famiglia; in data 11.6.2019, l’Ufficio Centrale Mutui della banca convenuta comunicava a mezzo mail la presa in carico della pratica (doc. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, n. 1) e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario giorno seguente (12.6.2019) richiedeva a mezzo mail l’invio di documenti (doc. n. 2); tre giorni dopo (15.6.2019), la convenuta trasmetteva via mail la conferma che tutte le somme comunque pervenute sul conto correntela documentazione richiesta era stata consegnata all’Agenzia di riferimento il giorno precedente (doc. n. 3) e il 20.6.2019 comunicava via mail di avere provveduto alla trasmissione presso l’Agenzia, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità in data 18.6.2019, di copia dei preventivi di ristrutturazione (doc. n. 4); il 28.6.2019 l’Ufficio Centrale Mutui della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando banca comunicava di avere attivato la richiesta di messa perizia per la pratica del mutuo (doc. n. 5) e richiedeva via mail al cliente l’inoltro della copia della tessera sanitaria/Codice Fiscale (doc. n. 6), che veniva trasmessa alla banca lo stesso giorno, anche se già consegnata in data 14.6.2019 presso l’Agenzia (doc. n. 7). Il ricorrente aggiunge di aver inviato alla banca a disposizione delle somme incassate mezzo mail, in data 5.7.2019, copia del contratto preliminare di vendita dell’immobile di villeggiatura, come da richiesta del 4.7.2019 (doc. n. 8) e, in data 9.7.2019, un preventivo per conto lavori all’immobile; in quello stesso giorno l’Ufficio Centrale Mutui della societàbanca comunicava via mail di avere ricevuto tutta la documentazione necessaria per l’erogazione del mutuo (doc. n. 10); soltanto alla fine del mese di luglio 2019 veniva informalmente messo al corrente, tramite comunicazione telefonica, dalla Direzione dell’Agenzia, dell’esito negativo della pratica di mutuo; in tale circostanza, richiedeva esplicitamente il documento ufficiale di xxxxxxx con la relativa motivazione, richiesta reiterata più volte sia telefonicamente (anche tramite sms) che fisicamente, onde poter valutare altre soluzioni di accesso al credito; e soprattutto, soltanto in data 4.10.2019, la banca trasmetteva le motivazioni circa il parere negativo alla concessione del finanziamento (doc. n. 14), allegando il documento di xxxxxxx, “senza alcuna motivazione”, datato 6.9.2019 (doc. n. 11). Ciò premessopremesso in fatto, il ricorrente contesta “non già la motivazione del provvedimento di diniego del mutuo (atteso che la Banca ha senza ombra di dubbio la libertà di decidere se erogare o meno il finanziamento alla luce dell’istruttoria svolta)” ma “l’assurda tempistica e l’avvio dell’intera procedura”; infatti, soltanto il 4.10.2019 (e cioè dopo 5 mesi dalla sottoscrizione della richiesta di mutuo; oppure dopo 4 mesi dal 11.6.2019, data in cui la banca ha comunicato xxx xxxx xx xxxxx xxxxx xx xxxxxx la richiesta di mutuo), la ricorrente Banca ha dedotto che il dies a quocomunicato l’esito negativo della istruttoria e quindi – soltanto su esplicita richiesta del cliente – ha comunicato le ragioni del diniego del finanziamento. L’istante sostiene, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poiche non ha, di fatto, potuto indirizzare la sua richiesta di mutuo ad altro Istituto Bancario, in attesa del completamento dell’istruttoria avviata dalla convenuta, al fine di non rischiare di avviare una doppia richiesta: situazione che avrebbe potuto avere come conseguenza una possibile segnalazione alle banche dati di riferimento; precisa altresì che la banca aveva anche inviato un perito per la valutazione del cespite da ipotecare, dopo avere acquisito tutta la documentazione; circostanza che ha argomentato sottolineando alimentato concrete aspettative di concessione del mutuo, tanto che erano già stati presi impegni con diversi fornitori ed operatori del settore edile per iniziare i lavori necessari a ristrutturare i due immobili. Il ricorrente afferma, infine, che le motivazioni poste a sostegno della mancata concessione (l’operazione di finanziamento richiesto sarebbe stato “non in linea con le policy interne di merito creditizio e di prevenzione del rischio”) potevano essere considerate già durante gli incontri preliminari e avrebbero dovuto immediatamente interrompere il proseguimento della pratica (cfr. art. 120-septies Tub). Insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa nella fase prodromica al presente procedimento, il ricorrente si rivolge all’Arbitro al quale chiede di accogliere le proprie richieste: a) di risarcimento del danno non patrimoniale pari ad euro 5.000,00 o di quell’altro importo ritenuto più giusto e congruo per l’afflizione e l’offesa morale patita dall’istante soprattutto in funzione del mancato rispetto, cui è stato costretto, degli accordi (seppur verbali) intercorsi con i fornitori e le dite nel frattempo interpellate per avviare i lavori di ristrutturazione degli immobili de quo, tenendo conto in particolare del delicato ruolo lavorativo ricoperto dal ricorrente (Ispettore della Polizia di Stato) e dal valore del suo impegno e della sua parola; b) di risarcimento in via equitativa del danno emergente, per la rilevanza perdita economica che il patrimonio (immobiliare – per la mancata rivalutazione dell’immobile da ristrutturare sito in Casalnuovo di Napoli (NA) del creditore ha subito per colpa della scientia decotionis mancata, inesatta o ritardata prestazione che sarebbe dovuta essere erogata dall’Istituto di Credito o quantomeno per le lungaggini subite dal ricorrente a fronte di un’istruttoria che sarebbe dovuta essere definita in tempi brevissimi se fossero stati adottati i protocolli e le policies interne dell’istituto stesso; c) di voler censurare formalmente la condotta dell’intermediario convenuto per la tempistica adottata per l’istruttoria della bancapratica e per tutte le ragioni sopra esposte; d) di voler censurare la condotta dell’intermediario convenuto per la mancanza di trasparenza e di linearità nel rapporto con la clientela e la mancata osservazione dei protocolli di trasparenza; e) di voler censurare la condotta dell’intermediario convenuto per aver carpito la fiducia di un cliente di lungo corso nonostante la sua impeccabile correttezza mostrata negli anni ed il suo irreprensibile e non contestabile “profilo creditizio”; f) di voler censurare la condotta dell’intermediario convenuto per non aver ottemperato alle prescrizioni di cui all’art. 120- septies, lett. a) e all’art. 120-septiesdecies, punto 2, per il comportamento tenuto dall’intermediario convenuto in chiara violazione dell’art. 120-undecies, punto 5, Tub. Costituitosi ritualmente, l’intermediario resistente chiede all’Arbitro di rigettare il ricorso per l’infondatezza delle argomentazioni del ricorrente, tenuto altresì conto dell’avvenuto rimborso delle spese di perizia disposto a favore dell’istante. In particolare, la convenuta evidenzia le seguenti circostanze rilevanti ai fini della controversia in esame: 1) il cliente si è rivolto alla Banca per finanziare un’operazione di acquisto e ristrutturazione dell’importo complessivo di euro 160.000,00, formalizzando in data 6.6.2019 la richiesta di mutuo (Allegato 1); 2) il 17.7.2019 l’Organo Deliberante della Banca, nell’esercizio del suo potere discrezionale, non ha tuttavia aderito alla domanda, tenuto conto di diversi fattori, tra i quali l’apporto di mezzi propri, ritenuto non congruo, il fatto che il mutuo fosse destinato a finanziare una compravendita immobiliare tra parenti/affini e la circostanza che la garanzia ipotecaria offerta alla Banca sarebbe stata concessa a valere su un immobile di cui il ricorrente non era unico proprietario; 3) la concessione di un finanziamento rientra nel potere discrezionale della Banca, che lo esercita in base alle proprie politiche di merito creditizio e di assunzione del rischio, e affermandoche, altresìdunque, non sussiste in capo all’Intermediario un obbligo generale di far credito (ex multis ABF, n. 4052/2020, n. 22324/2019, n. 7911/2016, n. 6128/2015, oltre a Collegio di Coordinamento, n. 6182/13); 4) il cliente è stato reso edotto del contenuto della delibera, come confermato dal suo difensore in ricorso. La banca precisa che, in occasione dei contatti intercorsi alla fine del mese di luglio 2019, il cliente – allo scopo di rendere l’operazione maggiormente sostenibile – “ha condiviso con il Responsabile della Filiale di ripresentarsi agli Organi Deliberanti modificando l’impostazione della domanda di mutuo, riducendone l’importo da € 60.000,00 ad € 50.000,00”; ma purtroppo, nonostante la variazione apportata alla proposta di credito, gli Uffici competenti della Banca hanno confermato il parere negativo precedentemente assunto; la lettera di mancata concessione del credito (Allegato 2) è stata prodotta in occasione del reclamo presentato dal Ricorrente in uno ai motivi sottesi al rigetto. L’intermediario eccepisce, quindi, che: a) le pretese risarcitorie avanzate non appaiono meritevoli di accoglimento, perché il diritto al risarcimento del danno è configurabile laddove tra le parti siano intercorse delle trattative, le stesse siano giunte ad un punto tale da far insorgere nel ricorrente un ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto e siano poi state interrotte senza un giustificato motivo (così, Cass., n. 7768/2007); b) nel caso di specie, non può affermarsi che i pagamenti si sia ingenerato alcun legittimo affidamento sulla conclusione del contratto di mutuo: il cliente, infatti, come da lui stesso confermato, già a luglio era a conoscenza del rigetto espresso dall’Organo Deliberante e proprio in questione rappresentavano l’oggetto virtù di ciò si è concordato di ridurre l’importo del mutuo; c) per quanto riguarda il danno non patrimoniale, la pretesa avanzata non risulta meritevole di accoglimento, stante l’assenza di prova circa il nocumento asseritamene subito e considerato altresì che l’ABF, in linea con gli indirizzi della Suprema Corte (Cass. SS.UU., 11.11.2008, n. 26972), reputa risarcibile, oltre ai casi previsti dalla legge ordinaria, solo in caso di lesione di un mandato interesse di rilevanza costituzionale, laddove la lesione sia grave e il danno non sia futile, risolvendosi in rem propriam della bancadisagi, e fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione; c) quanto alla richiesta di risarcimento del danno emergente, non potevano essere oggetto di compensazione essendo stata dimostrata ai sensi dell’art. 56 l.f2697 c.c. Pertantola consistenza del danno lamentato e la perdita economica subita, anch’essa va respinta considerato peraltro che, in ottica puramente conciliativa, sono state rimborsate al cliente le spese sostenute per la redazione della perizia, pari ad euro 280,00, mediante assegno circolare (Allegato 3). Il ricorrente deposita repliche alle controdeduzioni, ove afferma che: a) la comunicazione ufficiale del diniego del mutuo/finanziamento è giunta a destinazione soltanto in data 4.10.2019, mentre le trattative preliminari avvenute prima della formalizzazione della richiesta di finanziamento (11.6.2019) sono iniziate il 13.5.2019; b) il diniego del finanziamento è stato comunicato nel mese di luglio da un soggetto non meglio identificato, che assumeva di contattarlo dalla banca – ma solo in via ufficiosa – e nello stesso mese è stata proposta una rimodulazione e non una novazione della richiesta, il che non indicava necessariamente un rigetto totale della sua domanda iniziale; c) non ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare mai richiesto alla banca un finanziamento di euro 160.000,00, ma unicamente il versamento alla procedura concordataria della somma diverso importo, documentato, di € 28.154,46 euro 60.000,00; d) a fronte di tale richiesta, l’istante aveva tra giacenze, piano di accumulo e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza risparmio cointestato con la moglie un importo complessivo di mezzi propri superiore ad euro 20.000,00, oltre che l’accredito mensile del proprio stipendio di ispettore di polizia; e) se i motivi del diniego erano così strutturati ed insuperabili da rientrare nella “policies” dello stesso Istituto di Credito e in noti sin dalle fasi preliminari della richiesta di finanziamento, “perché la Banca ha perseverato nel suo atteggiamento incoraggiante nei confronti del malcapitato cliente?”; f) tale condotta, ricostruita dalla stessa resistente, non poteva che ingenerare ulteriori aspettative e quindi il convincimento di un conto anticipi“legittimo affidamento”. Il ricorrente richiama, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001infine, l’art. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui 1337 c.c. e la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrentedisciplina relativa al credito immobiliare ai consumatori contenuta nel Testo unico bancario (art. 120-septies; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivoart. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda120-undecies; art. 120 septiesdecies).

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – Nel presente procedimento la società istante ha esposto di essere parte ricorrente, titolare di n. 20 BFP, chiede il rimborso dei titoli con applicazione dei rendimenti indicati sul retro degli stessi, affermando quanto segue: • nel corso degli anni dal 1983 al 1988 ha sottoscritto, unitamente ai propri genitori (oramai defunti), alcuni Buoni Postali Fruttiferi; • al momento della liquidazione, l’intermediario non ha rispettato le condizioni riportate sul retro dei titoli, sia per quanto riguarda gli interessi relativi ai primi 20 anni, che per quelli riportati in misura fissa dal 20° al 30° anno; • gli importi rimborsati sono infatti nettamente inferiori rispetto a quanto dovuto; • la Suprema Corte ha sancito che il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti (cfr. Cass. n. 13979/2007); • tale orientamento risulta altresì confermato dalla giurisprudenza di merito (cfr. ex multis Trib. di Xxxxxxx, sent. 974/14). Nelle proprie controdeduzioni, l’Intermediario in via preliminare eccepisce l’inammissibilità del ricorso per: - incompetenza temporale dell’Arbitro, in quanto la fattispecie oggetto del ricorso attiene a vizi genetici del negozio ed è pertanto sottratta temporalmente dall’ambito di competenza dell’ABF; - incompetenza per materia dell’Arbitro, essendo i BFP prodotti finanziari emessi dalla Cassa DDPP, disciplinati da norme di carattere speciale in ordine ai quali non trovano applicazione le disposizioni del titolo VI, capo I del TUB. Nel merito, chiede il rigetto del ricorso ed eccepisce quanto segue: - Con riguardo ai buoni Serie “Q/P”: • detti buoni appartengono a tutti gli effetti alla serie ordinaria “Q”, istituita con il D.M. 13.06.1986, pubblicato sulla G.U. n.148 del 28/06/1986; • detto decreto indica i saggi di interesse e le relative somme oggetto di rimborso con interesse composto fino al 20° anno (8%, 9%, 10,5% e 12%) e con interesse semplice dal 21° anno sino al 30° anno (12%); • il rendimento è strutturato prevedendo un interesse composto per i primi vent’anni ed un importo bimestrale, per ogni bimestre maturato oltre il ventesimo anno e fino al 31 dicembre del 30° anno successivo all’emissione, calcolato in base al tasso massimo raggiunto al 20° anno; • detti buoni sono stati emessi sui moduli della precedente serie P, apponendo sulla parte anteriore un timbro con la serie Q/P e sulla parte posteriore un altro timbro recante la serie Q/P e la stampigliatura della misura degli interessi previsti per la nuova serie; • in applicazione del disposto dell’art. 5 del DM, era necessario apporre il timbro contenente la sola indicazione dei nuovi e diversi tassi di interesse e non anche dell’importo bimestrale da corrispondersi dal 21° al 30° anno, il cui sistema di calcolo rimaneva invariato in quanto rapportato al tasso di interesse massimo raggiunto e cioè, per il buono in esame, al tasso del 12% indicato nel timbro (e non al 15% previsto dalla precedente serie P); • un regime differenziato fra i due periodi non trova alcuna giustificazione poiché l’avvenuta apposizione dei timbri prescritti – pur in assenza di un’espressa deroga al regime di interessi previsto per il periodo successivo al ventesimo anno – appare pienamente idonea a qualificare il buono sottoscritto dall’appellante come appartenente alla nuova serie “Q” e, dunque, integralmente assoggettabile al relativo regime (cfr. ex multis Corte di Appello di Milano, sent. 5025 del 16.12.2019); • la sentenza della Corte di Cassazione a SS UU n. 13979/2007, riguarda un caso del tutto differente rispetto a quello in controversia (buoni emessi su moduli di serie non più in vigore e senza indicazioni relative alla nuova serie e ai nuovi rendimenti) e comunque esclude espressamente che possa farsi riferimento al legittimo affidamento nel caso in cui sul buono sia presente una stampigliatura con l’indicazione di una sigla e di condizioni diverse; • i buoni fruttiferi postali sono titoli di legittimazione e non costituiscono titoli di credito; pertanto non si applicano i principi dell’autonomia causale e della letteralità, che caratterizzano, invece, i titoli di credito (cfr. Cass. SS.UU. n. 3963/19, Cass. SS.UU. n. 13979/07 e Cass. n. 27809/05); • non è invocabile il principio dell’affidamento incolpevole poiché in ragione del tenore letterale dei moduli sottoscritti e della pubblicità legale del predetto D.M. (pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale), il cliente si sarebbe dovuto avvedere, usando l’ordinaria diligenza, che il titolo acquistato apparteneva alla serie Q/P, con conseguente applicazione dei relativi rendimenti fino alla scadenza (cfr. Cass. SS.UU. 3963/2019). - Con riferimento ai buoni Serie “O” e Serie “P”: • dette serie hanno visto modificare il proprio rendimento per effetto del D.M. 13.06.1986 concernente la “Modificazione dei saggi d'interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio”; • il D.M. 13.06.1986, stabilisce espressamente che sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le serie precedenti a quella contraddistinta con la lettera "Q", a partire dalla stessa data, si applicano i saggi di interesse fissati da tale medesima normativa per i buoni appartenenti alla nuova serie Q, conformemente a quanto previsto dal D.P.R 156/1973; • la variazione dei tassi di interesse operata con detto X.X. xxxx fondamento da una fonte di rango legislativo - ovvero il D.P.R del 1973 - escludendo di conseguenza un possibile profilo di inadempimento contrattuale a carico dell’emittente; • tale cornice normativa depone evidentemente nel senso della eterointegrazione del contratto, ovvero la possibilità che il contenuto dei diritti del sottoscrittore dei titoli possa subire variazioni nel corso del rapporto per effetto dalla sopravvenienza di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistenteatti normativi, ciò costituendo nella specie un’integrazione extra testuale del rapporto (cfr. Cass. 27809/2005); • la giurisprudenza dell’Arbitro Bancario Finanziario ha più volte ribadito che il regolamento contrattuale, originariamente convenuto fra le parti al momento della emissione del titolo, possa essere legittimamente “etero integrato” sulla base delle variazioni del tasso di interesse disposte con successivo decreto del Ministro del Tesoro, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, ciò costituendo un adeguato sistema di pubblicità legale, senza necessità di una specifica e diretta informativa dei singoli intestatari; • il rendimento dei titoli in contestazione è pertanto fissato da un atto di natura amministrativa che integra, modifica e sostituisce la tabella dei tassi riportati sui titoli stessi, secondo l’espressa previsione dell’art. 173 del D.P.R. del 1973; • in senso conforme le SS.UU. della Suprema Corte che hanno enunciato la legittimità di una modifica delle condizioni del contratto, anche in senso peggiorativo per il risparmiatore, mediante decreti ministeriali successivi alla sottoscrizione del titolo (cfr. SS.UU. n. 13979/2007). In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda sede di concordato preventivo “repliche, la cliente ribadisce sostanzialmente quanto già dedotto in bianco”, sede di ricorso e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando precisa che: • la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, mera pubblicazione del D.M. del 1986 sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a rendere edotto il consumatore delle modifiche intervenute e non potevano essere oggetto assolve agli obblighi di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 chiarezza e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, trasparenza gravanti sull’intermediario; • laddove l’intermediario ha precisato che apposto il rapporto contrattuale con timbro modificativo dei rendimenti, non ha comunque diligentemente incorporato nel testo cartolare le complete determinazioni ministeriali relative al rendimento dei titoli, mancando la società ricorrente si articolava in parte relativa al periodo dal 21° al 30° anno; • l’intermediario non ha liquidato gli importi dovuti neppure per i buoni serie “Q” nn. ***.033, ***222 e ***017, i quali riportano sul retro la seguente dicitura: “dal 21° al 30° anno solare successivo a quello di emissione sarà corrisposto un conto corrente di corrispondenza interesse semplice al tasso massimo raggiunto”; • desiste da “qualsiasi azione” relativa ai buoni delle serie “O” e in un conto anticipi“P”, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepitosottoscritti negli anni 1983-1985, quindi, che pur ritenendo comunque scorretto il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandacomportamento dell’intermediario.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto ricorrente riferisce di essere titolare intestataria di un rapporto 3 BFP: serie O, n. ***694 di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistenteLire 5.000.000,00 emesso il 23.7.1990; serie P n. ***992 di Lire 100.000,00 emesso il 23.7.1990; serie P n. ***251 emesso il 23.7.1990. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda Afferma di concordato preventivo “in bianco”, aver presentato i buoni per il rimborso e, in tal sede, di aver appreso che la liquidazione dei titoli sarebbe avvenuta secondo i rendimenti della serie Q. Sostiene che, per quanto attiene al BFP serie P/O, e fermo restando che tale modulo non poteva essere utilizzato durante il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario collocamento della serie Q, risulta apposto sul retro del buono un timbro P/O coi nuovi rendimenti limitati al primo ventennio. Dichiara, inoltre, che tutte le somme comunque pervenute ai buoni della serie P/O non può applicarsi il d.m. 13.6.1986 perché la fonte ministeriale consente la modifica dei tassi soltanto con riguardo alla serie immediatamente precedente a tale fonte (cioè la serie P). Afferma che, per quanto attiene ai due BFP serie Q/P, risulta apposto sul conto correnteretro dei buoni un timbro P/Q coi nuovi rendimenti limitati al primo ventennio. Fa quindi valere il diritto al maggiore rendimento, venissero stornate presso rispetto a quello prospettato dalla resistente, derivante dai tassi stampigliati sul retro dei buoni, quantificato in un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle moreimporto complessivo pari a € 51.794,73. L’intermediario resistente, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando rammentato che la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012disciplina dei BFP, in cui era stata presentata quanto meri titoli di legittimazione, si forma sulla base delle risultanze cartolari come integrate dalle pertinenti previsioni normative, eccepisce – in primo luogo – che la domanda di concordato preventivo; in particolarecontroversia, poiattenendo a prodotti finanziari, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e cherientra nella competenza dell’Arbitro e, comunque, avrebbe ad oggetto un asserito vizio genetico del contratto, censurando la corretta applicazione del meccanismo di eterointegrazione legale previsto dall’art. 1339 c.c. Ne discenderebbe, dunque, una duplice inammissibilità del ricorso, sotto il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione profilo dell’incompetenza per materia e di quella temporale. Nel merito, con riguardo ai BFP oggetto di controversia, a seguito dell’apposizione del timbro “Q/P” la serie di appartenenza è divenuta a tutti gli effetti la serie Q, istituita con apposito decreto 13.6.1986, così che il rendimento del buono è stato calcolato secondo i saggi di interesse stabiliti dal suddetto decreto. Afferma che il timbro “Q/P” non indica il rendimento dell’ultimo decennio del titolo perché, riguardo a questo periodo temporale, non è variato il meccanismo di calcolo fondato sull’interesse semplice (sebbene il tasso sia sceso al 12% rispetto al 15% della ricorrente alla procedura di concordato preventivoserie P). L’intermediario ha chiesto, pertantoSecondo l’intermediario, il riferimento ai “tassi” riguarda esclusivamente il primo ventennio del titolo. Per quanto attiene l’ultimo decennio, ogni modulo di BFP indica soltanto il valore monetario delle somme da rimborsare, riferito a ciascun bimestre. Ad avviso dell’intermediario, nessun affidamento legittimo potrebbe dunque essere stato ingenerato in capo alla ricorrente circa il diverso rendimento reclamato. Chiede quindi il rigetto della domandadel ricorso.

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FATTO. La controversia sottoposta parte ricorrente, nel ricorso, ha affermato quanto segue in data 27/01/2020 decedeva il padre intestatario di un conto corrente aperto presso l’intermediario convenuto; in data 20/02/2020 presentava presso la filiale di radicamento del suindicato conto corrente la dichiarazione di successione – dalla quale si evinceva che il ricorrente e la di lui sorella erano gli unici eredi legittimi del de cuius – e tutta la documentazione necessaria per ottenere la chiusura del rapporto bancario; tuttavia, tale richiesta non veniva evasa dalla banca a causa della mancata adesione dell’altra coerede; per tale ragione, in data 1/06/2020 veniva inoltrata all’intermediario una missiva con la quale veniva reiterata la richiesta di chiusura del conto corrente del de cuius. In data 30/06/2020 la banca riscontrava la sua richiesta e rilevava che la chiusura del conto corrente e la relativa liquidazione pro-quota della consistenza non poteva avere luogo poiché “era necessario il consenso scritto di tutti gli eredi, ciò sulla base di quanto previsto dalla giurisprudenza prevalente e di quella dell’ABF”; in data 14/07/2020 veniva così inviata una seconda missiva all’intermediario con la quale si dava atto che l’orientamento maggioritario prevalso nella giurisprudenza di legittimità e nelle decisioni arbitrali era nel senso di riconoscere al singolo coerede la legittimità a richiedere la chiusura del contro corrente intestato al de cuius, “senza la necessità di interessare gli altri coeredi”; la banca comunicava il 17/07/2020 di aver ricevuto opposizione formale dal legale dell’altra coerede; in data 30/07/2020 veniva inviata un’ulteriore missiva all’intermediario, riscontrata in data 28/08/2020; la banca non ha esercitato tra i coeredi, in maniera adeguata, il ruolo di soggetto intermediario terzo ed imparziale che gli compete, favorendo l’altra coerede (cfr. richieste all’arbitro all. ricorso). In sede di controdeduzioni, l’intermediario resistente ha affermato che in data 27/01/2020 decedeva il titolare del c/c n. xxx1069 ed il figlio, odierno ricorrente, provvedeva ad informare la Banca di quanto occorso; in data 24/05/2020 “la Banca rilasciava la certificazione di sussistenza in base alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico quale veniva presentata la dichiarazione di successione. In data 20/02/2020 [nome ricorrente] consegnava la copia della dichiarazione di successione”; a fronte della richiesta di liquidazione presentata da parte di uno solo dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario coeredi – odierno ricorrente – la società istante banca provvedeva ad inviare una raccomandata anche alla di lui sorella, “per informarla della richiesta ricevuta e chiedere istruzioni in ordine alla liquidazione delle attività successorie”; la filiale invitava tutti gli eredi a sottoscrivere congiuntamente l’atto di quietanza, fornendo le relative disposizioni sulla liquidazione delle rispettive quote; in data 13/07/2020 la sorella del ricorrente si presentava presso la filiale presso cui era il conto e manifestava la propria formale opposizione allo svincolo delle attivo sul conto; in pari data, parte resistente riceveva anche una comunicazione da parte dell’avvocato dalla coerede con la quale veniva diffidata la banca dal procedere con la liquidazione separata delle attività successorie “considerato che sono in corso gli accertamenti per ipotesi di lesione di legittima, valutando se del caso di interessare la competente autorità giudiziaria”; in virtù delle norme contrattuali che regolano il rapporto di conto corrente, in caso di successione ereditaria la banca provvede allo svincolo delle somme ivi presenti solo con il consenso di tutti gli eredi, ovvero a fronte di un atto di divisione con firme autenticate da notaio o, ancora, in forza di un provvedimento giudiziale di divisione; attesa l’esplicita opposizione alla liquidazione pro quota delle attività successorie sollevata dalla coerede, la banca si è limitata ad applicare le regole contrattuali, “assumendo una posizione di prudenziale cautela cui deve ispirarsi la condotta dell’Intermediario in presenza di situazioni caratterizzate da litigiosità fra gli aventi diritto, come risulta quella in questione”; in assenza della concorde volontà degli eredi volta a completare l’iter relativo alla successione, nonché a definire la totale liquidazione delle attività successorie, non è possibile procedere all’estinzione del conto corrente. In sede di repliche alle controdeduzioni, parte ricorrente ha esposto contestato il richiamo operato dall’intermediario alle disposizioni contrattuali che regolano il rapporto di conto corrente, evidenziando come l’accordo negoziale allegato alle controdeduzioni disciplini, all’art. 5, l’ipotesi di conto corrente cointestato a firma disgiunta, con la conseguenza che tale disposizione non può trovare applicazione al caso in esame, essendo il de cuius l’unico intestatario del conto corrente; ha ribadito che il comportamento dell’intermediario sarebbe contrario all’orientamento maggioritario espresso dalla giurisprudenza di legittimità e dalle principali pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario (cfr. Coll. Coordinamento decisione n. 27252/2018 e Coll. Milano n. 9784/2020); ha rappresentato di essere titolare disposto a pagare le spese di un gestione del conto corrente solo fino alla data del 20/02/2020, ossia sino a quando non è stata presentata all’intermediario richiesta di chiusura del conto e di liquidazione della quota parte spettante al ricorrente. Nelle controrepliche l’intermediario ha eccepito l’applicabilità delle disposizioni contrattuali relative al rapporto di conto corrente intrattenuto presso cointestato a firma disgiunta anche alle diverse ipotesi di conto corrente mono-intestato; ha rilevato che suddetta previsione contrattuale da un lato preclude agli eredi del cliente deceduto la facoltà di compiere separatamente atti dispositivi; dall’altro lato, vincola anche l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda che è chiamato ad adempiere il contratto secondo quanto pattuito; ha rappresentato che di concordato preventivo “in bianco”fronte ad una manifesta opposizione esercitata dall’altra coerede, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme la banca non ha la facoltà di dare comunque pervenute corso alla liquidazione di quota parte dell’attivo presente sul conto corrente, venissero stornate presso corrente caduto in successione; ha sottolineato come un diverso comportamento da parte dell’intermediario sarebbe astrattamente idoneo ad esporre quest’ultimo alla possibilità di una richiesta di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale, proposta dall’altro erede opponente. La parte ricorrente ha chiesto che l’Arbitro disponga che l’intermediario convenuto “- proceda alla chiusura del contro corrente del de cuius ed effettui il bonifico a mio favore del 50% della consistenza; - corrisponda alla parte ricorrente le spese di gestione del conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto del de cuius a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la partire dalla data del 20/02/2020 (richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per chiusura del conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario e consegna di rimettere tutti i versamenti in documenti necessari con relativa dichiarazione di successione) fino alla chiusura del citato conto corrente nella disponibilità a seguito della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata Vostra decisione; - corrisponda alla parte ricorrente le spese prevista queale controbuto per la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’artprocedura”. 56 l.f. Pertanto, L’intermediario resistente ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario al Collegio di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte respingere le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla richieste del ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.

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FATTO. La controversia sottoposta Società ricorrente ha stipulato - in data 2 ottobre 2008 - con l’Intermediario convenuto, per il tramite di un concessionario autorizzato, un contratto di “leasing automobilistico”. Ai fini della cessione del contratto, ha consegnato l’autoveicolo locato a un secondo concessionario; in data 1° luglio 2011 l’autoveicolo in questione è stato concesso in leasing e consegnato a un’altra società. Il Convenuto – invocando la mancanza di consenso alla cognizione cessione – ha risolto il contratto per perdita di possesso del Collegio concerne bene da parte dell’utilizzatore e ha chiesto la restituzione del dovuto. In merito ai fatti occorsi, per i quali è stata presentata anche denuncia all’autorità giudiziaria, la Ricorrente ha chiesto all’ABF il tema risarcimento dei danni subiti a causa della condotta tenuta dal secondo concessionario, quale collaboratore del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura Resistente per il collocamento del contratto di concordato preventivoleasing; ne ha quantificato l’ammontare complessivo in 20.000 euro. Con ricorso presentato comunicazione datata 3 agosto 2011, ricevuta dal Resistente il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – successivo 5 agosto, la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo Società ricorrente “in biancovia congiunta al proprio legale rappresentante” ha lamentato - tramite legale - che “nonostante i ripetuti solleciti verbali, non [risulterebbe] ancora … evasa la pratica di cessione del bene con contestuale liberatoria a [proprio] favore, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, ha rilevato che l’autoveicolo (BMW modello X5 3,0d Cat. Attiva E70) – oggetto del contratto di leasing sottoscritto con il Convenuto – era già stata consegnata dal concessionario (01/07/2011), in forza di un successivo contratto di leasing, al nuovo locatario. In conseguenza dell’avvenuta cessione, l’Interessata ha contestato l’intimazione di pagamento del canone del mese di luglio 2011 e ha chiesto “di regolarizzare la documentazione del passaggio di veicolo oggetto del contendere” e “lo storno della rata mensile corrente mese”. Il 4 agosto 2011, via e-mail, la Ricorrente ha evidenziato di non essere più in possesso dell’autoveicolo concesso in leasing, in quanto questo era stato consegnato, in data 1° luglio 2011, da un concessionario convenzionato ad altra società per subentro nel contratto (la Ricorrente si esprime in termini di “riscatto” del bene da parte del concessionario e di successiva consegna al nuovo locatario). La Ricorrente ha dichiarato di essersi rivolta al concessionario su invito del Resistente, il quale le ha comunicato di non trattare “direttamente le cessioni con i propri clienti ma esclusivamente a mezzo e tramite [propri] concessionari autorizzati”. Il 10 agosto 2011, via e-mail, il Resistente ha comunicato che il contratto di leasing era ancora in essere, in quanto non risultava alcuna richiesta di subentro e che il concessionario non aveva inoltrato alcuna richiesta della specie; pertanto, il rapporto contrattuale sarebbe terminato alla scadenza prevista (settembre 2013). Il giorno stesso, la Ricorrente ha sporto denuncia a una locale stazione di Polizia e ha rappresentato quanto segue: - in data 30.09.2008 aveva stipulato un contratto di leasing automobilistico con il Convenuto; - intenzionata a cedere il contratto “per limitare le spese”, a metà giugno aveva incontrato, per il tramite del proprio consulente del lavoro, una signora “di probabile origine cubana” che gli proponeva il subentro da parte di altra società “con cui stava trattando la vendita di un aereo”; - domandata al Convenuto la documentazione relativa al contratto in essere, veniva informato del fatto che la cessione doveva perfezionarsi presso un concessionario autorizzato; - il 30 giugno 2011 si era recato presso il concessionario indicato dalla signora, che la stessa “dichiarava di conoscere bene e che poteva effettuare il subentro”; la signora era in compagnia di un uomo, “che ha affermato … essere responsabile per il nord Italia della [cessionaria]” - prima di entrare, aveva firmato un modulo che i due asserivano essere quello necessario per il subentro; - entrato nella concessionaria aveva consegnato la documentazione e la carta di circolazione ad una dipendente, che ne aveva fatto copia; aveva consegnato anche le chiavi dell’autoveicolo, che erano poi state affidate all’uomo, il quale aveva domandato anche “il contrassegno dell’assicurazione per qualche giorno, tempo necessario per fare una nuova copertura. Documento che poi mi avrebbe rispedito in raccomandata”; - lasciato l’autoveicolo, era stato accompagnato alla stazione dalla donna, alla quale aveva consegnato, come suggerito dal consulente del lavoro, € 1.500,00 “a titolo di mediazione” (“il valore del veicolo era di circa 40000 e rimanevano da pagare rate per circa 50000 euro per ancora più di due anni”); - l’8 luglio aveva incontrato nuovamente i due per la consegna della copia del nuovo contratto di leasing; - il 14 luglio aveva appreso del mancato subentro; contattata la dipendente del concessionario che si era occupata della pratica, veniva informato che la cessione non si era ancora perfezionata (“risultava solo una proposta … il signor Xxxxx avrebbe dovuto presentarsi con la legale rappresentante il martedì prima ma … avevano spostato l’appuntamento per il 18 luglio”); - i primi di agosto si era recato personalmente presso il concessionario, aveva parlato con un responsabile il quale, in un primo momento, gli aveva confermato che i timbri apposti sulla copia del contratto erano i loro, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della bancainvece, e affermando, altresì, aveva asserito che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto si trattava di un mandato in rem propriam falso e che era stato “incauto a consegnare le chiavi ad una semplice impiegata”. In data 18 agosto 2011 la Ricorrente ha esperito un tentativo di conciliazione con esito negativo per mancata comparizione della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione controparte (verbale del 14.09.2011). Con missiva del 22 settembre 2011 il Convenuto ha comunicato - ai sensi dell’art. 56 l.f4, comma 2° - l’intervenuta risoluzione del contratto di leasing per perdita del possesso del bene e ha intimato il pagamento del debito per un ammontare di € 52.433,00. PertantoCon comunicazione del 17 ottobre 2011 il Convenuto ha comunicato alla Ricorrente di aver ricalcolato il dovuto, non conteggiando l’IVA e il passaggio di proprietà, “stante l’avvenuta perdita di possesso [del bene] … con la conseguenza che non è possibile intestare l’auto”. L’ammontare richiesto all’esito del ricalcolo è di € 45.797,05. Il ricorso è stato presentato - tramite legale - dalla società locataria e - in proprio - dal socio accomandatario, nonché fideiussore per il finanziamento (nell’atto d’introduzione al ricorso il procuratore si esprime nei seguenti termini: “la sig. …., sia persona fisica che società, sottoscrive il presenta atto”). La Ricorrente ha ricapitolato brevemente i fatti occorsi e sopra descritti. In particolare, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e dichiarato che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.:

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne società ricorrente rappresenta di aver stipulato con la Banca resistente, in data 05/08/2010, un contratto di mutuo assistito da ipoteca nonché da garanzia prestata da un Confidi; il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato mutuo veniva concesso al TAN 2,75% da aggiornarsi trimestralmente in base all’Euribor - spread 1,3% mentre il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare TEG contrattuale era pari al 4,489% a fronte di un rapporto tasso soglia del 3,84% così come messo in luce nella perizia tecnica di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistenteparte depositata. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessoPertanto, la ricorrente ha dedotto eccepisce l’usurarietà genetica del mutuo e quindi chiede che sia accertata e dichiarata la nullità della clausola contrattuale sugli interessi passivi applicati e che venga quindi disposto l’azzeramento di ogni interesse con conseguente ordine di restituzione delle somme pagate a tale titolo, con vittoria di spese e compensi. La ricorrente solleva, in sede di perizia tecnica, anche la questione della presunta usurarietà del mutuo a seguito della rinegoziazione dello stesso, avvenuta del 13/06/2013, e con le repliche argomenta in proposito che la perizia avrebbe fatto correttamente riferimento al tasso soglia vigente al momento della stipula del mutuo, non essendovi stata alcuna rinegoziazione del contratto di mutuo, posto che la Banca resistente si è avvalsa semplicemente della sua "potestà" contrattuale di modificare unilateralmente il dies a quocontratto, approfittando della necessità della ricorrente di fruire della sospensione prevista dall'accordo tra il MlSE e l'A.B.I. In ogni caso, la ricorrente rileva che da nessuno dei documenti redatti in virtù della c.d. "rinegoziazione" risulta che le parti abbiano voluto attribuire alla modifica contrattuale, riguardante solo il tasso di interesse, effetti novativi, cosicché la fonte normativa, legale e pattizia, è rimasta quella del contratto dì mutuo redatto il 5/08/2010. La Banca resistente eccepisce, in primo luogo che la perizia depositata dalla ricorrente - che in ogni caso, contesta nel merito, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario metodo e nelle conclusioni - è a tutti gli effetti priva di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, qualunque valore probatorio e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepitoche, quindi, la ricorrente deve comunque assolvere all’onere probatorio ex art. 2697 cc. Ad avviso della Banca resistente, in ogni caso, l'elaborato peritale sarebbe viziato dall’erroneo inserimento nel calcolo, anche di costi notarili, deposito infruttifero cauzionale (relativo alla garanzia del Confidi) e interessi di mora, laddove spese notarili e interessi di mora sono espressamente escluse dal computo del TEG dalla legge sull'usura e dalle istruzioni di Banca d'Italia per la rilevazione del TEG (come confermato dalla giurisprudenza ABF: Coll. Coordinamento, dec. n. 1875/14. Quanto al deposito cauzionale, la Banca resistente rileva come dai chiarimenti forniti dalla Banca d'Italia (febbraio 2010), emergerebbe che debba essere escluso dal calcolo del TEG l’importo dei depositi cauzionali versati a fronte di garanzie fornite da Confidi. La Banca resistente insiste altresì sulla esclusione degli interessi moratori dal computo del TEG adducendo diverse ragioni e facendo presente che tale esclusione è stata ribadita dalla Banca d'Italia in una nota del 3 luglio 2013. La Banca resistente quindi assume che il diritto TEG alla data della banca stipula del mutuo non risulterebbe usurario, posto che in quel momento (5/8/2010) il TEG era pari a 3,189% e il tasso soglia di trattenere le somme riferimento per tale categoria di cui finanziamento era pari al 3,84%. Fa inoltre presente che nell'ISC indicato nell'atto originario di mutuo non era stata inserita la ricorrente chiede commissione relativa alla garanzia prestata dal Confidi per la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto correnteragione che il rilascio della stessa non era stata contestuale alla stipula del mutuo (avvenuta 1 mese e 5 giorni dopo), ritualmente sottoscritti essendo stata tale commissione invece calcolata nel TEG che, come detto, risulterebbe inferiore in ogni caso al tasso usura. La Banca resistente fa ancora presente, con riguardo alla rinegoziazione del mutuo avvenuta il 6/6/2013, che il tasso soglia da tenere in considerazione dovrebbe essere quello rilevato con riferimento al trimestre aprile/giugno 2013 e non, come indicato erroneamente dalla ricorrente, quello alla data della stipula del mutuo; e che, comunque, in particolare il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivotasso soglia pertinente era pari a 9,0125% mentre il TEG era pari a 5,438%. L’intermediario ha chiesto, pertanto, Chiede quindi che il rigetto della domandaricorso venga rigettato.

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FATTO. Con reclamo del 2.1.2011 il ricorrente ha informato l’intermediario di non aver ricevuto la merce, oggetto di finanziamento, entro il termine concordato con la ditta venditrice di mobili (agosto 2010). La controversia sottoposta finanziaria, con nota del 4.2.2011, ha riscontrato il reclamo, precisando di aver versato “l’importo relativo all’acquisto del bene …al fornitore come richiesto nel contratto ..”, nonché di essere dispensata “da ogni verifica in relazione alla cognizione consegna del Collegio concerne bene ….., dal mancato completamento della fornitura/prestazione, … non essendo opponibili [ a sé medesima ]… le eccezioni relative al rapporto di compravendita o di prestazioni di servizi intervenuto tra il tema cliente e il fornitore, posto che non esiste tra quest’ultimo e [ la finanziaria ] alcun accordo di esclusiva per la concessione del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura credito”. Nella lettera da ultimo citata, l’intermediario ha anche precisato di concordato preventivoaver sollecitato il fornitore ad intervenire nella consegna della cucina comprensiva di elettrodomestici, a seguito della segnalazione del proprio ricorrente. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da ulteriore reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, edel 16.2.2011, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto correntecliente ha sollecitato alla propria controparte la risoluzione del contratto di finanziamento, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e restituzione di tutte le somme già versate e degli oneri accessori, ai sensi della normativa vigente. Nel presentare il ricorso, la parte attrice ha avanzato all’ABF la richiesta di annullamento del contratto di finanziamento, a qualunque titolo pervenute motivo della mancata consegna della suddetta cucina da parte del fornitore. Il ricorrente, quindi, ha richiamato e accluso la documentazione già citata, nonché le due lettere di diffida del 16.2.2010 inviate, rispettivamente, sia all’originario fornitore sia a quello subentrato e successivamente fallito. La resistente ha fatto pervenire, per il tramite del Conciliatore, le proprie controdeduzioni in data 3.5.2011. In particolare, l’intermediario ha, preliminarmente, esposto le circostanze di fatto, nei seguenti termini. Innanzitutto, la convenuta ha illustrato come il proprio cliente abbia sottoscritto - nel maggio del 2010, tramite l’originaria ditta fornitrice - un contratto di finanziamento di € 5.200,00, per l'acquisto di una cucina completa di elettrodomestici, da restituire “mediante versamento di n. 48 rate mensili da € 108,34= cadauna”. “… Sennonché in data 2.1.2011 il ricorrente chiedeva alla ….[ convenuta ] la revoca del contratto di finanziamento per inadempimento contrattuale della” azienda fornitrice. In merito alle contestazioni sollevate dal ricorrente, la resistente ha richiamato la suddetta lettera di riscontro al 19 dicembre 2012reclamo e una missiva indirizzata al fornitore del 4.2.2011, confermando la propria estraneità al contratto di compravendita di mobili. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014Nel merito, l’intermediario ha precisato affermato che il proprio cliente “non ha diritto a chiedere la risoluzione del contratto di finanziamento …, in forza della normativa vigente alI'epoca della sottoscrizione del contratto di finanziamento …”. Sul punto, la convenuta ha richiamato: ✓ l'art. 42 del D. Lgs. n. 206/2005, del "Codice del Consumo", specificando che “Dal tenore letterale del disposto normativo paiono chiari i limiti posti al consumatore per l'esperimento dell'azione nei confronti del finanziatore. La proposizione dell'azione sussidiaria di responsabilità nei confronti di quest'ultimo è subordinata infatti alla sussistenza di due presupposti: da un lato l'esistenza di un accordo preventivo tra fornitore di beni / servizi … e finanziatore …, con il quale il primo conceda al secondo l'esclusiva per il finanziamento della propria clientela e da altro lato l'inadempimento del fornitore di beni / servizi. In assenza pertanto di tale accordo tra le parti, il consumatore, a fronte dell'inadempimento del fornitore di beni / servizi …, non potrà in alcun modo far valere le proprie pretese anche nei confronti del soggetto finanziatore. Il contratto di finanziamento rimane, pertanto, del tutto estraneo alle vicende del contratto di acquisto e conseguentemente valido ed efficace”. Sul punto l’intermediario ha anche evidenziato di non avere concluso con il fornitore alcun patto di esclusiva per la concessione di credito, ma unicamente un rapporto contrattuale di convenzionamento; ✓ l’art. 13 della convenzione con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindiil predetto fornitore, che esclude il diritto della banca rapporto di trattenere esclusiva; ✓ la sentenza n. 1950/07 del Tribunale di Palermo, riguardante “un caso identico a quello per cui è causa, [ che ] ha affermato l'insussistenza di collegamento negoziale tra i contratti di fornitura di beni e di finanziamento….”. In particolare, il “Tribunale di Palermo … ha precisato che: ‘le somme due fattispecie negoziali che la parte attrice intende considerare come funzionalmente collegate ed interdipendenti (ossia contratto di cui acquisto del servizio e contratto di finanziamento), devono in realtà … ritenersi tra loro concepite in modo autonomo: sia la ricorrente chiede la restituzione legge, infatti, che le parti escludono che possano essere opposte [ alla finanziaria ] le eccezioni relative al rapporto di compravendita o di prestazione di servizi intervenuto tra il cliente e il convenzionato, in assenza di accordo di esclusiva con il convenzionato. Quanto sopra è espressamente previsto al punto 3) delle condizioni generali di contratto multi conto, disposizione, questa, che non può ritenersi vessatoria ex art. 1469 bis cc in quanto, da un lato, preclude solo la possibilità di opporre eccezioni relative all'inadempimento non di controparte, bensì di un soggetto terzo; dall'altro, la disposizione in parola, riproducendo in sostanza il contenuto di una norma di legge (D. Lgs. n. 385/93 art. 125 e D.Lgs. n. 206/05 art.42), non può qualificarsi vessatoria ai sensi dell'art. 1469 bis, 3° comma, cc’". ✓ un altro caso analogo, ove il Tribunale di Viareggio, il 13.12.2005, ha affermato che: "l'attrice ha infatti stipulato due diversi contratti, fonte ciascuno di distinte obbligazioni, e ✓ la sentenza, più recente, del Tribunale di Foggia che, nel rigettare analoga domanda, dopo aver rilevato l'applicabilità al caso sottoposto a giudizio dell'art. 125 del D. Lgs. n. 385/1993, di seguito sostituito dall'art. 42 del D. Lgs. n. 206/05, ha precisato che "… la convenzione in atti conclusa tra .....[ il fornitore e la finanziaria ] non reca alcuna previsione di esclusiva … nella concessione del credito… al consumo dei clienti della... .[omissis} L'estraneità della [ resistente ] ai rapporti tra venditore ed acquirente è, del 8 che prevedono l'impegno della fornitrice a restituire immediatamente (a semplice richiesta della [ convenuta ] ) l'importo erogato, maggiorato di spese ed interessi, ove il cliente rinunci all'acquisto, eserciti il diritto di recesso, sospenda o cessi il pagamento delle rate del finanziamento a seguito di contestazioni riguardanti la fornitura del bene o in caso di nullità del contratto”; ✓ il principio già affermato da Xxxx. 2004 n. 12567, secondo cui "affinché possa configurarsi un collegamento negoziale in senso tecnico, non è sufficiente un nesso occasionale tra i negozi, ma è necessario che il collegamento dipenda dalla genesi stessa del rapporto, dalla circostanza cioè che uno dei due negozi trovi la propria causa (e non il semplice motivo) nell'altro, nonché dall'intento specifico e particolare delle parti di coordinare i due negozi, instaurando tra di essi una connessione teleologica, soltanto se la volontà di collegamento si sia obiettivata nel contenuto dei diversi negozi, potendosi ritenere che entrambi o uno di essi, secondo la reale intenzione dei contraenti, siano destinati a subire le ripercussioni delle vicende dell'altro (enunciando, in fattispecie di mutuo utilizzato per corrispondere il prezzo dell'acquisto di un veicolo, il principio di cui in massima, la S. C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di merito, di accoglimento dell'opposizione del mutuatario che aveva rifiutato il pagamento ingiuntogli delle rate di mutuo perché l'autovettura non gli era stata consegnata dal venditore, essendo con ciò venuta meno la ragione del finanziamento. La S. C. ha, in particolare, escluso che la configurabilità di un mutuo di scopo derivasse dal semplice fatto della qualificazione del mutuo in termini di prestito al consumo e della circostanza dell'avvenuto versamento della somma della banca al venditore su delega irrevocabile del mutuatario; e ciò, tanto più in presenza di una clausola contrattuale che espressamente limitava il ruolo della banca all'erogazione del credito e che riconosceva la totale estraneità di essa al rapporto commerciale con il venditore ed a qualsiasi altro rapporto ad essa collegato, sussistente con terzi) (cfr. Cass. 2003 n. 9970)". Va in definitiva affermato che gli attori non possono, nella specie, agire direttamente nei confronti del finanziatore opponendogli le eccezioni relative al distinto contratto di conto anticipi sia dal acquisto intercorso con la venditrice, permanendo intatti verso … gli obblighi contrattuali da loro assunti attraverso la firma del contratto di conto correntefinanziamento … ”; ✓ la sentenza del Tribunale di Latina - Sez. Dist. di Gaeta, ritualmente sottoscritti dalla ricorrenteche “in un caso identico a quello per cui è causa, ha rigettato la tesi del collegamento negoziale proprio sulla base della normativa sopra citata (assenza di esclusiva tra [ la finanziaria ] e fornitore dei beni ex art. 42 del D. Lgs. n. 206/05) e delle condizioni generali del contratto di finanziamento”; e ✓ il fatto che, comunquenel caso di specie, “non possono invocarsi i principi elaborati in dottrina ed in giurisprudenza in tema di "mutuo di scopo" in quanto il contratto di finanziamento oggetto del presente giudizio rientra nella fattispecie del credito al consumo”; ✓ la sentenza, già sopra richiamata, del Tribunale di Latina - Sez. Dist. Di Gaeta, che “ha poi rigettato l'eccezione di nullità della clausola contrattuale che prevede l'inopponibilità a Fiditalia S.p.a. delle eccezioni relative al contratto di vendita in assenza di esclusiva, escludendo la natura vessatoria di simile clausola …”; ✓ il recentissimo decreto legislativo n. 141/2010, ove “il Legislatore ha abrogato il citato art. 42 del D. Lgs. n. 206/05, che prevedeva che il consumatore potesse agire nei confronti del finanziatore "... a condizione che vi sia un accordo che attribuisce al finanziatore l'esclusiva per la concessione di credito ai clienti del fornitore ... ", e, per la prima volta, ha stabilito che: "Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile ... [omissis] ... " (cfr. art. 125 quinquies del D. Lgs. In conclusione, l’intermediario, nonostante ritenga che il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione cliente debba “rivolgere le proprie pretese solo ed esclusivamente verso il fornitore dei beni … consapevole del disagio del ricorrente ed al solo fine di favorire la composizione bonaria dell'insorta vertenza autorizza [ il proprio cliente a ] sospendere … il pagamento delle rate del finanziamento” . La convenuta ha, altresì, precisato che “ provvederà a stornare definitivamente il finanziamento e conseguentemente a restituire le rate sin qui già pagate, solo ed esclusivamente ad avvenuto accertamento dell'inadempimento del fornitore e ad avvenuta restituzione da parte della società [ fornitrice ] delle somme a questa erogate”. Da ultimo, la convenuta ha affermato che “risulta evidente sia la legittimità [ del proprio ]….operato [ e ] l'infondatezza, seppure parziale, delle domande proposte dal ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiestoche, pertanto, il rigetto della domandadovranno essere rigettate”.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura parte ricorrente ha rappresentato quanto segue: - di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto aver stipulato con l’impresa fornitrice (Società X), in data 01/08/2019, un contratto di essere titolare consegna e installazione di un rapporto impianto per il trattamento domestico dell’acqua potabile e un abbonamento all’assistenza ordinaria con durata dodecennale e la previsione di conto corrente intrattenuto presso n. 12 interventi; - che successivamente all’installazione dell’impianto, avvenuta in data 6/08/2019, «si sono verificati subito malfunzionamenti per cui in data 12/08/2019 è stata inviata raccomandata con ricevuta di ritorno per esercitare il diritto di recesso»; - che la raccomandata suindicata è stata consegnata il 14/08/2020, entro il termine previsto dal contratto; - che nulla è stato riscontrato dall’impresa fornitrice e, a causa del perdurare del malfunzionamento dell’impianto, si è proceduto a contattare l’assistenza tecnica; - che in data 19/09/2019 «è intervenuto un tecnico per la sostituzione dell’impianto e della fontanina»; - che «dopo numerosi solleciti alla assistenza tecnica, in data 2/07/2020 è intervenuto un tecnico che non è stato in grado di sostituire il problema a causa dell’errata manutenzione fatta in precedenza»; - che «da quel momento nessun tecnico è più intervenuto nonostante i ripetuti solleciti»; - che «a settembre 2020 non è avvenuta la manutenzione annuale prevista dall’abbonamento dodecennale sottoscritta con il contratto»; - in conclusione, che «l'assistenza richiesta non ha mai risolto il malfunzionamento dell'impianto, nonostante le numerose richieste, e non è stata effettuato l'intervento di assistenza ordinaria nelle tempistiche, nonostante si sia continuato a pagare regolarmente le rate del finanziamento». La parte ricorrente, a seguito di reclamo infruttuosamente presentato in data 06/12/2020, ha proposto ricorso all’ABF chiedendo che il Collegio ABF adito accerti e dichiari la risoluzione del contratto di finanziamento per cui è controversia e disponga che l’intermediario rimborsi in suo favore l’importo corrispondente a tutte le rate versate. Costituitosi, l’intermediario resistente. In , nelle controdeduzioni presentate tramite Conciliatore Bancario in data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”11/02/2021, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando rappresentato: - che l’8/10/2019 la rilevanza della scientia decotionis della banca, ricorrente richiedeva e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto otteneva dall’istituto di credito convenuto un prestito finalizzato all’acquisto di un mandato depuratore d’acqua; - che il bene oggetto del contratto di fornitura veniva regolarmente consegnato alla cliente, la quale nulla eccepiva e, infatti, «tutte le prime 14 rate venivano versate nel rispetto delle scadenze così come pattuite»; - che solo in rem propriam data 6/11/2020 la parte istante lamentava il mal funzionamento del depuratore; - che, ricevuta la lettera di reclamo, l’intermediario «si adoperava nell’inoltrare una richiesta di chiarimenti alla società convenzionata che, prontamente, si rendeva disponibile ad un sopraluogo e, soprattutto, al ripristino del funzionamento del bene»; - che «nessun riscontro da parte Ricorrente è mai stato presentato alla società convenzionata ma, soltanto, la sua volontà di recedere dagli obblighi contrattuali sottoscritti». In sede di repliche alle controdeduzioni, parte ricorrente: - ha rappresentato di aver lamentato alla Società X il malfunzionamento del depuratore ben prima del 6/11/2020; - ha affermato di aver esercitato il diritto di recesso entro il termine contrattuale di 14 giorni; - ha ribadito che a settembre 2020 non veniva eseguita dalla Società X la manutenzione annuale prevista dall’abbonamento all’assistenza ordinaria e ha aggiunto che a ottobre 2020 «l’assistenza tecnica ha cercato telefonicamente di prendere appuntamento per fare la manutenzione prevista e a sostituire il rubinetto guasto»; - ha evidenziato che, considerato il grave inadempimento da parte della bancafornitrice, e non potevano essere oggetto la cliente ben poteva rifiutare il nuovo intervento di compensazione ai sensi dell’artmanutenzione proposto. 56 l.f. Pertanto, Nelle proprie conclusioni l’intermediario ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandadel ricorso.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione parte ricorrente, per il tramite di un’associazione di categoria, deduce la violazione del Collegio concerne divieto di patto commissorio con riferimento ad un contratto di pegno su titoli stipulato con un intermediario appartenente al medesimo gruppo dell’intermediario convenuto con il tema quale uno dei soggetti ricorrenti, diverso da quello che ha concesso il pegno, ha stipulato un contratto di leasing. Dai documenti versati in atti e, segnatamente, dal contenuto del regime giuridico reclamo emerge, in particolare, che il cointestatario del presente ricorso stipulava con il convenuto un contratto di leasing per l’acquisto di alcuni beni aziendali a favore di una società unipersonale, assistito da pegno costituito dalla ricorrente garante presso un intermediario del medesimo gruppo. L’attività commerciale veniva chiusa nel settembre 2014 a seguito dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato pessimi risultati economici e - in data 5 febbraio 2015 - il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare cointestatario per il tramite di un rapporto avvocato inviava una missiva con la quale dichiarava di conto corrente intrattenuto presso non poter dare esecuzione al contratto di leasing con il pagamento dei canoni residui e invitava l’intermediario resistenteresistente a rientrare nel possesso dei beni. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, 18 gennaio 2016 la parte ricorrente ha formulato reclamo all’indirizzo dell’intermediario presso il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato quale era stato omologato costituito il pegno su titoli, chiedendo che venisse dichiarata la nullità del pegno perché contrario all’art. 2744 c.c. (divieto di patto commissorio). Tale reclamo è stato riscontrato, negativamente, non dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014soggetto destinatario dello stesso, bensì dall’intermediario oggi convenuto. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la La parte ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepitochiede, quindi, che il diritto Collegio “[…] giudichi nullo il patto commissorio e svincoli i beni ad esso connessi, con vittoria di spese […]”. L’intermediario, preliminarmente, eccepisce la carenza di legittimazione passiva deducendo che il ricorso è volto a far valere la nullità di un contratto stipulato tra la cliente e un altro intermediario, il quale si vedrebbe eventualmente coinvolto senza poter svolgere le proprie difese. Con le controrepliche sottolinea che l’alterità soggettiva non viene meno anche se entrambi gli intermediari fanno parte dello stesso gruppo bancario. Nel merito, l’intermediario osserva che nel caso di specie il pegno è stato costituito unicamente a scopo di garanzia per un valore di € 10.000,00 a fronte di un debito garantito di € 12.000,00 e, quindi, in “totale assenza di sproporzione”; inoltre, al 17 marzo 2016 il debito ammontava a € 8.282,02. Si rileva, poi, che il debitore principale è esposto finanziariamente nei confronti della banca convenuta sin dal 3 dicembre 2014 e, ad oggi, la garanzia non è ancora stata escussa per permettere a parte debitrice di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal riuscire a rientrare del debito mediante canali alternativi; ciò a dimostrazione della buona fede delle parti nella sottoscrizione del contratto di conto anticipi sia dal contratto pegno che viene ritenuto ultimo canale percorribile prima dell’attivazione di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivoiniziative giudiziali. L’intermediario ha chiestonega la violazione dell’art. 2744 c.c. in quanto il creditore garantito prima di realizzare la garanzia deve provvedere, pertantosecondo quanto previsto dal contratto, a vendere i titoli sul mercato realizzando una somma la cui eventuale eccedenza, rispetto a quanto di spettanza, verrà messa a disposizione della ricorrente. In questa prospettiva, non è configurabile un patto commissorio, quanto, piuttosto, un patto marciano la cui validità è affermata dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Infine, l’intermediario contesta la domanda di rifusione delle spese legali adducendo che nel presente procedimento la difesa tecnica costituisce una mera facoltà. In conclusione, l’intermediario chiede “[…] in via preliminare di respingere il rigetto della domandaricorso per carenza di legittimazione passiva di parte resistente. In via principale e subordinata di respingere integralmente il ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto […]”. Con le repliche e le controrepliche le parti hanno sviluppato gli argomenti difensivi contenuti nel ricorso e nelle controdeduzioni.

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FATTO. La controversia sottoposta ricorrente afferma di aver stipulato in data 10.8.2012 un contratto di “affitto assicurato” che prevedeva l’obbligo in capo alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico resistente di acquisto pro-soluto dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione crediti derivanti da un contratto di locazione sottoscritto con altro soggetto. La resistente non ha adempiuto le obbligazioni derivanti dal contratto, rifiutandosi di acquistare pro-soluto i crediti scaduti e richiamando la clausola contrattuale in base alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’artcessione solo i crediti originatisi da “fatti accaduti almeno 180 gg dopo la decorrenza del presente contratto”. 56 l.fXxxxxxxx, sottolinea la ricorrente, invocata a sproposito perché era stata richiesta la cessione dei canoni relativi alle mensilità da luglio 2013 sino al febbraio 2014 e quindi rientranti nella previsione della citata clausola contrattuale, tenuto conto che il contratto di “affitto assicurato” (datato 10.8.2012) aveva decorrenza dal 1°.9.2012. PertantoDeduce la natura vessatoria della clausola e chiede all’Arbitro di dichiararne la “nullità/disapplicazione per vessatorietà” per violazione degli artt. 1363, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario 1366, 1367 e 1369 c.c. Chiede inoltre di ordinare alla banca accertare l’obbligo dell’intermediario di acquistare pro-soluto il versamento alla procedura concordataria della somma credito di € 28.154,46 e 12.967,91 oltre interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo; accertare l’obbligo dell’intermediario resistente di tutte “definire l’operazione di cessione secondo le somme a qualunque titolo pervenute successivamente prescrizioni contrattuali”; condannare infine l’intermediario al 19 dicembre 2012pagamento delle spese legali. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014Costituitosi, l’intermediario ha precisato deduce che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in contratto di “affitto assicurato” non prevedeva un conto corrente espresso obbligo di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, acquisto di crediti ma solo una “disponibilità”; quindi, precisa che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione rigetto dell’iniziale richiesta della ricorrente alla procedura (risalente al febbraio 2013) era stato correttamente motivato dal fatto che essa era riferita a canoni scaduti prima dell’inizio del periodo di concordato preventivovalidità del contratto (180 giorni dopo la sua decorrenza). L’intermediario ha chiestoAggiunge che prima della proposizione del ricorso aveva proposto, pertantoa seguito di una richiesta di negoziazione assistita del ricorrente, di acquistare pro solvendo i crediti al solo fine di recuperarli in via stragiudiziale, accollandosi anche le spese di tale recupero. Conclude per il rigetto della domandadel ricorso perché infondato.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne l’inadempimento di un contratto di factoring, con conseguente revoca del plafond pro soluto, convenzionalmente pattuito. Con ricorso del 20 febbraio 2014 – preceduto da reclamo del 7 agosto 2013, riscontrato dall’intermediario il tema successivo 5 settembre 2013 – il ricorrente esponeva che, giusta contratto del regime giuridico 14 giugno 2012, aveva ceduto in massa alla resistente tutti i crediti vantati nei confronti di un proprio debitore, pattuendo, in particolare, la natura pro soluto della cessione entro un limite massimo stabilito in € 200.000,00; in esecuzione delle obbligazioni contrattuali, aveva provveduto alla regolare consegna all’intermediario di tutte le fatture emesse nei confronti del debitore medesimo. Ciò nonostante, con nota del 28 febbraio 2013 la banca aveva comunicato la revoca del plafond pro soluto concesso sul debitore ceduto; con il reclamo del 7 agosto 2013, la revoca era contestata dalla ricorrente, che sulla base di controlli effettuati riscontrava il regolare invio di tutte le fatture emesse nei termini contrattuali e, pertanto, richiedeva più volte la verifica della posizione contabile della ricorrente. Queste ultime richieste rimanevano inevase, ma, con nota del 5 settembre 2013, in riscontro al reclamo, l’intermediario motivava la revoca con il mancato rispetto degli accordi contrattuali da parte della ricorrente, che non aveva provveduto alla cessione della fattura n. 84/2013, determinando in questo modo il venir meno della garanzia pro soluto. Seguiva ulteriore corrispondenza tra le parti, nella quale la ricorrente produceva documentazione attestante l’invio della fattura in questione, in data 15 aprile 2013, e ne chiedeva l’anticipo ai sensi degli artt. 14 e 16 del contratto, rilevando, inoltre, che dai controlli contabili emergeva, altresì, che la banca, in violazione delle norme contrattuali, aveva anticipato solo parzialmente altre due fatture, contraddistinte dai nn. 1003/2012 e 1088/2012. Tuttavia, l’intermediario non solo perdurava nell’inadempimento, ma, con successiva nota del 18 dicembre 2013, chiedeva il rimborso per l’esposizione dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione conti correnti, per un importo di € 4.722,04, oltre interessi e spese successive. Accanto alla violazione degli obblighi di pagamento dei crediti ceduti, la ricorrente contestava, inoltre, di avere informato tempestivamente il factor della negativa situazione patrimoniale del debitore ceduto, che, tuttavia, non ne teneva adeguatamente conto, fino a che si apprendeva dell’ammissione del ceduto alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato L’istante deduceva, infine, che, da una lettura degli estratti conto, aveva modo di verificare l’addebito di commissioni dovute per la cessione pro soluto sino a dicembre 2013 per € 716,46, nonostante la revoca del relativo plafond disposta il 10 giugno 2014 - preceduto da 28 febbraio 2013. In forza di tale premessa, la ricorrente chiedeva all’Arbitro bancario finanziario di pronunciarsi “in merito alla richiesta avanzata con il reclamo dell’1 proposto in data 7 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – […] rivolta ad ottenere il rispetto delle condizioni contrattuali di cui all’accordo del 14 giugno 2012, ossia l’anticipo della corresponsione dei crediti di cui alle fatture regolarmente consegnate”. Con controdeduzioni pervenute il 7 aprile 2014, l’intermediario, dopo avere illustrato lo schema negoziale adottato nello svolgimento della propria attività (su cui infra), precisava di avere stipulato con la società istante ha esposto ricorrente un contratto di essere titolare di un rapporto factoring e due connessi contratti di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentepreordinati alla disciplina del dare e dell’avere reciproco e recanti annotazioni speculari; in relazione al factoring, su richiesta della ricorrente, veniva concesso un plafond pro soluto di € 200.000,00, con conseguente assunzione in capo alla cessionaria del mancato pagamento da parte della debitrice ceduta. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda esecuzione di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessotale contratto, la ricorrente ha dedotto che il dies cedeva i crediti portati da n. 7 fatture (tra le quali la n. 53/13) a quofronte dei quali, su richiesta della ricorrente, venivano effettuati anticipi parziali per € 270.000,00. Con comunicazione del 28 febbraio 2013, la banca comunicava la revoca del plafond pro soluto concesso. Successivamente, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario mese di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordatarialuglio 2013, andava determinato nella data la ricorrente tramite il proprio legale rendeva nota la propria intenzione di dare avvio a procedure di recupero dei crediti portati dalle fatture nn. 53 del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo31 ottobre 2013 e 84 del 28 febbraio 2013; in particolaretale occasione, poila banca apprendeva che la ricorrente, ha argomentato sottolineando contravvenendo agli obblighi contrattuali, aveva omesso di cedere la rilevanza della scientia decotionis della bancafattura n. 84 per € 60.897,32, e affermandocosicché, altresìcon nota del 2 agosto 2013, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della bancaveniva pertanto comunicata alla ricorrente, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f15 lett. Pertantoa) delle condizioni generali di contratto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare la decadenza dalla copertura pro soluto con conseguente riassunzione in capo alla banca ricorrente della garanzia della solvenza del debitore ceduto. Il successivo 9 agosto veniva depositato ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti dell’impresa ceduta; il versamento decreto, concesso l’8 novembre 2013, non poteva tuttavia essere posto in esecuzione a cagione dell’ammissione della società debitrice alla procedura concordataria di concordato preventivo. Dopo aver ricostruito i fatti come sopra esposti, la resistente ha richiamato le disposizioni normative (art. 4 della somma L.52/1991) e contrattuali (artt. 12-15) relative alla prestazione della garanzia pro soluto entro i limiti del plafond eventualmente concesso, a condizione che il fornitore ceda indistintamente tutti i crediti nei confronti di un determinato debitore. Nel caso di specie, rilevava che la mancata consegna della fattura n. 84/2012 era circostanza riconosciuta dal legale della ricorrente, né, d’altra parte, la documentazione fornita dalla controparte, attestante diversamente l’invio, era idonea a darne adeguata dimostrazione. La conseguenza dell’applicazione delle norme contrattuali è stata che, venuto il carattere di rotatività, connesso alla concessione del plafond, i crediti a tale data non rientranti nello stesso sono stati ricondotti al regime proprio della cessione pro solvendo; in particolare alla data della revoca, i crediti ceduti e non ancora incassati ammontavano a 28.154,46 e 449.857,60, di tutte le somme questi ne venivano incassati € 189.688,83 che la banca legittimamente imputava ai crediti ancora risultanti garantiti (art. 14); tale importo veniva contabilizzato sui conti della società a qualunque titolo pervenute successivamente deconto dell’esposizione debitoria. Alla luce di ciò la resistente ha precisato di ritenere legittimo il diniego alla corresponsione del credito portato dalla fattura n. 84, così come la richiesta di restituzione delle anticipazioni erogate (art. 10) in considerazione tra l’altro dell’intervenuto stato di insolvenza della debitrice. Quanto alla contestazione relativa al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzionimancato anticipo di alcune fatture, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con tale anticipo, previsto dall’art. 10 delle disposizioni contrattuali, non costituisce un diritto del cliente ma una facoltà che la società ricorrente si articolava in un conto corrente banca può esercitare, su richiesta del cedente, dopo aver valutato i profili di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrenterischio dell’operazione; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto non erano mai pervenute richieste ulteriori rispetto a quelle relative alle tre anticipazioni concesse. Quanto all’asserita sottovalutazione della situazione del debitore ceduto, negava di aver mai ricevuto alcuna comunicazione nel gennaio 2013, né di potere desumere aliunde elementi di criticità di cui è venuta a conoscenza solo nel luglio 2013, allorquando, su richiesta della ricorrente, come contrattualmente previsto (art. 1, lett. C), si era provveduto ad attivare in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura sede monitoria i crediti ceduti e impagati. Infine, in relazione all’illegittimo addebito di concordato preventivo. L’intermediario ha chiestocommissioni, aveva rilevato effettivamente l’esistenza di un errore e, pertanto, aveva provveduto a porre rimedio procedendo allo storno delle commissioni non dovute. Concludeva, quindi, per il rigetto del ricorso. La società ricorrente formulava repliche alle controdeduzioni, nelle quali ribadiva di avere idoneamente provato l’invio della domandafattura n. 84, insisteva nell’imputare alla banca il mancato diligente avvio delle iniziative di recupero coattivo dei crediti inadempiuti, e contestava lo storno delle commissioni indebitamente applicate.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione ricorrente, titolare di due rapporti di conto corrente con l’intermediario convenuto (n. 421061 e n. 420881), contesta a quest’ultimo l’illegittimità dell’addebito di una commissione annuale per il rilascio di una fideiussione di cui reclama l’intervenuta perdita di efficacia. Eccepisce altresì il mancato adempimento dell’intermediario all’ordine impartito il 30 luglio 2011 avente a oggetto la chiusura del Collegio concerne il tema conto corrente n. 421061, con conseguente ingiustificata applicazione delle commissioni e delle spese per la tenuta del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivoconto. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da In particolare, con reclamo dell’1 agosto 2013 non del 17 marzo 2012, negativamente riscontrato dall’intermediario il successivo 5 aprile 2012, e con il conseguente ricorso del 30 maggio 2012, la ricorrente osserva quanto segue: - di aver ottenuto dall’intermediario il 19 gennaio 2010 una “fidejussione bancaria per garantire [il] pagamento [di] canoni di locazione per futuro contratto di [affitto di] ramo di azienda” stipulato il 20 gennaio 2010; - di aver ricevuto il 18 agosto 2010 dalla società istante concedente “regolare disdetta del contratto di affitto nei termini previsti”, provvedendo nel dicembre 2010 a fornire all’intermediario copia di tale disdetta, nonché a documentare il “regolare pagamento dei canoni d’affitto” e la riconsegna dell’azienda in data 31 dicembre 2010, il tutto ”per far si che la Banca revocasse la fidejussione per gli anni successivi”; - che il 19 gennaio 2011 “la Banca … ha esposto addebitato il rinnovo della fidejussione per l’anno 2011 (Euro 360,00 …), nonostante [la medesima ricorrente] avess[e] cessato l’attività e il contratto d’affitto fosse decaduto il 31/12/2010”; - di essere titolare aver inutilmente richiesto con raccomandata del 30 luglio 2011 e con successivo sollecito del 6 ottobre 2011 la chiusura del conto corrente n. 421061 “con revoca di tutte le disposizioni continuative appoggiate”; - che il 19 gennaio 2012 l’intermediario “ha addebitato il rinnovo della fidejussione per l’anno 2012 (Euro 360,00 …)” determinando un saldo passivo sul conto corrente della ricorrente, saldo che veniva segnalato dall’intermediario medesimo con “comunicazione di sconfinamento” del 24 febbraio 2012. Sulla base dei fatti sopra rappresentati la ricorrente afferma la non debenza degli addebiti della commissione annuale applicata per il rinnovo della fideiussione, “essendo venuto meno il 31/12/2010 il presupposto della garanzia, in quanto l’attività è cessata con effetto dalla disdetta ricevuta e i pagamenti degli affitti garantiti erano stati regolarmente eseguiti e documentati all’Istituto bancario”. In ogni caso contesta le spese di tenuta del conto corrente n. 421061 e gli addebiti per imposta di bollo applicati in data successiva alla comunicazione di chiusura del conto intervenuta in data 30 luglio 2011. Dunque chiede: (i) che venga ordinata la “chiusura [del] c/c 421061 con revoca di tutte le disposizioni continuative appoggiate … come da … [sua] richiesta inviata con raccomandata a/r il 30-07-2011”; (ii) che venga disposto il “rimborso di tutte le spese [di] tenuta [del] c/c maturate in data successiva al 30-07-2011 con rimborso [delle] imposte di bollo”; (iii) che venga disposto lo storno degli importi addebitati per il rinnovo della fideiussione per gli anni 2011 e 2012, per un totale di Euro 720,00. L’intermediario ha provveduto al deposito delle controdeduzioni in data 4 luglio 2012, riferendo quanto segue: - che il modulo sottoscritto dalla ricorrente al fine del rilascio della fideiussione espressamente prevede: i) “l’applicazione di una commissione da trattenersi in via anticipata con periodicità annuale pari all’1,80% dell’importo garantito, pari cioè ad € 360,00”; ii) l’obbligo della debitrice di provvedere al pagamento, oltre che di tale commissione, anche di altre spese relative alla garanzia, mediante addebito sul conto corrente n. 420881; iii) l’impegno della cliente ai menzionati pagamenti “dalla data della prestazione della garanzia … fino a che il relativo atto non … sia stato restituito dal creditore unitamente ad una sua dichiarazione liberatoria, e quindi indipendentemente dall’eventuale termine di scadenza della garanzia medesima”; - che la garanzia era stata concessa con durata fino al 31 dicembre 2014 e, in sede di riscontro alla richiesta di escussione da parte della società garantita, ha domandato alla beneficiaria medesima, senza risultato, “la conferma dello svincolo della garanzia e la restituzione dell’originale della Fidejussione”; - che la mancata restituzione dell’originale della garanzia ha reso impossibile “procedere all’anticipato scarico”, integrando la fideiussione un contratto autonomo di garanzia, e mancando la “prova certa ed incontestata dell’esatto adempimento dell’obbligazione garantita, elemento necessario alla Banca in qualità di garante per poter eventualmente opporre, l’exceptio doli generalis … al garantito … per la pregressa estinzione” del debito; - di non aver dato corso alla chiusura del conto corrente n. 421061 per i seguenti motivi: poiché, “[n]onostate il ricevimento delle lettere racc. a.r. in data 30.07.2011 e 06.10.2011, … su tale conto sono confluiti gli addebiti automatici e le spese collegate al rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentenr. In 420881, (conto di addebito delle spese … della fidejussione …) per il quale la cliente ha esercitato il recesso con la conseguente chiusura effettuata dalla Banca in data 19 11.11.2010”; poiché la fideiussione risulta “operativa e valida sino al 31 dicembre 2012 aveva depositato domanda 2014”; - di concordato preventivo “aver altresì comunicato alla ricorrente di essere in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso ogni caso disponibile a dar corso alla chiusura del conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, n. 421061 alle seguenti due condizioni: che la ricorrente ha dedotto che il dies provvedesse a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti rientrare dell’esposizione allora sussistente (pari ad euro 406,17) mediante versamento del relativo importo e provvedesse a comunicare nuove coordinate bancarie sulle quali addebitare “le spese inerenti la fideiussione” in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaessere.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne Per il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato restauro conservativo ed il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare risanamento di un immobile di proprietà, il Comune di Terrarossa rilasciava alla ALFA srl, così come espressamente richiesto da quest’ultima, il relativo permesso di costruire, previo pagamento del 50% degli oneri concessori dovuti per legge e contestuale dazione di apposita cauzione “a prima domanda” e “senza eccezioni” all’uopo concessa dalla BETA Scarl a garanzia del versamento del restante 50%. Ebbene, dal momento che la ALFA srl non ha più liquidato gli importi ancora dovuti, il Comune di Terrarossa può esigerne l’integrale corresponsione da parte della banca garante e questa non può opporvisi in alcun modo per i seguenti motivi di DIRITTO Sia dal testo della garanzia rilasciata in favore dell’odierno attore, che dalla lettera d’incarico rivolta alla BETA Scarl, emerge chiaramente la comune volontà dei contraenti di riversare su di un soggetto “istituzionalmente” solvibile (la banca) il rischio economico sotteso all’eventuale inadempimento dell’obbligazione pecuniaria assunta dalla ALFA srl nei confronti del Comune di Terrarossa, indipendentemente dall’esistenza, validità ed efficacia del rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentebase, nonché a prescindere da ogni accertamento in ordine alla colpevolezza o meno dell’inadempimento medesimo. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda altri termini, attraverso un atipico meccanismo con funzione latamente cauzionale - meglio conosciuto come contratto autonomo di concordato preventivo garanzia - le parti hanno concordemente voluto assicurare al beneficiario il pronto e sicuro soddisfacimento del suo credito qualora, come nel caso di specie, la ALFA srl non avesse adempiuto all’obbligo di corrispondere le restanti somme ancora dovute a titolo di oneri concessori per il permesso di costruire concessole dal Comune di Terrarossa. (in tal senso: X. Xxxxxx, Le garanzie del credito, Milano, 2010, pag. 812). In particolare, elementi quali il nomen iuris attribuito alla garanzia - espressamente denominata in biancocauzione” – così come la previsione dell’obbligo per il garante di pagare “dietro semplice richiesta scritta motivata del Comune” e, peraltro, “senza che ad esso possa essere opposta eccezione alcuna”, essendo per loro natura incompatibili con il carattere accessorio che è tipico dell’obbligazione fideiussioria, ne escludono in radice la configurabilità e, quindi, l’applicabilità della relativa disciplina codicistica. Tale certezza emerge altresì dalla considerazione che, mentre un qualsiasi contratto di fideiussione coinvolge unicamente il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario garante, da un lato, ed il beneficiario della garanzia, dall’altro, con conseguente estraneità del debitore garantito, al contrario, nel caso di specie, ci troviamo di fronte a quel rapporto trilaterale che tutte nella sentenza n. 3947 del 18 febbraio 2010, le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno felicemente definito come "un diverso conto corrente acceso per le finalità articolato coacervo di rapporti nascenti da autonome pattuizioni tra il destinatario della procedura; nelle moreprestazione (e beneficiario della garanzia), il concordato era stato omologato dal tribunale garante (sovente una istituto di credito), e il debitore della prestazione (ordinante la garanzia atipica), in attuazione di una complessa operazione economica destinata a dipanarsi, sotto il profilo della struttura negoziale, attraverso una scansione diacronica di rapporti, il primo (di valuta), corrente tra debitore e creditore, tra cui viene originariamente pattuito l'adempimento di una certa prestazione del primo nei confronti dell'altro, il secondo (di provvista), destinato a intervenire tra debitore e futuro garante, con decreto depositato esso pattuendosi l'impegno di quest'ultimo a garantire il 2 gennaio 2014creditore del primo rapporto, il terzo nascente, infine, tra creditore e xxxxxxx, con quest'ultimo senz'altro obbligato ad adempiere alla prestazione del debitore a semplice richiesta del primo nel caso di inadempimento del secondo…” Abbiamo, infatti, un soggetto debitore (la ALFA srl) che ha dato mandato ad una banca (la BETA Scarl) di pagare uno specifico importo ad un soggetto determinato (il Comune di Terrarossa) onde garantirlo dell’eventuale inadempimento della prestazione a lui dovuta. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiestoEbbene, proponeva reclamo reiterando le precisazioni appena svolte sono di fondamentale importanza per la richiesta corretta risoluzione della presente controversia. Infatti, anche se, per un verso, il contratto autonomo di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessogaranzia, esattamente come la fideiussione, attribuisce al soggetto beneficiario una pretesa creditoria valevole nei riguardi del garante, tuttavia, ciò che contraddistingue nettamente la seconda tipologia contrattuale dalla prima è, come detto, la ricorrente natura necessariamente accessoria dell’obbligazione fideiussoria rispetto a quella assunta dal c.d. debitore principale, qualità di cui, invece, il contratto autonomo di garanzia è completamente privo in quanto caratterizzato, al contrario, da una netta scissione del rapporto di garanzia rispetto a quello garantito. Ne deriva, pertanto, che, mentre l’articolo 1945 del Codice Civile consente al fideiussore di opporre al beneficiario anche tutte quelle eccezioni fondate sul rapporto-base garantito e che competono, quindi, al debitore principale, analoga facoltà non spetta, invece, al “garante autonomo”. Questi, infatti, è vincolato a pagare “illico et immediate” la somma convenuta, senza potervisi opporre in alcun modo e, quindi, in virtù di una semplice richiesta in tal senso rivoltagli dal beneficiario il quale, peraltro, non è nemmeno tenuto allegare alcunché a sostegno della pretesa addotta. All’uopo, è opportuno sottolineare che la stessa giurisprudenza di legittimità, in più di un’occasione, ha dedotto avuto modo di ricordare che, siccome nella clausola di pagamento per effetto della sola richiesta rivolta dal creditore al garante è insita l’implicita rinuncia di quest’ultimo a sollevare eccezioni che traggono la loro origine dal rapporto garantito, ne deriva che il dies soddisfacimento di una siffatta istanza, fondata, come nel caso di specie, sull’inadempimento del debitore principale, non deve essere né preceduta da né tantomeno subordinata ad alcun accertamento in ordine all’effettiva sussistenza o meno del dedotto inadempimento (cfr: Cass. civ. sent 12 dicembre 2008, n. 29215; sent. SS. UU. 12 gennaio 2007, n. 412). Tant’è vero che, anche di recente, proprio le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno dato ancora una volta risposta positiva al quesito concernente l’idoneità o meno della sola clausola di pagamento a quoprima richiesta a svincolare il contratto di garanzia dal rapporto principale, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, rendendolo per ciò stesso autonomo e affermandorealizzando, altresì, che una deroga alla disciplina legale della fideiussione. Con la summenzionata sentenza n. 3947 del 18 febbraio 2010, infatti, i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto giudici hanno dato continuità a quel condivisibile orientamento secondo cui la previsione di un mandato in rem propriam della bancauna clausola di pagamento “a prima o semplice richiesta (o senza eccezioni)”, e non potevano essere oggetto poiché incompatibile con il principio di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.faccessorietà che, come detto più volte, caratterizza necessariamente il contratto di fideiussione, vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, svincolandolo automaticamente da ogni vicenda afferente il rapporto garantito,. Pertanto, solo in presenza di elementi capaci di dimostrare con certezza che, nonostante il tenore letterale della convenzione, le parti hanno in realtà inteso attribuire carattere accessorio all’obbligazione di garanzia, si potrebbe tentare, in qualche modo, di qualificare detta convezione in termini di fideiussione piuttosto che di contratto autonomo di garanzia. Tuttavia, nel caso di specie, non solo non è dato riscontrare nulla di simile ma, addirittura, un’eventuale discrasia tra la natura del contratto così come desumibile dal suo tenore letterale e la reale intenzione delle parti è esclusa in radice laddove, nella lettera d’incarico rivolta alla BETA Scarl, la ALFA srl le ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario espressamente negato ogni possibilità opporre una qualunque eccezione a fronte della semplice richiesta scritta motivata di ordinare pagamento rivoltale dal Comune di Terrarossa. Ebbene, proprio in ordine alla banca valenza interpretativa da attribuire alla lettera di incarico, la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire che per stabilire la natura autonoma o accessoria del contratto di garanzia occorre “considerare … anche il versamento contenuto dell’accordo tra il debitore principale ed il garante” al fine di accertare se sia stata o meno “esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla procedura concordataria regola essenziale della somma di € 28.154,46 fideiussione, posta dall’art. 1945 c.c.” (cfr: Cass. civ., sent. 9 novembre 2006, n. 23900 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012sent. Nelle controdeduzioni20 aprile 2004, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001n. 7502). Ha eccepitoAlla luce delle superiori considerazioni, quindi, che il diritto della banca Comune di trattenere Terrarossa rassegna le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.seguenti

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FATTO. Con ricorso protocollato l’11.11.2013, la ricorrente ha rappresentato in fatto quanto segue: - a garanzia del completamento di lavori commissionati a una società terza per la fornitura di una casa prefabbricata, era stato richiesto all’intermediario convenuto il rilascio di una fideiussione bancaria, compiutosi in data 29.08.2012; - la fideiussione prevedeva tre tranche. Le condizioni relative alla prime due si sono avverate. Quanto all’ultima tranche, la fideiussione era valida per l’importo di € 10.804,94 fino alla data di ultimazione di tutti i lavori, comunque fino e non oltre il termine del 31 gennaio 2013. La controversia sottoposta fideiussione avrebbe potuto essere escussa ove la società terza fosse incorsa in una “situazione di crisi”; fra tali situazioni, veniva contemplata “la pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento”. - nel mese di gennaio del 2013, era pervenuta una comunicazione circa l’apertura di una procedura concorsuale nei confronti della società madre austriaca, socio unico della società figlia operante in Italia; - il 25 gennaio 2013, era stata inviata alla cognizione società debitrice una diffida ad adempiere le proprie residue obbligazioni. Il 31 gennaio 2013, era stata, invece, consegnata all’intermediario convenuto la richiesta di escussione della garanzia autonoma; - in data 08.02.2013, l’intermediario convenuto aveva eccepito che la società debitrice non versava in “situazione di crisi” ai sensi della fideiussione sottoscritta; - con atto del Tribunale di Udine del 22.02.2013, era stata aperta la procedura fallimentare della società figlia con sede in Italia. In data 08.03.2013, era stata, quindi, inviata al curatore fallimentare della società debitrice la contestazione degli inadempimenti contrattuali, con quantificazione dei danni economici causati per un totale di € 38.000,00; - in data 16.03.2013, aveva presentato reclamo nei confronti dell’intermediario convenuto, allegando l’intervenuto fallimento della società italiana e richiamando i pertinenti articoli di legge. Conseguentemente, aveva chiesto nuovamente l’escussione della fideiussione prestata; - in data 10.04.2013, l’intermediario convenuto aveva riscontrato il reclamo, eccependo la non applicabilità dell’art. 1957 c.c., in quanto la fideiussione in oggetto non era disciplinata dal diritto italiano. L’intermediario invocava l’applicazione dell’art. 4/2 del Regolamento CE 593/2008, laddove prescrive “in mancanza di specifica scelta delle parti, l’applicabilità della legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica del contratto ha la residenza/sede abituale”; - la fideiussione era stata però rilasciata su richiesta del costruttore, persona giuridica con sede in Italia, a favore di un acquirente, persona fisica italiana e consumatore ai sensi del Regolamento CE 593/2008, nell’ambito di un contratto avente per oggetto la costruzione di un immobile sito in Italia. Ne consegue che la norma pertinente sarebbe l’art. 6 del medesimo Regolamento. Inoltre, l’art. 4/3 del Regolamento specifica che “se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il contratto presenta collegamenti manifestatamente più stretti con un paese diverso da quello indicato nei paragrafi 1 o 2, si applica la legge di tale diverso paese”; - sono seguiti ulteriori contatti con l’intermediario di esito insoddisfacente. La parte attrice ha, quindi, chiesto all’ABF di pronunciarsi sulle seguenti domande: - affermare che la fideiussione emessa, quale atto unilaterale, (…) [dall’intermediario convenuto] nella sua qualità di banca estera autorizzata dalla Banca d’Italia ad operare in Italia a favore [della ricorrente] è soggetta alla legge italiana (…); - accertare che le azioni adottate dalla ricorrente hanno fatto sì che i termini di prescrizione dell’obbligazione originaria [dell’intermediario convenuto] siano stati interrotti; - condannare [l’intermediario convenuto] al pagamento di quanto dovuto con riferimento alla obbligazione originaria, per la terza tranche della fideiussione pari ad € 10.804,94 ed agli interessi legali dal 6 agosto 2012 fino alla data del pagamento; - condannare [l’intermediario convenuto] per aver con il proprio operato contribuito a generare preoccupazioni, stress e sfiducia nel sistema bancario e di garanzia previsto dalla legge italiana al pagamento del 50% dei maggiori costi sostenuti dall’acquirente e quantificati in € 18.000,00. L’intermediario resistente ha presentato le proprie controdeduzioni a mezzo della propria difesa tecnica il 12.02.2014, eccependo preliminarmente la mancata competenza del Collegio concerne adito atteso che la convenuta “non aderisce al sistema ABF”. Nel caso di specie trattasi, infatti, di banca austriaca, senza alcuna succursale in Italia, che si limita ad operare in Italia in regime di libera prestazione di servizi; e, pertanto, non è obbligata ad aderire al sistema ABF “purché aderisca ad un sistema stragiudiziale estero partecipante alla rete FIN-NET”. La stessa avrebbe, in specie, aderito all’Ufficio di Conciliazione Comune dell’Economia Finanziaria Austriaca, come risulta dal pertinente elenco versato agli atti (e comunque reperibile sul sito dell’Ufficio di Conciliazione). Nel merito, l’intermediario convenuto ha affermato che: - la ricorrente ha chiesto il tema pagamento di una somma pari a € 10.804,94. Se è vero che la banca, in data 29.08.2011, ha emesso la fideiussione bancaria in parola a favore della ricorrente, è anche vero che al momento delle relative escussioni della fideiussione non ne sussistevano i presupposti; - l’escussione è stata richiesta il 31.01.2013, nell’ultimo giorno utile. Dal testo della fideiussione si evince, però, come fosse necessario che il costruttore versasse in uno stato di crisi. Il contratto individuava la società costruttrice e specificava che la condizione di crisi si sarebbe dovuta verificare in una delle seguenti date: a) data di trascrizione del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione pignoramento relativo all’immobile oggetto del contratto; b) data di pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento o del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa; c) data di presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo; d) data di pubblicazione della sentenza che dichiara lo stato di insolvenza o, se anteriore, del decreto che dispone la liquidazione coatta amministrativa o l’amministrazione straordinaria; In data 31.01.2013, nessuna delle condizioni si era verificata in capo alla società costruttrice. Con ricorso presentato La ricorrente, in tale data, si è riferita espressamente allo “stato di insolvenza” della società austriaca, benché unico presupposto valido fosse l’apertura di una procedura fallimentare in capo alla società italiana; - la procedura fallimentare dell’impresa italiana è stata, però, aperta solo il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – 25.02.2013. Da ciò consegue che, al momento della fideiussione, la società istante ha esposto costruttrice italiana non era in crisi ai sensi e per gli effetti del contratto di essere titolare fideiussione, condizione necessaria per l’escussione; - per contrastare la clausola 6 del contratto di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessofideiussione, la ricorrente ha dedotto invoca l’art. 1957 c.c. “senza però badare al fatto che la normativa italiana non è applicabile alla fideiussione bancaria in oggetto in quanto essa viene disciplinata dal diritto austriaco” in forza dell’applicazione dell’art. 4/2 del Regolamento CE 593/2008 (atteso che le parti non avevano scelto la legge applicabile). In effetti, la banca convenuta, che doveva prestare il dies servizio caratteristico, non aveva alcun interesse a quosottoporre la sua prestazione al diritto italiano, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti cui non aveva le conoscenze necessarie al fine di valutare i versamenti possibili rischi in conto corrente nella disponibilità cui incorreva con l’emissione della procedura concordatariafideiussione; - anche nell’ipotesi in cui fosse applicabile la legge italiana, andava determinato nella non muterebbe il dato della cessazione dell’efficacia della fideiussione allo spirare della data del 19 dicembre 201231 gennaio 2013; - infine, in cui era stata presentata si rileva che la domanda di concordato preventivo; in particolarecondanna al risarcimento non è suffragata da prova con riferimento al danno risarcibile, poi, ha argomentato sottolineando mentre la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’artdomanda finalizzata alla sospensione dell’autorizzazione è estranea alla cognizione dell’ABF. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepitoLa convenuta ha, quindi, chiesto che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla Collegio: Le controdeduzioni sono state trasmesse via mail alla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivoparte ricorrente espone, allega e chiede nel ricorso quanto segue. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto Richiama espressamente quanto contenuto nel reclamo. Afferma di essere titolare stata segnalata dall’intermediario in Centrale dei Rischi in assenza dei presupposti di legge. - Nonostante il debito in questione sia stato saldato nel mese di febbraio 2020, la segnalazione non risulta aggiornata fino al successivo dicembre. - Parte ricorrente chiede la “rettifica delle segnalazioni nel periodo di competenza, tenendo conto che le segnalazioni sono state fatte nonostante un piano di rientro programmato e non segnato come piano di rientro a scalare. Anche la circ. 139/1991 il 20° agg. pone chiarezza sulla questione vietando la segnalazione continua a sofferenza. Debito poi saldato come accordi tra le parti. Non viene prodotto doc. richiesti ai sensi del 119 TUB”. - Si precisa che, nel reclamo, la ricorrente chiede “la cancellazione, sin dalla prima segnalazione, della illegittima iscrizione” e, “alternativamente - qualora il segnalante dovesse insistere nel sostenere la fondatezza nel merito dell’iscrizione de quo, che (contrattuali e contabili riferite allo svolgimento del rapporto e in particolare alle movimentazioni da cui è scaturita la pendenza” (segue l’elenco dei documenti) “nonché le evidenze e risultanze della valutazione complessiva fatta” dall’intermediario e “preordinata all’accertamento dei presupposti sostanziali della sofferenza”. Nelle controdeduzioni l’intermediario espone, allega e chiede quanto segue. - In via preliminare, eccepisce che il ricorso è inammissibile in quanto il contratto di mutuo oggetto della segnalazione a sofferenza contestata è stato sottoposto a procedura esecutiva immobiliare n. 710/2016. - Il conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda n. ***999 non è stato oggetto di concordato preventivo “passaggio a sofferenze in bianco”quanto, ecome si evince dall’estratto conto allegato, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul saldo a debito del rapporto è stato imputato a perdite. - Quanto alla richiesta documentale, ha provveduto a consegnare gli estratti conto corrente, venissero stornate presso un diverso del conto corrente acceso e la rendicontazione del finanziamento con le email di cui all’allegato 4. - La segnalazione in Centrale dei Rischi di Banca d’Italia trae origine dal mutuo ipotecario n. **356, sottoscritto dalla ricorrente in data 27/1/2006 per le finalità della procedura; nelle moreun importo di € 135.000,00, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto oggetto di cartolarizzazione a quanto richiestoC** M**e S.r.l., proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della societàquale svolge il ruolo di servicer. Ciò premesso- Con il versamento di € 12.000,00 e l’accettazione da parte della mandataria della proposta della ricorrente, si è giunti alla definizione della posizione, xxxxx e impregiudicati i diritti in ordine alla procedura esecutiva. - Appare pertanto improbabile che la ricorrente ha dedotto che il dies non fosse a quoconoscenza dello stato del proprio indebitamento, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere essendo lo stesso oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario solleciti di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 pagamento e di procedure di pignoramento immobiliare. - Con riguardo alle segnalazioni in CR, le stesse risultano legittime, avendo rispettato la normativa in materia sia da un punto di vista sostanziale, a seguito dell’inadempimento della ricorrente, sia da un punto di vista formale, con l’invio delle comunicazioni previste; le segnalazioni risultano essere speculari rispetto all’andamento del rapporto. - Per tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014ragioni sopra esposte, l’intermediario ha precisato che chiede di accogliere l’eccezione di inammissibilità o di rigettare integralmente il rapporto contrattuale con la società ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni parte ricorrente richiama quanto esposto nel ricorso. In sede di controrepliche l’intermediario si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandariporta alle controdeduzioni.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione Nel proprio ricorso il ricorrente narra di essersi iscritto ad un corso di lingua inglese. Per il pagamento del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura relativo corrispettivo, pari a € 1.824,00, optava per un finanziamento con l’intermediario convenuto, strutturato in n. 12 rate mensili di concordato preventivo€ 152,00 cad. Con ricorso presentato lettera del 13.5.2009 (non prodotta dalle parti) il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – ricorrente comunicava all’intermediario la società istante ha esposto propria intenzione di essere titolare sospendere i pagamenti a causa dell’inadeguata prestazione del servizio. Di conseguenza il 10.6.2009 l’intermediario scriveva alla scuola di un rapporto lingua per chiedere: • copia del contratto sottoscritto dal cliente, “specificando il luogo di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “sottoscrizione”; • dichiarazione in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto merito a quanto richiestolamentato dall’interessato; • copia completa della documentazione intercorsa sull’argomento. La eventuale risposta fornita dalla scuola non è stata esibita dalle parti, proponeva reclamo reiterando che, invece, hanno prodotto copia di una lettera indirizzata al ricorrente, datata 28.7.2009, con la quale la scuola faceva presente che il contratto non prevedeva la possibilità di recedere unilateralmente, come si evinceva dalle “Condizioni Generali riportate sul retro … conosciute e controfirmate per accettazione”. Il cliente veniva invitato ad un incontro per verificare e risolvere le problematiche incontrate nello svolgimento del corso e per pianificare lo svolgimento dello stesso. Il ricorrente ribatteva con lettera del 31.7.2009, formulando la richiesta di messa “bonaria recessione consensuale”. All’intermediario, interessato per conoscenza, rinnovava l’invito a disposizione delle somme incassate “non provvedere ad alcun addebito di interessi per conto della societàritardato pagamento … [né] ad alcuna iscrizione … dei dati in sistemi di informazioni creditizie”. Ciò premessoCon nota del 22.9.2009 l’intermediario comunicava all’interessato di avere provveduto ad “informare i Sistemi di Informazioni Creditizie in merito alla contestazione in corso” e che tale precisazione sarebbe stata accessibile “a tutti gli Enti finanziatori che si dovessero trovare nelle condizioni di consultare gli archivi del SIC”. La fase del reclamo si concludeva con due ulteriori atti: una lettera del 10.5.2010, con la quale il ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data chiedeva all’intermediario conferma dell’avvenuta cancellazione del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della bancasuo nominativo dagli archivi SIC, e affermandola relativa risposta, altresìdatata 1.6.2010, con la quale gli veniva confermato che, salvo diversi accordi con la scuola, il contratto rimaneva in essere “a tutti gli effetti di legge” così come stabilito dall’art. 17 delle Condizioni Generali e che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto pertanto la richiesta di un mandato in rem propriam della bancacancellazione non poteva essere accolta. Non ritenendosi soddisfatto, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertantoil 9.6.2010 l’interessato presentava ricorso, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria chiedendo all’ABF: • la cancellazione del proprio nominativo dagli archivi SIC; • la restituzione della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme 152,00, quale prima rata pagata a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda.favore dell’intermediario;

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FATTO. In data 30/04/2009 veniva stipulato un contratto di fideiussione con il quale il fideiussore garantiva a favore del beneficiario gli obblighi ed oneri rivenienti dal contratto di locazione immobiliare del 24/03/2009 stipulato tra quest’ultimo e il conduttore. La controversia sottoposta alla cognizione fideiussione prevedeva un importo massimo garantito di € 2.202,00 e validità dal 01.04.2009 al 31.03.2015. A seguito dell’inadempimento da parte del Collegio concerne conduttore – che abbandonava i locali nel novembre 2010 e si rendeva irreperibile – circa l’obbligo di regolare corresponsione dei canoni di locazione di agosto, settembre ed ottobre 2010 (oltre alle spese condominiali preventive e consuntive del 2010), la società ricorrente si rivolgeva in primis allo stesso conduttore (con vari solleciti e, da ultimo, con nota spedita il tema 19/1/2011, “con fissazione del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura termine per l’adempimento”), senza ottenere riscontro; successivamente – in data 27/1/2011 – avanzava istanza per l’escussione della garanzia fideiussoria. Tramite visura camerale, la ricorrente apprendeva che la società che aveva prestato la garanzia era stata posta in liquidazione e, a seguito di concordato preventivocontatti intercorsi con il Commissario giudiziario, veniva a sapere che la stessa aveva ceduto ad un Confidi, l’attuale convenuto, la gestione delle polizze con diritto di surroga (circostanza confermata dalla comunicazione del Confidi del 20/05/2011, agli atti). Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – missiva del 28/04/2011, la società istante ha esposto ricorrente avanzava reclamo al Confidi, reiterando le richieste già rivolte alla società cedente. Il Confidi riteneva di essere titolare dover respingere le richieste per i seguenti motivi: • estinzione della garanzia fideiussoria per mancato tempestivo avviso dell’inadempimento del contraente ex art. 1957 c.c. e 1-6 C.G. di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentecontratto; • estinzione della garanzia fideiussoria in base al disposto dell’art. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”1956 c.c., edal momento che, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessononostante l’inadempimento del locatario, la ricorrente ha dedotto continuato a far credito allo stesso; • inosservanza dell’obbligo del beneficium excussionis da parte del beneficiario. Con il ricorso pervenuto il 29/07/2011, la cliente formulava le seguenti richieste: • “accertare e dichiarare la piena cogenza del contratto di fideiussione”; • “condannare il Confidi al versamento a favore della ricorrente della somma garantita dal contratto di fideiussione sopramenzionato, stipulato in data 30/04/2009, di € 2.202,00 oltre interessi di legge e rivalutazione monetaria”. La ricorrente esponeva di non aver escusso il Confidi prima del gennaio 2011, in quanto non poteva essere a conoscenza dell’intervenuta procedura di liquidazione in capo al primo fideiussore, così come non poteva aver avuto contezza dell’intervenuta cessione del contratto in oggetto a favore del Confidi. Soggiungeva, inoltre, che il dies contratto di locazione si era automaticamente risolto per inadempimento del conduttore a quoseguito del mancato pagamento di 3 mensilità, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario escludendo così l’applicabilità del disposto di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordatariacui all’art. 1956 c.c. Infine, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012la ricorrente precisava che, in cui era stata presentata questo caso, non poteva trovare applicazione il principio dell’obbligo di preventiva escussione del debitore principale, poiché tale eccezione non può essere sollevata in sede stragiudiziale. L’intermediario non ha inviato le proprie controdeduzioni. Non aveva nemmeno inviato la domanda mail di concordato preventivo; in particolareconferma di ricezione del ricorso e, poipertanto, la Segreteria Tecnica ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi trasmesso (in data 17 dicembre 200117.10.2011) copia del ricorso stesso all’intermediario e (per conoscenza) alla ricorrente. Ha eccepitoQuest’ultima ha, quindi, che inviato alla Segreteria Tecnica copia della cartolina di ritorno, ove si evince il diritto della banca recapito alla controparte del ricorso in data 29/07/2011. Attesa la mancata produzione delle controdeduzioni entro il termine previsto dalla procedura, la Segreteria Tecnica ha sollecitato l’invio delle stesse con messaggio di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto posta elettronica in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente data 09/01/2012. Le controdeduzioni non sono comunque pervenute alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaSegreteria Tecnica.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne ricorrente ha affermato che: -sarebbe stata titolare di due conti correnti presso la banca resistente, uno c.d. ordinario e l’altro c.d. anticipi; -a partire dal 2012, la banca resistente avrebbe più volte addebitato su tali conti una “commissione utilizzi oltre disponibilità fidi”, per l’importo complessivo di € 13.659,50; -sarebbero stati inoltre addebitati interessi eccedenti la soglia imperativamente posta dall’art. 644, 3° comma, c.p. e dell’art. 2, 4° comma, della legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura), per quanto la banca resistente abbia di volta in volta annotato un loro storno parziale a titolo di “riduzione interessi (l. 108/1996)”; -entro il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura limite di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - tale eccedenza, gli interessi addebitati dovrebbero essere pertanto restituiti dalla banca resistente; -il 28 maggio 2012, le parti avrebbero stipulato un contratto di transazione; -durante la trattativa che ha preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 la stipulazione di tale contratto, la banca resistente non riscontrato dall’intermediario – avrebbe anticipato gli importi delle fatture emesse dalla società ricorrente, sebbene fossero inferiori al limite massimo dell’apertura di credito concessale; -poiché la banca resistente si sarebbe rifiutata di esibire i conteggi richiesti, la società istante ha esposto ricorrente sarebbe stata di essere titolare di fatto costretta a incaricare un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della societàproprio consulente tecnico. Ciò premesso, la società ricorrente ha dedotto chiesto che: -la banca resistente sia condannata al pagamento degli importi addebitati sui conti correnti della società ricorrente a titolo di “commissione utilizzi oltre disponibilità fidi”; -la banca resistente sia condannata al pagamento degli interessi addebitati sui medesimi conti correnti, nella parte in cui eccedano il limite imperativamente posto dalla legislazione anti-usura; -sia ordinato alla banca resistente che i tassi d’interesse pattuiti tra le parti mediante la transazione del 29 maggio 2012 siano applicati retroattivamente dall’inizio della trattativa che ha preceduto la sua stipulazione, ovvero quanto meno dal 1° gennaio 2012 circa; -la banca resistente sia condannata al pagamento di € 3.000,00 a titolo di rimborso delle spese sostenute dalla società ricorrente per il dies a quocompenso di un consulente contabile; -la banca resistente sia condannata al risarcimento del danno cagionato dalla eventuale segnalazione negativa alla Centrale rischi. La banca ha resistito al ricorso, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario affermando che: -stipulando il contratto di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data transazione del 19 dicembre 28 maggio 2012, in la società ricorrente avrebbe rinunciato a contestare giudizialmente la tenuta dei conti correnti di cui era titolare, segnatamente per quanto riguarda la liquidazione e il computo degli interessi debitori; -avrebbe altresì dichiarato di aver regolarmente ricevuto gli estratti conto, recanti l’indicazione delle condizioni economiche applicate e delle loro modifiche periodiche; -mediante la comunicazione n. 16 del 20 luglio 2012, la banca ricorrente avrebbe riportato in maniera chiara le nuove disposizioni relative alla “commissione utilizzi oltre la disponibilità fondi” e i relativi tassi applicati in relazione all’entità degli sconfinamenti; -gli interessi addebitati sui conti correnti della società ricorrente non avrebbero mai ecceduto il limite imperativamente posto dalla legislazione anti-usura; -i sistemi informatici della banca resistente avrebbero infatti automaticamente provveduto a mantenere gli interessi addebitati entro tale limite, accreditando la loro eventuale eccedenza; -durante il 2012, sul conto c.d. anticipi della società ricorrente sarebbe stata presentata a tale titolo accreditata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e 3.701,94, laddove gli interessi da essa dovuti sarebbero stati complessivamente pari a € 8.100,19; -rientrerebbe nella libertà privata della banca di tutte le somme decidere se anticipare o meno l’importo delle fatture emesse da un cliente affidato, anche laddove il loro importo non superi il limite massimo dell’affidamento; -nel caso di specie, il mancato rimborso dei fidi temporanei che erano nel frattempo scaduti avrebbe indotto la banca resistente a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioninon rinnovare la loro concessione, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale concordando piuttosto con la società ricorrente si articolava in un conto corrente piano di corrispondenza rientro; -la spesa sostenuta dalla società ricorrente per il compenso di un consulente contabile costituirebbe la conseguenza di una sua libera scelta, la quale non potrebbe essere imputata alla banca resistente; -la banca resistente sarebbe tenuta a segnalare alla Centrale Rischi la posizione debitoria complessiva di ciascun cliente; -nel caso della società ricorrente, la categoria di censimento sarebbe stata quella dei rischi a revoca per l’importo accordato di € 271.000,00 e in un conto anticipiil relativo utilizzo di € 264.000,00. Ciò posto, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, l’intermediario resistente ha chiesto che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto ricorso sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandarigettato perché infondato.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato protocollato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – 21.3.2012, il ricorrente esponeva che, nel mese di luglio 2011, aveva concordato con il responsabile della filiale della Banca resistente, alle stesse condizioni economiche originarie, la società istante ha esposto proroga di essere titolare 24 mesi della scadenza della linea di un rapporto credito accesa con il contratto di conto corrente intrattenuto ipotecario, stipulato in data 6/9/2006 e con scadenza al 6.9.2011. Era altresì fissato un appuntamento per la stipula dell’atto presso il notaio per il 26.10.2011. Tuttavia, solo la sera prima della stipula, il responsabile della dipendenza informava il cliente che la proroga sarebbe stata concessa per soli 12 mesi ad un tasso pari all’euribor 6 mesi + 4 anziché + 1 come previsto in origine. Il ricorrente, in ragione dei tempi ristrettissimi, si sentiva “costretto” a sottoscrivere comunque la proroga alle nuove condizioni. Con reclamo inviato all’intermediario in data 5.12.2011, il ricorrente si doleva della circostanza che, in occasione della nuova stipula, non gli fosse stata consegnata alcuna informativa precontrattuale, e concludeva di ritenere ancora valida quella consegnata al momento dell’accensione del finanziamento. A seguito del mancato accoglimento del reclamo da parte dell’intermediario, da questi comunicato con lettera del 04.01.2012, e dopo l’invio di una lettera di contestazione avverso l’addebito di interessi ritenuti non dovuti, il cliente, nel ricorso all’ABF sopra indicato, domandava l’immediato ripristino delle originarie condizioni dell’apertura di credito e il rimborso dei maggiori oneri addebitati. La banca resistente presentava tempestivamente le proprie controdeduzioni in data 23/5/2012, tramite il Conciliatore Bancario, allegando, oltre ad altra documentazione, la copia del contratto originario di apertura di credito del 6/9/2006, con la relativa informativa precontrattuale del 30/8/2006, l’estratto della delibera di rinnovo del contratto adottata dai competenti organi interni in data 11/10/2011, e la copia del contratto di proroga del 26/10/2011. Nelle proprie controdeduzioni, l’intermediario resistente. In confermava di aver stipulato in data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda 6.9.2006 un contratto di concordato preventivo apertura di credito in conto corrente in biancocon rimborso mediante unico rientro alla scadenza finale prevista per il … 6/9/2011”, ee di avere a suo tempo consegnato al cliente la dovuta informativa precontrattuale; eccepiva che, alla scadenza del contratto, il successivo 20 dicembre 2012 cliente, impossibilitato ad estinguere il finanziamento, aveva solo verbalmente chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto correntela proroga della scadenza, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso così violando l’art. 2, comma 2, del contratto per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando quale la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto xxxxxxx doveva essere presentata tramite raccomandata a.r. pervenuta almeno 90 giorni prima della società. Ciò premessoscadenza; sottolineava che la proroga sarebbe stata richiesta, la sempre in via informale, anche dal garante del ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito15.9.2011, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunquesolo in ragione dei buoni rapporti intrattenuti con la banca dal cliente e dal suo garante e per soddisfare le esigenze del primo, la pratica era stata trasmessa ai competenti organi decidenti, senza tuttavia l’assunzione di alcun impegno né riguardo alla concessione della proroga né riguardo alle condizioni economiche della stessa; riconosceva di aver contattato il proprio credito sarebbe sorto cliente solo il giorno precedente la stipula dell’atto, per comunicargli le notizie relative all’atto stesso; sottolineava che l’art. 5 del contratto di xxxxxxx recitava che la medesima non dava luogo alla concessione di un nuovo finanziamento e che pertanto l’informativa precontrattuale non era dovuta e che in epoca anteriore all’ammissione occasione della stipula dell’atto di proroga né il ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, né il garante sollevavano alcuna eccezione; chiedeva pertanto al Collegio il rigetto della domandadel ricorso in quanto infondato.

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FATTO. La controversia sottoposta Con separati ricorsi al Pretore di Palermo in funzione di giudice del lavoro Xx Xxxx Xxxxxxxx ed altri litisconsorti, premesso di aver lavorato tra il 1972 e il 1976 alle dipendenze della Società "Satris Tributaria Siciliana" sulla base di vari contratti a tempo determinato nei quali l'assunzione veniva giustificata, in relazione alla cognizione del Collegio concerne contrattazione collettiva per il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura personale dipendente della esattoria, da esigenze di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto lavori di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”carattere eccezionale, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto deducevano che il dies sistema di ripetute assunzioni mirava ad eludere le disposizioni di cui alla legge 18 aprile 1962 n. 230 e che l'attività di notificazione degli atti, cui erano stati adibiti, non poteva essere considerata straordinaria ed eccezionale, ai sensi dell'art. 1, lett. C) della legge citata; chiedevano quindi al Pretore adito che, dichiarata la legittimità dell'apposizione del termine a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità contratti, i rapporti venissero considerati a tempo indeterminato sin dalla prima assunzione, con condanna della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda Società datrice di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, lavoro alla ricostruzione delle loro carriere e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e al pagamento di tutte le somme differenze salariali previste dalla contrattazione collettiva, nonché al pagamento della svalutazione monetaria. Costituitosi il contraddittorio tra le parti, con sentenza del 9 aprile 1979 il Pretore adito dichiarava che tra la Società convenuta e ciascuno degli attori era intercorso un unico rapporto a qualunque titolo pervenute successivamente tempo indeterminato, e condannava la stessa convenuta al 19 dicembre 2012pagamento delle differenze di competenze, rispetto alle spettanze per contratto collettivo, con riferimento limitato però ai periodi in cui vi era stata effettiva prestazione di lavoro, e della differenza per indennità di anzianità. Nelle controdeduzioniA seguito di gravame della SATRIS e di appello incidentale degli attori in primo grado il Tribunale di Palermo con sentenza del 18 aprile 1979 in riforma della sentenza impugnata rigettava le domande proposte contro la predetta Società. I giudici dell'appello, presentate il 27 agosto 2014ritenuta l'applicabilità del termine di decadenza di cui all'art. 6 della L. n. 604/1966 alle impugnative delle cessazioni di rapporto di lavoro a termine per scadenza di questo, l’intermediario ha precisato rilevavano che il rapporto contrattuale con la società ricorrente i vari rapporti posti in essere tra le parti si articolava convertivano non in un conto corrente unico rapporto, ma in altrettanti contratti a tempo indeterminato. A seguito di corrispondenza e ricorso degli attori in primo grado questa Corte con pronuncia del 25 novembre 1982 annullava la sentenza del Tribunale di Palermo rinviando per un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca nuovo giudizio al Tribunale di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaTermini Imerese.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – Il ricorrente lamenta che la società istante ha esposto di essere titolare clonazione di un rapporto assegno circolare per l’importo di euro 10.195,95, la cui scansione era stata inviata ad un sedicente acquirente di merce via e- mail, non è stata rilevata né dall’Intermediario A emittente né dall’Intermediario B negoziatore. Rappresenta in particolare di aver ottenuto l’emissione dell’assegno circolare da una filiale dell’Intermediario A, presso la quale era titolare conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistentee che tale assegno non veniva consegnato personalmente al beneficiario ma scansionato e inviato a quest’ultimo via e-mail. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, eAlcuni giorni dopo l'emissione dell'assegno circolare, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario ricorrente si recava presso lo sportello della Intermediario al fine di verificare la regolarità dello stesso, in quanto il beneficiario comunicava mediante e-mail che tutte le somme comunque pervenute l'assegno era stato già negoziato. Il ricorrente, dopo aver ottenuto in un primo momento il riaccredito dell'assegno sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, si vedeva stornato il concordato relativo importo in quanto l'assegno era stato omologato dal tribunale con decreto depositato clonato e incassato da un terzo soggetto dopo essere stato negoziato presso una filiale della Intermediario B. Il ricorrente presentava immediatamente denuncia all’Autorità, ritenendosi vittima di una truffa. Il ricorrente rappresenta inoltre che l'assegno negoziato (quello cioè clonato) presentava vizi rilevabili ictu oculi quali: la validità del modulo originale dell'assegno originale fino a euro 100.000 mentre il 2 gennaio 2014modulo utilizzato il titolo clonato aveva validità fino ad euro 10.000,00; l'apposizione di una firma completamente diversa; l'indicazione di diverso beneficiario, nonostante l’assegno fosse emesso come “non trasferibile”. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la Il ricorrente ha dedotto quindi rileva che il dies comportamento degli Intermediari A e B configuri una palese violazione dei comuni canoni di prudenza e diligenza (ex art. 1176, 2° comma c.c.) e pertanto una precisa responsabilità per i danni dallo stesso subiti. In esito ai reclami inviati, l’Intermediario A comunicava al ricorrente la volontà di sottoporre ai suoi Organi deliberanti una soluzione transattiva che contemplasse il pagamento a quosaldo e stralcio del 50% dell'importo facciale del titolo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario mentre nessuna proposta transattiva veniva comunicata da parte dell’Intermediario B. Il ricorrente non accettava tale proposta e quindi si rivolge all’Xxxxxxx chiedendogli di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata disporre la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria restituzione della somma di € 28.154,46 euro 10.195,95 pari all’importo dell’assegno clonato. L’Intermediario A emittente conferma sostanzialmente le circostanze rappresentate dal ricorrente, assumendo però che l’Intermediario negoziatore sia l’unico in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno. Comunque, l’Intermediario A conferma di aver manifestato, in riscontro al reclamo, la disponibilità a transigere, ipotizzando un rimborso del 50% e invitando il ricorrente rivolgersi per la differenza all’Intermediario B negoziatore. Inoltre, l’Intermediario A rileva comunque una grave violazione dell’obbligo di custodia del titolo da parte del ricorrente, assumendo che il comportamento imprudente di questo abbia contribuito causalmente alla produzione dell'evento di danno, configurandosi nel caso di specie, certamente come gravemente colposo e imprudente il comportamento dello stesso ricorrente, che trasmetteva l’assegno via e-mail a una controparte conosciuta tramite internet. L’Intermediario A sottolinea la circostanza che il fenomeno delle truffe su internet effettuate tramite assegno clonato/contraffatto è quotidianamente riportato nelle cronache giudiziarie e nella maggior parte dei casi si tratta proprio di fornitura di merce. Invoca quindi il buon senso che dovrebbe indurre a ritenere che colui che si appresta a concludere un affare in rete con degli sconosciuti debba tutelarsi preventivamente al fine di evitare di essere la vittima di una delle innumerevoli truffe largamente diffuse. In queste circostanze, l’aver posto in essere un atteggiamento poco prudente denota scarsa attenzione nella tutela dei propri interessi, oltre ad un grado di negligenza tale da integrare un comportamento dai connotati tipici della colpa grave. Attuando una condotta attenta, diligente e non caratterizzata da superficialità, il ricorrente avrebbe potuto evitare il realizzarsi della fattispecie oggetto di ricorso. L’Intermediario A emittente chiede quindi che l’Arbitro definisca la ripartizione del danno in esame fra tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente parti, anche ai sensi dell'art. 1227 c.c., in misura proporzionale alle effettive responsabilità di ciascuna parte e cioè anche del ricorrente e dell’intermediario B e comunque in misura non superiore al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato 50% per l’Intermediario A. L’Intermediario B negoziatore assume che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in titolo presentatogli era regolare e privo di alterazioni o irregolarità rilevabili ictu oculi, essendo stato evidentemente riprodotto, a seguito dell'invio della copia, un conto corrente esemplare del tutto rispondente alle caratteristiche di corrispondenza un titolo di pagamento regolare e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepitogenuino e che, quindi, il controllo operato al momento della negoziazione è andato a buon fine. L’Intermediario B assume altresì che l’indicazione del diverso beneficiario costruisce circostanza di fatto nota e verificabile solo dall’emittente, facendo presente, inoltre, che il diritto della banca titolo è stato presentato mediante procedura di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia check- truncation. Infine, rileva come nella presente controversia assuma rilievo decisivo il contegno concretamente osservato dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto quale, nella descrizione dei fatti, si limita ad indicare di aver trasmesso l'immagine del titolo per il perfezionamento di una vendita, non essendovi alcun riferimento a precedenti trattative o contatti telefonici. Quindi, secondo l’Intermediario B la condotta del ricorrente avrebbe esplicato una rilevante incidenza causale nella verificazione del danno, da valorizzarsi ai sensi del disposto dell’art. 1227 c.c.; tale condotta sembrerebbe anzi potersi qualificare come di per sé idonea e sufficiente per il verificarsi dell’illecito. Chiede quindi che l’Arbitro respinga il ricorso siccome infondato e “in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura considerazione del fatto che risulta in esame da parte dell'Istituto bancario interessato la possibilità di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaaccogliere parzialmente l'istanza di rimborso del cliente”.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso datato 19 gennaio 2012 il ricorrente si rivolgeva all’Arbitro Bancario Finanziario riproponendo una questione già portata all’esame di questo Collegio e conclusasi con una dichiarazione di improcedibilità come da Decisione n. 2309/2011 del 26.10.2011. Nello specifico, nella nota allegata al presente ricorso il ricorrente, ricordando che nella precedente decisione «il caso presentato aveva sollevato problematiche che esulavano dalla competenza ABF essendo inerenti ad un rapporto assicurativo e non già ad un rapporto bancario», precisava che «il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto presente ricorso riguarda esclusivamente il rapporto bancario trattandosi di essere titolare una interruzione di un servizio che la [banca] si era impegnata a fornire con la sottoscrizione del contratto. Vengono esclusivamente contestate le “modalità” e la “forma” della comunicazione di interruzione del servizio, elementi tutti compresi nel “rapporto bancario”». Ciò chiarito, e al fine di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistenteverificare l’eventuale superamento della questione di improcedibilità che ha impedito a questo Collegio di pronunciarsi nel merito sul precedente ricorso occorre, seppur brevemente, richiamare i fatti oggetto della controversia. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda 27.10.2009 il ricorrente, insieme ad altro soggetto, stipulava con la banca convenuta l’attivazione sul conto corrente in essere presso la banca stessa – e cointestato con un terzo soggetto – di concordato preventivo un insieme di servizi bancari e non bancari denominato in biancoConto per Te … Family”, ea fronte del pagamento di un canone mensile. Tra i servizi non bancari offerti era compresa la copertura assicurativa “Indennità da ricovero per intervento chirurgico”, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul in forza di polizza sottoscritta dalla banca resistente a favore dei titolari della descritta tipologia di conto corrente, venissero stornate presso le cui condizioni erano disciplinate con regolamento consegnato in copia al ricorrente. In data 25.01.2010 al ricorrente veniva diagnosticata una “gonatrosi” al ginocchio destro, per la quale occorreva un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle moreintervento chirurgico, effettuato a fine aprile 2010. Il mese successivo il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando ricorrente presentava alla compagnia assicuratrice la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per indennizzo, quantificato, sulla base del regolamento di cui sopra, in Euro 2.582,28. L’assicurazione, però, riscontrava negativamente tale richiesta con lettera del 28.05.2010, segnalando che la polizza stipulata con la resistente non era più in vigore dal 1° marzo 2010. In data 21.07.2010 il ricorrente chiedeva, pertanto, alla banca il pagamento dell’indennità suddetta, rilevando di non aver ricevuto alcuna comunicazione in merito alla decadenza della copertura assicurativa in oggetto e precisando di aver appreso dalla compagnia assicuratrice che la disdetta alla polizza proveniva dalla medesima convenuta. Detta richiesta veniva ripresentata, negli stessi termini, il 5.10.2010, in quanto la precedente era stata smarrita dalla resistente. Veniva però respinta con missiva del 9.11.2010, in cui la banca evidenziava di aver comunicato in data 31.12.2009, in sede di trasmissione dell’estratto conto della società. Ciò premessodi fine periodo (che veniva comunque allegato), la disdetta dal contratto assicurativo con effetto dal 01.03.2010. Con nota del 17.11.2010 il ricorrente ha dedotto inoltrava alla resistente un nuovo reclamo e chiedeva il risarcimento dei danni in misura corrispondente all’indennizzo non percepito, eccependo: - la mancata tempestiva ricezione dell’estratto conto dell’ultimo trimestre 2009, che il dies recava l’informativa sulla disdetta; - la nullità della stessa disdetta, sia per la modalità di comunicazione, asseritamente non conforme alle previsioni contrattuali (che, a quosuo avviso, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario imponevano la raccomandata, per via del richiamo alla specifica normativa di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordatariasettore), andava determinato nella sia per la data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata operata, a suo dire precedente la domanda durata contrattuale fissata in 365 giorni, da computarsi con riferimento al giorno di concordato preventivoattivazione del “Conto per Te … Family” da parte del ricorrente medesimo. A seguito della sopra citata decisione n. 2309/2011, e in aggiunta a quanto appena esposto, il ricorrente si rivolgeva nuovamente all’intermediario e, con nota del 17 gennaio 2011, rilevava che la copertura assicurativa faceva parte di un pacchetto di servizi abbinato al conto corrente, per il quale era previsto un canone mensile di € 11,00. Pertanto, dopo aver richiamato l’art. 8 delle condizioni contrattuali, il ricorrente reiterava la richiesta di risarcimento di € 2.582,28 corrispondente all’indennizzo previsto dalla polizza assicurativa. Con nota del 21.12.2011 la banca resistente forniva riscontro negativo facendo rinvio alla pregressa corrispondenza con la controparte e alla decisione assunta dall’ ABF. Non soddisfatto della risposta ricevuta, con il presente ricorso il ricorrente – precisato quanto sopra esposto – si rivolgeva nuovamente all’Arbitro Bancario Finanziario al fine di ottenere l’accertamento della nullità della comunicazione «posta in calce al resoconto del quarto trimestre 2009, con cui (la banca) ha inteso informare i titolari di conto corrente ‘Conto per Te… ‘Family’ che … sarebbero decadute le coperture assicurative». La banca resistente presentava le proprie controdeduzioni con nota del 6.3.2012. Dopo aver riepilogato la richiesta del ricorrente, la resistente osservava, tra l’altro, che: ▪ rispetto al precedente ricorso, l’interessato aveva modificato le proprie richieste «facendo credere che i servizi assicurativi offerti col Conto per te siano onerosi»; in particolarerealtà dal documento di sintesi si evince che i servizi bancari e non bancari compresi nel conto, poiquali prestazioni accessorie offerte gratuitamente o a condizioni di favore, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis «possono essere modificati a discrezione della banca, e affermandosia per quanto riguarda la loro tipologia, altresìle società fornitrici dei servizi stessi (non bancari, assicurativi, ecc.) che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e le relative condizioni» ; ▪ il cliente è venuto a conoscenza dell’elenco dei servizi bancari ed extrabancari non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale da previsioni contrattuali «ma solo con la società ricorrente si articolava consegna del materiale informativo»; ▪ il regolamento relativo alla copertura assicurativa avverte espressamente che la sua «operatività era subordinata alla validità della Polizza (tale accertamento era pertanto un onere del cliente) e tale avvertenza di fatto escludeva ogni possibile aspettativa di validità della polizza sino a revoca»; ▪ la comunicazione della disdetta era avvenuta «in un sede di trasmissione dell’estratto conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipifine periodo del 31.12.2009», entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto come previsto dal citato regolamento; ▪ non sussisteva alcun obbligo contrattuale a carico della banca di trattenere le somme «mantenere l’efficacia di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto specifici rapporti assicurativi in corrispondenza alla durata del rapporto di conto corrente»; ▪ non sussiste «nessuna specifica normativa di settore che preveda la comunicazione a mezzo raccomandata relativa all’informativa della disdetta di una polizza collettiva ai beneficiari». Sulla scorta di tali considerazioni, ritualmente sottoscritti dalla la banca resistente chiedeva dunque all’ABF di «respingere la richiesta avanzata dal … [ricorrente; e che, comunque, ] con il proprio credito sarebbe sorto ricorso in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivooggetto». L’intermediario Considerato il procedimento maturo per la decisione questo Collegio lo ha chiesto, pertanto, il rigetto della domandaesaminato nella riunione del 24 luglio 2012.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato del 10 febbraio 2016, la s.r.l. istante ha adito questo Arbitro, lamentando il 10 giugno 2014 - preceduto mancato adempimento, da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario parte dell’intermediario, ad una fideiussione stipulata a garanzia delle obbligazioni nascenti da un contratto di locazione immobiliare, perfezionato dalla ricorrente in qualità di parte locatrice in data 21 aprile 2011. Il rapporto locatizio – prosegue la ricorrente – procedeva regolarmente, fino a quando la conduttrice si rendeva morosa nel pagamento di alcuni canoni; di talché, la ricorrente notificava atto di intimazione di sfratto per morosità e procedeva, quindi, all’escussione della garanzia. Non avendo la conduttrice sanato la morosità, lo sfratto veniva eseguito e l’immobile rilasciato nel settembre 2014. Nel frattempo – insiste l’istante – l’intermediario pagava parte della morosità accumulata, riconoscendo però alla ricorrente solo gli importi maturati fino alla data di recesso dalla fideiussione, che era stato formalizzato dalla banca in data 20 aprile 2014. Tuttavia – afferma sempre la ricorrente – la società istante garanzia prestata in relazione alle obbligazioni nascenti da un contratto di locazione non potrebbe avere durata inferiore a quella dell’obbligazione principale cui è legata, in guisa tale che il recesso comunicato dalla resistente sarebbe da considerarsi illegittimo. Sulla scorta di tali premesse, pertanto, la ricorrente conclude per la condanna dell’intermediario resistente al pagamento dell’importo di € 8.739,00, pari alla residua morosità accumulata dalla conduttrice fino al rilascio dell’immobile. Nelle proprie controdeduzioni, la parte resistente ha esposto rilevato che la fideiussione rilasciata dalla banca in data 21 aprile 2011 prevedeva una durata annuale, tacitamente prorogabile di essere titolare anno in anno in mancanza di un rapporto revoca da parte della banca, da esercitarsi almeno trenta giorni prima della scadenza originaria o prorogata. In caso di conto corrente intrattenuto presso revoca – sottolinea l’intermediario resistente– eventuali richieste di pagamento da parte del beneficiario sarebbero dovute pervenire, a pena di decadenza, entro i trenta giorni successivi dalla scadenza non rinnovata. Ciò premesso in punto di diritto, prosegue la banca allegando e documentando in fatto di avere esercitato il recesso dalla fideiussione in data 20 febbraio 2014, rispettando così i termini contrattuali (posto che la garanzia si sarebbe rinnovata il 20 aprile 2014), ed a seguito della notifica del 12 maggio 2014, da parte della ricorrente, di un’intimazione di pagamento per l’importo di € 2.920,00, essa diligentemente lo onorava. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”15 gennaio 2015, etuttavia, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità e dunque – secondo la prospettazione della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premessoresistente – ben oltre i termini contrattualmente previsti, la ricorrente ha dedotto che notificava una nuova intimazione di pagamento per € 8.739,00. Non ritenendo in nessun modo giustificata tale ultima richiesta (sia in quanto tardiva, sia in quanto relativa a morosità maturate successivamente al 20 aprile 2014), la banca rifiutava il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti pagamento. Così esposti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della bancafatti, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, ritenuto del tutto legittimo il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario operato, la parte resistente ha chiesto, pertanto, pertanto concluso per il rigetto della domandadel ricorso.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura Parte ricorrente, previa proposizione di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 reclamo, chiede che l’ABF condanni l’intermediario al rimborso di oneri e commissioni non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto maturate a seguito di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione estinzione anticipata ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto125-sexies TUB, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della per la somma complessiva di € 28.154,46 2.263,00 oltre interessi legali, e precisamente: € 1.110,42 con riferimento al contratto n. ***855, stipulato in data 13.12.2010 (con decorrenza dal giorno 31.12.2010) ed estinto anticipatamente in data 14.10.2015, dopo il pagamento di 58 rate di rimborso; € 1.152,58 con riferimento al contratto n. ***594, stipulato in data 02.10.2015 (con decorrenza dal giorno 30.11.2015) ed estinto anticipatamente in data 31.10.2019, dopo il pagamento di 48 rate di rimborso. Parte resistente: In ordine al ctr. n. ***855, chiede che venga dichiarata la cessata materia del contendere a fronte del versamento, mediante assegno circolare (cfr. all. 3), in favore del ricorrente dell’importo di € 898,02 a titolo di rimborsi delle “commissioni rete distributiva” e dei premi assicurativi, al netto di quanto già riconosciuto in sede di conteggio e sulla base del c.d. “criterio lineare” nei termini di cui al Collegio di Coordinamento 6167/2014, comprensivo di € 20,10 a titolo di rimborso delle spese di presentazione del ricorso e degli interessi legali. In ordine al ctr. n. ***594: in via pregiudiziale, eccepisce il difetto di legittimazione passiva. Al riguardo, afferma che questo Organismo ha più volte rilevato ex officio, applicando principi affermati dalle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 2951 del 16.02.2016, la carenza di legittimazione passiva dell’Intermediario convenuto quando questo ultimo ha ceduto il credito in favore della Cessionaria che ha successivamente perfezionato l’estinzione anticipata su richiesta della ricorrente. L’ABF, in questi casi, si è espresso nel senso di escludere la legittimazione del cedente laddove la cessione del credito fosse avvenuta – come nella specie – prima dell’estinzione del finanziamento (ex multis Collegio di Bologna decisione 2766 del 18.2.20; Collegio di Roma 3262 del 28.2.20); eccepisce in via preliminare che la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa il 11.9.2019 (cd. “Lexitor”) non ha efficacia nei rapporti tra i privati: le sentenze della Corte di Giustizia UE, infatti, vincolano solo gli Stati membri e non possono imporre diritti e obblighi ai privati; inoltre l’esecuzione acritica della sentenza Lexitor condurrebbe alla violazione di principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioniquello italiano quali la certezza del diritto, presentate il 27 agosto 2014la tutela del legittimo affidamento e la ragionevolezza; nel merito, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente ordine alle spese di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunqueistruttoria, il proprio credito sarebbe sorto contratto prevede espressamente tali voci di costo come non ripetibili e, conseguentemente, non rimborsali in epoca anteriore all’ammissione ipotesi di estinzione anticipata; in ordine alle spese di commissione rete distributiva, queste si riferiscono sia ad attività up front sia recurring. Le modalità di rimborso di tale voce commissionale sono contrattualmente pattuite secondo una misura percentuale e l’importo retrocesso all’atto dell’estinzione a titolo di oneri non maturati corrisponde a quello risultante nel “Piano Annuale” per la mensilità successiva a quella di estinzione (sulla correttezza di tale criterio pattizio, cfr. Collegio di Coordinamento n.26525/2019); in ordine agli oneri assicurativi, nessun importo è stato addebitato al Cliente a tale titolo. Parte resistente chiede dichiararsi la cessazione della ricorrente alla procedura di concordato preventivo. L’intermediario ha chiesto, pertanto, materia del contendere con riferimento al contratto ***855; il rigetto della domandadel ricorso con riferimento al contratto ***594.

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