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FATTO Clausole campione

FATTO. Nel mese di marzo 2015 il ricorrente comunicava alla banca resistente l’intenzione di estinguere il mutuo allo stesso intestato, in quanto si apprestava (in data 18/3/2015) alla vendita dell’immobile oggetto di ipoteca; informava pertanto il direttore di filiale (già presente alla stipula del compromesso) della necessità della sua presenza al momento del rogito affinché, in presenza del notaio, controllasse l’assegno per l’estinzione e rilasciasse l’impegno alla cancellazione del mutuo; chiedeva inoltre che gli venisse comunicato l’importo di estinzione (necessario per la preparazione dell’atto e degli assegni circolari). Reiterata tale ultima richiesta – su indicazione del direttore di filiale – una settimana prima dell’atto, in assenza del direttore e del vicedirettore, si rivolgeva al servizio clienti (numero verde) che gli comunicava l’importo di € 102.408,30 (importo poi confermato dal direttore di filiale anche al notaio ed alla banca dell’acquirente). Al momento della stipula (il 18 marzo), il direttore controllava l’assegno e firmava la delibera all’estinzione del mutuo; l’assegno veniva quindi versato, ma la cancellazione della posizione non avveniva contestualmente. Il 24 marzo gli assegni venivano accreditati ed il ricorrente si recava pertanto in agenzia per firmare la quietanza; in tale sede gli veniva comunicato che i conteggi che erano stati fatti non erano corretti: gli veniva in particolare riferito che dal giorno dell’atto al giorno dell’accredito erano maturati degli interessi e che l’importo di adeguamento poteva aggirarsi intorno ai 60/90 euro. Nel pomeriggio del medesimo giorno, da una verifica sull’home banking riscontrava che dal conto erano stati prelevati senza alcune preventiva comunicazione euro 104.457,78 quindi euro 2.049,48 in più rispetto a quanto in precedenza comunicato. Da un confronto con il direttore di filiale apprendeva poi che nell’importo originario non era stata prevista la penale di estinzione anticipata. Il ricorrente rileva quindi la mancanza di professionalità e correttezza della banca per avere dapprima comunicato un determinato importo e poi addebitato in conto un importo superiore senza alcuna previa comunicazione verbale o scritta e senza alcuna autorizzazione; chiede pertanto la restituzione di euro 2.049,48 più eventuali spese legali, nonché il risarcimento dei danni morali. L’intermediario resiste al ricorso ed espone quanto segue. In data 3/5/2004 il cliente stipulava con la banca un contratto di mutuo ...
FATTO. La Città di Viterbo, con determinazione dirigenziale n. 2518 del 4 agosto 2010, ha deliberato di provvedere all’espletamento di una procedura di gara per l’affidamento per il periodo 1.10.2010 – 30.9.2011 del servizio di trasporto urbano a chiamata alternativo al trasporto di linea per i cittadini permanentemente o temporaneamente disabili, mediante invito a presentare un’offerta ad almeno cinque operatori economici e pubblicazione di apposito avviso anche sul sito internet del Comune di Viterbo. La determina a contrarre ha specificato che l’aggiudicazione avrebbe avuto luogo al prezzo più basso determinato mediante ribasso sull’importo complessivo del servizio posto a base di gara di € 70.000,00 oltre IVA se ed in quanto applicata, per l’intero periodo. L’amministrazione, con determinazione n. 3080 de 13 settembre 2010, ha aggiudicato in via definitiva la gara alla ditta Xxxxxxxx Xxxxxxx, alle condizioni tutte del capitolato speciale di appalto e verso il corrispettivo di cui all’offerta economica presentata, pari a complessivi € 66.031,00 oltre IVA. La cooperativa ricorrente, quale “seconda graduata”, ha proposto il presente ricorso, articolando i seguenti motivi d’impugnativa: Violazione dell’art. 81, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006. Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria, contraddittorietà e illogicità manifesta. La scelta del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso sarebbe illogica e contrastante con l’impostazione, relativa alla procedura di accreditamento, in precedenza adottata dall’Ente nonché irrispettosa del precetto di cui alla norma in epigrafe. La determinazione del 4 agosto 2010 e l’avviso del 12 agosto 2010 sarebbe caratterizzati da contraddittorietà essendo stata trascurata ogni attenzione per i profili che avevano costituito il perno centrale della procedura di accreditamento “fallita”. Il criterio di aggiudicazione del prezzo più basso sarebbe comunque inadeguato rispetto alla natura del servizio. Violazione degli artt. 7, commi 1 e 2, e 8, commi 1 e 2, l. n. 21 del 1992. Violazione della lex specialis di gara. La ditta Xxxxxxx Xxxxxxxx sarebbe carente del requisito stabilito nella tabella facente parte dell’art. 2 del capitolato speciale, vale a dire della titolarità di autorizzazione all’esercizio del servizio di noleggio con conducente. La formula del capitolato speciale di disponibilità di un autoveicolo “abilitato al servizio N.C.C.”, infatti, implicherebbe necessariamente la titolarità dell’autorizzazion...
FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto,...
FATTO. Con ricorso presentato il 17 dicembre 2014 il ricorrente ha esposto di avere sottoscritto, il 18 gennaio 2014, con una società specializzata nell’erogazione di corsi di formazione, una proposta commerciale in relazione al “Master in Leadership”, per l’importo complessivo di euro 1.990,00. In data non specificata, il ricorrente sottoscriveva con l’intermediario resistente, sulla base di una convenzione con la predetta società, il contratto di finanziamento a termine, finalizzato all’acquisto del master sopra indicato per l’importo di euro 1.990,00, rimborsabile in quarantotto rate mensili dell’importo di euro 50,00 cadauna. Con lettere raccomandate inviate con avviso di ricevimento in data 7 febbraio 2014, il ricorrente comunicava, contestualmente, alla società erogatrice e all’intermediario resistente, l’intenzione di recedere dai contratti con decorrenza immediata. Con nota in data 4 marzo 2014, l’intermediario resistente contestava la legittimità del recesso specificando che “il d. lgs. n. 141/2010 prevede la facoltà per il consumatore di esercitare il diritto di recesso entro 14 giorni lavorativi”. Con nota in data 8 maggio 2014, il ricorrente proponeva formale reclamo nei confronti dell’intermediario resistente specificando che il contratto di finanziamento non recava la data di sottoscrizione che assurge, evidentemente, ad elemento contrattuale fondamentale ed imprescindibile per poter valutare precisamente l’arco temporale validamente calcolato ai fini dell’effettivo decorso dei 14 giorni utili per esercitare il diritto di recesso. Non avendo ottenuto riscontro alla propria istanza da parte dell’intermediario il ricorrente si è rivolto all’Arbitro chiedendo: di accertare l’intervenuta risoluzione del contratto di finanziamento e la conseguente estinzione dell’obbligo del ricorrente di corrispondere le rate del piano di ammortamento; di dichiarare e riconoscere piena efficacia al recesso contrattuale esercitato dal ricorrente inibendo all’intermediario resistente di reiterare richieste di pagamento; di condannare l’intermediario al pagamento delle spese legali quantificate in euro 200,00. L’intermediario si è difeso precisando che, a seguito della ricezione della nota del cliente in data 7 febbraio 2014, aveva contattato la società convenzionata che aveva escluso la configurabilità in capo al ricorrente del diritto alla risoluzione del contratto di finanziamento, non essendo stato il diritto di recesso esercitato nei termini. In assenza della data sul...
FATTO. Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., T.G. LA GIURISPRUDENZA: Successivamente, i coniugi si separavano esponeva al Tribunale di Avellino di aver donato con atto a rogito notaio G. del 27.06.2006 alla resistente, M.C.V., divenuta successivamente sua moglie per matrimonio concordatario celebrato il 2/09/2006, i diritti immobiliari di nuda comproprietà, pari ad un terzo dell'intero, da lui ricevuti, insieme ad altri cespiti, dalla successione ex lege dallo zio, e tanto allo scopo di potersi avvalere del beneficio fiscale cd. "di prima casa". consensualmente alle condizioni omologate dal Tribunale di Avellino con provvedimento del 16.09.2009 in conformità ai patti di cui alla scrittura privata datata 11.06.2009, sottoscritta dai coniugi ed allegata al ricorso congiunto di conversione della separazione giudiziale in consensuale, depositato in udienza. Segnatamente, in detta sede le parti, assistite dai rispettivi difensori, manifestavano il consenso a separarsi in conformità ai patti ed alle condizioni indicati nella separata scrittura che chiedevano di allegare al verbale di udienza, con cui dichiaravano di disciplinare le questioni patrimoniali relative alla quota di nuda proprietà sull'immobile donato. Nell'allegata scrittura i coniugi convenivano che i diritti trasferiti alla moglie per atto notaio G. venissero ritrasferiti al marito, ragione per la consenso al trasferimento o alla costituzione di un diritto.
FATTO. Con ricorso del 10 febbraio 2016, la s.r.l. istante ha adito questo Arbitro, lamentando il mancato adempimento, da parte dell’intermediario, ad una fideiussione stipulata a garanzia delle obbligazioni nascenti da un contratto di locazione immobiliare, perfezionato dalla ricorrente in qualità di parte locatrice in data 21 aprile 2011. Il rapporto locatizio – prosegue la ricorrente – procedeva regolarmente, fino a quando la conduttrice si rendeva morosa nel pagamento di alcuni canoni; di talché, la ricorrente notificava atto di intimazione di sfratto per morosità e procedeva, quindi, all’escussione della garanzia. Non avendo la conduttrice sanato la morosità, lo sfratto veniva eseguito e l’immobile rilasciato nel settembre 2014. Nel frattempo – insiste l’istante – l’intermediario pagava parte della morosità accumulata, riconoscendo però alla ricorrente solo gli importi maturati fino alla data di recesso dalla fideiussione, che era stato formalizzato dalla banca in data 20 aprile 2014. Tuttavia – afferma sempre la ricorrente – la garanzia prestata in relazione alle obbligazioni nascenti da un contratto di locazione non potrebbe avere durata inferiore a quella dell’obbligazione principale cui è legata, in guisa tale che il recesso comunicato dalla resistente sarebbe da considerarsi illegittimo. Sulla scorta di tali premesse, pertanto, la ricorrente conclude per la condanna dell’intermediario resistente al pagamento dell’importo di € 8.739,00, pari alla residua morosità accumulata dalla conduttrice fino al rilascio dell’immobile. Nelle proprie controdeduzioni, la parte resistente ha rilevato che la fideiussione rilasciata dalla banca in data 21 aprile 2011 prevedeva una durata annuale, tacitamente prorogabile di anno in anno in mancanza di revoca da parte della banca, da esercitarsi almeno trenta giorni prima della scadenza originaria o prorogata. In caso di revoca – sottolinea l’intermediario – eventuali richieste di pagamento da parte del beneficiario sarebbero dovute pervenire, a pena di decadenza, entro i trenta giorni successivi dalla scadenza non rinnovata. Ciò premesso in punto di diritto, prosegue la banca allegando e documentando in fatto di avere esercitato il recesso dalla fideiussione in data 20 febbraio 2014, rispettando così i termini contrattuali (posto che la garanzia si sarebbe rinnovata il 20 aprile 2014), ed a seguito della notifica del 12 maggio 2014, da parte della ricorrente, di un’intimazione di pagamento per l’importo di € 2.920,00, essa...
FATTO. In relazione ad un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, sottoscritto in data 06.08.2015 ed estinto anticipatamente, in corrispondenza della 54^ rata di rimborso, previa emissione di conteggio estintivo rilasciato in data 27.03.2020, il ricorrente, insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario nella fase prodromica al presente ricorso, si rivolgeva all’Arbitro al quale chiedeva, previo richiamo della sentenza C-383/18 della Corte di Giustizia UE, la condanna del resistente al pagamento della somma complessiva di € 1.930,90, a titolo di commissioni non maturate a seguito dell’estinzione anticipata del rapporto contrattuale, oltre interessi legali, le spese di presentazione del ricorso e le spese di assistenza legale. In particolare, il ricorrente, applicando per tutte le voci di costo il criterio pro rata temporis, chiedeva, al netto dell’importo di € 3.175,76 già decurtato in sede di conteggio estintivo, il rimborso: i) della commissione per il perfezionamento del contratto di cui alla lett. a) dello stesso contratto per € 410,85; ii) della commissione di gestione (lett. b) per € 410,85; iii) delle provvigioni per l’intermediario del credito di cui alla lett. c) per € 334,52; iv) delle imposte e tasse (lett. d) per € 32,51; v) degli interessi corrispettivi per € 1.396,86. Costituitosi, l’intermediario si opponeva alle pretese del ricorrente, deducendo che: a) il contratto oggetto di ricorso, redatto in conformità alle previsioni di legge, specificava analiticamente le voci di costo up front, vale a dire - oltre a imposte e tasse - le commissioni per il perfezionamento del contratto e le provvigioni all’intermediario, che – anche in caso di estinzione anticipata del rapporto - rimangono interamente a carico del cliente perché sostenute a fronte di attività esauritesi già al momento della conclusione dell’accordo, precisando sul punto che le provvigioni all’intermediario sono state fatturate dall’intermediario stesso non appena concluso il contratto ed erogato il finanziamento; b) la correttezza dei rimborsi già effettuati a favore del cliente per quanto attiene alle voci di costo recurring; c) l’infondatezza della richiesta di rimborso degli interessi corrispettivi calcolati sulla base del criterio pro rata temporis, posto che gli interessi maturano nel tempo secondo il piano di ammortamento sottoscritto dal cliente e che, di conseguenza, sulla base del medesimo piano devono essere stornati; d) la non rimb...
FATTO. Il Giudice del lavoro; sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 12.2.2004; letti gli atti e uditi i procuratori delle parti; rileva in fatto e diritto quanto segue. Con ricorso ex art. 28 L.n. 300/70 la O.S. ……. , in persona del suo Segretario, ha adito questo Giudice per sentir dichiarare antisindacale il comportamento tenuto dal Dirigente ……. relativamente al mancato avvio della contrattazione integrativa ….. con riferimento agli anni 1998-1999 sino a quello in corso 2003-2004 ed alla mancata convocazione per le relative trattative, nonchè per la mancata formulazione, nei suoi confronti, della conseguente proposta contrattuale. (Omissis) ….. in violazione degli artt. 6 e 7 del CCNL del comparto Scuola valido, per la parte normativa, dall'1.1.2002 al 31.1.22005. Si è costituito il resistente che ha insistito per sentir rigettare il ricorso. In via preliminare ha eccepito la inammissibilità del ricorso in ragione della inapplicabilità del CCNL richiamato in data anteriore all'1.1.2002 e per la mancata ascrivibilità di eventuali comportamenti sindacali in capo ai dirigenti scolastici in data anteriore a quella in cui (1.9.2000) la legge attuativa dell'autonomia scolastica ha affidato ad essi la rappresentanza della parte pubblica nella contrattazione a livello di istituzione scolastica; nonché per la assenza, in data anteriore al dicembre 2000, della costituzione di RSU all'interno della scuola . Ha poi dedotto la mancanza del requisito dell'attualità della condotta, ritenendo non utilizzabili, ai fini della procedura ex art. 28 S.L., fatti risalenti nel tempo, quali i comportamenti relativi ai pregressi anni scolastici. (Omissis) Alla luce di tali circostanze di fatto, ha quindi sostenuto l'infondatezza del ricorso.
FATTO. Il ….., inserita nelle graduatorie di Circolo e di Istituto di III Fascia ATA, profilo di Assistente Amministrativo per il triennio …../….., presentava all’Amministrazione resistente istanza di accesso ed estrazione copia di tutta la documentazione che aveva portato alla convocazione del mese di ….., ….. e ….. per il suindicato profilo professionale di ….. L’istanza era motivata dal fatto che la ….., seppure avente un punteggio di ….. non era stata convocata a differenza di ….. che risultava avere un punteggio di ….. Il ….. l’Amministrazione resistente forniva la documentazione richiesta ed il ….. l’istante chiedeva ulteriore documentazione e, in particolare, copia dei contratti stipulati alla supplente ….. nel periodo ….., ….., ….. e ….. dell’anno ….. Con riferimento a tale ultima istanza l’Amministrazione resistente non forniva alcun riscontro. Avverso tale silenzio rigetto l’istante ha proposto ricorso alla Commissione. E’ pervenuta il ….. memoria dell’Amministrazione resistente che ha rappresentato di aver osteso anche l’ulteriore documentazione richiesta dalla ricorrente, dopo aver ottenuto il consenso di ….., quale controinteressata rispetto all’istanza di accesso, ex art. 22, comma 1, lettera c) della legge n. 241/1990.
FATTO. La Sig.ra ….., rappresentata dall’avv. , ha presentato un’istanza di accesso datata 27 novembre 2016 all’Amministrazione resistente, chiedendo copia della seguente documentazione: “i titoli accademici conseguiti (Xxxxxx, Dottorato et similia) e l'elenco degli esami sostenuti dal sig. ….., attuale marito della signora , Ha indicato i seguenti motivi alla base della propria richiesta di accesso agli atti: "L'interesse consiste nella possibilità di riuscire a ricostruire la situazione del sig. ..... alla stessa sempre presentatosi come laureato e dottore, onde potersi costituire in giudizio prova del suo stato economico, lavorativo, accademico e personale, al fine della quantificazione della richiesta di mantenimento avanzata dallo stesso nei confronti della e dell'addebito della colpa della separazione". L’Università ha rigettato l’istanza, in quanto la medesima difetta di motivazione e non chiarisce l’interesse di cui l’accedente sarebbe portatrice. Avverso tale provvedimento la sig.ra ha adito nei termini la Commissione affinché la stessa, valutasse la legittimità del diniego opposto dall’amministrazione adita, ex art 25 legge 241/90, e adottasse le conseguenti determinazioni.