FATTO Clausole campione

FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto,...
FATTO. La ricorrente ha affermato che: • il 30 aprile 2014, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di fideiussione omnibus per garantire le obbligazioni di una società commerciale; • tale contratto sarebbe tuttavia nullo; • nelle sue clausole sarebbero infatti riprodotti gli artt. 2, 6 e 8 dello schema uniforme predisposto dall’ABI, i quali, secondo quanto accertato dalla Banca d’Italia mediante il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005, si porrebbero in contrasto con il divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza che è sancito dall’art. 2 della legge n. 287 del 1990; • il 7 maggio 2018, la ricorrente avrebbe receduto dal suddetto contratto; • solo mediante le comunicazioni periodiche della banca resistente, la ricorrente avrebbe appreso di aver sottoscritto una fideiussione omnibus; • in precedenza, sarebbe stata infatti convinta di aver garantito fino al massimo del 50% di un finanziamento di € 40.000,00; • non informandola adeguatamente, la banca resistente avrebbe pertanto violato il principio di buona fede. Ciò posto, la ricorrente ha chiesto che: -in via principale, sia accertato che, stante la nullità del contratto di fideiussione stipulato con la banca resistente, non è debitrice nei confronti di quest’ultima; -in via subordinata, sia accertato che, il 7 maggio 2018, ha receduto da tale contratto. La banca ha resistito al ricorso, affermando che: • questo Arbitro non potrebbe pronunciarsi nel merito della controversia, in quanto le violazioni dei divieti antitrust allegate dalla ricorrente sarebbero di esclusiva competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa dei Tribunali Ordinari di Milano, Napoli e Roma; • il contratto di fideiussione omnibus stipulato con la ricorrente non sarebbe comunque nullo; • il 19 marzo 2018, a seguito della concessione di un nuovo finanziamento di € 24.000,00 al debitore principale, la ricorrente avrebbe dichiarato di tener ferma la fideiussione rilasciata; • alla data del 25 novembre 2019, il debito del debitore principale sarebbe ammontato a € 17.465,00; • non sarebbe stata comunicata a tale debitore alcuna decadenza dal beneficio del termine. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -in via pregiudiziale, il ricorso sia dichiarato inammissibile per materia; -nel merito, il ricorso sia respinto. Nella seduta del 26 marzo 2020, il Collegio ABF di Roma, il quale era territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, ha deciso di sottoporne l’esame a questo Coll...
FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il versamento alla procedura concordataria della somma di € 28.154,46 e di tutte le somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di trattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, ritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla pr...
FATTO. Con atto introduttivo di arbitrato in data 23.2.2018, la Società a r.l. Centria, ai sensi della clausola compromissoria contenuta nell’art. 23 del contratto del 17.9.2002, stipulato da essa società con i Comuni di Montevarchi, Caviglia, Figline e Incisa Valdarno designava in seno al costituendo Collegio arbitrale quale proprio arbitro l’avv. Xxxx Xxxxx ed invitava i suddetti Comuni a provvedere alla designazione dell’arbitro di propria competenza. Con lo stesso atto, dopo avere esposto le vicende del contratto del 17.9.2002, avente ad oggetto l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale, formulava le seguenti conclusioni: in via principale, accertare e dichiarare che Centria non è tenuta a riconoscere ai Comuni convenuti il canone di concessione previsto all’art. 6 del contratto rep. N. 304 del 17.9.2002, dopo la scadenza del contratto stesso (30.9.2014) o, al più tardi, trascorso un anno da predetta scadenza (30.9.2015). In via subordinata, accertare e dichiarare il diritto di Centria a rideterminare il canone di cui all’art. 6 del citato contratto con decorrenza dalla scadenza o, al più tardi, con decorrenza da un anno oltre la scadenza e con riferimento alla fase di gestione ope legis del servizio ex art. 14, c. 7, d.lgs. n. 164/2000, al fine di rispettare l’equilibrio economico-giuridico complessivo con gli enti locali convenuti, in coerenza con il regime gestionale ope legis limitato alla ordinaria amministrazione e con quanto stabilito, in aderenza ai principi generali e di settore, dall’art. 5, c. 5, del contratto tipo approvato con d.m. 5.2.2013, nonché conformemente alle norme e ai principi richiamati nel presente atto e ad ogni altro eventuale criterio che potrà essere enucleato nel corso della presente procedura; in ogni caso, determinare la misura del canone spettante agli enti affidanti nella fase di gestione ope legis del servizio, anche previa apposita C.T.U., nel rispetto dell’equilibrio giuridico-economico del rapporto complessivo con detti enti e in coerenza con il regime di gestione limitata all’ordinaria amministrazione e con quanto stabilito dal contratto tipo di cui al citato d.m., nonché conformemente alle norme e ai principi richiamati e ogni altro eventuale criterio che potrà essere enucleato nel corso della procedura arbitrale. I Comuni di Montevarchi, Cavriglia, Figline e Xxxxxx Xxxxxxxx, con atto datato 15.3.2018, provvedevano alla designazione dell’arbitro di loro competenza nella persona del Prof...
FATTO. Il ….. l’Associazione Sindacale …..-….., per il tramite del segretario territoriale, presentava formale richiesta di accesso al Dirigente Scolastico dell’Istituto resistente alla seguente documentazione «informativa Successiva a.s. 2019-2020 recante i nominativi del personale che ha ricevuto i compensi attinti dal FIS, gli incarichi conferiti e la quota del Fondo erogata a ciascun dipendente per lo svolgimento degli incarichi stessi e copia dell'Informativa sull'assegnazione fondi ex c.126 art. I L 13 luglio 2015 n. 107 - valorizzazione del merito del personale docente a.s. 2019/2020 recante i nominativi dei docenti che hanno ricevuto il "bonus premiale" e la quota erogata a ciascuno». A fondamento veniva dedotta la circostanza che le informazioni richieste erano necessarie a consentire alle organizzazioni sindacali la verifica dell'attuazione della contrattazione collettiva integrativa d'istituto sull’utilizzo delle risorse. Il ….. il Dirigente Scolastico negava l’accesso “poiché “non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni e che non vi sia un interesse diretto, concreto e attuale”. Avverso tale provvedimento ….., in qualità di rappresentante sindacale della …..di ….., proponeva ricorso alla Commissione. Perveniva memoria dell’Amministrazione, che avanzava dubbi circa l’interesse posto a fondamento dell’istanza di accesso, ossia che “tali informazioni sono necessarie a consentire all’organizzazione sindacale ….. di ….. la verifica dell’attuazione della contrattazione collettiva integrativa d’istituto sull’utilizzo delle risorse”. Deduceva che i dati erano stati forniti e che alla RSU della scuola non era stata inoltrata alcuna richiesta di chiarimento e che non aveva ricevuto alcuna istanza formale e/o informale da parte dei lavoratori della scuola e che nella provincia di ….. erano state inoltrate moltissime istanze di accesso da parte della ricorrente organizzazione sindacale. La Commissione, nella seduta del ….. riteneva necessario che la parte ricorrente fornisse chiarimenti in ordine all’interesse sotteso con peculiare riferimento “alla verifica dell'attuazione della contrattazione collettiva integrativa d'istituto sull’utilizzo delle risorse da parte della ….. di …..”, interrompendo nelle more i termini di legge. La ricorrente forniva i chiarimenti richiesti e segnatamente ha rappresentato che l’interesse di ….. è l’accesso integrale dei dati di distribuzione del FIS...
FATTO. Il Giudice del lavoro; sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 12.2.2004; letti gli atti e uditi i procuratori delle parti; rileva in fatto e diritto quanto segue. Con ricorso ex art. 28 L.n. 300/70 la O.S. ……. , in persona del suo Segretario, ha adito questo Giudice per sentir dichiarare antisindacale il comportamento tenuto dal Dirigente ……. relativamente al mancato avvio della contrattazione integrativa ….. con riferimento agli anni 1998-1999 sino a quello in corso 2003-2004 ed alla mancata convocazione per le relative trattative, nonchè per la mancata formulazione, nei suoi confronti, della conseguente proposta contrattuale. (Omissis) ….. in violazione degli artt. 6 e 7 del CCNL del comparto Scuola valido, per la parte normativa, dall'1.1.2002 al 31.1.22005. Si è costituito il resistente che ha insistito per sentir rigettare il ricorso. In via preliminare ha eccepito la inammissibilità del ricorso in ragione della inapplicabilità del CCNL richiamato in data anteriore all'1.1.2002 e per la mancata ascrivibilità di eventuali comportamenti sindacali in capo ai dirigenti scolastici in data anteriore a quella in cui (1.9.2000) la legge attuativa dell'autonomia scolastica ha affidato ad essi la rappresentanza della parte pubblica nella contrattazione a livello di istituzione scolastica; nonché per la assenza, in data anteriore al dicembre 2000, della costituzione di RSU all'interno della scuola . Ha poi dedotto la mancanza del requisito dell'attualità della condotta, ritenendo non utilizzabili, ai fini della procedura ex art. 28 S.L., fatti risalenti nel tempo, quali i comportamenti relativi ai pregressi anni scolastici. (Omissis) Alla luce di tali circostanze di fatto, ha quindi sostenuto l'infondatezza del ricorso.
FATTO. Con ricorso presentato il 19 ottobre 2013, il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente, nel febbraio 2010, essendo all’epoca dipendente dell’intermediario stesso, un contratto di mutuo per euro 300.000,00, a condizioni di tasso agevolate, come definite in un accordo sindacale. In particolare, il contratto prevede un tasso di interesse inizialmente stabilito nella misura dell’1,00%, pari al tasso BCE vigente; per la fase successiva, è previsto che tale tasso segua le variazioni in aumento o diminuzione, dell’indice di riferimento, con un tetto massimo pari al 6%. A seguito del licenziamento per giustificato motivo, il ricorrente mutuatario ha subito la variazione unilaterale del tasso di interesse con un incremento dello spread da 0 a 6 punti percentuali. Per effetto di tale modifica, nel terzo trimestre 2013 il tasso applicato al finanziamento risultava pari all’8,5%, a fronte della soglia dell’8,6%; la rata invece è aumentata quasi del 100%, da euro 754,01 a euro 1.482,58, tanto che – come già preannunciato all’intermediario resistente – il ricorrente non riuscirà a onorare le prossime scadenze. Secondo quanto affermato dal ricorrente, la variazione è stata effettuata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale, il quale prevede che, in caso di licenziamento o dimissioni volontarie, il mutuo prosegua alle condizioni di tasso in vigore per i mutui ipotecari ordinari. La disposizione, però, specifica che la relativa clausola dovrà essere formalizzata nel contratto mutuo: ciò non è avvenuto nel contratto da cui scaturisce l’odierna controversia, il quale in nessuna parte prevede in capo alla banca la possibilità di modificare le condizioni contrattuali ai danni del dipendente licenziato. Tanto sopra premesso, il ricorrente ha chiesto che l’Arbitro dichiari l’illegittimità della variazione del tasso praticata dalla banca, anche alla luce dell’art. 118 t.u.b., che non consente modifiche unilaterali del contratto, senza preavviso e senza giustificato motivo. L’intermediario si è difeso opponendo che la variazione delle condizioni contrattuali non è avvenuta ai sensi dell’art. 118 t.u.b., che nell’attuale formulazione non consente la modifica unilaterale del tasso di interesse; la variazione è stata invece operata in applicazione dell’art. 4 dell’accordo sindacale pure richiamato dal ricorrente. L’accordo in oggetto è evocato all’art. 3 del contratto concluso per rogito notarile, ove il richiamo “è da intendersi riferito a t...
FATTO. Le società Alfa e Beta hanno agito con ricorso ex art. 700-669 bis c.p.c., congiuntamente o alternativamente, quali lessor e lessee, per il rilascio dell’immobile occupato illegittimamente dalla società Gamma, essendo stato risolto il contratto di locazione finanziaria a causa dell’inadempimento della società Delta, la quale aveva affittato l’azienda alla società Gamma a insaputa della società di leasing. Il ricorso cautelare ante causam è stato accolto dal Tribunale di Ancona per quanto concerne la pretesa della sola società di leasing, unica legittimata ad agire in quanto proprietaria del bene. Contro l’ordinanza cautelare è stato proposto reclamo dalla società Gamma ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., il quale è stato respinto dal Tribunale di Ancona in composizione collegiale. Avverso l’ordinanza emessa in sede di reclamo cautelare la società Gamma ha proposto ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., deducendo che tale provvedimento aveva carattere definitivo e decisorio, come si desumeva dalla condanna alle spese processuali della fase cautelare contenuta nell’ordinanza, nonché dal fatto che l’introduzione del giudizio di merito rappresentava una mera facoltà per le parti e non un obbligo, stante l’efficacia anticipatoria del provvedimento. Inoltre, Gamma ha rilevato che l’ordinanza, incidendo sul terreno di diritti soggettivi, è idonea a causare un pregiudizio irreparabile alla società ricorrente e a divenire cosa giudicata.
FATTO. Gli onorevoli ….. e ….., il Senatore ….. e i Consiglieri Comunali ….. e ….., in data 25 ottobre 2016, presentavano alla Società Autostrada Brescia, Verona, Vicenza, Padova, un’ istanza di accesso volta all’ostensione di diversi atti attinenti agli interventi infrastrutturali relativi al tratto. Motivavano l’istanza con espresso richiamo alla propria appartenenza agli organi elettivi degli enti citati e alle finalità inerenti l'esercizio delle prerogative connesse al mandato elettorale, nonchè a quanto previsto dal D.Lgs. n. 96/16. L’amministrazione adita, con provvedimento del 24 novembre 2016, rigettava l’istanza deducendo che “per mole e dettagli richiesti, comporta un ingiustificato ed insostenibile appesantimento delle strutture aziendali che non vi possono far fronte senza pregiudizio dell’attività istituzionale”. Avverso tale provvedimento gli istanti hanno adito la Commissione, con ricorso dell’11 gennaio 2017, affinché la stessa esaminasse il caso, ex art. 25 legge 241/’90, e adottasse le conseguenti determinazioni. E’ pervenuta memoria dell’amministrazione resistente.
FATTO. Con ricorso del 23.06.2018, parte ricorrente, titolare di un contratto di finanziamento a medio termine mediante apertura in c/c con garanzia ipotecaria dell’importo di euro 140.000,00 – ancora in essere –, chiedeva il rimborso di € 29.250,00 a titolo di commissioni ed interessi percepiti dall’intermediario in eccesso rispetto alle condizioni pattuite con accredito in conto corrente, nonché l’applicazione delle corrette condizioni contrattuali anche per il futuro, la produzione di conteggi mancanti nell’estratto conto, oltre al rimborso di spese legali per 1.200,00 euro. Xxxxxxxx, in particolare, che l’intermediario avrebbe applicato un tasso diverso da quello pattuito, avrebbe addebitato commissioni non previste in contratto, applicato, col tempo, condizioni via via peggiori, incrementando il tasso di interesse e percependo nuove commissioni non contrattualizzate e maggiorate nel corso degli anni, come la Commissione sul fido accordato (CFA), il Corrispettivo di sconfinamento (CSR). Xxxxxxxxx che l’intermediario avrebbe trasferito il rapporto presso una diversa filiale e, malgrado la sua richiesta, non le avrebbe consegnato i conteggi di estinzione; contestava la commissione sugli affidamenti contrattualizzata dalla banca in occasione del trasferimento del rapporto e lamentava che dall’estratto conto al 31 dicembre 2009 risulterebbe un addebito di competenze per euro 918,58 senza dettaglio e con valuta 3 dicembre 2009. Si doleva, infine, di avvenute modifiche del CFA e dello spread, in violazione delle disposizioni di cui all’art. 118 TUB. L’intermediario, nelle controdeduzioni, affermava che il tasso applicato al contratto di apertura di credito in c/c al momento della sottoscrizione era corrispondente alla “quotazione media dell’indice Euribor a tre mesi maggiorato del 2,25%”; che tali condizioni erano state confermate anche al momento del trasferimento del rapporto presso una diversa filiale.