Common use of FATTO Clause in Contracts

FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.

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FATTO. La Il ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014-nell’aprile del 1999, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni mutuo ipotecario, di una società commercialedurata quinquennale; -le rate di tale mutuo sarebbero state addebitate su un conto corrente di cui era titolare presso la banca resistente, poi definitivamente chiuso nell’agosto del 2000; -sempre nell’agosto del 2000, avrebbe chiesto mediante PEC alla banca resistente che gli fosse consegnata «copia completa del contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti di mutuo, di apertura di conto corrente […], gli artt. 2estratti di conto corrente di tutto il periodo contrattuale dalla sottoscrizione a oggi o alla data di chiusura dello stesso, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto copia di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante tutte le comunicazioni periodiche della banca resistentedi legge, la ricorrente avrebbe appreso copia di aver sottoscritto una fideiussione omnibusogni altro atto/appendice/disposizione/modifica contrattuale intervenuta sino ad oggi»; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la -la banca resistente non avrebbe pertanto violato il principio di buona fedetuttavia dato alcun riscontro a tale richiesta. Ciò posto, la il ricorrente ha chiesto domandato che: -in via principale, -la banca resistente sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contrattocondannata a consegnare in copia tutti i documenti richiesti. La banca resistente ha resistito al ricorso, affermando affermato che: -mediante PEC del 7 ottobre 2021, avrebbe provveduto a trasmettere al rappresentante volontario del ricorrente copia della documentazione contrattuale che quest’ultimo aveva richiesto; -per quanto riguarda gli estratti conto, tuttavia, sarebbero stati consegnati soltanto quelli relativi ai dieci anni precedenti alla richiesta del ricorrente; -in conformità a quanto deciso da questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiaArbitro, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019infatti, il debito diritto del debitore principale sarebbe ammontato cliente a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a ottenere copia di tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminedocumentazione sussisterebbe nei limiti degli ultimi dieci anni, ai sensi dell’art. 119, ult. comma, t.u.b. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -sia dichiarata cessata la materia del contendere. -nel conto corrente bancario, a differenza di quello ordinario, gli estratti conto potrebbero essere redatti esclusivamente da una delle parti contraenti, ossia la banca; -il cliente si verrebbe pertanto a trovare in una posizione deteriore, anche dal punto di vista della conoscenza dei contenuti di tali documenti e della loro conservazione; -poiché si tratterebbe dell’attività d’impresa che è esercitata dalla banca, quest’ultima non potrebbe non disporre di un’organizzazione professionale adeguata alla redazione e alla conservazione degli estratti conto, a differenza del cliente; -in via pregiudizialevirtù del principio generale di buona fede, la banca sarebbe pertanto gravata da uno specifico obbligo di collaborazione documentale; -dalla peculiare posizione di vicinanza della banca rispetto ai documenti di cui si tratta sorgerebbe infatti un obbligo di protezione nei confronti del correntista; -ciò varrebbe a maggior ragione quando la richiesta documentale di cui si tratta non sia stata fatta dal cliente in una fase di contenzioso con la banca, ma sia semplicemente diretta al fine di ricostruire il rapporto e, in particolare, di controllare la regolarità e la correttezza delle contabilizzazioni rappresentante in tali documenti; -pertanto, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materiadiritto del cliente ad avere copia di tali documenti non potrebbe riguardare soltanto una frazione temporale del rapporto contrattuale tra le parti, considerata la peculiare unitarietà del conto corrente bancario che si manifesta nella consecutività e nella relativa interdipendenza delle poste annotate; -nel merito-l’art. 119, ult. xxxxx, t.u.b. sarebbe applicabile esclusivamente ai documenti riguardanti le operazioni sottostanti al conto corrente bancario; -il limite temporale di dieci anni, ivi previsto dal legislatore, non sarebbe pertanto applicabile alla richiesta del cliente di avere copia degli estratti conto, in quanto essa sarebbe disciplinata dal diritto comune, trattandosi della pretesa all’adempimento di una vera e propria obbligazione contrattuale della banca; -ove anche l’art. 119, ult. comma, t.u.b. si ritenesse applicabile alla fattispecie di cui si tratta, tale disposizione di legge dovrebbe essere interpretata nel senso che il ricorso sia respintocliente avrebbe diritto agli estratti dei conti correnti bancari che sono stati definitivamente chiusi nei dieci anni che precedono la sua richiesta. Nella seduta del 26 marzo 2020Ciò posto, rilevata la particolare importanza della questione posta dal ricorso, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, remittente ne ha deciso di sottoporne l’esame rimesso la decisione a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.

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FATTO. La Con ricorso presentato in data 12 novembre 2020, il ricorrente ha affermato che, con atto di quietanza consegnato in data 10 ottobre 2016, veniva formalizzata la definizione di tutti i rapporti pendenti inter partes con impegno da parte dell’intermediario alla cancellazione delle ipoteche gravanti sull’immobile di proprietà del ricorrente e della sua ex moglie; che tale accordo era stato concluso con un rappresentante della società X (ora incorporata nell’intermediario resistente) con l’unica finalità di procedere spontaneamente alla vendita del bene di proprietà del ricorrente (in comunione con la ex-moglie) al fine di estinguere i contratti di mutuo ***961 e ***289, all’epoca in essere con l’intermediario resistente; che restava inteso tra le parti che l’eventuale eccedenza rispetto al saldo residuo del mutuo, sarebbe stata consegnata ai venditori-mutuatari; che l’accordo aveva ad oggetto il conferimento di un mandato al servicer di procedere alla vendita bonaria dell’immobile al miglior prezzo di mercato; che, al contrario, ha visto svendere l’immobile al prezzo equivalente del debito residuo al momento in essere con l’intermediario; che, infatti, a fronte di un valore dell’immobile pari a circa € 160.000,00 (doc. 2) quest’ultimo è stato venduto a 87.000,00 euro, oltre le commissioni; che tale risultato, com’è apprezzabile ictu oculi, ha costituito un indubbio vantaggio per l’intermediario al quale ha fatto da contraltare un lucro cessante in capo al contraente–consumatore: • il 30 aprile 2014infatti, quest’ultimo avrebbe ben potuto vendere l’immobile ad un prezzo più alto rispetto al debito residuo vantato con l’istituto di credito; che, ad ogni modo, a quella data veniva confermato che tutti i rapporti (compresi anche i rapporti di conto corrente sul quale giravano le rate del mutuo) erano definiti; che nel luglio del 2020 – intenzionato a comprare una nuova automobile – veniva a conoscenza di risultare segnalato a sofferenza per complessivi 9.371,00 euro; che, con reclamo del 22 luglio 2020, chiedeva la cancellazione retroattiva delle informazioni illegittimamente segnalate nella Centrale Rischi presso Banca d'Italia perché illegittima per insussistenza dei presupposti formali e sostanziali e – al contempo – avanzava formale richiesta, ai sensi del 119 T.U.B. volta a ottenere copia del contratto di servicing stipulato con la banca resistente un società X al fine di poter dimostrare e quantificare l’illegittimo comportamento posto in essere dalla stessa; copia del contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni mutuo ***961 e ***289; copia della comunicazione di messa in mora e contestuale segnalazione a sofferenza. Quanto alla richiesta documentale, l’intermediario dirottava il Cliente presso la filiale di riferimento; ritenendo insoddisfacente la risposta dell’Intermediario, avanzava un nuovo reclamo in data 1° settembre 2020 (doc. 6) reiterando la richiesta della documentazione e chiedendo che gli venisse recapitata a mezzo pec “dietro pagamento del dovuto che dovrà essere previamente comunicato”. Tale richiesta trova la sua motivazione in quanto attualmente risiede a L*** e, anche in ossequio alla normativa primaria e secondaria sull’emergenza sanitaria COVID-19, appare più ragionevole ottenere tale documentazione in via telematica; con successiva comunicazione del 24 settembre 2020 l’intermediario confermava quanto già rappresentato nella prima risposta (doc. 7) ovvero di recarsi in filiale; si faceva, comunque, parte diligente prendendo contatti con la Filiale a mezzo pec in data 5 ottobre 2020, alla quale però non ha mai ricevuto alcuna risposta. La parte ricorrente ha, poi, affermato, in diritto, di essere stata oggetto di una società commerciale; • erronea segnalazione del ricorrente in Centrale Rischi per mancanza dei presupposti formali e sostanziali, in quanto la segnalazione a sofferenza riguarda un debito in realtà insussistente in quanto oggetto di accordo con l’istituto segnalante, la prova di tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero accordo è da rinvenire nella quietanza consegnata in occasione della vendita dell’immobile in forza del quale la Banca ha promesso la definizione in via bonaria di tutte le pendenze. Peraltro, l’estinzione dell’obbligazione deve essere presunta dal comportamento omissivo dell’istituto di credito che si è ostinato a non produrre alcuna documentazione, nonostante le numerose richieste avanzate sia all’Ufficio Reclami che alla filiale ove il rapporto era stato acceso (peraltro a seguito di espressa indicazione del primo). Altro elemento di fatto dal quale è possibile presumere l’illegittimità della segnalazione per estinzione del debito è la manifestata volontà di non voler consegnare e/o allegare alle risposte dei reclami la comunicazione di messa in mora e preavviso di iscrizione a sofferenza. Infatti, ha sostenuto il ricorrente che la situazione economico-patrimoniale del ricorrente non corrisponde affatto alla definizione di sofferenza offerta dalla Circolare di Banca d’Italia (cap. II, sez. 3, § 9), così come delineata dalla giurisprudenza di legittimità e arbitrale: il ricorrente infatti riprodotti gli arttricopre un importante ruolo nell’Arma dei Carabinieri, non ha mai avuto alcuna problematica con il ceto bancario e, in generale, con alcun creditore, gode di un ottimo stipendio e conduce una vita senza alcuna privazione nella città di ***. 2In giurisprudenza è stato precisato che grava sull’intermediario segnalante l’onere di dimostrare, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIin sede giudiziale, i qualicriteri che hanno giustificato tale appostazione (cfr., secondo ex multis, Tribunle di Napoli del 1° dicembre 2017 e Tribunle di Belluno del 22 marzo 2018). Nel caso di specie la Banca non ha minimamente motivato ed esposto nelle risposte ai reclami le ragioni che hanno giustificato un così grave provvedimento, e, inoltre, non ha ricevuto alcun preavviso di segnalazione e ciò ha impedito di contestare tempestivamente la dichiarata situazione di insolvenza e il credito vantato dall’intermediario. Per la giurisprudenza costante il preavviso costituisce presupposto di validità della segnalazione a sofferenza in C.R., la cui omissione giustifica un risarcimento del danno in capo all’odierno ricorrente; l’onere di fornire la prova della ricezione da parte del cliente incombe sull’intermediario segnalante. In merito al risarcimento del danno patrimoniale e non, per quanto accertato concerne il danno patrimoniale, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che la condanna generica al risarcimento dei danni patrimoniali non richiede sostegno probatorio in ordine all’esistenza in concreto di un danno, ma soltanto l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di esso (cfr. Cassazione, Sez. I, 26 ottobre 2017, n. 25512), ove, sul danno non patrimoniale, l’orientamento maggioritario in giurisprudenza ha chiarito che il danno da lesione dell’immagine sociale della persona che si vede ingiustamente indicata come insolvente presso la Centrale dei rischi «costituisce un danno reale che deve essere risarcito senza necessità per il danneggiato di fornire la prova della sussistenza» (ex multis Cass. Sez. III, 4 giugno 2007, n. 12929; Cass. Sez. I, 24 maggio 2020, n. 12626). la giurisprudenza più recente, in tema di mezzi di prova utilizzabili, ha altresì chiarito che nel caso in cui venga lamentato un danno, patrimoniale o non patrimoniale, da illegittima segnalazione «È ammessa la prova per presunzioni dell’esistenza del danno, purché le allegazioni siano puntali e complete». (Cass., Sez. III, 15 aprile 2015, n. 7661). Nel caso di specie, l’esistenza del danno è dimostrata dalla circostanza che la segnalazione persiste come minimo dall’ottobre del 2016; che non è mai stata soggetta a rettifiche o segnalazioni ulteriori, neppure telefoniche; che appartiene all’Arma dei Carabinieri, con servizio di alto grado anche in ambasciate estere, ed è sottoposto al Codice disciplinare e di condotta, così come previsto dal D.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, e al Regolamento interno che all’art. 732, comma 6 stabilisce espressamente che: «6. Per il personale dell'Arma dei Carabinieri costituisce grave mancanza disciplinare: […] d) non onorare i debiti o contrarli con persone moralmente o penalmente controindicate.»; che non ha mai ricevuto un addebito nella sua carriera e attualmente vive in uno stato di profonda angoscia in quanto il recupero forzoso del credito viene solitamente notificato anche alla Caserma di appartenenza e tale notifica comporta l’apertura di un procedimento disciplinare; che le conseguenze di tale provvedimento determinano immediatamente una ricaduta negativa in termini di future promozioni o scatti di stipendio; che, in tema di quantum risarcibile, sulla scorta dei precedenti giurisprudenziali in casi analoghi (cfr. Trib. di Modena 20 marzo 2012 su Resp. Civ., 2012, il danno è da quantificare in una somma pari al debito erroneamente segnalato e, pertanto, in complessivi € 9.371, oltre rivalutazione ed interessi; che, in ogni caso, il ricorrente chiede che il danno non patrimoniale sia quantificato in via equitativa ai sensi del 1226 c.c. Quanto alla mancata consegna della documentazione richiesta ai sensi dell’art. 119 T.U.B., il ricorrente sostiene che, nonostante si sia fatto parte diligente inviando una richiesta scritta alla filiale di Olbia, quest’ultima non ha mai risposto; che la richiesta di documentazione mediante un appuntamento fisico in filiale non solo appare un mero strumento per aggravare di ulteriori costi il Cliente ma, oltretutto, appare irragionevole in virtù della normativa emergenziale sanitaria che impone a tutti i cittadini e, a maggior ragione agli intermediari qualificati, di adottare tutte le misure necessarie per ridurre gli spostamenti e i contatti fisici. Alla luce di quanto precede, il ricorrente ha chiesto al Collegio la condanna del resistente, previo accertamento della illegittima segnalazione presso la CR, «alla refusione dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti […] quantificati nella misura minima» di 9.371,00 euro, «o di diversa maggiore o minor somma che riterrà di giustizia, oltre alla refusione delle spese del presente ricorso», oltre alla riconsegna della documentazione richiesta con il reclamo del 22 luglio 2020. Nel controdedurre, l’intermediario ha eccepito, in via preliminare, che la propria carenza di legittimazione passiva in quanto il credito è rientrato in una operazione di cessione di crediti pro soluto individuati in blocco perfezionata in data 1/07/2020 in favore di altra società, di cui è stata data notizia mediante pubblicazione in G.U.. Nel merito, ha poi affermato che la correttezza delle segnalazioni effettuate, anche in presenza di trattative con il ricorrente, che confermano come lo stesso fosse perfettamente a conoscenza della propria posizione debitoria avendo già ricevuto a maggio 2015 la comunicazione di costituzione in mora nonché l’avvenuta notifica a suo carico di un atto di precetto e successivamente di un pignoramento immobiliare sin da giugno/luglio 2015; che successivamente, preso atto di precedenti tentativi posti in essere da parte di società mandatarie per il recupero del credito nonché della grave situazione di insolvenza come sopra descritta in forza dell’esecuzione immobiliare avviata ai danni del ricorrente, ha proceduto alla classificazione a sofferenza della posizione in questione nel settembre 2017 in ottemperanza alle vigenti disposizioni normative emanate in materia dalla Banca d’Italia mediante (Circolare 139/1991); che, secondo la giurisprudenza costante dei Collegi ABF, il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005preavviso di segnalazione a sofferenza nella CR non costituisce condizione di legittimità della segnalazione a sofferenza, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990ma ha esclusivamente valenza informativa; • il 7 maggio 2018che, quanto alla presunta dichiarazione liberatoria rilasciata dalla Banca ed allegata al ricorso, la stessa si riferisce solo ai rapporti di mutuo cointestato con altro nominativo e non alle esposizioni derivanti da c/c e carta di credito intestati unicamente al ricorrente; che, per quanto riguarda la richiesta di documentazione, il ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche è stato più volte invitato, ma senza esito, a ritirare la documentazione richiesta presso l’Agenzia di competenza, previo pagamento di quanto stabilito dalle norme che regolano la trasparenza bancaria. Da ultimo, in relazione alla richiesta di risarcimento di presunti danni subiti, il ricorrente non ha fornito alcuna prova dell’esistenza e consistenza di tali danni né del nesso di causalità tra il lamentato comportamento della banca resistentee il danno. La resistente ha, quindi, richiesto al Collegio di «dichiarare il ricorso inammissibile per carenza della legittimazione passiva della Banca» e, in subordine, la legittimità della segnalazione in CR. In sede di repliche, il ricorrente ha affermato, per quanto riguarda l’eccezione del difetto di legittimazione passiva, che la stessa appare priva di pregio in quanto il soggetto passivamente legittimato è indubbiamente l’intermediario che ha proceduto alla segnalazione; sulla pendenza di presunte trattative e sulla raccomandata A/R di costituzione in mora, contesta fermamente che vi siano mai state trattative con la società Y, così come affermato da controparte che non fornisce alcuna prova a riguardo; quanto alla raccomandata A/R, non ha mai ricevuto tale comunicazione, né ha mai sottoscritto la cartolina; anzi la documentazione prodotta attesta che dal 27.04.2015 al 17.05.2015 non si trovava a L***; che l’Istituto di Credito, pienamente in possesso di tutte le sottoscrizioni, avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibusdovuto verificare la corrispondenza della sottoscrizione apposta; • in precedenzache la differenza risulta palese, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00come è possibile constatare dalla lettura dei documenti che la stessa banca ha prodotto, nonché dalla procura alle liti; • non informandola adeguatamentedisconosce, dunque, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio sottoscrizione apposta sulla cartolina e segnala che sta predisponendo esposto/querela contro lo spedizioniere al fine di buona fede. Ciò postoaccertare le responsabilità penali in relazione al fatto accaduto; formula anche una richiesta di indennizzo in quanto tale comportamento gli ha arrecato un grave ed irreparabile danno; in ogni caso, anche a voler considerare che la lettera di messa in mora sia stata correttamente recapitata al destinatario, quest’ultima non costituisce comunque condizione di legittimità della segnalazione; per quanto riguarda la richiesta di documentazione, la ricorrente resistente ha chiesto che: -in via principaleprodotto documenti estranei all’oggetto della richiesta, sia accertato che riguarda il contratto di servicing con cui la società X ha provveduto alla contabilizzazione dell’importo di 82.000,00 euro; che gli atti di precetto e di pignoramento prodotti da controparte sono totalmente ininfluenti rispetto all’oggetto del ricorso e sono affetti da un difetto di notifica che, stante la nullità del contratto loro natura recettizia, determina la loro invalidità ab origine. Dipoi, a differenza di fideiussione stipulato quanto sostenuto dall’intermediario, il ricorrente ha affermato di aver preso contatti con la banca resistentefiliale di riferimento, come dimostra la comunicazione a mezzo pec del 5 ottobre 2020 cui non è debitrice nei confronti mai seguita alcuna risposta (doc. 12). Da ultimo, quanto alla richiesta risarcitoria, nel rimandare alle considerazioni svolte in sede di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro evidenzia che sia il danno patrimoniale che quello non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialipatrimoniale sono stati dimostrati ed argomentati.

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FATTO. La Il ricorrente lamenta di non essere stato informato dei reali costi relativi ad un finanziamento c.d. “revolving” offerto dall’intermediario tramite una “telefonata commerciale” , chiedendo il “ripristino delle condizioni vigenti prima del prestito contestato”. Più precisamente, il ricorrente ha affermato rappresentato di aver ricevuto una telefonata da parte di un operatore commerciale, il quale, con riferimento alla carta di credito posseduta dal cliente e rilasciata dall’odierna convenuta, proponeva una “cessione di liquidità” di € 2.600 “al costo di 26 [€]”; secondo quanto appreso nel corso della chiamata, il cliente “avrebbe dovuto pagare 500 [€] mensili per il rientro del capitale e nessun tipo di interesse”. Nel corso dei mesi successivi, riceveva gli estratti conto relativi alla carta di credito, dal quale rilevava l’addebito di alcuni importi a titolo di interesse. La parte attrice presentava reclamo alla convenuta, in data 8/4/2013, contestando gli addebiti effettuati a titolo di interessi sugli utilizzi della carta e lamentando di non aver mai ricevuto il contratto “in forma cartacea” (e richiedendone copia). In tale missiva, comunicava di essere “disponibile a restituire fin da subito la somma di 600 € risultante dalla differenza tra i 2.600 € ricevuti sul proprio conto corrente e le 4 rate da 500€ già restituite”, nonché “la somma di € 573,07 […] dovuta al[l’] utilizzo della carta”, ma chiedendo, di converso, la “restituzione di tutte le somme pagate a titolo di interesse dal mese di dicembre in poi”. L’intermediario rispondeva con nota del 18/04/2013, affermando che “l’opzione di pagamento scelta […] risulta essere rateale e non a saldo […] pertanto la stessa prevede il pagamento degli interessi maturati, così come previsto dalle condizioni sottoscritte”; inoltre, rappresentava “di aver inteso accogliere, seppur parzialmente, la [...] richiesta , procedendo con il riaccredito degli interessi addebitati nei mesi di dicembre 2012 e gennaio [...] per un importo complessivo di € 160.10”, rifiutando le ulteriori richieste formulate dalla parte attrice. Insoddisfatto dal riscontro ricevuto, il ricorrente adiva l’ABF, chiedendo testualmente quanto segue; Nelle proprie controdeduzioni, presentate tramite Conciliatore Bancario il 09/09/2013, la resistente ha rappresentato che: - “in data 20 novembre 2006, [il 30 aprile 2014ricorrente] sottoscriveva il modulo di richiesta di carta di credito […], per l'emissione di uno strumento di pagamento con una linea di credito ad uso rotativo pari ad Euro 5.000,00. Il giorno 19 novembre 2012, il Sig. [omissis] contattava il servizio clienti [..] e si avvaleva del servizio sopracitato, autorizzando l'operatore telefonico sia a trasferire sul proprio conto corrente bancario parte della disponibilità presente sulla sua carta di credito, per un importo pari ad Euro 2.600,00, sia ad attivare la c.d. «opzione revolving», impostando una rata fissa mensile di Euro 500,00 quale modalità di restituzione del debito maturato per l'utilizzo della carta stessa”; - “l'art. 2.4, rubricato «Utilizzo del fido», [riporta che] «Gli importi compresi nell'estratto conto non sono soggetti ad applicazione di interesse nel caso in cui l'intero importo dell'estratto conto sia pagato entro la relativa scadenza, restando altrimenti soggetti all'applicazione dell'interesse contrattualmente stabilito»”; - “se il [il ricorrente] non avesse modificato la modalità di pagamento, impostando una rata di Euro 500,00 per la remunerazione del credito utilizzato, nel mese di dicembre 2012, avrebbe stipulato con dovuto corrispondere l'intero saldo debitore, pari ad Euro 4.366,42, maturato nel mese precedente”; - “Come recita l'art. 2.1 delle condizioni generali di contratto sottoscritte dal ricorrente «Il fido concesso al Cliente nel quadro del presente contratto può essere utilizzato mediante l'impiego della carta rilasciata dalla Banca. L'utilizzo del fido comporta l'applicazione delle condizioni economiche indicate nel prospetto»”. - “La disposizione sopra richiamata trova la banca resistente un contratto propria collocazione civilistica nell'istituto dell'apertura di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli credito bancario, regolato dagli artt. 21842 e ss. c.c., 6 e 8 il quale, in particolare al comma 2 dell'art. 1843, prevede che i versamenti effettuati dal cliente abbiano natura di atti ripristinatori della disponibilità originariamente garantita. É pacifico dunque che la disponibilità mensile di Euro 5.000,00, garantita dall'intermediario mensilmente nel caso di specie, debba essere ripristinata ogniqualvolta essa venga utilizzata dal titolare dello schema uniforme predisposto dall’ABIstrumento di pagamento”. - “evidente risulta anche la summenzionata circostanza tale per cui, i qualida un lato, secondo quanto accertato nel caso di utilizzo del fido si applicano le condizioni economiche indicate nell'apposito prospetto ovvero nel documento di sintesi, dall'altro, in caso di rimborso rateale del fido, sul saldo debitore maturano gli interessi contrattualmente stabiliti”. - “il trasferimento di contanti sul conto corrente di controparte altro non è stato [altro] se non una modalità di utilizzo del fido rotativamente concesso dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005banca, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità forza del contratto di fideiussione stipulato apertura di credito bancario da egli sottoscritto. Pertanto, al pari di ogni altra possibile utilizzazione della linea di credito, anche il trasferimento in parola implica l'applicazione delle condizioni economiche contrattualmente pattuite e, concorrendo esso, come ogni altra operazione effettuata con la banca resistentecarta di credito, alla composizione del saldo debitore, l'applicazione del tasso di interesse ove il titolare della carta, come nel caso di specie, rimborsi ratelmente il credito utilizzato”. - “Alla luce di quanto precede, a poco rileva l'assenza di un'apposita comunicazione recapitata a controparte a seguito dell'esecuzione dell'operazione il 19 novembre 2012 sottolineata da controparte, in primo luogo, perché essa é pervenuta nella forma dell'estratto conto del mese di novembre 2012, nel quale era peraltro indicato il tasso di interesse applicato al saldo debitore, in secondo luogo, perché il trasferimento contestato, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nel secondo reclamo, non è debitrice nei confronti é assoggettabile alla disciplina all'uopo prevista dal Codice del Consumo poiché, trattandosi di quest’ultimauna normale modalità di utilizzo della linea di credito, non configura la fattispecie della c.d. vendita a distanza”; -in via subordinata- “[dal]la trascrizione della telefonata intercorsa fra il [il ricorrente] ed il […] servizio clienti, [si] apprezza[…] sia l'ordine, impartito dal ricorrente all'operatore di turno, di trasferire parte della disponibilità della linea di fido presso il proprio conto corrente bancario, salvo contestuale pagamento di una commissione pari all'1% dell'importo stabilito, sia accertato la variazione della modalità di rimborso del credito erogato tramite la carta, da saldo totale del debito, che, se fosse stata mantenuta, avrebbe comportato la necessaria corresponsione, il 7 maggio 2018mese successivo, dell'intero utilizzo della linea di credito, comprensivo dei 2.600 Euro trasferiti e senza alcuna applicazione di interessi, a rateale, mediante pagamento di una importo mensile fisso di Euro 500,00”. L’intermediario resistente chiede “di voler dichiarare il rigetto del presente ricorso perché infondato”. Il ricorrente ha receduto da tale contratto. La banca fatto avere delle repliche in data 15/10/2013 nelle quali ha resistito al ricorso, affermando sottolineato che: • questo Arbitro - “il contratto telefonico va prodotto mediante supporto audio, al fine di consentire una corretta valutazione all’organo giudicante; la trascrizione non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiaè sufficiente, in quanto le violazioni non è titolo di prova atto a dimostrare la realtà dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero fatti”. - “Il contratto stipulato telefonicamente [deve] intendersi come nuovo contratto od almeno modifica contrattuale di esclusiva competenza delle sezioni specializzate sostanziale importanza, in materia quanto trattasi di impresa dei Tribunali Ordinari richiesta di Milanonuovo affidamento sulla carta di credito e non può che essere un contratto a distanza disciplinato dal D.Lgs 206/2005 (Codice del Consumo), Napoli e Roma; • il anche perché non può trovare altra collocazione giuridica” - “Il […] D.Lgs 206/2005 (Codice del Consumo), prevede all’art. 52, l’obbligo per la società proponente, di inviare al domicilio dell’utente copia cartacea del contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, sottoscritto a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialidistanza”.

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FATTO. La Il ricorrente, soggetto non correntista della convenuta, lamenta la mancata negoziazione di un assegno emesso dal suo datore di lavoro (ai fini del pagamento dello stipendio mensile) e tratto sulla medesima convenuta. Più precisamente, il ricorrente ha affermato che: • riceveva il 30 aprile 2014pagamento del suo stipendio tramite assegno bancario emesso su carnet rilasciato dall’odierna convenuta e il 13 agosto 2014 si recava presso la stessa dipendenza traente, avrebbe stipulato con al fine di incassarlo. Il ricorrente, non correntista della convenuta, si vedeva opporre il rifiuto di quest’ultima al “cambio” dell’assegno in contanti; dapprima poiché “superiore ad € 1.000,00” e poi, in fase di reclamo, perché la banca resistente si dichiarava non “obbligata per legge al pagamento di un contratto assegno bancario”. Gli venivano inoltre rappresentate ragioni di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni verifica della sua “solvibilità” benché il titolo avesse “copertura certa”. Dal momento che tale assegno, pari ad € 1.350,00, rappresentava il suo stipendio mensile, il ricorrente pativa “numerosi disagi”. Conclusasi infruttuosamente la fase di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005reclamo, si porrebbero in contrasto con rivolgeva all’ABF, chiedendo il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’artrisarcimento del danno patito e la refusione delle spese sostenute. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la Il ricorrente ha chiesto che: -in via principaleil risarcimento del danno nella misura di € 2.000,00 “o di quella ritenuta di giustizia” oltre “ad € 500,00 per l’intervento legale e spese”. Nel presentare le proprie controdeduzioni, sia accertato chela convenuta ha precisato di aver dato riscontro al reclamo ed eccepisce preliminarmente di non aver trovato documenti, stante riferibili alla data indicata dal ricorrente (13 agosto 2014), che attestino la nullità presentazione all’incasso dell’assegno. Ha sostenuto, comunque, di non essere obbligata alla negoziazione di un assegno “a chiunque si presenti allo sportello [...] soprattutto se persona non conosciuta”, anche alla luce del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate parere ABI 1031/2009 in materia di impresa dei Tribunali Ordinari “Cambio di Milanoassegni bancari”. Ha citato, Napoli inoltre, della giurisprudenza di merito e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione legittimità sull’accettazione dell’assegno bancario e sull’assenza di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminerapporto cartolare tra banca trattaria e prenditore dell’assegno. Ciò posto, la banca La resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, che il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialivenga rigettato.

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FATTO. La parte ricorrente ha affermato afferma che: • il 30 aprile 2014, avrebbe aveva stipulato con una società di costruzione un contratto preliminare di compraventita versando una caparra di € 63.000,00; • a seguito del fallimento del costruttore veniva costituita una società cooperativa tra i promissari acquirenti, avente quale scopo quello di ottenere l’assegnazione degli immobili; • a tal fine, cedeva alla società cooperativa il proprio credito e diritti di insinuazione al fallimento; • la società cooperativa proponeva di rilasciare una fideiussione alla banca resistente a fronte di un mutuo che i soci avrebbero dovuto sottoscrivere al fine di riacquistare l’immobile; • in data 31/05/2011 veniva, pertanto, sottoscritto un contratto di fideiussione omnibus omnibus; • a fronte del rilascio della fideiussione, la banca avrebbe dovuto concedere il mutuo per il riacquisto dell’abitazione; ciò non è avvenuto e, pertanto, ha subito una perdita economica pari alla caparra versata, oltre ad aver prestato garanzia sino a concorrenza dell’importo di € 81.000. L’intermediario costituitosi, in punto di fatto, deduce che: • la Società Cooperativa venne costituita nel maggio 2010 da buona parte dei promissari acquirenti degli immobili della Ditta individuale * - dichiarata fallita dal Tribunale in data 01.04.2008 - per la gestione del relativo concordato fallimentare in veste di assuntrice; • la ditta, infatti, prima del fallimento, aveva in essere diversi cantieri per la realizzazione di complessive 48 unità immobiliari finanziati in larga parte da acconti dei soci; • la Società Cooperativa nel corso del 2011 presentò proposta di concordato, successivamente approvata dal Tribunale, con la quale veniva stabilita in euro 7.433.855,98 la somma da riconoscere alla procedura a fronte della cessione di tutti gli assets immobiliari; • alla banca * (confluita nell’intermediario convenuto), veniva chiesto il rilascio di un credito di firma dello stesso importo, nell’interesse della Società Cooperativa, a favore della procedura fallimentare, al fine di garantire le obbligazioni di una società commercialel’adempimento del concordato; • tale contratto sarebbe tuttavia nulloimpegno era a sua volta controgarantito dalla fideiussione omnibus dei vari acquirenti in misura pari alle caparre da questi già versate per l’acquisto delle singole unità immobiliari; • contestualmente veniva stabilito che la Società Cooperativa, una volta ottenuto il trasferimento degli immobili a seguito dell’omologa del concordato, avrebbe contratto un mutuo ipotecario sul complesso in corso di costruzione il cui ricavato sarebbe servito ad onorare gli obblighi di pagamento a favore del fallimento; • in data 28.01.2011 la Società Cooperativa e i singoli soci assegnatari dei lotti hanno formalizzato per iscritto alla banca * le richieste sopra indicate impegnandosi a rilasciare fideiussione omnibus pro quota per un ammontare complessivo di euro 7.433.855,98; • all’interno di tale atto la ricorrente risulta tra i firmatari dell’impegno, successivamente adempiuto con la sottoscrizione in data 31.05.2011 della fidejussione omnibus n. *857 a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni nei confronti della banca, dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura, già consentite e che venissero in seguito consentite al debitore (Società Cooperativa) sino alla concorrenza dell’importo di euro 81.133,44 (xxx.xx 4 al ricorso); • in data 05.11.2012, con l’omologa del concordato da parte del Tribunale, la procedura fallimentare veniva chiusa; • l’importo del mutuo concesso si è man mano ridotto con la vendita delle unità immobiliari, in parte mediante accollo liberatorio agli acquirenti e in parte con pagamento diretto; • per quel che concerne la situazione specifica della ricorrente dalle evidenze della procedura fidi si rileva che nel mese di maggio 2013 era stato valutato dalla banca l’accollo di una quota parte del mutuo ipotecario di euro 85.000,00; l’operazione tuttavia non si era perfezionata in quanto la ricorrente nel frattempo era divenuta disoccupata; • il 15.03.2021 veniva inoltrata alla ricorrente, garante in forza della fideiussione omnibus sopra indicata, raccomandata a.r. di sollecito alla regolarizzazione del mutuo ipotecario n. *171 concesso alla Società Cooperativa nei limiti della fideiussione concessa; • in data 10.06.2021 la ricorrente – per il tramite del proprio legale - eccepiva la nullità della fideiussione omnibus precedentemente rilasciata sulla base dell’“ormai unanime giurisprudenza della Corte di Cassazione” invitando l’intermediario a provvedere alla sua immediata rimozione; • tale comunicazione veniva indirizzata anche al soggetto garantito; in particolare, la ricorrente imputava alla Società Cooperativa la sua estromissione dalla compagine sociale a seguito della mancata concessione del mutuo da parte della banca, nonostante le rassicurazioni avute in proposito; • la summenzionata richiesta veniva respinta dall’ufficio reclami della banca per quanto di sua competenza, precisando che secondo la stessa Corte di Cassazione l’eventuale nullità di alcune clausole non è tale da inficiare la validità dell’intero impegno fideiussorio, che resta valido nelle sue relative disposizioni; • con il ricorso la ricorrente richiede che sia l’Arbitro a dichiarare la nullità della fidejussione omnibus n. *857 dalla medesima prestata sul presupposto che la banca avrebbe dovuto concederle il mutuo per il riacquisto dell’immobile. In diritto, l’intermediario eccepisce: • in via preliminare, la qualifica di “non consumatore” della ricorrente in quanto era socia della Società Cooperativa nell’interesse del quale la fideiussione era stata prestata; • la ricorrente aveva, pertanto, al momento della sottoscrizione della garanzia personale un collegamento “funzionale” con la società garantita (cfr. CGUE, 19 novembre 2015, C-74/15; Collegio di Bologna nella decisione n. 9728 del 03.05.2018); • nel merito, la “totale genericità” delle motivazioni addotte a sostegno delle richieste avanzate, atteso che la ricorrente – che non ha mai contestato il credito vantato dalla banca nei confronti del debitore - ha lamentato l’invalidità della fideiussione senza addurre alcuna argomentazione tecnico giuridica e senza specificare quali siano le pattuizioni eventualmente illegittime (cfr. decisione n. 12146/2021 del Collegio di Bari); • a sostegno della nullità della garanzia viene dapprima genericamente richiamata l’“ormai unanime giurisprudenza della Corte di Cassazione”, mentre in sede di ricorso la richiesta viene motivata col fatto che la banca avrebbe dovuto concedere alla ricorrente il mutuo per l’acquisto dell’abitazione; • a fronte di una richiesta di declaratoria di nullità della fideiussione poiché recante clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttin contrasto con la legge antitrust (L. n. 287/1990), il Collegio di Bologna, con la decisione n. n. 18418 del 25.07.2019 ha ritenuto che “La materia che implica l’analisi dei profili civilistici (nullità/risarcimento) conseguenti alla violazione di norme di diritto antitrust, esula tuttavia dal perimetro di competenza dell’ABF. Anche sotto • per mero scrupolo difensivo si evidenzia che la Corte di Cassazione ha optato per la soluzione della nullità parziale del contratto di fideiussione in cui siano inserite le clausole 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIA.B.I. del 2003 (la c.d. reviviscenza della garanzia, la rinuncia del fideiussore ai termini di cui al 1957 c.c. e l’obbligo di pagamento “a prima richiesta”) e, in conformità al principio di conservazione del negozio, dovrebbe trovare applicazione l’art.1419 comma 1 cod. civ.; • nel caso di specie, le clausole non sono essenziali all’esistenza del contratto (cfr. Collegio di Coordinamento nella decisione n. 14555 del 19.08.2020); • la richiesta di nullità totale della fidejussione va respinta sulla base del dispositivo della sentenza di Cassazione del 26.09.2019 n. 24044: “Dalla declaratoria di nullità di una intesa tra imprese per lesione della libera concorrenza, non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti a valle, i qualiquali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle imprese da parte dei clienti.”; • in ordine alla mancata concessione del mutuo per l’acquisto dell’abitazione, secondo osserva che gli intermediari non possono prescindere da valutazioni attinenti il c.d. merito di credito volte ad accertare la capacità di rimborso della clientela; • come già anticipato, nel maggio 2013 la Banca * aveva valutato la possibilità dell'accollo di una quota parte del mutuo ipotecario di euro 85.000,00; • l’operazione non venne, tuttavia, perfezionata in quanto accertato dalle informazioni reperibili nella procedura fidi dell’epoca la ricorrente risultava al momento disoccupata avendo perso il lavoro da dipendente di cui godeva in precedenza; • nessuna promessa in tal senso era stata in precedenza fatta dalla Banca d’Italia mediante * alla ricorrente; • la futura valutazione del merito di credito dell’attuale ricorrente era infatti – come nella generalità dei casi - un passaggio assolutamente irrinunciabile per il provvedimento perfezionamento dell’operazione di accollo; • non si comprende quale atteggiamento scorretto (nelle precisazioni al ricorso qualificato addirittura come “al limite della truffa”) avrebbe tenuto la banca; • l’operatività in questione è stata posta in essere all’interno di una procedura concorsuale che per sua natura prevede un controllo di tipo giurisdizionale; • la banca * ha dato corso alle richieste provenienti dai promissari acquirenti e dalla società cooperativa dai medesimi costituita concedendo il mutuo necessario al pagamento degli asset immobiliari in capo alla curatela fallimentare, nonché un credito di firma a favore della medesima nell’attesa di perfezionare l’erogazione del finanziamento medesimo; • la fideiussione omnibus dei singoli soci della cooperativa, controgaranzia perfettamente coerente con l’attività prestata dalla banca nell’ambito dell’operazione in questione, è stata del resto spontaneamente offerta dai singoli soci come si evince dall’Atto di richiesta di credito di firma e mutuo ipotecario; • la cessione del credito da parte dei promissari acquirenti (già ammessi al passivo del fallimento) era un passaggio propedeutico al perfezionamento del concordato, e - per quel che qui più conta non ha riguardato la banca finanziatrice essendosi perfezionato tra ciascun socio e la Società Cooperativa in veste di cessionaria; • la ricorrente, infine, non ha mai contestato in precedenza la fideiussione in questione, né il debito della Società Cooperativa nei confronti della banca. Nelle repliche, parte ricorrente ha ulteriormente dedotto quanto segue: • per quanto riguarda l’eccezione inerente la qualifica di consumatore, ha firmato personalmente la fideiussione e non in qualità di socia (cfr. all. 1); • inoltre, la fideiussione veniva sottoscritta per fini personali essendo stati i sottoscriventi coinvolti nel fallimento; • difetta uno degli elementi essenziali del contratto previsto dall’art. 1341 c.c. ossia la causa del contratto di fideiussione; • ha sottoscritto la fideiussione omnibus in quanto la Banca avrebbe dovuto concedergli il mutuo per l’acquisto dell’abitazione di importo pari alla fideiussione; • nella richiesta di fideiussione prodotta da controparte a pag. 3, clausola 2 si evince chiaramente che la fideiussione è subordinata alla richiesta di un mutuo ipotecario di euro 7.433,855,98 al fine di procedere al pagamento in favore della procedura fallimentare e, conseguentemente, all’acquisto definitivo degli immobili che la società fallita si era impegnata a vendere su preliminare; • il contratto di fideiussione è nullo oltre che per difetto di causa anche per contrasto con il disposto dell’articolo 2 della L. n. 287 del 1990 in quanto contenente le clausole indicate nel Modello ABI di cui la B.I. (Provv. n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in ) ha sancito il contrasto con il divieto di intese restrittive le regole poste a presidio della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990concorrenza; • il 7 maggio 2018l’ordinanza n. 29810 del 2017 resa dalla Prima Sezione della Corte di Cassazione Civile, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contrattoha stabilito che sono nulle le fideiussioni prestate a garanzia delle operazioni bancarie (c.d. “fideiussioni omnibus”) conformi allo schema predisposto dall’ABI; • solo mediante sebbene la Corte di Cassazione né con la pronuncia n. 29810/2017 né con quella n. 13846/2019 abbia precisato se le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante clausole vietate determinino la nullità del dell’intero contratto di fideiussione stipulato o la sostituzione delle stesse con la banca resistentenormativa codicistica, non è debitrice nei confronti deve escludersi l’applicabilità della nullità parziale ex art. 1419 c.c. perché la gravità delle violazioni in esame – che incidono pesantemente sulla posizione del garante, aggravandola in modo significativo ben giustifica che sia sanzionato l’intero agire dei responsabili di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, quelle violazioni. Nelle controrepliche l’intermediario ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando ulteriormente dedotto che: • questo Arbitro in ordine alla qualifica di parte ricorrente, prende atto che la firma della cliente sulla fideiussione non potrebbe pronunciarsi nel merito è accompagnata dalla dicitura “in qualità di socia”; • richiama nuovamente la pronuncia della controversiaCorte di Giustizia dell’Unione Europea (19/11/2015 C-74/15) nonché la decisione del Collegio di Bologna n. 9728 del 03.05.2018; • per quanto riguarda le censure di nullità della fideiussione, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire che la causa del contratto fideiussorio, che intercorre tra fideiussore e creditore è la funzione di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento della base soggettiva passiva; • dopo la delibera di affidamento conclusasi negativamente per assenza di occupazione, controparte non ha mai richiesto all’intermediario una ulteriore valutazione sostenuta da nuovi parametri reddituali; • la pronuncia menzionata dalla parte ricorrente (Cass., Sez. I, ordinanza del 12 dicembre 2017, n. 29810) non si inserisce in un consolidato orientamento; • nelle controdeduzioni ha fatto riferimento ad una - più recente - sentenza in cui la Suprema Corte chiarisce che la nullità di alcune clausole presenti nello schema contrattuale predisposto dall’ABI non comporta l’automatica e integrale nullità della fideiussione stipulata sulla base di tale modello (Cass., Sez. I, sentenza del 26 settembre 2019, n. 24044); • che la posizione della giurisprudenza non sia al momento unanime lo dimostra il fatto che di recente la presente questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass., Sez. I, ordinanza del 30 aprile 2021, n. 11486); • contraria alla nullità totale dell’atto di fideiussione è la giurisprudenza ABF (cfr. Collegio di Coordinamento, decisione n. 14555/2020 e Coll. di Bologna, decisione n. 6543/2021). Parte ricorrente ha formulato come segue le proprie conclusioni, all’atto del ricorso. Le conclusioni formulate nelle memorie di replica appaiono di contro più dettagliate. Parte resistente chiede il rigetto del ricorso in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiinfondato.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014Il ricorrente, avrebbe stipulato con titolare di conto corrente presso la banca resistente convenuta, lamenta ripetute riduzioni del tasso di interesse creditore del conto in assenza di comunicazioni a norma dell’art. 118 T.U.B. e domanda, conseguentemente, il ripristino delle condizioni illegittimamente modificate e l’accredito dei maggiori interessi non percepiti, oltre interessi sulla somma asseritamente spettantegli. Più precisamente, il ricorrente, titolare di conto corrente presso la banca convenuta, ha esposto quanto segue: - in data 15.11.2008 l’intermediario “conveniva di riconoscer[gli] un tasso di interesse creditorio lordo del 2%” sul predetto conto; - tuttavia, a decorrere dal 01.01.2009 la convenuta modificava unilateralmente il tasso attivo riducendolo dal 2% all’1% e, a far data dal 10.02.2009, lo diminuiva ulteriormente allo 0,01% lordo; - in sostanza, dal 15.11.2008 al 21.01.2015 (data di spedizione del reclamo) la banca variava più volte unilateralmente il tasso di interesse creditore in violazione della disciplina di cui all’art. 118 T.U.B. che dispone l’invio della proposta di modifica; - soltanto dalla lettura degli estratti conti il cliente apprendeva delle variazioni in peius del tasso di interesse attivo, fatto salvo un momentaneo miglioramento nell’agosto 2014; - nonostante le sue lamentele, l’intermediario non forniva prova dell’avvenuto recapito delle proposte di modifica unilaterale del contratto e, in data 30.12.2014, accreditava sul suo conto l’importo di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni € 445,65 chiedendogli, al contempo, la sottoscrizione di una società commercialedichiarazione di quietanza e rinuncia ad ogni ulteriore contestazione; - il tenore di tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2dichiarazione induceva il ricorrente a procedere per le vie formali, 6 dapprima bonariamente e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto quindi con il divieto reclamo del 21.01.2015; - in sede di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino riscontro al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, reclamo la banca resistente avrebbe pertanto violato forniva copia di due proposte di modifica unilaterale del contratto del 21.11.2008 e del 18.12.2008, in realtà mai ricevute e comunque non esaustive nell’indicazione del giustificato motivo; - il principio ricorrente ribadiva quindi la violazione dell’art. 118 T.U.B. con lettera del 20.02.2015, ma le sue doglianze venivano respinte dalla banca con nota del 12.03.2015; - la circostanza che “i nuovi tassi di buona fedeinteresse fossero indicati nell’estratto del conto corrente via via inviati e nel documento di sintesi non sana l’irregolarità dell’Istituto di Credito”; - secondo il ricorrente la legge prevede che la proposta di modifica unilaterale del contratto sia effettivamente ricevuta dal cliente, trattandosi di dichiarazione recettizia, ed il relativo onere della prova incombe sull’intermediario; - in mancanza di tale prova lo ius variandi non è correttamente esercitato e rimane privo di effetti, da ciò derivando l’applicazione delle precedenti condizioni contrattuali e la restituzione delle somme indebitamente percepite. Ciò posto, la Il ricorrente ha chiesto che: -in via principaleall’ABF che “l’Istituto di Credito proceda al ripristino delle condizioni (tasso creditore) illegittimamente modificate ed al conseguente riaccredito della somma di Nelle proprie controdeduzioni, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, parte resistente ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito riepilogato i fatti all’origine della controversia, ricordando che l’istante ha acceso il conto corrente in quanto oggetto in data 24.04.2002 e rilevando: - che “[s]alvo errori o disguidi non […] risulterebbe mai pervenuta la comunicazione su[lla] regolarizzazione” disposta dal Presidente del Collegio di Milano con provvedimento n. 2775/2015; - di limitare le violazioni proprie difese al periodo successivo al 1° gennaio 2009, di competenza dell’ABF, nonostante le richieste attoree riguardino un arco temporale decorrente dal 15.11.2008 al 21.10.2014. Nel merito, l’intermediario ha osservato: - di aver correttamente provveduto all’invio di tutte le dovute proposte di variazione unilaterale del contratto, riservando al cliente la facoltà di recesso, peraltro mai esercitata; - di aver costantemente aggiornato il cliente sulle complessive condizioni che regolano il rapporto di conto corrente, tramite l’invio degli estratti conti, dei divieti antitrust allegate dalla documenti di sintesi e di ogni altro documento contabile/informativo “all’indirizzo comunicato dal cliente”; - che il ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanousufruisce dal settembre 2011 del servizio “Documenti on line”, Napoli ricevendo e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato potendo visionare “tutti i documenti prodotti relativi ai rapporti intrattenuti con la ricorrente Banca”, inclusi i documenti pregressi relativi al conto corrente che sono stati ivi inseriti, e tra questi “la comunicazione del 2008 in contestazione”; - pertanto, “il Ricorrente non sarebbe può non sostenere di avere avuto contezza delle variazioni/modifiche del tasso creditore del conto a lui intestato”; - di aver comunque nullo; • il 19 marzo 2018accreditato al cliente, a seguito della concessione delle sue lamentele sulla scarsa remunerazione dei tassi applicati e senza alcun riconoscimento di un nuovo finanziamento responsabilità, l’importo di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • 445,00 “ad oggi peraltro non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termineaccettato in via definitiva”. Ciò posto, la banca resistente La convenuta ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.all’ABF:

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FATTO. La Parte ricorrente ha affermato contesta la proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche del c/c che detiene presso l’intermediario convenuto. Chiede pertanto la restituzione di € 25,00 addebitati in data 31 dicembre 2016 a titolo di maggiorazione una tantum dell’importo previsto dalla voce contrattuale “Spese e competenze del periodo di liquidazione”. Più precisamente, parte ricorrente è titolare di un conto corrente di corrispondenza ordinario, aperto presso un intermediario poi fuso con altri a costituire l’attuale resistente. In data 22/9/2016 gli perveniva una proposta di modifica unilaterale relativa alla voce contrattuale “Spese per elaborazione competenze del periodo di liquidazione” che veniva aumentata di € 25,00 alla luce dell’esborso sostenuto dalla Banca per la contribuzione al Fondo Nazionale di Risoluzione. Il 14/11/2016 presentava un reclamo per chiedere il ritiro della detta proposta di modifica unilaterale, in quanto non rispettosa della normativa vigente; in particolare rilevava che: - non si trattava di un’effettiva variazione di condizioni contrattuali in essere, ma di “un’aggiunta di costi di natura diversa ad una condizione contrattuale preesistente e quindi di un’impropria applicazione dell’art. 118 TUB”; - “se anche la si volesse considerare una variazione di condizione contrattuale ex art. Con riscontro del 6/12/2016 l’intermediario confermava la correttezza del proprio operato. Il ricorrente presentava, quindi, ricorso all’ABF domandando la restituzione dell’importo di € 25,00, in considerazione del fatto che “quando codesto spettabile Xxxxxxx deciderà in merito al presente ricorso saranno già stati addebitati (in data 31 dicembre 2016) i 25,00 euro” che costituiscono la maggiorazione oggetto della modifica unilaterale de qua. Le argomentazioni del Cliente sono articolate come segue: il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto trattandosi di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto voce avulsa dalle spese cui è imputata” sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con stato “aggirato il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’artintrodurre, con la procedura dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018118 TUB, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • clausole in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00precedenza non previste”; • non informandola adeguatamentesussisterebbe “alcun nesso causale […] tra un costo straordinario di 113,9 milioni di euro sostenuto nel 2015 e i costi 2016 per l’elaborazione delle competenze del periodo di liquidazione, considerato anche che per gli anni successivi al 2016 la banca resistente avrebbe proposta in esame riporta detti costi ai livelli precedenti”; • “le modifiche normative di derivazione europea hanno come obiettivo di non far pagare ai contribuenti le crisi bancarie trasferendo l’onere alla clientela delle banche in crisi ed al sistema bancario tutelando comunque i depositanti sotto i 100.000,00 euro” e che pertanto violato la proposta dell’intermediario sarebbe “viziata da incoerenza normativa in quanto addebitandoci i 25,00 euro ci fa direttamente contribuire alla crisi di fine 2015 delle quattro banche pure essendo noi correntisti, di altra banca, con saldo inferiore ai 100.000,00 euro”; È stato sottolineato come l’intermediario convenuto abbia chiuso il principio 2015 in utile e si sono messi altresì in luce alcuni elementi di buona fedeopacità della proposta in quanto la medesima: a) non chiarisce se vengano recuperati solo i costi straordinari; b) non spiega perché venga applicato ai ricorrenti l’importo massimo di € 25,00; c) non evidenzia se detti costi siano addebitati a tutti i rapporti o solo ai conti correnti. Ciò posto, la La parte ricorrente ha chiesto chedunque domandato la restituzione di € 25,00 “per i motivi già esposti nel reclamo e qui di seguito riportati tenendo anche conto della risposta pervenutaci dall’intermediario”. L’intermediario resistente ha controdedotto come segue: -in via principale- ha fatto presente come, nel caso oggetto del presente ricorso, sia accertato chestata modificata – in modalità una tantum – una condizione economica prevista nei contratti a tempo indeterminato; - ha affermato che non sono state introdotte condizioni economiche nuove; - ha precisato di aver rispettato il termine di preavviso di cui all’art. 118 TUB nell’invio della “Proposta di modifica unilaterale del contratto”; - ha respinto l’assunto del ricorrente secondo cui mancherebbe, stante la nullità del contratto nel caso di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato chespecie, il 7 maggio 2018giustificato motivo, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando cheargomentando come segue: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiala Banca d’Italia, in quanto attuazione dell’art. 78, d.lgs. 180/2015 ha emanato il Provvedimento n. 1226609 del 18/11/2015 con il quale ha istituito il Fondo Nazionale di risoluzione cui le violazioni dei divieti antitrust allegate Banche sono chiamate a contribuire nella misura determinata dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e RomaBanca d’Italia; • il contratto la scelta di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente aderire o meno al fondo non sarebbe comunque nullopresenta carattere potestativo per le singole Banche; • l’istituzione del Fondo di risoluzione ed il 19 marzo 2018relativo obbligo per le Banche di alimentarlo vanno “ad aggravare in maniera inequivoca l’assetto patrimoniale delle stesse sì da riflettersi sull’equilibrio dei singoli rapporti • è stata citata a tal proposito la Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 5574 del 21 Febbraio 2007 nella parte in cui ricomprende tra gli eventi che possono costituire giustificato motivo la “variazione di condizioni economiche generali”: viene chiarito come proprio l’inasprimento dei costi di produzione dell’impresa bancaria, dovuto esclusivamente ad un fattore esterno, legittimi il ricorso allo strumento di riequilibrio contrattuale di cui all’art. 118 TUB (sono altresì richiamate, a seguito della concessione supporto, alcune pronunce dell’Arbitro Bancario e Finanziario in tema di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principaleius variandi: Coll. Coord., la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciatadecisioni nn. 1889 e 1891 del 26/2/2016; Coll. Roma, decisione n. 2202 del 23/4/2013; Coll. Roma, decisione n. 3981 del 23/11/2012); • alla data è stato sottolineato come, nel caso in questione “il factum principis valido e idoneo a integrare il requisito del 25 novembre 2019giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 TUB risieda nelle conseguenze per la Banca, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00impreviste e sopravvenute, derivanti dal recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva Comunitaria 2014/59/CE […] che avrebbe provocato uno squilibrio giuridico - economico delle posizioni delle parti nel sinallagma contrattuale; • è evidenziato che la normativa vigente non sarebbe stata comunicata a vieta agli intermediari di ricorrere all’esercizio dello ius variandi di cui all’art. 118 TUB in quanto “l’obiettivo precipuo della Direttiva 2014/59/UE, recepita in Italia dal D.Lgs. n. 180/2015 è certamente quello di tutelare i fondi e le attività dei Clienti degli enti in crisi o in dissesto, evitando per quanto possibile che gli Stati membri debbano procedere al salvataggio degli enti stessi utilizzando il denaro dei “contribuenti”, e comunque riducendo al minimo i costi per i “contribuenti”, con evidente riferimento al rapporto tra il cittadino e lo Stato e non al rapporto Cliente – Banca” (vi è un rimando ai considerando nn. 1, 5, 31 e 67 della Direttiva richiamata). - ha affermato che “il testo della proposta contiene l’esatta e puntuale esplicazione del giustificato motivo” e che l’importo dei contributi versati dalla parte resistente è verificabile dai terzi “sia in virtù del regime di pubblicità legale cui è soggetta ogni banca sia in virtù dell’obbligo di rendiconto (assolto mediante pubblicazione sul sito istituzionale) che ha Banca d’Italia”; - ha specificato di aver ripartito “l’impatto sostenuto su tutti i rapporti di conto corrente in essere”, essendo questo il prodotto più diffuso in Banca, in modo tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termineda “dare garanzia di non concentrare l’effetto solo su una parte della clientela”. Ciò posto, la banca resistente L’intermediario ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il rigetto del ricorso “in quanto privo di fondamento sia dichiarato inammissibile in fatto che in diritto per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso tutti i motivi esposti e argomentati in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialinarrativa”.

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FATTO. La Nel mese di marzo 2015 il ricorrente ha affermato checomunicava alla banca resistente l’intenzione di estinguere il mutuo allo stesso intestato, in quanto si apprestava (in data 18/3/2015) alla vendita dell’immobile oggetto di ipoteca; informava pertanto il direttore di filiale (già presente alla stipula del compromesso) della necessità della sua presenza al momento del rogito affinché, in presenza del notaio, controllasse l’assegno per l’estinzione e rilasciasse l’impegno alla cancellazione del mutuo; chiedeva inoltre che gli venisse comunicato l’importo di estinzione (necessario per la preparazione dell’atto e degli assegni circolari). Reiterata tale ultima richiesta – su indicazione del direttore di filiale – una settimana prima dell’atto, in assenza del direttore e del vicedirettore, si rivolgeva al servizio clienti (numero verde) che gli comunicava l’importo di € 102.408,30 (importo poi confermato dal direttore di filiale anche al notaio ed alla banca dell’acquirente). Al momento della stipula (il 18 marzo), il direttore controllava l’assegno e firmava la delibera all’estinzione del mutuo; l’assegno veniva quindi versato, ma la cancellazione della posizione non avveniva contestualmente. Il 24 marzo gli assegni venivano accreditati ed il ricorrente si recava pertanto in agenzia per firmare la quietanza; in tale sede gli veniva comunicato che i conteggi che erano stati fatti non erano corretti: gli veniva in particolare riferito che dal giorno dell’atto al giorno dell’accredito erano maturati degli interessi e che l’importo di adeguamento poteva aggirarsi intorno ai 60/90 euro. Nel pomeriggio del medesimo giorno, da una verifica sull’home banking riscontrava che dal conto erano stati prelevati senza alcune preventiva comunicazione euro 104.457,78 quindi euro 2.049,48 in più rispetto a quanto in precedenza comunicato. Da un confronto con il 30 aprile 2014direttore di filiale apprendeva poi che nell’importo originario non era stata prevista la penale di estinzione anticipata. Il ricorrente rileva quindi la mancanza di professionalità e correttezza della banca per avere dapprima comunicato un determinato importo e poi addebitato in conto un importo superiore senza alcuna previa comunicazione verbale o scritta e senza alcuna autorizzazione; chiede pertanto la restituzione di euro 2.049,48 più eventuali spese legali, avrebbe stipulato nonché il risarcimento dei danni morali. L’intermediario resiste al ricorso ed espone quanto segue. In data 3/5/2004 il cliente stipulava con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus mutuo per garantire le obbligazioni un importo di una società commercialeeuro 150.000, a tasso fisso e durata ventennale; • tale il 18/3/2015 il medesimo stipulava un contratto sarebbe tuttavia nullodi compravendita relativo all'immobile oggetto di garanzia ipotecaria; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttin data 24/3/2015, con parte del ricavato della vendita, procedeva all’estinzione anticipata del mutuo in questione per un importo di euro 104.457,78. 2Ciò premesso la resistente conferma la correttezza dei conteggi di estinzione prodotti in data 24/3/2015 ed in particolare della penale di estinzione applicata pari all’1,90% sul capitale residuo alla data dell’estinzione; difatti, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento la legge n. 55 40 del 2 maggio 20052/4/2007 di conversione del c.d. "Decreto Bersani”, si porrebbero applica ai contratti di mutuo stipulati a decorrere dalla data di entrata in contrasto con il divieto vigore della stessa; mentre per i mutui stipulati in data antecedente la legge ha delegato alla contrattazione ABI- associazioni dei consumatori la determinazione elle regole atte a ricondurre ad equità tali contratti. Pertanto, è stato determinato che per i contratti di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018mutuo a tasso fisso stipulati successivamente al 31/12/2000, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contrattopenale sarà pari all'1,90% nella prima metà del periodo di ammortamento del mutuo stesso. Nel caso di specie il contratto è stato stipulato in data 3/5/2004 con inizio dell’ammortamento al primo luglio 2004 e scadenza 30/6/2024; • solo il cliente ha poi beneficiato dall'1/9/2013 al 28/2/2015 della sospensione del pagamento delle rate del mutuo, mediante le comunicazioni periodiche accesso al Fondo di Solidarietà, il che ha determinato lo slittamento delle rate sospese, posticipando la reale scadenza al 30/09/2025; l’estinzione anticipata risulta essere stata perfezionata in data 24/3/2015, ossia nella prima metà del periodo di ammortamento del mutuo stesso, determinando pertanto l’applicazione della banca resistenterelativa penale pari all’1,90%. In merito all’errata comunicazione dell'importo necessario per l’estinzione anticipata, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% resistente riporta che tale dato è stato probabilmente fornito dal centralino a fronte di un finanziamento fraintendimento sulla natura dell’operazione stessa; da accertamenti interni, risulterebbe difatti che l’importo comunicato corrisponda a quanto necessario in caso di € 40.000,00estinzione per surroga, fattispecie in cui il cliente non sopporta alcun tipo di spesa, comprese le penali per estinzione; pertanto, al perfezionamento dell’estinzione, inserendo la causale giusta dell'operazione in atto, non informandola adeguatamentetrattandosi di surroga, il sistema ha correttamente ricalcolato l'importo a ciò necessario, comprensivo pertanto delle commissioni di estinzione. Quanto alle richieste risarcitorie, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio rileva la assoluta mancanza di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contrattoprova in ordine al danno morale subito. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, chiede quindi che il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialirigettato.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente Titolare di un contratto di fideiussione omnibus finanziamento mediante cessione del quinto stipulato in data 23/7/2010 ed estinto anticipatamente sulla base del conteggio estintivo al 30/9/2014 in concomitanza con la 48ma rata, il ricorrente riceveva dall’intermediario €270,72 per garantire le obbligazioni “commissioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gestione” e in data 3/10/2018, in acconto, €1.565,00 per le “commissioni finanziarie”. Successivamente il ricorrente, considerato che gli arttimporti ricevuti risultavano espressamente a titolo di acconto, chiedeva all’intermediario l’ulteriore rimborso pro quota degli oneri pagati e non goduti per € 1.969,86. 2Insoddisfatto dagli esiti del reclamo, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIassistito da professionista, i qualichiede all’ABF di ottenere la restituzione, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005criterio proporzionale lineare, di complessivi €2.240,59, di cui: - € 947,61 per commissioni bancarie; - € 838,86 per commissioni intermediazione; - € 454,12 per costi assicurativi. Costituitosi, l’intermediario eccepisce di aver tempestivamente riscontrato il reclamo proponendo, a solo fine transattivo, il pagamento della somma onnicomprensiva di €1.565,00, precisando che “con il pagamento della somma, si porrebbero intende rinunciato ogni eventuale diritto e/o pretesa nascente dal contratto in contrasto epigrafe e dalla sua anticipata estinzione nei confronti della nostra Società”. Per la formale accettazione della proposta, l’intermediario inviava al ricorrente apposito modulo, da restituire debitamente compilato e firmato, in base al quale il cliente dichiarava “di aderire alla proposta formulata (…) a completa tacitazione di ogni diritto, ragione, azione e pretesa, dedotta e deducibile, nessuna esclusa ed eccettuata (anche se non espressamente menzionata o ribadita in sede di reclamo), derivante dal contratto di finanziamento, dalle condizione contrattuali ed economiche del prestito e della sua anticipata estinzione”. L’offerta veniva accettata dal ricorrente, che in data 30/07/2018 sottoscriveva l’accordo transattivo quale “accettazione e quietanza liquidatoria” e il 3/10/2018 l’intermediario provvedeva al pagamento di €1.565,00 a definizione della controversia. Il ricorrente avanza nuovamente richiesta di rimborso sul presupposto “falso e frutto di artificiosa modifica del modulo di “Accettazione e quietanza liberatoria” che l’accordo conclusosi valesse quale “acconto”. L’intermediario, pur riconoscendo di non aver effettuato, all’epoca, uno scrupoloso controllo del documento restituito, debitamente sottoscritto, insiste nell’affermare che la proposta transattiva, così come originariamente formulata, implicasse la rinuncia da parte del cliente di ogni pretesa avanzata con il divieto riferimento al contratto in questione. L’intermediario sostiene, altresì, che la negligenza in cui è incorso è certamente derivata dal rapporto di intese restrittive della libertà di concorrenza buona fede che è sancito dall’artsolito instaurare con le controparti, in ossequio ai principi previsti dal nostro ordinamento. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018Il canone di correttezza e buona fede non è, la ricorrente avrebbe receduto invece, stato rispettato dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fedecliente. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato cheInfine, il 7 maggio 2018comportamento in male fede di parte ricorrente è, ha receduto da tale contrattoper l’intermediario, doloso ex art. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia1439 c.c., in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero nel riscontro alla proposta che accompagnava il modulo controfirmato, non viene indicata alcuna modifica apportata alla transazione. Pertanto, parte resistente chiede all’ABF di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • “dichiarare infondato il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialipresente ricorso”.

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FATTO. La ricorrente ha affermato controversia verte sulla validità ed efficacia del finanziamento erogato dalla resistente per l’acquisto di un prodotto derivato a copertura del rischio di rialzo del tasso in connessione con un mutuo ipotecario a tasso variabile. I ricorrenti evidenziano che in data 19 marzo 2010, stipulavano con Banca Nuova spa, poi assorbita dall’odierna resistente, un mutuo ipotecario a tasso variabile; detto mutuo, in data 8 luglio 2015, veniva trasferito con surrogazione ad altra banca, previa estinzione del contratto originario. In data 17 febbraio 2011 – affermano i ricorrenti - convinti dalla banca mutuante dell'utilità di costituire una forma di garanzia contro eventuali oscillazioni del tasso di interesse del mutuo, sottoscrivevano altresì un contratto concernente un prodotto denominato "derivato OTC" (derivati over the counter). Detto contratto, aveva come dichiarato presupposto e fine esclusivo quello di "cautelarsi contro gli eventuali effetti delle variazioni dell'indice di riferimento (EURIBOR 3 MESI+ 0,10 x 360/365) che potrebbero intervenire nel corso dell'ammortamento" del mutuo. La struttura del contratto era costruita sulla base di uno stretto collegamento negoziale con il contratto di mutuo, con particolare riguardo alla sua durata, legata indissolubilmente a quella del mutuo stesso: nel contratto – sottolineano i ricorrenti - si legge che la sua durata è convenuta "fino alla scadenza del termine finale del piano di ammortamento del mutuo" (v. lettera "f' della premessa), con la precisazione che: "qualora il 30 aprile 2014mutuo di cui in premessa fosse estinto totalmente in via anticipata ( ... ) il presente contratto e le operazioni poste in essere in base allo stesso si intenderanno automaticamente estinti per il venire meno dell'oggetto della copertura" (cfr. Art. 11.7.1). L’estinzione immediata e automatica è confermata ulteriormente nell'art. 11.14 del medesimo contratto in cui si legge che "il contratto avrà durata pari a quella del finanziamento di cui in premessa" (par. 1) e che "resta espressamente inteso e stabilito che, avrebbe stipulato in caso di scioglimento, per qualsiasi ragione o causa intervenuta, del contratto unico titoli, del contratto di mutuo e/o del contratto di conto corrente, il contratto si intenderà , in ogni caso, risolto con effetto immediato e la banca resistente dovrà darne comunicazione al cliente". Pertanto, i ricorrenti, dopo l'estinzione anticipata del mutuo, chiedevano alla banca di dichiarare estinto ogni rapporto e revocavano l'autorizzazione a procedere a ulteriori addebiti in c/c. La banca tuttavia non procedeva a dichiarare l'estinzione del contratto OTC e affermava l'esistenza di un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni finanziamento (quindi di una società commerciale; • un terzo contratto) con il quale sarebbero stati erogati a favore dei ricorrenti 25.610,00 euro, importo tramite il quale la medesima banca avrebbe "pagato in data 18/2/2011 il premio unico corrisposto in xxx xxxxxxxxxx xxxxxxxx xx XXX xxxxxxx xx xxxxxxxxx". Alla conseguente richiesta dei ricorrenti di ottenere copia di tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 nonché copia dell'estratto del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamentec/c riportante l'asserito accredito, la banca resistente avrebbe pertanto violato replicava facendo presente di non aver rinvenuto il principio contratto, producendo una copia standard del "Documento di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità sintesi n.1 del contratto di fideiussione stipulato con finanziamento" nonché copia dell'estratto conto. Seguiva il reclamo, al quale la banca resistentedava riscontro dichiarando di accogliere la richiesta di estinzione del predetto contratto OTC, non è debitrice nei confronti insistendo tuttavia sull'ulteriore pretesa relativa all'asserito finanziamento. I ricorrenti precisano, altresì, di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contrattoaver prudenzialmente continuato a pagare le rate mensili per evitare la segnalazione in sistemi informativi creditizi come cattivi pagatori così come paventato dalla convenuta. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.Concludono i ricorrenti chiedendo all’Arbitro di:

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FATTO. La ricorrente ricorrente, titolare di un contratto di mutuo chirografario stipulato con l’intermediario, si duole dell’usurarietà delle condizioni economiche applicate al rapporto. Rappresenta, in particolare, che la banca ha affermato applicato un TAN fisso pari al 6,84% ed un TAEG del 7,689% nonché interessi moratori nella misura di “4 punti percentuali di maggiorazione sul tasso contrattuale in vigore”. Lamenta, pertanto, l’usurarietà genetica del contratto, atteso che il TEG del finanziamento erogato supera ab origine il tasso d’usura vigente al momento della stipula del contratto, dovendosi computare nello stesso le spese di istruttoria, le spese di pagamento rata, il premio assicurativo, le spese di invio della comunicazione annuale, le spese di estinzione anticipata nonché gli interessi moratori. Chiede, pertanto, la nullità/annullamento del contratto per usurarietà genetica con tutte le conseguenze ex art. 1815 c.c. o, in subordine, l’accertamento dell’erroneità del TAEG indicato del contratto, perché difforme da quello reale con conseguente annullamento del contratto per errore essenziale oppure il ricalcolo degli interessi dovuti ex art. 117, comma 4, TUB. L’intermediario, anzitutto, precisa che: • il 30 aprile 2014, avrebbe contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, ha stipulato con la banca resistente medesima un finanziamento a tasso fisso e non un “prestito personale” e, in tali ipotesi, la valutazione di usurarietà dei tassi di interessi deve essere condotta facendo riferimento al momento in cui gli interessi sono convenuti e non a quello del pagamento. Eccepisce, poi, la piena legittimità del tasso di interesse applicato al finanziamento, atteso che: (i) gli interessi di mora sono esclusi dal computo del TEG; (ii) le spese assicurative esulano dal computo del TAEG in ragione del fatto che, nel caso di specie, la copertura assicurativa non era necessaria ai fini dell’erogazione del finanziamento; (iii) le spese previste per l’ipotesi di estinzione anticipata in misura del 2% anche se computate nel TEG sono tali da mantenerlo comunque al di sotto del tasso soglia. Contesta, inoltre, il lamentato vizio di errore essenziale del contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli ex artt. 21428 e 1430 c.c. nonché il richiamo all’art. 117 TUB, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIgiacché il contratto era chiaramente indicativo di tutte le voci di spesa. Chiede, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato chepertanto, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data rigetto del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiperché infondato.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014ricorrente, avrebbe stipulato con la banca resistente titolare di un contratto di fideiussione omnibus conto corrente presso l’intermediario resistente, afferma: - che in data 12/08/2016 la resistente comunicava una proposta di modifica unilaterale del rapporto contrattuale, riguardante l’imposizione di un canone annuale per garantire l’uso della carta di debito accessoria al conto, sino ad allora concessa gratuitamente; - che le obbligazioni giustificazioni sottese all’anzidetta modifica unilaterale (l’introduzione, con Regolamento UE 2015/751, di una società commercialeun limite alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento effettuate con carta e l’aumento dei costi di emissione e gestione delle carte, dovuti ad investimenti tecnologici) sono inaccettabili, sotto il profilo sia logico che giuridico; • tale - che, infatti, attraverso l’aumento del canone l’odierna resistente eluderebbe i limiti ai costi dei pagamenti con carta, imposti dalla normativa europea a tutela dei consumatori; - che, pertanto, la modifica unilaterale del contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato proposta dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che resistente non è sancito sorretta dal “giustificato motivo” richiesto a tal fine dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018118 TUB. Per quanto sopra esposto, la ricorrente avrebbe receduto chiede che l’Arbitro “annulli la modifica abusiva apportata unilateralmente” al contratto in esame, specificando i limiti operativi dell’art. 118 TUB. In sede di controdeduzioni, l’intermediario eccepisce: - che la comunicazione ricevuta dalla cliente indica in modo analitico e puntuale il contenuto delle variazioni delle condizioni economiche del contratto, prevedendo espressamente il diritto di recesso senza penalità e senza spese di chiusura, così come richiesto dalla normativa sulla trasparenza bancaria; - che l’introduzione del canone annuo per la carta di debito è dovuta all’emanazione del Regolamento UE 2015/751, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, avente l’obiettivo di accrescere il livello di concorrenza e di integrazione del mercato europeo delle carte di pagamento; - che la cliente è stata informata circa il giustificato motivo alla base della modifica unilaterale in maniera sufficientemente precisa e tale da consentire una valutazione circa la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base (potendo conseguentemente optare per la prosecuzione del rapporto sulla base delle nuove condizioni contrattuali o per il recesso dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente). Conclude, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenzapertanto, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo chiedendo il rigetto del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato chericorso, stante la nullità correttezza del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiproprio operato.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014I ricorrenti, avrebbe assistiti da avvocato di fiducia, premettevano di aver stipulato – nel giugno 2012 – con la banca resistente l’intermediario intimato un contratto di fideiussione omnibus finanziamento “per garantire consentire” al proprio figlio il noleggio di un’autovettura. Allegavano che quest’ultimo, in data 11 giugno 2012, aveva sottoscritto un contratto di noleggio a lungo termine presso un esercente, il quale gli aveva dichiarato che il canone mensile di locazione sarebbe stato versato all’intermediario in qualità di delegato alla ricezione dei pagamenti e che per effettuare tale operazione “era necessaria la sottoscrizione dei genitori” e che la locatrice avrebbe emesso periodicamente – come infatti avveniva – le obbligazioni fatture relative ai pagamenti. Evidenziavano che, dal mese di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2gennaio 2013, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, pur essendo stati corrisposti regolarmente i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto canoni di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018noleggio, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistentevettura diveniva inutilizzabile in quanto la società locatrice non aveva provveduto alla stipula del contratto di assicurazione RCA e non erogava più i servizi connessi e che, poco dopo, la ricorrente avrebbe appreso stessa società in liquidazione comunicava la risoluzione del contratto di locazione a far data dal 31 dicembre 2012, invitando il cliente - “al fine di ottimizzare i tempi per l’estinzione del contratto di finanziamento collegato” - a far pervenire un conto estintivo dello stesso. Precisavano, quindi, di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • scoperto che il contratto di finanziamento non aveva ad oggetto la locazione dell’autovettura a lungo termine in precedenzafavore del figlio, sarebbe stata infatti convinta bensì l’acquisto della stessa a loro nome (circostanza peraltro mai avvenuta) e che se non avessero continuato a pagare si sarebbero esposti alle azioni della finanziaria, nonchè di aver garantito fino trovato – per tale ragione – un accordo finalizzato all’acquisto dell’autovettura a nome del figlio dal liquidatore della società al massimo prezzo di € 12.000,00: somma che non veniva incassata dal venditore, bensì compensata con l’importo necessario ad estinguere il finanziamento in essere, ammontante ad € 15.541,21. Ritenendo che lo stesso intermediario non avesse alcun titolo per richiedere il pagamento delle somme indicate nel contratto di finanziamento e considerato che “l’autovettura è stata acquisita” dal proprio figlio e che il danno subito “è limitato alla differenza tra quanto versato dopo la risoluzione del 50% contratto di locazione a lungo termine per l’estinzione del debito e il prezzo di acquisto dell’autovettura”, chiedevano la restituzione della somma di € 3.541,21, oltre interessi e rivalutazione, “trattandosi di indebito”. Con tempestive controdeduzioni, l’intermediario precisava che il finanziamento sottoscritto dai ricorrenti in data 28 giugno 2012 era finalizzato a “concludere un contratto per la fornitura di un finanziamento veicolo” con l’esercente, al quale – come previsto nel credito al consumo – veniva erogata l’anticipazione di € 40.000,00; • 17.000,00, pari all’importo finanziato e che tale circostanza era peraltro nota ai ricorrenti, essendo debitamente firmata l’apposita sezione del contratto. Ribadito che il finanziamento risultava estinto sulla base del conteggio richiesto il 20 giugno 2013, evidenziava come il contratto fosse “assolutamente chiaro e comprensibile”, essendo – per espressa previsione della sezione 2 – “finalizzato all’acquisto di veicoli” e non informandola adeguatamenterisultando in alcuna parte che l’intermediario fosse un mero delegato al pagamento per conto dell’esercente. Precisava, altresì, di non essere a conoscenza “dei presunti accordi” intervenuti tra i ricorrenti ed il fornitore del veicolo, “di cui peraltro non vi è alcuna prova” e ai quali era rimasto estraneo. Rilevato che, se messo tempestivamente al corrente di tali accordi, avrebbe potuto rammentare ai ricorrenti che in realtà la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò postosomma richiesta in pagamento per l’acquisto dell’autovettura era già stata versata al fornitore del bene, la ricorrente ha chiesto che: -in chiedeva, in via principale, sia accertato cheil rigetto del ricorso, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistentein quanto infondato in fatto e in diritto, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in e, in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto la rideterminazione dell’importo eventualmente da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, rimborsare in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali1.583,22.

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FATTO. La parte ricorrente ha affermato chelamenta il mancato svincolo di alcuni titoli costituiti in pegno. Formula conseguente domanda risarcitoria. In particolare, con il ricorso il ricorso rappresenta, tra l’altro, quanto segue: - è socio unico della società L. s.r.l.; - la società L. detiene il 30 aprile 201450% delle quote sociali della società A. s.r.l.; - in data 30/03/2011, avrebbe stipulato la società A. stipulava con la banca resistente l’intermediario un contratto di fideiussione omnibus locazione finanziaria, avente per garantire le obbligazioni oggetto un immobile; - nell’ambito delle garanzie richieste dall’intermediario, il cliente costituiva in pegno titoli per € 75.000,00; - l’intermediario si impegnava allo svincolo dei predetti titoli decorsi 48 mesi dalla stipula del contratto, in presenza di una società commercialepagamenti regolari; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI- con lettera del 20/03/2015, i qualisoci della società A. chiedevano lo svincolo parziale dei titoli dagli stessi costituiti in garanzia; - l’intermediario dapprima formulava richiesta integrativa, secondo poi rigettava la domanda; - soltanto a seguito di reclamo presentato a mezzo di un legale, i soci della società A. ottenevano la liberazione da alcune delle garanzie prestate; - il cliente aumentava invece il valore dei titoli costituiti in pegno da € 76.000,00 a € 100.000,00; - la società A. si impegnava a richiedere lo svincolo dei titoli in seguito alla presentazione del bilancio 31/12/2016; - successivamente, le parti concordavano lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00); - da ultimo, con richiesta del 26/05/2018 il cliente domandava lo svincolo dei titoli ancora oggetto di pegno; - l’intermediario negava lo svincolo per la situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società A.; - il rifiuto, privo di consistente motivazione, sarebbe illegittimo in quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto contrastante con il divieto di intese restrittive le pattuizioni contrattuali; - come risulta dal bilancio della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018società A. fornito all’intermediario, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contrattosituazione economico-finanziaria sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione in pegno dei titoli; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente- inoltre, la ricorrente avrebbe appreso pattuizione originaria in tema di aver sottoscritto una fideiussione omnibussvincolo dei titoli è indeterminata con riferimento ai requisiti per la liberazione; • in precedenza- al momento della stipula del contratto garantito, sarebbe stata infatti convinta l’intermediario acquisiva garanzia di aver garantito fino valore sproporzionato rispetto al massimo valore del 50% di un finanziamento di € 40.000,00debito garantito; • non informandola adeguatamente- i pagamenti della società A. sono sempre stati regolari; - nel frattempo, la banca resistente avrebbe pertanto violato i titoli intestati al cliente sono scaduti e il principio di buona fedepegno attualmente vincola il controvalore presente sul relativo dossier titoli. Ciò postoesposto il cliente chiede all’Arbitro di: a) disporre lo svincolo, la ricorrente ha chiesto che: -in via principaledal pegno esistente a favore [dell’intermediario], sia accertato chedel dossier titoli esistente a nome [del ricorrente] presso [altro intermediario], stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato c/c ****795, con la banca resistenteconseguente liberazione dall’intero saldo attivo pari, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 20194/9/2018 ad € 50.227,51=, nonché di eventuali somme successivamente accreditate; b) condannare [l’intermediario] a rifondere [al cliente] gli interessi di mora calcolati sull’importo vincolato a pegno dalla data della domanda di svincolo sino alla data di effettiva liberazione dal vincolo stesso; c) condannare [l’intermediario] a rifondere [al cliente] i danni, da determinarsi in via equitativa, per la mancata disponibilità della somma dalla data della domanda di svincolo sino alla data di effettiva liberazione dal vincolo stesso; d) condannare l’intermediario a rifondere al cliente le spese e competenze di assistenza legale per la fase stragiudiziale e per l’assistenza nella presente procedura arbitrale, da determinarsi ai sensi del D.M. n. 55/2014; e) porre a carico dell’intermediario le spese e competenze della procedura arbitrale. Con le controdeduzioni l’intermediario replica, tra l’altro, che: - il cliente non può far valere eccezioni fondate sul rapporto garantito, avendo stipulato contratto autonomo di garanzia; - in ogni caso, lo svincolo dei titoli di cui è ricorso era contrattualmente subordinato alla regolarità dei pagamenti del debitore garantito, assistita da “evidenze di giudizio di conforto”; - il soddisfacimento di tale requisito è rimesso a valutazione discrezionale dell’intermediario, non sindacabile dall’ABF; - dall’analisi di bilancio della società garantita A. emergeva il calo della produzione e l’esistenza di debiti tributari rateizzati; - tali elementi “non autorizzavano un alleggerimento del quadro garantistico”; - l’istanza risarcitoria formulata dal cliente è priva di supporto probatorio. L’intermediario chiede rigetto del ricorso. Richiamate le contestazioni già svolte, il debito cliente non con nota di repliche osserva che: - la procura allegata dal legale dell’intermediario è rilasciata per “ogni sede giudiziaria civile”; - non vale pertanto per il procedimento avanti all’ABF, discendendone l’inutilizzabilità delle controdeduzioni; - il subagente dell’agente dell’intermediario, intervenuto nella stipula, confermava l’intenzione delle parti di procedere allo svincolo dopo 48 mesi, in presenza di pagamenti regolari e non peggioramento della situazione economico-finanziaria della società A.; - nelle successive rinegoziazioni con cui l’intermediario aveva concesso una parziale liberazione di titoli, non era più fatto riferimento all’originaria pattuizione in punto di svincolo; - al contrario, era richiesta la sola presentazione del debitore principale sarebbe ammontato bilancio 2016; - gli indicatori finanziari, richiamati dall’intermediario come negativi, erano già conosciuti al momento della liberazione di alcune delle garanzie prestate; - inoltre, numerosi altri dati indicherebbero un miglioramento della situazione economico- finanziaria della Società A. L’intermediario replica, a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza sua volta, che la memoria depositata dal beneficio del terminecliente è irrituale e ne chiede lo stralcio. Ciò postoInoltre, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, procura depositata è generale e quindi risulta valida per il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respintopresente procedimento. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiRibadisce nel resto le contestazioni già svolte.

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FATTO. Il ricorrente, cointestatario unitamente al coniuge di un conto corrente di corrispondenza presso la banca convenuta, lamenta l’addebito non autorizzato operato dall’intermediario sul conto in oggetto e imputato a pagamento di talune rate scadute di un finanziamento chirografario concesso alla ditta individuale di cui il medesimo è titolare. In particolare, esponeva il ricorrente che l’addebito operato dall’intermediario determinava l’azzeramento della disponibilità liquida presente sul conto personale; sicché, in mancanza della necessaria provvista, un assegno bancario emesso per l’importo di € 1.150,00 veniva reso insoluto per carenza della necessaria provvista, causando allo stesso “un notevole danno di immagine”. Pertanto, con reclamo del 5 maggio 2015, il correntista chiedeva all’intermediario il rimborso dell’importo illegittimamente addebitato sul conto corrente cointestato nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti, quantificati in € 20.000,00, e la rifusione di € 3.000,00 a titolo di spese di assistenza tecnica. In riscontro al reclamo, la banca sottolineava la correttezza del proprio operato deducendo che: “in caso di ditta individuale non vi è separazione tra il patrimonio personale e quello aziendale, atteso che l’imprenditore risponde delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio”; Ritenuto insoddisfacente il riscontro ricevuto, il ricorrente si è determinato a presentare l’odierno ricorso a mezzo del quale, deducendo la condotta contraria a buona fede dell’intermediario nell’esecuzione del contratto – non avendo lo stesso provato la sussistenza di un’autorizzazione all’addebito delle rate sul conto cointestato, né comunicato al medesimo di essersi avvalso della compensazione legale – ha chiesto all’Arbitro di disporre (a carico della banca convenuta) “la restituzione a mezzo assegno circolare della somma di € 1.313,45; il pagamento della notula spese pari ad € 3.000,00; un rimborso per danni morali, patrimoniali, esistenziali e biologici di € 20.000,00”. Costituitasi, la convenuta si è opposta alle richieste di parte avversa evidenziando, in primo luogo, che il ricorrente - titolare dell’omonima ditta individuale - è intestatario di un conto corrente aziendale acceso in data 21 settembre 2010, sul quale insisteva un’apertura di credito dell’importo di € 5.000,00, scaduta il 3 settembre 2014, nonché di un finanziamento chirografario per l’importo di € 25.000,00 concesso alla stessa ditta in data 24 settembre 2010 e rimborsabile in n. 60 rate mensili; il finanziamento, assistito da garanzia prestata da società terza per l’importo di € 12.500,00, perfezionata in data 24 settembre 2010 e scaduta il 30 settembre 2015, presenta un’“esposizione debitoria a data corrente dell’importo di € 4.094,74 corrispondente alle ultime nove rate del finanziamento impagate (dall’1.1.2015 al 30.9.2015)”. Il ricorrente è altresì titolare, unitamente alla moglie, di un “conto corrente di corrispondenza semplice” acceso in data 12 ottobre 2009. La moglie del ricorrente è inoltre garante della ditta individuale intestata al marito, nei confronti della quale ha prestato le seguenti fideiussioni: fideiussione generica “omnibus limitata” per l’importo di € 6.500,00 perfezionata in data 23.9.2010; fideiussione “specifica limitata” a garanzia del finanziamento chirografario perfezionata in data 24.9.2010. Tanto premesso, la convenuta ha esposto di aver provveduto ad addebitare sul conto corrente personale cointestato l’importo di € 1.313,45 (in data 26 marzo 2015), “per il pagamento di alcune rate arretrate del finanziamento chirografario intestato alla ditta individuale”, affermando che “la modifica del conto di appoggio era stata concordata con il cliente ed accettata informalmente dallo stesso”. L’addebito ha causato l’azzeramento della disponibilità liquida presente sul predetto conto. Il successivo 1° aprile 2015 è pervenuto l’assegno bancario emesso dal ricorrente in data 23 marzo 2015 per l’importo di € 1.150,00; di conseguenza, in assenza di disponibilità, il titolo è stato “reso insoluto in quanto pervenuto fuori termine per il protesto e consegnato in stanza in data 07.04.2015”. Peraltro, risultando il titolo fuori termine per il protesto, alcuna segnalazione pregiudizievole è stata effettuata a carico del traente. Infine, la resistente ha affermato che: il 30 aprile 2014credito azionato non era costituito soltanto dall’esposizione del debitore principale, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto quanto piuttosto dall’obbligazione fideiussoria assunta dalla cointestataria del rapporto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza conto corrente che è sancito dall’art. 2 stato utilizzato per la parziale estinzione dell’esposizione in capo al titolare della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fededitta individuale”. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principaleconvenuta, sia accertato cheritenendo legittimo il proprio operato sulla base del disposto di cui agli articoli 1853 e 1854 cod. civ., stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non si è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiaopposta alle istanze risarcitorie e accessorie formulate dal ricorrente, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanosprovviste del necessario supporto probatorio, Napoli e Roma; • concludendo per il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data rigetto del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiricorso.

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FATTO. La Il ricorrente riferisce quanto segue: − in data 25/03/2013, unitamente al coniuge che ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente aderito al presente ricorso e su sollecitazione di un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni promotore di una società commercialeha acquistato un non meglio precisato “diritto di vacanza” al prezzo complessivo di € 14.800,00; • tale − il contratto sarebbe tuttavia nullosubordinava il diritto delle prestazioni dedotte nel contratto alla consegna di un certificato d’iscrizione; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2acquirenti firmavano due cambiali del rispettivo importo di € 700,00 mentre, 6 per far fronte al finanziamento del residuo importo, si rivolgevano, su indicazione ed invito della società venditrice, a parte resistente, effettuando una domanda di prestito al consumo dell’importo di € 13.700,00; − in data 7 maggio 2013, ambedue i ricorrenti sottoscrivevano il formulario contrattuale, corredato soltanto dal documento di sintesi e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIdalle condizioni generali, nel quale veniva previsto il finanziamento, in sorte capitale, dell’importo di € 14.872,72 con l’obbligo di restituire 84 rate dell’importo di Euro 280,77 per un totale di € 23.584,68; − alcuni mesi dopo la stipula, la società venditrice inoltrava ai ricorrenti il certificato di iscrizione ad un club e, in questa circostanza, i qualiconiugi apprendevano di non avere acquistato alcun diritto vacanza ma di essersi sobbarcati le spese annuali di gestione di uno degli alloggi residenziali affiliati al club; − adivano dunque il Tribunale di Bologna che, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 con ordinanza del 2 maggio 20051 dicembre 2019, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% all’esito di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamentericorso ex art. 702-bis c.p.c., la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante dichiarava la nullità del contratto di fideiussione stipulato associazione; − la declaratoria di nullità del contratto di associazione (circostanza coperta da giudicato sostanziale) comporta la nullità anche del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale tra quest’ultimo e quello di credito al consumo, − il collegamento negoziale è da rinvenirsi implicitamente nell’indicazione, contenuta nel contratto a monte, secondo cui il pagamento del prezzo concordato sarebbe potuto avvenire tramite un prestito concesso da un “società finanziaria”; − detta previsione trovava riscontro nel contratto di finanziamento, in base al quale l’erogazione poteva avvenire con modalità alternative all’accredito sul conto corrente del mutuatario; − la banca resistentestipula dei due contratti è avvenuta inoltre in maniera contestuale, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato cheessendoci stata tra i due una “contiguità temporale” (il 25 marzo 2013 il primo, il 7 maggio 20182013 il secondo); − ad ogni modo, ha receduto da tale contrattoil contratto di finanziamento, è “di per sé” nullo per violazione di norma imperativa (l’art. La banca ha resistito al ricorso124 T.U.B.), affermando che: • questo Arbitro “perché gli obblighi di cui all’art. 124, comma 3, TUB rientrano “tra gli obblighi di trasparenza informativa a carico della società finanziaria” e, nel nostro caso, non potrebbe pronunciarsi nel merito assolvono alla funzione di rendere edotti i consumatori della controversiatipologia di bene di cui hanno richiesto il finanziamento; − altro profilo di nullità discende dall’indeterminatezza dell’oggetto, in quanto ai clienti non era stato consegnato il piano di ammortamento (la parte richiama gli articoli 1346 e 1284 cod. civ., nonché dell’articolo 117 TUB); − la banca deve rimodulare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e rimborsare la differenza tra quanto effettivamente corrisposto, che corrisponde all’importo totale previsto (il finanziamento è stato infatti estinto). Pertanto chiede che sia dichiaratA la nullità del contratto di prestito al consumo e riconosciuto il diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo di euro 23.584,68; in via subordinata e previa dichiarazione di nullità del contratto, chiede che sia applicato il tasso sostitutivo (artt. 117 TUB e/o art. 1284 c.c.), con rimborso di euro 22.548,96 o di veriore somma liquidanda. L’intermediario, riepilogando i fatti, eccepisce quanto segue: − nega l’esistenza di un collegamento negoziale ex art. 121 ss. TUB tra contratto di finanziamento e contratto stipulato con la società terza, con cui non sussisterebbe alcun accordo o convenzione; − l’assenza di correlazioni è evidente anche dal fatto che il finanziamento risulta “collocato da altro soggetto in sede diversa”, vi è assenza di contestualità nella sottoscrizione dei due contratti, vi è la differenza tra importo richiesto/finanziato e prezzo del bene acquistato; − il prestito personale per cui è causa risulta essere stato liquidato in data 09/05/2013 per la somma di € 13.700 direttamente sul conto corrente n. ***784 intestato al ricorrente, che ne ha poi liberamente disposto bonificandone una parte (€ 12.104,66) al venditore; − all’atto della stipula il cliente ha dichiarato come finalità “ristrutturazione 1° casa”; − la mancata consegna del piano di ammortamento (inviato ai ricorrenti a seguito del ricorso, n.d.r.) non comporta profili di indeterminatezza dell’oggetto (ai sensi del 1284 C.C.), né di violazione di norme sulla trasparenza, poiché la rata risulta già stata determinata ex ante nel contratto. Quindi conclude per il rigetto del ricorso. Il ricorrente replica e ribadisce che vi è collegamento fra i due contratti per le violazioni dei divieti antitrust allegate motivazioni già addotte in sede di presentazione del ricorso; sottolinea in proposito l’identità tra prezzo e importo finanziato, ove si consideri l’importo delle cambiali sottoscritte (€ 1.400,00), nonchè la rilevanza strutturale del piano di ammortamento nell’economia del contratto, indipendentemente dalla ricorrente sarebbero natura fissa o variabile del tasso. Aggiunge, quanto al contratto di esclusiva competenza delle sezioni specializzate compravendita del certificato, che l’art. 7.4 prevede quanto segue: “in materia ipotesi di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanorecesso, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato concessione del credito eventualmente sottoscritto dal socio per il pagamento parziale o totale del prezzo di iscrizione s’intenderà risolto di diritto, senza il pagamento di alcuna penale né spesa aggiuntiva.”; a parere del ricorrente, tale clausola, benché riferita all’ipotesi del recesso, presuppone necessariamente l’esistenza di un rapporto tra il venditore e la finanziaria, al fine di essere valida ed efficace e, quindi, di garantire al consumatore la ripetizione degli importi versati anche da parte della finanziaria. Ad ogni buon conto, sostiene che la finanziaria era a conoscenza di quale fosse l’utilizzo dei propri moduli e che il prestampato “prestito abitare con CPI” in realtà “è stato predisposto proprio per la vendita di prodotti del tipo multiproprietà, oscuratamente descritti con la dicitura PP ristrutturazione 1° casa”. Parte resistente controreplica e ribadisce quanto già affermato in sede di controdeduzioni. Quanto alla supposta identità tra prezzo e importo finanziato, rileva che il primo è pari a € 14.800, mentre il secondo ammonta a € 14.872,72 per una somma direttamente liquidata sul conto del ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale13.700, di cui € 12.104,66 versati alla società terza. Sottolinea che l’art. 7.4 del contratto di compravendita del certificato, citato dal ricorrente, qualifica come meramente “eventuale” il contratto di concessione del credito, smentendo in ciò l’ipotesi di collegamento sostenuta dalla parte istante. Respinge le argomentazioni addotte sul modulo utilizzato per la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data stipula del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialicontratto.

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FATTO. La questione oggetto della controversia attiene all’accertamento della illegittimità dell’iscrizione in Centrale Rischi e del conseguente diritto al risarcimento dei danni. Con ricorso presentato il 27 giugno 2015 con l’assistenza di un legale – preceduto da reclamo del 24 febbraio 2015, riscontrato dall’intermediario in data non precisata – il ricorrente ha affermato esposto che: • il 30 aprile , in data 27 febbraio 2014, avrebbe stipulato definiva in via transattiva con la banca resistente la propria posizione debitoria eseguendo regolarmente i pagamenti concordati. Tuttavia, si avvedeva che il proprio nominativo era censito nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia, con segnalazione “a sofferenza” fino al mese di ottobre 2014, con un contratto evidente errore, atteso che la posizione era stata definita nel precedente mese di fideiussione omnibus febbraio. Ha dedotto che la segnalazione era illegittima, quindi, per garantire le obbligazioni l’insussistenza del presupposto dello stato di una società commercialeinsolvenza, ma anche della prevista “comunicazione di imminente iscrizione”, e, pertanto, insoddisfatto dell’esito del reclamo, si è rivolto all’Arbitro bancario finanziario e ha chiesto la “eliminazione del pregiudizio” mediante la cancellazione delle “segnalazioni illegittime e/o inesistenti”; • tale contratto sarebbe tuttavia nulloa valle della richiesta, ha pure “segnalato” un precedente giurisprudenziale, in forza del quale la condotta illecita dell’intermediario in ipotesi siffatte determina un danno in re ipsa, che esonera il danneggiato dall’onere della prova e che può essere liquidato in via equitativa. Nelle controdeduzioni, presentate il 15 settembre 2015, l’intermediario ha precisato che il ricorrente era titolare di due conti correnti affidati entrambi per € 15.000,00. Nel dicembre 2008, a causa di un persistente sconfinamento e dell’assenza di versamenti, la resistente deliberava la revoca delle facilitazioni e la successiva voltura dell’esposizione complessiva prima ad incaglio (nel gennaio 2009) e poi a sofferenza (nell’agosto 2011), con la conseguente segnalazione alla Centrale dei rischi, dove peraltro il cliente risultava già censito per iniziativa di altro intermediario; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante di tanto il provvedimento n. 55 ricorrente veniva informato con nota del 2 maggio 2005, si porrebbero agosto 2011 inviata presso il domicilio eletto in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fedesede contrattuale. Ciò postopremesso, l’intermediario ha sostenuto la ricorrente ha chiesto che: -in via principalelegittimità della segnalazione a sofferenza a partire dal mese di agosto 2011 fino a quello di novembre 2014, sia accertato chemese in cui è avvenuto l’ultimo versamento effettuato dal debitore in esecuzione dell’accordo transattivo; dal successivo mese di dicembre infatti il credito è stato segnalato “a perdita”. Ha chiesto, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato chequindi, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito rigetto della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialidomanda.

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FATTO. La società ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente – titolare di un contratto di fideiussione omnibus per garantire factoring e di contratti di conto corrente – disconosce la modifica apportata […] al contratto di factoring, avente ad oggetto un servizio integrativo c.d. Maturity. In particolare, l’istante osserva che “dal tenore del contenuto della modifica contrattuale richiesta, si evince che la stessa difficilmente poteva essere formulata dalla cliente, apparendo, tuttavia, imposta unilateralmente dalla Banca, rilevandosi quindi, una pratica commerciale contraria ai principi di buona fede, oltre a configurarsi un profilo di illecito ben più grave, suscettibile di segnalazione”. Ciò premesso, la ricorrente, assumendo che “le obbligazioni modifiche contrattuali effettuate dalla Banca sono state fatte firmare in maniera non trasparente alla cliente” e che la banca ha contribuito “in concorso con il debitore nel ritardare la conoscenza dello stato di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2insolvenza di quest’ultimo, 6 anche a fronte del contenuto della modifica”, censura la condotta dell’intermediario, che ritiene scorretta e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato contraria alle disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali dettate dalla Banca d’Italia mediante e, riscontrato negativamente il provvedimento n. 55 reclamo, chiede all’Arbitro: 1) la revoca delle modifiche apportate al contratto e il ripristino delle condizioni contrattuali originariamente pattuite; 2) “informazioni relative agli accordi intercorrenti tra il debitore ceduto e l’intermediario, posto che quest’ultimo avrebbe ritardato la conoscenza dello stato di insolvenza del 2 maggio 2005debitore”; 3) il riaccredito delle fatture vantate, si porrebbero in contrasto con originariamente verso il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità debitore e successivamente cedute alla Banca per effetto del contratto di fideiussione stipulato factoring, per un importo complessivo di euro 61.415,45, […]. Costituitosi ritualmente, l’intermediario convenuto ha chiesto al Collegio di respingere il ricorso in quanto infondato, avendo sempre correttamente provveduto a dare puntuale esecuzione al quadro contrattuale in essere tra le parti. Parte resistente eccepisce, in particolare, che: 1) nel corso delle trattative svoltesi tra la medesima e la società ricorrente emergeva, per quest’ultima, la necessità di fruire di un servizio aggiuntivo (c.d. Maturity), offerto dalla Banca su espressa richiesta della cliente, la quale pertanto, in data 25.02.15, contestualmente, sottoscriveva il contratto di factoring, i contratti di conto corrente e le condizioni integrative relative al servizio Maturity. La banca accoglieva tale richiesta della cliente, provvedendo a riscontrarla con lettera di accettazione in data 06.03.2015, impegnandosi, […] a differenza di quanto previsto nel contratto di factoring, a provvedere “entro 10 giorni successivi alla data di scadenza dei crediti in fattura, ad effettuare l’accredito salvo buon fine dei relativi importi sul conto corrente anticipi (...) e a concedere al Debitore ceduto dilazioni di pagamento, sino ad un massimo di 60 giorni fine mese dalla scadenza originaria dei crediti indicata in cessione, addebitando direttamente a carico dello stesso interessi, commissioni e spese relative alla dilazione concessa”. In esecuzione di tale contratto la Banca accreditava a favore della ricorrente importi a titolo di maturazione crediti alla data di scadenza fattura, “curando poi l’incasso dei relativi importi alla data di scadenza prorogata del credito”. 2) con comunicazione del 18.04.2016 la banca resistente, a seguito della domanda proposta dal debitore per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, comunicava alla ricorrente il recesso dall’accordo per il servizio Maturity, cui seguiva la missiva con cui si procedeva al riaddebito degli importi riportati dalle fatture maturate da parte dell’intermediario e poi non pagate dal debitore ceduto. Relativamente a quanto contestato da parte ricorrente, la resistente rappresenta poi che il servizio Maturity viene offerto solo ed esclusivamente su espressa richiesta della clientela ed è debitrice nei confronti un servizio integrativo delle condizioni proprie del contratto di quest’ultima; -in via subordinatafactoring ed è disciplinato nel modulo di proposta che la ricorrente ha sottoscritto contestualmente alla sottoscrizione dei contratti di factoring e conto corrente. Tale servizio consiste in ciò, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiache l’intermediario, in quanto aggiunta agli obblighi di gestione e incasso dei crediti ceduti, si impegna in ragione dell’esigenza della cedente a ricevere i pagamenti delle forniture eseguite in favore della propria clientela alle scadenze indicate in fattura e della necessità manifestata dalla debitrice ceduta di beneficiare di dilazioni per far fronte ai pagamenti dovuti in ragione delle forniture. 3) il modulo di proposta [...] prevedeva la possibilità di recedere dall’accordo, pertanto, non si comprende il motivo per il quale a seguito della raccomandata con la quale la Banca manifestava la propria accettazione, la ricorrente non avesse manifestato volontà al recesso. Per ciò che concerne il ritardo nelle segnalazioni della situazione economico finanziaria del debitore, dichiarava che tali circostanze si erano manifestate solo nel 2016 con il deposito della domanda di concordato del 12 aprile e che già in data 18.04.2016 provvedeva a comunicare il proprio recesso dall’accordo in parola; a ciò seguiva, in data 27.06.2016 la missiva con la quale la medesima comunicava il riaddebito, “ai sensi dell’art. 4 delle condizioni regolanti il servizio Maturity degli importi portati dalle fatture maturate da parte della Banca e poi non pagate da parte del [debitore]”. Con le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla repliche del 21.11.2016 parte ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli precisa che non era mai sorta alcuna necessità relativa alla concessione del servizio Maturity e Roma; • che il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione factoring era comprensivo di un nuovo finanziamento plafond pro-soluto, azionabile a richiesta in qualsiasi momento dal cliente. Con riguardo al modulo, predisposto dalla Banca e fatto firmare come richiesta di € 24.000,00 servizio aggiuntivo, l’istante evidenzia che lo stesso “conteneva una clausola sfavorevole delle condizioni contrattuali originarie, permettendo una ulteriore dilazione di pagamento a favore del debitore che versava già in difficoltà finanziarie posto che l’intermediario aveva dei bilanci pubblicati al Registro Imprese e delle informazioni sulla società già disponibili in tutti i portali di monitoraggio delle imprese già nel febbraio 2015 quando la Banca si presentava in qualità di Factor”. La ricorrente osserva, altresì, che dagli allegati e dalle email prodotte dalla medesima si preallertava l’intermediario della situazione finanziaria in cui versava il debitore principaleceduto “(…) già il 18 marzo del 2016 vi era una istanza di Fallimento che veniva riunita ad altro procedimento antecedente e appare inverosimile che la Banca non avesse contezza dei dati di una azienda che monitora dal marzo 2011”. L’istante svolge poi una serie di osservazioni tese a dimostrare come l’intermediario non avesse “ottemperato” alle norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari ai sensi degli artt. 115 ss. Tub, imputando in particolare all’intermediario il mancato rispetto delle procedure “volte a prestare assistenza al cliente, la ricorrente avrebbe dichiarato trasparenza e la correttezza nella commercializzazione dei prodotti, e quelle organizzative e di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo controllo interno che la questione della nullità assicurino una valutazione dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialirischi (...)”.

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FATTO. La Con ricorso pervenuto in data 04.04.2017, il ricorrente ha affermato espone che: a) in seguito alla presentazione di un project financing avente ad oggetto la riqualificazione urbana delle aree di parcheggi e servizi in un Comune, si rivolgeva all’intermediario A per ottenere assistenza circa la possibilità di accedere ai fondi di cui alla legge 662/1996, necessari alla realizzazione dle progetto; b) dopo avere intrattenuto contatti con il 30 aprile 2014predetto intermediario, avrebbe stipulato con la banca resistente in data 15.11.2016 stipulava un contratto di fideiussione omnibus mandato di intermediazione creditizia che prevedeva il pagamento di € 3.000,00 a titolo di spese di istruttoria; c) la suddetta istruttoria non poteva essere avviata al momento della stipula del contratto perché la ricorrente non aveva ancora ottenuto la qualifica di “concessionario” prevista per garantire le obbligazioni l’aggiudicazione del progetto: d) data l’impossibilità di una società commercialeprocedere all’istruttoria veniva consegnato all’intermediario A un assegno, tratto sul conto intestato alla ricorrente pari a € 3.000,00 “a garanzia del mandato sottoscritto”; • tale contratto e) questo assegno veniva emesso senza l’indicazione della data, concordando che il pagamento della somma ivi indicata sarebbe tuttavia nulloavvenuto solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo di aggiudicazione; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2f) Intorno al 14.12.16 il ricorrente riceveva comunicazione da parte dell’intermediario B (banca trattaria) della negoziazione dell’assegno in questione; g) dopo diversi solleciti da parte della ricorrente, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIil 29.12.16, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante l’intermediario A richiamava il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero titolo negoziato; h) in contrasto virtù dei suddetti accordi intercorsi con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018l’intermediario A, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contrattonon aveva provveduto a rendere disponibile la provvista per il pagamento dell’assegno a questi rilasciato; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistentei) l’intermediario A aveva avviato l’istruttoria volta all’ottenimento del finanziamento senza preavviso alla ricorrente; l) nel frattempo, l’intermediario B richiedeva la quietanza liberatoria per non procedere all’iscrizione in C.A.I. per mancanza di provvista; m) per ottenere la quietanza liberatoria la ricorrente è stata costretta a pagare € 1.500,00 a titolo di indennizzo all’intermediario A; che tale quietanza non presentava tutti i requisiti previsti per la sua validità; n) l’intermediario B, nonostante il richiamo dell’assegno, ha proceduto all’iscrizione al C.A.I. Pertanto, la ricorrente avrebbe appreso chiede la condanna dell’intermediario A per il comportamento scorretto, all’intermediario B di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino effettuare la cancellazione della segnalazione al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, CAI e la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito condanna al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza risarcimento e/o restituzione delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialisomme ingiustamente pagate.

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FATTO. La ricorrente I fatti rilevanti ai fini della decisione sono i seguenti, provati per tabulas e pacifici tra le parti: · Elintech ha affermato che: • il 30 aprile 2014commissionato ad X. un trasporto di merce relativo ad una partita di 620 cX. di telefoni cellulari, avrebbe da consegnare al cliente finale Auchan; · X. ha stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus subtrasporto con Y., per garantire le obbligazioni di una società commercialecompletare il trasporto da lei iniziato; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo· Y. ha subìto il furto della merce trasportata; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato · Elintech ha riaccreditato ad Auchan il prezzo della merce venduta ed ha poi ottenuto dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento propria assicurazione ACE l’indennizzo di € 40.000,00273.765 per la perdita della merce, del complessivo valore di mercato di € 388.518; • non informandola adeguatamente· X. è quindi stata raggiunta dalla richiesta di ACE di rimborsare l’indennità corrisposta, nonché da una richiesta di Elintech di pagare la banca resistente avrebbe pertanto violato differenza tra il principio di buona fedevalore della merce e l’indennità assicurativa percepita. Ciò postoposto in linea di fatto, X. conviene in giudizio Y. per ottenerne la ricorrente ha chiesto che: -in via principalecondanna a risarcire il danno subìto, sia accertato chequantificato, stante la nullità del contratto ex art. 1696 commi 1 e 4 c.c., nel prezzo della merce perduta, pari ad € 388.518, oltre rivalutazione ed interessi. Costituendosi in giudizio, resiste Y., per un verso deducendo il difetto di fideiussione stipulato con la banca resistentelegittimazione attiva e di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. di X., non è debitrice nei confronti avendo la stessa a sua volta ancora provveduto a risarcire il danno a Elintech od Auchan; per altro verso negando una propria colpa grave in relazione al furto subìto, ciò che comporta comunque una rimodulazione della responsabilità risarcitoria ex art. 1696 comma 2 c.p.c.; da ultimo ed in ogni caso, chiedendo ed ottenendo la chiamata in giudizio della propria assicurazione CNA per essere garantita in denegata ipotesi di quest’ultimacondanna. Ritualmente costituitasi, anche CNA eccepisce il difetto di legittimazione attorea; -in via subordinatal’inammissibilità comunque della domanda per la parte concernente la richiesta di risarcimento pervenuta ad X. da Elintech; la prescrizione ex articolo 2952 comma 2 c.c. dei diritti derivanti dalla polizza assicurativa, sia accertato chenon essendo stato comunicata all’assicuratore la richiesta del terzo danneggiato, il 7 maggio 2018cioè X.; l’inoperatività comunque della polizza; in denegata ipotesi, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni l’applicazione dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero massimali e scoperti di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialipolizza.

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Samples: Contratto Di Subtrasporto

FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile Con ricorso presentato in data 29 dicembre 2014, avrebbe il ricorrente chiede che venga riconosciuta la nullità della “clausola del tasso minimo (…) non concordata e vessatoria”, applicata dalla parte convenuta al contratto di mutuo fondiario ipotecario stipulato con la banca resistente un contratto stessa nell’aprile del 2009. L’istanza del ricorrente si fonda su una consulenza resa al ricorrente medesimo da apposita società e oggetto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • articolo pubblicato sul quotidiano “Il Sole 24 Ore”. In tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2articolo viene rilevato come, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIattraverso la suddetta clausola, i qualivenga inserito, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità all’interno del contratto di fideiussione mutuo, un vero e proprio strumento derivato (opzione floor), senza però che la parte convenuta, quale acquirente del derivato, provveda al pagamento dell’opzione acquistata (premio) e, dapprima, informi il suo cliente circa la previsione di tale clausola, venendo meno così al dovere di trasparenza. In tal modo dunque, sarebbe stato violato il TUF. Richiede pertanto che sia eliminata la suddetta clausola e che sia risarcito il danno causato. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente ha precisato ancora come: - la clausola che dispone una soglia minima al tasso d’interesse variabile (c.d. floor al 2,65%), non è “mai stata pubblicizzata e/o rappresentata al cliente prima della stipula e peraltro non adeguatamente evidenziata nemmeno nel contratto di mutuo”. Di fatti l’intermediario non dimostra di aver consegnato al ricorrente il foglio informativo contenente le condizioni economiche che sarebbero poi state trasfuse nel contratto, limitandosi a produrre un foglio informativo relativo ad una tipologia di finanziamento differente a quello poi stipulato; - la clausola de qua riproduce sostanzialmente un derivato che copre unicamente l’intermediario da un’eccessiva caduta dei tassi e a fronte della cui stipula, innanzitutto, non è stato riconosciuto al mutuatario alcun corrispettivo. Il ricorrente pertanto è stato costretto a pagare quasi sempre il tasso minimo del 2,65%, anziché il meno gravoso tasso variabile, senza che la parte convenuta a titolo di “corrispettivo” gli avesse riconosciuto alcuna agevolazione, come ad esempio la riduzione dello spread. In virtù di quanto osservato, il ricorrente asserisce la violazione degli obblighi di trasparenza previsti dal TUB oltre che delle norme che richiedono la specifica e informata accettazione delle clausole vessatorie da parte del consumatore e delle disposizioni del TUF in materia di prodotti finanziari. 10 centesimi superiori, aumentato di 1,10 punti percentuali di spread; per espressa previsione contrattuale, il tasso dell’operazione come sopra quantificato non poteva essere inferiore a 2,65% (c.d. tasso minimo o floor). Ciò premesso in fatto, quanto alle contestazioni mosse dal ricorrente ritiene che l’articolo comparso nell’ottobre del 2014 sul “Il Sole 24 Ore” (la cui pubblicazione è stata sollecitata dallo stesso ricorrente) sia “privo di qualsiasi fondamento giuridico e giurisprudenziale”. Infatti, tale tipologia di clausola è diffusamente presente nei contratti di finanziamento degli intermediari bancari, in quanto, lungi dal perseguire meri fini speculativi, consente agli intermediari stessi di “mantenere una minima redditività alle operazioni di finanziamento anche in presenza di un forte ribasso dei tassi, il tutto senza dover gravare il cliente finanziato con uno spread eccessivamente penalizzante”. Richiama a tal proposito la pronuncia n. 305/2012 del Collegio di Napoli, che fa notare come tale clausola presenti anche un vantaggio per il cliente. Infatti, nel caso specifico, detta clausola ha consentito all’intermediario di applicare uno spread più favorevole dell’1,10%, a fronte dello spread dell’1,80%, standard, applicato normalmente alla clientela alla stessa tipologia di contratto (“Progetto casa mix”). Quanto alla presunta vessatorietà della clausola medesima, si rileva come non sia determinato alcuno squilibrio di diritti e obblighi a carico del consumatore. Inoltre, la parte convenuta ha osservato come la clausola rispetti le condizioni richieste dall’art. 34 del codice del consumo, in quanto sono individuati in modo chiaro e comprensibile gli elementi della stessa. Non solo. Il contratto è stato stipulato con la banca resistenteforma dell’atto pubblico da un notaio e ciò è di per sé garanzia di massima trasparenza e chiarezza, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contrattononché prova della conoscenza e conoscibilità delle suddette clausole. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito Richiama a sostegno della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate sua posizione taluni precedenti dell’ABF in materia di impresa dei Tribunali Ordinari clausole vessatorie (decisioni n. 668/2011 e n. 2688/2011). Infine, quanto alla richiesta di Milanorisarcimento del danno, Napoli eccepisce la carenza di elementi probatori comprovanti il danno lamentato. [l’intermediario] – relazione della [società di consulenza] – ulteriore recente sentenza Tribunale Reggio Xxxxxx). Se anche fosse opzione floor sarebbe contraria a quanto previsto dal TUF (v. relazione predetta e Romamancato pagamento dell’opzione acquistata, dovere di trasparenza); 2) rimborso dell’attuale danno causato quantificato sempre dalla [società di consulenza] (indipendente) in euro 1.900,00 (millenovecento); 3) eliminazione della predetta clausola contrattuale a spese dell’[intermediario]”. L’intermediario chiede che l’Arbitro Bancario Finanziario voglia “dichiarare la legittimità della clausola prevedente un tasso di interesse minimo; dichiarare pertanto infondata la richiesta della parte ricorrente e, conseguentemente, rigettare il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiricorso”.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della risoluzione del contratto di leasing per impossibilità sopravvenuta della prestazione e il contrapposto accertamento dell’insussistenza del diritto del locatore al risarcimento del danno conseguente alla risoluzione del medesimo contratto per inadempimento del concessionario. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. Con ricorso del 22 gennaio 2014 - preceduto da reclamo del 25 novembre 2013 e dal riscontro dell’intermediario del 18 dicembre 2013 – parte ricorrente ha affermato che: • il esponeva di rappresentare uno studio professionale di analisi cliniche e di avere stipulato, in data 30 aprile 2014marzo 2012, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus leasing con l’intermediario avente per garantire le obbligazioni di una oggetto apparecchiature strumentali allo svolgimento della propria attività. Il successivo 31 ottobre 2013, tuttavia, chiedeva la risoluzione del contratto per la sopravvenuta impossibilità della prestazione, determinata dalla cessazione dell’attività professionale in forma associata, dichiarando la propria disponibilità alla restituzione dei beni mai utilizzati. La società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principalel’accertamento del proprio diritto a sciogliersi dal contratto e la conseguente risoluzione del medesimo, sia accertato nonché di inibire all’intermediario di “azionare eventuali Con le controdeduzioni, pervenute il 24 febbraio 2014, l’intermediario precisava che, stante la nullità per l’esecuzione del contratto di fideiussione stipulato leasing, aveva dovuto acquistare i beni che ne costituivano l’oggetto presso un fornitore e che il corrispettivo contrattuale era determinato in € 103.359,50, suddiviso in 60 canoni dell’importo di € 1.722,66. Rispetto a tali obblighi la ricorrente, dopo avere provveduto al pagamento dei primi due canoni, si era resa inadempiente; una prima volta, il saldo delle rate in mora era stato ripianato mediante l’emissione di un effetto cambiario, dopodiché aveva nuovamente interrotto il pagamento dei canoni; pertanto, nel momento in cui aveva dedotto la sopravvenuta impossibilità della prestazione, era già inadempiente a far tempo dal mese di giugno 2013. In conseguenza di tanto, alla luce della morosità che aveva raggiunto l’importo di € 5.057,26, con nota del 27 novembre 2013 la banca resistentesocietà di leasing aveva comunicato alla ricorrente la risoluzione del contratto per inadempimento, invitandola alla restituzione delle attrezzature, e riservandosi il diritto al risarcimento dei danni ex art. 1456 cod. civ. L’intermediario contestava, inoltre, l’istanza del ricorrente per diversi motivi: in primo luogo, rilevava che nelle pattuizioni contrattuali non era prevista una condizione risolutiva, né accordata alcuna facoltà di recesso o di sospensione del pagamento dei canoni, anche in caso di mancato utilizzo del bene. In concreto, poi, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinatasi era presentata alcuna impossibilità rilevante, sia accertato che, il 7 maggio 2018ai sensi dell’art. 1256 cod. civ., ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate deve riguardare un evento del tutto indipendente dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data volontà del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialidebitore.

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FATTO. La Nel proprio ricorso all’ABF il ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con premesso di rivestire la banca resistente qualità di utilizzatore nell’ambito di un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni leasing stipulato con l’Intermediario convenuto e avente ad oggetto un’autovettura, avendo assunto tale veste a seguito del subentro nel predetto contratto in luogo dell’originario utilizzatore, lamenta di una società commerciale; • essere stato iscritto nella centrale rischi Crif dietro segnalazione dell’Intermediario. Il ricorrente contesta tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 segnalazione e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso afferma di aver sottoscritto una fideiussione omnibusdimostrato all’Intermediario (con 2 comunicazioni del 21/05/2012 e dell’11/06/2012) che “il mancato pagamento delle rate di leasing era riconducibile al furto dell’autoveicolo […] di cui peraltro [l’Intermediario] aveva espressamente autorizzato [il Ricorrente] a concedere il bene in comodato a terzo soggetto”. Narra anche di continuare a “pagare l’antifurto satellitare […] secondo il quale il bene ora si troverebbe in Arabia Saudita come già più volte comunicato [all’Intermediario] che tuttavia ad oggi non ha provveduto al recupero”. Pertanto il ricorrente “contesta” l’iscrizione al Crif effettuata dietro segnalazione dell’Intermediario. Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario afferma che il Ricorrente è subentrato nel contratto di leasing il 14/09/2010 e successivamente, in data 04/10/2011, è stato autorizzato il comodato d’uso ad un terzo soggetto. Il 14/12/2011 è stato intimato al ricorrente il pagamento del credito scaduto; in precedenzadata 17/02/2012 l’intermediario ha risolto il contratto chiedendo l’immediata restituzione dell’auto e il 24/02/2012 è stato informato dal Ricorrente che il veicolo è stato oggetto di furto. In riferimento al contratto di leasing, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto l’intermediario afferma che: -in via principalea) non vi è una completa coincidenza tra l’oggetto del ricorso e quello del reclamo, sia accertato che, stante in particolare col ricorso è stata “definitivamente abbandonata” la nullità domanda risarcitoria; b) l’autorizzazione al comodato d’uso non libera l’utilizzatore dagli obblighi assunti e il Ricorrente è l’unico soggetto utilizzatore del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistenteleasing; c) in caso di risoluzione anticipata l’utilizzatore è tenuto al pagamento dei canoni scaduti e, in caso di perdita del bene, ad indennizzare il concedente per l’intera somma ancora dovuta; d) non è debitrice nei confronti stata fornita la prova documentale del furto e il veicolo non è presente nell’archivio dei veicoli rubati del Ministero dell’Interno; e) l’inadempimento del Ricorrente risale ad ottobre 2011, prima dell’evento furto; f) si è “prontamente” adoperato per il recupero del veicolo conferendo delega ad una società, ma evidenzia che “nessun obbligo” gravi in capo alla concedente circa tale recupero. Sull’iscrizione al Cifr afferma di quest’ultima; -in via subordinataaver rispettato le disposizioni procedurali e di aver inviato il preavviso, sia accertato checontestualmente alla messa in mora, con nota del 14/12/2011. Pertanto l’intermediario ha chiesto al Collegio di respingere l’istanza e di accertare la legittimità delle segnalazioni in Crif. In sede di ulteriore replica il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando Ricorrente rileva che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi a) “la prova documentale del furto è stata fornita ed è altresì evincibile dalla documentazione versata nel merito della controversia, presente procedimento … Peraltro il [documento] di controparte risulta del tutto erroneo in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il la targa ricercata non corrisponde a quella del veicolo oggetto del contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente leasing”; b) “l’Intermediario non sarebbe comunque nullo; • ha fatto nessuno sforzo per recuperare il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data veicolo sebbene [il Ricorrente] (che tuttora paga il GPS) avesse informato [l’Intermediario] del 25 novembre 2019, luogo in cui il debito veicolo trovasi come da risultanze del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialisistema GPS”.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014-nel 1998, al fine di effettuare ingenti investimenti in prodotti assicurativi e valori mobiliari, la ricorrente e un terzo avrebbero ottenuto dalla banca resistente un finanziamento di importo elevato, dando in garanzia alcune azioni di proprietà della ricorrente; -a causa delle forti perdite finanziarie conseguite a tali investimenti, l’esposizione debitoria della ricorrente nei confronti della banca resistente si sarebbe progressivamente aggravata, fino a diventare insostenibile; -la ricorrente avrebbe stipulato pertanto avviato una trattativa, al fine di addivenire a una soluzione transattiva con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commercialeresistente; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo-nel frattempo, l’altro debitore solidale avrebbe invece convenuto in giudizio la banca resistente, chiedendo che fosse condannata a restituire il capitale investito nei suddetti prodotti assicurativi e valori mobiliari, nonché gli interessi anatocistici che aveva percepito; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante -nella lettera inviata dal suo avvocato il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 201814 aprile 2011, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contrattoproposto alla banca resistente di estinguere qualsiasi suo debito mediante la corresponsione complessiva di € 40.000,00 con le seguenti modalità: a) liquidazione di n. 525 titoli azionari depositati nel dossier intestato alla ricorrente; • solo b) liquidazione delle quote di fondi comuni di investimento depositate nel dossier cointestato alla ricorrente e, in via disgiunta, all’altro debitore solidale; c) pagamento mediante le comunicazioni periodiche un bonifico bancario fino alla concorrenza di € 40.000,00; -la banca resistente avrebbe accettato tale proposta transattiva mediante la comunicazione datata 16 febbraio 2012, precisando che, qualora la ricorrente avesse pagato entro un breve termine la somma di € 40.000,00, avrebbe considerato la sua posizione debitoria come «definita a saldo e stralcio»; -tale pagamento sarebbe stato effettuato per conto della banca resistentericorrente mediante un bonifico del 14 marzo 2012; -il 4 maggio 2012, la ricorrente avrebbe appreso receduta in forma scritta dal contratto di aver sottoscritto conto corrente di cui era titolare, chiedendo che la banca resistente provvedesse a ottenere dalla Centrale rischi la cancellazione delle segnalazioni pregiudizievoli effettuate a suo nome; -sempre il 4 maggio 2012, la ricorrente avrebbe chiesto in forma scritta alla banca resistente che le inviasse una fideiussione omnibuscopia dei documenti inerenti alla costituzione e alla estinzione di eventuali garanzie sui titoli azionari e sulle quote di fondi comuni di investimento di cui si è detto, provvedendo altresì a liquidare il loro valore; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente-senza darle le informazioni richieste, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio liquidato a suo favore i titoli azionari depositati nel dossier a lei intestato e la metà delle quote di buona fedefondi comuni d’investimento depositate nel dossier cointestato a lei e, in via disgiunta, all’altro debitore solidale; -il 30 giugno 2012, la ricorrente avrebbe ricevuto l’ultimo estratto del conto corrente dal quale aveva receduto, nel quale sarebbe stato riportato un saldo debitorio; -la segnalazione pregiudizievole del suo nominativo nella Centrale dei Rischi sarebbe stata ingiustificata già dal marzo del 2012, e a maggior ragione a seguito dell’estinzione del suo debito e del recesso dal conto corrente a lei intestato; -il residuo di quanto ricavato dalla liquidazione delle quote di fondi comuni di investimento mobiliare di cui si è detto sarebbe tuttora depositato presso la banca resistente. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia -sia accertato che, stante la nullità del contratto che ha receduto dal conto corrente bancario di fideiussione stipulato cui era titolare; -sia accertato che si è estinto qualsiasi suo rapporto contrattuale con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in mancanza di garanzie reali od obbligatorie a suo carico, la banca resistente sia condannata a corrisponderle il residuo del ricavato dalla liquidazione delle quote di fondi comuni di investimento a lei cointestate in via subordinatadisgiunta; - la banca resistente sia condannata ad attivarsi affinché dalla Centrale rischi e dai Sistemi di informazioni creditizie siano cancellate le segnalazioni pregiudizievoli del nominativo della ricorrente; -la banca resistente sia condannata al risarcimento del danno cagionato alla ricorrente a causa mancata cancellazione del suo nominativo dalla Centrale rischi della Banca d’Italia, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contrattoliquidarsi nella misura di € 10.000,00. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro -sarebbero irricevibili ratione materiae le domande della ricorrente aventi a oggetto le quote di fondi comuni d’investimento a lei cointestate; -l’accordo concluso tra le parti sarebbe qualificabile come un pactum de non petendo, inefficace nei confronti dell’altro debitore solidale; -il 27 giugno 2012, la posizione debitoria cointestata alla ricorrente, avente l’importo netto di € 393.000,00 circa, sarebbe stata classificata come “incaglio” (e non già come “sofferenza”); -mediante le lettere del 16 febbraio e del 9 marzo 2012, la banca resistente avrebbe confermato alla ricorrente che era stata liberata da qualsiasi responsabilità, precisando che il rapporto cointestato con il debitore solidale non avrebbe potuto essere estinto, non avendo egli manifestato alcuna volontà transattiva; -il nominativo della ricorrente non potrebbe pronunciarsi nel merito essere pertanto operativamente espunto dalla cointestazione di tale rapporto; -quest’ultimo sarebbe tuttora “formalmente” a carico di entrambi i cointestatari, sebbene la ricorrente abbia provveduto a pagare la quota di debito a lei imputata; -pertanto, la posizione debitoria della controversiaricorrente sarebbe legittimamente segnalata nella Centrale rischi, nella sezione delle “garanzie ricevute” e, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero cointestazione con il debitore solidale, nella sezione “crediti di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia cassa”, categoria di impresa dei Tribunali Ordinari censimento “rischi a revoca”, classi di Milanodati “utilizzato”, Napoli e Roma; • il contratto variabile di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018classificazione “a incaglio”, a seguito della concessione “contestazione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminenatura giudiziale”. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, - il ricorso sia dichiarato inammissibile irricevibile per materiaquanto riguarda la domanda avente a oggetto la condanna della banca resistente al pagamento del residuo del ricavato dalla liquidazione delle quote di fondi comuni di investimento cointestate alla ricorrente; -nel merito-le altre domande della ricorrente siano rigettate, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiperché infondate.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • Con ricorso pervenuto il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 201816/03/2015, la ricorrente avrebbe receduto espone che nell’esercizio della sua attività di affittacamere riceveva l’8.8.2015, attraverso il sito Expedia, la prenotazione di un soggiorno presso la propria struttura dal suddetto contratto; • solo mediante 14 al 20 agosto. Il cliente accettava espressamente la “cancellation policy” indicata sul sito. La ricorrente procedeva dunque a preautorizzare l’importo pattuito (€ 770) sulla carta di credito del cliente. Il 13.8.2015, vale a dire il giorno prima dell’arrivo previsto, il cliente comunicava alla ricorrente la sua intenzione di disdire la prenotazione. La ricorrente, attesa la tardività della richiesta di cancellazione, applicava la “cancellation policy” e, per l’effetto, provvedeva a chiudere la preautorizzazione sulla carta di credito del cliente, ad emettere ricevuta fiscale per un importo di € 770 nonché a corrispondere ad Expedia le comunicazioni periodiche della banca resistentecommissioni sulla prenotazione ricevuta (€ 8,16). Il 15.9.2015, la ricorrente avrebbe appreso riceveva dall’intermediario la richiesta della documentazione a supporto della transazione, evidenziando come il cliente avesse contestato la titolarità dell’operazione di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenzapagamento. Il 22.9.2015, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato e poi nuovamente il principio di buona fede. Ciò posto25.9.2015, la ricorrente ha chiesto che: -in via principaleprovvedeva ad inoltrare all’intermediario la documentazione richiesta. Il 21.11.2015, sia accertato l’intermediario procedeva allo storno dell’importo della transazione, motivando la procedura di charge back sull’acritico rilievo che il cliente “non riconosceva la transazione”. Il 28.11.2015, la ricorrente presentava reclamo, sostenendo come la documentazione inoltratagli dimostrasse la genuinità della transazione contestata, e chiedeva la restituzione dell’importo illegittimamente stornato al netto delle commissioni corrisposte ad Expedia (€ 761,84). Chiede che, stante la nullità accertata l’illegittimità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistentecharge back, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinatal’intermediario provveda alla restituzione dell’importo della transazione al netto delle commissioni (€ 761,84). Con controdeduzioni del 28.04.2016, sia accertato che, il 7 maggio 2018l’intermediario rileva che a seguito dell’inoltro della documentazione da parte della ricorrente, ha receduto riscontrato l’inosservanza delle modalità di prenotazione convenzionalmente pattuite, rappresentate dalla procedura “Prenotazione garantita - No-Show” e da tale contrattoquella “Advance Deposit Service”. La banca ha resistito al ricorsoIn particolare, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiaper quanto concerne la procedura “Prenotazione garantita - No-Show”, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principaleha adempiuto agli obblighi informativi nei confronti del cliente. Inoltre, la “cancellation policy” applicata dalla ricorrente avrebbe dichiarato prevede l’addebito al cliente dell’intero importo del soggiorno laddove la procedura de qua consente, in caso di tener ferma la fideiussione rilasciata; • cancellazione della prenotazione, l’addebito della sola prima notte di pernottamento. Le modalità di prenotazioni seguite dalla ricorrente non possono nemmeno ricondursi alla data procedura (alternativa) denominata “Advance Deposit Service”. L’inadempimento contrattuale della ricorrente ha reso vani i tentativi, pur effettuati dall’intermediario, di respingere le richieste restitutorie del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminecliente. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respintoLo storno dell’importo della transazione risulta dunque legittimo ai sensi dell’art. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali56 cod. cons.

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FATTO. La ricorrente ha affermato cheCon ricorso del 20.8.2015 il ricorrente, lamentando l’inadempimento del fornitore, chiedeva di: a) dichiarare risolto il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,0020.000,00 concesso dall’intermediario resistente; • non informandola adeguatamenteb) condannare l’intermediario al risarcimento dei danni subiti dal ricorrente per l’iscrizione del suo nominativo in un Sistema di Informazioni Creditizie (SIC) e per le “continue richieste di rimborso delle rate insolute da parte di due call center e da ultimo da uno studio legale”, azioni che stanno minando la banca resistente avrebbe pertanto violato salute del cliente, “danni da liquidarsi in separata sede”; c) condannare l’intermediario al pagamento delle spese e competenze del procedimento. Narrava il principio ricorrente: - di buona fede. Ciò posto, aver stipulato un contratto per la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto fornitura e messa in opera di fideiussione stipulato un impianto fotovoltaico con la banca una società convenzionata con l’intermediario resistente, non che si è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo impegnato ad erogare l’intero finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale20.000,00; - che, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019preventivamente, il debito fornitore avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione al competente Ufficio, allegando la documentazione occorrente, e presentare all’Enel il progetto preliminare per il parere di massima; - La motivazione che ha indotto il ricorrente a sottoscrivere il contratto è stata la possibilità (prevista nel contratto) di godere dei benefici fiscali e del debitore principale sarebbe ammontato “Conto Energia”, mentre quest’ultimo ha cessato la sua efficacia in data 31.12.14, poiché il Governo lo ha escluso a € 17.465,00partire dal 2015; - L’impianto è stato fornito e montato senza avere le autorizzazioni né alcun progetto di massima da una ditta terza, che ha danneggiato un modulo/pannello, impegnandosi alla sostituzione; nel giugno 2015 la ditta ha comunicato che avrebbe sostituito il pannello quando il fornitore le avrebbe pagato le prestazioni eseguite; - L’efficienza dell’impianto non sarebbe è stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò postoprovata e non si conosce né la capacità produttiva di energia, né se la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile stessa possa essere sufficiente ed usufruibile; l’impianto è stato acceso solo per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo alcuni minuti per verificare che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.tutti i collegamenti fossero funzionali;

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FATTO. La Parte ricorrente ha affermato chequanto segue: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 20182 febbraio 2016, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito acquistato un’autovettura al ricorsoprezzo di € 13.000,00, affermando saldato tramite finanziamento concesso dall’intermediario convenuto; − che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di consultazione del Pubblico Registro Automobilistico (PRA), il 22 luglio 2020 si avvedeva «che l’autovettura non le era mai stata trasferita e che sulla stessa risultano tre fermi amministrativi per un nuovo finanziamento importo complessivo di € 24.000,00 al debitore principale4.470,88»; − che, il 22 luglio 2020, ha inoltrato alla finanziaria convenuta una missiva, con la quale comunicava la volontà di risolvere il contratto di finanziamento a seguito del grave inadempimento della ditta fornitrice, la ricorrente avrebbe dichiarato quale non aveva provveduto alla trascrizione dell’atto di tener ferma compravendita del mezzo; − che «ad oggi i coobbligati hanno corrisposto alla finanziaria l’importo di € 10.075,00 = (diecimilasettantacinque//00), e continuano, al fine di evitare segnalazioni pregiudizievoli al C.R.I.F., a pagare le rate a scadenza, nonostante la fideiussione rilasciata; • proprietà dell’autovettura non sia mai stata trasferita alla data signora [ricorrente] e sulla stessa risultino tre fermi amministrativi per il mancato pagamento da parte del 25 novembre 2019legale rappresentante pro-tempore della concessionaria, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminesig. Ciò posto(…), la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respintodi debiti verso l’erario». Nella seduta del 26 marzo 2020, Pertanto domanda che il Collegio ABF adito accerti e dichiari la risoluzione del contratto di Romafinanziamento per cui è controversia e disponga che l’intermediario rimborsi in suo favore l’importo di € 10.075,00, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questionepari alla somma di tutte le rate versate alla finanziaria. L’intermediario, invece, ha deciso rappresentato quanto segue: − in via preliminare, che, dal tenore letterale del ricorso avversario, non è possibile evincere quali siano le richieste avanzate all’ABF, atteso che «nessuna domanda, invero, risulta formulata dai finanziati nei confronti della finanziaria»; − che, a seguito della sottoscrizione dell’atto di sottoporne l’esame compravendita dell’autovettura, «la proprietà del veicolo, quindi, è certamente stata trasferita, tempestivamente, all’acquirente, che in effetti a questo Collegiofar data dal 2016 risulta aver regolarmente utilizzato la Citroen»; − che «la lamentata assenza di trascrizione al PRA dell’atto di vendita, ritenendo se da un lato non inficia l’acquisto della proprietà del mezzo in capo al compratore, d’altro lato non può neppure configurare un inadempimento del venditore», infatti l’art. 94 del Codice della Strada (testo in vigore dal 13 agosto 2010 al 31 dicembre 2019) prevedeva che «in caso di trasferimento di proprietà degli autoveicoli (…) il competente ufficio del PRA, su richiesta avanzata dall’acquirente entro 60 giorni dalla data in cui la questione sottoscrizione dell’atto è stata autenticata o giudizialmente accertata, provvede alla trascrizione del trasferimento»; − che l’intento del legislatore è pertanto quello di porre a carico dell’acquirente l’onere di procedere alla trascrizione dell’atto di acquisto presso il Pubblico Registro Automobilistico, come confermano alcuni precedenti giurisprudenziali secondo cui la richiesta al PRA degli adempimenti di cui all’art. 94 del Codice della nullità dei contratti stipulati “Strada costituisce obbligo esclusivo dell’acquirente (Cass. civ. n. 20843/2017) e nessun inadempimento è configurabile a valle” carico del venditore che non provveda a tale richiesta (Cass. civ., ordinanza n. 2263/2013); − che è l’atto di un’intesa anticoncorrenziale sia vendita in sé che vale come cessione del bene ed è con la sua sottoscrizione che si perfeziona il trasferimento di particolare importanza proprietà del veicolo in capo all’acquirente; − che «la trascrizione in sé dell’atto di compravendita non crea alcun effetto giuridico, atteso che tale effetto si è già verificato in precedenza in virtù, per l’appunto, dell’atto di vendita medesimo», come confermato dai seguenti precedenti giurisprudenziali: (i) Cass. civ., ordinanza n. 5667/2018, la quale ha stabilito che il momento perfezionativo del contratto di compravendita «si fonda esclusivamente sul consenso delle parti»; (ii) Cass. civ., ordinanza n. 26327/2019, a mente della quale «la trascrizione dell'atto di vendita dell'autoveicolo nel pubblico registro automobilistico (PRA) non è requisito di validità e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi efficacia del trasferimento del diritto di proprietà, non avendo essa valore costitutivo e configurando, invece, un mero strumento legale di pubblicità e di tutela inteso a dirimere i conflitti tra persone aventi causa dal medesimo venditore che vantino diritti sullo stesso bene; pertanto, gli autoveicoli ben possono essere validamente alienati con altri Collegio territorialila semplice forma verbale consensuale»; − che ha riscontrato negativamente al reclamo il 7 settembre 2020.

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FATTO. La Il ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni mutuo con l’odierno resistente. Egli lamenta il mancato riscontro dell’intermediario ai propri reclami con i quali chiedeva delucidazioni relativamente al tasso d’interesse applicato sul mutuo ed alla durata del finanziamento. La richiesta viene ripetuta nel ricorso. L’intermediario eccepisce, in via preliminare, l’improcedibilità del ricorso «in quanto [...] non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative ad operazioni o comportamenti anteriori al 1 gennaio 2009», mentre il contratto de quo è stato concluso nell’anno 2003. Nel merito, l’intermediario, premessa la descrizione del contratto, osserva che in forza del «contratto di Risparmio Edilizio, [...] il Ricorrente si è impegnato a fare versamenti di quote mensili di risparmio (nel caso specifico di quote mensili di euro 66,25), che hanno permesso, ad una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2certa data contrattualmente prevista e chiamata ‘data di assegnazione’, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIdi ottenere il mutuo ‘di assegnazione’, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento importo pari alla differenza fra la somma sottoscritta ed il saldo del conto di € 40.000,00; • non informandola adeguatamenteRisparmio Edilizio fino a quel momento accumulato e comprensivo degli interessi maturati. Senza aspettare la data di assegnazione, tuttavia ed al fine di concedere al Ricorrente il denaro subito, [la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio banca] ha anticipato la somma [di buona fede. Ciò postoeuro 10.000,00], la ricorrente ha chiesto che: -in via principaleattraverso un secondo prodotto, sia accertato che, stante la nullità chiamato mutuo immediato (cioè un prefinanziamento del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non Xxxxxxxxx Xxxxxxxx). II mutuo immediato è debitrice nei confronti un mutuo senza ammortamento del capitale. Il mutuo immediato ha una durata che va dall’erogazione dello stesso e fino alla data di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato cheassegnazione del Risparmio Edilizio e successiva compensazione. Rispetto a questo, il 7 maggio 2018Ricorrente si è contrattualmente impegnato a fare versamenti di quote mensili (euro 33,75) di interessi al tasso fisso del 4,05% [...] nominale annuo oltre alla suddetta somma di risparmio per alimentare il corrispondente Risparmio Edilizio. In buona sostanza il mutuatario (Ricorrente), [...] restituisce i denari mutuati, pagando dapprima delle rate formate da una quota destinata ad estinguere gli interessi ed una quota destinata ad alimentare un risparmio. Successivamente, pagando delle rate formate da una quota destinata ad estinguere gli interessi e da una quota destinata all’ammortamento del capitale mutuato». «Tuttavia, [...] sulla copia del contratto [di mutuo] [...], all’art. 6 - Pagamento mensile, sono state erroneamente invertite le cifre e precisamente: [...] interessi 66,25 anziché euro 33,75 rata di risparmio del contratto di Risparmio Edilizio 33,75 anziché euro 66,25. Si è trattato, quindi, di un mero errore di scrittura, che può aver tratto in inganno il Ricorrente nel calcolo dell’interesse applicato. Errore comunque del quale ben poteva avvedersi il cliente mutuatario (Ricorrente), che invece, all’atto della sottoscrizione del contratto di mutuo ha receduto da tale taciuto. Resta il fatto che il suddetto errore è stato immediatamente corretto e che al Ricorrente sono stati addebitati i giusti importi, come si può evincere dagli estratti conto, inoltrati allo stesso Ricorrente, successivi all’atto di mutuo». Per quanto riguarda la durata del mutuo, «il termine finale non manca, solo che non può essere determinato con assoluta precisione nel contratto, come peraltro avverte [...] [l’] art. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia5.4, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero eventuali differimenti, per un qualsivoglia motivo, della data di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia erogazione o modifiche di impresa dei Tribunali Ordinari carattere legislativo (aumento o riduzione della ritenuta d’acconto sugli interessi maturati sulle rate di Milanorisparmio versate dal cliente) potrebbero determinare un prolungamento o una riduzione della durata del mutuo stesso. Resta inteso che, Napoli se non vi sono [...] modifiche [...], se i versamenti sono regolarmente effettuati e Roma; • il contratto se non intervengono eventuali modifiche di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019carattere legale, il debito termine contrattualmente indicato (nello specifico anni 11) corrisponde alla durata effettiva del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminemutuo. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo A ciò va doverosamente aggiunto che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialidurata del contratto non è mai indeterminata. ma comunque determinabile».

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FATTO. La ricorrente ha affermato Il ricorrente, titolare di una rivendita di Sali e Xxxxxxxx, afferma in ricorso che: - in data 11.5.2015 ha formulato all’intermediario una richiesta di credito, garantito da un confidi, per il 30 aprile 2014risanamento della propria attività commerciale; ha quindi ricevuto comunicazione di accoglimento da parte del Confidi garante; - è stato convocato a più riprese dalla banca per la produzione della documentazione necessaria per la concessione del mutuo, compreso il business planing, prodotto “immediatamente” dopo “l'ennesima” convocazione; - in data 21.7.2015, è stato nuovamente convocato, con comunicazione scritta, presso l'istituto di credito, con un “nulla di fatto”, poiché a parere della funzionaria incaricata, la fideiussione del Confidi era riferita "alla ristrutturazione dei locali dell'attività e non a liquidità a fini d'impresa"; - in data 23.7.2015, per esigenze immediate di liquidità e presentando ulteriori documenti, ha ottenuto un fido di € 5.000,00; - una volta chiarito lo scopo della garanzia rilasciata dal confidi, gli è stata comunicata la scadenza della fideiussione, che aveva durata di soli due mesi; per procedere alla richiesta di mutuo avrebbe quindi dovuto produrre una nuova fideiussione; - la nuova fideiussione è stata quindi inoltrata dal confidi alla Banca, ma questa ha comunicato al cliente il peggioramento del rating e, di conseguenza, in data 31.8.2015, la mancata concessione del mutuo, con il consiglio di rivolgersi ad altro Istituto di Credito. Il cliente precisa che, infine, in data 10.9.2015, ha ottenuto il giorno stesso della richiesta, presso altra banca, un prestito personale di euro 25.000,00, ad un tasso del 7,66%, a fronte del tasso del 3,50% previsto nella convenzione banca convenuta/confidi. Ciò premesso in fatto, il ricorrente ritiene che la condotta posta in essere dalla banca sia fonte di chiara responsabilità precontrattuale, per violazione dei doveri di correttezza e buona fede; sebbene il contratto di mutuo non sia stato perfezionato, infatti, le trattative tra le parti erano “ben avviate considerando la delibera positiva della Confidi recepita dall'Istituto per ben due volte”; l’intermediario, per consuetudine commerciale e posta la natura di imprenditore del ricorrente (iscritto a titolo oneroso al Confidi), avrebbe stipulato dovuto esprimersi in termini chiari (interrompendo la trattativa per un motivo preciso e non interpretativo) e celeri (in modo consentire al cliente di intraprendere una “strategia di accesso al credito” meno “invasiva” di quella di fatto realizzata). Sulla base di ciò il ricorrente chiede all’Arbitro di accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale dell’intermediario condannandolo al pagamento dei danni subiti che si sarebbero tradotti in un tracollo dell’attività commerciale quantificato in € 26.750. L’intermediario replica con le controdeduzioni osservando preliminarmente che la problematica portata all'attenzione dell’Arbitro verte su valutazioni di merito creditizio, tipica attività rientrante nella sfera dell'autonoma discrezionalità della banca, come rappresentato all'interessato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttrisposta al reclamo. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamenteNel merito, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto precisa che: -in via principale- nell'atto di convenzione del 5.3.2015 sottoscritto tra la Banca e il Confidi è espressamente prevista in 60 mesi la durata massima dei finanziamenti della specie (cfr. allegato "A" della convenzione); la garanzia richiesta dal cliente al Confidi era, sia accertato invece, relativa ad un mutuo chirografario della durata di 84 mesi che, stante come tale, ha richiesto un ulteriore iter istruttorio di competenza di superiori Organi deliberanti diversi da quelli locali, supportato da documentazione integrativa richiesta al cliente; - nel relativo lasso temporale, l'iniziale "rating" assegnato al cliente si è deteriorato passando dall'iniziale C2 (aprile-maggio-giugno 2015) a C3 (luglio 2015) e infine a D1 (agosto 2015); tali ultime classi (C3 e D1) - nell'ambito del processo di gestione del rischio di credito - sintetizzano una valutazione di merito della controparte inferiore ai parametri minimi previsti dal "Sistema dei Rating interni" della banca, tanto che nell'allegato "A" della convenzione, dove viene inoltre ribadito che "La classe di merito a cui si fa riferimento per l'applicazione delle condizioni economiche è quella stabilita ad insindacabile giudizio della Banca. ", non sono menzionati; - le varie fasi della pratica sono sempre state portate a conoscenza del cliente, che ha anche ricevuto specifiche lettere di invito a recarsi in filiale per comunicazioni inerenti il finanziamento; - la nullità concessione della fideiussione da parte del Confidi è un atto svincolato dalla autonoma ed insindacabile valutazione del merito creditizio da parte della Banca. L’intermediario afferma quindi la correttezza del proprio operato, facendo presente – quanto alla richiesta risarcitoria – che il "contratto di fideiussione finanziamento" stipulato con la banca resistente, non altro intermediario prodotto dal cliente a sostegno della domanda è debitrice nei confronti in realtà “un'esemplificazione di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto un prestito eventualmente erogabile” da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialibanca.

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FATTO. La Parte ricorrente ha affermato cheriferisce quanto segue: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente - in data 20.02.2020 sottoscriveva un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni finanziamento con l’intermediario resistente dell'importo complessivo di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia € 1648,32 da rimborsare mediante il provvedimento pagamento di n. 55 del 2 maggio 200512 rate mensili da €. 137,36 cadauna, si porrebbero finalizzato a cure odontoiatriche; - a marzo 2020 la clinica chiudeva senza fornire più alcuna prestazione necessaria alla paziente; - nessun riscontro aveva la diffida inviata al fornitore e la successiva pec al finanziatore. L’intermediario afferma di rendersi disponibile ad accettare il ricorso in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso questione e di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità provveduto alla chiusura del contratto di fideiussione stipulato finanziamento intestato al ricorrente, nonché al relativo rimborso della quota parte dei servizi non usufruiti, con rinuncia al rimborso delle €. 20,00 per la banca resistentepresentazione del ricorso stesso. Con successivo atto difensivo, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando parte ricorrente eccepisce che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito -l’intermediario nulla ha allegato e prodotto a dimostrazione dell'adempimento parziale della controversiaprestazione da parte del fornitore, in quanto le violazioni ovvero dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero lavori che assume eseguiti, come era suo onere; -inoltre, l’intermediario ha provveduto al rimborso dell'importo di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di MilanoEuro 1.560,00, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, solo a seguito della concessione presentazione del ricorso all'Arbitrato Bancario e Finanziario, nonostante le formali richieste precedentemente inviate a mezzo; pertanto, ha diritto al ristoro dell'importo di Euro 20,00 pagato per la presentazione del presente ricorso, oltre alle spese per l'assistenza legale resasi necessaria a causa del comportamento del finanziatore- Insiste, pertanto, per l'accoglimento integrale del ricorso nonché per il rimborso di Euro 20,00, oltre ad un contributo alle spese della presente procedura di cui si chiede la liquidazione in via equitativa. Con successivo atto difensivo, parte resistente eccepisce che: - a seguito della mancata riapertura dei centri dedicati allo svolgimento delle cure odontoiatriche, provvedeva a valutare le varie posizioni dei clienti che avevano sottoscritto i contratti di finanziamento finalizzati all’acquisto del servizio fornito dai centri suddetti; difatti, oltre a provvedere alla sospensione delle rate ed all’oscuramento dei dati dei clienti, ricercava prontamente una struttura alternativa presso la quale gli stessi potessero continuare regolarmente il servizio acquistato, come per il caso di specie; -quanto al contratto di finanziamento che rileva nel caso di specie, si rendeva disponibile ad accettare la richiesta di risoluzione del contratto in questione rimborsando altresì l’importo della sola quota parte dei servizi non usufruiti dal ricorrente che, sulla base delle dichiarazioni fornite in ricorso e dalle verifiche effettuate, ammonta a €. 340,08, con rinuncia dell’importo di €. 20,00 per la presentazione del ricorso stesso in quanto gestita “in accordo stragiudiziale”: - l’onere della prova è a carico di chi agisce ex art. 2697 c.c., - l’ABF non necessita di apposita rappresentanza professionale per essere adito; pertanto l’assistenza di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principaleprofessionista rientra nella libera scelta del ricorrente. In conclusione, Parte ricorrente formula la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma seguente domanda: L’intermediario chiede dichiararsi cessata la fideiussione rilasciata; • alla data materia del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialicontendere.

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FATTO. La ricorrente ha affermato chechiede di accertare la violazione, nella fase precontrattuale e contrattuale, da parte dell’intermediario dei doveri informativi inerenti a contratti in derivati finanziari e di dichiarare, alternativamente, la nullità o l’annullabilità di tali contratti. Chiede, inoltre, il risarcimento del danno, da determinarsi in via equitativa, derivante dalla citata stipulazione e il rimborso delle spese legali, quantificate in Euro 500,00. In particolare, con reclamo del 2 aprile 2013, negativamente riscontrato dall’intermediario il 31 aggio 2013, e con successivo ricorso all’ABF presentato in data 29 maggio 2013, la ricorrente evidenzia quanto segue: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente - di essere conduttore dal 25 luglio 2003 di un contratto di fideiussione omnibus leasing immobiliare stipulato con una società del gruppo di appartenenza dell’intermediario convenuto del valore originario di poco meno di 1 milione di Euro per garantire le obbligazioni effetto dell’intervenuta cessione, in tale data, del suddetto contratto; - di aver stipulato con l’intermediario, in data 13 aprile 2007, un contratto di mutuo ipotecario decennale per € 600.000,00 “ di cui era previsto il rimborso periodico, con interesse mensile composto da una quota variabile, pari ad un dodicesimo del tasso annuo euribor 6 mesi, e da una quota fissa, pari ad un dodicesimo di 1,250% annuali”; - in occasione della stipulazione del contratto di mutuo, di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto e su sua proposta un “contratto quadro in interest rate swap, opzione cap, opzione floor, opzione collar, swap option forward rate agreement per società o persone giuridiche qualificate” al fine di consentire alla ricorrente “di cautelarsi contro gli eventuali effetti delle variazioni del tasso d’interesse” riferite al suddetto mutuo; - di aver stipulato con l’intermediario il contratto di tipo “interest rate swap” n. 503180328 “con decorrenza 22.03.2005 e termine 22.03.2010”, con capitale di riferimento € 1.000.000. Di aver sottoscritto un nuovo contratto di opzione di tipo Interest Rate Swap accrual con decorrenza 27 febbraio 2007 e termine 27 febbraio 2012 in sostituzione di altro contratto con decorrenza 17 marzo 2006 e termine 21 marzo 2011. Di aver sostituito anche quest’ultimo contratto con altro contratto Interest Xxxx Xxxx a tasso protetto con decorrenza 27 aggio 2010 e termine 27 maggio 2012, con capitale di riferimento di Euro 500.000 e con ammontare a debito di Euro 68.500 di cui l’intermediario ha preteso il pagamento. Lamenta la ricorrente la violazione, da parte dell’intermediario, dei doveri informativi di cui all’art. 21 del T.U.F. e di buona fede “in occasione della stipula, rinegoziazione, estinzione, rimodulazione, sostituzione e/o trasformazione dei contratti derivati su tasso d’interesse” in parola. Xxxxxxx, al riguardo, come tali contratti siano stati “raccomandati” alla stessa dall’intermediario e siano stati presentati “come ancillari ed a scopo assicurativo, ma solo in apparenza serventi agli interessi del mutuatario”. Precisa la ricorrente come l’intermediario avesse riferito che i contratti de quo “si sarebbero comportati alla stregua di una società commerciale; • tale garanzia di protezione contro il rischio di variazione del tasso di interesse inerente al contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttdi leasing finanziario prima, e poi di mutuo, nell’esclusivo interesse della società”. 2, 6 Lamenta in particolare la ricorrente come la medesima non sia stata informata circa la rischiosità e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero la “vera natura” dei derivati in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’artdiscorso. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018Sotto altro profilo, la ricorrente avrebbe receduto lamenta altresì come l’intermediario avesse sottoposto alla propria firma documentazione attestante la propria qualifica di “operatore qualificato” nonché comprovante la ricezione da parte della stessa di informazioni circa l’inapplicabilità della normativa di tutela prevista dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche T.U.F. per tale tipo di operatore. Precisa che, al momento della banca resistentesottoscrizione dei contratti derivati de quo, non aveva mai operato “correntemente in strumenti finanziari derivati” e che, come risulta dall’analisi del profilo finanziario redatta dallo stesso intermediario, la stessa è “cliente al dettaglio, privo di qualsivoglia conoscenza in campo di strumenti finanziari anche complessi ed ovviamente pure della capacità di valutarne i principali rischi”. Eccepisce altresì la ricorrente come, rispetto a quanto lasciato intendere dall’intermediario, i contratti derivati in questione non hanno finalità di copertura. Infatti, nella “proposta di rimodulazione con contratto di interest rate swap del 25.05.2010, l’intermediario ha affermato che il nozionale di contratti derivati aventi ad oggetto strumenti finanziari OTC su tassi d’interesse [...] è pari a € 1.000.000, nonostante l’esposizione debitoria [della ricorrente] verso l’intermediario, già dal 2007, si fosse ridotta quasi alla metà”. Sulla base di tali premesse, la ricorrente avrebbe appreso chiede a questo Xxxxxxx quanto segue: - di aver sottoscritto una fideiussione omnibusaccertare la violazione dei doveri informativi da parte dell’intermediario in occasione della proposta, conclusione, esecuzione, scioglimento, rinegoziazione, rimodulazione del contratto quadro e dei singoli contratti in derivati esecutivi del primo; - di dichiarare la nullità per assenza di causa o per assenza della volontà delle parti del contratto quadro e dei singoli contratti derivati condannando l’intermediario, nei limiti di competenza per valore, alla “restituzione di tutte le - in precedenzaogni caso, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino accertare il diritto della ricorrente al massimo risarcimento del 50% danno patito nella misura da determinarsi equitativamente. In via subordinata rispetto alla dedotta domanda di un finanziamento nullità o di € 40.000,00; • non informandola adeguatamenteannullamento, disporre la banca resistente avrebbe pertanto violato compensazione tra il principio maggior credito risarcitorio accertato in capo alla ricorrente e la parte residua del credito di buona fedeEuro 68.000 vantato dall’intermediario. Ciò posto- disporre la condanna dell’intermedio alla refusione delle spese di consulenza legale di Euro 500,00. In uno con il ricorso, la ricorrente ha chiesto chedepositato la seguente documentazione: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità all. A) copia reclamo; all. 1) scrittura 24 giugno 2003; all. 2) scrittura del 25 luglio 2003; all. 3) lettera intermediario 25 novembre 2003; all. 4) contratto di fideiussione riscatto anticipato del leasing; all. 5) contratto di mutuo; all. 6) contratto quadro in strumenti derivati; all. 7) contratto di interest rate swap; all. 8 comunicazione intermediario; all. 9) contratto di interest rate swap accrual; all. 10) contratto di interest rate swap 25 maggio 2010; all. 11) piano di ammortamento; all. 12) analisi profilo finanziario della Società; all. 13) estratti conto con spese in derivati. L’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni in data 27 agosto 2013. In via preliminare l’intermediario eccepisce l’improcedibilità del ricorso per molteplici motivi: per incompetenza per materia dell’ABF, posto che le richieste della ricorrente ineriscono operazioni in derivati finanziari e, in generale, servizi e attività d’investimento; per difetto di coincidenza del reclamo con il ricorso, facendo il reclamo esclusivo riferimento al “contratto quadro in derivati stipulato con la banca resistente, il 18.03.2005” e non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato cheanche ai contratti in derivati sottoscritti in esecuzione del medesimo il 18.03.2005, il 7 maggio 201817.03.2006, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito il 23.02.2007, il 25.05.2010; per incompetenza per valore, essendo il valore delle somme di cui la ricorrente chiede la restituzione superiore al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, limite di competenza per valore dell’ABF; in quanto le violazioni la domanda di annullamento dei divieti antitrust allegate contratti derivati implicherebbe una pronuncia costitutiva che esulerebbe dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanodell’ABF; per incompetenza temporale, Napoli e Roma; • essendo il contratto di fideiussione omnibus stipulato con cui la ricorrente non chiede la nullità o l’annullabilità stato stipulato anteriormente al 1° gennaio 2009. Nel merito, l’intermediario osserva come la sola operazione che rientrerebbe nell’ambito della cognizione temporale dell’ABF sarebbe comunque nullo; • rappresentata dal derivato stipulato il 19 25 maggio 2010. Rileva come la ricorrente abbia dichiarato di essere “operatore qualificato” in occasione della sottoscrizione del contratto quadro del 18 marzo 20182005, a seguito della concessione allorquando sono state dalla medesima fornite le informazioni relative alla propensione al rischio, agli obiettivi d’investimento e alla situazione finanziaria, ricevendo altresì il “documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”. Osserva altresì come la ricorrente avesse esperienza in strumenti finanziari derivati, per averne in precedenza sottoscritti con lo stesso, il 18 luglio 2003 e il 26 febbraio 2004. Ciò premesso, l’intermediario deduce come i contratti derivati in questione siano “contratti di interest rate swap” finalizzati alla copertura del rischio di un nuovo finanziamento eventuale andamento sfavorevole dei tassi d’interesse rispetto ad una posizione debitoria, risultando il nozionale di € 24.000,00 tali derivati coerente con l’indebitamento a tasso variabile della ricorrente. Con particolare riferimento al debitore principalederivato stipulato il 25 maggio 2010, osserva come il prodotto “denominato tasso certo” integri uno strumento semplice finalizzato ad una copertura base, ed accessibile anche ad una clientela al dettaglio, priva di qualificate competenze finanziarie. Precisa che tale contratto è stato il frutto di una rimodulazione del “precedente contratto del 23 febbraio 2007 e ha Sulla base di tali presupposti, l’intermediario, oltre ad eccepire l’improcedibilità del ricorso per le plurime ragioni sopra descritte, nel merito chiede il rigetto del ricorso, essendo stata documentata “la correttezza del proprio operato e l’assolvimento degli obblighi sul medesimo gravanti”. In uno con le controdeduzioni, l’intermediario ha depositato la seguente documentazione: all. 1)lettera ufficio reclami 31 maggio 2013; all. 2) contratto quadro per l’operatività in derivati del 25 maggio 2010; all. 3) contratto di negoziazione del 18 marzo 2005; all. 4) Informazioni richieste alla cliente ai sensi della normativa Consob; all. 5) Contratti in derivati del 18 luglio 2003 e del 26 febbraio 2004; all. 6) Contratto di prestazione servizi di investimento 25 maggio 2010; all. 7) Centrale rischi; all. 8) Scheda prodotto derivato 25 maggio 2010; all. 9) Contratto tasso certo del 25 maggio 2010; all. 10) Estratto contro 5/2010; all. 11) Proposta estinzione derivato del 23 febbraio 2007; all. 12) Rendicontazione periodica derivato del 25 maggio 2010. In data 5 dicembre 2013 la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma ha presentato una replica alle controdeduzioni ribadendo la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialipropria posizione.

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FATTO. La parte ricorrente ha affermato cherappresentato quanto segue: - il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato 01.03.11 ha sottoscritto con la banca resistente l’intermediario un contratto di fideiussione omnibus per garantire mutuo con connessa polizza vita contestuale; - la banca, con lettera raccomandata del 14.11.2016, ha risolto di diritto il contratto di mutuo con effetto immediato, procedendo con atto di precetto e pignoramento dell'immobile in proprietà dell’istante posto a garanzia del suddetto mutuo; - con sollecito del 21.06.18 chiedeva all’assicurazione il rimborso proporzionale della quota non goduta della polizza vita, a decorrere dalla data del 14.11.2016; - ritiene che «le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2evoluzioni del rapporto principale (il finanziamento) non possono non riflettersi su quello accessorio (l'assicurazione) poiché, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante venuto meno il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018primo, la persistenza del rapporto assicurativo si rivelerebbe di fatto priva di causa»; - l'accordo ABI - ANIA del 22 ottobre 2008 prevede espressamente che «Nel caso in cui il contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all'iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente - sia nel caso in cui il pagamento del premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell'assicuratore - la parte di premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato»; - le medesime conclusioni valgono per l’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/201 («Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/ assicurato le imprese, nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria»); - l'assicurazione si rendeva in un primo momento disponibile al rimborso, salvo poi non provvedervi e non riscontrare neppure la successiva richiesta di risarcimento; - l’intermediario, in conseguenza della risoluzione del contratto di mutuo, deve restituire al cliente le somme percepite a titolo di polizza vita per la quota non goduta. La parte ricorrente, a seguito di reclamo, non riscontrato dall’intermediario, ha proposto ricorso all’ABF chiedendo la restituzione della somma di € 16.352,00 a titolo di “assicurazione vita/commissioni”, oltre al pagamento delle spese legali, quantificate in € 2.500 00 «o in quella minore o maggiore somma ritenuta giusta». Costituitosi chiedendo il rigetto del ricorso, l’intermediario resistente, nelle controdeduzioni presentate tramite il Conciliatore bancario con nota del 11/10/2019, in particolare ha illustrato quanto segue: - il ricorrente avrebbe receduto chiede la restituzione di importi che non ha effettivamente versato; - è dubbio che possa trovare applicazione il principio "pro rata temporis", previsto per il diverso caso di estinzione anticipata volontaria; - il premio assicurativo vita non è stato versato al momento della conclusione del contratto ma addebitato pro-quota annualmente sull’estratto conto del cliente; - il cliente versava, anno per anno, la quota parte del premio di € 75,00 nel mese di marzo per la polizza danni (causale: «rata succ mult Abitazione») e la quota di € 580,00 nel mese di giugno per la parte polizza vita con causale «Recupero Salute Light Pol.xxx375» (come da estratti conto allegati); - con la risoluzione del contratto di mutuo ipotecario dell’11/11/2016 la Banca ha cessato di addebitare i costi relativi alla copertura vita, «continuando invece ad addebitare la sola quota parte di costi legati al ramo danni (…) in quanto l'immobile al momento è ancora nella disponibilità del ricorrente»; - «la copertura in questione … è ancora attiva in quanto tutela entrambi i contraenti per i rischi derivanti dal suddetto contrattodanneggiamento o perimento del bene»; • solo - il 01/06/2018 il credito sottostante al mutuo è stato ceduto ad un SPV, «che ha provveduto a dare notizia … mediante le comunicazioni periodiche avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale»; - in ragione della cessione dal giugno 2018 non risultano più evidenze contabili relative al «rapporto sofferenziale»; - il ricorrente non ha fornito alcuna prova del pagamento degli importi di cui oggi richiede la restituzione. Nelle repliche, pervenute con nota del 21/10/2019, il ricorrente espone quanto segue: - per quanto attiene al pagamento del premio assicurativo, ha allegato copia della contabile emessa dalla banca resistente, attestante il pagamento della somma pari ad € 20.159,99 effettuato in data 01.03.2011 con riguardo ai premi assicurativi (identificativo operazione “172 premi assicurativi”); - dall’analisi del documento si evincono, quali ulteriori costi connessi all’operazione, € 750,00 a spese di istruttoria ed € 550,39 per imposta; - nel modulo di adesione viene specificato il n. di polizza / n. di adesione xxx272, «mentre la ricorrente avrebbe appreso Banca nel proprio scritto difensivo indica e produce contabile del 26.06.2018 con un numero di aver sottoscritto una fideiussione omnibusadesione differente (il n. xxx359) che si riferisce evidentemente ad altra polizza»; • in precedenza- nel predetto modulo di adesione si evince anche la ripartizione dei costi di polizza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo cui € 4.960,99 importo premio danni ed € 15.199,72 importo premio vita. L’intermediario resistente chiede il rigetto del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente Con riferimento ad un contratto di fideiussione omnibus finanziamento mediante cessione del quinto della retribuzione, stipulato in data 15.10.2014 ed estinto anticipatamente, previa emissione di conteggio estintivo del 02/04/2021, la ricorrente, insoddisfatta dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario nella fase prodromica al presente ricorso, si rivolge all’Arbitro al quale chiede, richiamando i recenti orientamenti della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, di dichiarare l’intermediario tenuto al rimborso al ricorrente della quota parte non goduta degli oneri pro quota e degli interessi maturati a seguito dell’anticipata estinzione del finanziamento, in applicazione del criterio pro rata temporis, per garantire l’importo complessivo di € 2.922,23, oltre interessi legali; in xxx xxxxxxxxxxx, xxxxx rimanendo l’applicazione del suddetto criterio per i costi ritenuti recurring, chiede una riduzione rapportata al criterio della curva degli interessi per i costi ritenuti up front. Chiede altresì la refusione delle spese per assistenza difensiva quantificate in euro 200,00, e delle spese della procedura per euro 20,00. L’intermediario, costituitosi, si oppone alle pretese della ricorrente ed evidenzia che in conformità alle disposizioni contrattuali, il cliente ha ottenuto, in sede di conteggio estintivo, il ristoro della quota non maturata dei costi recurring, vale a dire la “Commissione della mandataria per la gestione del finanziamento”, di cui alla lett. b) del contratto. In merito agli altri costi oggetto di domanda, l’intermediario eccepisce la natura up front delle Commissioni in qualità di mandataria del Finanziatore per il perfezionamento del finanziamento, incluse le obbligazioni spese di istruttoria”” (di cui alla lett. a) e delle “Provvigioni all’intermediario del credito” (di cui alla lett. c), in quanto facenti riferimento all’attività di perfezionamento del finanziamento e già interamente maturati all’atto dell’estinzione. Con specifico riguardo, poi, alla provvigione dell’intermediario del credito richiama, da un lato, il “testo contrattuale” ed in particolare la “legenda esplicativa delle principali nozioni e terminologie dell’operazione”, contenuta nell’allegato al modulo SECCI, che fornisce una società commercialechiara definizione degli intermediari del credito che intervengono nel processo di vendita, includendovi tanto gli agenti quanto gli intermediari ex art. 106 TUB; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttdall’altro, la definizione di “intermediari del credito” fornita dall’art. 2121, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIcomma 1, i qualilett. h), secondo quanto accertato del TUB, dalle “Disposizioni di Trasparenza” emanate dalla Banca d’Italia mediante (cfr. sez. VII, par. 2) e dalla guida della Banca d’Italia “Il credito ai consumatori in parole semplici”. L’intermediario fa presente, inoltre, che l’accordo distributivo sottoscritto con l’intermediario ex art. 106 Tuf, circoscrive espressamente l’attività dello stesso alla mera promozione e collocamento del finanziamento, attività tutte che si esauriscono all’atto della conclusione del contratto, senza alcuna ulteriore attività successiva nel caso di specie. Precisa, poi, che le provvigioni all’intermediario del credito, specificamente identificato nell’apposita sezione del modulo relativo alle “Informazioni europee”, sono state fatturate dall’intermediario stesso non appena concluso il provvedimento n. 55 contratto ed erogato il finanziamento e debitamente pagate e pertanto rappresentano costi da escludere dal computo del 2 maggio 2005costo totale del credito, si porrebbero in contrasto con il divieto caso di intese restrittive rimborso anticipato, in quanto non sono determinati unilateralmente dal finanziatore che li gira integralmente a favore di terzi. Sostiene altresì che la voce di costo in esame è stata ampiamente valutata dai Collegi territoriali, ritenendo la stessa di natura up-front anche in caso d’intervento di un intermediario ex art. 106 TUB, ed a sostegno delle sue argomentazioni cita anche diverse decisioni della libertà giurisprudenza di concorrenza che è sancito dall’artmerito. 2 della legge n. 287 Con riferimento, poi, alla richiesta di restituzione degli interessi sulla base del 1990; • il 7 maggio 2018metodo “pro rata temporis”, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante resistente precisa che le comunicazioni periodiche della banca resistenteparti del contratto hanno pattuito un piano di ammortamento “alla francese”, la ricorrente avrebbe appreso cui caratteristica è quella di aver avere “rate costanti, interessi decrescenti e quote di capitale crescente”, come risulta dal Modulo SECCI ricevuto e sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenzada parte ricorrente. Da tale modulo sottoscritto non si può non ritenere provata l’adesione del contraente al criterio di rimborso degli interessi secondo la loro ripartizione sul piano di ammortamento. Sostiene che sull’infondatezza del criterio di restituzione degli interessi secondo il metodo “pro rata temporis” si sono espressi anche i Collegi territoriali, sarebbe e che anche la prevalente giurisprudenza di merito ha fugato ogni dubbio circa la pretesa che il criterio di calcolo degli interessi da restituire possa prescindere dalla particolare costruzione del piano di ammortamento alla francese. Con riferimento poi alla “commissione di estinzione anticipata”, l’intermediario evidenzia che la stessa è stata infatti convinta calcolata nel rispetto delle condizioni contrattuali, essendo corrispondente all'1% del capitale residuo al momento della richiesta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamenteestinzione anticipata, e tenuto altresì conto che la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità vita residua del contratto era superiore ad un anno. Tale indennizzo oltre a rientrare nei limiti previsti normativamente è oggettivamente giustificato dagli adempimenti che insorgono per porre termine a un rapporto di fideiussione stipulato con la banca resistentefinanziamento e che impegnano diverse strutture. L’intermediario svolge, inoltre, alcune considerazioni critiche proprio in merito alla sentenza Lexitor che ritiene non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito sarebbe applicabile al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiacaso in esame, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate Direttive europee, secondo la stessa Corte di Giustizia Europea, non hanno efficacia fra privati, come confermato, con specifico riguardo alla sentenza Lexitor, dal Tribunale di Napoli con sentenza n. 10489/2019; che la Direttiva 2008/48/CE, pure nella interpretazione fornita dalla ricorrente sarebbero sentenza Lexitor, può trovare applicazione diretta nei soli rapporti verticali, non nei rapporti fra privati. Pur consapevole di esclusiva competenza delle sezioni specializzate ciò, il Collegio di coordinamento ABF (con decisione 26525/19) ha ritenuto di poter superare questo principio, interpretando il diritto nazionale in materia senso conforme ai principi affermati dalla CGUE: l’obbligo di impresa dei Tribunali Ordinari interpretazione conforme, osserva il resistente, è preclusa nel caso in cui la norma interna, come nel caso di Milanospecie, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato sia insanabilmente confliggente con la ricorrente non sarebbe comunque nullonorma sovranazionale; sostiene che il 19 marzo 2018diritto nazionale (art. 12, comma. 1 delle disposizioni preliminari al Codice Civile) impone al giudice di attenersi anzitutto al “significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” e vieta di discostarsi dal tenore letterale di una norma , ove questo sia chiaro (come confermato dalla giurisprudenza di legittimità). Neppure a seguito della concessione sentenza Xxxxxxx è quindi consentito all’interprete di un nuovo finanziamento sovvertire la chiarissima lettera dell’art. 125-sexies, comma 1, TUB; afferma che l’esecuzione acritica della sentenza Lexitor condurrebbe alla violazione di € 24.000,00 al debitore principaleprincipi fondamentali dell’ordinamento comunitario e di quello italiano quali la certezza del diritto, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data tutela del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò postolegittimo affidamento, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudizialeragionevolezza. Tra l’altro, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel meritodeterminerebbe distorsioni della concorrenza nel mercato unico europeo, il ricorso sia respintoconsiderato che l’applicazione retroattiva dell’interpretazione di cui alla sentenza Lexitor si rifletterebbe in maniera ineguale sui rapporti in essere nei paesi comunitari, a tutto svantaggio degli operatori italiani in ragione del più lungo termine di prescrizione dell’azione di ripetizione (10 anni) rispetto agli altri Paesi europei. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo L’intermediario aggiunge infine che la questione della nullità dei contratti stipulati “sentenza Lexitor, nelle sue stesse parole, è applicabile solo a valle” costi unilateralmente determinati dal finanziatore. D’altra parte, sarebbe in palese contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento civilistico italiano l’obbligo per il finanziatore di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza rimborsare al cliente costi fatturati da terzi; e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.che la sua applicazione pedissequa produrrebbe conseguenze paradossali dagli effetti imponderabili: per un decennio, infatti, la Banca d’Italia avrebbe impartito istruzioni contra legem e come evidenziato dalla nota OAM del 27.01.2020 si avranno danni ingiusti a carico degli intermediari e degli stessi consumatori. L’intermediario conclude chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto le richieste del ricorrente sono infondate in fatto e in diritto. Tanto premesso, si rileva quanto segue in

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014Il ricorrente, avrebbe stipulato con la banca resistente titolare di un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttleasing stipulato con l’intermediario resistente in data 30 settembre 2006, chiedeva nel novembre 2009 il riscatto anticipato del bene locato e la conseguente estinzione del relativo finanziamento. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 Con nota del 2 maggio 2005dicembre 2009 l’intermediario, nel comunicare l’accoglimento della richiesta, liquidava in € 14.546,00 l’importo dovuto dall’utilizzatore per l’acquisto del bene, pari all’ammontare dei venti canoni residui attualizzati (€ 11.950,71), maggiorati di IVA e spese per “estinzione anticipata” e “trapasso”. L’utilizzatore, ritenendo eccessivo l’importo liquidato, formulava reclamo nei confronti dell’intermediario in data 9 gennaio 2010. Questi replicava il 19 gennaio 2010, precisando che il contratto non prevede un’opzione di riscatto anticipato a favore dell’utilizzatore e che, in conformità alla propria prassi interna, l’importo dei canoni residui, comprensivo degli interessi maturandi, è stato attualizzato applicando un tasso di sconto dell’1%. Non soddisfatto dei chiarimenti forniti dall’intermediario, il cliente ha presentato ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario in data 8 marzo 2010. Preso atto della mancata previsione nel contratto della facoltà di riscatto anticipato e, tuttavia, dell’accoglimento della richiesta in tal senso avanzata nel caso di specie, il ricorrente si porrebbero in contrasto richiama alle “regole del mercato” e chiede l’intervento dell’Arbitro affinché: a) il prezzo di riscatto sia equamente ricondotto all’importo dei venti canoni a scadere (al momento della formulazione della richiesta), senza applicare gli interessi maturandi e/o ulteriori penalità; b) che siano forniti adeguati chiarimenti sulle spese addebitate. L’intermediario ha replicato al ricorso con controdeduzioni depositate il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art15 aprile 2010. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018Dopo aver riportato nel dettaglio le spese conteggiate (€ 11.950,71 costituiti dall’ammontare dei canoni residui, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento maggiorato di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente300 quale prezzo per l’opzione di acquisto, nonché € 171,65 per spese di estinzione e trapasso), ed aver ribadito che l’importo del credito residuo è stato attualizzato applicando un tasso dell’1%, ha sottolineato che la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio mancata previsione della facoltà di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità estinzione anticipata del contratto di fideiussione stipulato rapporto sarebbe coerente con la banca resistentepeculiare natura del leasing finanziario, generalmente caratterizzato da un piano di ammortamento di durata predeterminata, non è debitrice nei confronti coincidente di quest’ultima; -in via subordinataregola (anzi, sia accertato chedi gran lunga inferiore) rispetto alla vita economica del bene. Il riscatto anticipato sarebbe, dunque, da considerarsi operazione di natura “straordinaria”, il 7 maggio 2018cui prezzo non può non tener conto dei finanziamenti accesi dalla società di leasing per l’operazione, ha receduto da tale nonché dei tempi di ammortamento delle spese di gestione del contratto. La banca L’intermediario ha resistito al ricorsochiesto, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019perciò, il debito rigetto del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiricorso.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014chiede l’annullamento “per dolo determinante, avrebbe come previsto dall’art. 1439 del c.c.”, del contratto stipulato con la banca resistente l’intermediario convenuto nel maggio/giugno 2010, avente ad oggetto un finanziamento vincolato all’acquisto di determinati beni (mobili) presso una specifica società di arredamento (Jolly S.p.A.) in un arco temporale limitato (cinque anni). Più precisamente, si tratta di un contratto di fideiussione omnibus finanziamento collegato e accessorio ad altro contratto, in forza del quale la suddetta società di arredamento concede alla ricorrente uno sconto sul prezzo di acquisto di mobili a fronte dell’impegno della ricorrente ad acquistare in un quinquennio mobili per garantire le obbligazioni un valore non inferiore a € 2.400,00 (oltre IVA). L’operazione – che comporta dunque la stipulazione di una due contratti, l’uno con la società commerciale; • tale di arredamento e l’altro di finanziamento con l’intermediario convenuto – è stata presentata e offerta alla ricorrente da alcuni agenti della società di arredamento e la negoziazione e stipulazione dei relativi contratti è avvenuta ad opera di questi ultimi fuori sede. La ricorrente lamenta di essere stata raggirata e indotta in errore proprio dal comportamento tenuto, in fase precontrattuale e di stipulazione del contratto di finanziamento, dagli agenti della società di arredamento, sostenendo che “i raggiri usati dagli Agenti, sicuramente noti anche [all’intermediario], furono tali che, senza di essi, [la ricorrente] non sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttmai addivenuta alla stipula del [contratto con la società di arredamento] e della correlata richiesta di finanziamento sottopostale in modo chiaramente fraudolento”. 2, 6 Contestando “evidenti violazioni delle disposizioni in materia di trasparenza bancaria e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà offerte fuori sede di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018prodotti di finanziamento”, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto evidenzia in particolare di non essere stata resa edotta dei costi del finanziamento – in quanto “nessuna quota di interessi era stata pubblicizzata dall’Agente … lasciando intendere … che il finanziamento … fosse a zero costi” né le era stata fornita alcuna informazione in merito al “TAG, … XXXX … e TEG medio applicati” – e di non aver neppure ricevuto copia del contratto; • solo mediante , “né tantomeno la documentazione precontrattuale prevista dalla normativa di settore, con particolare riferimento alla trasparenza del prodotto (i.e. foglio informativo analitico, documento di sintesi. etc.:)”. Rileva inoltre la ricorrente che sulla copia del contratto inviata dall’intermediario soltanto con lettera del 10 agosto 2010 non sono neanche indicati il luogo e la data di sottoscrizione dello stesso. L’intermediario convenuto, di contro, respinge ogni addebito mosso nei suoi confronti dalla ricorrente, osservando in particolare quanto segue: (i) la ricorrente era perfettamente a conoscenza delle condizioni economiche del finanziamento e, quindi, del numero e dell’importo delle rate pattuite per il rimborso, nonché del TAN e del TAEG applicati, in quanto, tra l’altro, in data 23.6.2010 la banca inviava la lettera di accettazione del finanziamento, “ribadendo le comunicazioni periodiche della banca resistentecondizioni economiche già contenute nella domanda di intervento finanziario – sezione prospetto contabile”, secondo le quali la ricorrente avrebbe appreso dovuto restituire la somma finanziata (€ 2.800,00) “maggiorata di aver sottoscritto una fideiussione omnibusspese ed interessi contrattualmente pattuiti (TAN 13,60% e TAEG 15,50% …) mediante versamento di n. 60 rate … a decorrere dal 28.7.2010”; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, (ii) la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del compilava in ogni sua parte il contratto di fideiussione stipulato con finanziamento e approvava tutte le condizioni generali, “mediante l’apposizione di ben 11 sottoscrizioni”; (iii) l’importo finanziato veniva effettivamente erogato per intero; (iv) il Codice del Consumo (D.Lgs 206/2005) prevedeva all’epoca dei fatti di causa il diritto del consumatore di recedere “entro 10 giorni lavorativi” dai contratti di finanziamento conclusi fuori sede, ma tale diritto non veniva esercitato dalla ricorrente; (v) per quanto attiene alla mancanza della data e luogo sulla domanda di finanziamento, infine, l’intermediario precisa che tali elementi “non sono prescritti a pena di nullità” e che la banca resistentecompilazione della domanda avveniva a cura della ricorrente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in cui dunque spettava indicarli. Peraltro, in via subordinatapreliminare, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversial’intermediario eccepisce altresì l’incompetenza dell’ABF, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero la richiesta di esclusiva competenza delle sezioni specializzate annullamento “avrebbe dovuto essere proposta avanti all’Autorità Giudiziaria”, in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • ragione del collegamento negoziale tra il contratto di fideiussione omnibus stipulato finanziamento e quello con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • società di arredamento e del fatto che “il 19 marzo 2018contraddittorio dovrebbe essere esteso anche nei confronti del fornitore dei beni”, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, quale viene imputato il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialicomportamento doloso.

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FATTO. La Il ricorrente ha affermato rappresenta che: • , al fine di acquistare l’intera proprietà di un immobile di cui era già intestatario per la metà, si rivolgeva nel maggio 2016 all’intermediario resistente chiedendo la concessione di un mutuo ipotecario di € 125.000,00 a tasso fisso per la durata di 25 anni. Riferisce che, “rassicurato sulla fattibilità della concessione del credito”, procedeva a stipulare il 30 aprile 2014preliminare di compravendita dell’immobile (con l’impegno di addivenire al definitivo il 15.01.2017), avrebbe stipulato con versando l’importo di € 13.000,00 a titolo di caparra (ad oggi riscossa); nel frattempo comunicava la banca resistente un disdetta del proprio contratto di fideiussione omnibus locazione, si attivava per garantire fornire una garanzia personale e riscontrava le obbligazioni richieste dell’intermediario di presentare ulteriore documentazione. Veniva quindi informato che la sua pratica sarebbe stata seguita da una società specializzata del gruppo, la quale ne prendeva in carico la gestione da inizio ottobre 2016 e provvedeva a far stimare l’immobile, con costo di € 280,00 per la perizia a carico del ricorrente; l’immobile veniva valutato in circa € 290.000,00, di talché l’importo chiesto con il finanziamento – asserisce – risultava “inferiore alla somma concedibile pari al 95% del valore dell’immobile”. Nel corso dei mesi seguivano ripetuti solleciti all’intermediario, il quale lo rassicurava “sulla rapida conclusione dell’iter istruttorio”. Solo in data 12.01.2017, poco prima della data fissata per la stipula del definitivo, giungeva la comunicazione che il mutuo era stato deliberato, ragion per cui il ricorrente avviava le pratiche notarili e quelle per la ristrutturazione dell’immobile; le condizioni contrattuali del mutuo, tuttavia, seppur richieste non gli venivano illustrate. In data 20.01.2017 gli veniva inoltre richiesto di sostenere il costo di una società commercialepolizza “donazione”, rappresentata come “indispensabile per la concessione del mutuo”. Dalla lettura della polizza egli si avvedeva che le condizioni per il quale il finanziamento sarebbe stato erogato dall’intermediario differivano da quelle richieste: l’importo finanziato sarebbe stato di € 115.000,00 da restituire in ventidue anni; € 10.000 sarebbero stati concessi a titolo di fido. Seguivano “estenuanti trattative” che portavano alla concessione del mutuo per l’importo originariamente richiesto (di cui € 115.000,00 per l’acquisto della quota parte dell’immobile ed € 10.000 per i lavori di ristrutturazione). Gli veniva dunque richiesto di acquisire il “computo metrico” dell’immobile, con costo a suo carico; riscontrava tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti richiesta dell’intermediario fornendo i preventivi dei lavori di ristrutturazione. In data 01.02.2017 gli arttveniva inviato un prospetto dettagliato del mutuo, apprendendo così che era stato previsto un tasso d’interesse variabile in luogo di quello fisso, condizione inaccettabile per il ricorrente. 2Facevano seguito altre trattative, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIall’esito delle quali il ricorrente inoltrava il reclamo all’intermediario, i qualilamentando che la banca, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto suo comportamento “ingiustificatamente dilatorio”, violava i principi di intese restrittive correttezza e buona fede, ingenerando “una aspettativa della libertà concessione del mutuo”. Essa fissava unilateralmente condizioni più sfavorevoli per il finanziamento rispetto a quelle richieste, senza preavvertirlo e subordinando “l’erogazione del mutuo alla sottoscrizione di concorrenza che è sancito dall’artuna polizza assicurativa, allorquando era già stata data la disponibilità per una garanzia personale”; in violazione delle regole di trasparenza, ometteva di fornire il prospetto informativo ESIS dovuto per legge in ipotesi di “mutui casa”, nonché adeguate informazioni in merito alla variazione unilaterale delle condizioni del mutuo. 2 della legge n. 287 del 1990; • In data 07.03.2017 l’intermediario riscontrava il 7 maggio 2018, reclamo e comunicava la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un disponibilità a concedere il finanziamento di € 40.000,00; • 125.000,00, per la durata di 21 anni, previa sottoscrizione di una polizza donazione, condizioni che il ricorrente definisce “addirittura peggiorative rispetto a quelle deliberate in data 12.01.2017”. Parte ricorrente precisa infine che le sue doglianze “non informandola adeguatamentesono dovute alla eventuale mancata concessione del mutuo, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato che tuttavia se fosse stata comunicata con la banca resistentedovuta solerzia non avrebbe arrecato i danni lamentati (…) ma piuttosto alla circostanza che ad oggi, senza valida giustificazione, lo stesso non è debitrice sia ancora in grado di conoscere se la sua istanza possa trovare riscontro nei confronti termini e alle condizioni volute e chiaramente espresse a giugno 2016”. Richiamando i precedenti ABF in tema di quest’ultima; -in via subordinataresponsabilità precontrattuale, sia accertato cheafferma quindi la sussistenza del diritto ad ottenere il mutuo alle condizioni inizialmente concordate, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.nonché

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FATTO. La Parte ricorrente ha affermato cheesposto quanto segue: • il 30 aprile 2014- in data 25/06/2015, avrebbe stipulato stipulava con la banca resistente l’intermediario un contratto di fideiussione omnibus prestito personale; - da un’analisi effettuata, il TAEG effettivo del finanziamento risulta essere pari a 8,893%, difforme da quello contrattualmente indicato (7,44%). Tale differenza risiede nel mancato inserimento del premio dovuto a polizza assicurativa CPI obbligatoria nel calcolo del TAEG. Sussistono, infatti, gli indici di cui al Collegio di Coordinamento e in particolare: (i) la polizza ha una funzione di copertura del credito; (ii) esiste una connessione genetica e funzionale tra finanziamento e assicurazione; (iii) l'indennizzo è parametrato al debito residuo; (iv) manca nel contratto o nella documentazione informativa indicazione in chiave comparativa del diverso TAEG dovuto dal cliente in caso di adesione o meno alla copertura assicurativa; (v) esiste un vincolo dell'indennizzo direttamente in favore della banca; (vi) non è garantito il diritto di recesso dalla polizza per garantire le obbligazioni tutto il corso del finanziamento, senza costi e senza riflessi sul costo del credito. In conclusione, il cliente chiede di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttdichiarare la nullità della clausola di determinazione del TAEG e di applicare il tasso sostitutivo previsto dalla legge, con condanna alla restituzione dell’eccedenza percepita. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo Nelle controdeduzioni l’intermediario afferma quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso segue: - di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • correttamente escluso le polizze dal calcolo del TAEG, in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo quanto l’adesione alle stesse risultava del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato tutto facoltativa. A sostegno evidenzia anzitutto che in sede precontrattuale il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principalesottoscritto il modulo ‘Informazioni europee di base sul credito ai consumatori’, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, ove è indicato che non è debitrice nei confronti di quest’ultimaobbligatorio sottoscrivere una polizza per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni offerte; -in via subordinata, sia accertato che, - le polizze in esame sono da ritenersi facoltative anche in quanto non sussiste il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiavincolo a favore dell’intermediario, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero Condizioni di esclusiva competenza assicurazione prevedono che, qualora si verifichi un sinistro, le società corrispondano la prestazione all’assicurato o al beneficiario designato; - inoltre, l’assicurato ha facoltà di recedere dalle coperture assicurative nelle modalità e nei termini di cui all’art. 19 delle sezioni specializzate in materia Condizioni di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Romaassicurazione; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto- inoltre, la banca resistente ha chiesto cheaderito nel mese di giugno 2014 al Protocollo ABI/Assofin/Associazioni dei Consumatori aderenti al CNCU, che ha previsto che – nel caso di manifestate esigenze assicurative da parte del cliente – è necessario esporre nella documentazione precontrattuale del finanziamento, oltre al TAEG, anche il cosiddetto “costo complessivo del credito”, calcolato con le stesse modalità del TAEG, ma che include il costo dei servizi accessori facoltativi tra i quali quelli relativi alle polizze CPI; - in ottemperanza a tale accordo, è stata evidenziata nella documentazione precontrattuale il costo complessivo del finanziamento, con e senza la polizza: -in via pregiudizialea fronte di un TAEG pari al 7,44% (senza costo della polizza), è stato indicato un indice del costo complessivo del credito (calcolato con la stessa formula del TAEG), con inclusa la polizza CPI, pari al 10,86%. - tale comparazione dei costi è stata visionata dal ricorrente, che ha dichiarato “…di aver ricevuto un esemplare del documento Informazioni Europee di base sul credito ai consumatori, composto da 7 fogli uniti fra loro, nella copia consegnata al Consumatore, da una fascetta olografica”. I fogli 5, 6, 7 e 8 del documento, che va considerato unitario, costituiscono l’allegato che prevede la comparazione dei costi richiesta dal Collegio di Coordinamento per provare la facoltatività della polizza; - la banca allega altresì copia di alcuni moduli contrattuali nei quali non è presente alcuna copertura assicurativa. A fronte di condizioni del finanziamento assimilabili a quelle proposte al cliente, sia con riguardo all’importo erogato che al tasso applicato, l’intermediario ha quindi stipulato nel medesimo periodo contratti senza polizza. Alla luce di tali considerazioni, l’intermediario chiede il rigetto del ricorso. In sede di repliche, parte ricorrente, per quanto attiene alla prova “di aver offerto condizioni simili, senza la stipula della polizza, ad altri soggetti con il medesimo merito creditizio”, evidenzia che non risulta nella documentazione agli atti dichiarazione alcuna circa l'uguaglianza del merito creditizio degli altri soggetti. In merito all’affermazione di aver proposto al ricorrente una comparazione dei costi (e del TAEG), il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel meritocliente contesta l'avvenuta ricezione della comunicazione. D'altronde l'Intermediario non ha fornito prova dell'effettiva ricezione del documento, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF che risulta infatti privo di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialidata o firma.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • Con ricorso all’ABF protocollato il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto24/07/2014, la ricorrente ha chiesto cherappresentato quanto segue: -in via principale- nel novembre 2005 stipulava con l’odierna convenuta un prestito con delegazione di pagamento avente rata mensile di € 275,80 e durata di 120 mesi; - nel luglio 2006 stipulava con la stessa convenuta, sia accertato chein qualità di mandataria di banca terza, stante la nullità del un contratto di fideiussione stipulato finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio avente rata di € 247,00 e durata di 120 mesi; - nel dicembre 2009 estingueva anticipatamente entrambi i prestiti, dopo il versamento rispettivamente di 49 rate per il prestito con delegazione di pagamento e di 40 rate per il prestito contro cessione del quinto della retribuzione; - in data 11/06/2014, presentava reclamo all’intermediario per la banca resistenterestituzione dei costi ricorrenti del prestito non ristornati in sede di estinzione anticipata, senza ottenere riscontro; - secondo l’orientamento consolidato dei Collegi ABF, nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere restituita la quota delle commissioni e del premio assicurativo non è debitrice nei confronti maturata nel tempo; - avuto presente il quadro normativo in punto di quest’ultimaestinzione anticipata del credito al consumo, anche con riferimento alla disciplina in materia assicurativa, e considerati i richiami della Banca d’Italia in materia, con le Comunicazioni del 10 novembre 2009 e del 7 aprile 2011, nel caso di specie le commissioni applicate “includono eterogenee causali di spesa, che non sono tutte riferibili ad attività prodromiche alla conclusione ed erogazione del prestito, determinando quella «opacità informativa o deficit di trasparenza» che induce a liquidare le somme da restituire, secondo il generale criterio di proporzionalità” rispetto all’importo integrale delle singole voci di costo; -in via subordinata- in specifico, sia accertato cheal prestito contro cessione del quinto dello stipendio sono stati applicati i seguenti oneri: commissioni bancarie € 1.034,44; commissioni intermediario € 2.193,36; commissioni agente/mediatore creditizio € 296,40; costi assicurativi € 1.023,68; con il seguente calcolo del “valore da rimborsare”, in applicazione del criterio pro rata temporis: € 689,62 per commissioni bancarie; € 1.462,24 per commissioni intermediario; € 197,60 per commissioni agente/mediatore creditizio; € 682,45 per oneri assicurativi; - al prestito con delegazione di pagamento sono stati applicati i seguenti oneri: commissioni di gestione € 1.456,22; commissioni agente/mediatore creditizio € 1.489,32; costi assicurativi € 2.150,96; con il 7 maggio 2018seguente calcolo del “valore da rimborsare”, ha receduto da tale contrattoin applicazione del criterio pro rata temporis: € 861,59 per commissioni di gestione, € 881,18 per commissioni agente/mediatore creditizio; € 1.272,65 per oneri assicurativi. La banca ha resistito al ricorsoricorrente ha, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito pertanto, chiesto all’ABF il rimborso della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento somma di € 24.000,00 6.047,33, oltre a interessi al debitore principaletasso legale da calcolarsi a partire dal giorno dell’estinzione anticipata del prestito; con distrazione di parte delle somme a favore del procuratore dell’istante. Benché sollecitata dalla S.T., la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data convenuta non ha presentato le sue controdeduzioni. ll ricorso è stato esaminato nella riunione del 25 novembre 201905/03/2015, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, ad esito della quale il Collegio ABF ne ha disposto la sospensione, richiedendo alla parte più diligente di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità produrre copia integrale dei contratti stipulati di finanziamento. La parte resistente non ha riscontrato la richiesta. La parte ricorrente ha comunicato di non possedere copia della a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialidocumentazione integrale”.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014ricorrente, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso premesso di aver sottoscritto con l’intermediario due distinti contratti di finanziamento, ambedue estinguibili in 120 rate mensili, con decorrenza da ottobre 2014, riferisce quanto segue: in occasione dell’accensione del primo finanziamento, nr. ***516, provvedeva al pagamento di € 10.361,04 a titolo di interessi e di € 600,00 a titolo di spese d’istruttoria; il suddetto finanziamento veniva estinto anticipatamente nel novembre 2018, in corrispondenza della rata nr. 50, con conseguente riduzione degli interessi pari ad € 3.965,76; in occasione dell’accensione del secondo prestito, nr. ***517, la stessa provvedeva al pagamento di € 5.074,64 a titolo di interessi e di € 600,00 a titolo di spese d’istruttoria; il suddetto finanziamento veniva estinto anticipatamente nel giugno 2020, in corrispondenza della rata nr. 69, con conseguente riduzione degli interessi pari ad € 1.103,01. Evidenzia che con riguardo ad entrambi i rapporti non le venivano restituite integralmente le spese non maturate fino alla scadenza dei contratti. Ricorda che, in proposito, la sentenza della CGUE dell’11/09/2019, causa C-383/18, ha stabilito che in sede di estinzione anticipata spetta al cliente una fideiussione omnibusproporzionale restituzione del costo totale del credito, compresi i costi che non dipendono dalla durata del contratto; che in precedenza, sarebbe stata infatti convinta maniera conforme si è espresso anche il Collegio di Coordinamento ABF (cfr. dec. 525/2019). Precisato di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso esperito infruttuosamente i reclami relativi ai rapporti in questione, ha deciso chiede il rimborso dei seguenti importi: € 230,64, per le spese di sottoporne l’esame istruttoria relative al contratto n. **516; € 130,44, per le spese di istruttoria relative al contratto n. **517; oltre € 20,00 per le spese di procedura. L’intermediario, nelle controdeduzioni, conferma che, con lettere di reclamo del 12/10/2020, la Cliente chiedeva il rimborso delle spese di istruttoria non godute a questo Collegioseguito dell’estinzione anticipata di due finanziamenti, ritenendo nr. **516 e nr. **517, rispettivamente in corrispondenza della rata n. 50 e della rata n. 69; precisa che tali spese non sono state rimborsate in quanto legate ad attività svolte in una fase antecedente e prodromica alla concessione del finanziamento; afferma che la questione pronuncia della nullità Corte di Giustizia Europea non ha efficacia diretta negli ordinamenti nazionali, e sarebbe limitata al rimborso dei contratti stipulati “a valle” soli costi dovuti per la vita residua del contratto, tra cui non rientra il costo per istruttoria. Ciò premesso, chiede di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza respingere il ricorso in quanto infondato in fatto e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiin diritto.

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FATTO. La Con ricorso in data 26/11/2020, la ricorrente ha affermato cheesposto: • il 30 aprile 2014, avrebbe — di aver stipulato con la banca l’intermediario resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commercialefinanziamento contro cessione del quinto della pensione, poi estinto anticipatamente; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo presentato reclamo all’intermediario chiedendo il rimborso del 50% di un finanziamento complessivo importo di € 40.000,001.693,42 a titolo di restituzione delle commissioni e dei premi assicurativi versati anticipatamente e non maturati per effetto dell’estinzione anticipata del finanziamento stesso e di € 100,14 a titolo di restituzione della “penale d’estinzione”; • non informandola adeguatamente— che “la penale d’xxxxxxxxxx, di cui si chiede la banca resistente avrebbe pertanto violato restituzione integrale, risulta addebitata in violazione dell’articolo 125 sexies TUB, comma 3, lettera D”; — che l’intermediario aveva riscontrato il principio reclamo offrendole la somma di buona fede€1.693,42. Ciò postoInsoddisfatta del riscontro dato dall’intermediario al reclamo, la ricorrente ha chiesto che: -in via principaleal Collegio di accertare il suo diritto alla restituzione di tutti gli importi indicati nel reclamo stesso, sia accertato cheoltre interessi legali. Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario ha affermato che il finanziamento è stato concluso prima che entrasse in vigore l’art. 125-sexies TUB; ha ribadito l’offerta dell’importo complessivo di € 1.714,06, stante di cui € 1.176,05 a titolo di restituzione della quota non maturata delle “commissioni intermediario incaricato”, € 78,83 a titolo di restituzione della quota non maturata degli “oneri e spese istruttorie”, € 439,18 a titolo di rimborso del “premio assicurativo” e € 20,00 a titolo di rimborso delle spese per la nullità presentazione del ricorso. Ha affermato, altresì, che la penale di estinzione anticipata è stata correttamente applicata per cui non deve essere restituita. Su quest’ultimo punto, ha fatto presente che in relazione al contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiacui trattasi, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate antecedente all’entrata in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanovigore dell’art. 125-sexies TUB, Napoli e Romatroverebbe applicazione la Delibera CICR 8 luglio 1992, art. 3, comma n.1, in cui era previsto che “Il consumatore ha sempre la facoltà dell’adempimento anticipato; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018tale facoltà si esercita mediante versamento al creditore del capitale residuo, degli interessi ed altri oneri maturati fino a seguito della concessione quel momento e, se previsto dal contratto, di un nuovo finanziamento compenso comunque non superiore all’uno per cento del capitale residuo”. Risulterebbe pertanto la natura novativa e non ricognitiva dell’art. 125-sexies introdotto dal D. Lgs. n.141/2010. Ha precisato inoltre che nell’art. 9 del regolamento contrattuale, conformemente alla normativa vigente all’epoca della stipula del contratto, è previsto per il caso di anticipata estinzione un “compenso pari all’1% del capitale residuo”. Ciò premesso, l’intermediario ha chiesto che sia dichiarata la parziale cessazione della materia del contendere, nonché il rigetto della domanda di rimborso della commissione di estinzione anticipata. La ricorrente, in replica alle controdeduzioni dell’intermediario, si è limitata a confermare di aver ricevuto dall’intermediario la somma di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali1.714,06.

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FATTO. La ricorrente ha affermato I ricorrenti censurano, prima di tutto, il contegno tenuto dalla banca resistente durante le trattative contrattuali volte alla concessione di un mutuo ipotecario prodromico all’acquisto e alla ristrutturazione di un immobile da adibire a prima casa; al contempo, lamentano l’eccessiva onerosità di un affidamento alternativo sottoscritto con l’istituto resistente in attesa dell’erogazione del prestito principale. In particolare, in base alla dinamica riferita dagli istanti, i clienti avanzavano nei confronti dell’intermediario una richiesta per la concessione di mutuo. Poiché al momento del rogito il finanziamento non era stato ancora deliberato, i proponenti, in data 25 giugno 2013, acconsentivano a sottoscrivere – “come suggeritogli dalla direzione della filiale” –, un’apertura di credito in conto corrente a tempo determinato di euro 35.000,00, in seguito rinnovata “in più occasioni”. Perdurando la situazione, i clienti intimavano alla banca, a mezzo del proprio legale di fiducia, di concludere l’istruttoria a suo tempo avviata per la concessione del mutuo ipotecario. L’intermediario respingeva ogni richiesta di controparte evidenziando che l’erogazione non avrebbe potuto essere accordata a causa dell’inagibilità dell’immobile compravenduto; asserzione, quest’ultima, che i ricorrenti dichiarano non corrispondere a verità, come risulta peraltro dalla certificazione di inizio attività edilizia datata 21 agosto 2013 e dall’attestazione – anch’essa prodotta in atti – redatta da un tecnico professionista operante nel comune di localizzazione del fabbricato. I clienti, preso atto dell’ostruzionismo della banca, chiedono pertanto all’Arbitro di disporre la conclusione dell’istruttoria per la concessione del mutuo. In via subordinata, i proponenti – considerando che “stanno già provvedendo a pagare il debito mediante versamenti [periodici] in misura abnorme e con interessi elevati” – invocano un ridimensionamento delle rate mensili, da ricondurre a misura congrua alle proprie condizioni economiche; al contempo, chiedono di dichiarare compensato, con quanto già pagato a titolo di “interessi elevati [...] ma non dovuti”, il residuo debito derivante dagli affidamenti accesi. Alle contestazioni replica la convenuta. L’istituto di credito osserva, prima di tutto, come, a seguito di richiesta dei ricorrenti volta alla concessione di un mutuo, il tecnico incaricato della valutazione dell’immobile effettuò sopralluogo e nel mese di aprile 2013 rilasciò il rapporto di xxxxxxx – allegato alle controdeduzioni –, certificando che il fabbricato non era “immediatamente utilizzabile”. Il perito, altresì, non attribuiva alcun valore di mercato prudenziale ai fini fondiari. Precisa l’intermediario che: • , non avendo l’immobile in questione l’agibilità, non poteva essere istruita la pratica di mutuo. “Al fine di agevolare i clienti”, che si erano impegnati a svolgere quei lavori di manutenzione/ristrutturazione necessari all’ottenimento dell’agibilità sul bene oggetto di investimento e per consentire loro di “far fronte agli impegni assunti con il venditore”, fu concessa agli istanti, “dietro loro espressa richiesta”, un’apertura di credito in conto corrente, dell’importo di euro 35.000,00, con scadenza al 30 aprile ottobre 2013, “termine entro il quale avrebbero effettuato i lavori necessari”. Alla scadenza del 30 ottobre non era stato effettuato alcun tipo di intervento sull’immobile. L’affidamento fu quindi prorogato al 31 dicembre 2013, su richiesta dei clienti, con l’intesa che entro tale data si sarebbero dovuti effettuare i lavori programmati per la sistemazione del fabbricato. Decorso senza novità il termine del 31 dicembre 2013, la filiale chiese l’autorizzazione agli organi deliberanti per una linea temporanea “a fronte dello sconfinamento non rientrato” e, contestualmente, propose una nuova perizia con conferimento incarico nel febbraio 2014 e sopralluogo effettuato nel marzo successivo. Dal documento in atti rilasciato dal tecnico emerge come “nessun lavoro fosse stato eseguito”. A fronte di tale situazione la posizione riceveva valutazioni negative sia interne alla banca, che dalla compagnia assicurativa. A causa del mancato rientro negli obblighi contrattuali derivanti dall’apertura di credito, nonché del mancato perfezionamento dei lavori necessari per ottenere l’agibilità dell’immobile, l’istituto intimava alle controparti, in data 14 agosto 2014, avrebbe stipulato il pagamento del dovuto, cui fece seguito la sottoscrizione di un piano di rientro, poi non rispettato dai ricorrenti, tanto da indurre la resistente a segnalare la posizione in vertenza alla struttura di recupero del credito. Xxxxxxx, inoltre, la convenuta che, come dimostrano gli allegati estratti conto al 31 dicembre 2014 e al 31 dicembre 2015, i proponenti non hanno mai provveduto “ad alcun versamento cui si erano impegnati”. Nel merito, aggiunge la convenuta, che i clienti giudicano non fondate le perizie effettuate in aprile 2013 e in marzo 2014. Per opporsi a tali valutazioni peritali, i ricorrenti esibiscono una “attestazione” – datata 26 marzo 2013, quindi prima del rapporto intercorso con la banca resistente – di un contratto geometra che, però, in nessuna parte del documento afferma l’agibilità dell’immobile, bensì attesta la possibilità di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni ampliamento “solamente in base alle leggi Regional[i]” e che lo stesso era utilizzato dalla parte venditrice e dal marito “come abitazione di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttcampagna”. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018Tutto ciò premesso, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistenteresistente ritiene che nessuna responsabilità o violazione possa essergli contestata, la ricorrente avrebbe appreso e chiede dunque all’Arbitro il rigetto di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiogni pretesa prospettata dalle controparti.

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FATTO. La parte ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014riferisce di avere stipulato in data 20.1.2017, avrebbe stipulato con la banca resistente in qualità di consumatore, un contratto di fideiussione omnibus finanziamento per garantire l’importo complessivo di euro 40.000,00; il contratto precisava l’importo del capitale finanziato di euro 40.000,00 e l’importo erogato di euro 39.600,00 (dalla cui differenza si desume una spesa di istruttoria pratica di euro 400,00); quindi l’importo della rata costante di euro 434,11 e la durata mensile di 120 rate (da cui si desume l’importo totale del credito di € 52.093,20 e quello degli interessi sull’operazione di € 12.093,20); al contratto non era allegato alcun piano di ammortamento, non era, inoltre, indicato il regime finanziario applicato, non si menzionava il modo in cui sarebbero stati calcolati gli interessi; non si precisava il divisore annuo (se anno civile 365 gg. ovvero anno commerciale 360 gg.); non si indicava l’importo del tasso periodico equivalente; dal testo non si ravvisavano fattori in grado di far risalire agli elementi mancanti; l’art. 2 delle condizioni generali, nel disciplinare gli interessi, non precisava nulla in merito alla base mensile e al regime finanziario applicato; il contratto, pertanto, non rispetta il Provvedimento Banca d’Italia del 9.2.2011 n. 50863 in tema di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, vigente all’epoca della stipula del contratto; i piani di ammortamento “alla francese” (quale è quello oggetto della controversia) utilizzati dagli istituti bancari fanno scaturire l’importo della rata da una formula di matematica finanziaria che sviluppa esclusivamente il regime di capitalizzazione composta. Va precisato che non è algebricamente ammissibile che nello stesso piano di ammortamento possano convivere gli algoritmi di due diversi regimi finanziari; pertanto se un piano viene originariamente elaborato in regime composto, i relativi interessi non potranno assolutamente rappresentare la risultanza del calcolo in regime di capitalizzazione semplice, ma saranno il frutto del calcolo in regime composto e la risultanza di questa composizione sarà già insita nell’importo della rata; pur non essendo espressamente indicato nel contratto, l’imputazione della rata scaturisce dalla seguente formula matematica: ; il piano di ammortamento è da ritenersi perfetto ogniqualvolta rispetti le obbligazioni condizioni di chiusura e di equità finanziaria. La condizione di chiusura verifica la correttezza del piano di ammortamento dal punto di vista della restituzione (per cui la somma delle singole quote capitale deve essere uguale al capitale prestato); la condizione di equità finanziaria verifica invece la correttezza dal punto di vista della remunerazione (per cui ogni quota capitale deve rappresentare il valore attuale di ogni singola rata e la somma dei valori attuali deve essere pari al capitale prestato); questa digressione è necessaria alla comprensione del fenomeno anatocistico nell’ammortamento alla francese; anche la determinazione della quota interessi sia la risultanza dello sviluppo di una società commercialeformula di matematica finanziaria: ; per espressa disposizione normativa (art. 821 c.c.) «I frutti civili si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto». Il principio generale del nostro ordinamento stabilisce quindi che gli interessi debbano essere improntati ad un criterio di proporzionalità in rapporto al capitale e al tempo. Il regime finanziario che esprime esclusivamente la linearità di questa proporzione è quello dell’interesse semplice; invece, nel piano di ammortamento “alla francese” del ricorrente ogni singola rata comprende una quota capitale sommata ad una quota interessi che tuttavia non viene calcolata in modo proporzionale come stabilisce la legge (art. 821 c.c.), ma in modo esponenziale. Gli interessi vengono moltiplicati per sé stessi tante volte quante sono le rate residue; generalmente nei mutui viene indicato il tasso in misura annuale, ma le operazioni vengono effettuate su scala temporale mensile. Per questo motivo occorre porre l’attenzione su come confrontare operazioni effettuate su scale temporali differenti e quindi come trasformare un’operazione di finanziamento (che nel nostro caso prevede interessi annuali del 5,50%) in una operazione che preveda interessi mensili. Il principio matematico di base per effettuare questi confronti è noto come principio di equivalenza finanziaria; molto spesso le parti si accordano accettando la convenzione commerciale secondo cui l’anno viene considerato di 360 giorni ed ogni mese costituito da 30 giorni. Ovviamente questa convenzione, avendo un denominatore inferiore rispetto alla formula dell’anno civile, offre un risultato più conveniente per il soggetto finanziatore che la propone; il contratto oggetto della controversia non precisa assolutamente il divisore commerciale da 360 giorni ma la banca lo ha arbitrariamente applicato; nel contratto, pertanto, oltre all’anatocismo matematico prodotto dalla naturale composizione degli interessi, vi è anche una quota di anatocismo occulto scaturita dalla surrettizia applicazione di un tasso periodale mensile [0,458%] più alto di quello che sarebbe stato effettivamente corretto applicare [0,447%]; l’applicazione del regime finanziario composto in un contratto dove non si è pattuita alcuna deroga al regime finanziario semplice, considerato che il TAN ed il TAEG per loro natura non tengono conto del fattore di composizione degli interessi, rende indeterminabile l’oggetto del contratto e produce l’invalidità dell’originaria clausola di interessi, ai sensi dell’art. 117, c. 7, TUB. La parte ricorrente chiede di ordinare all’intermediario la rideterminazione dell’intero piano di ammortamento (120 rate) a tasso fisso nella misura del tasso medio dei BOT emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto. Costituitosi ritualmente l’intermediario precisa ed eccepisce che: a) con il contratto n. ***533 del 20.1.2017 è stata finanziata la somma di euro 40.000 da rimborsarsi in 120 rate da euro 434,11 al TAN del 5,50% con TAEG del 5,88%; b) parte ricorrente chiede a codesto spettabile Arbitro Bancario Finanziario di valutare la correttezza del piano di rimborso applicato con un’indagine che richiederebbe lo svolgimento di una consulenza tecnica, attività estranea al perimetro di cognizione dell’ABF. Infatti, come da disciplina in materia e consolidato orientamento di tutti i Collegi, si definisce “controversia” una contestazione relativa a operazioni e servizi bancari e finanziari, mentre il generico accertamento della correttezza di conteggi e criteri di calcolo degli interessi fuoriesce da tale nozione; c) nel merito, in fase di sottoscrizione del contratto, il ricorrente ha attestato di aver ricevuto adeguata informativa precontrattuale mediante la consegna del PIES; esso contiene l’attestazione del ricorrente di aver ricevuto, già in tale fase, il piano di ammortamento del finanziamento; d) il contratto sarebbe tuttavia nullorisulta completo in tutte le sue parti e regolarmente sottoscritto dal cliente, con specifica approvazione dell’articolo 2 relativo alle modalità e ai termini di rimborso; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. e) il succitato articolo 2, 6 oltre a sancire il diritto del cliente ad ottenere, in qualsiasi momento e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIsenza costi, i qualiil piano di ammortamento, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia prevede esplicitamente che “gli interessi corrispettivi sono calcolati mediante il provvedimento n. 55 piano di ammortamento “alla francese” (…) a rate mensili costanti con quote crescenti di capitale e quote decrescenti di interessi”; non residuano, pertanto, profili di indeterminatezza; f) nel piano di ammortamento alla francese con rate mensili posticipate, gli interessi computati nella rata sono semplici e vengono calcolati mese per mese solo sul capitale residuo del 2 maggio 2005finanziamento al mese precedente; nel capitale non vengono mai inclusi gli interessi e che quindi non maturano a loro volta interessi; g) pertanto, non vi è alcuna capitalizzazione composta, né alcun fenomeno anatocistico; h) inoltre, non vi è alcuna previsione normativa che impone di esplicitare contrattualmente il regime di capitalizzazione adottato; i) in merito all’invocata applicabilità dell’art. 125-bis comma 7 del T.U.B., preme ricordare che essa si porrebbero in contrasto con riferisce alla difformità tra TAEG effettivo e TAEG contrattuale, quale non è il divieto caso di intese restrittive della libertà specie; allo stesso modo non possono trovare applicazione le previsioni di concorrenza che è sancito dall’artcui all’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018117 comma 7, T.U.B, non potendosi contestare, nella documentazione contrattuale, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso mancanza di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta qualsivoglia indicazione circa “il tasso di aver garantito fino al massimo del 50% interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati”. Alla luce di un finanziamento quanto sopra l’intermediario chiede di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato dichiarare inammissibile il principio di buona federicorso. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza Seguono repliche delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiparti.

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FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014Il ricorrente, avrebbe stipulato con intestatario di due rapporti di conto corrente presso la banca resistente convenuta, contesta l’esistenza del divieto di effettuare versamenti successivi al primo, sul proprio conto corrente, chiedendo che siano rifusi i danni economici derivanti. Più precisamente, i clienti sono cointestatari presso la convenuta di due conti correnti: contratto n. 208/1688 del 16.12.2011 e contratto n. 208/1690 del 19.12.2011. Per ciascuno dei contratti nella stessa data di apertura, veniva sottoscritto un “Accordo di modifica delle condizioni economiche”, con particolari condizioni di tasso per diversi periodi e a scadenza. Con riferimento al contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABIc/c n. 1690, i qualiricorrenti affermano che in data 01.03.2012 “contemporaneamente al rimborso di alcuni titoli [si sono] rivolti al private banker (…) per chiedergli di trasferire il ricavato dei rimborsi predetti sul c/c 1688 [il private banker…] rispose che il conto 1688 non poteva essere integrato con altri versamenti”. Sempre i ricorrenti asseriscono di aver chiesto, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante alla scadenza del periodo di validità delle condizioni temporanee, di dar corso alle loro richieste di trasferimento, e di aver disposto affinché alla scadenza del c/c n. 1690, il provvedimento saldo venisse trasferito sul c/c n. 55 del 2 maggio 20051688; Xxxxx affermato di aver ricevuto conferma dal responsabile che il c/c n. 1688 non poteva essere “integrato”. Il responsabile della filiale ha però ammesso “che i contratti medesimi presentano errori”. Il ricorrente e i cointestatari che hanno aderito al ricorso, si porrebbero in contrasto con hanno sostenuto di non essere stati informati circa il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge effettuare versamenti successivi al primo sul c/c n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia1688, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanocaratteristiche del rapporto n.1690 sono identiche a quelle del rapporto 1688, Napoli quindi stessa modulistica contrattuale con l’unica variante del tasso creditore concesso fino al 19.03.2012.”. Hanno altresì affermato che “nessun divieto espresso è contenuto nei contratti che riguardano ulteriori versamenti o giroconti”. Inoltre, le caratteristiche e Roma; • il la specifica operatività del rapporto n. 1688 “sono condensate nel foglio – allegato al comunissimo contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nulloconto corrente - che porta per oggetto: accordo di modifica delle condizioni senza effetti novativi”; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, supporto delle proprie motivazioni hanno affermato che la banca resistente ha chiesto chenon avrebbe dovuto allegare al contratto “il documento di sintesi con l’indicazione di spese per bonifici, fidi assegni, valuta versamenti, etc…se queste operazioni non sono fattibili”. Con ricorso protocollato il 30.05.2012 i ricorrenti hanno chiesto: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta ➢ “l’accertamento dei diritti” ➢ Il risarcimento del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.danno subito costituito da:

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FATTO. La Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente ha affermato che: • lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il 30 aprile 2014ricorrente di essere contitolare, avrebbe stipulato insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la banca resistente un contratto seguente motivazione: “manca la scelta di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli arttrinegoziazione”. 2Lamentava, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante dunque il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, ricorrente che il comportamento dell’intermediario si porrebbero è dimostrato in contrasto con il divieto dovere di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di correttezza e buona fede. Ciò postoL’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la ricorrente ha chiesto cherichiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: -in via principalein particolare, sia accertato nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, stante al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la nullità concessione del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistentecredito, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinatasottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, sia accertato che, l’intermediario deduceva che il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, a seguito della concessione venendo meno all’onere di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del terminecui all’art. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territoriali.2697 c.c..

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FATTO. Le doglianze della ricorrente hanno ad oggetto: i) la mancanza di informativa sia al momento della stipula sia in corso di rapporto relativamente ad una fideiussione omnibus rilasciata dalla ricorrente a favore della banca convenuta; ii) il mancato accoglimento delle proposte dell’istante di sistemazione dell’esposizione debitoria garantita e di altro debito derivante da scoperto di conto corrente. Più precisamente, in data 28.05.2008 la ricorrente ed il coniuge rilasciavano una fideiussione omnibus fino a concorrenza dell’importo di € 30.000,00 a favore di un intermediario oggi incorporato nell’odierna parte resistente. Successivamente il marito decedeva, lasciando quali eredi le figlie cointestatarie del ricorso, di cui una delle due, a sua volta, contitolare (unitamente a terzo) di conto corrente acceso presso l’intermediario convenuto. La ricorrente ricorrente, assistita da un legale, ha affermato cherappresentato quanto segue: • il 30 aprile 2014“al momento della sottoscrizione, avrebbe stipulato non era stato chiarito loro che invece di una fideiussione per uno scoperto di conto, stavano sottoscrivendo una fideiussione di carattere generale”; • l’iniziale scoperto di conto corrente per € 30.000,00 della debitrice principale è stato ripianato con la stipula di un prestito personale, perciò venivano chiesti alla banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commercialechiarimenti, nonché la revoca della fideiussione; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2avendo ottenuto una risposta insoddisfacente, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 con messaggio PEC del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 201810.07.2013 (reclamo), la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contrattoformulava una proposta transattiva consistente: a) quanto alla fideiussione di € 30.000,00 in “un piano di rientro di € 7.500,00 in 36 mesi ad interessi zero (€ 15.000,00 infatti sono coperti da convenzione […] al 50%) e la liberazione dalla fideiussione generale vista la mancata chiarezza del direttore della filiale al momento della sottoscrizione” e la mancata consegna delle periodiche comunicazioni di trasparenza a tutti i fideiussori; b) quanto allo scoperto di conto corrente di titolarità di una delle cointestatarie del ricorso unitamente a soggetto terzo (convivente della garantita), per circa € 3.000,00, nel versamento di € 1.500,00 “con liberazione e cancellazione da tutte le banche dati di rischio”; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistentel’intermediario, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenzatuttavia, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato forniva riscontro. Con ricorso protocollato il principio di buona fede. Ciò posto, 13.11.2013 la ricorrente ha chiesto cheall’ABF: -in via principale- che “venga revocata la fideiussione generale e che per lo scoperto di € 30.000,00, sia accertato chedal momento che vi è stata nei primi mesi del 2009 ulteriore garanzia fideiussoria specifica [della madre della garantita], stante venga accolto il proposto piano di rientro di - “di trovare una soluzione transattiva allo scoperto di conto di € 3.000,00 [di una delle cointestatarie del ricorso], mediante il versamento da parte della stessa dell’importo di € 1.500,00 (pari al 50%) con cancellazione di tutti i negativi sulle banche dati e la nullità liberazione dell’altra metà che continuerebbe a gravare” sull’altro contitolare del contratto rapporto. Nelle proprie controdeduzioni, trasmesse con PEC del Conciliatore Bancario Finanziario in data 11.12.2013, l’intermediario ha preliminarmente sollevato l’eccezione di incompetenza temporale dell’ABF limitatamente alle doglianze relative alla fase di stipula della fideiussione stipulato con oggetto di controversia. Sempre nelle controdeduzioni parte resistente ha riportato il contenuto di una propria missiva del 20.12.2012, indirizzata al legale dell’istante, ove aveva osservato quanto segue: - nel maggio 2008 la banca resistenteoriginaria concedeva alla garantita uno scoperto di conto corrente transitorio di € 25.000,00, non è debitrice nei confronti garantito da fideiussione generica rilasciata dalla ricorrente e dal coniuge, “con scadenza 30 settembre 2008, nelle more della formalizzazione di quest’ultimafinanziamento […] in convenzione” finalizzato a rilevare un’attività di commercio; -in via subordinata, sia accertato che, - alla scadenza prefissata del 30.09.2008 il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversiaconto corrente garantito rimaneva tuttavia sconfinato, in quanto l’operazione di finanziamento non era ancora stata perfezionata; - nei primi mesi del 2009, la concessione dello scoperto di conto corrente transitorio veniva sostituita da 2 finanziamenti a medio termine (di cui uno per € 18.000,00 e l’altro per € 22.000,00), garantiti con fideiussione specifica della madre della debitrice e, “nell’ambito di consolidamento di una maggiore garanzia, come nelle previsioni contrattuali, la struttura deputata [aveva] ritenuto di non liberare” dalla fideiussione la ricorrente ed il coniuge; - la debitrice cessava, però, il rimborso di entrambi i finanziamenti dopo il pagamento della rata di preammortamento e della prima rata di ammortamento; - “atteso che le violazioni intenzioni [della ricorrente] dovevano essere esplicitate nell’atto originario ovvero alla morte del[l’altro] fideiussore”, la garanzia era valida e, “in ogni caso, eventuali revoche non potevano avere effetti retroattivi”. Tanto rappresentato, parte resistente ha affermato: - di aver “adempiuto completamente alle richieste dei divieti antitrust allegate ricorrenti informandoli compiutamente e contestualmente al rilascio della fidejussione”; - di aver dato la propria disponibilità “per trovare soluzioni di reciproca soddisfazione, disponibilità che, comunque, è stata totalmente disattesa dai ricorrenti”; - di avere comunque “piena libertà di valutazione circa l’accettazione o meno della richiesta dei ricorrenti”. La convenuta ha chiesto all’ABF di “voler considerare esaurito il motivo del contendere”. Il procuratore della ricorrente ha replicato che: - “nulla viene detto sulla mancanza di informativa […] circa la natura dell’atto che [la ricorrente stessa ed il marito] stavano firmando, cioè di fideiussione generica […] e non specifica (cioè limitata al solo credito che veniva concesso alla [garantita])”; - “nulla viene, altresì, detto circa la omessa comunicazione annuale (doverosa da parte della Banca) a tutti i soggetti che avevano rapporti con essa, circa l’andamento della Fideiussione”; - la cliente non è stata in grado di manifestare le sue intenzioni, poiché “al momento della morte [dell’altro fideiussore] nulla è stato comunicato […] dalla ricorrente sarebbero banca sulla esistenza, la natura e circa l’andamento della Fideiussione”; - nessuna soluzione è stata proposta dal direttore della filiale competente, che ha solo suggerito di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia rivolgersi all’ABF; - sull’eccezione di impresa dei Tribunali Ordinari di Milanoincompetenza temporale dell’ABF, Napoli e Roma; • “solo il contratto è stato firmato in data anteriore, mentre tutti gli atti e comportamenti successivi rientrano nel pieno vigore dell’Arbitrato”. Il legale ha ancora segnalato la “condotta deontologicamente scorretta” della convenuta per aver inviato delle intimazioni di fideiussione omnibus stipulato con pagamento alla ricorrente, in relazione al mancato rimborso dei finanziamenti concessi alla garantita, nelle more del procedimento innanzi all’ABF. Infatti, in data 11.02.2014 è stato richiesto anche alla ricorrente il pagamento di complessivi € 46.000,00 circa, esposizione della ditta garantita. In sede di replica la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Collegio, ritenendo che la questione l’adozione dei “provvedimenti sanzionatori ritenuti più opportuni nei confronti della nullità dei contratti stipulati “a valle” di un’intesa anticoncorrenziale sia di particolare importanza e volendo evitare l’insorgere di contrasti interpretativi con altri Collegio territorialiBanca”.

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