Definizione di Proprio

Proprio la mancanza di trattative e di contatti diretti tra le parti comporta un elevato affidamento del consumatore nella comunicazione pubblicitaria, meritevole di tutela. L’emittente ha allora un obbligo particolarmente cogente, fondato sul principio di buona fede, di non predisporre clausole difformi dal messaggio pubblicitario. Quando così non è, la scorrettezza non sta allora tanto nell’aver predisposto un messaggio ingannevole, quanto nell’aver predisposto un contratto con clausole difformi dal contenuto del messaggio. Il richiamo, evidentemente, è al principio di tutela dell’affidamento incolpevole e dell’apparenza del diritto, su cui v. in ultimo Cass. 19 gennaio 2004, n 703. L’esigenza di base è quella di tutelare – in primo luogo con lo strumento risarcitorio- la incolpevole aspettativa di chi si trova di fronte ad una situazione ragionevolmente attendibile, anche se non conforme alla realtà, non altrimenti accertabile se non attraverso le sue esteriori manifestazioni. Nel caso dei contratti standard lo lo ius variandi è possibile esclusivamente se la modificazione sia dipesa da eventi imprevedibili, intervenuti tra l’emissione del messaggio e la predisposizione della clausola; in mancanza di sopravvenienze, deve presumersi che l’emittente intendeva predisporre clausole difformi da quelle che il destinatario poteva legittimamente attendersi in forza del messaggio . Ne segue che anche la comunicazione della difformità non esclude comunque la invalidazione della clausola difforme, ferma comunque la tutela risarcitoria. Quale è però lo strumento tecnico per conseguire la invalidazione delle clausole difformi? Dottrina e – molto più timidamente – giurisprudenza hanno tentato di valorizzare le ipotesi di difformità tra contenuto negoziale e precedente rappresentazione pubblicitaria, quale fonte dell’annullabilità del contratto. D’altronde se è vero che la pubblicità costituisce ormai un fenomeno macroeconomico, idoneo a influenzare i consumi di massa, è del pari vero che è anche una realtà microeconomica, legata alla disciplina dei vizi del consenso. Il messaggio pubblicitario ingannevole può infatti limitare o escludere la libertà negoziale del consumatore, se in assenza del messaggio ingannevole, il consumatore non avrebbe concluso il contratto, con ad oggetto il bene mendacemente propagandato. D’altro canto è innegabile che nella società contemporanea la comunicazione pubblicitaria è una delle forme di manifestazione delle informazioni economiche, sicchè ...
Proprio la rilevanza degli interessi in gioco giustifica il mantenimento, in caso di giudizio negativo del giudice sulla legittimità del recesso, del più forte regime sanzionatorio della reintegrazione del lavoratore. La stessa cosa vale, nell’art. 18, per il licenziamento per superamento del comporto di malattia adottato dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 2110 cod. civ. Ove il giudice ne ritenga l’illegittimità – di solito per un calcolo non corretto dei periodi di malattia rilevanti ai fini della maturazione del comporto, oppure perché nel comporto non devono computarsi le malattie imputabili a colpa della stessa impresa – il lavoratore avrà diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. Così dunque nell’art. 18 stat. lav, destinato a continuare ad operare per i lavoratori già in servizio. Per i lavoratori assoggettati alla disciplina del nuovo decreto, l’art. 2, comma quarto, ribadisce ed anzi rafforza il regime ora sintetizzato, ma con una formula che solleva un interrogativo. La norma fa infatti riferimento al caso in cui il giudice accerti il difetto di giustificazione del licenziamento “per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, anche ai sensi degli articoli 4, comma 4, e 10, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68”. Tale ipotesi viene ora ricondotta al regime sanzionatorio più severo previsto dallo stesso art. 2 per il licenziamento discriminatorio o comunque nullo (reintegrazione nel posto di lavoro e pieno risarcimento del danno). Il riferimento alla disabilità fisica o psichica sembra dover qui intendersi non in senso tecnico (cioè le condizioni di disabilità indicate dall’art. 1 della legge 68/1999, accertate da apposite commis- sioni amministrative) ma come sinonimo di inidoneità, ovvero relativo a tutte le volte in cui il licenziamento è stato motivato per una (presunta) sopravvenuta “non abilità” per lo svolgimento del lavoro. A differenza di quanto fa l’art. 18, però, non compare più un riferimento espresso ai casi di licen- ziamento per superamento del comporto di malattia. Non mancheranno tesi dirette a sostenere che, per i nuovi assunti, il superamento del comporto sia un caso di giustificato motivo oggettivo da sanzionare, ove emerga un difetto del recesso, con la debole disciplina indennitaria sopra esaminata. Ma si tratterebbe di una tesi molto discutibile, anche in considerazione del fatto che la disciplina della conservazione del posto di lavoro durante la malattia è direttamente connessa alla tutela ...
Proprio le complesse, articolate e contrapposte deduzioni delle parti, tanto in fatto quanto anche in diritto, rendono infatti non immediatamente percepibile la ricorrenza del lamentato inadempimento. Ciò detto, v’è solo da chiarire, dunque, quale sia il soggetto sul quale incombe l’onere probatorio circa la sussistenza, ovvero l’insussistenza, dell’inadempimento (per di più connotato dal carattere della gravità). Com’è noto, infatti, in tema di inadempimento contrattuale le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che per quanto attiene all'onere probatorio, la parte che agisce in giudizio deve provare il titolo costitutivo del rapporto mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento, gravando sulla controparte l'onere della prova contraria (Cassazione SS. UU., 30 ottobre 2001, n. 13533). Se tale riparto può operare nei giudizi in cui la parte adempiente evoca in giudizio la controparte contrattuale, ossia il soggetto ritenuto inadempiente, v’è tuttavia da considerare che nel caso di specie convenuto è il solo ente finanziatore, potendo l’oggetto del procedimento consistere esclusivamente in una controversia in materia bancaria e finanziaria, cosicché il fornitore non partecipa e non può partecipare al giudizio. Ne consegue che l’onere probatorio deve trovare diversa regolamentazione. E tale regolamentazione – se si vuole ancora una volta evocando il principio di vicinanza della prova – non può che essere quella di ritenere che onerato di detta prova sia chi è parte del contratto, ossia il consumatore che ha ricevuto la fornitura, piuttosto che il terzo finanziatore, estraneo al rapporto di fornitura. Mancando la prova inequivoca dell’inadempimento del fornitore il ricorso non può trovare accoglimento.

Examples of Proprio in a sentence

  • Proprio in tale prospettiva “europea” è stato affermato che «la nozione di impresa rilevante agli effetti dell’art.

  • Proprio l9insussistenza di elemento oggettivo e soggettivo (nelle autorità statali intervenute) sembra suggerire che la ratio della declaratoria di violazione dell9art.

  • Proprio come i rami dell’albero, continuiamo tutti a lavorare insieme ogni giorno forti delle nostre radici e con la chioma volta al futuro, per restituire qualità e benessere.

  • Proprio in virtù dell’importanza dell’analisi della composizione della domanda dei vari mezzi ai fini della segmentazione dei mercati (v.

  • Proprio tali appunti contenuti nella opinione dissenziente hanno poi portato a un opportuno ridirezionamento del Bundesverfassungsgericht, con la sentenza 28 maggio 19937.


More Definitions of Proprio

Proprio il fenomeno legato alla forte presenza sul territorio di risorse umane extracomunitarie pone l’urgenza, da un lato, di promuovere per questi lavoratori adeguati processi formativi al fine di favorire il loro inserimento nel mercato del lavoro e, dall’altro di contribuire alla loro crescita professionale e sociale. Tale obiettivo potrà essere raggiunto anche attraverso processi formativi d’ingresso e di aggiornamento professionale nell’ambito di accordi a carattere sperimentale che prevedano forme premiali per le imprese che vorranno aderire. Favorire un'analisi dei fabbisogni formativi è quanto di più necessario e propedeutico per un serio programma di corsi di formazione rispondenti alle esigenze della domanda di mercato e per dare risposte alla domanda legata alla sostenibilità ed eco compatibilità. Attraverso la formazione continua è possibile, infatti, favorire la trasformazione dei processi e di prodotti in edilizia, e nell’intera filiera delle costruzioni, così da aumentare la produttività e la sicurezza dei lavoratori. A tal proposito, le Parti rinnovano l’impegno ad aumentare la collaborazione con Xxxxxxxxxxx ed a promuoverne l’adesione da parte delle imprese. Attraverso il CFS, le Parti vogliono rafforzare l’impegno alla tutela della sicurezza dei lavoratori, mettendo a punto numerose iniziative volte a responsabilizzare sul tema sia i datori di lavoro che i lavoratori stessi. Attraverso il CFS, infatti, si punterà sempre di più alle attività di consulenza e assistenza alle imprese e ai lavoratori all’interno dei cantieri edili sulla sicurezza e sulla prevenzione in maniera capillare cercando, attraverso le visite in cantiere dei tecnici di individuare situazioni di possibile rischio, fornire suggerimenti per intervenire in modo adeguato e tempestivo ed aumentare il senso di responsabilità e partecipazione di tutti i soggetti che operano in cantiere.
Proprio l’area della domiciliarità si presta quindi ad essere un ambito in cui implementare, e nel caso sperimentare, modelli organizzativi maggiormente imperniati sulla flessibilità e tempestività della risposta, ampliando la serie di supporti forniti all’utenza e allargando il servizio, ad esempio, al nucleo familiare (ove presente) e ai suoi diversi bisogni. L'area del supporto alla domiciliarità è oggi stabilmente finanziata con le risorse dal Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze. La strutturalità delle risorse permette di continuare il percorso volto a garantire l'attuazione dei “livelli essenziali” delle prestazioni con riguardo alle persone non autosufficienti con disabilità gravissima. Nello specifico il Piano regionale per la non autosufficienza triennio 2019-2021 ha l'obiettivo precipuo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da assicurare su tutto il territorio alle persone con disabilità gravissima. Il Piano regionale e il relativo Programma Operativo Regionale, già dalla annualità 2019 – esercizio 2020, intendono realizzare una programmazione delle Misure su base pluriennale, tenendo fermi gli elevati standard di gestione della Misura, con assenza/contenimento di liste di attesa, nessuna esclusione di categorie rispetto agli interventi proposti e forte integrazione nella costruzione di percorsi individuali, con l’obiettivo di raggiungere la massima appropriatezza degli interventi, coerentemente con le azioni avviate per la costituzione del Fondo Unico per le disabilità. Annualmente, al recepimento delle risorse da parte del Ministero, Regione Lombardia dispone con proprio atto il riparto tra le due misure: alla Misura rivolta alle persone in condizione di disabilità gravissima (MISURA B1) è destinato circa il 70% del fondo, alla Misura a favore delle persone con disabilità grave o comunque in condizione di non autosufficienza (MISURA B2) il restante 30%.
Proprio la valutazione delle prestazioni assume un ruolo fondamentale nello sviluppo delle risorse. La valutazione non va intesa solo come un sistema di misurazione a posteriori dei risultati raggiunti, ma anche come un sistema che consenta di intercettare le capacità, manifeste e potenziali, dei singoli, i loro punti di forza e di debolezza, in un’ottica di sviluppo professionale e organizzativo. L’Agenzia ha introdotto fin dalla sua nascita sistemi di valutazione della performance, dedicati ai dirigenti e ai titolari di posizioni organizzative e di responsabilità e utilizzate anche nei tirocini finalizzati all’assunzione. L’utilizzo di modelli di competenze, disegnati in coerenza con la missione, i valori e i principi organizzativi dell’Agenzia, ha consentito la diffusione di una cultura della valutazione che sarà ulteriormente incrementata con iniziative che diffondano il valore dello strumento e i vantaggi gestionali che possono derivarne.
Proprio la maggiore sensibilità rispetto alla tutela della persona e dei suoi diritti fondamentali, stimolata dalla rilettura del sistema della responsabilità civile, alla luce dei dettami costituzionali, ha spinto la giurisprudenza ad abbandonare gradualmente soluzioni giudicate eccessivamente indulgenti verso la categoria medica8, per offrire più ampia protezione al paziente. Ciò ha comportato una estensione dei confini della responsabilità del medico che, come vedremo nei successivi paragrafi, sul piano della natura giuridica, si è tradotto in una qualificazione contrattuale, a prescindere dalla stipulazione di un contratto tra medico e paziente. Tuttavia, questa soluzione rappresenta il punto di approdo di una lunga evoluzione, segnata da oscillazioni tra il modello aquiliano e quello contrattuale, analizzando il quale pare potersi rilevare che le conclusioni giurisprudenziali per una forma di responsabilità, piuttosto che per l’altra, al di là delle argomentazioni teoriche richiamate, siano il portato della preventiva selezione della disciplina ritenuta più equa. Se di regola la disciplina applicabile discende dall’inquadramento giuridico della fattispecie, in questo ambito, natura giuridica e disciplina finiscono per giustificarsi a 7 Si veda ROSSI S., Consenso Informato (Il), in Digesto delle Discipline Privatistiche, sezione civile, Agg. V, Torino, 2010, p. 177 ss.
Proprio l’indisponibilità delle situazioni giuridiche soggettive inerenti al diritto di famiglia consente, in definitiva, di osservare che un eventuale e legittimo rifiuto del coniuge di sottoporsi a tecniche di fecondazione medicalmente assistita ovvero di veder l’altro assoggettarsi a tale trattamento non possa trovare quale proprio limite il consenso originariamente espresso né la volontà dell’altro coniuge. Il rischio evidente sarebbe, infatti, quello di indurre a scelte coartanti la volontà del soggetto, ledendo il diritto alla libera esplicazione del proprio essere. In altre parole, in nome di quel precedente accordo stipulato in vista del futuro matrimonio, non può e non deve accettarsi un annichilimento delle proprie scelte alla volontà non condivisa dell’altro. BIBLIOGRAFÍA XX XXXXXXX, E.: “I prenuptial agreements negli Stati Uniti e nella prospettiva di diritto italiano”, Fam. e dir., 2005, 5, pp. 542 ss. XXXXXXXX, G.: “Il tribunale per le relazioni familiari: una storia infinita”, Fam. e dir., 2010, 1, pp. 90 ss. XXXXXXXXX, X.: “La responsabilità genitoriale e l’interesse del minore, (tra norme e principi)”, in “Comunioni di vita e familiari tra libertà, sussidiarietà e inderogabilità”, Atti del 13° Convegno Nazionale SISIDC, 3-4-5 maggio 2018, a cura di PERLINGIERI, X., XXXXX, X., Xxx, Napoli, 2019, pp. 366 ss.
Proprio il graduale, ma sempre più deciso irrigidimento del regime di cambi fissi, caratteristico de- gli ultimi anni del Sistema Monetario Europeo, va considerato uno degli elementi che contribuì a mettere in crisi la vecchia struttura della contrattazione. A esso si accompagnava, con importanza via via crescente, il deterioramento dei conti della finanza pubblica, l’altro grande canale da cui erano affluite, negli anni precedenti, le risorse che avevano facilitato la composizione delle tensioni endemiche associate all’atteggiamento non cooperativo delle parti sociali. Da un lato il progressivo inaridimento di quel canale, dall’altro il crescente allarme sulle cifre del disavanzo e sulla dinamica tendenziale del debito pubblico (che era arrivato nella primavera del 1992 a una situazione che po- teva quasi essere definita di crisi latente), determinavano un quadro complessivo in cui tutti i nodi irrisolti del mercato del lavoro stavano arrivando rapidamente al pettine. La svolta decisiva si verificò, però, l’anno successivo, nel luglio del 1992, quando un primo, sof- ferto, accordo tra governo e parti sociali abolì l’indicizzazione e introdusse un virtuale blocco dei salari per i successivi 18 mesi. Più precisamente, in quell’accordo, in attesa di una futura riforma complessiva del sistema di contrattazione, si stabilì quanto segue: (i) di abolire l’indicizzazione; (ii) di bloccare ogni incremento salariale aziendale sino alla fine del 1993; (iii) di concedere soltanto un pagamento una tantum, non differenziato per qualifica, pari allo 0.7 per cento della retribuzione to- tale, da ricevere nel mese di gennaio del 1993. L’accordo di luglio non bastò per evitare una pesante
Proprio le caratteristiche fisiche prima indicate fanno sì che i bruciatori siano costruiti nel modo più semplice: un iniettore che fa affluire il gas in un tubo miscelatore trascinandosi dietro l'aria occorrente, per sfociare poi alla testa del bruciatore e bruciare completamente. Quindi, nessuna parte meccanica in movimento, poca usura e massima durata degli apparecchi utilizzatori. Se si considera che l'industria italiana é ormai allineata a quella europea e produce ora apparecchiature con organi di sicurezza di tutta affidabilità, capaci di annullare ogni pericolo imprevisto (spegnimento fiamma per mancanza di gas) o causati da errori umani (errori di manovra), e se aggiungiamo la normativa che finalmente anche in Italia disciplina la costruzione di impianti interni e di apparecchi utilizzatori del gas (D.M. 21 Aprile1993 che approva le norme UNI-CIG di cui alla precedente Legge n° 1083 del 6 dicembre 1971), la sicurezza dell'utente é oggi pienamente salvaguardata, per quanto stabilito dalla Legge 5 marzo 1990 n° 46, che impone l'applicazione delle norme precedentemente citate, volte alla sicurezza degli impianti. Con la revisione della Norma UNI-CIG 7133 si impone peraltro alle aziende distributrici di odorizzare convenientemente il gas con un tracciante olfattivo, onde renderlo certamente percettibile in caso di fuga, molto prima del formarsi di una miscela esplosiva. Ciò però non consente certamente di escludere in assoluto il rischio di esplosioni, del resto presente in tutti i gas combustibili. Esistono dei limiti di infiammabilità del metano, compresi entro i seguenti estremi: inferiore 4,5 % superiore 15,0 % ed il campo di infiammabilità é quindi contenuto in una percentuale di metano in aria del 10,5 %, abbastanza ristretto rispetto ad altri gas combustibili aventi valori molto più estesi. Se consideriamo che al di sotto del limite inferiore come sopra al limite superiore, non avviene accensione e neppure esplosione, significa che il gas naturale é più sicuro di qualsiasi altro gas combustibile, anche se pur resta vero che entro tali limiti di infiammabilità , la miscela (se presente) in un ambiente chiuso (camera) ed innescata, genera una combustione rapida simile ad una esplosione. Se però l'azienda distributrice attua i controlli contemplati dalle citate norme, provvedendo tra l'altro a far eseguire le prove di tenuta degli impianti interni, i pericoli di scoppi sono certamente scongiurati. Un altro rischio evitato dal gas naturale, é quello così de...