Common use of DIRITTO Clause in Contracts

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Contract of Financing

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare Circa l’eccezione sul valore tacitativo e rinunciativo della quietanza liberatoria sottoscritta dal cliente, avanzata dall’intermediario, essa appare infondata poiché dall’analisi della documentazione allegata al ricorso risulta evidente che il modulo “Accettazione e quietanza liberatoria” sottoscritto dal ricorrente differisce da quello originario predisposto dalla banca. Tale differenza testuale non è di irricevibilità poco conto poiché il pagamento della somma offerta a scopo transattivo non è accettato dal cliente “a completa tacitazione di ogni diritto” derivante dal contratto, ma a titolo di “acconto”. Nel caso in questione, la dichiarazione sottoscritta dal ricorrente, anche se rilasciata successivamente all’estinzione del finanziamento, è formulata in termini di “acconto” e pertanto non ha, neppure indirettamente, carattere rinunciativo circa ogni altra ulteriore pretesa derivante dal contratto. La richiesta dell’intermediario non può pertanto essere accolta. La domanda del ricorrente è relativa al riconoscimento del proprio diritto ad una riduzione del costo totale del finanziamento anticipatamente estinto e del conseguente rimborso (pro rata temporis) degli oneri commissionali e assicurativi nonché delle ulteriori spese sopportate con riferimento alla conclusione del contratto. La sussistenza del relativo diritto trae il proprio fondamento normativo nelle disposizioni di cui all’art.121, co. 1 lettera e) del TUB, che indica la nozione di costo totale del credito e all’art. 125-sexies T.U.B., che impone una riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per non corrispondenza fra la vita residua del contratto”. E da premettere che il riferimento all’inciso relativo alla “vita residua del contratto” ha determinato, tanto nella “giurisprudenza” ABF, quanto (e soprattutto) nella disciplina sub primaria della Banca d’Italia (cfr. Le Disposizioni sulla trasparenza e le Indicazioni della Vigilanza del 2009, 2011 e 2018, nonché le Comunicazioni Banca d’Italia del 2009 e 2011) il risultato di circoscrivere i motivi costi interessati alla restituzione in ragione della estinzione anticipata del finanziamento a quelli che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto (c.d. costi recurring). È altresì noto che il criterio di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoriducibilità generalmente adottato, in quanto assenza di diversi criteri di calcolo convenzionalmente convenuti, è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.stato individuato nel mtodo proporzionale puro, per tuttec.d. pro rata temporis. Con domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art.267 TFUE il Giudice del Tribunale di Lublino ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di fornire la esatta interpretazione dell’art.16, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”par. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo1, della direttiva Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo Europeo e del Consiglio Consiglio, del 23 aprile 2008 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga ha abrogato la direttiva 87/102/CEEdirettiva87/102 CEE del Consiglio e, in particolare, di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “Il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che prescrive comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, includa o meno tutti costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto. La risposta della Corte (resa con la decisione in data 11 settembre 2019 in causa C- 383/18) è stata che l’art.16 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito al include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Il Collegio di Coordinamento, ad eccezione investito della questione relativa agli effetti della menzionata sentenza, con decisione n. 26525/2019,ha enunciato il seguente, articolato principio di eventuali penali che diritto:“ A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art.125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore sia tenuto a pagare ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”. “Il criterio applicabile per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquistoriduzione dei costi istantanei, in contanti o a creditomancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”. “La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”. “Non è ammissibile la proposizione di merci o un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di serviziretrocessione di costi recurring”. “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. In termini analoghiparticolare, l’art. 4nel caso sottopostogli, n. 13il Collegio di Coordinamento ha ritenuto che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile debba essere analogo a quello che le parti avevano previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, della proposta di direttiva costituendo essi la principale voce del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Questo Collegio, con propria autonoma determinazione, aderisce al criterio fatto proprio dal Collegio di coordinamento in ordine alla quantificazione dei costi up front da retrocedere, rappresentando la previsione pattizia sul conteggio degli interessi corrispettivi il solo referente normativo avente sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto forza di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro legge tra le date convenuti nel contratto di creditoparti” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE1372 cod. civ.) utile (nel rispetto del principio di proporzionalità) alla “integrazione giudiziale secondo equità” (art. 1374 cod. civ.). InveroNel merito, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva il ricorrente chiede il rimborso di complessivi €2.240,59 a titolo di commissioni bancarie, commissioni di intermediazione e forfettaria costi assicurativi. Le commissioni bancarie, secondo la posizione condivisa dai Collegi ABF, sono da ritenersi recurring. Le commissioni di intermediazione, invece, considerata la natura giuridica del danno risarcibile esoggetto intervenuto e tenuto conto dell’orientamento espresso dell’Arbitro, pertantosono qualificabili come up front. Non emergono dubbi, infine, circa la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitariretrocedibilità dei costi assicurativi, in ossequio al consolidato orientamento dei Collegi territoriali. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il Nel caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casospecie, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema ritiene di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente accogliere la domanda restitutoria per le seguenti voci di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento costo per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.appresso indicati:

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Samples: Financing Agreement

DIRITTO. Il In via pregiudiziale il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione dichiarare d’ufficio la propria incompetenza, poiché la controversia verte sull’addebito asseritamente illegittimo del corrispettivo per il servizio di irricevibilità per consulenza in materia di investimenti operato dall’intermediario che - ai sensi del T.U.F. - rientra nel novero dei “servizi di investimento”. A norma delle Disposizioni ABF, possono essere sottoposte all’Arbitro solo le controversie relative a operazioni e servizi bancari e finanziari; sono, invece, escluse dalla competenza le controversie attinenti ai servizi e alle attività di investimento e alle altre fattispecie che, ai sensi dell’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, non corrispondenza fra sono assoggettate al Titolo VI del TUB (intitolato: “Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i motivi clienti”) ed alle “Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” del 29 luglio 2009. Nel caso di reclamo e i motivi di ricorsospecie, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla come già scritto, parte ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.non rappresenta alcuna doglianza correlata a servizi/operazioni/comportamenti riconducibili al Titolo VI del TUB. La domanda, per tuttecome proposta ed illustrata, dall’ABF Napolideve essere invece ricondotta al rapporto di servizio di consulenza in materia di investimenti intercorrente tra parte ricorrente e l’intermediario convenuto, su causae pentendi quindi che esorbitano dalla competenza ABF (Collegio di Milano, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”20332/2018). Venendo all’esame del merito del ricorsoOltre a questo, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato segnala che le argomentazioni Condizioni generali di contratto del servizio di consulenza inviate dall’intermediario alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro parte ricorrente (e v., cfr. par. 1.1) richiamano l’Arbitro per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo le controversie finanziarie (e delle conseguenzeACF) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, scaturenti dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti poste dal TUF in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e esercizio delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazioneattività da esso disciplinate. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatePertanto il ricorso è inammissibile.

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Samples: Mifid Ii Directive Communication

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione Si constata come le doglianze esposte dalla parte ricorrente e la problematica giuridica ad esse sottesa siano da ricondursi all’utilizzo fraudolento di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi strumenti di reclamo e i motivi pagamento a seguito di ricorsofurto. Orbene, stante la sostanziale coincidenza alla luce di tale qualificazione, ed in virtù della richiesta espressa collocazione temporale dei fatti esposti in denuncia alla P.G. nonché dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsodocumentazione prodotta da entrambe le parti, il Collegio deve anzitutto rilevare ricordare, innanzitutto, che le operazioni contestate da parte ricorrente in quanto ritenute fraudolente sono successive all’entrata in vigore del D. Lgs. 11/2010 (1° marzo 2010) che, come correttamente eccepito dalla resistentenoto, ha provveduto a recepire la c.d. Payment Service Directive, ossia la Direttiva 2007/64/CE. Il menzionato decreto legislativo, in particolare, introduce una ripartizione del rischio connesso all’utilizzo di strumenti elettronici di pagamento tale da fare ricadere sull’intermediario il contratto rischio stesso, a meno che non risulti provata una colpa grave dell’utilizzatore-cliente, sul quale ultimo resta, comunque, una partecipazione al rischio nella misura massima di finanziamento euro 150,00 (c.d. franchigia), da applicarsi in esame prevede relazione ad ogni singolo strumento di pagamento utilizzato e salvo che esista una diversa pattuizione contrattuale migliorativa per il cliente stesso (tale, ad esempio, da trasferire anche il rischio della c.d. franchigia sullo stesso intermediario). Ovviamente, la restituzione scansione di tale rischio sulle parti coinvolte presuppone la corretta autenticazione e contabilizzazione delle operazioni contestate, così come richiesto dall’art.10 del finanziamento mediante medesimo D.Lgs.11/2010. Va però chiarito che tale normativa, che risulterebbe idealmente idonea a valutare il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento caso in esame, non è utilizzabile dal generico utilizzatore di una carta, ma dal soggetto titolare della carta ovvero dello strumento di pagamento elettronico in quanto la ricorrentequestione. Del resto, al fine l’intero impianto normativo anche nella parte relativa all’eventuale disconoscimento delle operazioni di dimostrare il superamento del tasso sogliapagamento, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti conseguente diritto alla restituzione di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine somme eventualmente sottratte per effetto di calcolare il tasso annuo effettivo globalefrodi o a seguito di altri comportamenti fraudolenti o criminosi di terzi, si determina riferisce al pagatore ovvero al legittimo utilizzatore della carta o strumento di pagamento, il costo totale quale ha stipulato con il fornitore del credito al consumatoreservizio il contratto relativo. Xxxxxx, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per nel caso in esame la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito carta prima rubata e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenzialipoi illegittimamente utilizzata non risulta essere intestata alla parte ricorrente, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo mera contitolare del conto corrente su cui la carta di pagamento poggia. Il titolare della carta di pagamento, al contrario, resta nel caso in esame totalmente estraneo al conflitto, tanto da non aver nemmeno sottoscritto il 10 settembre 2013 con emendamentiricorso per adesione oltre a non aver conferito alcun potere di rappresentare, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”in questa sede, i suoi diritti. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile eLa parte ricorrente, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti non risulta essere il soggetto idoneo a domandare tutela per il caso mancato rimborso delle somme sottratte per mezzo del bancomat rubato. Non ha, del resto, rilevanza ai fini della legittimazione ad agire il fatto che il conto corrente di inadempimento riferimento sia cointestato anche alla ricorrente, perché l’oggetto del ricorso non si riconduce alla tutela della proprietà comune degli eventuali fondi residui sul conto, ma pertiene alle tutele offerte dalla legge e/o dal contratto al titolare dello strumento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo pagamento e soprattutto enuclea una precisa domanda di restituzione degli importi sottratti con l’utilizzo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG)bancomat medesimo. Parimenti infondata è la doglianza Ne discende che il mero fatto per cui l’addebito in conto abbia avuto riflessi – mediati - anche sulla posizione economica della attuale ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”non vale a conferirle legittimazione ad agire. Il Questo Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva pertanto concludere che, senza pregiudizio alcuno rispetto ai diritti azionabili dai soggetti titolati all’eventuale restituzione degli importi sottratti a seguito del furto, la domanda formulata dalla documentazione in atti, parte con l’attuale ricorso non sia ravvisabile il possa essere esaminata per difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamentolegittimazione attiva della parte ricorrente medesima, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento conseguente improcedibilità del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatericorso.

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DIRITTO. Il Collegio La controversia ha ad oggetto la presunta illegittimità della segnalazione nella Centrale Rischi della Banca d’Italia. In particolare, il ricorrente contesta la legittimità della segnalazione sotto due distinti profili, da un lato la sua inconciliabilità con l’intervenuto accordo transattivo, da cui deriverebbe l’obbligo di cancellazione della originaria segnalazione in sofferenza e non il suo passaggio a perdita, dall’alto la mancanza di preavviso della segnalazione. Quanto al primo profilo, è opportuno prendere le mosse dalle previsioni contenute nella Circolare n. 139 del 1991 della Banca d’Italia, nella sua versione applicabile alla data della segnalazione contestata, la quale afferma che “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze – crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l’intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero. Confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela, di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti a sofferenza prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”. Su tale presupposto, deve anzitutto rigettare l’eccezione quindi ritenersi che sotto il profilo sostanziale, vale a dire dei presupposti della segnalazione del credito passato a perdita a fronte dell’intervenuto accordo transattivo, la segnalazione contestata dal ricorrente sia legittima. Secondo il consolidato orientamento di irricevibilità per questo Arbitro, l’intermediario, anche quanto addiviene ad una definizione transattiva in relazione a crediti classificati a sofferenza, è sempre tenuto, anche a pagamento eseguito, a procedere alla segnalazione, sebbene limitatamente alla quota parte dell’importo non corrispondenza fra i motivi recuperato, in quanto non coperto dalla transazione (ABF – Coll. Milano n. 16138/2017; ABF – Coll. Napoli n. 6484/2015, n. 2519/2012, n. 3180/2016; ABF – Coll. Bari n. 6550/2018). Quanto al diverso profilo del preavviso della segnalazione, di reclamo cui non vi è prova da parte dell’intermediario e i motivi sul quale ricade il relativo onere, secondo il consolidato orientamento di ricorsoquesto Arbitro la sua mancanza non costituisce condizione di legittimata della segnalazione, ma violazione di un obbligo di trasparenza, la cui violazione rileva unicamente sotto il profilo risarcitorio (ABF – Coll. Roma n. 260/2016; n. 10957/2017). Tutto ciò premesso e considerato, la domanda di cancellazione della segnalazione formulata dal ricorrente non può essere accolta, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede sussistenza dei presupposti sostanziali per procedere alla segnalazione, residuando unicamente la possibilità di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso ottenere il risarcimento del danno anche quando subito in ragione del mancato preavviso. A tale richiesta non sia stata formulata nel reclamoultimo riguardo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare può ulteriormente chiarirsi che, come correttamente eccepito dalla resistenteindipendentemente da una previsione di legge che imponga all’intermediario di comunicare preventivamente al cliente la segnalazione, il contratto tale obbligo debba ritenersi esistente in quanto derivante dal generale dovere di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento correttezza e buona fede che deve notoriamente ispirare l’agire delle parti di n° 47 rateun rapporto contrattuale, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esamedal quale originano – oltre agli obblighi rientranti nella prestazione contrattuale – obblighi di protezione autonomi rispetto a questi ultimi, in quanto non rivolti a soddisfare l’interesse creditorio sotteso alla prestazione. Gli obblighi di protezione in parola, per quanto in questa sede interessa, comportano l’obbligo di non pregiudicare la sfera personale e patrimoniale della controparte contrattuale anche oltre l’oggetto della prestazione obbligatoria principale e la loro violazione comporta, in presenza di un danno, l’obbligo di risarcirlo. Tuttavia, anche la domanda risarcitoria, genericamente proposta dal ricorrente, al fine deve essere rigettata, difettando non solo la prova dell’intervenuto pregiudizio e del nesso di dimostrare causalità tra la condotta illegittima e il superamento danno subito, ma anche la prova dell’ammontare dei pretesi danni subiti di cui il ricorrente si limita chiede la liquidazione in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. In via generale occorre infatti ribadire che spetta alla parte danneggiata, che chiede il risarcimento del tasso sogliadanno subito, ha erroneamente incluso il tasso l’onere di mora nel calcolo fornire prova del TEGpregiudizio in concreto subìto ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno (cfr. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es.tra le tante: Xxxx. 25 marzo 2009, n. 2666/20147211), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, mentre in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento mancanza della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria prova del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare non è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento possibile neppure procedere alla liquidazione in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le ratevia equitativa, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in ciascun periodovia equitativa, conferito al giudice dagli artt. Tanto premesso1226 e 2056 cod. civ., va ricordato presuppone che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità sia provata l'esistenza di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (danni risarcibili e v.che risulti, però, obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per tuttila parte interessata, ABF Napoliprovare il danno nel suo preciso ammontare. Ciò posto, non è possibile, invece, surrogare, per il tramite della liquidazione equitativa del danno, il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (così amplius Xxxx. 30 aprile 2010, n. 4115/1410607). In altri termini, che hanno concordemente escluso la sussistenza come rilevato in dottrina, l’impossibilità di “controindicazioni provare il danno cui si riferisce l’art. 1226 c.c. attiene all’impossibilità o difficoltà di principio alla scelta prova sull’ammontare, non sull’esistenza del metodo in questione - come di qualsiasi altrodanno, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”laddove l’incertezza su quest’ultimo esclude il diritto al risarcimento. EbbeneCiò posto, nel caso di specie il ricorrente si è limitato a chiedere il risarcimento del danno subito, da liquidare in esamevia equitativa, senza neppure dedurre il Collegio rileva che, dalla documentazione pregiudizio in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrenteconcreto subito, con la conseguenza che anche sul punto la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione relativa domanda deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondaterigettata.

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Samples: Centrale Rischi Segnalazione

DIRITTO. Il ricorrente agisce davanti al Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità Bologna per non corrispondenza fra i motivi il rimborso degli interessi passivi versati alla banca resistente, all’indomani dell’estinzione della società titolare del conto corrente, alla luce di reclamo e i motivi quanto ritenuto dal Collegio di ricorso, stante Roma con la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente sua decisione n. 3259/2016 ovvero per la restituzione di quanto versato in sede di reclamo e di ricorsomisura superiore al tasso legale, in quanto asserisce che mancava nel contratto di conto corrente una corrispondente pattuizione. E’ dunque possibile evincere dal ricorso, non senza un significativo sforzo interpretativo, un petitum ed una causa petendi, che inducono questo Collegio a ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per eccessiva genericità. Lo stesso dicasi per l’eccezione di inammissibilità per asserita violazione del principio del ne bis in idem, atteso che il petitum e la causa petendi del presente ricorso differiscono dai precedenti. Il ricorso è orientamento ormai consolidato dell’ABF (dunque ammissibile ma infondato. Risulta infatti agli atti che il ricorrente, in data 28 gennaio 2013, ha perfezionato con l’intermediario convenuto un piano di rientro in virtù del quale ha rinunciato ad ogni eccezione e v.riserva con riferimento all’importo di quanto dovuto alla banca resistente per effetto della sua successione nel debito sociale all’indomani dell’estinzione della s.n.c. già titolare del conto corrente di cui si tratta. Tale accordo, benché escluda qualsiasi effetto novativo, deve qualificarsi come transattivo in quanto appare i concreto inteso a porre fine e soprattutto a prevenire future contese, comunque riferite a pretese originantesi dal conto corrente qui in esame, cui si riferisce peraltro anche la decisione del Collegio di Roma n. 3259/2016. In particolare, tale piano di rientro aveva ad oggetto proprio la definizione, in via transattiva, delle reciproche pretese delle parti odierne in relazione alla posizione debitoria intestata alla società , pari a 22.732,35 euro, oltre interessi, quale saldo del c/c n. ***067, di cui lo stesso ricorrente si riconosceva successore alla data di sottoscrizione del piano di rientro. L’accordo contiene il riconoscimento da parte del ricorrente del debito sociale come proprio nonché la rinuncia ad ogni eccezione e riserva in relazione alla somma sopra riportata. Risulta dunque per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) tabulas che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento ha rinunciato, a titolo transattivo, a sollevare contestazioni sugli addebiti contabilizzati anteriormente alla sottoscrizione dell’accordo, a loro volta oggetto della ricognizione di debito ivi contenuta da parte del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premessoNe deriva che per questa ragione l’odierno ricorso non può essere accolto, risultando ogni altra questione assorbita. D’altro canto questo Collegio ha già avuto occasione di riconoscere natura transattiva ad un accordo di riscadenziamento del debito laddove a fronte dell’impegno del debitore al pagamento del debito oggetto di ricognizione e a non sollevare eccezioni e riserve circa la somma oggetto di ricognizione l’intermediario abbia concesso il Collegio ritiene infondata riscadenziamento del debito: “ne deriva che il debitore, per utilmente contestare la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà validità del finanziamento in esameproprio impegno al pagamento della suddetta somma e, al contempo, del proprio impegno a non sollevare eccezioni circa i rapporti sottostanti, avrebbe dovuto preliminarmente investire il giudice competente dell’accertamento dell’eventuale annullabilità di tale impegno transattivo, una pronuncia estranea alla competenza dell’ABF, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del natura costitutiva” (Collegio di coordinamento (e v.Bologna, ad es.decisione 24 giugno 2019, n. 2666/201418176), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Banking Agreement

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione È noto che, sulla base dell’art. 125-quinquies t.u.b., «nei contratti di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsocredito collegati, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento caso di inadempimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsofornitore dei beni o dei servizi, il Collegio deve anzitutto rilevare checonsumatore, come correttamente eccepito dalla resistentedopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, il ha diritto alla risoluzione del contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento credito se con riferimento al contratto di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine fornitura di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’art. 18151455 c.c.». Ciò posto, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta nel caso di specie risultano sussistere gli elementi richiesti dalla norma appena citata per riconoscere il diritto della cliente alla risoluzione del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”finanziamento. In termini analoghieffetti, l’art. 4, n. 13, della proposta l’esistenza di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo un collegamento negoziale tra il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che fornitura di servizi odontotecnici e il contratto di credito rimarrà valido per si rivela manifesta alla luce della documentazione versata nel fascicolo di parte ricorrente: cfr. i) contratto di finanziamento del 15 gennaio 2013, contenente il periodo riferimento esplicito a servizi di tempo convenuto natura dentistica; ii) comunicazione di parte resistente del 6 giugno 2014, in cui il soggetto erogatore del servizio è indicato come “Società convenzionata”. L’atto di costituzione in mora del fornitore risulta in atti e in ogni caso manca una specifica contestazione al riguardo da parte dell’intermediario. Al di là di quanto eccepito da parte resistente, anche la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 1455 c.c. si presenta sicura. Premesso che - come più volte sottolineato da questo Collegio sulle orme della giurisprudenza della Suprema Corte – deve reputarsi gravante sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto adempimento, allorquando il creditore lamenti l’inadempimento o l’inesatto adempimento, non può invero sfuggire come, nella vicenda in esame, il suddetto onere non sia stato minimamente assolto dal fornitore: quest’ultimo non avendo replicato alcunché alle contestazioni provenienti dalla ricorrente in ordine alla mancata esecuzione di gran parte dei lavori contrattualmente previsti. D’altro canto, una volta preso atto – anche alla luce della perizia prodotta da parte ricorrente e non specificamente contestata ex adverso – che risulta essere stata eseguita addirittura meno della metà dei lavori concordati, la non scarsa rilevanza dell’inadempimento non può che presentarsi evidente. Peraltro, proprio il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel fatto che una parte delle cure odontoiatriche programmate sia stata comunque compiuta induce a ravvisare i presupposti per una risoluzione soltanto parziale del contratto di fornitura dei servizi e, conseguentemente, dello stesso annesso contratto di credito” (art. 19Considerando da un lato che, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertantofino a novembre 2014, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento ha corrisposto a parte resistente – in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione esecuzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra originariamente previsto – l’ammontare del prestito erogato complessivo di Euro 2.631,06, e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e dall’altro lato che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbenestessa perizia allegata dalla cliente quantifica, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto nella misura di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedonoEuro 1790,00, le domande del ricorrente non appaiono fondateprestazioni eseguite dal fornitore, a carico dell’intermediario saranno da ravvisare - sempre in applicazione dell’art. 125- quinquies t.u.b. - obblighi restitutori di quanto ricevuto in eccedenza rispetto al valore dei lavori effettivamente realizzati.

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Samples: Contract of Credit for Dental Services

DIRITTO. In via preliminare, il Collegio osserva che l’intermediario eccepisce l’irricevibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis. Sul punto si osserva che, siccome i buoni sono stati emessi successivamente al D.M. 13.06.1986, la volontà delle parti si è formata sulla base del testo dei buoni fruttiferi, pertanto non sussiste un ingannevole comportamento di consegna del buono recante un timbro incompleto, ma piuttosto un contratto, che dispiega tuttora i suoi effetti. Sul punto si richiama la recente decisone del Collegio di Roma n. 11045/2020, cui il Collegio intende uniformarsi, secondo cui: “In via preliminare, l’intermediario eccepisce la carenza di competenza dell’ABF sul piano temporale, poiché i fatti contestati risalgono a una data anteriore al 1°.1.2009. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità osserva che, sempre in via preliminare, l’intermediario eccepisce l’irricevibilità del ricorso per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoincompetenza ratione materiae, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.trattasi di controversia esclusa dall’ambito di competenza di tale organo decidente, per tuttein considerazione della disciplina speciale che regola i buoni postali fruttiferi, dall’ABF Napolidiversa dalla disciplina del titolo VI del T.U.B., n. 5814/2015) che il ricorrente sulla può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamoTrasparenza bancaria”. Venendo all’esame Sul punto, si riporta l’impostazione assunta dal Collegio di Coordinamento, decisione n. 5674/2013, che ha riconosciuto la competenza dell’Arbitro argomentando a partire dall’applicabilità ai BFP della regolamentazione di trasparenza emessa dalla Banca d’Italia, fondata sulla loro inattitudine alla circolazione e conseguente non qualificabilità come strumenti finanziari, secondo cui: “È vero che la Sez. I, par. 4 del merito provvedimento da ultimo menzionato, così come già l’art. 1, comma 1, lett. a), della Delibera CICR n. 275 del ricorsoNel merito, il Collegio deve anzitutto rilevare rammenta che, come correttamente eccepito dalla resistentesecondo consolidato orientamento della giurisprudenza civile e dell’Arbitro: “il collocamento dei buoni dà luogo alla conclusione di un accordo negoziale tra emittente e sottoscrittore e che, il contratto nell’ambito di finanziamento detto accordo, l’intermediario propone al cliente e quest’ultimo accetta di porre in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento essere un’operazione finanziaria caratterizzata dalle condizioni espressamente indicate sul retro dei buoni oggetto di n° 47 ratecollocamento, i quali vengono compilati, firmati, bollati e non già n. 72consegnati al sottoscrittore dall’ufficio emittente” (cfr.. Cass., come asserito dalla ricorrenteSez. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad esUn., n. 2666/201413979/2007 e, ex multis, Coll. di Roma, dec. n. 21224/18). È stato precisato che i Buoni Postali Fruttiferi debbono considerarsi meri titoli di legittimazione in riferimento al quale non possono trovare applicazione i noti principi dell’astrattezza, dell’incorporazione e della letteralità che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione contraddistinguono invece i titoli di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”secondo quanto affermato dalla Suprema Corte (cfr. In termini analoghiCass. Civ., l’artSez. 4I, 16.12.2005, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali27809), la quale è stata approvata ha espressamente statuito che “i buoni postali fruttiferi disciplinati dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamentiX.X.X. 00 xxxxx 0000 x. 000 (xxxxxxxxxxxx xxx x.x. delle disposizioni legislative in materia postale, espressamente prevede che dal costo totale del credito “di bancoposta e di telecomunicazioni) non sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto titoli di credito, ma meri titoli di legittimazione, come dimostrato dalla prevalenza, sul loro tenore letterale, delle successive determinazioni ministeriali in tema di interessi ai sensi dell'art. 173 t.u. cit., come modificato dall'art. 1 d.l. 30 settembre 1974 n. 460 (conv. nella l. 25 novembre 1974 n. 588)”, di talché “la regolamentazione del rapporto non ha […] solo fonte privatistica, essendo integrata ex art. 1339 e 1374 c.c. da un atto di imperio riconducibile alla natura pubblica dell’emittente” (cfr. Coll. di Coord., dec. n. 5674/2013; di recente, Coll. di Roma, dec. n. 19042/18). Ne consegue che: 1) le condizioni contrattuali riportate sui titoli possono essere modificate con provvedimento normativo successivo alla emissione titolo; 2) deve escludersi che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere, sin dal principio, diverse da quelle espressamente rese note all'atto della sottoscrizione (cfr. Coll. di Roma, dec. n. 21185/18). Orbene, con riferimento al caso di specie, l’emissione del B.F.P. risale alla data del 15.10.1987, al tempo in cui risultava in collocazione la serie “Q”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esamePrecisamente, il Collegio rileva che, risulta utilizzato un modulo della serie “P”, su cui è stato apposto un timbro sul fronte che indica la serie “Q/P” e che, sul retro del titolo, con riguardo al periodo successivo al 20° anno, vi è un timbro che non sembra innovare quanto era previsto originariamente. Dunque, nel caso di specie, il Collegio è chiamato a stabilire se la presenza di una tabella stampigliata in originale a tergo del titolo, con indicazione di rendimenti, corrispondenti alla serie “P”, più vantaggiosi per il sottoscrittore rispetto a quelli da applicare fino al 20° anno, di cui al timbro sovrapposto alla stessa stampigliatura, possa aver ingenerato un legittimo affidamento dei sottoscrittori, circa la volontà dell’emittente di assicurargli, per il periodo di tempo dal 21° al 30° anno, un rendimento maggiore di quello previsto dal D.M. 13 giugno 1986, ovvero quello coerente con la tabella stampigliata in originale che richiama, i rendimenti propri della serie “P”. Sul punto, si rammenta l’art. 173 del D.P.R. 156/1997, secondo cui: “Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla documentazione data di entrata in attivigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”. Ebbene, secondo il consolidato orientamento di questo Collegio, qualora il decreto modificativo dei tassi sia antecedente alla data di emissione del buono, “si ritiene che possa essersi ingenerato un legittimo affidamento relativamente ai rendimenti originari stampigliati sul titolo […]. In tal caso alla parte ricorrente dovranno essere applicate le condizioni riprodotte sul titolo stesso” (cfr., ex multis, di recente, Coll. di Roma dec. n. 15200/18). Tuttavia, giova rilevare che tale affidamento viene meno allorquando il titolo sia stato aggiornato mediante apposizione del timbro recante i nuovi rendimenti, che modificano e superano quelli originari (cfr., ex multis, di recente, Coll. di Roma dec. n. 10738/18). Si precisa, però, che i rendimenti non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono possono considerarsi validamente modificati allorquando “l’intermediario non ha diligentemente incorporato nel testo cartolare le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative complete determinazioni ministeriali (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00mancando la parte relativa al periodo dal 21° al 30° anno), nonché ingenerando nel sottoscrittore l’affidamento in ordine al non mutamento della regola apposta sul retro del titolo in relazione ai criteri di rimborso previsti per il periodo successivo al 21° anno” (ex multis, cfr., ex multis, di recente, Coll. di Roma dec. n. 19053/18). Tale orientamento è stato di recente confermato dal Collegio di Coordinamento nella seduta del 19 marzo 2020, chiamato a pronunciarsi con riferimento alla violazione liquidazione dei buoni della serie “Q/P”, emessi utilizzando il modello della serie “P” e sui quali era stato apposto un timbro recante l’indicazione dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno. In tale occasione il Collegio, evidenziando la continuità fra la recente pronuncia delle norme SS. UU. di Cassazione n. 3963/2019 rispetto alla precedente Cass. SS.UU. n. 13979/2007, ha pronunciato il seguente principio di diritto: “Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione base dei dati risultanti dalla documentazione dal testo dei buoni di volta in attivolta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che i buoni vengano integrati e/o modificati ai sensi dell’art. 1339 c.c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli”. Tale orientamento è emerso che stato di recente confermato dal Collegio di Coordinamento (decisione n. 6142/2020), chiamato a pronunciarsi con riferimento alla liquidazione dei Buoni della serie “Q/P”, emessi utilizzando il TEGmodello della serie “P” e sui quali è stato apposto un timbro recante l’indicazione dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno. Ne deriva che, la scritturazione sul titolo deve prevalere quando - come nel caso qui in esame - questo è stato sottoscritto in epoca posteriore all’emanazione di un provvedimento modificativo delle condizioni indicate sul retro del medesimo (emessi dal 1°luglio 1986). In tal caso, infatti, si specieingenera un legittimo affidamento del sottoscrittore nella volontà dell’emittente di assicurare un tasso di rendimento maggiore di quello previsto dai provvedimenti governativi (nel caso opposto, è pari al 15,98% ein cui tali provvedimenti siano intervenuti dopo la sottoscrizione, devono invece prevalere le determinazioni normative) (si richiama Coll. di conseguenzaCoordinamento 3 aprile 2020, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italian. 6142). Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro inclusocaso di specie il buono risulta sottoscritto su un modulo appartenente alla serie P, come da contrattoritimbrato Q/P, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamentoove risulta apposto un timbro recante l’indicazione dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”risulta alcuna variazione con riferimento al periodo successivo al 20° anno. Dunque, da reputarsi non obbligatoria giacché permette la domanda della parte ricorrente, volta ad ottenere, in ordine al proprietario che viene risarcito per B.F.P. il furto o il danno irreparabile rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del titolo, merita di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateaccolta.

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DIRITTO. Il Collegio .1 – Preliminarmente deve anzitutto rigettare esaminarsi l’eccezione di irricevibilità per inammissibilità del ricorso formulata dalla parte resistente. Tale eccezione risulta infondata, posto che non corrispondenza potrebbe ravvisarsi una decisione di tipo costitutivo nell’ipotesi di accoglimento della domanda formulata dal ricorrente, considerato che l’eventuale accertata inefficacia della modifica unilaterale formulata dall’intermediario dovrebbe determinare la permanenza tra le parti delle originarie pattuizioni presenti nelle condizioni generali di contratto, non potendosi astringere il cliente in quella che questo Collegio ha già in passato definito come “implacabile alternativa” fra i motivi l’accettazione della modifica e la rinuncia ai servizi bancari (in tal senso, seppur con riguardo all’ipotesi di reclamo modifica unilaterale dei tassi di interesse in un contratto di mutuo, cfr. Coll. Roma, dec. n. 10006/16). .2 – Nel merito deve rilevarsi quanto segue. Innanzitutto occorre verificare se (e i motivi in che misura) l’intermediario possa modificare – come sarebbe avvenuto nel caso qui in oggetto – le condizioni di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente un contratto a tempo indeterminato. Sul punto viene in sede di reclamo e di ricorsorilievo l’art. 118 T.U.B., in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”tema di c.d. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014)ius variandi, che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo deroga al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione principio generale di cui all’art. 1815, comma 2°, 1372 c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente - prevede che “Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con quanto statuito dall’artclausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo”. 19La norma prosegue, 2° paragrafostabilendo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatoripoi, sotto il profilo procedurale, che abroga “Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalità contenenti in modo evidenziato la direttiva 87/102/CEEformula: ‘Proposta di modifica unilaterale del contratto’, che prescrive con preavviso minimo di due mesi, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente”. Infine, è previsto che “al fine di calcolare La modifica si intende approvata ove il tasso annuo effettivo globalecliente non receda, si determina il costo totale del credito al consumatoresenza spese, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare dal contratto entro la data prevista per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquistosua applicazione. In tal caso, in contanti o a creditosede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate”. Secondo un consolidato orientamento di questo Arbitro, premesso che l’art. 118 T.U.B. risulta applicabile anche alle modifiche normative e regolamentari del contratto (cfr., di merci recente, Coll. Roma, dec. n. 2505/17): - la modifica da parte dell’intermediario delle condizioni previste nei contratti a tempo indeterminato è possibile solo ove il contratto preveda espressamente tale possibilità e solo in caso di giustificato motivo. Dovendosi a contrario ritenere che, in difetto di previsione contrattuale o della ricorrenza di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenzialiun giustificato motivo, la quale facoltà di modifica da parte dell’intermediario sia esclusa; - quand’anche l’intermediario possa procedere alla modifica unilaterale delle condizioni contrattuali, è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per fatta salva la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido possibilità per il periodo cliente di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (artrecedere dal contratto. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto Ciò premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel relativamente al caso in esame, occorre osservare quanto segue. In primo luogo, deve rilevarsi che non sono versati in atti i contratti a cui si riferirebbero le modificazioni in oggetto. Sì che non è dato verificare la presenza, o meno, della previsione a favore dell’intermediario della facoltà di modifica unilaterale della condizioni contrattuali per giustificato motivo Inoltre deve, altresì, rilevarsi che l’adozione delle modalità di firma proposte dall’intermediario è regolata da una specifica disciplina di settore. Al riguardo viene in rilievo, innanzitutto, il Collegio rileva Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 febbraio 2013, “Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali”, che disciplina, in via generale, sia la firma digitale, sia la firma grafometrica (avanzata), in quanto ‘firme elettroniche avanzate’. Tale D.P.C.M. prevede espressamente all’art. 57 del D.P.C.M. - regolante gli obblighi a carico dei ‘soggetti che erogano soluzioni di firma elettronica avanzata’ (quale è, in questo caso, l’Intermediario resistente) - che tali soggetti debbano: - “a) identificare in modo certo l’utente tramite un valido documento di riconoscimento, informarlo in merito agli esatti termini e condizioni relative all’uso del servizio, compresa ogni eventuale limitazione dell’uso, subordinare l’attivazione del servizio alla sottoscrizione di una dichiarazione di accettazione delle condizioni del servizio da parte dell’utente; - […] h) assicurare, ove possibile, la disponibilità di un servizio di revoca del consenso all’utilizzo della soluzione di firma elettronica avanzata e un servizio di assistenza”. Sì che dalla normativa in esame sembra potersi ricavare che la disciplina di settore richieda, ai fini dell’impiego di tali modalità di firma, l’assenso del titolare espresso per iscritto. Pertanto, rilevato che la disciplina di settore allo scopo di salvaguardare la consapevole scelta del soggetto interessato in ordine all’utilizzo delle suddette modalità di firma presuppone il suddetto assenso scritto, rilevato, altresì, che non sembrano emergere ragionevoli motivi per escluderne l’applicazione nell’ambito dei contratti bancari, deve concludersi che, dalla documentazione in attivirtù di una interpretazione sistematica della intera normativa di riferimento, per dar corso a quella particolare modifica del contratto che introduca tanto la firma digitale quanto la firma grafometrica avanzata, è necessario – oltre alla previsione contrattuale di uno ius variandi e il ricorrere, in concreto, di un giustificato motivo – l’assenso scritto da parte del cliente. Requisiti, questi, non sia ravvisabile soddisfatti nella vicenda in esame. Peraltro, con particolare riguardo alla firma grafometrica – che, richiedendo il difetto trattamento di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrentedati biometrici, involge profili di tutela della privacy – il quadro di diritto si arricchisce di ulteriori prescrizioni normative. Parimenti infondate sono Sul punto, premesso che, secondo l’orientamento dell’Arbitro, questo è competente a conoscere delle controversie che impingono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative materie disciplinate dal Codice della Privacy (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00o da testi normativi adottati ai suoi sensi), nonché alla quante volte venga dedotta in giudizio una violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti “riconducibile o comunque connessa all’esecuzione da parte dell’intermediario di servizi od operazioni bancari e finanziari” (cfr. Coll. Roma n. 984/2016), vengono in rilievo, innanzitutto, le ‘Linee Guida in materia di riconoscimento biometrico e firma grafometrica’ allegate al ‘Provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria n. 513’, adottate dall’Autorità Garante della Privacy il 12 novembre 2014. In particolare, all’art. 4.1 (Liceità) di tale provvedimento si stabilisce, nell’ambito dei Principi Generali cui è informato il trattamento dei dati biometrici (quale è la firma grafometrica), che i soggetti privati (a differenza di quelli pubblici) “prima di iniziare il trattamento, devono, di regola, acquisire il consenso informato dell’interessato, che è sempre revocabile e deve essere manifestato in forma libera ed espressa, ossia deve essere scevro da eventuali pressioni o condizionamenti, fermi restando i casi in cui si è in presenza di uno dei presupposti equipollenti (artt. 23 e 24 del Codice)”. In secondo luogo, e più in particolare, viene in rilievo il Provvedimento dell’Autorità Garante della Privacy denominato «Rettifica alla Deliberazione n. 513 del 12 novembre 2014 recante 'Provvedimento generale prescrittivo in tema di biometria'» del 15 gennaio 2015 (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 34 dell'11 febbraio 2015). Tale provvedimento precisa, con riguardo al trattamento dei dati biometrici costituiti da informazioni dinamiche associate all'apposizione a mano libera di una firma autografa, che «il presupposto di legittimità del trattamento dei dati biometrici è dato dal consenso, effettivamente libero degli interessati ovvero, in ambito pubblico, dal perseguimento delle finalità istituzionali del titolare. Il Collegio rileva infatti che il contratto consenso è espresso dall'interessato all'atto di finanziamentoadesione Pertanto, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie)come già rilevato, risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglianella vicenda in oggetto, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione difetto del necessario assenso scritto – e in attipresenza, è emerso che il TEG, come nel caso si di specie, è pari addirittura di un rifiuto scritto – la modifica unilaterale del contratto (quand’anche fosse stata prevista dal contratto al 15,98% ericorrere di un giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 T.U.B) deve ritenersi non perfezionata. Ciò detto, occorre ulteriormente valutare se l’esercizio di tale rifiuto da parte del cliente possa tradursi nella facoltà, per l’intermediario, di conseguenzanegare i propri servizi o nell’onere, inferiore alla soglia vigente nel trimestre per il cliente, di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italiaesercitare il recesso dal contratto. Nel calcolo del tasso Una simile soluzione, tuttavia, appare in contrasto con il dovere di correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. – anche tenuto conto dell’onere modesto che, in concreto, il ricorrente sembra richiedere all’intermediario nell’adempimento delle sue obbligazioni contrattuali. Diversamente opinando, poi, come già osservato, finirebbe per astringersi il cliente in quella che questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza ritenuto rappresentare una furto incendio (pacchetto blu)implacabile alternativaperché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto fra l’accettazione della modifica e la valutazione rinuncia ai servizi bancari (cfr., ancora, Coll. Roma, dec. n. 10006/16). Sì che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 eurodeve ritenersi, sulla scorta delle disposizioni una volta accertato il mancato perfezionamento della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti modifica unilaterale formulata dall’intermediario, che il resistente abbia diritto a vedere applicate le originarie condizioni contrattuali in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se firma previste nei diversi contratti stipulati con l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatestesso.

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Samples: Contract Modification Proposal

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsoIn via preliminare, il Collegio deve anzitutto rilevare cherileva che la ricorrente ha chiesto all’ABF di intervenire, affinché l’intermediario “proceda all’acquisto dei crediti per i massimali previsti dal contratto” esentandola “da obblighi ed oneri derivanti dall’esigibilità degli stessi”. In proposito, l’intermediario non solleva eccezioni in merito all’eventuale natura costitutiva della domanda, estranea alla competenza dell’ABF. Tuttavia, secondo l’orientamento dei Collegi ABF, la domanda può essere interpretata come correttamente eccepito dalla resistente, richiesta di accertamento dell’obbligo dell’intermediario di acquistare pro-soluto il credito relativo al contratto di finanziamento locazione alle condizioni pattuite e dell’inadempimento della resistente di detto obbligo, non essendosi resa disponibile ad acquistare i crediti alle condizioni previste in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante contratto. Si può giungere a questo esito anche perché una domanda di accertamento è sempre implicita in una domanda, pur vietata all’ABF, di pronuncia costitutiva (Collegio di Milano, n. 6974/2016; Collegio di Napoli, decisione n. 7456/2016). La vicenda verte sull’asserito inadempimento della resistente di un contratto atipico denominato “Affitto Assicurato”, stipulato il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame27.11.2012, in quanto virtù del quale la ricorrentericorrente avrebbe il diritto a cedere pro soluto crediti derivanti da un contratto di locazione. Dalle condizioni generali di contratto si desume che la ricorrente ha diritto a cedere pro soluto crediti derivanti dal contratto di locazione, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo i quali al momento della stipulazione del mutuo cessione devono esser “certi, reali ed esigibili”, entro i valori massimi negozialmente fissati di € 9.000,00 per i canoni di locazione e di € 2.500,00 per le spese legali relative alle procedure di sfratto. L’acquisto dei crediti si perfeziona in seguito al rispetto di una specifica procedura stabilita nell’art. 3 delle conseguenze condizioni generali. Tra gli altri adempimenti, parte ricorrente (e xxxxxxx) doveva accettare e rinviare “nel termine perentorio di 30 giorni” la proposta di acquisto inviatale dall’intermediario, il quale “non si rende disponibile fin d’ora ad acquistare crediti corrispondenti a canoni di locazione dovuti per il rilascio dell’immobile senza il dovuto preavviso” (lett. e). Analoga procedura è disposta dall’art. 5 per la cessione dei crediti per le spese legali derivanti dallo sfratto, il quale prevede che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione la resistente doveva accettare e rinviare “nel termine perentorio di 30 giorni” la proposta di acquisto inviatale dall’intermediario (lett. b). Ai sensi dell’art. 8 l’intermediario è espressamente liberato dall’obbligo di acquistare in caso di mancato rispetto delle procedure delle procedure di cui all’artagli art. 18153 e 5 (lett. a). Innanzi tutto, comma 2°ritiene il Collegio che Il contratto in oggetto può esser qualificato come un contratto atipico ad effetti obbligatori, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19il quale l’intermediario si obbliga ad acquistare pro soluto crediti derivanti dal contratto di locazione, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali a condizione che il consumatore sia tenuto a pagare per cliente rispetti determinati termini e procedure. Con il predetto contratto dunque si realizza l’assunzione dell’obbligo di acquisto da parte della resistente dei crediti della ricorrente nei confronti del conduttore di un immobile di sua proprietà. Xxxxxxxx negozio persegue così la mancata esecuzione funzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo garantire il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti cedente per il caso di ritardo o inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casoconduttore, il che ben si concilia con la causa variabile che caratterizza la cessione del credito (Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/148653/2017). In esecuzione del contratto, con comunicazione del 31.05.2016 (ricevuta il 10.06.2016) l’intermediario formulava proposta di acquisto di crediti derivanti dal contratto di locazione scaduti per un totale di € 8.604,00, di cui € 7.875,00 (per i mesi dicembre 2014-ottobre 2015, considerata metà della mensilità di dicembre 2014, poiché l’altra metà risulta pacificamente essere stata versata dal conduttore), e € 729,56 per le spese legali. In data 27.06.2016 la ricorrente contestava la quantificazione operata dall’intermediario, indicando quali importi corretti § 9.000,00 per i canoni scaduti e non pagati in applicazione del massimale, giacché conteggiava tutto il 2015 e due mezze mensilità (dicembre 2014 e gennaio 2016), e € 860,00 per le spese legali; ha inoltre osservato che hanno concordemente escluso gli obblighi e gli oneri di cui al punto 4 (notifica di cessione) e al punto 7 (cause pendenti) della lettera di cessione non corrispondono alle condizioni contrattuali: pertanto, tali costi li imputava a carico del cessionario. L’intermediario, con comunicazione del 4.07.2016, confermava l’importo indicato nella suddetta proposta e specificava che la sussistenza stessa si riferiva ai canoni da dicembre 2014 a ottobre 2015, “in considerazione del fatto, anch’esso pacifico ed indiscusso, che la permanenza dei conduttori all’interno dell’immobile è stata (dalla ricorrente) dimostrata per tabulas sino al mese di “controindicazioni di principio ottobre e non oltre”. Con riscontro del 28.07.2016 parte ricorrente ribadiva quanto già contestato precedentemente, salvo mostrare disponibilità alla scelta del metodo quantificazione delle spese legali in questione - come di qualsiasi altro€ 729,56. Infine, l’intermediario, in assenza data 11.08.2016, dava atto del mancato rispetto del termine perentorio da parte della ricorrente e si dichiarava non più disponibile all’acquisto dei crediti. Sulla base di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esamequanto ora esposto, il Collegio rileva cheche parte ricorrente aveva diritto a cedere pro soluto i crediti corrispondenti ai canoni maturati sino alla riconsegna dell’immobile, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), la quale risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine avvenuta a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro inclusodicembre, come da contrattoprovvedimento di convalida di sfratto del 28 gennaio 2015, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamentocon formula esecutiva apposta il 16.02.2015, ma con data di esecuzione del 27.02.2015. Infatti, dal verbale di rilascio d’immobile, prodotto dall’intermediario, risulta che in data 13.10.2015 i conduttori erano ancora presenti nell’appartamento che non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”hanno riconsegnato. Inoltre, da reputarsi non obbligatoria giacché permette l’ufficiale giudiziario, impossibilitato a procedere, ha rinviato l’esecuzione al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni 02.12.2015 con richiesta dell’intervento della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazioneforza pubblica. Di conseguenza, il massimale previsto dal contratto e richiesto dalla ricorrente viene raggiunto, considerando le 12 mensilità del 2015 (€ 750 x12) e il mese di dicembre 2014, pur se l’intermediario erogante trattiene computato per metà canone. Il Collegio pertanto ritiene che la proposta formulata dall’intermediario sia stata non corretta, dovendosi ritenere accertato il diritto della parte delle somme ricevute dal cliente ricorrente alla cessione dei crediti per l’importo massimo di € 9.000,00. Per ciò che attiene le spese legali, senza considerare le spese vive, di cui la ricorrente non allega elementi di prova, l’importo complessivo risulta pari a quanto indicato dall’intermediario nella proposta, ossia € 729,56 (somma peraltro accettata dalla ricorrente nella corrispondenza intervenuta prima del ricorso). A questa possono essere aggiunti € 50,00 (a titolo di polizza assicurativaricevuta deposito UNEP-Milano) risultanti dal verbale di rilascio dell’immobile prodotto dall’intermediario, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]per un totale di 779,56. In considerazione delle ragioni Quanto agli oneri di cui a punti 4 e 7 della proposta di cessione formulata dall’intermediario, il Collegio osserva che precedonoquesti non risultano dovuti in quanto contrattualmente non contemplati, le domande quindi non accettati dalla ricorrente e a questa non imputabili. Il Collegio, in parziale accoglimento del ricorso, accerta l’obbligo dell’intermediario di acquistare i crediti della ricorrente, ai sensi di cui in motivazione. Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla parte ricorrente non appaiono fondatela somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.

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Samples: Contract for the Purchase of Receivables

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione La questione controversa tra le parti attiene all’efficacia del diritto di irricevibilità recesso, esercitato dal ricorrente, rispetto al contratto di credito concluso con l’intermediario resistente, mirato a finanziare, ai sensi dell’art. 121, d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, “la fornitura di un bene o la prestazione di un servizio”. L’intermediario ha contestato che tale recesso sia stato esercitato in tempo utile, facendo propria l’obiezione già sollevata dal prestatore di servizio, coinvolto nella convenzione di finanziamento, il quale ha sottoscritto con il cliente il contratto per non corrispondenza fra i motivi un corso di reclamo formazione in data 18 gennaio 2014 e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ha respinto l’iniziativa risolutoria del ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoconsiderazione del fatto che la nota con cui il cliente ha esercitato il relativo diritto è datata in partenza 7 febbraio 2014. La società erogatrice del servizio, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.evidentemente, per tutte, dall’ABF Napoliha invocato l’applicazione dell’art. 64 d.lgs. 6 settembre 2005, n. 5814/2015) 206 (codice del consumo), pure richiamato nella scheda contrattuale, che prevede che il ricorrente “può chiedere nel ricorso diritto di recesso sia esercitato dal consumatore entro il risarcimento termine di dieci giorni lavorativi dalla sottoscrizione della proposta contrattuale, salva la diversa decorrenza prevista dal successivo art. 65. Xxxx è che la controversia qui dedotta non riguarda il contratto concluso tra il professionista-erogatore del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamoservizio (corso di formazione) e il consumatore, qualora bensì il danno lamentato sia conseguenza immediata connesso contratto di credito, concluso tra il consumatore e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla l’intermediario resistente, erogatore del finanziamento. La facoltà del consumatore di recedere dal contratto di credito, diversamente, è regolamentata dall’art. 125-ter t.u.b., che legittima il consumatore a esercitare tale ius se poenitendi entro quattordici giorni dalla conclusione del contratto o, se successivo, dal giorno in cui il consumatore riceve tutte le condizioni e le informazioni previste dall’art. 125-bis, 1° comma, t.u.b. Al fine di valutare l’efficacia di quest’ultima iniziativa risolutoria posta in essere dal consumatore è fondamentale, evidentemente, accertare il dies a quo per il computo del relativo termine. Anche per questo contratto accessorio alla prestazione principale il ricorrente ha affidato la sua iniziativa risolutoria a una comunicazione di recesso datata in partenza 7 febbraio 2014. Accantonando la questione della data di ricezione della comunicazione di recesso da parte del destinatario, rimane una grave incertezza in ordine alla data di conclusione del contratto, che scandisce il termine iniziale ai fini del calcolo dello spatium deliberandi di quattordici giorni, legislativamente concesso al consumatore. La scheda contrattuale prodotta in atti non reca, infatti, la data di sottoscrizione, né questa è altrimenti ricavabile dalla documentazione versata in atti o dal confronto tra le prospettazioni rispettivamente formulate dalle parti. Il medesimo intermediario resistente non è stato in condizione di prendere posizione in ordine alla circostanza che il contratto sia privo della data di sottoscrizione, declinando la propria responsabilità per tale carenza e limitandosi a osservare che alla sottoscrizione del modulo di finanziamento in esame prevede era presente un rappresentante della società convenzionata. Vero è che la restituzione mancanza della data di sottoscrizione del finanziamento mediante contratto di prestito non può che giovare al cliente ai fini del computo del termine di quattordici giorni. Infatti, l’assenza di un termine iniziale certo da cui muovere per il versamento relativo computo non può condurre a ritenere consumato lo spatium deliberandi offerto al consumatore. Considerato che lo ius se poenitendi costituisce uno strumento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito tutela accordato al consumatore, una volta acclarato l’esercizio di tale diritto da parte del legittimo titolare, è onere della controparte, ai sensi del secondo comma dell’art. 2697 c.c., contestare la tardività di tale esercizio offrendo la prova del fatto impeditivo o estintivo. Xxxx è che l’intermediario non ha fornito nessuna risultanza probatoria che potesse tornare utile a quest’ultimo scopo, né ha fornito elementi che potessero consentire al Collegio di pervenire a questo risultato per via indiretta, ad eccezione esempio costruendo un rigoroso ragionamento presuntivo. Per conseguenza, in accoglimento della domanda del ricorrente, deve riconoscersi come il diritto di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel recedere dal contratto di credito e delle speseconcluso con l’intermediario resistente sia stato efficacemente esercitato dal ricorrente. Al ricorrente spetta, diverse dal prezzo d’acquistoinfine, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e ristoro delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”assistenza legale utile a far valere le proprie ragioni. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione reputa equo liquidare, a favore del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenutequesto titolo, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, l’importo di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateeuro 200,00.

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Samples: Proposal Agreement

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione preliminarmente dar conto dell’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra incompetenza temporale sollevata dall’intermediario in via pregiudiziale. Tale eccezione va rigettata in quanto, pur essendo la competenza arbitrale effettivamente circoscritta ai ricorsi aventi ad oggetto operazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, nel caso di specie, la domanda proposta dal ricorrente riguarda i motivi conteggi di reclamo estinzione anticipata effettuati dall’intermediario resistente nel novembre 2015 e i motivi contestati dal ricorrente. Ne consegue che, trattandosi di ricorsooperazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, stante va affermata la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede competenza del Collegio arbitrale, come chiarito anche dal Collegio di reclamo e Coordinamento di ricorsoquesto Arbitro (v. dec. 5866/2015, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”seguita ad es. da ABF Napoli n.809/2016). Venendo all’esame del merito merito, l’oggetto del ricorsoricorso riguarda l’accertamento della legittimità del metodi di calcolo previsto dall’art. 7 del contratto predisposto dall’intermediario e, conseguentemente, la validità e l’efficacia della clausola stessa che rappresenta la base normativa del suddetto calcolo. La norma contrattuale in esame prevede, in casi di estinzione anticipata del finanziamento, che l’importo del capitale residuo vada primo convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionalmente fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco/svizzero rilevato al giorno del rimborso. Espressamente: “Ai fini del rimborso anticipato, il Collegio deve anzitutto rilevare checapitale restituito, come correttamente eccepito dalla resistentenonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, il contratto verranno calcolati in franchi svizzeri in base “ al tasso di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 ratecambio convenzionale”, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento successivamente verranno convertiti in esame, Euro in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento base alla quotazione del tasso sogliadi cambio franco svizzero - euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Xxxxxx e pubblicato su “Il Sole 24 Ore” nel giorno dell’operazione di rimborso”. Quindi, ha erroneamente incluso ai fini del suddetto calcolo, sono previste due operazioni: dapprima il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” capitale residuo in franchi svizzeri sulla base del tasso degli interessi corrispettivi e convenzionale di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo cambio adottato al momento della stipulazione stipula; successivamente tale cifra verrà convertita in euro sula base del mutuo tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione, subendo il cliente la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo. Pertanto, sulla base delle regole di correttezza, trasparenza e delle conseguenze buona fede, che se ne intendono trarre sotto devono caratterizzare qualsiasi regolamento contrattuale, risulta evidente che tale art. 7 non espone in maniera trasparente e inequivoca il profilo dell’applicazione della sanzione meccanismo di calcolo applicabile in occasione dell’estinzione anticipata, tutto ciò in contrasto con la disciplina prevista dalla direttiva 93/13/CEE (recepita dall’ordinamento nazionale attraverso l’adozione del Codice di Consumo). Né si trascuri che, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la violazione del principio di trasparenza, di cui all’art. 18154, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, paragrafo 2 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa sopra citata, fa sì che la clausola di cui si tratta sia valutata come abusiva ai contratti di credito ai consumatorisensi dell’art. 3, che abroga la direttiva 87/102/CEEparagrafo 1 della stessa, che prescrive che laddove al fine di calcolare malgrado il tasso annuo effettivo globalerequisito della buona fede, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse parti derivanti dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquistocontratto”. Conseguentemente, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertantoquanto abusiva, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare contrattuale è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra partesuscettibile di essere dichiarata ex officio nulla, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi dell’art. 36 cod. cons. Ad esiti analoghi è pervenuta la stessa Cassazione, affermando che la violazione della legge sull’usurafondamentale regola della trasparenza comporta la nullità della clausola (Cass., le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4sez. III, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG8 agosto 2011, n.17351). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esameEd alla luce dei predetti dati normativi e orientamenti giurisprudenziali, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casonazionali e europei, il Collegio ricorda di Coordinamento, con la citata decisione n. 5866/2015, ha stabilito che l’essenza del sistema conseguentemente alla nullità della clausola abusiva “si applica la norma di rimborso diritto dispositivo alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare quale il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le ratepredisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio”, in quanto detta nullità non travolge l’intero contratto, ma impone soltanto un nuovo calcolo degli interessi. Questo Collegio deve altresì rilevare, con specifico riguardo al caso di specie, che il ricorrente, nella formulazione della domanda, richiede anche la disapplicazione del tasso ultralegale che regola il rapporto di finanziamento a vantaggio di quello sostitutivo di cui all’art. 117 TUB, previo accertamento dell’assoluta opacità dei meccanismi di indicizzazione tali da determinare incertezza sull’effettivo costo del finanziamento. E anche tale domanda merita accoglimento perché la formulazione contrattuale risulta opaca, non essendo facilmente intellegibile né su quale base di calcolo (“ La somma mutuata è uguale restituita dalla parte mutuataria al netto di quanto sopra e di quant’altro dovuto a qualsiasi titolo dalla parte mutuataria alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla Banca determinerà la quota di capitale estinto sulla base della presunta illegittimità della modalità quale verrà calcolata la quota di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi capitale residuo”) sia applicata semestre per semestre l’eventuale differenza tra i tassi di questo Arbitro (cambio convenzionali e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza quelli di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenutemercato, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrarele differenti modalità di regolamento dei conguagli semestrali ( se positivi, infineaccreditati su un conto vincolato e sostanzialmente infruttifero, un superamento con capitalizzazione annuale disallineata rispetto alla tempistica mensile dei pagamenti rateali; se negativi, immediatamente compensati con il saldo eventualmente positivo del tasso soglia, conto oppure richiesti in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore pagamento alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blusuccessiva scadenza rateale)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni di quanto precede ed, in specie della nullità della clausola contenuta dall’art. 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio, e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art.1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del finanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati. In particolare, il capitale residuo che precedonoil ricorrente dovrà restituire dovrà essere pari alla differenza tra la somma mutuata di euro 90.000,00 e quella già corrisposta previamente ricalcolata sostituendo il tasso di interesse ultralegale applicato dalla banca con il tasso di interesse ex art. 117 TUB, le domande del ricorrente non appaiono fondatesenza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità. .

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Samples: Financing Agreement

DIRITTO. Il In via preliminare il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione affrontare le eccezioni sollevate dall’intermediario contro la ricevibilità del ricorso. In relazione al mancato rispetto del termine dilatorio di irricevibilità per non corrispondenza 30 gg. fra i motivi di il reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito presentazione del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla intende dare continuità al principio stabilito dal Collegio di Coordinamento (decisione 6666/14) in base al quale occorre “distinguere l’ipotesi di mancata comunicazione del reclamo alla banca resistente, la quale comporta l’inammissibilità del ricorso senz’altro, dall’ipotesi in cui il contratto reclamo sia stato preventivamente comunicato alla banca resistente, ma il ricorso sia stato presentato prima che essa abbia potuto dare una risposta al reclamante entro il termine di finanziamento trenta giorni … in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento quest’ultimo caso, l’improcedibilità in oggetto deve ritenersi di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esamenatura solo temporanea, in quanto la ricorrentestessa non pregiudica la decisione del ricorso, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali ma implica soltanto che il consumatore procedimento di definizione della vertenza mediante decisione può essere avviato solo dopo che sia tenuto a pagare trascorso il tempo (trenta giorni) necessario all’intermediario per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono replicare al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizireclamo”. Nel caso di specie risulta che reclamo è stato presentato il 15.1.2016, il ricorso è pervenuto all’Arbitro il 5.2.2016, il riscontro al reclamo è stato poi fornito dal resistente il 16.2.2016, successivamente alla presentazione del ricorso: pertanto la causa di improcedibilità è cessata. In termini analoghirelazione poi all’eccezione di incompetenza dell’Arbitro ratione temporis, l’artrisulta incontroverso tra le parti che il rapporto di conto corrente è stato acceso in data anteriore al 1.1.2009, posta come limite dalla normativa vigente al potere decisionale dell’Arbitro (par. 4, n. 13sez. I, della proposta delle Disposizioni sui sistemi di direttiva del Parlamento europeo risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazione e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”servizi bancari e finanziari). Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi Ne consegue che il contratto Collegio non può valutare la validità originaria degli accordi contrattuali intercorsi tra le parti, ma solo ed eventualmente ragioni di credito rimarrà valido per invalidità sopravvenute dopo il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art1.1.2009. 19Peraltro, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico va rilevato come nessuna parte abbia prodotto copia del contratto di finanziamento in esameapertura di credito, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze quindi relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non pattuizioni possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciutericostruite unicamente in base alle affermazioni delle parti stesse. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, Ciò determina le seguenti conseguenze in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere ordine alle domande presentate dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.ricorrente:

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Samples: Controversy Regarding Banking Conditions

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento Si controverte del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame diritto del merito consumatore alla riduzione del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito per estinzione anticipata del rapporto, sancito dall’art. 125-sexies t.u.b. Per giurisprudenza costante dell’Arbitro (in linea con la decisione n. 6167/2014 del Collegio di coordinamento), occorre che siano restituiti al consumatorecliente, secondo la regola equitativa della proporzionalità al tempo mancante alla scadenza ‘naturale’ del rapporto, tutti i costi relativi ad eccezione attività o servizi destinati a trovare realizzazione fino al pagamento dell’ultima rata di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per rimborso (c.dd. recurring), divenuti indebiti in conseguenza della prematura estinzione (di contro, resta ferma la mancata esecuzione non rimborsabilità delle voci di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del finanziamento, integralmente esaurite prima dell’eventuale estinzione anticipata – c.dd. up front). Identica modalità di rimborso dovrà interessare tutte le voci di costo opacamente espresse (o del tutto non espresse) in contratto. La riduzione equitativa pro rata temporis della componente recurring dei costi accessori del prestito opererà sempre in via residuale, in assenza cioè di un alternativo criterio di calcolo espresso chiaramente in contratto da parte dell’intermediario o dall’assicuratore e specificamente accettato dal cliente (ex multis, v. Collegio ABF di Napoli, decisioni nn. 4920 e 4931 del 2015). Non v’è dubbio, nel contratto caso di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquistospecie, che competono la commissione per l’intermediario finanziario e quella prevista in favore dell’agente contengono un coacervo di previsioni di spesa non agevolmente contenibile entro la fase preliminare-conclusiva del finanziamento: in entrambi i casi è fatto riferimento alla “gestione” e, per giurisprudenza ormai stabile di questo Collegio, ciò basta a provarne il carattere “anche recurring”. L’intermediario non disconosce la natura variegata di tali commissioni, tant’è che nella documentazione contrattuale inerente alle condizioni economiche imposte evidenzia che soltanto una porzione è soggetta a maturazione nel tempo. Tale evidenziazione, però, non appare al consumatore all'atto dell'acquistoCollegio sufficiente per colmare il deficit di trasparenza riscontrato nella clausola descrittiva del contenuto della commissione (deficit, s’intende, rispetto agli obblighi posti in contanti capo agli intermediari dalle Comunicazioni Banca d’Italia del 7 aprile 2011 e, prima ancora, del 10 novembre 2009). Manca, a giudizio del Collegio, l’esposizione di un criterio di calcolo della quota relativa alla componente recurring, oggettivamente comprensibile dal cliente e riscontrabile dal Giudice o dall’Arbitro: è indicata, apoditticamente, l’entità della quota non soggetta a creditomaturazione; e ciò, come già rilevato in altre occasioni, non può ritenersi satisfattivo dell’obbligo, previsto dall’art. 125-sexies t.u.b., di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva provvedere a un’adeguata riduzione del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito in favore del cliente in ipotesi di estinzione anticipata del rapporto. Non possono perciò reputarsi sufficienti i rimborsi di € 38,35 (sono escluse eventuali penali pagabili intermediario”) e di € 230,13 (“agente”), effettuati in sede di conteggi estintivi. Di essi tuttavia dovrà tenersi conto, per sottrazione, nel quantificare il dovuto che, applicando il criterio pro rata temporis, per l’intermediario è di € 516,77 [(925,20*72/120) – 38,35] e per l’agente è di € 880,10 [(1.850,40*72/120) – 230,13]. Neppure il rimborso a titolo di commissione a favore della banca “per incasso rate” (il cui carattere recurring non è contestato) appare sufficiente. Infatti, applicando il criterio riduttivo proporzionale alla durata residua (345,21*72/120), la quota non maturata è di 207,13 e non di € 204,56 (come riportato in conteggio estintivo). Dunque, a tale diverso titolo, residuano € 2,57. Fra le voci sicuramente recurring si annoverano, poi, anche quelle relative alla polizza assicurativa, il cui rimborso, contrariamente a quanto affermato dal consumatore resistente, ben può essere richiesto dal ricorrente in prima battuta all’intermediario-finanziatore (e non necessariamente alla compagnia assicuratrice). Sul punto, la giurisprudenza arbitrale non conosce oscillazioni e non si scorgono ragioni in questo caso per disattendere i precedenti (ex multis, v. Collegio ABF di Napoli, decisioni nn. 6165 e 7356 del 2014). A tal riguardo, si evidenzia che il legale del ricorrente, in sede di replica alle controdeduzioni, ha fornito conferma dell’avvenuta ricezione dell’assegno circolare per l’importo indicato da parte della compagnia assicurativa (€ 202,29), ma è rimata in piedi la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti domanda riguardante il rimborso equitativo pro rata temporis. Nel caso di specie, riferisce l’intermediario che la compagnia di assicurazione avrebbe calcolato il suddetto rimborso sulla base di una formula prevista nel contratto di credito”assicurazione allegato (dall’intermediario stesso) agli atti e riportante la firma del cliente. InfattiIn realtà, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria allegato non è dato riscontrare alcuna formula inerente al rimborso del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il premio in caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG)estinzione anticipata. Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialeÈ ivi previsto soltanto che, in cui caso di rimborso, si definisce l’importo che consente sarebbero seguite le indicazioni regolamentari contenute in un distinto fascicolo informativo circa le condizioni di rimborsare il prestito con un numero predefinito assicurazione concretamente applicate. Ma di rate costanti contenenti tale fascicolo informativo non v’è traccia agli atti e i suoi contenuti non sono è introducibili in questa sede attraverso una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base mera asserzione da parte della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbenedifesa dell’intermediario che, nel caso in esameproprio scritto di costituzione e risposta, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrentene ha riportato uno stralcio. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euroDunque, sulla scorta delle disposizioni prove documentali sottoposte all’attenzione del Collegio, non essendo stata prevista consensualmente alcuna formula di rimborso, si applica il criterio suppletivo della Banca d’Italia sui proporzionalità Quesiti pervenuti in materia secca” al tempo residuo: mancanti 72 rate di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”120 alla scadenza ‘naturale’ del rapporto, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente ricorrente spettano a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”oneri assicurativi non maturati € 131,91 [(557*72/120) – 202,29]. In considerazione Documentato l’intervento di un legale per vincere le ingiustificate resistenze dell’intermediario, anche in ragione della oggettiva complessità della vicenda (cfr. Coll. coord. ABF, decisione n. 6167 del 2014: «la complessità delle ragioni che precedonotematiche affrontate rendono non disputabile la opportunità, le domande del ricorrente se non appaiono fondateaddirittura la necessità di una assistenza tecnica legale»), è riconosciuto alla parte un ristoro equitativo delle spese per assistenza difensiva presuntivamente sostenute, nell’ammontare indicato in dispositivo.

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Samples: Financing Agreement

DIRITTO. Il Da respingere l’eccezione d’improcedibilità. La domanda ha infatti riguardo, non già ad un vizio genetico, bensì al debito di restituzione al tempo della estinzione, avvenuta il luglio 2012. Nel merito, giova richiamare il consolidato orientamento del Collegio, secondo cui deve essere restituita la quota delle commissioni e del premio assicurativo non maturata nel tempo. Xxxxxxx infatti reputarsi contrarie a norma imperativa le condizioni contrattuali che stabiliscono la non ripetibilità tout court dei costi applicati al contratto nel caso di estinzione anticipata (cfr., ex multis, Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi Milano, n. 2055/12; Collegio di reclamo e i motivi Roma, n. 1121/12; Collegio di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”1858/12). Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrenteL’art. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19125, 2° paragrafocomma, D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Disposizioni varie a tutela dei consumatori), prevedeva che “le facoltà di adempiere in via anticipata o di recedere dal contratto senza penalità spettano unicamente al consumatore senza possibilità di patto contrario. Se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato, ha diritto a un'equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR”. Su questa linea, l’art. 125-sexies TUB, introdotto dal D.lgs. n. 141/2010, dispone che “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso, il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. Nello stesso senso, con Comunicazione del Governatore della direttiva 2008/48/CE Banca d’Italia del Parlamento europeo e 10 novembre 2009, si dispone che in caso di estinzione anticipata del Consiglio del 23 aprile 2008 mutuo “l’intermediario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, la relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la quota non maturata”. Tale disciplina attua l’art. 8 della direttiva 87/102/CEE, ai sensi della quale "il consumatore deve avere la facoltà di adempiere in via anticipata agli obblighi che prescrive che “al fine gli derivano dal contratto di calcolare il tasso annuo effettivo globalecredito" e "in conformità delle disposizioni degli stati membri, si determina il egli deve avere diritto a una equa riduzione del costo totale complessivo del credito". La ratio di tale norma a tutela del consumatore è stata ribadita dalla Direttiva 2008/48/CE del 23.4.2008, recentemente recepita dal D.Lgs. n. 141/2010, per i contratti di credito al consumatoreconsumo, ad eccezione che sostituisce la norma comunitaria dell’87. Quanto alla restituzione dei premi assicurativi, viene in rilievo l’accordo ABI-Ania del 22 ottobre 2008 (‘Linee guida per le polizze assicurative connesse a mutui e altri contratti di eventuali penali che finanziamento’), in base al quale “nel caso in cui il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci mutuo o di servizifinanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all’iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente – sia nel caso in cui il pagamento del premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell’assicuratore – la parte di premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato”. In termini analoghiSu questa linea, l’art. 4, 49 del Regolamento ISVAP n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai 35/2010 prevede che “nei contratti di credito relativi assicurazione connessi a immobili residenziali, la quale mutui e ad altri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è stata approvata sostenuto dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro debitore/assicurato le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbeneimprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. Essa è calcolata per il premio puro in esamefunzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo; per i caricamenti in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto e per il rimborso del premio, il Collegio rileva chea condizione che le stesse siano indicate nella proposta, dalla documentazione in attinella polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura assicurativa”. Sotto questa luce, non sia ravvisabile il priva di pregio appare la generica eccezione di difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00)legittimazione passiva, nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamentopoiché tenuto a restituire l’indebito, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che relativo ai premi non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in attigoduti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatelo stesso mutuante.

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DIRITTO. Il Collegio A proposito della prima eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente, si deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito per quanto qui rileva, le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari emanate dalla resistenteBanca d’Italia stabiliscono quanto segue: «Se la richiesta del ricorrente ha ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro a qualunque titolo, la controversia rientra nella cognizione dell’ABF a condizione che l’importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro» (sez. I, § 4). Nel caso di specie, la banca resistente ha asserito che l’asse ereditario di cui si tratta avrebbe un valore di € 273.731,48. La domanda dei ricorrenti ha tuttavia a oggetto un sesto di tale valore, cosicché l’importo richiesto non è superiore a € 100.000,00. L’eccezione pregiudiziale della banca resistente a proposito del valore della controversia è pertanto respinta, perché infondata in fatto e in diritto. Dando continuità alle precedenti decisioni di questo Arbitro, deve essere invece accolta l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente a proposito del difetto di contradditorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari. Com’è stato più volte affermato da questo Arbitro, infatti, sussiste un litisconsorzio necessario tra i coeredi di un correntista, il contratto quale preclude di finanziamento liquidare a favore di uno di essi la quota ereditaria di sua spettanza senza il consenso degli altri ovvero in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento loro contraddittorio (e v., ad es., v. la decisione del Collegio di Roma n. 2666/2014283 del 2013), . Il contrasto giurisprudenziale che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione si era formato al riguardo è stato risolto dalle Sezioni Unite della Corte di “sommatoria” Cassazione mediante la sentenza n. 24657 del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali28 novembre 2007, la quale ha aderito all’orientamento interpretativo secondo il quale i crediti non si dividono automaticamente tra i coeredi, in proporzione alle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. A fondamento di tale decisione, che questo Xxxxxxx ritiene di condividere, è stato messo in rilievo che la regola tradizionale della divisione automatica delle obbligazioni tra i coeredi (nomina hereditaria ipso iure dividuntur) è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamentisancita dall’art. 752 c.c. riguardo ai «debiti e pesi ereditari», espressamente prevede e non anche riguardo ai crediti ereditari, i quali sono piuttosto specificamente disciplinati dagli artt. 727 e 757 c.c. Ne consegue che, secondo quanto è stato affermato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza citata, «i crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria». Tale soluzione soddisfa la duplice esigenza di conservare l’integrità dell’asse ereditario e di evitare che dal costo totale singole iniziative possano compromettere l’esito dello scioglimento della comunione. Né può giungersi a diversa e opposta conclusione sulla base della norma dettata dall’art. 1314 c.c., la quale riguarda la divisibilità del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto in generale, ma non attiene specificamente al credito dei coeredi. Secondo il costante orientamento di credito”questo Arbitro, occorre tenere distinti da un lato l’accertamento del credito ereditario nei confronti di un terzo, al quale ciascun coerede è legittimato singolarmente; dall’altro lato, l’accertamento della singola quota ereditaria del condividente, che non può essere disposto se non in contraddittorio con tutti gli altri coeredi. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto come le domande di credito rimarrà valido per il periodo divisione ereditaria devono essere proposte nei confronti di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” tutti gli eredi in quanto litisconsorti necessari (art. 19784 c.p.c.), 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE)così anche lo scioglimento della comunione e l’accertamento delle singole quote non può avvenire che in contraddittorio con tutti i coeredi ovvero con il loro consenso unanime. Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per Mancando il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento consenso degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casoaltri coerenti, il Collegio ricorda rifiuto opposto dalla banca resistente a liquidare ai ricorrenti la quota ereditaria che l’essenza del sistema spetta a ciascuno di rimborso alla francese essi è nella formula matematica inizialepertanto legittimo, in cui si definisce l’importo che consente perché giustificato dall’esigenza di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, tutelare anche la polizza “furto incendio propria posizione nei confronti di eventuali successive pretese da parte degli altri coeredi (pacchetto bluin tal senso, v. già le decisioni del Collegio di Roma n. 952 del 2011 e n.1064 del 2012)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Arbitration Agreement

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare Occorre esaminare preliminarmente l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi carenza di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsolegittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto, il Collegio deve anzitutto rilevare chequale ha prodotto agli atti copia della Gazzetta Ufficiale del 18.04.2019, come correttamente eccepito dalla resistente, contenente la pubblicità dichiarativa della cessione del ramo di azienda cui inerisce il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante leasing finanziario per il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrentequale pende controversia. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghiCome è noto, l’art. 458, n. 13comma 5 TUB prevede, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento “cessione a banche di un obbligoaziende e rami d’aziendasono esclusi che “i creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal calcolo del TEGM (paragrafo C4comma 2, Trattamento degli oneri e di esigere dal cedente o dal cessionario, l’adempimento delle spese nel calcolo del TEG)obbligazioni oggetto di cessione. Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto Trascorso il termine di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casotre mesi, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, cessionario risponde in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuatariavia esclusiva”. Ebbene, nel caso di specie, il ricorrente ha correttamente indirizzato, in data 26 febbraio 2019, la propria eccezione di nullità di pattuizioni contrattuali per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali nonché le proprie domande di restituzione delle somme pagate in esecuzione di quanto previsto dalle predette clausole e di risarcimento del danno da sovrapprezzo nei confronti dell’intermediario cedente, odierno convenuto. Egli ha, infatti, dato avvio al procedimento dinnanzi a questo Arbitro presentando reclamo all’intermediario cedente in data 26.02.2019, dunque prima della pubblicazione in GU della cessione del relativo ramo di azienda, avvenuta il 18.04.2019 (da cui decorre il termine di 3 mesi per l’opponibilità della cessione del ramo d’azienda ai creditori ceduti). La cessione non può pertanto essergli opposta ai sensi di quanto previsto dall’art. 58 comma 5 TUB. In un caso analogo, questo Collegio si è poi pronunciato sulla necessità di dare rilievo alla natura extracontrattuale delle pretese risarcitorie e restitutorie fatte valere dal ricorrente nei confronti dell’intermediario convenuto, la cui eventuale responsabilità da fatto illecito non sarebbe comunque soggetta a cessione (cfr. Collegio di Bologna, decisione n. 19 del 2020). Ne deriva che l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto è del tutto infondata e deve essere rigettata. Passando al merito della controversia, questo Collegio ha avuto modo di ritenere, in conformità con la giurisprudenza ABF in materia, che “una violazione del diritto della concorrenza consistente in un cartello, ove provata, possa dare luogo, rispetto ad un rapporto contrattuale “a valle”, tanto ad un danno risarcibile nella forma del danno da sovrapprezzo, così come identificato all’art. 10 d.lgs. 19.01.2017, n. 3 (la cui esistenza, una volta provata l’intesa anticoncorrenziale a monte, “si presume, salva prova contraria dell’autore della violazione”, ai sensi dell’art. 14 co.2 d.lgs. n. 3/2017) che ad un’ipotesi di nullità totale o parziale, a seconda dell’esito cui conduce nel singolo caso concreto l’applicazione dell’art. 1419 c.c.” (cfr. Collegio di Bologna, decisione n. 24607 del 2019 e, analogamente, Collegio di Milano, decisione n. 16558 del 2019). In punto di valore probatorio dell’accertamento AGCM, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, anche recentemente, la funzione di “prova privilegiata” del provvedimento AGCM, il quale è dotato di “elevata attitudine a provare tanto la condotta anticoncorrenziale, quanto l'astratta idoneità della stessa a procurare un danno ai consumatori” (cfr. Cassazione Civile, 22.5.2019, n. 13846). Il dettato normativo è tuttavia chiaro nell’attribuire valenza di definitivo accertamento della violazione del diritto della concorrenza alla decisione dell’AGCM non più soggetta ad impugnazione davanti al giudice del ricorso ovvero alla sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato (art. 7 del d.lgs. n. 3/2017). L’odierno ricorrente si limita a produrre il provvedimento n. 27492/2018 dell’AGCM, sub all. a), quale pretesa prova dell’illecito anticoncorrenziale posto a fondamento di tutte le sue domande – sia di quelle che mirano alla declaratoria di nullità di singole clausole del contratto di leasing finanziario che di quelle restitutorie e risarcitoria, senza che vengano prodotte ulteriori evidenze. Come già chiarito, tuttavia, la questione della violazione della normativa concorrenziale da parte dell’intermediario convenuto è pacificamente pendente dinnanzi al TAR del Lazio, dove il provvedimento in discorso è stato impugnato e risulta attualmente sospeso in via cautelare in attesa della decisione di merito. Tanto premesso, questo Xxxxxxxx ritiene di condividere l’indirizzo fatto proprio dal Collegio di Torino, secondo cui “[poiché] l’accertamento compiuto dall’Autorità si fa vincolante per il giudice dell’azione civile – e dunque anche per questo Arbitro – quando il provvedimento sanzionatorio non sia più soggetto ad impugnazione dinanzi al giudice amministrativo o sia stato da quest’ultimo confermato con sentenza passata ingiudicato; [ciò] significa, evidentemente, che prima di quello stadio il provvedimento non fa prova, di per sé solo, dell’asserita violazione” (Collegio di Torino, decisione n. 21285 del 2019). Il Collegio di Torino, con motivazione che risulta pertinente anche nel caso in esame, ha pertanto concluso che “al pari del giudice civile, pure questo Xxxxxxx non può reputare provata, allo stato, la violazione sulla quale è fondato il Collegio rileva chepresente ricorso, dalla documentazione giacché detta violazione forma oggetto di un provvedimento ancora sub judice […]; e poiché in attipunto di onere della prova il ricorso rinvia in toto al previo accertamento espletato dall’Autorità col Alla luce di quanto sopra osservato, il ricorso non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta può essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, accolto in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, sfornito di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateprova.

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Samples: Contract of Financial Leasing

DIRITTO. Il Collegio L’intermediario ha allegato alle controdeduzioni la copia del contratto di conto corrente sottoscritto dal de cuius in data 8/05/2013 e suddiviso in due parti. All’atto di sottoscrizione della prima parte del contratto, il de cuius dichiarava espressamente di essere consapevole che i servizi bancari prescelti erano regolati dalle condizioni economiche e dalle norme riportate nella prima e nella seconda parte del contratto. L’art. 5, co. 4, della seconda parte del contratto in esame stabilisce che “in caso di morte o di sopravvenuta incapacità di agire di uno dei cointestatari del conto, ciascuno degli altri conserva il diritto di disporne separatamente. Analogo diritto spetta agli eredi del cointestatario, che sono però tenuti ad esercitarlo tutti insieme, ed al legale rappresentate dell’incapace. La Banca deve anzitutto rigettare l’eccezione pretendere il concorso di irricevibilità per non corrispondenza fra tutti i motivi cointestatari e degli eventuali eredi e del legale rappresentante dell’incapace, quando da uno di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in essi le sia stata comunicata esplicita opposizione alla prosecuzione dell’operatività del conto con firme disgiunte”. In sede di reclamo e repliche alle controdeduzioni, il ricorrente ha contestato l’applicabilità di ricorsosuddetta disposizione contrattuale al caso de quo, in quanto l’art. 5 disciplina espressamente l’ipotesi di conto corrente cointestato a firma disgiunta, non potendo pertanto trovare applicazione nel caso di contratto di conto corrente con un solo intestatario. Parte resistente ha replicato a tale eccezione, rilevando che la collocazione di tale clausola nella disciplina dei rapporti cointestati a firme disgiunte non esclude l’applicabilità della stessa anche ai rapporti mono-intestati, prevedendo anche per quest’ultimi la regola generale dell’onere dei coeredi di agire congiuntamente. Con riferimento a quest’ultimo punto, si osserva come parte ricorrente dichiara di essere coerede del defunto padre insieme alla sorella, la quale tuttavia non solo non aderisce al presente procedimento, ma si è orientamento ormai consolidato dell’ABF (anche opposta alla liquidazione da parte dell’intermediario della quota pari al 50% delle giacenze presenti sul conto corrente del de cuius in favore del fratello. Parte resistente ha prodotto la copia delle missive inoltrate dalla sorella del ricorrente – coerede – con le quali veniva intimato all’intermediario di non procedere alla liquidazione delle somme richieste da parte istante, vale a dire la lettera del 30/06/2020; la lettera inviata dal procuratore della coerede in data 13/07/2020, in cui l’opposizione è motivata adducendo accertamenti in corso quanto alla possibile lesione di quota legittima, e v.l’ulteriore lettera inviata dal procuratore della coerede in data 15/07/2020, in cui l’opposizione è oggetto di ulteriori considerazioni, con riferimento a questioni controverse tra i coeredi. Al riguardo, va osservato che la controversia deve essere esaminata tenendo in debito conto le condizioni contrattuali sottoscritte dal ricorrente al momento della conclusione del contratto, le quali contengono il suddetto art. 5. Tale articolo è testuale nello stabilire che “La Banca deve pretendere il concorso di tutti i cointestatari e degli eventuali eredi e del legale rappresentante dell’incapace, quando da uno di essi le sia stata comunicata esplicita opposizione alla prosecuzione dell’operatività del conto con firme disgiunte.”. Dalla clausola sopra riportata si evince che, anche qualora il conto fosse a firma disgiunta per tutteesplicita pattuizione contrattuale, dall’ABF Napolila Banca non solo può, n. 5814/2015) ma deve, richiedere il concorso di tutti gli eventuali eredi nei casi in cui sia aperta la successione di uno dei contitolari. Questa indicazione vale a reggere anche il caso presente. Infatti, si deve assumere che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento rapporto di conto corrente continui con i successori del danno anche de cujus fino a quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa manifestata da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento loro la volontà di estinguere di estinguere il rapporto. La loro posizione di contitolari può e dunque essere assimilata a quelli di creditori in esamesolido, con facoltà di operare disgiuntamente (v. in quanto proposito la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del decisione resa dal Collegio di coordinamento (e v.n. 27252/2018). Tuttavia, ad es.proprio in relazione a tale configurazione del rapporto, n. 2666/2014)la Banca ha pattuito espressamente, con pattuizione che è accettata dal dante causa dell’attuale ricorrente, che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione un’opposizione alla liquidazione paralizza la facoltà di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e pretendere il pagamento di quelli moratoriquanto è sul conto con disposizione disgiunta. Nel dare atto che, in vista presenza di opposizione del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione coerede, non era possibile procedere a liquidare la quota del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto 50 % dell’attivo del conto, come il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenzialirichiedente domandava, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede Banca non ha dunque fatto altro che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile attenersi alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatecondizioni contrattuali pattuite.

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DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione Relativamente ad entrambe gli affidamenti si rileva quanto segue. Nella comunicazione di irricevibilità avvio dell’istruttoria è stato evidenziato come l’art. 63 comma 2 lett. b) del d.lgs. 50/2016 ammetta la possibilità di affidare un appalto di servizi tramite procedura negoziata senza bando quando i servizi possono essere forniti unicamente da un determinato operatore economico, per una serie di ragioni tassativamente indicate dalla norma. Nel caso degli affidamenti posti in essere dal Comune di Mantova viene in rilievo il caso di cui al punto 1 dell’art. 63 comma 2 lettera b) ovvero quando «lo scopo dell’appalto consiste nella creazione o nell’acquisizione di un’opera d’arte o rappresentazione artistica unica». In base a quanto verificato, il Comune di Mantova non corrispondenza fra ha acquistato delle opere d’arte, poiché le opere oggetto di esposizione sono state concesse in prestito dalla Galleria Tret’jakov di Mosca per quanto riguarda la mostra di Chagall, e da altri musei e collezioni internazionali per quanto riguarda la mostra di Braque (Kunstmuseum Picasso di Münster, Museo di Belfort, Fondazione Maeght di Saint Xxxx de Vence, National Gallery di Praga, Museo del Novecento di Milano). Inoltre la società Mondadori Electa non è l’artista di cui le opere d’arte sono frutto di espressione di specifica identità. È stata rilevata, altresì, la violazione del comma 6 dell’art. 63 del d.lgs. 50/2016 in quanto non risulta espletata, da parte dell’amministrazione comunale, una verifica sulla circostanza per cui i motivi servizi in esame potevano essere forniti unicamente da quel determinato operatore economico attraverso una consultazione preliminare di reclamo e i motivi mercato, di ricorso, stante la sostanziale coincidenza cui occorre dare conto nella motivazione della richiesta espressa dalla ricorrente in sede determina a contrarre (comma 1 dell’art. 63 del d.lgs. 50/2016). L’oggetto dell’affidamento è stato quindi qualificato quale appalto di reclamo e servizi di ricorsoorganizzazione di mostre di cui all’Allegato IX del d.lgs. 50/2016 (CPV 79950000 -8), in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.relazione ai quali, per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso se sotto soglia, ha erroneamente incluso nel MePa è presente un bando relativo alla categoria merceologica dei servizi di organizzazione di eventi, tra cui l’organizzazione di mostre ed eventi. La società Mondadori Electa S.p.A. non risulta quindi l’unico operatore economico in grado di offrire il tasso servizio, essendo il mercato dell’organizzazione di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti mostre ed eventi caratterizzato dalla presenza di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio una pluralità di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014)operatori economici, che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione vi operano in concorrenza. Il Comune di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile eMantova, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo avrebbe potuto approvvigionarsi del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialeservizio attraverso tale strumento, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per modo da garantire la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione più ampia concorrenza tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateoperatori economici.

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Samples: Affidamento Dei Servizi Di Organizzazione, Gestione E Promozione Di Eventi Culturali

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di rileva in via preliminare che la qualità del ricorrente, indicata nel ricorso, stante di “consumatore”, non appare corretta. La stessa parte ricorrente specifica, nelle deduzioni, che la sostanziale coincidenza vicenda sottesa al ricorso interessa la s.n.c. di cui è rappresentante legale, come risultante altresì dal contenuto dell’accordo transattivo per cui è controversia, ove sono presenti riferimenti all’“annullamento/revoca delle segnalazioni a nome proprio e della richiesta espressa società”, nonché dal reclamo. Di conseguenza il Collegio, riqualificato il ricorso, rinvia la sua decisione nella composizione adeguata, competente per le controversie che vedono come parte un “non consumatore”. La parte ricorrente lamenta l’illegittimità di una segnalazione a perdita nella Centrale Rischi Banca d’Italia, nonostante quanto espressamente pattuito in un accordo transattivo concluso con la banca creditrice. Ne chiede pertanto la cancellazione. Giova una breve ricostruzione dei fatti come emergono dalla ricorrente documentazione prodotta. Il 9 ottobre 2017 il ricorrente, in sede qualità di reclamo legale rappresentante della società di persone debitrice, formula, “a seguito delle trattative intercorse”, una proposta di accordo transattivo, prodotto da entrambe le parti, e in relazione al quale non vi è controversia in merito al contenuto ed alla sua conclusione. In base a tale accordo, “a saldo e stralcio di ogni pretesa”, le parti pattuiscono il versamento di € 18.000 (a fronte di un debito di € 41.623,38) entro il 3 novembre 2017, rinunciando reciprocamente alle azioni in corso (con particolare riferimento all’efficacia di un decreto ingiuntivo). L’accordo prevede inoltre un’ulteriore clausola, in base alla quale è prevista la “revoca e/o annullamento della segnalazione [da parte del creditore, intermediario resistente] di sofferenza e/o di altra comunicazione alla Centrale Rischi”. Il regolare adempimento dell’accordo da parte del ricorrente, con il pagamento della somma concordata con bonifico effettuato il giorno 2 novembre 2017, risulta agli atti e anch’esso non è oggetto di contestazione. Altrettanto pacifica fra le parti è la segnalazione oggetto del presente ricorso, con la quale è segnalato il “passaggio a perdita” nel novembre 2017 della parte del credito non recuperata e della quale è chiesto “l’annullamento/revoca”. L’intermediario resistente produce inoltre evidenza che dal periodo novembre 2017 - febbraio 2018, a seguito del passaggio a perdita del novembre 2017, la posizione non è più segnalata. Deve in primo luogo essere precisato che in base alle disposizioni della Banca d’Italia relative agli obblighi di segnalazione da parte degli intermediari creditizi alla Centrale dei Rischi “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze - crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l'intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero. Confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela. [….] La segnalazione non è più dovuta dalla rilevazione successiva a quella in cui il credito è stato interamente passato a perdita ovvero è stata rimborsata la parte non passata a perdita” (Cap. 2, sez.2, par 5.5 della Circolare della Banca d’Italia n. 139 dell'11 febbraio 1991, “Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi” – 16° Aggiornamento di giugno 2017). Costituisce pertanto un obbligo per l’intermediario segnalare tra le perdite le frazioni non recuperate di un credito oggetto di accordo transattivo e di ricorsocessare la segnalazione a seguito del passaggio a perdita del debito residuo, se questo coincide con l’intera parte del debito non rimborsata. La richiamata disciplina induce ad un doppio ordine di considerazioni. Se da un lato costituisce un obbligo per la banca creditrice di procedere alla segnalazione alla Centrale dei Rischi dei crediti non recuperati a seguito di un accordo transattivo, cosicchè, il comportamento dell’intermediario resistente, il quale ha effettuato la segnalazione del credito per la parte non recuperata, deve ritenersi legittimo, dall’altro è evidente come non potesse essere nella disponibilità del creditore concludere un accordo che avesse ad oggetto tale segnalazione, in quanto dovuta. Ne consegue, in primo luogo, che la domanda di parte ricorrente non può essere accolta, poiché la segnalazione risulta correttamente effettuata. Se la domanda del ricorrente non può essere accolta, tuttavia il Collegio non può esimersi dall’esprimere più di un dubbio sulla illegittimità della clausola, parte integrante dell’accordo transattivo sul debito, relativa all’“annullamento/revoca della segnalazione”, con conseguente possibile sorgere di una responsabilità contrattuale in capo all’intermediario. La formulazione della clausola oggetto di controversia infatti non è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.limpida nel suo significato, per tuttebensì tale da ingenerare nel debitore, dall’ABF Napoliche non necessariamente è a conoscenza degli obblighi che incombono sull’intermediario in tema di segnalazioni alla Centrale dei Rischi, n. 5814/2015) la legittima aspettativa che il ricorrente al pagamento concordato non segua una segnalazione del debito residuo quale può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamocredito passato in perdita”. Venendo all’esame del merito del ricorsoPertanto, il Collegio deve anzitutto rilevare chenell’esercizio della facoltà di formulare indicazioni utili a migliorare i rapporti con la clientela, come correttamente eccepito attribuita all’ABF dalla resistenteSez. VI, il contratto par. 3, delle Disposizioni di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento Banca d’Italia sul funzionamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premessoquesto Arbitro, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esameopportuno invitare l’intermediario ad un comportamento maggiormente corretto e trasparente, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche modo da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad esnon indurre false aspettative nella clientela., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Transazione

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione La controversia sottoposta all’Arbitro ha per oggetto una richiesta di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto a seguito di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento un furto di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esameidentità ed, in quanto la ricorrenteparticolare i controlli, che l’intermediario deve effettuare al fine di dimostrare identificare il superamento del tasso sogliacliente, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEGonde prevenire possibili danni agli interessati ai quali i dati appartengono, oltreché a se stesso. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato In questi casi, secondo l’orientamento dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio grava sull’intermediario l’onere di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione dimostrare di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, avere posto in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “essere tutte le necessarie cautele al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globaleprevenire possibili danni e attestare di avere effettuato controlli adeguati, si determina il costo totale del credito al consumatorecontraddistinti dal dovuto scrupolo e dalla necessaria diligenza professionale (cfr Collegio Napoli, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, decisione n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE3851/2014). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento Quanto alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, condotta dell’intermediario resistente il Collegio rileva che, dalla documentazione sebbene lo stesso ribadisca di aver eseguito tutte le verifiche prescritte in attisede di istruttoria del prestito, non offre prova di tale affermazione. Invero, la convenuta neppure contesta le macroscopiche irregolarità segnalate dal ricorrente nella denuncia alla Polizia allegata al ricorso: che cioè le firme apposte sul contratto di finanziamento erano in modo “evidente” difformi da quelle apposte sul suo documento di identità, così come la fotografia e l’indirizzo di residenza; che la busta paga presente nel fascicolo del prestito avrebbe indicato un datore di lavoro differente. Per di più, l’intermediario non ha reso noto se il rapporto di finanziamento sia ravvisabile il difetto stato instaurato presso i locali della filiale né se abbia ottenuto l’esibizione del documento falsificato in originale e se abbia provveduto ad effettuare ulteriori verifiche, come prescritto dalla normativa in materia di informativa antiriciclaggio. Anche le note allegate dalla resistente a prova dell’invio del preavviso e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate dei solleciti di pagamento sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) state inviate all’indirizzo contestato dal ricorrente e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziariquindi dallo stesso mai ricevute ma restituite al mittente. Il Collegio pertanto prende atto che non è contestato fra le parti il furto di identità ai danni del ricorrente e rileva infatti come l’intermediario resistente non abbia assolto l’onere probatorio di aver agito con la diligenza professionale per prevenire l’evento dannoso. Dal canto suo, sul ricorrente grava l’onere di provare l’esistenza del danno. Sotto il profilo del danno patrimoniale, però, lo stesso non produce la nota di diniego di finanziamento da parte dell’altro intermediario, per dimostrare l’esistenza di un pregiudizio da mancato accesso al credito; e quanto al danno da perdita di occasioni economiche, allega solo evidenza di un mandato conferito nel novembre 2015 ad una società di consulenza incaricata di occuparsi per suo conto della acquisizione di uno studio professionale. La domanda risarcitoria non può pertanto essere accolta rispetto a questi profili di danno, per difetto di prova. Per contro, con riguardo al danno non patrimoniale, il ricorrente ha allegato evidenza della propria iscrizione all’albo dei commercialisti/revisori dei conti al fine di provare la propria qualifica professionale. Circostanza dalla quale è possibile presumere l’esistenza di un danno alla reputazione professionale che il contratto Collegio ritiene di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, poter liquidare in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, via equitativa come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatedispositivo.

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Samples: Identity Theft Complaint

DIRITTO. Il La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di irricevibilità forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non corrispondenza fra possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i motivi diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di reclamo nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i motivi servizi effettuati in esecuzione di ricorsoprevisioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, stante come anche in quello qui in discussione, peraltro, la sostanziale coincidenza concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della richiesta espressa dalla ricorrente pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in sede di reclamo e di ricorsoesecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per tuttel’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, dall’ABF Napolinella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del danno anche quando tale richiesta regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non sia stata formulata nel reclamointegra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata da parte di fornitori di beni e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Venendo all’esame del merito del ricorsoPertanto, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in esame prevede contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la restituzione carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento mediante il versamento collegato alla carta di n° 47 ratecredito revolving, e utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non già conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 72, come asserito 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata essendo stata accertata la principale contestazione mossa mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del finanziamento in esamegenere, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/20143257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratorivale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre quindi, sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai causale – i contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatecreditizi.

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Samples: Financing Agreement

DIRITTO. Xxxx’inammissibilità del ricorso per mancato utilizzo della modulistica ufficiale. L’intermediario ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancato utilizzo della modulistica ufficiale da parte della ricorrente. Parte ricorrente ha precisato di avere utilizzato l’apposito modulo ABF integrandolo con degli allegati. Nelle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, sez. VI par. 1, è previsto che “Il ricorso è sottoscritto dal cliente (…). Esso è redatto utilizzando la modulistica pubblicata sul sito internet dell’ABF e reperibile presso tutte le filiali della Banca d’Italia aperte al pubblico”. Il ricorso è inizialmente pervenuto in data 27.2.2017 (n. prot. 260778/17), redatto su carta intestata della ricorrente, completo delle seguenti informazioni: residenza della ricorrente, data del reclamo, dichiarazione che la controversia non è stata sottoposta all’autorità giudiziaria. Successivamente, in data 24.4.2017, è pervenuta dalla ricorrente un’integrazione (n. prot. 543198/17) sul modulo compilato secondo le Disposizioni. L’integrazione è stata inoltrata all’intermediario con nota del 26.4.2017. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) ritiene che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno sia ammissibile tenuto conto anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamodella giurisprudenza dell’ABF sul punto. Si richiama, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsoex multis, il Collegio deve anzitutto rilevare di Napoli, decisione n. 442 del 19.1.2017 che, come correttamente eccepito dalla resistentea proposito del mancato utilizzo della modulistica di accesso al procedimento dinanzi all’Arbitro bancario finanziario, il contratto che si trova disponibile sul relativo sito internet, ha ritenuto che “La questione va risolta sul piano sostanziale, nel senso che la redazione del ricorso sulla modulistica ufficiale tende ad assicurare che le domande al Collegio abbiano tutti i requisiti essenziali, quali dati anagrafici, data e sottoscrizione, copia del reclamo, dichiarazione di finanziamento in esame prevede la restituzione mancata sottoposizione della controversia all’Autorità giudiziaria, documento di identità della parte ricorrente, copia del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrentedel contributo spese”. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa Ove tutti questi elementi siano desumibili dall’istanza presentata da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine “una interpretazione eccessivamente formalistica dell’obbligo di dimostrare il superamento del tasso sogliautilizzare la modulistica dedicata si porrebbe in contrasto con la finalità di fornire uno strumento agevole e snello di risoluzione alternativa delle controversie, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro tutte le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, volte in cui si definisce l’importo che consente la funzione dell’Arbitro può essere comunque adeguatamente svolta perché sono stati allegati gli elementi essenziali dell’atto di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari accesso al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateprocedimento».

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Samples: Mutuo Ipotecario

DIRITTO. Il La questione ha per oggetto l’assunta illegittimità della perdurante segnalazione in Centrale Rischi del nominativo del ricorrente, stante l’asserito venir meno del suo obbligo fideiussorio ai sensi dell’art. 1957 c.c. Per accertare se nel caso in esame l’obbligo di segnalazione in Centrale Xxxxxx sia cessato per estinzione dell’obbligazione del garante, come affermato dal ricorrente, o, viceversa, permanga, come sostenuto dalla parte resistente in considerazione della non risolta posizione debitoria, occorre rifarsi sia all’art. 1957 c.c., richiamato dall’una e dall’altra parte a sostegno delle proprie opposte ragioni, sia alle previsioni negoziali di cui alla costituzione della fideiussione. In prospettiva generale, occorre inoltre ricordare che, in relazione alla Circolare della Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991 (Cap. II - Classificazione dei rischi -, Sez. 2, Par. 3 - Garanzie ricevute -), in varie occasioni questo Arbitro - in linea con la giurisprudenza civile ed il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità Coordinamento (cfr. decisione n. 3089/2012) - ha evidenziato non solo i requisiti di legittimità della segnalazione in Centrale Rischi delle garanzie ricevute dall’intermediario, ma anche i presupposti che ne legittimano la cancellazione, precisando come “l’obbligo dell’intermediario di segnalare o di mantenere la segnalazione delle garanzie ricevute cessa o ‘quando si estingue l'obbligazione del garante’ o ‘quando viene meno il rapporto garantito’” (Collegio di Milano, decisione n. 8288/2014). Circa l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. al caso in esame, pare non doversi dubitare: l’art. 5 (Responsabilità del fideiussore) del contratto (a tenore del quale “I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore e il termine entro il quale agire per l’adempimento, in deroga a quanto previsto dall’art. 1957 c.c., si stabilisce in 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita”) configura infatti una fattispecie non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorsoassimilabile, stante la sostanziale coincidenza sua ambigua formulazione, a quella che, secondo il prevalente orientamento della richiesta espressa Cassazione, esclude l’operare del termine di decadenza stabilito dalla ricorrente norma codicistica (cfr. Cass. n. 16836/2015: “nell’ipotesi in sede cui la durata di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta una fideiussione sia correlata non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsoalla scadenza La citata disposizione impone al creditore, il Collegio deve anzitutto rilevare chequale, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, voglia conservare la garanzia del fideiussore, l’onere di proporre le sue istanze contro il debitore principale nel termine di decadenza di sei mesi, termine peraltro derogabile (come correttamente eccepito infatti risulta previsto al già ricordato art. 5 della fideiussione, che lo fissa a “36 mesi dalla resistentescadenza dell’obbligazione garantita”). Accertata la scadenza dell’obbligazione principale, il da individuarsi nella risoluzione del contratto di finanziamento (avvenuta in esame prevede data 23.06.2011), da cui è conseguita la restituzione costituzione in mora del finanziamento mediante debitore principale e del garante (il versamento 28.07.2011) e, di n° 47 rateseguito, la segnalazione “a sofferenza” del nominativo di quest’ultimo, stante il perdurare della sua insolvenza (come da comunicazione del 09.09.2011), per stabilire se il vincolo fideiussorio permanga o sia venuto meno e non già n. 72se, quindi, il ricorrente sia ancora obbligato oppure no al pagamento delle somme dovute (con i conseguenti risvolti sulla legittimità o meno della permanenza della segnalazione del suo nominativo in Centrale Rischi, sia come garante, sia, di seguito, come asserito dalla ricorrentedebitore “in sofferenza”), occorre valutare il comportamento del creditore e cioè se nei 36 mesi successivi al giugno 2011 abbia, come dispone l’art. Tanto premesso1957 c.c., “proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”. La circostanza che il creditore debba prendere sollecite e serie iniziative contro il debitore principale, per recuperare il credito, trova la sua ragione giustificatrice nell’esigenza di evitare che la posizione del garante resti sospesa sine die (così, da ultimo, Cass. n. 1724/2016). In tale ottica, l’osservanza del suddetto onere esige, secondo il costante orientamento della Cassazione, il Collegio ritiene infondata la principale ricorso a mezzi processuali di tutela del diritto in via cognitoria o esecutiva volti ad ottenere l’accertamento ed il soddisfacimento della pretesa creditrice. Nella specie, a fronte della contestazione mossa del ricorrente in ordine al mancato assolvimento da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esamedell’intermediario delle attività dirette a recuperare il credito, in quanto parte resistente non ha offerto se non indicazioni generiche circa le attività intraprese nei confronti dell’obbligato principale (si parla di un affidamento della posizione debitoria ad una società di recupero crediti), senza riferimento alcuno a specifiche iniziative giudiziarie o all’impossibilità di esperirle per la ricorrente, al fine presenza di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento ostacoli giuridici (e v.come, ad es, l’apertura della procedura di concordato preventivo del debitore: così, Cass. 3085/ 1996). Da ciò consegue che, risultando inutilmente trascorsi più di 36 mesi, l’obbligazione fideiussoria a carico del ricorrente debba ritenersi, ai sensi dell’art. 1957 c.c., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile estinta e, pertanto, non più giustificata la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo segnalazione del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento suo nominativo in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateCentrale Rischi.

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Samples: Not Specified

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoritiene, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.via preliminare, per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta di dovere esaminare la questione relativa alla sopravvenuta cancellazione dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione dall’elenco di cui all’art. 1815106 del t.u.b., comma 2°avvenuta in data 10.1.17. Sebbene non eccepita dalle parti, c.cla sopravvenuta cancellazione impone di verificare se permanga la legittimazione passiva del resistente. Questa impostazione risulta La risposta al quesito è affermativa. Xxxx infatti ritenersi che la legittimazione passiva si radica al momento della proposizione del resto coerente con quanto statuito dall’artricorso e, quindi, non si perde a seguito della successiva cancellazione del resistente dall’albo degli intermediari ex artt. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo 106 e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”107 t.u.b. In termini analoghi, l’art(nello stesso senso Coll. 4Milano, n. 13804 del 2014). Prima ancora di venire al merito della controversia occorre ancora sottolineare che al momento della sottoscrizione del contratto la società resistente non era autorizzata al rilascio di garanzie con la conseguenza che, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che se il contratto in esame dovesse essere inteso come una garanzia concessa dall’intermediario, verrebbe in rilievo il problema della validità del contratto in mancanza della prescritta autorizzazione per l’esercizio dell’attività. Ritiene il Collegio che l’assunzione dell’obbligo di credito rimarrà valido per acquisto dei crediti della ricorrente nei confronti del conduttore di un immobile di sua proprietà persegue indiscutibilmente la finalità di garantire il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti cedente per il caso di ritardo od inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casoconduttore, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema resto ben si concilia con la causa variabile che caratterizza la cessione di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialecredito. Viene, dunque, in cui si definisce l’importo rilievo il tema della illiceità dell’attività d’impresa svolta in mancanza delle prescritte autorizzazioni; illiceità che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, di specie darebbe luogo all’applicazione delle sanzioni penali previste dall’art. 132 t.u.b. per l’esercizio abusivo di attività finanziaria. Com’è noto un ormai risalente orientamento di dottrina e giurisprudenza esclude che dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziaridisposizioni che dette autorizzazioni richiedono per l’esercizio dell’attività d’impresa possano prodursi conseguenze di rilievo in ordine alla stessa configurabilità della fattispecie-impresa ed alla applicabilità della disciplina ad essa eventualmente dedicata. Il Collegio rileva infatti che Proprio in tema di esercizio dell’attività bancaria può considerarsi ormai acquisito il contratto principio secondo cui l’esercizio di finanziamento, con l’indicazione fatto dell’attività bancaria non esenta affatto l’imprenditore dall’applicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenutedisposizioni dettate dal testo unico bancario, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore particolare della disciplina dello stesso testo unico dedicata alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi regolamentazione della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatecrisi dell’impresa bancaria.

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DIRITTO. Nel primo motivo viene dedotta sia sotto il profilo del vizio di violazione che ex art. 360 c.p.c., n. 5, ante vigente la erroneità della qualificazione del contratto di mutuo in oggetto come fondiario. La Corte ha adottato un criterio meramente nominalistico. Nella specie non è stato raccolto il credito con obbligazioni garantite (ovvero mediante le cartelle di mutuo fondiario). Nel secondo motivo viene dedotta sia sotto il profilo del vizio della violazione di legge che ex art. 360 c.p.c., n. 5, ante vigente l’erroneità della decisione della Corte d’Appello relativa all’inapplicabilità nella specie della normativa antiusura anche qualora il contratto fosse regolato dalla lex specialis. Nel terzo motivo viene dedotto il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla qualificazione del mutuo come "agevolato" senza alcuna giustificazione e con palese illegittimità delle conseguenze (inapplicabilità l. n. 108 del 1996) scaturenti da tale qualificazione, meramente affermate. La censura viene formulata al medesimo fine anche ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. L’esame dei primi due motivi deve essere congiunto per ragioni di connessione logica. L’indagine da svolgere preliminarmente riguarda l’applicabilità della normativa antiusura al contratto dedotto in giudizio anche qualora fosse realmente qualificabile come mutuo fondiario, regolato ratione temporis dal D.P.R. 21 luglio 1976, n. 7. Ritiene il Collegio che il regime derogatorio della disciplina legale imperativa relativa all’ambito di esplicazione dell’autonomia negoziale in ordine all’applicazione degli interessi passivi, moratori o compensativi, sia limitato alla non vigenza per contratti di mutuo fondiario del divieto di anatocismo. L’indice normativo dal quale si trae tale conclusione è dettato dall’art. 14, del D.P.R. sopra citato che così recita: "Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione pagamento delle rate di irricevibilità ammortamento dei prestiti non può essere ritardato da alcuna opposizione. Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. La misura degli interessi di mora da corrispondersi dai mutuatari agli enti sulle somme dovute e non pagate, stabilita dal primo comma della L. 17 agosto 1974, n. 397, art. 2, può essere modificata con decreto del Ministro per il tesoro, sentito il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio". Tale deroga, peraltro non corrispondenza fra è più vigente così come evidenziato dalla pronuncia 22/5/2014 n. 11400 di questa Corte che si riproduce: "Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, (cosiddetto t.u.b.), secondo il quale qualsiasi ente bancario può esercitare operazioni di credito fondiario la cui provvista non è più fornita attraverso il sistema delle cartelle fondiarie, la struttura di tale forma di finanziamento ha perso quelle peculiarità nelle quali risiedevano le ragioni della sottrazione al divieto di anatocismo di cui all’art. 1283 c.c., rinvenibili nel carattere pubblicistico dell’attività svolta dai soggetti finanziatori (essenzialmente istituti di diritto pubblico) e nella stretta connessione tra operazioni di impiego e operazioni di provvista, atteso che gli interessi corrisposti dai terzi mutuatari non costituivano il godimento di un capitale fornito dalla banca, ma il mezzo per consentire alla stessa di far fronte all’eguale importo di interessi passivi dovuto ai portatori delle cartelle fondiarie (i motivi quali, acquistandole, andavano a costituire la provvista per l’erogazione dei mutui). Ne consegue che l’avvenuta trasformazione del credito fondiario in un contratto di reclamo finanziamento a medio e i motivi lungo termine garantito da ipoteca di ricorsoprimo grado su immobili, stante comporta l’applicazione delle limitazioni di cui al citato art. 1283 c.c., e che il mancato pagamento di una rata di mutuo non determina più l’obbligo (prima normativamente previsto) di corrispondere gli interessi di mora sull’intera rata, inclusa la sostanziale coincidenza parte rappresentata dagli interessi corrispettivi, dovendosi altresì escludere la vigenza di un uso normativo contrario". La applicazione ratione temporis del citato art. 4, non autorizza, tuttavia, a ritenere, in mancanza di qualsivoglia indicatore normativo proveniente dalla disciplina di settore e dal sistema legislativo di tutela penale e civile dall’usura, che, limitatamente ai contratti di mutuo fondiario, si possa eludere il divieto di applicazione di tassi usurari in ordine agli interessi corrispettivi dovuti in virtù dell’accensione di un mutuo. La natura del divieto, la sua inderogabilità assoluta, la sanzione penale che ne accompagna la violazione ex art. 644 c.p., così come novellato dalla L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 1, e la correlata sanzione civile della richiesta espressa non debenza di alcun interesse in caso di superamento del tasso soglia ex art. 1815 c.c., comma 2, così come novellato dalla ricorrente L. n. 108 del 1996, art. 4, inducono univocamente a ritenere che il sistema antiusura abbia un’ applicabilità generale (con riferimento alle tipologie contrattuali previste dalla L. n. 108 del 1996, art. 2) e non possa desumersene alcuna deroga in sede via interpretativa essendo necessaria un’espressa indicazione legislativa contraria. - Stabilita l’applicabilità, in astratto ed in via generale, anche ai contratti di reclamo e di ricorsomutuo fondiario del sistema normativo antiusura contenuto nella citata L. n. 108 del 1996, occorre verificarne l’incidenza in concreto, ancorchè la questione non sia stata trattata dalla Corte d’Appello, dal momento che, ove se ne dovesse escludere l’applicabilità al contratto in oggetto, in quanto sorto anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, si dovrebbe concludere il giudizio con una statuizione di rigetto con correzione della motivazione in diritto. Sull’efficacia della normativa antiusura sui contratti sorti anteriormente all’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, ma che hanno avuto vigenza anche successivamente ad essa, è orientamento ormai consolidato dell’ABF intervenuta la legge d’interpretazione d’autentica introdotta dal D.L. 29 settembre 2000, n. 394, art. 1, convertito nella L. 28 febbraio 2001, n. 24, stabilendo che "Ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p., e dell’art. 1815 x.x., xxxxx 0, xx intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento". La norma è stata dichiarata costituzionalmente legittima dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 29 del 2002, nella quale si afferma "La norma denunciata trova giustificazione, sotto il profilo della ragionevolezza, nell’esistenza di tale obiettivo dubbio ermeneutico sul significato delle espressioni "si fa dare (...) interessi (...1 usurari" e v."facendo dare (...) un compenso usurario" di cui all’art. 644 c.p., in rapporto al tenore dell’art. 1815 x.x., xxxxx 0, ("se sono convenuti interessi usurari") ed agli effetti correlativi sul rapporto di mutuo. Il D.L. n. 394 del 2000, art. 1, comma 1, nel precisare che le sanzioni penali e civili di cui all’artt. 644 c.p., e art. 1815 c.c., comma 2, trovano applicazione con riguardo alle sole ipotesi di pattuizioni originariamente usurarie, impone tra le tante astrattamente possibili un’interpretazione chiara e lineare delle suddette norme codicistiche, come modificate dalla L. n. 108 del 1996, che non è soltanto pienamente compatibile con il tenore e la ratio della suddetta legge ma è altresì del tutto coerente con il generale principio di ragionevolezza. La fattispecie sottoposta vaglio della Corte Costituzionale è identica a quella sottoposta al presente giudizio. - Deve, tuttavia, rilevarsi che anche dopo l’intervento legislativo d’interpretazione autentica e l’avallo della Corte Costituzionale gli orientamenti giurisprudenziali, ed in particolare quelli di questa Corte manifestano un netto contrasto. - Una delle opzioni interpretative esclude che, all’esito dell’interpretazione autentica intervenuta D.L. n. 394 del 2000, ex art. 1, convertito nella L. n. 241 del 2001, il superamento del tasso soglia degli interessi corrispettivi originariamente convenuti in modo legittimo (senza oltrepassare il limite dell’usurarietà), in corso di esecuzione del rapporto possa determinarne ex artt. 1339 e 1418 c.c., la riconduzione entro il predetto tasso soglia stabilito dalla legge così come integrata dai D.M. periodicamente emanati al riguardo. Viene valorizzato, da quest’orientamento, il dato testuale del D.L. n. 394 del 2000, art. 1, ed in particolare la locuzione "indipendentemente dal loro pagamento". La legittimità iniziale del tasso convenzionalmente pattuito spiega la sua efficacia per tutta la durata del contratto nonostante l’eventuale sopravvenuta disposizione imperativa che per una frazione o per tutta la durata del contratto successiva al suo sorgere ne rilevi la natura usuraria a partire da quel momento in poi. - Questo orientamento, formatosi su fattispecie consistenti in contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996, ha trovato recente conferma nella sentenza 29/1/2016 n. 801 così massimata: "I criteri fissati dalla L. n. 108 del 1996, per tuttela determinazione del carattere usurario degli interessi, dall’ABF Napolinon si applicano alle pattuizioni di questi ultimi anteriori all’entrata in vigore di quella legge, siano esse contenute in mutui a tasso fisso variabile, come emerge dalla norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 5814/2015394 del 2000, art. 1, comma 1, (conv., con modif., dalla L. n. 24 del 2001), che non reca una tale distinzione. In precedenza il medesimo principio è contenuto nella sentenza 19/3/2007 n. 6514 (in motivazione) e 27/9/2013 n. 22204 in motivazione. Si ritiene di non citare le numerose sentenze massimate che affermano i medesimi principi ma riguardano rapporti del tutto esauriti e non ancora in corso al momento della vigenza della L. n. 108 del 1996 (a titolo esemplificativo si citano Cass. 25/3/2003 n. 4380; 19/3/2007 n. 6514 e 17/12/2009 n. 26499). Parallelamente all’orientamento illustrato se ne sviluppato uno speculare di recente confermato dalla pronuncia 17/8/2016 n. 17150 così massimata: "Le norme che prevedono la nullità dei patti contrattuali che determinano la misura degli interessi in tassi così elevati da raggiungere la soglia dell’usura (introdotte con la L. n. 108 del 1996, art. 4), pur non essendo retroattive, comportano l’inefficacia ex nunc delle clausole dei contratti conclusi prima della loro entrata in vigore sulla base del semplice rilievo, operabile anche d’ufficio dal giudice, che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando rapporto giuridico, a tale richiesta momento, non sia stata formulata nel reclamosi era ancora esaurito". Questa pronuncia, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorsounitamente a molte altre relative a fattispecie identiche non contiene nello sviluppo motivazionale, il Collegio deve anzitutto rilevare cheriferimento espresso alla citata norma d’interpretazione autentica (D.L. n. 394 del 2002, come correttamente eccepito dalla resistenteart. 1) ed al successivo avallo della Corte Costituzionale (si richiamano al riguardo anche le sentenze 14/3/2013 n. 6550, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione n.602 del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate2013; 17854 del 2007). Nella pronuncia 31/1/2006 n. 2140 si fa, invece, espresso riferimento, a differenza che nelle altre, all’intervenuta legge d’interpretazione autentica della L. n. 108 del 1996, artt. 1 e 4, e non già alla sentenza della Corte Costituzionale n. 7229 del 2002. Ugualmente il richiamo si ritrova nella sentenza n. 11638 del 2016. - In conclusione, come asserito dalla ricorrente. Tanto premessoevidenziato il radicale contrasto anche sincronico tra i due orientamenti, il Collegio ritiene infondata di rimettere la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà causa al Primo presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite di questa Corte. dispone la trasmissione del finanziamento procedimento al Primo presidente per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite civili. Così deciso in esameRoma, nella Camera di Consiglio, il 8 novembre 2016. Depositato in quanto la ricorrenteCancelleria il 31 gennaio 2017. Nei contratti di mutuo, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” determinazione del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, stipulata anteriormente all’entrata in vista del relativo confronto col “vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso soglia” individuato con riguardo non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipulazione stipula, né la pretesa del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione mutuante, di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare riscuotere gli interessi secondo il tasso annuo effettivo globalevalidamente concordato, si determina il costo totale del credito al consumatorepuò essere qualificata, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo solo fatto del sopraggiunto superamento di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso detta soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari contraria al 15,98% e, dovere di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo buona fede nell’esecuzione del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Raccolta Di Giurisprudenza

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione La Commissione osserva, preliminarmente, che la disciplina in tema di irricevibilità accesso ai documenti amministrativi, di cui agli artt. 22 (lettera e) e 23 della L. 7 agosto 1990 n. 241, si applica a tutti i soggetti di diritto pubblico e anche agli “enti pubblici non economici”. L’Ordine dei Farmacisti è un ente pubblico non economico ausiliario dello Stato, sul quale vigilano alcuni ministeri. L’Ordine rappresenta tutti i farmacisti iscritti all’Albo che esercitano la loro attività in diversi campi o settori produttivi, alcuni dei quali richiedono l’iscrizione obbligatoria all’Albo; sorveglia la correttezza dell’attività professionale degli iscritti e adotta, se necessario, provvedimenti disciplinari per non corrispondenza fra i motivi l’inosservanza del Codice Deontologico. Pertanto, alla luce delle disposizioni normative di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsocui alla L. 7 agosto 1990 n. 241, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.materia di accesso alla documentazione amministrativa, per tuttei soggetti pubblici sono assimilati alle Pubbliche amministrazioni − in relazione al potere-dovere di esaminare le domande di accesso −. La Commissione dichiara, dall’ABF Napolipertanto, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenzialiappena esaminato, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”propria competenza. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa Quanto al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialericorso deve ritenersi fondato, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso avendo parte ricorrente indicato la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altroun interesse differenziato, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e concreto ed attuale ad ottenere la documentazione richiesta tenuto conto che la questione piuttosto società intende aggiornare e integrare i dati pubblicati sul sito ….., essendo proprietaria e gestore del relativo sito, che si sposta sulla sufficiente contezza occupa di pubblicare i recapiti, gli orari e i turni delle farmacie d’Italia. La Scrivente sottolinea, peraltro, che del metodo (gli elenchi inerenti alle farmacie di turno costituiscono dati consultabili e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”visionabili sui siti istituzionali. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio La Commissione rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza ancora che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente turnazione delle farmacie è un servizio che le lamentele sollevate ex post ASL adottano su parere dell’Amministrazione resistente, come dedotto dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute….. La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrareesaminato il ricorso, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% lo accoglie e, per l’effetto, invita l’Ordine dei Farmacisti a riesaminare l’istanza di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre accesso nei sensi di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti cui in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatemotivazione.

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DIRITTO. La controversia ha ad oggetto la declaratoria di nullità di un contratto di prestito al consumo, con conseguente pretesa alla corresponsione dell’indebito. Secondo la domanda principale, si tratterebbe di nullità derivata, in forza del collegamento negoziale del finanziamento con un contratto di associazione/acquisto di un pacchetto vacanze (cd. “contratto a monte”), quest’ultimo dichiarato nullo dal Tribunale di Bologna con provvedimento dell’1 dicembre 2019; secondo la domanda spiegata in via subordinata, invece, la nullità verrebbe in considerazione come un vizio proprio del contratto di prestito, che discenderebbe dalla indeterminatezza del suo oggetto. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione esamina la domanda principale, fondata sul supposto collegamento negoziale tra i due contratti de quibus, ed esclude che nella fattispecie sussistano gli estremi di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorsoun collegamento negoziale ai sensi dell’art. 121 TUB. Invero, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsosecondo l’art. 121 lett. d) TUB, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente va qualificato quale può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spesecollegato”, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, rilevante secondo la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infattiregolazione consumeristica, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di Nella fattispecie il periodo Collegio osserva che nessuna delle condizioni tipiche sussiste. In particolare, il terzo intermediario che ha collocato il finanziamento non coincide con il fornitore. Inoltre, all’esame dei due contratti emerge che non solo non coincidono gli importi del servizio acquistato e del finanziamento (anche a voler detrarre dal prezzo la somma di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro € 1.400 di cui alle cambiali consegnate al fornitore, vi sarebbe comunque una non perfetta coincidenza tra gli importi di 13.400 € contro 13.700 €), né sono logicamente coordinate le date convenuti nel contratto di credito” stipula (art. 1925.3.2013 contro 7.5.2013), 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertantoma soprattutto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle finalità del prestito è, testualmente, secondo la documentazione versata in atti dallo stesso ricorrente, penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitariacquisto, costruzione o ristrutturazione di abitazioni o relative pertinenze …”. D’altra parteQuanto alla questione, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usurapresentata in via subordinata, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico sulla asserita indeterminatezza dell’oggetto del contratto di finanziamento in esamefinanziamento, dovuto al sistema secondo gli artt 1346 e 1284 c.c. (oltre che 117 TUB), per carenza di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esameammortamento, il Collegio rileva che, dalla documentazione in attiinvero, non sia ravvisabile dal documento di sintesi prodotto dal ricorrente stesso si evincono i costi del finanziamento ed il difetto relativo piano di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00)ammortamento, nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti così che il contratto lamentato vizio di finanziamentoinvalidità non sussiste. Questo approdo interpretativo è coerente con l’insegnamento della Corte di legittimità (e cfr. Xxxx., con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, 16907/2019) in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, punto di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito determinabilità per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondaterelationem dell’oggetto contrattuale.

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DIRITTO. Il Collegio ricorso è fondato, e va accolto. Con il gravame in epigrafe la **** s.p.a. ha impugnato il verbale di gara del tre febbraio 2005, relativo all’appalto di fornitura di autocarri con permuta necessari per l’esecuzione dei lavori affidati alla **** indetto dal Comune di Palermo, con importo a base d’asta di Euro 367.000.000, nella parte in cui il seggio di gara ha disposto l’esclusione della ricorrente “poichè la polizza assicurativa non riporta la clausola “a semplice” richiesta scritta della stazione appaLtante così come previsto dall’art. 30 comma 2_is della L. 10994 e successive modifiche e integrazioni ed espressamente richiesto dal bando di gara”, nonchè il successivo verbale di gara del 15 febbraio 2005 di aggiudicazione definitiva dell’incanto in favore dell’impresa controinteressata **** s.r.l. I primi due motivi, per la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente. Con il primo mezzo, la ditta ricorrente censura gli atti gravati per eccesso di potere per carenza istruttoria, genericità e travisamento dei fatti. La polizza presentata dalla ricorrente non reca, è vero, la parola “semplice” dopo “richiesta”, ma ciò non implica mancata copertura fideiussoria, in quanto la polizza non contrasterebbe con l’art. 30 comma 2 bis L. 10994. Infatti, l’art. 4 delle condizioni di polizza reca espressa dicitura per cui il pagamento delle somme dovute in base alla polizza stessa deve anzitutto rigettare l’eccezione essere effettuato entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta scritta da parte dell’Ente garantito, ed inoltre la garante Società ***** di irricevibilità assicurazioni non godrà del beneficio di preventiva escussione dell’obbligato ai sensi dell’art. 1944 c.c. Nel secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione dei principi di massima partecipazione alla gara; violazione dell’art. 6, comma 1, lettera B, della legge 7.8.1990 n. 241. L’esclusione da una pubblica gara potrebbe avere legittimamente luogo solo se rispondente ad un interesse dell’Amministrazione, che nella specie non sarebbe stato leso dal tenore della garanzia rilasciata dalla ricorrente; mentre, per non corrispondenza fra i tale ragione, nel caso di specie l’esclusione sarebbe derivata da un inutile ed ingiustificato formalismo. I due motivi di reclamo sono fondati, e i devono essere accolti. La questione nodale della presente controversia si risolve, alla luce dei motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza nell’interpretazione della richiesta espressa polizza depositata dalla ricorrente presso il seggio di gara, e nella sua rispondenza, o non, alle finalità perseguite dal bando di gara, mediante disposizione dettata a pena di esclusione, e che, per quanto qui interessa, imponeva l’operatività della garanzia “entro 15 giorni dalla semplice richiesta della stazione appaltante.” La previsione del bando qui in esame è aderente a quanto disposto dall’art. 4 D.M. 1232004, che ha il seguente tenore: “Escussione della garanzia- Il Garante pagherà l'importo dovuto dal Contraente entro il termine di 15 giorni dal ricevimento della semplice richiesta scritta della Stazione appaltante inviata per conoscenza anche al Contraente, presentata in conformità del successivo art. 6 (ossia con lettera raccomandata indirizzata alla sede del garante) e contenente gli elementi in suo possesso per l'escussione della garanzia. Il Garante non godrà del beneficio della preventiva escussione del debitore principale di cui all'art. 1944 cod. civ. Restano salve le azioni di legge nel caso che le somme pagate dal Garante risultassero parzialmente o totalmente non dovute.” La clausola in questione, da apporre al negozio avente funzione di garanzia, serve pertanto ad evitare che il Comune, in caso di violazione degli obblighi derivanti dalla partecipazione alla gara da parte dell’impresa, sia onerato, per conseguire il risarcimento, del preventivo esperimento di un’azione giudiziaria, per sua natura recante un certo margine di aleatorietà, e che, in ogni caso, per salvaguardare i propri diritti, l’Amministrazione sia costretta ad affrontare formalità più gravose che non l’invio di una semplice lettera raccomandata indirizzata alla sede legale del soggetto garante; formalità che, se non rispettate appieno, o non precedute da altri adempimenti preliminari, rendano tale richiesta più difficoltosa e meno certa nei suoi esiti. Ciò è confermato dalla parallela previsione, contenuta sia nella medesima clausola del bando che nel citato D.M. 1232004, del beneficio dell’esonero dalla preventiva escussione, previsto a favore dell’Amministrazione, la quale, per effetto di esso, non sarà neppure onerata di richiedere l’adempimento al debitore prima di potersi rivolgere, al medesimo fine, al garante. Se tale è la funzione della clausola in questione, l’omissione della parola “semplice” nel formulario predisposto dal garante, e sottoscritto dalla ricorrente, non può elidere la causa della clausola, come sopra evidenziata. Infatti, essendo presente nell’art. 4 della polizza prodotta in sede di reclamo gara dalla **** s.p.a. la previsione per cui il pagamento dovuto dal garante sarà effettuato entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta scritta dell’Ente garantito, è evidente che, in caso di inadempimento, il Comune non sarà onerato alla proposizione di preventiva azione giudiziaria o di altre formalità, ma potrà ottenere il risarcimento previa semplice lettera raccomandata inviata al garante; in altri termini, l’Amministrazione, ove ciò si renda necessario, potrà agevolmente esercitare i propri diritti verso il garante, mercè la sola segnalazione dell’inadempimento mediante lettera raccomandata. Se così è, il contenuto della polizza prodotta dalla ricorrente risponde in pieno all’interesse dell’Amministrazione tutelato dalla clausola del bando sopra riportata, la cui portata si è individuata in precedenza. Le parti resistenti, nei rispettivi scritti difensivi, hanno evidenziato le differenze sostanziali tra il negozio fideiussorio e le garanzie atipiche, quali l’assicurazione fideiussoria o cauzionale ed il contatto autonomo di ricorsogaranzia, ed hanno sostenuto che il bando, prevedendo la presenza della clausola “a semplice richiesta” nelle polizze richieste ai concorrenti, avrebbe richiesto la produzione di queste ultime, atte a garantire gli interessi dell’Amministrazione di più e meglio della fideiussione codicistica, in quanto esse –proprio perchè slegate da vincoli di accessorietà- non recherebbero tra i propri effetti naturali l’opponibilità al creditore, da parte del garante, delle eccezioni che quest’ultimo potrebbe opporre al debitore principale (art. 1945 c.c.), oltre che delle tipiche eccezioni di liberazione del fideiussore (art. 1956 c.c.) e di decadenza dalla garanzia in caso di scadenza dell’obbligazione principale e di mancata proposizione, da parte del creditore, delle proprie istanze verso il debitore principale (art. 1957 c.c.). L’eccezione deve essere disattesa. Come sopra spiegato, l’art. 4 della polizza prodotta in sede di gara dalla ricorrente consente al Comune di ottenere dal garante quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF dovuto, in caso di inadempimento del garantito, soltanto mediante l’invio di una lettera raccomandata alla sede legale del garante stesso, senza che siano configurabili oneri diversi da quello appena citato (come prevede anche il citato D.M. 1232004). A tale previsione negoziale si affiancano -inserite nello stesso comma primo dell’art. 4- quella che esclude la necessità di preventiva escussione del debitore inadempiente, e quella per cui, sul parallelo piano dei rapporti garante-debitore, sarà sufficiente un semplice avviso inoltrato dal primo al secondo perchè il garante effettui il pagamento in favore del Comune. Inoltre, sul medesimo piano, una volta che abbia soddisfatto i diritti del Comune, il garante può senz’altro –ai sensi del seguente art. 5- conseguire il rimborso delle somme pagate, rivalendosene verso il debitore (che non potrà sollevare eccezioni di sorta), e surrogarsi nei suoi confronti nei diritti già spettanti all’Amministrazione creditrice. Sicchè bisogna concludere che, per la natura della clausola negoziale oggetto della controversia, e per gli altri elementi sopra considerati, la polizza prodotta dalla ricorrente a corredo della propria offerta ha le medesime caratteristiche dei sopra citati negozi di garanzia non informati a vincolo di accessorietà con l’obbligazione principale (e v.delle cui vicende essi non risentono in senso limitativo del diritto a conseguire il risarcimento); il che è confermato, per tuttetra l’altro, dall’ABF Napolida numerosi, n. 5814/2015) che il ricorrente ulteriori, elementi evidentemente incompatibili con la fideiussione tipica, quali la qualificazione di può chiedere nel ricorso il risarcimento risarcimento” conferita dal formulario approntato dall’assicuratore alla somma da pagarsi in favore del danno anche quando Comune ai sensi dell’art. 4, dal brevissimo termine entro cui deve essere effettuato tale richiesta non sia stata formulata nel reclamopagamento (quindici giorni, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta come previsto dal D.M. 1232004), nonchè dalla rinuncia del garante al beneficio della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”preventiva escussione del debitore principale. Venendo all’esame del merito del ricorsoDa ciò consegue che, perchè la garanzia possa operare, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e Comune non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso risulta onerato degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione adempimenti di cui all’art. 18151957 c.c., comma 2°nè può essere destinatario delle eccezioni che avrebbe potuto opporre il debitore principale; e, quanto alla liberazione del fideiussore per obbligazione futura di cui all’art. 1956 c.c. Questa impostazione ., essa risulta esclusa in radice, oltre che dalla mancanza di accessorietà tra obbligazione principale e negozio di garanzia, anche dalla stessa natura del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19rapporto tra Comune e soggetto partecipante alla gara, 2° paragrafoche, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti evidentemente, esclude qualsivoglia concessione di credito ai consumatoridal primo al secondo. Deriva da quanto sopra che i provvedimenti gravati non resistono alle censure contenute nei primi due motivi di ricorso, giacchè, l’omissione della dizione “semplice” prima della parola “richiesta” nell’art. 4 della citata polizza non è suscettibile di ledere alcun interesse dell’Amministrazione, ma è, al contrario, conforme al bando di gara ed agli interessi pubblici che con la sua formulazione il Comune ha inteso tutelare. Con il terzo mezzo di gravame la ricorrente ritiene sussistere a carico degli atti impugnati eccesso di potere per disparità di trattamento; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Essa deduce che vi sarebbe stata disparità di trattamento rispetto a quanto deciso dal seggio di gara per la concorrente **** s.r.l., la cui polizza pure non presentava la dizione “a semplice” prima di “richiesta”, ma la cui offerta è stata giudicata ammissibile, perché si sarebbe trattato, in quel caso, di mero errore materiale. La difesa della controinteressata eccepisce, sul punto, che abroga la direttiva 87/102/CEEricorrente non avrebbe interesse a svolgere tale censura, perchè l’avvenuta esclusione della **** s.r.l. sarebbe irrilevante. L’eccezione è palesemente infondata, poichè la questione della mancata esclusione di un terzo è stata dedotta unicamente quale parametro cui riferirsi per adombrare un presunto vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto all’esclusione subita dalla ricorrente, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globaleversava nelle medesime condizioni, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquistodunque, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva relazione alla formulazione del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento motivo in esame, dovuto costituisce necessario presupposto, senza il quale il mezzo risulterebbe inammissibile. Ciò premesso, osserva il Collegio che anche detto motivo è fondato, e deve essere accolto. Alle pagine 2-3 del verbale di gara del 3 febbraio 2005 si legge espressamente che la **** s.r.l. ha prodotto polizza conforme allo schema di cui al sistema ridetto D.M. 1232004, anche se in detto documento non era stata inserita, per errore materiale, la locuzione “a semplice”, e ciò perchè su di un documento allegato a detta polizza era presente la clausola per la quale la Società garante si obbligava ad effettuare il pagamento delle somme dovute entro 15 giorni dalla richiesta scritta della stazione appaltante. In effetti, l’allegato alla polizza prodotta in sede di gara dalla **** s.r.l., prevede la rinuncia, da parte del garante, al beneficio della preventiva escussione, nonchè l’obbligo di questi ammortamento alla francesead effettuare il pagamento entro 15 giorni dalla richiesta scritta della stazione appaltante”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare Risulta, allora, evidente da quanto detto nell’esaminare i primi due motivi di ricorso, che il ricorrente formula un’eccezione del tutto genericala polizza rilasciata dalla **** s.r.l., non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casoaveva contenuto sostanzialmente eguale a quella prodotta dalla ricorrente, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema rispondente a quanto imposto dal bando di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialegara; e che, tuttavia, in cui si definisce l’importo quella circostanza il seggio di gara aveva correttamente inteso il senso e il valore della polizza in questione, e l’aveva ritenuta conforme al bando di gara, ammettendo la citata società a concorrere; cosa che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le ratenon aveva fatto, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v.eguali condizioni, per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza l’impresa ricorrente. Pertanto sussiste il vizio di “controindicazioni eccesso di principio alla scelta del metodo in questione - come potere per disparità di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza trattamento lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00)In definitiva, nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamentoi tre motivi d’impugnazione devono essere accolti, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto il conseguente annullamento degli atti gravati. Quanto alla domanda risarcitoria avanzata dalla ricorrente, con osserva il Collegio che essa è del tutto indeterminata, e che per questo deve essere dichiarata inammissibile. Conclusivamente, il ricorso, per la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in attisua parte demolitoria, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto fondato e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia accolto, mentre va dichiarata inammissibile la domanda di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]risarcimento dei danni. In considerazione delle ragioni che precedono, relazione agli specifici profili della controversia si ravvisano giusti motivi per compensare integralmente le domande del ricorrente non appaiono fondatespese di giudizio tra tutte le parti.

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Samples: Polizze Fideiussorie

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione 1.- Per economia di irricevibilità per non corrispondenza fra i giudizio, giova prendere le mosse dal terzo motivo di appello, con cui si critica, nel merito, la statuizione di primo grado di accoglimento dei motivi di reclamo e i motivi censura di ricorsoXxxx, stante la sostanziale coincidenza volti a contestare l’omessa esclusione della richiesta espressa dalla ricorrente Xxxxxx Xxxxxxxx in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta ragione dell’asserita non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, conformità al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione modello di cui all’art. 181593, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, della garanzia provvisoria presentata in gara, nonché dell’impegno a presentare la garanzia definitiva, nonché la violazione dell’art. 93 del d.lgs. n. 385 del 1993 (T.U.B.), sotto il profilo della invalidità della cauzione presentata dall’odierna appellante per la mancata iscrizione della UBS Switerland AG nel registro dei soggetti autorizzati ad emettere fideiussioni bancarie dalla Banca d’Italia e dall’IVASS. Deduce l’appellante l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, disciplinante la garanzia fideiussoria (bancaria od assicurativa), vertendosi al cospetto di una garanzia presentata nella forma del bid bond emesso dal primario gruppo bancario UBS, che si è impegnato irrevocabilmente a versare al beneficiario il prescritto importo di garanzia su presentazione della domanda del beneficiario; si tratta dunque di garanzia autonoma contenente la clausola di pagamento a prima richiesta. Ai sensi delle URDG (Uniform Rules for Demand Guarantees) del 2010 il garante che si impegna al rilascio della garanzia nella forma del bid bond può essere anche un soggetto diverso da un istituto bancario o compagnia assicurativa; nella prassi internazionale vale quale garanzia alternativa al deposito cauzionale ed equivalente ad un deposito in denaro, rientrando dunque nell’ambito della previsione di cui all’art. 93, comma 2°, c.cdel d.lgs. Questa impostazione risulta n. 50 del resto coerente 2016, con conseguente irrilevanza della mancata iscrizione della banca UBS Switzerland AG nel registro dei soggetti autorizzati ad emettere fideiussioni bancarie dalla Banca d’Italia. Aggiunge l’appellante che l’impegno al rilascio della garanzia definitiva nella specie non era comunque necessaria in quanto statuito la garanzia provvisoria presentata dalla Boschung nella forma di bid bond di per sé contiene anche l’impegno ad emettere la garanzia definitiva prevista dall’art. 19103 del d.lgs. n. 50 del 2016. Il motivo è fondato. La statuizione di primo grado ha, 2° paragrafocome già esposto, affermato che ASPI non avrebbe dovuto accettare, a titolo di garanzia provvisoria, un bid bond proveniente da un soggetto non legittimato a rilasciare garanzie sulla base delle disposizioni regolanti l’ordinamento giuridico interno, ed in particolare in ragione del fatto che UBS Switzerland AG non è abilitata/autorizzata all’esercizio di attività bancaria o assicurativa in Italia; per analoghe ragioni UBS Switzerland AG non poteva validamente impegnarsi al rilascio della direttiva 2008/48/CE garanzia definitiva. L’assunto, fondato sul combinato disposto degli artt. 93, comma 3, del Parlamento europeo d.lgs. n. 50 del 2016 e 106 del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatorid.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, non appare condivisibile, in quanto riguarda propriamente la garanzia fideiussoria, che abroga può essere rilasciata da imprese bancarie od assicurative, mentre nella fattispecie in esame la direttiva 87/102/CEEcauzione rilasciata da UBS Switerland AG è costituita da un bid bond, che prescrive che istituto invalso nelle operazioni internazionali, la cui ammissibilità era stata riconosciuta da Autostrade in sede di al fine succinto” chiarimento di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali risposta a quesito della stessa appellante. La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che il consumatore sia tenuto bid bond è una garanzia bancaria a pagare per “prima domanda”, costituente un contratto da cui deriva un impegno autonomo a garanzia della serietà dell’offerta, con il quale la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, stessa banca emittente si impegna nei confronti della stazione appaltante in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM della ditta concorrente (paragrafo C4in termini Cons. Stato, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEGV, 28 giugno 2019, n. 4463; V, 12 giugno 2017, n. 2851). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico Si tratta di una figura che presenta tutte le caratteristiche del contratto autonomo di finanziamento in esamegaranzia (quali individuate dalla giurisprudenza civile : cfr. Xxxx., dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto genericaSS.UU., non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso18 febbraio 2010, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescenten. 394) e una quota interessi che corrisponde alle caratteristiche ed ai criteri individuati nella pubblicazione n. 758 del 2010 della Camera di Commercio Internazionale di Parigi “Uniform Rules for Demand Guarantees” (decrescenteURDG); , tale da renderlo forma di conseguenzagaranzia alternativa al deposito cauzionale ammessa quanto meno alla stregua di uso negoziale. Inoltre il bid bond comprende in sé anche l’impegno a prestare la garanzia a copertura della cauzione definitiva in caso di aggiudicazione del contratto, lo schema di riferimento per implicando la costruzione garanzia complessiva del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare “buon fine dell’operazione sottostante”, cioè l’aggiudicazione e l’esecuzione del prestito erogato e le ratecontratto (Cons. Stato, V, 17 giugno 2017, n. 2851). Appare dunque evidente l’inapplicabilità dell’art. 93, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, in quanto la somma mutuata il bid bond è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v.differente, per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva chele caratteristiche sue proprie, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziarifideiussione. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamentobid bond, con l’indicazione come già osservato, è conforme ai criteri delle relative spese (assicurative e istruttorie)URDG del 2010, risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post secondo quanto emerge dalla stessa appaiono inerenti a circostanze lettura del testo, ed eventualmente può essere assimilato al deposito cauzionale presso l’istituto bancario, inquadrabile nell’ambito della previsione di cui all’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016. Consegue da quanto esposto come erroneamente la sentenza di primo grado abbia ritenuto che non possono l’offerta presentata da Xxxxxxxx dovesse essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, esclusa in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, non corredata da una valida garanzia provvisoria e da una valida dichiarazione di conseguenza, inferiore impegno alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi costituzione della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondategaranzia definitiva.

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Samples: Bid Bond Agreement

DIRITTO. Il Si deve preliminarmente rilevare, ai fini della composizione del Collegio oltre che della normativa sostanziale applicabile ai rapporti di cui si verte, che la ricorrente deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente qualificarsi come può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamoconsumatore. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72come c.d. “professionista di riflesso”, pur avendo prestato fideiussione in favore di soggetto verosimilmente imprenditore (come è legittimo desumere dalla natura di parte del credito nei suoi confronti vantato dall’intermediario, segnatamente quello avente ad oggetto i titoli tornati insoluti) dovendosi ritenere, in difetto di prova contraria, che la detta garanzia sia stata rilasciata esclusivamente in ragione del vincolo coniugale con il debitore principale, come asserito deciso con pronuncia resa da questo Collegio in analoga vertenza, alla cui motivazione sul punto si rinvia anche ai sensi dell’art. 118, Disp. att. c.p.c.. (v. ABF dec. 4109/13 del 26/07/2013). Ciò posto, deve preliminarmente dichiarasi irricevibile la domanda risarcitoria riferita alla risoluzione del contratto di mutuo del quale la ricorrente non è parte, stante il conseguente difetto di legittimazione ad agire. Venendo al merito della controversia, come sopra rilevato, la ricorrente censura la compensazione operata dall’intermediario tra l’importo di € 14.392,03, costituente il saldo del suo conto corrente, e parte dell’esposizione maturata dal coniuge nei confronti dello stesso intermediario, da lei garantita sino a concorrenza di € 195.000,00 con fideiussione rilasciata il 25/01/01, da ultimo rinnovata in data 30/09/10 (v. all. 1 di parte resistente). Al riguardo è bene precisare che le condizioni generali che disciplinano il rapporto di conto corrente di cui si tratta - nel riprodurre in modo pressoché pedissequo l’art. 11 della Circolare ABI LG/000906 del 25/02/05 a sua volta estensivamente modellato sulla scorta dell’art. 1853 cod. civ. – alla clausola 5, III° e IV° co., dispongono: “Quando esistono tra l’Azienda di credito ed il correntista più rapporti o più conti di qualsiasi genere o natura, anche di deposito, ancorchè intrattenuti presso altre Dipendenze italiane o estere, ha luogo in ogni caso la compensazione di legge ad ogni suo effetto. L’Azienda di credito ha altresì il diritto di valersi della compensazione ancorchè i crediti, seppure in monete differenti, non siano liquidi ed esigibili e ciò in qualunque momento senza obbligo di preavviso e/o formalità, fermo restando che dell’intervenuta compensazione – contro cui non potrà in ogni caso eccepirsi la convenzione di assegno – l’Azienda di credito darà prontamente comunicazione al correntista.” (v. all.4 di parte resistente). Come è reso evidente dalla ricorrente. Tanto premessosua formulazione letterale, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esamedisciplina negoziale adottata dalle parti rimanda inizialmente a quella della compensazione legale, ammettendo però, in deroga a quanto disposto dall’art. 1243, I° co., cod. civ. e così introducendo la ricorrentedisciplina propria della compensazione volontaria, al fine la possibilità di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso operare in tal senso anche in presenza di mora nel calcolo del TEGcrediti “non liquidi ed esigibili”. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato E’ dunque con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione riferimento alla disciplina di cui all’art. 18151252 cod. civ. e a quella del c.d. Codice del consumo, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, stante la qualificazione soggettiva della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatoriricorrente sopra rilevata, che abroga la direttiva 87/102/CEEoccorre indagare in ordine alla validità della clausola sopra citata e alla contestata legittimità della condotta tenuta nella specie dall’intermediario. Prima di ciò, che prescrive che “e al fine di calcolare delimitare l’ambito dell’indagine, è opportuno evidenziare l’infondatezza della censura svolta dalla ricorrente con riferimento al dedotto difetto di identità soggettiva tra i titolari dei rapporti resi oggetto di compensazione. A suo avviso, infatti, l’esposizione parzialmente estinta con utilizzo del saldo del conto corrente, in quanto debito di spettanza del coniuge e non della stessa ricorrente, avrebbe importato la violazione dell’art. 1853 cod. civ. secondo la cui previsione i rapporti contrapposti devono riguardare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali medesimo soggetto; ma è agevole obiettare che il consumatore sia tenuto credito azionato dalla banca non era costituito direttamente dall’esposizione maturata dal debitore principale, quanto piuttosto dall’obbligazione fideiussoria assunta dalla correntista, con perfetta coincidenza soggettiva della titolare dei rapporti resi oggetto di compensazione, ancorchè, sotto il profilo funzionale, l’obbligazione fideiussoria rivesta natura accessoria di quella garantita e all’entità di questa debba necessariamente riferirsi. Ugualmente infondata deve ritenersi la doglianza concernente il difetto di preavviso (e, a pagare per fortiori, di autorizzazione) dell’operazione di compensazione atteso che, come ritenuto dal Supremo Collegio, la mancata esecuzione banca, una volta annotata l’operazione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto compensazione, ha soltanto l’onere di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono “darne immediata comunicazione al consumatore all'atto dell'acquistocliente, in contanti o a creditoapplicazione del principio di buona fede contrattuale” (Cass. 28/09/05 n. 18947), come fatto nella specie con comunicazione 12/03/13, inviata dall’intermediario il giorno dell’operazione stessa e debitamente pervenuta nella sfera di merci o conoscibilità della odierna ricorrente (v. all. 3 di servizi”parte resistente), con correlata applicabilità della presunzione di cui all’art. In termini analoghi1335 cod. civ., l’artstante il difetto di prova contraria. 4Rilevato quanto sopra, n. 13, della proposta occorre ora esaminare se la deroga ai requisiti di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini liquidità ed entro le date convenuti nel contratto di credito” esigibilità dei reciproci crediti posta dalla disciplina pattizia inter partes (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE)5 sopra citato) sia conforme al dettato dell’art. Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile 1252 cod. civ. e, pertantonella specie, se sia valida ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 33 e ss. D. Lgs. 206 del 2005 (c.d. Codice del consumo), in ciò sostanziandosi la censura della ricorrente riferita alla circostanza che i rapporti oggetto di compensazione erano ancora “in essere ed attivi”, non avendo esaurito i rispettivi “cicli vitali”(cfr. ricorso, pag. 1), con conseguente violazione dei requisiti posti dall’art. 1243 cod. civ.. A tal proposito può essere utile rilevare, quanto al requisito di “liquidità”, che, come noto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare giurisprudenza del Supremo Collegio formatasi con riferimento alla compensazione legale di cui all’art. 1853 cod. civ. è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano orientata nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione requisito in considerazione è escluso dalla contestazione del tutto genericacredito opposta dal debitore (x. Xxxx. 18/10/02 n. 14818), non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialepur dovendosi ritenere, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito linea con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi autorevole opinione dottrinale ripresa da precedente pronuncia di questo Arbitro (e v., per tutti, v. ABF Napoli, dec. n. 4115/14323 del 2012), che hanno concordemente escluso la sussistenza non qualsiasi contestazione sia a ciò idonea, non potendosi far coincidere, per ovvie esigenze di rispetto dei generali principi di buona fede e di meritevolezza di tutela sottese anche alla disciplina di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., il termine di “controindicazioni credito liquido” con quello di principio “credito incontestato”, potendosene perciò escludere la rilevanza ogni qual volta la contestazione stessa appaia ictu oculi infondata e strumentale. Quanto al requisito di “esigibilità”, è ugualmente noto come la più recente giurisprudenza del Supremo Collegio sia dell’avviso che tale requisito - inizialmente considerato compatibile con il permanere in essere dei rapporti resi oggetto di compensazione ex art. 1853 cod. civ. (x. Xxxx. 17/07/97 n. 6558) e successivamente orientata in senso opposto (x. Xxxx. 3/05/07 n. 10208) – sia soddisfatto con la chiusura di un conto e la mera annotazione su altro conto dell’avvenuta compensazione, purchè l’esigibilità del credito vantato verso il debitore non sia esclusa dalla natura del rapporto, come accade in presenza di un saldo negativo rientrante in affidamento non ancora revocato (x. Xxxx. 5/02/09 n. 2801), o di una moratoria assunta nell’ambito di un accordo di ristrutturazione del debito, ovvero consegua all’applicabilità di disposizioni legali, ad esempio in tema di crisi aziendali e/o procedure concorsuali, aventi analogo effetto. Peraltro, ai fini della soluzione della presente controversia non sembra doversi fare riferimento tanto all’elaborazione giurisprudenziale delle nozioni di tali requisiti riferita alla scelta compensazione legale, quanto alla natura giuridica dei requisiti stessi, la cui derogabilità nell’ambito della compensazione volontaria non sembra potersi revocare in dubbio alla luce della previsione dell’art. 1252 cod. civ. e della lettura datane dalla Suprema Xxxxx (x. Xxxx. 18947/05 cit.). Resta pertanto da valutare, ai fini che qui interessano, la validità della clausola di cui all’art. 5 delle condizioni generali di contratto alla luce della speciale disciplina di tutela dei consumatori di cui al D. Lgs. 206 del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e 2005. A tale riguardo questo Xxxxxxxx ritiene che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (clausola in parola sia nulla per contrasto con l’art. 33, I° co., e delle conseguenze) ne abbia 36 I° co., D. Lgs. 206/05 nella parte in cui non esclude, come è invece significativamente previsto nel relativo schema contrattuale predisposto dall’ABI, la parte mutuataria”possibilità di compensazione in presenza di crediti non liquidi e non esigibili anche nei confronti di soggetti consumatori quali la ricorrente, così dando luogo ad un “significativo squilibrio” contrattuale in suo danno. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto Ne segue l’obbligo dell’intermediario di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla provvedere al riaccredito sul conto della ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenutevaluta alla data dell’operazione di compensazione di cui si verte, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, dell’importo di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate€ 14.3292,03.

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DIRITTO. Si premette che l’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni tramite l’Avv. G.C. Quest’ultimo ha allegato procura generale alle liti conferitagli nel 2002 dall’intermediario resistente (all.1 controdeduzioni), che con decorrenza dall’1/01/2009 ha mutato la propria denominazione in quella attuale (cfr. albi ed elenchi di vigilanza della Banca d’Italia). Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione cliente eccepisce che la procura non si estende al procedimento innanzi all’ABF, in quanto non espressamente menzionato nel documento. L’intermediario oppone il carattere generale della procura. L’eccezione del ricorrente non è meritevole di irricevibilità accoglimento, se si considera, da un lato che nella procura generale alle liti si fa riferimento anche ai procedimenti dinanzi a “qualsiasi collegio arbitrale”, da altro che i principi sulla procura alle liti (segnatamente l’art. 83 c.p.c.) concernono un atto giurisdizionale, ma non si devono applicare rigidamente alle procedure innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, coerentemente con la funzione stessa dell’Arbitro, il quale rappresenta un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, volto ad assicurare “mezzi facili, efficaci, rapidi e a basso costo per risolvere le controversie” (considerando 4, Direttiva 2013/11/UE). L’intermediario chiede lo “stralcio” delle repliche trasmesse dal Cliente in quanto “irrituali”. L’eccezione è infondata posto che le Disposizioni ABF attualmente vigenti non corrispondenza fra i motivi precludono espressamente alle parti la facoltà di reclamo trasmettere repliche alle controdeduzioni dell’intermediario, pur restando fermo che le memorie di replica non possono contenere nuove domande. Nel merito della controversia, il ricorrente espone che in data 30/03/2011, la società A. stipulava contratto di locazione finanziaria con l’intermediario resistente (all. 5 ricorso). Il cliente è socio unico della società L. (all. 3 ricorso); la società L. detiene il 50% delle quote della società A (all. 4 ricorso). Con riferimento al predetto contratto di locazione finanziaria, il cliente ha rilasciato, unitamente ad altri soggetti, una fideiussione per l’importo di € 2.360.783,62 (all. 6 ricorso). La fideiussione non è oggetto del ricorso di cui al presente procedimento. Sempre in data 30/03/2011, il cliente ha costituito altresì pegno su propri titoli (depositati su dossier presso altro intermediario) per il valore nominale di € 76.000,00 (all.ti 6-7 ricorso). In data 25/09/2015, le parti hanno concordato l’aumento del valore dei titoli dati in pegno a € 100.000,00 (all. 13 ricorso). Successivamente (in data 31/05/2017-all. 15 ricorso), le parti hanno pattuito lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00). Alla data del 4/09/2018 il valore dei titoli ancora oggetto di pegno era pari a € 50.227,51 (p. 6 controdeduzioni e i motivi di all. 25 ricorso). Il cliente riferisce che la parte dei titoli costituita in pegno è scaduta e che il pegno “attualmente vincola il controvalore presente sul dossier titoli” (cfr. ricorso e ivi all. 25). Il cliente lamenta con il ricorso, stante innanzitutto, che al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario avrebbe acquisito una garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito. Tale doglianza è sostanzialmente infondata se si considera che da tale circostanza il ricorrente non fa da ciò discendere alcuna specifica domanda e che, in ogni caso, la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente questione non era trattata in sede di reclamo e preventivo reclamo, risultando così inammissibile (tenuto conto che secondo le disposizioni ABF il ricorso deve contenere le stesse questioni sollevate con il reclamo). A quanto sopra si aggiunga che, come più volte affermato da questo Arbitro Bancario Finanziario, non è possibile per il Collegio sindacare l’accordo fra le parti con cui sia stata pattuita una certa garanzia per l’adempimento delle obbligazioni a carico del cliente, anche nel caso in cui la garanzia risulti oggettivamente sproporzionata rispetto al credito vantato dall’intermediario. Oggetto del ricorso è, inoltre, la richiesta di ricorsosvincolo del pegno esistente, in quanto favore dell’intermediario, sul dossier titoli del cliente (presso altro istituto). Il cliente ha allegato comunicazione dell’intermediario del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del contratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”. Sulla base della dichiarazione dell’intermediario, i titoli di cui è orientamento ormai consolidato dell’ABF ricorso erano (astrattamente) svincolabili dall’aprile 2015. Quanto alla “regolarità nei pagamenti”, il cliente ha allegato evidenze documentali a comprova della circostanza (all.ti. 21-22 ricorso) e v.l’intermediario non ha formulato alcuna contestazione al riguardo. L’intermediario eccepisce però la mancanza dell’ulteriore requisito richiesto nella sopra menzionata comunicazione del 30/03/2011 (all. 7 ricorso) ossia le “evidenze di giudizio di conforto”. Il cliente contesta l’eccessiva genericità e la contrarietà a buona fede di tale condizione, la quale rimette lo svincolo al mero arbitrio dell’intermediario. Inoltre, a sostegno della propria pretesa, argomenta che la situazione economico-finanziaria della società garantita A. sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione del pegno. L’intermediario eccepisce che la questione rientra nell’ambito di propria valutazione discrezionale, come tale insindacabile dall’ABF, e che, in ogni caso, dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva - fra il 2016 e il 2017 - il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati. La richiesta di svincolo in questione è stata trasmessa dal cliente con raccomandata del 26/04/2018 (all. 16 ricorso). L’intermediario ha respinto la richiesta con nota del 26/05/2018 (all.17 ricorso), con la seguente motivazione: “…in seguito ad attenta disamina dei dati economico- patrimoniale/finanziari rassegnati dalla Vostra società, gli stessi non mostrano un quadro sufficientemente cautelativo al fine del regolare esdebitamento del contratto di leasing, per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale cui gli organi deliberanti [dell’intermediario] non hanno ritenuto opportuno accogliete la Vostra richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamodi svincolo”. Venendo all’esame Ritiene il Collegio che la comunicazione dell’intermediario del merito 30/03/2011 (all. 7 ricorso), con cui questi ha dichiarato che i titoli costituiti in pegno “saranno svincolabili dopo 48 mesi a far data dalla decorrenza del ricorsocontratto [di leasing, vale a dire il rapporto garantito] in presenza di regolarità nei pagamenti ed evidenze di giudizio di conforto”, faccia riferimento, sia pure in termini sintetici, anche alla necessità di un giudizio di meritevolezza del credito del cliente in rapporto alla garanzia concessa. Sotto questo profilo, conformemente agli orientamenti sul punto dell’ABF, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, non ritiene di poter sindacare le determinazioni dell’intermediario. Da quanto sopra consegue il contratto rigetto della domanda di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla svincolo formulata dal cliente. Restano assorbite le ulteriori domande accessorie formulate dal ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Pegno

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione Ad avviso di irricevibilità questo Collegio, l’esame della controversia presenta profili di incompatibilità con la possibilità per non corrispondenza fra i motivi l’ABF di reclamo e i motivi di ricorsopronunciarsi nel merito, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente il disposto del par. 4, Sez. I delle ‘Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in sede materia di reclamo operazioni e di ricorso, servizi bancari e finanziari’ emanate da Banca d’Italia. Conformemente a quanto già deciso da questo Collegio in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento casi del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento tutto analoghi a quello ora in esame, dalla documentazioni prodotta dalle parti sembrerebbe che la copertura assicurativa in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo oggetto sia stata offerta dalla banca come beneficio collaterale al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti un tipo di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, conto corrente. Non emerge che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico durata del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema assicurazione sia stata oggetto di “ammortamento alla francese”specifica promessa da parte dell’intermediario. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare Così come non emerge che il rapporto assicurativo, oltre a costituire una prestazione accessoria fornita dalla banca, sia altrimenti collegato a quello bancario. La domanda della ricorrente formula un’eccezione del tutto genericapresuppone però un inadempimento dell’intermediario e, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni casopiù specificamente, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica inizialel’inadempimento ad un contratto bancario, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altroesulando i contratti assicurativi, in assenza di divieti o imposizioni un chiaro collegamento negoziale, dalla sfera di legge - conoscibilità dell’ABF. La ricorrente chiede, infatti, l’accertamento della responsabilità dell’intermediario e il risarcimento di una somma pari a quella che l’assicuratore gli avrebbe riconosciuto a titolo di indennizzo qualora la copertura assicurativa fosse stata ancora efficace al momento del sinistro: “Ciò invero presuppone che l’intermediario fosse vincolato a mantenere l’efficacia del rapporto assicurativo in corrispondenza alla durata del rapporto di conto corrente e che non avendo fatto ciò si è reso inadempiente rispetto a quest’ultimo rapporto” (Collegio di Milano, decisioni n. 2609 del 26.10.2011). Questa costruzione, però, risulta sfornita di basi probatorie. Ciò che emerge dai documenti forniti al Collegio è che l’intermediario aveva provveduto a stipulare una polizza collettiva nella forma dell’assicurazione per conto di chi spetta ex art. 1891 c.c. e, perciò, assumendo all’interno di quello schema negoziale la veste di contraente, mentre il ricorrente ha assunto la veste di assicurato. Non emerge invece che la durata dei due contratti, quello assicurativo e quello di conte corrente, fosse collegata, né invero emerge che qualche vicenda dell’uno potesse aver influenza sulle vicende dell’altro. Tutto quello che il Collegio può ritrarre da ciò che è stato fornito dalle parti è che la copertura assicurativa si presentava come prestazione accessoria rispetto a quella tipica che ineriva agli obblighi di una banca nel contratto di conto corrente. Il Collegio considera, pertanto, che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza prospettata dalla ricorrente solleva problematiche che del metodo (esulano dalla competenza dell’ABF, essendo inerenti ad un rapporto assicurativo trilatero e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari già ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondaterapporto bancario.

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Samples: Contract of Current Account

DIRITTO. In diritto, il Giudice osserva che -con riferimento al tipo specifico di contratto dedotto in giudizio, somministrazione di energia elettrica- va ricordato come la Corte di Cassazione abbia con massime consolidate affermato, in applicazione dell’art. 2697 cc e del principio della vicinanza della prova, come la bolletta sia idonea a dimostrare l’entità dei consumi della somministrazione in assenza di contestazioni da parte dell’utente mentre, in caso di contestazione dei consumi esposti nella bolletta, spetta alla somministrante provare il quantum dei beni somministrati, ovvero il corretto funzionamento del contatore e la corrispondenza tra quanto riportato in bolletta e quanto emergente dal contatore (ex multis: Cass. civ., sez. 3, 2.12.2002, n. 17041; Cass. civ., sez. 3, 28.05.2004, n. 10313; Cass. civ. sez. 3, 16.06.2011, n. 13193). Quanto, poi, all’eccezione di carenza di legittimazione passiva per intervenuta risoluzione del contratto di affitto di azienda, con conseguente subentro nei contratti inerenti l’impresa da parte del nuovo affittuario, il fenomeno è previsto e regolato dall’art. 2558 cc, che testualmente prevede: “Se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione terzo contraente può recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salva in questo caso la responsabilità dell’alienante. Le stesse disposizioni si applicano anche nei confronti dell’usufruttuario e dell’affittuario, per la durata dell’usufrutto e dell’affitto.” Ai fini della conoscenza dei terzi, come è noto, l’art. 2556 co. 2 cc, impone al notaio rogante (o autenticante la firma) dei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o del godimento dell’azienda, l’obbligo di irricevibilità depositare i detti contratti nel Registro delle Imprese per l’iscrizione entro 30 giorni dalla stipula. In argomento, la Corte di legittimità ha sancito che il meccanismo previsto dall’art. 2558 cc è un effetto naturale della cessione della proprietà o del godimento dell’azienda e si verifica ipso jure per tutti i contratti a prestazioni corrispettive in corso, se diversi da quelli fondati sull’intuitus personae, a prescindere dall’accettazione e/o dalla comunicazione al terzo contraente; il terzo contraente può unicamente recedere per giusta causa, entro tre mesi dalla comunicazione: “L'art. 2558 cc -il quale prevede con norma suppletiva che, nel caso di trasferimento dell'azienda, salvo patto contrario, unitamente ai beni che la costituiscono si trasferiscono i contratti a prestazioni corrispettive non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorsoancora completamente eseguite che non abbiano carattere personale- sancisce, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoeffetti, che il trasferimento, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (mirante a garantire il mantenimento della funzionalità economica dell'azienda medesima, avviene secondo un meccanismo di attrazione dei contratti nella circolazione dell'azienda e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento costituisce un effetto naturale del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione trasferimento stesso, nel senso che si verifica indipendentemente dalla volontà delle parti che rileva soltanto per escluderlo. Pertanto, gli effetti del finanziamento mediante contratto trasferito si producono "ipso iure", obbligando il versamento terzo, a prescindere dall'accettazione e senza bisogno di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenzialicomunicazione, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e si configura come onere posto a carico delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico parti del contratto di finanziamento trasferimento dell'azienda e dei soggetti ad esse equiparati finalizzato al decorso del termine di tre mesi previsto per il recesso del terzo, motivato da giusta causa.” (Cass. civ., sez. 3, 7.12.2005 n. 27011; conf.: Cass. civ., sez. 1, 9.10.2013 n. 22918); . La Corte ha chiarito che l’art. 2558 cc produce il subentro automatico del cessionario/affittuario/usufruttuario dell’azienda nel contratto inerente l’azienda (Cass. civ., sez. 1, 23.01.2012 n. 840), si applica anche in esamecaso di risoluzione per mutuo consenso del contratto di affitto di azienda (Cass. civ. sez. 3, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente7.11.2003 n. 16724) e una quota interessi che gli effetti del trasferimento ovvero della cessione dell’azienda sono opponibili ai terzi dalla data della iscrizione nel Registro delle imprese (decrescenteCass. civ., sez. 3, 19.08.2013 n. 19155); di conseguenzail subentro si verifica anche per i contratti bancari inerenti l’azienda (Cass. civ., lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le ratesez. 1, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,0126.10.2007) e delle spese istruttorie assicurativi (pari ad euro 250,00Cass. civ., sez. 3, 7.12.2005 n. 27011); se l’evento del trasferimento di azienda è avvenuto in corso di causa, nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziarisi applica l’art. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento111 cpc (Cass. civ., con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttoriesez. L, 7.07.2009 n. 15916), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Contratto Di Somministrazione Di Energia

DIRITTO. Il La questione che questo Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione affrontare per la soluzione del caso in esame riguarda gli effetti dell’inadempimento dell’obbligo di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi consegna del bene/esecuzione del servizio da parte del fornitore, quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di reclamo finanziamento tra l’intermediario resistente e i motivi di ricorso, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoil ricorrente, in qualità di consumatore, finalizzato all’acquisto del bene o del servizio medesimo. In merito alla vicenda all’origine della presente vertenza, pare utile, ai fini della decisione, rammentare i seguenti aspetti. Con riferimento all’eccezione preliminare in rito sollevata dall’intermediario (inammissibilità del ricorso in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.fondato sull’affermato inadempimento di un soggetto che non possiede la qualifica di intermediario) si richiama, in senso contrario a quanto prospettato da parte resistente, l’opinione unanime dei Collegi dell’ABF. Il ricorso ha, infatti, per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) oggetto un rapporto contrattuale che il ricorrente vanta con l’intermediario resistente sicché, secondo l’insegnamento dei Collegi dell’ABF, l’eventuale adempimento del soggetto fornitore determinerebbe l’infondatezza della domanda e non già la sua inammissibilità. Ciò chiarito in xxx xxxxxxxxxxx, xxxxx ricordare che la ricorrente ha stipulato con la società terza un contratto di fornitura per l’installazione di una piscina in data 18.12.2012. In data 10.01.2013, la ricorrente concludeva con l’intermediario resistente un contratto di credito al consumo collegato al contratto di fornitura stipulato con la società terza. Sono agli atti condizioni generali del finanziamento sulle quali figura il timbro apposto sul contratto stesso dalla società fornitrice convenzionata. La ricorrente si è impegnata a versare il totale da rimborsare in rate mensili 941,12 € (+ 1,30 € spese incasso) con decorrenza della prima rata il 15.02.2013. Occorre rilevare che la caparra di € 10.000,00 consegnata brevi manu dalla ricorrente alla società fornitrice non è menzionata nel contratto di finanziamento dedotto in atti. Tuttavia, nella mail (inviata tramite posta certificata) del 8.07.2013 spedita dalla ricorrente alla società fornitrice figura la seguente espressione può chiedere termini di consegna oltre i quali si intende il contratto nullo con la restituzione di tutti i soldi (10.000,00 € + 16.940,00)” seguita dall’indicazione del 18.07.2013 per il montaggio della struttura, del 22.07.2013 per il montaggio dell’impianto e del 30.07.2013 per il riempimento della piscina e per l’attivazione di tutto l’impianto. Dal momento che alla date ut supra concordate non seguiva l’offerta della prestazione da parte della società fornitrice, la ricorrente provvedeva alla messa in mora con contestuale diffida ad adempiere entro e non oltre il 15 giorni dal ricevimento della comunicazione (data finale 2.08.2013). La ricorrente fonda quindi la propria domanda di restituzione delle rate corrisposte ponendo a titolo della propria pretesa l’art. 125-quinquies, t.u.b. La disposizione in esame, oltre a richiedere la messa in mora del fornitore, rinvia all’art. 1455 c.c. al fine di definire i caratteri dell’inadempimento necessari per domandare la risolzione del contratto di credito al consumo. Dall’analisi dei documenti in atti, effettuata al fine di valutare la gravità dell’inadempimento della società fornitrice, emerge anche la sostanziale irreperibilità della medesima, come peraltro confermato dalla stessa società resistente che, nella lettera inviata alla ricorrente del 13.08.2013, afferma che “(…) la nostra richiesta di informazioni rivolta alla predetta società [la società fornitrice] non è stata riscontrata”. Inoltre, la ricorrente ha prodotto agli atti una foto della condizione dei luoghi che documenta che, alla data del 18.10.2013, i lavori non erano ancora stati eseguiti. Con riferimento alla quantificazione della somma oggetto di eventuale restituzione la difesa della ricorrente rinvia ad un allegato che contiene la lista dei movimenti riferibili alle rate corrisposte. La somma precisa non risulta, tuttavia, quantificata in modo espresso nella domanda. L’intermediario resistente non sembra tuttavia contestare questa ricostruzione, eccependo solo “di aver interrotto a tempo indeterminato” le azioni di recupero. L’espressione pare ambigua, potendola forse intendere come mera dilazione del termine di adempimento. La ricorrente domanda anche “le spese”, ma non risultano puntualmente né allegate né provate tali ulteriori voci di costo. Infine, occorre segnalare che nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta la ricorrente ha spiegato altresì una domanda ordinatoria finalizzata ad ottenere la cancellazione dai SIC. Sul punto l’intermediario ha affermato di aver provveduto in tal senso (ma non sia stata formulata nel reclamosono dedotte in atti evidenze documentali), qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”così come, peraltro, le segnalazioni indicate non risultano in altro modo documentate in atti. Venendo ora all’esame del merito del ricorsodella controversia, il Collegio deve giova anzitutto rilevare cheche la questione delle segnalazioni dei nominativi della ricorrente e del coniuge nelle centrali rischi private sembra aver trovato una definizione tra le parti; ad ogni modo, come correttamente eccepito dalla resistentequesto Collegio non avrebbe potuto comunque formare sul punto alcun convincimento, essendo il profilo appena illustrato assolutamente privo di qualsiasi riscontro probatorio. Per quanto attiene, invece, la questione centrale che questo Collegio è chiamato ad esaminare, pare utile ricordare, com’è noto, che in ipotesi quale quella appena descritta, ci si trova in presenza di un di un mutuo di scopo, e cioè di un mutuo concesso esclusivamente per la finalità dedotta in contratto, ovvero l’ acquisto di un determinato bene che viene fornito dal venditore convenzionato con il finanziatore. L’operazione negoziale trilaterale prevede che l’ammontare del finanziamento sia versato direttamente al fornitore, che si impegna a consegnare il bene o il servizio oggetto della fornitura, mentre il mutuatario-acquirente si obbliga alla restituzione rateale della somma oggetto del finanziamento. E’ dato ormai pacifico, sia in dottrina sia in giurisprudenza, che sussista un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento in esame prevede e il contratto di vendita del bene al mutuatario, con la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rateconseguenza che i due distinti contratti (mutuo e compravendita), e non già n. 72pur mantenendo la loro autonomia causale, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, appaiono tra loro coordinati al fine di dimostrare realizzare un risultato economico unitario. Ora, nel caso di specie, non può dubitarsi che ricorra il superamento del tasso sogliacollegamento negoziale tra il contratto di fornitura di beni o servizi ed il contratto di finanziamento, ha erroneamente incluso essendo pacifico che il tasso secondo è stato proposto dal fornitore di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, beni o servizi ed accettato dal ricorrente in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento occasione della stipulazione del mutuo contratto di fornitura. Né può avere particolare rilievo che – come sostenuto dal ricorrente e, peraltro, non contestato dall’intermediario resistente – il rapporto tra il fornitore e delle conseguenze il finanziatore fosse o meno “esclusivo”, in quanto, come già si è avuto modo di rilevare in altre occasioni, partendo dalla considerazione che se ne intendono trarre sotto la direttiva 102/87/CE e la conseguente normativa interna di attuazione hanno un intento volutamente protettivo nei confronti del consumatore, deve concludersi che “il profilo dell’applicazione rapporto di esclusiva” tra fornitore e consumatore non può essere considerato un presupposto la cui mancanza determinerebbe una modifica in peius della sanzione posizione del consumatore, come la Sentenza della Corte di cui all’artgiustizia CE n. 509 del 2009 ha già chiaramente sancito. 1815Ciò chiarito, comma 2°deve ora essere richiamata la normativa applicabile ratione temporis al caso all’origine della presente vertenza, c.covvero l’art. Questa impostazione risulta 125-quinquies (Inadempimento del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19fornitore) del TUB, 2° paragrafointrodotto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 141 - Attuazione della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEEnonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, che prescrive che degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, pubblicato sulla G.U. n. 207 del 4.9.2010 ed in vigore dal 19.9.2010. Secondo quanto dispone il menzionato art. 125-quinquies del TUB, infatti, al fine Nei contratti di calcolare credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione credito, se con riferimento al contratto di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore all'atto dell'acquistole rate già pagate, in contanti o a credito, di merci o di servizi”nonché ogni altro onere eventualmente applicato. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva La risoluzione del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso […]”. Premesso che, nel caso di specie, l’inadempimento del fornitore può sicuramente dirsi conclamato e irreversibile, deve in questa sede unicamente valutarsi se tale inadempimento rivesta o meno gli estremi della “non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse” della parte non inadempiente cui fa espresso riferimento l’art. 1455 cod. civ. E’ noto che l’orientamento prevalente della giurisprudenza insegna che tale valutazione debba essere operata applicando contestualmente sia un parametro soggettivo sia un parametro oggettivo; infatti, come ancora piuttosto recentemente è stato sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, “in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, lo scioglimento dell’accordo contrattuale, quando non opera di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva che presuppone da parte del giudicante la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte; tale valutazione viene operata alla stregua di un duplice criterio: in primo luogo, il periodo giudice, applicando un parametro oggettivo, deve verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; nell’applicare il criterio soggettivo, invece, il giudicante deve considerare il comportamento di tempo convenuto e entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto giudizio di creditogravità nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (art. 19così, 3° paragrafotestualmente, direttiva 2008/48/CE). InveroXxxx., gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli18-02-2008, n. 4115/143954), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso di specie non può revocarsi in esamedubbio che l’inadempimento – essendo assoluto – non rivesta affatto quella “scarsa importanza” idonea ad impedire la realizzazione dell’effetto risolutorio. Ciò comporta che l’inadempimento del fornitore, integrando gli estremi della non scarsa importanza contemplati dall’art. 1455 cod. civ., determina in capo al ricorrente il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile diritto alla risoluzione del contratto di credito ed il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative conseguente obbligo del finanziatore alla presunta sproporzionalità restituzione delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00)rate già pagate, nonché alla violazione di ogni altro onere eventualmente applicato, così come sancisce la normativa in materia. In linea con il proprio consolidato orientamento, questo Collegio riconosce gli interessi legali sulle somme oggetto di restituzione dal reclamo al saldo; non può, invece, prendere in considerazione la richiesta relativa al rimborso delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative ulteriori “spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, sostenute” in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione queste non sono né sommariamente descritte né è in atti, è emerso alcun modo provato che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo siano state effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatesostenute.

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Samples: Financial Agreement

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare Preliminarmente, merita considerazione l’eccezione di irricevibilità irricevibililità del ricorso per difetto di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto. La banca afferma che la controversia – attenendo alla validità del contratto assicurativo e al presunto diritto del cliente alla restituzione di parte del premio pagato – sarebbe di competenza dell’ISVAP e osserva che “ai sensi dell’art. 1.10 delle condizioni contrattuali della polizza assicurativa i reclami riguardanti il rapporto contrattuale vanno presentati direttamente alla Compagnia e/o al Broker”. Il Collegio, al riguardo, ritiene necessario distinguere le due domande formulate dal ricorrente. Ritiene infatti codesto Xxxxxxxx che soltanto con riguardo alla domanda volta ad accertare lo scioglimento del contratto di assicurazione l’eccezione del ricorrente coglie nel segno. Sebbene sia indiscusso che il contratto di assicurazione oggetto della vertenza sia stato concluso tramite l’intermediazione della banca convenuta e fosse collegato al contratto di mutuo, è pacifico che il soggetto con cui il contratto è stato stipulato non corrispondenza fra i motivi è la banca, bensì la società di reclamo assicurazione. Ne consegue che qualsiasi controversia attinente la validità del contratto di assicurazione deve essere promosso nei confronti della società di assicurazione e i motivi non della banca. D’altro canto, con riguardo alla predetta domanda di ricorsoaccertamento, stante neppure sussiste la sostanziale coincidenza competenza dell’ABF, tenuto anche conto di quanto previsto dalle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” emanate dalla Banca d’Italia il 18.6.09, Sezione I, par. 4. Come codesto Collegio ha ripetutamente avuto modo di affermare in precedenti occasioni, sussiste invece la competente dell’ABF, così come sussiste la legittimazione passiva della richiesta espressa dalla ricorrente banca convenuta, a decidere circa da domanda di “restituzione della somma del premio già pagata e non dovuta in sede di reclamo e di ricorsorelazione al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria”, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF domanda di danni che viene domandata dal ricorrente proprio nei confronti dell’intermediario convenuto, in ragione della cessazione anticipata (e v.a causa della surrogazione) del rapporto di xxxxx. Nel merito, per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando in relazione a tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premessoseconda domanda, il Collegio ritiene infondata che l’accordo ABI-Ania del 22 ottobre 2008 riproduca e consolidi un insieme di regole di good practice e rappresenti per l’intero sistema bancario – anche per gli istituti non associati all’ABI – un punto di riferimento dal quale non discostarsi; in tema di rimborso dei premi assicurativi, l’accordo ABI-Ania prevede espressamente che: “Nel caso in cui il contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all’iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente – sia nel caso in cui il pagamento del premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell’assicuratore – la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà di premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato”. Quanto poi all’art. 49 del finanziamento in esameRegolamento ISVAP n. 35/2010, in quanto la richiamato dal ricorrente, il Collegio ha in più occasioni avuto modo di ribadire come, anche se non ancora in vigore all’epoca dei fatti di causa, esso rappresenta un utile criterio di guida nella determinazione del rimborso spettante al fine cliente in caso di dimostrare estinzione anticipata / surrogazione del mutuo: “Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il superamento cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato le imprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del tasso sogliamutuo o del finanziamento, ha erroneamente incluso restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. Essa è calcolata per il tasso premio puro in funzione degli anni e frazione di mora anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo; per i caricamenti in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto e per il rimborso del premio, a condizione che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel calcolo modulo di adesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso”. In considerazione del TEGrichiamato paradigma normativo, il Collegio ritiene che, così in caso di estinzione anticipata come in caso di surrogazione del mutuo, deve essere parzialmente rimborsato il premio assicurativo pagato, per un importo equitativamente stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis, ottenuto suddividendo il premio per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicandolo per il numero delle rate residue. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti Alla luce di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABFtali principi, consacrato anche da alcune pronunce del il Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), – considerato che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione non sono stati prodotti documenti relativi alla surroga né i conteggi estintivi del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione l’importo indicato dal ricorrente non forma oggetto di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga contestazione tra le parti – accoglie la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema domanda di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come formulata da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatequest’ultimo.

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Samples: Mutuo Ipotecario

DIRITTO. Il Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione ricorso è fondato e va accolto. Non rileva qui l’adeguatezza della motivazione: la richiesta di irricevibilità accesso della ricorrente è di tipo endoprocedimentale, essendo preordinata alla conoscenza di documenti relativi a un procedimento amministrativo che coinvolge la sfera giuridico soggettiva dell’accedente, e trovando la relativa regolamentazione nel disposto dell’articolo 10, comma 1, lettera a), della legge n. 241 del 1990, ai sensi del quale: “I soggetti di cui all’articolo 7 e quelli intervenuti ai sensi dell’articolo 9 hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall’articolo 24”. A differenza del caso di accesso esoprocedimentale, qui l’interesse della richiedente è considerato dal legislatore in re ipsa, poiché è la stessa partecipazione al procedimento a conferire la legittimazione a prendere visione ed estrarre copia dei documenti afferenti al procedimento a cui si sia preso parte. In tale senso la giurisprudenza è pacifica e costante, sin dalla pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 maggio 1996, n. 727, ove il Supremo collegio ha ritenuto non contestabile che il pubblico dipendente sia titolare di una posizione giuridicamente tutelata in relazione alla conoscenza degli atti contenuti nel suo fascicolo personale, senza che ricorra la necessità per il medesimo di esternare espressamente la presenza di un concreto e immediato interesse. Di recente, nello stesso senso, T.A.R. Lazio, Sez. I quater, 10 marzo 2006, n. 1862. Né appare condivisibile l’asserita genericità della domanda ostensiva: a parere di questa Commissione, non corrispondenza fra essendo necessaria per la validità della richiesta di accesso la menzione degli estremi identificativi precisi, appare sufficientemente chiara e precisa la richiesta fatta, dei documenti riguardanti la ricorrente e rilevanti ai fini del procedimento di ridistribuzione delle sedi di servizio, tanto che la stessa parte resistente elenca nella sua memoria i motivi documenti che, a questo proposito, ritiene rilevanti. E neppure rileva qui il fatto che l’amministrazione, quando riceve la richiesta di reclamo e accesso, ritenga che i motivi di ricorsodocumenti domandati siano già nella disponibilità del richiedente, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistentea norma dell’art. 2 c. 2 del d.P.R. 12 aprile 2006 n. 184, il contratto “Il diritto di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato accesso si esercita con riguardo riferimento ai documenti amministrativi materialmente esistenti al momento della stipulazione del mutuo richiesta e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione detenuti alla stessa data da una pubblica amministrazione, di cui all’art. 1815all’articolo 22, comma 1, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafolettera e), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatorilegge, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto nei confronti dell’autorità competente a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti formare l’atto conclusivo o a credito, di merci o di servizidetenerlo stabilmente. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondate.

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Samples: Access Request

DIRITTO. Il La questione decisiva ai fini della risoluzione della vicenda controversa è costituita dalla verifica degli effetti della dichiarazione rilasciata dal ricorrente all’atto della realizzazione dell’estinzione anticipata. Come già questo Collegio ha avuto modo di precisare con la decisione n. 2109 dell’8 aprile 2014, il documento in esame – lungi dal rappresentare un negozio transattivo, che secondo la disciplina codicistica ha comunque natura contrattuale, richiedendo l’accordo di due o più parti tra le quali sia insorta una controversia alla quale queste intendono porre fine mediante reciproche concessioni – ha natura di un atto unilaterale proveniente dal ricorrente. Negozio unilaterale, quindi, che contiene tre distinte affermazioni, la cu efficacia deve anzitutto rigettare l’eccezione essere valutata singolarmente. In primo luogo esso contiene una dichiarazione espressa che rappresenta una quietanza del pagamento delle somme dovute al ricorrente a titolo di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi restituzione, riconosciute integrali e corrette. Trattasi di reclamo un’espressa ed inequivoca dichiarazione in ragione della quale va rigettata la domanda di restituzione delle stesse qui avanzata, essendo stata espressa l’integrale soddisfazione da parte dello stesso ricorrente. I precedenti di questo Collegio e i motivi la giurisprudenza di ricorsolegittimità hanno infatti chiarito che vada riconosciuta piena efficacia alla quietanza rilasciata a saldo, stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorsoladdove, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v.base all’interpretazione del documento, per tutte, dall’ABF risulti chiaramente la volontà di rinunciare ad ogni pretesa creditoria inerente il medesimo diritto: così Collegio di Napoli, decisione n. 5814/2015) che 2162/2013, n. 3999/2012 e n. 5380/2013; Cass., 17 maggio 2006, n. 11536). In secondo luogo, detto documento contiene un’ulteriore dichiarazione con cui il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno ha espressamente affermato di tenere indenne parte resistente da qualsiasi responsabilità o molestia derivante dal pagamento effettuato, rafforzando in tal guisa la propria volontà anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”con una manleva nei confronti dell’intermediario. Venendo all’esame del merito del ricorsoDa ultimo, il Collegio richiamato atto unilaterale contiene un’ulteriore dichiarazione di evidente valore abdicativo rispetto ad altre pretese, posto che viene espressamente affermato di non avere null’altro a pretendere in relazione al prestito in questione e alla sua estinzione. L’imputazione del pagamento ricevuto va quindi riferita anche a tutte le altre somme eventualmente dovute da parte resistente: seppure dalla semplice quietanza non può desumersi in via automatica alcuna ulteriore volontà transattiva del dichiarante, deve anzitutto rilevare chetuttavia rilevarsi che ad essa va riconosciuto valore rinunciativo di ulteriori pretese creditorie, laddove tale volontà emerga in maniera in equivoca dal testo del documento, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto accade nel caso di finanziamento in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio ritiene infondata la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esame, in quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento specie (e v., ad esCass., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 429 ottobre 2002, n. 1315245; Cass., della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali14 gennaio 1992, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescenten. 320); di conseguenzaconseguenza tali dichiarazioni sottoscritte dal soggetto da cui esse provengono rivestono l’efficacia probatoria privilegiata propria della scrittura privata, lo schema di riferimento per a norma dell’art. 2702 c.c. (cfr. la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, va ricordato che le argomentazioni alla base della presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi decisione n. 4129/2012 di questo Arbitro (Collegio). Né a diversa soluzione può pervenirsi in relazione all’ambito delle pretese rinunciate, poiché la dizione generale e v.gli esempi riportati coprono sia le commissioni, per tuttisia gli oneri assicurativi, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti sia qualunque altra spesa o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondateonere.

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DIRITTO. Il La controversia all’esame del Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione concerne la contestazione della legittimità di irricevibilità un contratto di finanziamento per non corrispondenza fra violazione dell’art. 117 T.u.b., nonché l’applicazione di tassi di interesse oltre la soglia antiusura. Occorre rilevare che la controversia concerne il contratto c.d. Multiconto, tipologia di finanziamento che viene stipulata in occasione della richiesta da parte del cliente di un prestito finalizzato all’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo, spesso connessi all’utilizzo di carta di credito da attivare per via telefonica. Numerosi sono i motivi precedenti già portati all’attenzione dei Collegi ABF nonché del Collegio di reclamo e i motivi di ricorsocoordinamento, stante il quale, riconoscendo la sostanziale coincidenza autonomia dei finanziamenti “attivati” telefonicamente (anche in relazione allo iato temporale tra contratto iniziale e successivi “riutilizzi”), si è espresso nel senso della richiesta espressa dalla ricorrente in sede nullità di reclamo tali ulteriori contratti (cfr. decisione Collegio di coordinamento n. 3257/2012). Inoltre, va ricordato che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (con provvedimento n. 22450/11) ha sanzionato questa tipologia di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”contratti come pratica commerciale scorretta. Venendo all’esame del merito del ricorsoEbbene, il Collegio deve anzitutto rilevare checaso di specie si pone nell’ambito delle questioni concernenti le modalità di stipula di tali contratti, come correttamente eccepito con specifico riferimento al requisito della forma scritta; la ricorrente lamenta, infatti, la violazione dell’art. 117 Tub chiedendo che sia dichiarata la nullità della pattuizione con tutte le conseguenze che deriverebbero da siffatto accertamento. Tuttavia, dalla resistente, documentazione in atti risulta che il contratto di finanziamento originario è stato stipulato nel novembre 2000 così come l’attivazione dei successivi “utilizzi” si colloca in esame prevede la restituzione del finanziamento mediante il versamento di n° 47 rate, e non già n. 72epoca anteriore all’1.1.2009, come asserito dalla ricorrenteriportato dall’intermediario e come risultante da una verifica effettuata sugli estratti conto forniti da quest’ultimo (cfr. Tanto premessoDisposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, il Collegio ritiene infondata Sezione I, Par. 4: “Non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009”). Ne deriva pertanto l’irricevibilità ratione temporis delle domande di parte ricorrente cui ai punti 1,2,3,4,5,7 e 9, sopra elencati. Per quanto concerne la principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento in esamedomanda di restituzione, in subordine, di quanto la ricorrente, al fine di dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di mora nel calcolo del TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento indebitamente percepito per interessi successivamente all’1/1/2009 (e v., ad es., n. 2666/2014v. supra punto 6), come si è avuto modo di precisare altre volte, non si può giungere ad un risultato diverso dall’inammissibilità di domande al di fuori dell’ambito di competenza temporale di questo Collegio, attraverso un’operazione di sostanziale frazionamento della domanda, considerato che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento la richiesta restitutoria della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel contratto di credito”. Infatti, “il calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che “gli interessi di mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento ricorrente implica l’accertamento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del vizio genetico di un contratto di finanziamento sorto in esameepoca anteriore a tale limite temporale. Da ultimo residua la contestazione relativa al mancato all’invio periodico degli estratti conto (cfr. punto 8). Al riguardo, dovuto l’intermediario respinge tale richiesta affermando che la cliente ha ricevuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in meritodomicilio le informative periodiche. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, domanda risulta comunque soddisfatta in quanto la somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodol’intermediario ha allegato alle sue controdeduzioni l’estratto conto storico del rapporto. Tanto premessoIn definitiva, va ricordato che le argomentazioni alla base ritenendo prevalente ai fini della presunta illegittimità della modalità pronuncia di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e v., per tutti, ABF Napoli, n. 4115/14), che hanno concordemente escluso la sussistenza di “controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle conseguenze) ne abbia rigetto la parte mutuataria”. Ebbenerestitutoria della domanda, nel caso in esamerispetto alle richieste di diversa natura, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, si orienta per considerare non sia ravvisabile ricevibile il difetto di informativa e trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari. Il Collegio rileva infatti che il contratto di finanziamento, con l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), risulta essere sottoscritto dalla ricorrente, con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata inclusa la sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di 51,09 euro, sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte delle somme ricevute dal cliente a titolo di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In considerazione delle ragioni che precedono, le domande del ricorrente non appaiono fondatepresente ricorso.

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