Common use of FATTO Clause in Contracts

FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il La società ricorrente, che si qualifica non consumatoreinsieme ad un socio intervenuto nel procedimento, deduce rappresenta di aver sottoscritto con l’intermediario convenutostipulato, in data 16.12.20166 giugno 2017, con la Banca resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico mutuo con opzione finale garanzia ipotecaria per la somma complessiva di acquistoeuro 195.000,00, per cui veniva accesa una ipoteca di primo grado sull’immobile pari ad euro 390.000,00. Ad ulteriore garanzia dell'esatto adempimento delle obbligazioni assunte, veniva richiesto dalla Banca che il rappresentante legale ed un socio si obbligassero in solido con il debitore principale fino all’importo massimo di euro 390.000,00. Sempre su richiesta della Banca resistente venivano, altresì, acquistati dalla società ricorrente strumenti finanziari (quote di fondi comuni) che venivano costituiti in pegno (per l’importo di euro 46.000,00 circa), a garanzia della restituzione del capitale mutuato. La locazione finanziaria prevedevaricorrente, oltre al pagamento considerata l’entità delle garanzie prestate, successivamente avanzava alla Banca resistente richieste di svincolo del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilipegno e delle fideiussioni, che tuttavia venivano disattese. La ricorrente sottolinea che la corresponsione giurisprudenza dell’ABF, chiamata a pronunciarsi su situazioni analoghe, ha espresso il principio secondo cui la sproporzione genetica tra garanzie e credito garantito determina l’illegittimità della condotta della banca finalizzata ad ottenere all’atto della sottoscrizione del contratto, il rilascio di commissioni garanzie ultronee e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 non necessarie (cfr. all. b) al ricorsoABF Collegio di Roma, decisione n. 2359/2011; decisione n. 7532/2015). Ciò premesso, la ricorrente assume che l’atto di costituzione del pegno e le fideiussioni richieste, dovrebbero ritenersi nulle. La ricorrente, quindi, atteso che le richieste di svincolo del pegno e delle fideiussioni sono state disattese dalla Banca resistente, chiede che sia dichiarata la nullità dell’atto di costituzione del pegno e delle fideiussioni per mancanza di causa e/o difetto di meritevolezza, in quanto la funzione di garanzia appare già integralmente assolta dall’ipoteca di primo grado sull’immobile, a maggior ragione considerati i pagamenti medio tempore effettuati, che hanno ridotto di circa un terzo il debito residuo sulla somma mutuata. - La Banca resistente, costituitasi, conferma che il mutuo è stato accordato in data 25/5/2017 per euro 195.000,00 (con durata 15 anni) per l’acquisto di un’unità immobiliare, stimata alla data di concessione euro 250.000,00 e che a garanzia del mutuo è stata acquisita, oltre che ipoteca sull’immobile oggetto di acquisto, la fideiussione del legale rappresentante della società nonché di altro socio e che, su proposta dei clienti, è stato altresì deliberato pegno su titoli, prestato dalla stessa società ricorrente per euro 50.000,00. Il pegno è stato prima del perfezionamento ridotto ed acquisito per euro 44.000,00. La Banca resistente precisa che alla data di concessione del mutuo la ricorrente deduce era una start up senza flussi finanziari e capacità di reddito consolidati, seppur con ottime prospettive di crescita e quindi necessitava di un presidio di garanzie. Pertanto, le garanzie richieste risultano proporzionate rispetto alla valutazione del merito creditizio e tale valutazione dell’intermediario che l’Autorità Garante eroga il credito, come tale, secondo pacifico orientamento dell’ABF, sottratto al vaglio di congruità da parte dello stesso ABF, non potendosi configurare un obbligo generale degli intermediari di concedere credito alle condizioni proposte dal cliente o comunque a questi più favorevoli. Con riguardo alla richiesta notificata dalla ricorrente in data 31/12/2020, la Banca si è prontamente attivata per richiedere a sua volta l’aggiornamento documentale utile e necessario per avviare la relativa istruttoria ma la società ricorrente non ha mai inviato la documentazione indispensabile per poter aggiornare la valutazione della Concorrenza sua reale capacità di rimborso e la richiesta quindi è rimasta inevasa. Con stretto riferimento alla rimodulazione della garanzia ipotecaria richiesta dalla ricorrente, la Banca resistente segnala che, alla data delle controdeduzioni, in presenza di un debito residuo del mutuo di euro 156.315,18 alla data delle controdeduzioni (euro 158.183,20 al 31/12/2020), non risulta neanche estinta la quinta parte del debito originario. La Banca resistente fa infine presente che, al fine di venire incontro alle esigenze della ricorrente, in considerazione del debito residuo e del Mercatoregolare ammortamento, con provvedimento n. 27492/2018 si rende disponibile a valutare lo svincolo parziale del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)pegno nel rispetto della proporzione originaria e, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessisegnatamente, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2di euro 9.000,00. in via alternativa, Chiede quindi il risarcimento dell’intero danno subito a causa rigetto delle domande della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della nullità delle pattuizioni contrattuali riguardanti la definizione del tasso di interesse e della commissione di estinzione anticipata previste in relazione ad un mutuo. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. Dopo aver presentato reclamo in data 24 febbraio 2014, ricevuto ma non riscontrato dall’intermediario, la società ricorrente, che avvalendosi dell’assistenza di un difensore, si qualifica è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario, lamentando la nullità e comunque la non consumatorecorretta applicazione di alcune delle condizioni contrattuali disciplinanti il rapporto corrente inter partes. La ricorrente, deduce società cooperativa costituita per la costruzione di aver sottoscritto unità immobiliari di edilizia popolare da assegnare ai soci, espone, in fatto, di avere stipulato con l’intermediario convenuto, resistente in data 16.12.2016, 6 dicembre 2010 un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale mutuo edilizio per l’importo di acquisto€ 2.500.000,00 da erogare in modo frazionato in relazione all’avanzamento dei lavori per i quali il finanziamento era richiesto. La locazione finanziaria società espone, altresì, che il contratto prevedeva, oltre fino all’erogazione finale dell’ultima tranche dell’importo concordato, una fase di preammortamento, nel corso della quale il debitore era tenuto al pagamento versamento, mese per mese, solo degli interessi maturati, al tasso nominale annuo del prezzo dell’autovettura 3,83%. Con l’ultima erogazione, all’atto della sottoscrizione della quietanza finale, le parti avrebbero dovuto concordare il tasso di interesse da applicare in 48 rate mensilicorso di ammortamento rateale, “in relazione all’andamento dei mercati finanziari, secondo i parametri stabiliti all’art. 6 del precontratto e all’art. 3 del capitolato”. La società lamenta quindi che nell’atto di erogazione e quietanza, sottoscritto il 28 giugno 2012, con il quale si procedeva anche al “frazionamento delle quote del mutuo fra i soci pro quota … con relativo frazionamento dell’ipoteca sull’immobile a ciascuno assegnato”, veniva indicato un tasso di interesse in misura fissa di 6,39 punti percentuali, determinato tuttavia in maniera arbitraria e discostandosi dalle indicazioni contenute nel contratto di mutuo. La società rileva ancora che scostamenti tra quanto disposto nel contratto e quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza si rinvengono pure in relazione alla penale di estinzione anticipata. Il contratto di mutuo, infatti, prevedeva una penale omnicomprensiva, pari all’1% del capitale; il successivo atto di erogazione, la corresponsione misura della penale risulta, invece, incrementata fino al 3% del debito residuo. Tanto premesso in punto di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10fatto, per un totale di Euro 2.117,10 (cfrla società procede ad illustrare in diritto le proprie argomentazioni. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoIn primo luogo, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati riferimento al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. interesse applicato in via ulteriormente subordinatasede di ammortamento del finanziamento, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso osserva che il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentemutuo stipulato il 6 dicembre 2010 è l’unica valida fonte consensuale del rapporto; l’atto di erogazione e quietanza non dà origine ad una nuova obbligazione, ma “perfeziona (attraverso il frazionamento del mutuo e dell’ipoteca in quote) l’obbligazione già esistente”. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità Tanto osservato, l’esponente sottolinea che non può ammettersi che la misura degli interessi corrispettivi sia fissata nell’atto di erogazione in maniera più onerosa e difforme rispetto ai criteri di determinazione indicati nell’originario contratto. Quest’ultimo espressamente statuiva che “la banca si riserva di fissare i termini e le modalità di definizione dell’operazione, … in relazione all’andamento del ricorso mercato finanziario e in ragione dell’acquisizione della provvista dei fondi”; specificava tuttavia che “con il suddetto atto di erogazione-quietanza finale potrà anche essere stabilito che il mutuo venga regolato per suo difetto l’intera durata o per parte della stessa a tasso fisso, la cui misura sarà determinata con l’atto medesimo”. Aggiunge ancora la ricorrente che nell’allegato capitolato si indicava che, qualora le parti avessero concordato che l’ammortamento del mutuo dovesse essere regolato da tasso fisso, questo sarebbe stato determinato con riferimento al “parametro Interest Rate Swap lettera Euro (IRS) pari alla durata contrattuale risultante da il Sole24ore o da altro quotidiano equipollente rilevato il giorno antecedente la data di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo stipula dell’atto di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaerogazione finale con le eventuali maggiorazioni stabilite dall’atto medesimo“.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce Nel mese di aver sottoscritto marzo 2007 il ricorrente stipulava con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, odierno resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, finanziamento per un totale importo lordo complessivo di Euro 2.117,10 (cfreuro 14.400,00 rimborsabile – mediante cessione pro solvendo di quote della retribuzione mensile – in quarantotto rate mensili di euro 300,00 ciascuna. all. b) al ricorso)Al momento della stipula, corrispondeva le seguenti somme: euro 310,87 a titolo commissioni bancarie; euro 1.336,10 per commissioni di intermediazione ed euro 981,52 a titolo di oneri assicurativi. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante finanziamento veniva estinto anticipatamente nel mese di giugno 2009, in corrispondenza della Concorrenza e ventiseiesima rata di ammortamento, sulla base del Mercatoconteggio estintivo redatto dall’intermediario. Con lettera di reclamo, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)inviata per il tramite di un’associazione di categoria, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo chiedeva la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi tutti gli oneri anticipatamente corrisposti e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’artnon maturati afferenti il finanziamento. 7 del d.lgs. n. 3/2017, Riscontrato negativamente il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticoreclamo, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF adiva questo Arbitro – sempre per il tramite della medesima associazione – per reiterare le proprie richieste quantificate complessivamente in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedenteeuro 1.204,28. Costituitosi ritualmente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, l’intermediario convenuto eccepiva il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per proprio difetto di legittimazione passiva, sostenendo di avere ceduto il finanziamento, in forza di accordi contrattuali intervenuti già nell’aprile 2004 ad altra società, cui è successivamente subentrato un istituto bancario; in forza dei richiamati accordi contrattuali, parte resistente avrebbe continuato a gestire gli incassi delle rate del finanziamento, ivi compreso l’incasso della somma richiesta per l’estinzione anticipata. Sosteneva peraltro di avere comunicato la cessione e l’altrui titolarità del rapporto al ricorrente, in sede di riscontro al reclamo. Chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso. Alle controdeduzioni dell’intermediario replicava il ricorrente, con distinta memoria, nella quale obiettava di non avere mai ricevuto informazione dell’avvenuta cessione e sottolineava come, anzi, nello stesso conteggio estintivo, il resistente apparisse come il finanziatore nei confronti del quale procedere al versamento del capitale residuo ai fini dell’estinzione, nulla essendo precisato in ordine alla circostanza che l’incasso e la gestione del rapporto fosse operata in nome e per conto altrui. Tanto premesso, dava atto di avere ricevuto dall’intermediario cessionario – successivamente alla presentazione del ricorso - una proposta di transazione, in esito alla quale avrebbe ottenuto il riconoscimento del rimborso delle commissioni; tuttavia, insoddisfatto dalla proposta per il mancato ristoro delle spese assicurative, insisteva per l’accoglimento del ricorso, ovvero – in via subordinata – l’integrazione del contradditorio nei confronti del cessionario.

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FATTO. Il ricorrenteCon precipuo ricorso – preceduto da reclamo – il cliente, che si qualifica non consumatorerappresentato da avvocato di fiducia, deduce premetteva di aver sottoscritto con l’intermediario convenutointimato, in data 16.12.2016nel settembre 2010, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale prestito personale da rimborsare in 7 anni tramite rate mensili di acquistocirca 280 euro. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio Evidenziava che, con ordinanza n. 2047/2019dall’inizio del 2014, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito le proprie condizioni economiche - già precarie a causa della violazione sua impossibilità a svolgere attività lavorativa in quanto invalido al 100% - erano peggiorate, dovendo provvedere anche al sostentamento del diritto figlio, rimasto disoccupato, e della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMsua famiglia e che, non potendo far fronte al pagamento dei ratei, nel novembre 2014, riceveva l’avviso di decadenza dal beneficio del termine e di segnalazione nelle centrali dei rischi. In seguito Avviato il procedimento di mediazione presso la Camera di Conciliazione del Ministero della Giustizia – al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi quale l’intermediario non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito partecipava a causa della violazione“indeterminatezza dell’oggetto del contendere” – nell’aprile 2015, formulava una richiesta di definizione transattiva della controversia, offrendo in pagamento l’importo di € 3.000,00, non accettato a causa dell’esiguità della somma offerta. Chiedeva di “ridurre la somma che deve essere corrisposta ovvero concludere che nessun’altra somma dovrà essere corrisposta”. Con tempestive controdeduzioni, l’intermediario rilevava che l’importo offerto in via transattiva, unitamente a quanto già versato dal ricorrente (€ 12.557,16), non era idoneo a rimborsare l’importo finanziato (€ 16.931,64) e che, comunque, si rendeva disponibile a valutare un’ulteriore proposta oppure a concordare un piano di rientro. Evidenziava che la valutazione del merito creditizio – in origine non errata, in misura pari all’intero importo quanto per i primi 4 anni il prestito era stato regolarmente onorato – doveva basarsi sulle condizioni esistenti al momento della richiesta del finanziamento e andava condotta in considerazione delle commissioniesigenze di sana e prudente gestione degli intermediari. Chiedeva, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinataconclusivamente, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso rigetto della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivadomanda.

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FATTO. Il In relazione ad un rapporto di conto corrente con apertura di credito, acceso il 16/10/1986 e chiuso il 28/2/2021, il ricorrente, che assistito da un procuratore di sua fiducia, dopo avere esperito reclamo, si qualifica non consumatoreè rivolto a questo Collegio, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutolamentando, in data 16.12.2016primo luogo, un contratto che la Banca convenuta, in assenza di leasing finanziario automobilistico con opzione finale apposito accordo scritto, gli aveva illegittimamente addebitato una commissione di acquistodisponibilità immediata fondi (DIF), pari allo 0,25 del fido concesso. La locazione finanziaria prevedevaAl riguardo, oltre al pagamento parte istante ha tenuto ad aggiungere che, ove in ipotesi si ritenesse he la Banca abbia introdotto tale commissione attraverso lo strumento di modifica unilaterale del prezzo dell’autovettura contratto, previsto dall’art. 118 T.U.B., rimaneva, comunque, non provata la ricezione della missiva ex lege occorrente per comunicargli la modifica in 48 rate mensiliparola. Indicata in complessivi euro 1.408,05, la corresponsione somma delle prefate commissioni non pattuite e ciò nonostante addebitategli per il periodo compreso tra il primo trimestre 2012 e la data di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10chiusura del conto, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto ha, quindi, sul punto concluso chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéche sia accertata, ai sensi dell’art. 7 117 TUB e per effetto della mancata applicazione dell’art. 118 TUB, la nullità delle Commissioni Disponibilità Fondi e, conseguentemente, che sia dichiarato il suo diritto alla restituzione del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMsopra menzionato importo di euro 1.408,05. In seguito secondo luogo, parte istante ha dedotto l’indeterminatezza del tasso debitore. Sul punto, ha premesso che il contratto prevedeva un tasso debitore variabile, ancorato al riscontro negativoTasso Ufficiale di Sconto e, in data 19.03.2019particolare, dell’intermediario convenutostabilito in misura pari all’8% in più dal saggio ufficiale di sconto, che opponeva ogni qualvolta e dallo stesso giorno in cui il conto fosse uscito a debito del correntista. Ad avviso del ricorrente, poiché il Tasso Ufficiale di aver ceduto Sconto non era più quotato, la mancata previsione in contratto di un parametro alternativo si traduceva in una indeterminazione e indeterminabilità del tasso debitore, in violazione dell’art. 117, comma 4 e 6 e dell’art. 125 bis, comma 5, T.U.B.. Parte istante ha, sul punto, perciò, concluso chiedendo che, verificata siffatta indeterminatezza, sia disposta l’applicazione del tasso sostitutivo previsto dall’art. 117, comma 7 T.U.B., nel periodo di rilevazione dal 1° trimestre 2011 al 1° trimestre 2021, con il rapporto controverso ad altra società finanziaria conseguente ricalcolo del medesimo gruppo automobilisticosaldo di conto corrente. In terzo luogo, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF ha esposto che il tasso creditore originariamente concordato in contratto era pari al 4% annuo e che l’intermediario, in assenza di ulteriori pattuizioni per iscritto e senza l’invio di alcuna missiva di modifica unilaterale del contratto, aveva modificato, nel periodo compreso tra il 1° trimestre 2011 e il 1° trimestre 2021 il superiore tasso d’interesse creditore. Ha, perciò, chiesto al Collegio che sia accertata la nullità delle contestate modifiche unilaterali al tasso d’interesse creditore con il conseguente ricalcolo del saldo di conto corrente applicando ai saldi creditori il tasso del 4%. Per ultimo, il ricorrente ha domandato il rimborso dell’importo equitativamente quantificato in euro 500,00 per l’intervento tecnico contabile resosi necessario dalla complessità delle richieste effettuate. Nelle sue controdeduzioni, l’intermediario ha preliminarmente eccepito, in relazione alle richieste di restituzione afferenti agli addebiti per commissioni DIF e gli interessi debitori conteggiati, l’intervenuta prescrizione di ogni pretesa dall’inizio del rapporto al giugno del 2011, data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentedella richiesta. Ha, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. inoltre, eccepito, sempre in via principalepreliminare l’irricevibilità del ricorso, in quanto, a suo dire, postulante un’inammissibile attività consulenziale in merito alla ricostruzione delle numerose variazioni contrattuali intervenute nell’arco di oltre dodici anni sul rapporto oggetto di vertenza. Su tale ultimo aspetto, l’intermediario ha, peraltro, difeso la legittimità delle dibattute modifiche, allegando delle comunicazioni di variazione delle condizioni economiche trasmesse tramite la Banca Multicanale, di cui il ricorrente usufruisce, come evincibile dalla prodotta documentazione. Più nello specifico parte resistente ha affermato: a) che, per quanto attiene alla commissione di disponibilità immediata fondi, essa era stata introdotta con variazione unilaterale comunicata con lettera del 18/5/2009, b) che anche le diverse variazioni, succedutesi nel tempo relativamente ai tassi applicati ed all’utilizzo del fido erano state legittimamente comunicate mediante banca multicanale. Opponendosi, infine, anche all’avversa richiesta di pagamento delle spese e competenze di lite, l’intermediario ha concluso chiedendo il rigetto dell’incoato ricorso in quanto irricevibile o, in subordine infondato. Con repliche del 13/9/2021, il ricorrente ha contestato le avverse controdeduzioni, segnalando, anzitutto, che le richieste da egli avanzate non implicherebbero alcuna attività consulenziale ma solo la verifica fra quanto pattuito e quanto applicato. Nel merito, parte istante, con specifico riferimento alla documentazione allegata dall’intermediario, ha replicato che non era stata prodotta la sua autorizzazione scritta all’invio delle modifiche unilaterali attraverso Banca Multicanale e che, perciò, le comunicazioni inviate con tale ultimo canale non possono essere considerate valide ai fini di preavviso per il ricorrente. Ha, altresì, dedotto di non aver ricevuto neppure la comunicazione, ex adverso richiamata, datata 18/5/2009. Chiedendo, dunque, all’Arbitro di non tenere in considerazione né le comunicazioni di modifica unilaterali inviate a mezzo home banking né la missiva inviatagli il 18/5/2009 ma mai pervenutagli, il ricorrente ha insistito nelle richieste avanzate in atto introduttivo. Con successive controrepliche del 21/9/2021, l’intermediario ha a sua volta richiamato integralmente le proprie eccezioni e difese, allegando, inoltre, relativamente al servizio di Banca Multicanale, la restituzione richiesta di tutte le commissionirecesso dal servizio sottoscritta dal cliente in occasione della chiusura del conto e la richiesta di disattivazione dell’invio documenti on line e segnalando, spese al riguardo che i detti documenti presupponevano chiaramente che il servizio in parola era attivo e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese ben conosciuto dal ricorrente e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, che era concordato l’invio della documentazione con il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivadetto canale autorizzato.

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FATTO. Il La ricorrente, che si qualifica non consumatorefideiussore della società beneficiaria in un contratto di mutuo ipotecario erogato dall’intermediario convenuto, deduce riceveva da quest’ultimo, soltanto in data 17/06/2015, una missiva del 16/12/2014, a mezzo della quale veniva comunicata “la segnalazione dello status di sofferenza in centrale dei rischi (…) in relazione alle esposizioni di mutuo ipotecario per il quale la stessa risulta sottoscrittrice di fidejussione specifica”. Di conseguenza, la ricorrente presentava all’intermediario una richiesta contenente un elenco di documenti e di informazioni da fornire in merito al debito principale. Dichiara di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoallo stato ricevuto solo una parte dei documenti richiesti, fra cui copia del contratto di mutuo fondiario sottoscritto, documento di sintesi e condizioni economiche, la garanzia presente nel contratto di mutuo e la lettera di revoca della linea di credito oggetto della garanzia. La ricorrente veniva altresì informata che la posizione in oggetto presentava una esposizione debitoria pari ad € 18.247,07 oltre interessi, spese ed oneri maturati e maturandi. Per tale motivo, in data 16.12.201612/01/2016 la ricorrente presentava ulteriore reclamo a mezzo del quale rappresentava che “gli atti trasmessi non risulta[vano] conformi alle richieste avanzate” e tornava a domandare tutta la documentazione contrattuale già richiesta nelle precedenti missive, un contratto ma non ancora ottenuta, ovverossia: - copia del piano di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento ammortamento del prezzo dell’autovettura in 48 mutuo da cui evincere le rate mensili, già pagate e la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatoloro data, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione espressa indicazione di quanto corrisposto pagato a titolo di interessi quota di capitale e costi quanto a titolo di quota di interesse, nonché di eventuale mora; - copia delle perizie eseguite sull’immobile e/o fattura del contratto tecnico che eseguì tale perizia; - movimentazione bancaria a partire dalla data di finanziamento (sul presupposto sottoscrizione e fino alla data odierna; - intera corrispondenza inoltrata alla ricorrente dall’inizio della nullità delle relative clausole del contratto prestazione di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMgaranzia ad oggi. In seguito al riscontro negativoassenza, di nuovo, di riscontro, la ricorrente decideva di adire l’Arbitro Bancario Finanziario. L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quale, in data 19.03.2019via preliminare, dell’intermediario convenutochiede che il ricorso venga dichiarato irricevibile attesa l’incompetenza temporale dell’Organo adito. Ciò in quanto “il rapporto di mutuo ed il successivo accollo (rapporti per i quali la ricorrente interviene nella qualità di garante)” al centro dei fatti qui controversi “si sono instaurati antecedentemente al 1° gennaio 2009”. Nel merito la resistente, pur ammettendo un ritardo nella comunicazione alla ricorrente della segnalazione dello status di sofferenza del debitore principale, dovuto ad un non meglio precisato “disguido tecnico”, ritiene le censure destituite di fondamento. In particolare, rileva che “la qualifica di fideiussore della ricorrente non le dà titolo per esercitare il diritto od ottenere copia della documentazione relativa ad un rapporto di cui non è parte; tale principio, oltre a discendere dalle regole generali, è ribadito anche dall’art. 4 del protocollo di intesa stipulato tra l’ABI e le Associazioni di Consumatori il 2/10/2002, come emendata da Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2/05/2005, che opponeva stabilisce che la banca è tenuta a comunicare al fideiussore, a richiesta di aver ceduto il rapporto controverso quest’ultimo, solo l’entità dell’esposizione complessiva del debitore, quale ad altra società finanziaria essa risultante al momento della richiesta, ma non anche a dargli informazioni di dettaglio sull’andamento del medesimo gruppo automobilisticorapporto, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentené meno che mai la relativa documentazione, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via ciò potendo avvenire unicamente previo ottenimento da parte del fideiussore del consenso scritto del debitore principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce Ritiene infine sfornito di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col prova l’asserito danno patito dalla ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere La resistente chiede che il ricorso poiché improcedibile per difetto venga dichiarato irricevibile ratione temporis, infondato nel merito e carente di legittimazione passivaprova.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, La vicenda portata alla cognizione del Collegio trae origine da un contratto di leasing finanziario automobilistico factoring pro solvendo, stipulato il 4 maggio 2006 tra la Società ricorrente e l’intermediario e la cui efficacia è cessata nel 2008 per effetto di esercizio del diritto di recesso da parte della Società, e che quest’ultima lamenta non essere stato correttamente eseguito. In particolare l’oggetto del contendere investe le modalità di gestione, da parte del factor, delle iniziative per la riscossione di due crediti, per l’importo nominale di complessivi € 88.167,62, aventi il loro titolo in fatture con opzione finale scadenza 2 gennaio e 1 febbraio 2007, emesse dalla ricorrente nei confronti di acquistoun impresa terza sulla base di un contratto di appalto. La locazione finanziaria prevedevaCome si legge nel reclamo – inviato in data 15 aprile 2009 – il factor sarebbe stato, infatti, colpevolmente inerte nell’attivare le iniziative giudiziarie per la riscossione dei crediti suddetti – la cui esistenza ed esigibilità, in principio confermata con lettere indirizzate al factor al momento della cessione, era stata successivamente contestata dal debitore ceduto, il quale aveva anzi sollevato diverse eccezioni per rifiutare il pagamento (da quella di falsità delle firme apposte sulle lettere di accettazione delle cessioni, a quella di compensazione per esistenza di maggiori crediti a proprio favore e derivanti da inadempimento del cedente al contratto di appalto) – al punto da optare, alla fine, per la retrocessione dei medesimi alla ricorrente, la quale ha dovuto così sostenere l’onere economico, oltre al pagamento che della restituzione dell’importo oggetto di anticipazione, anche delle iniziative finalizzate all’incasso, in via giudiziaria, dei crediti dal debitore ceduto. In relazione ai fatti così evidenziati la ricorrente, dopo aver sottolineato l’eccessiva onerosità del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione contratto di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 factoring (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorsonel frattempo risolto), ha accertato l’esistenza e l’attuazionechiesto all’intermediario, dal giugno 2003 all’aprile 2017in sede di reclamo, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto rimborsarle la somma di € 20.220,65 “per violazione del divieto di accordi tra imprese non aver beneficiato dei servizi e di pratiche concordate che possano pregiudicare avere sostenuto dei costi aggiuntivi per tutelarsi dagli attacchi temerari e pretestuosi del proprio cliente e per scuotere il commercio fra gli Stati membri factor dalla totale e ingiustificata inerzia”. Non avendo l’intermediario soddisfatto tale richiesta, la Società si è dunque rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario. Nel ricorso, ricevuto in data 30 ottobre 2009, oltre a ripercorrere le vicende illustrate nel reclamo la Società ha ampliato l’ambito delle proprie contestazioni, deducendo - oltre al difetto di cui all’artdiligenza dell’intermediario nell’esecuzione del contratto - anche contestazioni relative ad una più generale mancanza di correttezza e trasparenza nella contabilizzazione delle operazioni e nella gestione degli accrediti, nonché contestazioni in ordine alla mancata restituzione, all’esito della cessazione del contratto, delle fideiussioni a suo tempo rilasciate. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiSulla base di tali allegazioni la ricorrente ha, ivi compreso dunque, concluso chiedendo all’ABF di volere condannare l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, pagamento delle seguenti somme: - € 20.220,65 per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto “spese vive sostenute e giustificate oltre interessi legali”; - € 24.783,98 per “maggiori oneri sostenuti oltre interessi legali”; - € 10.000,00 a titolo di interessi “forfait per danni relativi al blocco del fido concesso e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto all’immagine della nullità delle relative clausole del contratto di leasing società”; - € 100,00 per violazione del divieto di intese restrittive) nonchécopia estratti conto richiesti. L’intermediario ha risposto al ricorso con controdeduzioni, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017ritualmente depositate, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMcon cui contesta tutti gli addebiti mossi al suo operato. In seguito particolare, quanto alla contestazione relativa al riscontro negativodeficit di diligenza nella riscossione dei crediti di cui alle due fatture sopra citate, l’intermediario, dopo aver dato conto dello scambio di corrispondenza intervenuto a più riprese con il debitore ceduto, e delle contestazioni sollevate da quest’ultimo, ha sottolineato come la retrocessione di tali crediti – oltre a costituire oggetto di una facoltà contrattualmente riconosciutagli, dal momento che nelle operazioni di factoring pro solvendo il cedente è tenuto a garantire non solo l’esistenza e l’esigibilità del credito ma anche che lo stesso verrà regolarmente saldato e in data 19.03.2019caso di mancato pagamento deve rimborsare l’anticipo ricevuto ed è tenuto a farsi carico delle azioni legali di recupero - fosse stata espressamente concordata con la ricorrente. Alla controdeduzione dell’intermediario, dell’intermediario convenutola ricorrente ha replicato, ulteriormente ampliando l’oggetto delle proprie contestazioni. In sede di replica la Società ha, infatti, lamentato che dal comportamento dell’intermediario, che opponeva ha determinato l’estinzione anticipata degli affidamenti ricevuti dalla ricorrente, sarebbero derivati ulteriori danni che vengono quantificati nella somma di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF € 500.000,00. Sempre in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principalesede di replica, la restituzione Società articola altresì la domanda di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione condanna al pagamento di una somma equivalente al valore dei crediti oggetto della retrocessione da parte del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivafactor.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatoretitolare di una carta di credito e di una carta bancomat, deduce espone di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, subito in data 16.12.201611.08.2020 due truffe telematiche di € 390,00 ciascuna. Riferisce nello specifico: - che in data 11.08.2020 gli veniva richiesto via mail un aggiornamento dei dati della carta di credito e del relativo conto corrente “consistente in un mero click”; - che alle ore 16:00 del giorno successivo veniva avvisato dall’Ufficio frode dell’intermediario convenuto che l’11.08.2020 era stato disposto, tramite la carta bancomat, un contratto pagamento on line a sua insaputa, rivelatosi poi essere un’operazione di leasing finanziario automobilistico € 390,00, subito disconosciuta; - che l’intermediario ha provveduto al blocco dello home banking in data 11.08.2020 per “operazione/flusso anomalo”; - che agli inizi del settembre 2020 si accorgeva che, sempre nella giornata dell’11.08.2020, era stata compiuta un’ulteriore operazione di € 390,00, questa volta tramite la carta di credito, parimenti disconosciuta. Afferma che le transazioni sono avvenute senza alcuna richiesta né comunicazione di PIN/credenziali e senza alcuna autenticazione forte sostenendo che le stesse “non sono state effettuate con opzione finale l’accesso tramite credenziali, avendo sia l’home banking che la carta di acquistocredito PIN che nulla hanno a che vedere con le credenziali di accesso, peraltro anch’esse mai inserite”. La locazione finanziaria prevedevaLamenta la negligenza dell’intermediario per non aver bloccato preventivamente i movimenti anomali “da esso stesso identificati come tali”. Ritiene che la truffa informatica occorsa sia identificabile come “home banking e phishing/man-in-thebrowser” richiamando l’obbligo per gli intermediari di adottare accorgimenti adeguati per prevenire l’illecita captazione di dati attraverso il phishing, oltre al pagamento onde evitare accessi non autorizzati. Afferma che “[q]ualora si verifichi un accesso non autorizzato o l’impiego dei dati raccolti per finalità non conformi alla legge, il gestore risponde ex art. 2050 c.c.” trattandosi di responsabilità oggettiva “aggravata” e che pertanto il prestatore del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10servizio, per un totale andare esente da responsabilità, non deve solo dimostrare di Euro 2.117,10 (cfraver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno sofferto, ma fornire altresì la prova positiva di una causa esterna. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio Sostiene che, nel caso di specie, l’intermediario non ha adottato la diligenza professionale richiesta, né dimostrato l’adeguatezza dei presidi di sicurezza predisposti; in particolare non ha dimostrato che le operazioni sono state eseguite con ordinanza n. 2047/2019, ne un sistema dinamico di autenticazione né la presenza di un servizio di SMS Alert. Inoltre non ha disposto la sospensione sospeso in via cautelare fino alla decisione del merito, per precauzionale la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaseconda transazione sospetta.

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FATTO. Il ricorrenteLa questione oggetto della controversia attiene all’accertamento del diritto del ricorrente alla liberazione dalla garanzia fideiussoria e alla cancellazione della segnalazione dalla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia. Con ricorso presentato il 2 ottobre 2015, che si qualifica non consumatorecon l’assistenza di un difensore – preceduto da reclamo del 19 gennaio 2015, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoriscontrato dall’intermediario il 10 febbraio 2015 - il ricorrente ha esposto che, in data 16.12.201628 luglio 2008, prestava – insieme ad altri due garanti - una fideiussione a favore della resistente per garantire l’esposizione debitoria di una s.r.l., di cui deteneva anche alcune quote. Successivamente, con atto del 15 luglio 2010, cedeva la propria partecipazione nella suddetta s.r.l. e, contestualmente, un contratto terzo si assumeva l’onere della fideiussione prestata dal ricorrente, obbligandosi a notificare all’intermediario l’avvenuto accollo della garanzia. Tuttavia, quest’ultimo non provvedeva a liberare il fideiussore, senza alcuna plausibile motivazione, e nonostante il fatto che la garanzia non avrebbe comunque subito alcuna diminuzione, dato che il patrimonio immobiliare dell’accollante risulta in costante aumento. L’intermediario, inoltre, non ha mai inviato comunicazioni relative al piano di leasing finanziario automobilistico ammortamento del debito garantito, né ha rispettato gli obblighi di informazione e trasparenza previsti dagli artt. 117 e 119 TUB; a causa di tale comportamento del creditore, in contrasto con opzione finale la clausola generale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevabuona fede e correttezza, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione il fideiussore non è venuto a conoscenza dello stato di commissioni crisi della società debitrice e spese per Euro 488,00 e delle successive vicende che hanno poi condotto alla conclusione di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, una “transazione” con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020debitore principale. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi particolare, poi, l’omessa comunicazione al garante dell’aggravamento del contratto di finanziamento (sul presupposto rischio ha determinato l’estinzione della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéfideiussione, ai sensi dell’art. 7 1956 cod. civ.. Il ricorrente ha contestato, infine, di essere stato iscritto nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia (stato del d.lgsrapporto “garanzia non attivata”) senza aver ricevuto alcun preavviso di segnalazione; una iscrizione pregiudizievole che gli ha impedito di ottenere la concessione di una linea di credito. n. 3/2017Insoddisfatto dell’esito del reclamo si è rivolto all’Arbitro bancario finanziario e ha chiesto di i) dichiarare la liberazione dalla fideiussione; ii) ordinare la cancellazione dalla Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia della segnalazione pregiudizievole; iii) condannare l’intermediario al risarcimento dei danni patiti quantificati in € 50.000,00; iv) disporre la refusione delle spese sostenute per la presentazione del ricorso. Nelle controdeduzioni, il risarcimento del danno subito presentate l’11 novembre 2015, l’intermediario ha precisato, quanto al rapporto principale, che, a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativodi numerosi inadempimenti, in data 19.03.201914 aprile 2014 inviava atto di precetto alla società debitrice e ai fideiussori, dell’intermediario convenutocon cui intimava il pagamento delle somme dovute entro dieci giorni; successivamente, perveniva a un accordo transattivo con il debitore il quale si obbligava a versare a saldo euro 1.220.000,00. Ciò premesso, la resistente ha eccepito che opponeva l’accollo della garanzia ha avuto una efficacia soltanto interna tra le parti, atteso di aver ceduto non avere mai acconsentito alla liberazione dell’accollato. Nemmeno sussistono i presupposti dell’art. 1956 cod. civ., in quanto la transazione conclusa con la società debitrice non ha aggravato il rapporto controverso ad altra società finanziaria rischio cui è sottoposto il garante, come confermato dal fatto che l’accordo tende soltanto al recupero del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentecredito, senza convenire alcuna novazione del rapporto obbligatorio. Infine, per quanto concerne la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: segnalazione nella Centrale dei Rischia, l’intermediario ha precisato che la sua classificazione come 1. in via principalegaranzia non attivata” non ha alcun effetto pregiudizievole, di guisa che è parimenti infondata la restituzione domanda di tutte le commissionirisarcimento dei danni, spese peraltro nemmeno allegati e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”provati. L’intermediario, costituitosiinfine, eccepisce ha sostenuto di aver ceduto avere adempiuto agli obblighi informativi, sebbene, per quanto riguarda il ricorrente, le relative comunicazioni non sono andate a buon fine. L’istante ha depositato note di replica nelle quali, in data 1.03.2019 riferimento a tale ultima circostanza, ha eccepito che le comunicazioni non gli erano inviate nell’indirizzo di residenza, bensì ad altra finanziaria un recapito errato, con conseguente responsabilità dell’intermediario per negligenza. Ha, quindi, ribadito che la liberazione dalla fideiussione in conseguenza dell’accollo della garanzia è dovuta per la cospicua garanzia patrimoniale offerta dall’accollante e che, per altro profilo, l’accordo transattivo contiene clausole che rendono ben più gravosa la posizione del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo fideiussore. Ha insistito ancora per l’illegittimità della segnalazione, stante anche la violazione dell’obbligo di azienda dedicato al business preavviso. L’intermediario ha riscontrato le deduzioni integrative con ulteriori note, nelle quali ha ulteriormente sottolineato che la liberazione dell’accollato non è configurabile come atto dovuto dal creditore, e non è soggetto nemmeno ad un obbligo di motivazione del leasing finanziarioproprio rifiuto. Mentre, comprensivo dell’intero portafoglio prodottiper quanto riguarda l’accordo transattivo, ivi incluso non si può dubitare che la dilazione nei pagamenti rappresenti un vantaggio anche per il contratto fideiussore, atteso che il creditore avrebbe potuto richiedere l’immediata restituzione delle somme dovute e – in caso di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentemancato pagamento – procedere all’escussione delle garanzie. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità Infine, la segnalazione, ai sensi della Circolare Banca d’Italia n. 139/91 Cap. 2, sez. 2, par. 3, deve essere effettuata automaticamente a seguito del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivarilascio della garanzia.

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FATTO. La ricorrente è una s.r.l. in liquidazione esposta verso il ceto creditorio, cui appartiene altresì la banca resistente in forza di un pregresso rapporto di finanziamento regolato in conto corrente. Il 18 giugno 2012, la società ricorrente, in persona del suo liquidatore, sporgeva reclamo alla banca resistente, lamentando il fatto che si qualifica non consumatorela resistente avesse bloccato, deduce rendendola indisponibile, la somma di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto€ 4.059 equivalente al rimborso del credito IVA effettuato dall’erario, in data 16.12.2016versata alla ricorrente il 28 maggio. Tale somma, nell’ambito del concordato preventivo stragiudiziale che la ricorrente stava tentando di negoziare coi creditori, doveva destinarsi al pagamento dei soli creditori privilegiati, mentre i crediti vantati dalla resistente nei confronti della ricorrente erano di natura esclusivamente chirografaria. Nel riscontro dell’11 luglio 2012, la resistente sottolineava l’impossibilità a concedere la disponibilità della somma alla luce, da un lato, dello stato di sofferenza della ricorrente, dall’altro del mancato accoglimento (datato 7 giugno 2012) da parte della banca della sopradetta proposta di concordato stragiudiziale formulata dalla ricorrente. Non risultava inoltre alla resistente che altri creditori avessero approvato alcuno dei termini del piano di esdebitamento avanzato. Dal momento che il concordato stragiudiziale era un contratto atipico, teso alla ricerca del consenso dei creditori ad un progetto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale salvataggio di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliun’azienda, la corresponsione resistente avrebbe messo a disposizione della massa di commissioni e spese per Euro 488,00 e creditori, solo una volta identificata la stessa ed ottenuto il consenso di interessi passivi per Euro 1.629,10tutti i creditori, ogni somma attiva. Insoddisfatta della replica ottenuta, il 19 settembre 2012 la ricorrente presentava ricorso illustrando come, nel giugno 2010, avesse ottenuto dalla resistente una linea di finanziamento garantita da fidejussione dei soci per un totale di Euro 2.117,10 € 100.000, ma come già nel dicembre dell’anno successivo, in dipendenza della crisi generale del sistema economico, si fosse trovata costretta a cessare l’attività e deliberare la messa in liquidazione. La proposta di concordato preventivo stragiudiziale elaborata dal liquidatore, che prevedeva il pagamento per intero dei creditori privilegiati e per il 13% di quelli chirografari tramite il ricavato della cessione della licenza dell’attività e il credito IVA di € 4.058, veniva rigettata dalla resistente. Di tale credito IVA il liquidatore chiedeva inizialmente il rimborso alla resistente, salvo poi domandare all’agente di riscossione l’accreditamento dell’importo su altro conto corrente presso altra banca. Proseguiva la ricorrente evidenziando come la resistente, dopo aver bloccato e reso indisponibile la somma, avesse provveduto ad estinguere i rapporti con la ricorrente ed a passarne a sofferenza la posizione. Alla proposta formulata l’8 febbraio 2012 dai fideiussori del pagamento di € 40.000 a saldo e stralcio della posizione debitoria, seguita da un’ulteriore offerta di € 9.000 in caso di accettazione del concordato stragiudiziale, la resistente non aveva fornito alcuna replica, limitandosi a trattenere il credito IVA. In ragione dell’indisponibilità dei fondi e della mancata adesione della resistente/creditrice (cfroltre che di altri due fornitori di utenze energetiche e telefoniche) alla proposta concordataria. allTanto aveva fatto sì che alla ricorrente fosse stato impossibile stipulare la cessione di ramo d’azienda, risolta per come previsto dall’art. b) 2560 c.c. in quanto subordinata al ricorso)buon fine del concordato. Inoltre, era diventata esecutiva la procedura di sfratto promossa dal locatore dei locali della ricorrente il che ne andava per ciò solo a pregiudicare ogni possibilità di recupero. Concludeva la ricorrente, imputando all’atteggiamento “ostruzionistico” della resistente il grave pregiudizio arrecato ai creditori privilegiati e domandando a questo Arbitro la restituzione della disponibilità del credito IVA, nonché, ove ravvisato un comportamento scorretto da parte resistente, l’adozione degli opportuni provvedimenti. Il 19 ottobre 2012 la resistente depositava le controdeduzioni in cui, dopo aver ripercorso i fatti come già narrati, sottolineava di non aver mai avuto conferma dall’approvazione del piano di esdebitamento proposto dalla ricorrente deduce che l’Autorità Garante da parte di altri creditori e ribadiva la propria disponibilità a rendere disponibile le somme attive una volta ricevuta tale approvazione. Precisava inoltre come l’art. 2560 c.c. non contemplasse alcun obbligo ma solo facoltà dei creditori a liberare l’alienante dai debiti pregressi. Richiamava poi, a conforto della Concorrenza e legittimità del Mercatosuo operato, con provvedimento n. 27492/2018 le condizioni generali di contratto sottoscritte il 24 maggio 2010, a mente delle quali “in caso di insolvenza del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, titolare del rapporto la banca è espressamente autorizzata a compensare più rapporti o più conti di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentequalsiasi genere o natura ancorché i crediti non siano liquidi ed esigibili, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione obbligo di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati preavviso e/o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessiformalità”. L’intermediarioConcludeva pertanto la resistente, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria chiedendo a questo Arbitro la reiezione del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrenteAttraverso un’associazione di consumatori, il ricorrente (che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, aveva stipulato una polizza assicurativa abbinata ad un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento a copertura dei rischi di decesso, invalidità, inabilità e disoccupazione) contestava il rifiuto di dar corso al richiesto indennizzo oppostogli dalla compagnia, nonostante fosse stato licenziato. Questa rispondeva il 30 maggio 2013, confermando la propria posizione, adducendo che l’assicurato era socio di una cooperativa e in quanto tale parificato ad un lavoratore autonomo, con opzione finale conseguente inoperatività della copertura per il licenziamento. Sempre a mezzo della medesima associazione, l’assicurato, con lettera del 15 luglio 2013, presentava quindi reclamo all’intermediario con il quale aveva stipulato il contratto di acquistofinanziamento, alla compagnia con la quale aveva concluso il collegato contratto di assicurazione e alla banca che aveva erogato il prestito, per formalizzare la richiesta di corresponsione di un indennizzo in misura pari alle rate di rimborso del finanziamento con scadenza successiva all’intervenuto licenziamento, costituendo questo il rischio assicurato. La locazione finanziaria prevedevarispondeva, facendo semplicemente presente di avere inoltrato la richiesta alla compagnia, che, dal canto suo, ancora una volta confermava la precedente posizione. Il cliente adiva quindi l’Arbitro Bancario Finanziario chiedendo disporsi, sulla base del collegamento funzionale tra contratto bancario e polizza, che gli venisse corrisposto “l’indennizzo assicurativo in misura pari all’ammontare delle rate del finanziamento a far data dall’evento (perdita impiego) fino all’estinzione del finanziamento stesso, oltre interessi legali alla data del reclamo al pagamento del prezzo dell’autovettura saldo”. Accludeva al ricorso, oltre alla corrispondenza scambiata con la compagnia e la finanziaria, il modulo di adesione alla polizza collettiva in 48 rate mensiliesame, la corresponsione lettera di commissioni licenziamento con effetto al 30 settembre 20012 della cooperativa di cui era dipendente, un attestato di inserimento nelle liste di mobilità e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10una comunicazione della resistente, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017datata 19 luglio 2013, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche sollecito di pagamento delle rate di rimborso del finanziamento inevase. La parte resistente faceva pervenire le proprie controdeduzioni, eccependo in primo luogo e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del preliminare l’incompetenza dell’ABF a conoscere della vertenza in esame in quanto avente ad oggetto l’interpretazione di clausola di contratto assicurativo; in via subordinata chiedeva rigettarsi la domanda per proprio difetto di legittimazione passiva, risultando legittimata solo la compagnia, e, in estremo subordine nel merito, di rigettarsi il ricorso perché infondato. Sotto quest’ultimo profilo, sosteneva che la copertura assicurativa stipulata fosse meramente facoltativa e che non sussistesse alcun elemento utile a fondare una propria responsabilità precontrattuale per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto aver tenuto un comportamento contrario a titolo di interessi e costi buona fede al momento della sottoscrizione del contratto di finanziamento (sul presupposto e della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchépolizza. Versava agli atti, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, oltre alla corrispondenza intercorsa con il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentefase di reclamo, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione copia del contratto di finanziamento sottoscrittoe della richiesta di adesione alla polizza collettiva, previa dichiarazione nonché delle condizioni generali di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi polizza non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivasottoscritte però dall’assicurato.

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FATTO. Il Con ricorso presentato in data 4 novembre 2015, il ricorrente, assistito da un legale di fiducia, espone di essere titolare di un mutuo ipotecario, stipulato il 13 luglio 2010, per un importo pari a 205.200,01 euro, da rimborsare in 300 rate mensili (a scadenza posticipata) da 915,41 euro, oltre alla prima rata da 1.177,10 euro. L’operazione, precisa il ricorrente, è stata inserita, ai fini fiscali, in quelle che si qualifica non consumatoregodono dei benefici “prima casa” in quanto, deduce a norma dell’art. 1 del contratto di aver sottoscritto con l’intermediario convenutomutuo in oggetto, il mutuo è stato erogato per l’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale. I pagamenti mensili “sono stati piuttosto regolari dalla data di stipula sino ai primi mesi del 2015”, periodo in cui il ricorrente ha attraversato difficoltà economiche-finanziarie, a causa della perdita del lavoro; di conseguenza, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,1011 maggio 2015, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce evitare che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatomaturassero interessi sulle quote insolute, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto chiedeva la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, “moratoria ai sensi dell’art. 7 1, comma 246, legge di stabilità 2015”. In tal modo, attraverso l’accesso alla sospensione del d.lgs. n. 3/2017piano di ammortamento, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMricorrente avrebbe potuto tentare di risanare le proprie difficoltà economiche. A seguito di tale istanza, nelle more di istruttoria così avviata, l’intermediario invitava il ricorrente ad accedere ad una propria misura interna in tali casi prevista, il cd. “Piano Arca”. In seguito al riscontro negativotale piano era prevista la rateazione di n. 3 di rate in 8 mesi, con contestuale sospensione del piano di ammortamento, permettendo così di mantenere fermi i presupposti di regolare ammortamento del mutuo durante tutta la fase istruttoria, evitando la classificazione del mutuo a morosità. Tale “Piano Arca” è stato perfezionato in data 19 maggio 2015, con scadenza individuata per il 28 dicembre 2015. Il ricorrente, in data 19.03.201922 luglio 2015, dell’intermediario convenutoinviava all’intermediario la modulistica per l’accesso alla sospensione del mutuo (ex art. 1, che opponeva comma 246, l. 190/2014. Con nota del 7 agosto 2015, l’intermediario comunicava “la non procedibilità della richiesta poiché la legge in questione risulta di aver ceduto il fatto applicabile ai titolari di rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticodi lavoro subordinato”. Tuttavia, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente31 agosto 2015 reiterava la richiesta di accesso alla sospensione del mutuo, rilevando che la ratio della disciplina di cui alla legge 190/2014, art. 1, comma 246, “era finalizzata alle famiglie in difficoltà, senza convenire distinzioni di sorta”. Più in particolare, il ricorrente, riportando integralmente il menzionato art. 1, evidenzia che la finanziaria cessionariamisura della sospensione del piano di ammortamento è rivolta ad una duplice categoria di soggetti: le famiglie e le imprese. Inoltre, dato che tale distinzione è riconducibile esclusivamente alla natura del finanziamento erogato, “a nulla rileva che il contraente sia anche titolare di una impresa individuale in quanto al momento dell’erogazione egli agiva nella qualità di soggetto privato”. Sul punto l’intermediario, riscontrando negativamente anche tale ulteriore istanza, rileva che, ”sebbene la posizione lavorativa del comune cliente rientra tra quelle contemplate dalla legge di Stabilità (piccole medie imprese), il finanziamento per il quale il suo assistito richiede ulteriore sospensione è un mutuo ”privato”. Nei casi di specie è previsto che la moratoria venga applicata esclusivamente ai lavoratori dipendenti, circostanza già ampiamente esplicitata dalla Direzione della Filiale di (…)”. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1contesta il rilievo manifestato dall’intermediario, evidenziando che ha sempre agito nella veste di consumatore e nell’interesse della propria famiglia tanto che il mutuo era finalizzato all’acquisto della prima casa. in via principaleDiversamente, la restituzione posizione lavorativa del ricorrente assume un ruolo fondamentale (solamente) nella dimostrazione delle cause che lo hanno indotto ad avanzare la richiesta moratoria ai sensi del citato comma 246. Inoltre, evidenzia, che la legge non indica alcuna specifica limitazione e/o condizione per l’accesso a tale misura, limitandosi ad estenderla a famiglie e/o imprese, conferendo delega per un successivo accordo per gli ulteriori aspetti. L’accordo tra ABI e le associazione di tutte categoria del 31 marzo 2015, individua all’art. 3 gli eventi che danno diritto all’accesso a tale misura e sul punto il ricorrente rileva che l’art. 3, tutelando esclusivamente “i lavoratori dipendenti a discapito di quelli autonomi”, introdurrebbe una disparità di trattamento, illegittima non solo alla luce dei precetti costituzionali, ma anche per “eccesso di delega”, considerando che l’unica distinzione prevista al comma 246 era quella tra imprese e famiglie, le commissioniquali ricomprendono “i lavoratori autonomi al pari di lavoratori dipendenti”. Si sottolinea, spese di conseguenza, l’illegittimità del diniego all’accesso della misura in esame, laddove esso traesse fondamento nell’art. 3 succitato, disposizione “che andrebbe disapplicata poiché illegittima sotto il profilo dei principi costituzionali, quantomeno per violazione degli artt. 2, 3, 4, 29,35 e interessi pagati 47 della Carta (...). Nel che si concreta la violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale (...). In definitiva l’art. 3 va disapplicato ove erroneamente interpretato”. In conclusione, si rappresenta così, per le ragioni su esposte, un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma qui in esecuzione rilievo (art. 3 succitato), con conseguente ammissibilità ed applicabilità anche ai lavoratori autonomi, e dunque, al caso di specie. corso di ammortamento per un periodo di n. 8 mesi (dal 22 maggio 2015 al 21 gennaio 2016), tramite il pagamento rateale di modesto importo, avrebbe ripianato la debitoria morosa. Il 21 luglio 2015 il ricorrente richiedeva una sospensione del contratto piano di ammortamento del mutuo in oggetto ritenendo di poter accedere alla misura prevista, ricevendo, però, risposta negativa, risultando mancanti i presupposti per potervi accedere; in data 31 agosto 2015 presentava reclamo, riscontrato con nota del 30 settembre 2015. Il focus della vicenda ruota intorno alla errata interpretazione dell’art. 1, comma 246, della legge n. 190/2014; le categorie individuate da tale normativa sono due, distinte e separate: le famiglie e le imprese piccole e medie; in ossequio a tale disposizione di legge, l’ABI ha stipulato due accordi: uno con le Associazioni di categoria delle imprese in data 1° aprile 2015, a beneficio di queste ultime, ed un altro in data 31 marzo 2015 con le Associazioni dei consumatori a beneficio delle famiglie. Posto che la condizione di accesso alla sospensione dei pagamenti delle rate di finanziamenti concessi a favore delle PMI è legata alla finalità del finanziamento sottoscrittostesso, che deve essere erogato per finanziare i costi a beneficio dell’impresa, il finanziamento in oggetto non può dirsi rientrante in tale categoria, in quanto erogato per l’acquisto della prima abitazione. D’altro canto, le condizioni di accesso alla sospensione delle rate del mutuo erogato per l’acquisto della prima casa, previste all’art. 3 dell’accordo ABI/Associazioni dei Consumatori, non comprendono la fattispecie rappresentata dal ricorrente, quale imprenditore e lavoratore autonomo; tali misure sono infatti rivolte ai lavoratori dipendenti con contratti di lavoro subordinato o parasubordinato che hanno perso l’occupazione o che hanno avuto accesso, o avranno a breve accesso, ai trattamenti statali di sostegno al reddito (CIG o CIGS). Per tali ragioni, l’intermediario ribadisce di aver operato correttamente, nel pieno rispetto della legge vigente, “a nulla valendo la tesi di controparte che vorrebbe fosse disatteso da parte della parte resistente il dettato normativo, asseritamente giudicato incostituzionale”. In relazione alle rispettive argomentazioni, il ricorrente chiede “di accogliere il presente ricorso e per l’effetto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2disapplicazione dell’art. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.3 dell’accordo ABI 31 marzo 2015:

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FATTO. Il ricorrentePrevia produzione del reclamo, rigettato dall’intermediario, il ricorrente agisce nei confronti dell’intermediario mutuante, ai fini dell’accertamento del diritto nei confronti di questi ad una serie di adeguamenti delle rate del contratto di mutuo (rapporto contrattuale che questo Collegio ha già avuto modo di conoscere in relazione a separato ricorso oggetto di precedente decisione). L’art. 4 del contratto di mutuo e surrogazione definisce “il tasso nominale annuo da applicare al mutuo”, prevedendo la possibilità per il mutuatario, a determinate condizioni e scadenze, di passare dal tasso fisso a quello variabile e viceversa. L’ultimo paragrafo dell’articolo citato prevede che l’ammontare delle rate dovrà essere determinato di volta in volta e l’importo dovrà essere preventivamente comunicato alla parte mutuataria. L’art. 4 non prevede che, a seguito dell’esercizio dell’opzione, si qualifica non consumatoredebba aggiungere un eventuale spread agli Euribor 6M rilevati sul mercato, deduce bensì dispone che la parte mutuataria ha la facoltà “di aver sottoscritto optare per una differente individuazione della misura del tasso di interessi”. Dal 5 maggio 2012, “il mutuo in oggetto è regolato a tasso variabile con parametro Euribor 6M e, stante quanto si evince dal documento di sintesi allegato al contratto di mutuo, tale parametro è da rilevare e utilizzare con base 360”. Nondimeno, l’intermediario convenutoresistente asserisce che dalla rata 37 del 4 giugno 2012 è stato applicato un tasso pari al 2,298%, ottenuto dall’Euribor 6M pari a 1,198% più lo spread di 1,10%. La mutuante afferma altresì che il contratto di mutuo è regolato a tasso variabile da aggiornare ogni sei mesi ma, in data 16.12.2016realtà, un avrebbe applicato il tasso determinato a partire dalla rata di giugno 2012 per sette mesi consecutivi. Infine, il contratto di leasing finanziario automobilistico mutuo e surrogazione è l’ultimo rapporto instaurato e l’unico esistente con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)l’intermediario. Il ricorrente deduce lamenta che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 “la banca non ha mai inviato alcun documento (prodotto sub all. cfatta eccezione per i riscontri ai reclami) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020presso il” suo indirizzo PEC. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticoconclusione, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF chiede che, in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: rispetto della corretta applicazione delle condizioni contrattuali a seguito dell’esercizio dell’opzione 1. in via principalescelta tasso”, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.banca:

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FATTO. Il ricorrenteCon determinazione prot. n. 212006/RU del 19 maggio 2022 l’Agenzia delle Accise, che si qualifica non consumatore, deduce delle Dogane e dei Monopoli deliberava di aver sottoscritto indire una gara comunitaria con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, procedura aperta ai sensi dell’art. 7 60 del d.lgs. 50/2016 avente ad oggetto la fornitura di materiale di vestiario operativo, vestiario per climi rigidi e vestiario per climi caldi per le esigenze del proprio personale, per un periodo di 60 mesi consecutivi decorrenti dalla data di stipula del contratto. La gara veniva suddivisa in due lotti: - lotto 1 -CIG 9235300AA5 - vestiario operativo - vestiario per climi rigidi - vestiario per climi caldi di importo pari ad € 17.732.500,00 di cui costi relativi alla sicurezza non soggetti a ribasso finalizzati all’eliminazione dei rischi da interferenze pari a zero; - lotto 2 – CIG 9235342D4D - calzature operative - calzature per climi rigidi - calzature per climi caldi di importo pari ad € 3.416.000,00 di cui costi relativi alla sicurezza non soggetti a ribasso finalizzati all’eliminazione dei rischi da interferenze pari a zero. Il bando di gara veniva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 5a Serie Speciale - Contratti Pubblici n. 3/2017, il risarcimento 58 del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, 20 maggio 2022 e spedito alla GUUE in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria13 maggio 2022. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1termine per la presentazione delle offerte, originariamente fissato al 27 giugno 2022, veniva prorogato al 12 settembre 2022 a seguito di richiesta di alcuni operatori economici, Entro tale termine pervenivano due offerte per il lotto 1 ed un’offerta per il lotto 2. in via principaleCon determinazione direttoriale prot. n. 434564/RU del 26 settembre 2022 veniva nominata la Commissione giudicatrice, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione cui composizione veniva integrata con determinazione direttoriale prot. n. 437861/RU del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva28 settembre 2022.

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FATTO. Il ricorrenteParte ricorrente riferisce che in data 12/02/2019 effettuava l’acquisto on line di un cellulare; il venditore, che si qualifica pur avendo ricevuto il pagamento nella stessa data, non consumatoreha consegnato il bene nelle tempistiche da lui dichiarate. Dopo diversi tentativi a mezzo telefonico, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoe-mail e mediante R.R., il venditore non consegnava il bene e non restituiva i soldi; in data 15/04/2019 veniva effettuata denuncia presso la Polizia Postale e l’accaduto veniva segnalato ad una associazione a tutela dei consumatori. Terminati tutti i possibili tentativi, in data 16.12.201601/08/2019 e poi in data 10/09/2019 effettuava richiesta di chargeback all’intermediario, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)senza esito positivo. Il ricorrente deduce chiede all’ABF che l’Autorità Garante venga applicata la procedura di Charge Backcome con la relativa restituzione della Concorrenza e del Mercatosomma di euro 414,00. L’intermediario eccepisce che l’intermediario è responsabile solo di un eventuale inadempimento o inesatto adempimento nell’esecuzione di una operazione di pagamento, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017come avviene nel caso di esecuzione di pagamenti non autorizzati, di un’intesa restrittiva della concorrenza errori nell’individuazione del beneficiario ovvero di erroneità nell’indicazione dell’importo da addebitare; in base all’art. 17, c. 7, D.Lgs. n. 11/2010, come chiarito dal Collegio di Coordinamento, n. 1260/14: «il diritto al rimborso non deriva dal fatto che è insorta una disputa tra svariate case automobilistiche e le loro captive banksil pagatore ed il beneficiario, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione ma può essere attribuito al pagatore nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto prestatore di accordi tra imprese e servizi di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri pagamento (in deroga la principio di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative irrevocabilità) da clausole del contratto quadro, da norme di leasing legge nazionali o da fonti sub legali nazionali, nel caso di disputa tra il pagatore ed il beneficiario del pagamento». La materia del contendere attiene dunque alla possibilità che l’utilizzatore di una carta ottenga dall’emittente il rimborso della somma oggetto di transazione nell’ipotesi di inadempimento dell’esercente (procedura di chargeback): tale procedura consente di procedere al rimborso di una transazione prevedendo che l’intermediario emittente la carta (issuer) possa regolare lo storno dell’addebito in accordo con l’intermediario dell’esercente (acquirer) attraverso le infrastrutture del circuito di pagamento. Lo storno è dunque chiesto per violazione motivi che non attengono al rapporto con l’erogatore del divieto servizio di intese restrittive) nonchépagamento: il motivo della richiesta di annullamento dell’operazione è quindi del tutto esterno a tale rapporto e non è in alcun modo imputabile al gestore dei servizi di pagamento. L’intermediario asserisce inoltre che la procedura di chargeback non attribuisce un diritto incondizionato al rimborso essendo sottoposto ai limiti e alle condizioni previste da i regolamenti dei Circuiti Internazionali di pagamento (art. 17, ai sensi dell’art. 7 del d.lgsc. 8, D.Lgs. n. 3/201711/2010), tra cui, nel caso di specie, il risarcimento del danno subito a causa termine di 120 giorni dalla data di esecuzione della violazione del diritto transazione per l’attivazione della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva procedura di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, chargeback; inoltre il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in ha lasciato decorrere 170 giorni tra la data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire di addebito (12/2/19) e l’inoltro della domanda di rimborso (1/8/19); ciò non ha permesso alla banca di attivare la finanziaria cessionariaprocedura di chargeback. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione La resistente chiede il rigetto del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il La ricorrente, che si qualifica non consumatoretitolare di ditta individuale, deduce riferisce di essere titolare di un conto corrente assistito da apertura di credito “nel quale sono confluite anche altre competenze e spese di rapporti accessori eccessivamente elevate”. In particolare contesta alla banca: - di aver sottoscritto con l’intermediario convenutocapitalizzato sin dall’accensione del rapporto “interessi ultralegali, commissioni e competenze varie, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante aperta violazione della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri norma imperativa di cui all’art. 101 1283 c.c., ma anche gli artt. 1346 e 1418 c.c.”, nonostante le sentenze della Corte di Cassazione del TFUEmarzo 1999 e della Corte costituzionale n. 425/2000 avessero sancito “la nullità della pratica della moltiplicazione esponenziale geometrica dell’interesse”; - di aver aumentato senza alcuna comunicazione le condizioni della fidejussione dal 2% al 3,20% (a luglio 2014), nonché “le spese fisse mensili che nel gennaio 2016 ammontavano a € 75,00”; - di non aver tempestivamente svincolato un BTP del valore di € 65.000,00, nonostante le numerose richieste avanzate determinando un aggravio di interessi pari a € 26.000,00 alla data del 17/9/2015; - di aver raddoppiato nel luglio 2014 il tasso d’interesse del conto corrente dal 7% al 14%superando il xxxxx xxxxxx xxxxx. Deduce altresì Sulla base di ciò la ricorrente adisce l’Arbitro per chiedere “la restituzione delle somme derivanti dagli interessi illecitamente percepiti dall’istituto di credito”. L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quali, con riferimento alla contestata applicazione di interessi anatocistici, ha precisato che tale provvedimento sanzionatorio il conto corrente è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiacceso dalla ricorrente il 29/10/2007 e il relativo contratto prevede la medesima periodicità di capitalizzazione su base trimestrale degli interessi creditori e debitori in conformità alla delibera CICR del 9/2/2000. Ha poi precisato che la ricorrente risultava altresì beneficiaria di un’apertura di credito in conto corrente, ivi compreso l’intermediario convenutogarantita da pegno, davanti di un castelletto per anticipazione fatture salvo buon fine, di n. 7 fideiussioni a prima richiesta rilasciate a favore di terzi, pure garantite da pegno. Con riferimento a queste ultime ha negato di aver mai effettuato alcun aumento dei costi suscettibile di comunicazione precisando di aver rilasciato - su richiesta della ricorrente e previo accordo scritto con la stessa, anche con riferimento ai relativi costi - n. 7 fideiussioni a prima richiesta a favore di terzi in tempi e per importi differenti. Ciò risulta evidente anche dalla documentazione prodotta dalla cliente che allega tre contabili riferite ad altrettanti rapporti. In merito al Tar ritardo nella vendita dei titoli BTP ha sottolineato che tali titoli erano stati costituiti in pegno a garanzia sia dell’apertura di credito in conto corrente che delle fideiussioni. La richiesta di svincolo dei titoli non è mai stata accompagnata dalla proposta di sostituzione della garanzia con altro bene di equivalente valore ovvero da alcuna dichiarazione di recesso/rinuncia da parte dei terzi beneficiari alle fideiussioni, né tantomeno dalla materiale restituzione delle stesse. La resistente ha quindi negato ogni responsabilità nella produzione degli interessi nel frattempo maturati sul conto corrente, essendosi limitata a proteggere e tutelare il proprio rischio di credito provvedendo a vendere i titoli solo a seguito dell’escussione delle fideiussioni avvenuta a ottobre 2015 sanando le relative esposizioni oltre a quella generatasi a seguito della revoca, a settembre 2015, dell’apertura di credito. Infine con riferimento all’asserita usurarietà del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne tasso come modificato nel luglio 2014 ha disposto precisato di non poter fare alcuna valutazione in quanto la sospensione ricorrente non specifica a quale rapporto si riferisce la doglianza; ha comunque osservato che dalla documentazione in via cautelare fino alla decisione possesso della banca non si evince alcuna modifica del merito, tasso dal 7% al 14%. Ha soggiunto che qualora la cliente intendesse riferirsi al tasso applicato all’apertura di credito in conto corrente pari al 14,918% il medesimo risultava inferiore al tasso soglia vigente all’1/7/2014 (16,750%) per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020categoria di appartenenza. In data 26.02.2019 Pertanto il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, resistente ha chiesto il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo Collegio di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivain quanto infondato.

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FATTO. Il I fatti sono stati così ricostruiti dalla ricorrente. - In data 27/01/2009, che si qualifica non consumatorela ricorrente stipulava, deduce di aver sottoscritto mediante scrittura privata e con l’intermediario una banca poi incorporata dall’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico transazione in forza del quale le parti, attraverso reciproche rinunce e concessioni, regolavano il possibile sorgere di contenzioso con opzione finale di acquistoriferimento a prodotti derivati swap offerti e collocati dalla banca. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili- Con la transazione, la corresponsione banca si impegnava a concedere credito a particolari condizioni ma disattendeva gli impegni assunti. - In particolare, in violazione dell’art. 2.3 del contratto, l’intermediario convenuto: - rifiutava la sottoscrizione di commissioni nuovi mutui ipotecari (per € 2.463.298,00) nonostante essi fossero contenuti entro il plafond contrattualmente previsto; - concedeva un’apertura di credito non eccedente € 600.000, nonostante la misura concordata fosse pari a € 850.000; - metteva a disposizione solo € 400.000 invece di € 800.000 come concordato per “denaro caldo e spese anticipi fatture”. - chiedeva la “fattorizzazione” del credito per Euro 488,00 dar corso all’anticipo fatture. - La ricorrente tentava una definizione bonaria della controversia, senza esito positivo. Priva di esito rimaneva anche la domanda di mediazione dinanzi all’Organismo forense di Imperia, prima, e di interessi passivi per Euro 1.629,10Genova, per un totale di Euro 2.117,10 (cfrpoi. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione - Alla luce di quanto corrisposto a titolo sopra e prima di interessi e costi adire il Tribunale di Genova quale foro convenzionale, la ricorrente chiede la risoluzione del contratto di finanziamento transazione per inadempimento della banca, con consequenziale declaratoria di reviviscenza. - La ricorrente lamenta infine “l’applicazione del tasso sui contratti di mutuo in corso (sul presupposto possibile usura), relativamente alla quale ha dato corso ad accertamenti peritali”, nonché la mancata produzione della nullità delle relative clausole documentazione integrale riguardante la controversia. In sede di controdeduzioni l’intermediario ha preliminarmente sollevato le seguenti eccezioni d’inammissibilità del ricorso: - difetto di competenza dell’ABF posto che la ricorrente “parrebbe richiedere la risoluzione del contratto di leasing transazione ossia una pronuncia avente natura costitutiva e quindi preclusa ad organismi diversi dall’Autorità giudiziaria”; - difetto di competenza per violazione del divieto materia e temporale rispetto alla domanda di intese restrittiveuna pronuncia relativamente alla reviviscenza (che deriverebbe dalla risoluzione della transazione) nonchédella fattispecie relativa a prodotti derivati swap; - difetto di competenza rispetto a domande di mero accertamento strumentalmente ed esclusivamente volte all’esercizio di azioni di condanna dell’intermediario per importi superiori a € 100.000,00; - mancanza di preventivo reclamo rispetto alla doglianza circa l’applicazione di tassi d’interesse asseritamente usurari ai contratti di mutuo in essere. Nel merito, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017l’intermediario, il risarcimento del danno subito a causa con riferimento al contenuto della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativotransazione, afferma che nel periodo marzo 2003-febbraio 2007, stipulava con la ricorrente alcuni contratti derivati di swap, di volta in data 19.03.2019volta estinti anticipatamente, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base fino al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, “IRS Range” sottoscritto il ricalcolo dei tassi applicati 14/2/2007 con scadenza al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva16/2/2017.

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FATTO. Il ricorrenteI fatti rilevanti ai fini della decisione sono i seguenti, che si qualifica non consumatoreprovati per tabulas e pacifici tra le parti:  E. ha commissionato ad A. un trasporto di merce relativo ad una partita di 620 cA. di telefoni cellulari, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, da consegnare al cliente finale Au.;  A. ha stipulato un contratto di leasing finanziario automobilistico subtrasporto con opzione finale Ma., per completare il trasporto da lei iniziato;  Ma. ha subìto il furto della merce trasportata;  E. ha riaccreditato ad Au. il prezzo della merce venduta ed ha poi ottenuto dalla propria assicurazione ACE l’indennizzo di acquisto€ 273.765 per la perdita della merce, del complessivo valore di mercato di € 388.518;  A. è quindi stata raggiunta dalla richiesta di XXX di rimborsare l’indennità corrisposta, nonché da una richiesta di E. di pagare la differenza tra il valore della merce e l’indennità assicurativa percepita. La locazione finanziaria prevedevaCiò posto in linea di fatto, A. conviene in giudizio Ma. per ottenerne la condanna a risarcire il danno subìto, quantificato, ex art. 1696 commi 1 e 4 c.c., nel prezzo della merce perduta, pari ad € 388.518, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura rivalutazione ed interessi. Costituendosi in 48 rate mensiligiudizio, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10resiste Ma., per un totale verso deducendo il difetto di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese legittimazione attiva e di pratiche concordate interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. di A., non avendo la stessa a sua volta ancora provveduto a risarcire il danno a E. od Au.; per altro verso negando una propria colpa grave in relazione al furto subìto, ciò che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’artcomporta comunque una rimodulazione della responsabilità risarcitoria ex art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati1696 comma 2 c.p.c.; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. da ultimo ed in ogni caso, con rivalutazione e interessi”chiedendo ed ottenendo la chiamata in giudizio della propria assicurazione CNA per essere garantita in denegata ipotesi di condanna. L’intermediarioRitualmente costituitasi, costituitosi, anche CNA eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente attorea; l’inammissibilità comunque della domanda per la finanziaria cessionariaparte concernente la richiesta di risarcimento pervenuta ad A. da E.; la prescrizione ex articolo 2952 comma 2 c.c. Conclude chiedendo dei diritti derivanti dalla polizza assicurativa, non essendo stato comunicata all’assicuratore la richiesta del terzo danneggiato, cioè A.; l’inoperatività comunque della polizza; in denegata ipotesi, l’applicazione dei massimali e scoperti di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivapolizza.

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Samples: Contratto Di Sub Trasporto, Perdita Delle Cose Trasportate E Possibilità Per Il Submittente Di Far Valere in via Diretta Verso Il Sub Trasportatore

FATTO. Il In riferimento a due contratti di prestito mediante cessione di quote della retribuzione e delegazione di pagamento, sottoscritti il 30/11/2015 ed estinti anticipatamente sulla base dei conteggi estintivi emessi il 17/3/2021, la parte ricorrente, non soddisfatta dell’interlocuzione avuta con l’intermediario in sede di reclamo e richiamando la decisione del Collegio di Coordinamento n° 26525/2019, si è rivolta a mezzo rappresentante volontario all’Arbitro Bancario Finanziario chiedendo, in applicazione del criterio proporzionale, che l’intermediario retroceda la somma complessiva di euro 4.868,58, oltre interessi legali, le spese di assistenza e di procedura. In via gradata l’attrice ha invocato per le sole voci “up front” l’applicazione del criterio di calcolo della curva degli interessi. Costituitasi, parte resistente si qualifica oppone alle pretese della ricorrente e, con riferimento a entrambi i contratti, evidenzia quanto di seguito esposto. In conformità alle disposizioni contrattuali, la cliente ha ottenuto, in sede di conteggio estintivo, il ristoro della quota non consumatorematurata dei costi recurring, deduce vale a dire la Commissione per la gestione del finanziamento, di aver cui alla lett. b del contratto. Eccepisce, poi, la natura up front delle Commissioni per il perfezionamento del finanziamento, incluse le spese di istruttoria”” (di cui alla lett. a) e delle “Provvigioni all’intermediario del credito” (di cui alla lett. c) in quanto facenti riferimento all’attività di perfezionamento del finanziamento e già interamente maturate all’atto dell’estinzione. Con specifico riguardo, poi, alla provvigione dell’intermediario del credito la resistente richiama: da un lato il “testo contrattuale” ed in particolare la “legenda esplicativa delle principali nozioni e terminologie dell’operazione”, contenuta nell’allegato al modulo SECCI, che fornisce una chiara definizione degli intermediari del credito che intervengono nel processo di vendita, includendovi tanto gli agenti quanto gli intermediari ex art. 106 TUB; dall’altro la definizione di “intermediari del credito” fornita dall’art. 121, comma 1, lett. h del TUB, dalle “Disposizioni di Trasparenza” emanate dalla Banca d’Italia (cfr. sez. VII, par. 2) e dalla guida della Banca d’Italia “Il credito ai consumatori in parole semplici”. Fa presente, inoltre, che l’accordo distributivo sottoscritto con l’intermediario convenutoex art. 106, circoscrive espressamente l’attività dello stesso alla mera promozione e collocamento del finanziamento, attività che si esauriscono all’atto della conclusione del contratto, senza alcuna ulteriore attività successiva. Precisa, poi, che le provvigioni all’intermediario del credito, specificamente identificato nell’apposita sezione del modulo relativo alle “Informazioni europee”, sono state fatturate dall’intermediario stesso non appena concluso il contratto ed erogato il finanziamento e debitamente pagate e pertanto rappresentano costi da escludere dal computo del costo totale del credito, in data 16.12.2016caso di rimborso anticipato, un contratto in quanto non sono determinati unilateralmente dal finanziatore che li gira integralmente a favore di leasing finanziario automobilistico terzi. Tale approccio è in linea con opzione finale recenti decisioni del Collegio di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 Roma (cfr. alldec. b) al ricorsonn. 2052/20 e 2782/20). Il La voce di costo in esame è stata ampiamente valutata dai Collegi territoriali ritenendo la stessa di natura “up-front” anche in caso d’intervento di un intermediario ex. 106 T.U.B (la resistente cita numerose decisioni dei Collegi ABF). A sostegno delle sue argomentazioni cita anche alcune decisioni della giurisprudenza di merito. Con riferimento, poi, alla richiesta di restituzione degli interessi sulla base del metodo “pro rata temporis”, la convenuta afferma che le parti del contratto hanno pattuito un piano di ammortamento “alla francese”, la cui caratteristica è quella di avere rate costanti, interessi decrescenti e quote di capitale crescente”, come risulta dal Modulo SECCI ricevuto e sottoscritto da parte ricorrente deduce (cfr. doc. 1, Modulo SECCI, sezione 2 “Caratteristiche principali del prodotto di credito”, riquadro relativo a “Rate, ed eventualmente, loro ordine di imputazione”). Da tale modulo sottoscritto non si può non ritenere provata (a dire della banca finanziatrice) l’adesione del contraente al criterio di rimborso degli interessi secondo la loro ripartizione sul piano di ammortamento. Sull’infondatezza del criterio di restituzione degli interessi secondo il metodo “pro rata temporis” si è espresso anche il Collegio di Roma con una recentissima decisione n. 12183 dell’11/5/2021. Anche la giurisprudenza di merito avrebbe fugato ogni dubbio circa la pretesa che l’Autorità Garante della Concorrenza il criterio di calcolo degli interessi da restituire possa prescindere dalla particolare costruzione del piano di ammortamento alla francese (cfr. Tribunale di Roma, sentenza del 19 settembre 2019). Con riferimento poi a uno dei contratti (n. xxx570) e alla richiesta relativa alla commissione di estinzione anticipata, l’intermediario evidenzia che tale commissione è stata calcolata nel rispetto delle condizioni contrattuali, essendo corrispondente all'1% del Mercatocapitale residuo al momento dell’estinzione anticipata, e tenuto altresì conto che la vita residua del contratto era superiore ad un anno. Tale indennizzo oltre a rientrare nei limiti previsti normativamente è oggettivamente giustificato dagli adempimenti che insorgono per porre termine a un rapporto di finanziamento e che impegnano diverse strutture. Ritiene, altresì, non dovute la richiesta di restituzione delle spese di assistenza difensiva in quanto non risultano presenti le condizioni per il rimborso stabilite dal Collegio di Coordinamento dell’ABF (cfr decisioni n. 3498/12 e n. 6167/14); in particolare oltre al requisito dell’accoglimento del ricorso è necessario che il ricorrente si avvalga dell’assistenza difensiva sin dal reclamo e dimostri di aver sostenuto il relativo costo). La convenuta svolge anche alcune considerazioni critiche in merito alla sentenza Xxxxxxx che ritiene non sarebbe applicabile al caso in esame per una pluralità di ragioni: le Direttive europee, secondo la stessa Corte di Giustizia Europea, non hanno efficacia fra privati come confermato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazionespecifico riguardo alla sentenza Lexitor, dal giugno 2003 all’aprile 2017Tribunale di Napoli con sentenza n. 10489/2019 e dal Tribunale di Vicenza con sentenza n. 1907/20); la Direttiva 2008/48/CE, pure nella interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor, può trovare applicazione diretta nei soli rapporti verticali, non nei rapporti fra privati. Pur consapevole di un’intesa restrittiva ciò, il Collegio di coordinamento ABF (con decisione 26525/19) ha ritenuto di poter superare questo principio, interpretando il diritto nazionale in senso conforme ai principi affermati dalla CGUE: l’obbligo di interpretazione conforme, osserva la resistente, è precluso nel caso in cui la norma interna, come nel caso di specie, sia insanabilmente confliggente con la norma sovranazionale (cita, in proposito, consolidata giurisprudenza della CGUE); Il nostro diritto nazionale (art. 12, c. 1 delle disposizioni preliminari al Codice Civile) impone al giudice di attenersi anzitutto al “significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” e vieta di discostarsi dal tenore letterale di una norma, ove questo sia chiaro (come confermato dalla giurisprudenza di legittimità). Neppure a seguito della sentenza Xxxxxxx è quindi consentito all’interprete di sovvertire la chiarissima lettera dell’art. 125-sexies, c. 1 TUB; l’esecuzione acritica della sentenza Lexitor condurrebbe alla violazione di principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e di quello italiano quali la certezza del diritto, la tutela del legittimo affidamento e la ragionevolezza. Tra l’altro, determinerebbe distorsioni della concorrenza tra svariate case automobilistiche nel mercato unico europeo, considerato che l’applicazione retroattiva dell’interpretazione di cui alla sentenza Lexitor si rifletterebbe sui rapporti in essere nei paesi comunitari, a tutto svantaggio degli operatori italiani in ragione del più lungo termine di prescrizione dell’azione di ripetizione (10 anni) rispetto agli altri Paesi europei (5 anni per la Spagna e le loro captive banksla Francia, ivi compreso l’intermediario convenuto3 anni per la Germania, la Slovacchia e la Repubblica Ceca); la sentenza Lexitor, nelle sue stesse parole, è applicabile, sempre secondo la banca, solo a costi unilateralmente determinati dal finanziatore. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto D’altra parte, sarebbe in palese contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento civilistico italiano l’obbligo per violazione il finanziatore di rimborsare al cliente costi fatturati da terzi; l’applicazione pedissequa della sentenza Lexitor produrrebbe conseguenze paradossali dagli effetti imponderabili: per un decennio, infatti, la Banca d’Italia avrebbe impartito istruzioni “contra legem” e come evidenziato dalla nota OAM del divieto 27.01.2020 si avranno danni ingiusti a carico degli intermediari e degli stessi consumatori. Conclude e chiede all’ABF di accordi tra imprese ritenere congrua la somma offerta e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto rigettare ogni altra pretesa della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del diritto alla restituzione del premio pagato in esecuzione di un contratto di garanzia stipulato con il Confidi in favore di un terzo, contestata per il mancato avveramento della condizione sospensiva dell’accettazione del beneficiario. Con ricorso del 12 ottobre 2015 – preceduto da reclamo del 27 marzo 2015, riscontrato dall’intermediario il 14 aprile 2015 – la società ricorrente, che si qualifica non consumatorecon l’assistenza di un difensore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoha esposto che, in data 16.12.201622 ottobre 2013, stipulava con l’intermediario resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale garanzia in favore di acquistouna società terza; la beneficiaria tuttavia non accettava la garanzia impedendo l’avveramento della condizione sospensiva, prevista nell’art. 8 delle condizioni generali di garanzia. La locazione finanziaria prevedevaricorrente chiedeva pertanto all’intermediario la restituzione del premio pagato rimasto privo di giustificazione causale; l’intermediario riscontrava negativamente la richiesta richiamando l’art. 10 delle condizioni contrattuali, esplicitamente approvato ex art. 1341 cod. civ., che prevedeva la rinuncia a richiedere la restituzione del premio e, nella corrispondenza successiva alla presentazione del reclamo, che la condizione sospensiva operava esclusivamente in proprio favore. Insoddisfatta dell’esito del reclamo, la ricorrente si è rivolta all’Arbitro bancario finanziario precisando, quanto alle contestazioni sollevate dall’intermediario, l’assenza di doppia sottoscrizione della clausola avente ad oggetto la rinuncia alla restituzione del premio in quanto l’art. 10 (limitazione della responsabilità e rinuncia a provvedimenti anticipatori) esplicitamente approvato non trovava riscontro nel corpo del contratto dove la clausola con corrispondente numerazione era rubricata “comunicazioni e varie”. Ha chiesto, quindi, di ordinare alla resistente di rifonderle la somma di Euro 9.250,00, oltre al interessi dal pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili(detratte eventuali spese amministrative sostenute dalla resistente) “ovvero adotti qualsiasi altra misura, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione anche in via cautelare fino alla decisione equitativa, ritenuta idonea a tutelare la posizione di [essa ricorrente]”. L’intermediario non ha presentato controdeduzioni. Nel corso della riunione del merito9 febbraio 2016, fissata per la quale è stata fissata l’udienza trattazione del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 procedimento, il ricorrente Collegio aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo rilevato che la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi questione della validità del contratto stipulato da un confidi in assenza di finanziamento autorizzazione (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto su cui infra) era stato sottoposto al Collegio di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéCoordinamento e, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017quindi, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla si riteneva opportuno attenderne le determinazioni, rinviando la decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in alla data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaodierna.

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FATTO. Il ricorrenteLa controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della corretta applicazione del regime delle commissioni da parte dell’intermediario in relazione ad un contratto di factoring. Questi, che si qualifica non consumatorein sintesi, deduce di aver sottoscritto i fatti oggetto del procedimento. In data 20 febbraio 2012 la società attuale ricorrente stipulava con l’intermediario convenutoodierno resistente un “contratto di finanziamento” per € 216.993,26, a fronte di cessione pro solvendo di un credito vantato nei confronti di un Comune per un importo di € 454.912,49 (successivamente incrementato nel suo valore a seguito della maturazione di ulteriori accessori e dell’emissione del lodo arbitrale di condanna). A seguito di accordi, in data 16.12.201623 luglio 2014 le parti decidevano di definire la “vertenza” con il Comune debitore accettando un pagamento a stralcio di € 550.000,00, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevada effettuarsi entro il termine improrogabile del 31 agosto 2014, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)il quale l’accordo “era da considerarsi inefficace”. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoComune, in data 19.03.20198 agosto 2014, provvedeva al pagamento di un acconto di € 50.000,00 in favore dell’intermediario convenuto(cessionario del credito); gli ordinativi di pagamento dei residui € 500.000,00, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticoinvece, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF venivano emessi dal Comune solo in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria1 ottobre 2014. Il resistente ne accettava comunque il pagamento. Con bonifici del 6 ottobre 2014 l’intermediario versava quindi alla ricorrente concludeva chiedendo: l’importo complessivo di € 242.326,33 sicché – sostiene la ricorrente - 1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto il costo complessivo dell’operazione di finanziamento sottoscrittodi € 216.993,26 è stato di € 90.680,41 per il periodo dal 20.01.2012 al 1.10.2014, previa dichiarazione comprensivo di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo […] € 25.000,00 per spese legali e consulenza per recupero credito e di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto […] € 16.915,47 per commissioni di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessiPlus Factoring”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria Con reclami del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente 6 e 9 ottobre 2014 la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.ricorrente si è rivolta all’intermediario dolendosi:

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce Nel proprio ricorso all’ABF le ricorrente ha richiamato il reclamo da essa presentato in data 13/12/2012 avente ad oggetto il contenuto della lettera della banca del 21/11/2012 con cui la convenuta le aveva comunicato di aver sottoscritto disposto la revoca con l’intermediario convenutoeffetto immediato di tutti gli affidamenti concessi, invitandola a provvedere entro un giorno alla copertura di tutte le esposizioni in data 16.12.2016essere. In tale atto la odierna ricorrente espose di ritenere che l’inadempimento di alcune rate del mutuo era dovuto «esclusivamente alla crisi economica generale che ha colpito anche la sua attività commerciale». Tuttavia, un contratto intendendo restituire il mutuo versando una rata mensile di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni € 700,00 fino all’esaurimento della somma dovuta e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)mantenendo ferme le garanzie esistenti, ha accertato l’esistenza e l’attuazionerappresentato la necessità di una rinegoziazione del mutuo stesso che preveda una dilazione temporale maggiore, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del meritoalmeno 20 anni, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020restituzione. In data 26.02.2019 Con il successivo ricorso la ricorrente ha esposto di avere contratto il 26/03/2010 un mutuo per € 180.000,00; che il 16/07/2012 l’odierna convenuta le aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione comunicato di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, averla ammessa ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo benefici di cui all’artall’accordo sulle nuove misure per il credito alle piccole e medie imprese, come da sua richiesta del 15/07/2012; che ciononostante il 21/11/2012 la banca le aveva contestato il ritardo nella restituzione delle somme mutuate, revocando gli affidamenti concessi e diffidandola a restituire la somma totale di € 150.990,16. 117 TUB La ricorrente ha inoltre riferito che il 20/07/2012 e il 13/12/2012 ella aveva comunicato alla banca le ragioni del proprio ritardo, comunicandole inoltre di avere già restituito le somme utilizzate in eccedenza degli affidamenti e prospettandole un piano di rientro con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4allungamento del mutuo. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaLa banca non avrebbe dato alcuna risposta.

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FATTO. Il La questione oggetto della controversia attiene all’accertamento dell’illegittimità dell’addebito di competenze relative a un servizio POS, dopo lo scioglimento del contratto per recesso del cliente. Con ricorso presentato con l’assistenza di un difensore il 26 giugno 2015 – preceduto da reclamo del 28 aprile 2015, riscontrato dall’intermediario il 5 giugno 2015 – la ricorrente, che premesso di essere titolare di un esercizio commerciale presso il quale si qualifica non consumatoreavvaleva dei servizi POS offerti dall’intermediario resistente per il regolamento di transazioni a mezzo carte di pagamento, deduce ha esposto di aver sottoscritto avere ricevuto nell’ottobre 2014 una proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche e di avere conseguentemente comunicato il proprio recesso con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquistonota a mezzo posta elettronica certificata del 5 novembre 2014. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliTuttavia, la corresponsione comunicazione è stata di commissioni e spese fatto ignorata, tant’è che nel trimestre successivo è stato regolarmente applicato il canone di locazione. In sede di riscontro al reclamo, l’intermediario si è limitato a prendere atto del recesso, invitando la cliente alla restituzione dell’apparato. Insoddisfatta dell’esito del reclamo, la ricorrente si è rivolta all’Arbitro bancario finanziario per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10ottenere la restituzione dei canoni addebitati, per un totale importo complessivo di Euro 2.117,10 (cfreuro 120,00. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoNelle controdeduzioni, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)presentate il 31 luglio 2015, l’intermediario ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio eccepito che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi ai sensi del contratto di finanziamento (sul presupposto servizio, incombe a proprio carico un obbligo di chiusura del rapporto entro quindici giorni lavorativi dalla ricezione della nullità delle relative clausole comunicazione di recesso, “fatto salvo – però – l’adempimento di tutti gli obblighi contrattuali a carico dell’esercente”: nel caso di specie, la ricorrente non ha posto in essere i comportamenti dovuti in conseguenza del recesso, in particolare ha provveduto alla restituzione degli apparati in suo possesso solo in data 29 giugno 2015. Peraltro, dal contratto stesso sarebbe derivata anche la facoltà di leasing addebitare la penale per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéla mancata restituzione dell’apparato, ai sensi dell’artpari a euro 200,00, che, invece, non è stata richiesta. 7 del d.lgs. n. 3/2017Ha chiesto, quindi, il risarcimento rigetto del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Nel mese di settembre 2009 il ricorrente stipulava un contratto di finanziamento con altro intermediario, per un importo lordo di euro 34.680,00 rimborsabile, mediante cessione pro solvendo di quote della retribuzione mensile, in centoventi rate da euro 289,00 ciascuna. Successivamente, a far data dall’11 dicembre 2009, il credito derivante da tale finanziamento veniva ceduto all’odierno convenuto, il quale provvedeva alla notificazione della cessione con comunicazione del 15 novembre 2012 inviata all’indirizzo del ricorrente e del suo nuovo datore di lavoro, che medio tempore era cambiato in seguito all’acquisizione del consorzio di cui il ricorrente era dipendente. Con nota inviata nella stessa data, l’intermediario comunicava inoltre al datore di lavoro originario e al ricorrente medesimo il mancato pagamento di talune rate, riportando apposito prospetto. Con una prima lettera di reclamo, inoltrata per il tramite di un’associazione di categoria, il ricorrente contestava l’esistenza dei crediti vantati dal cessionario, ritenendo che il precedente datore di lavoro (nella sua qualità di debitore ceduto) avesse provveduto al pagamento dei ratei mensili; inoltre, poiché il nuovo datore di lavoro “bloccava sia il TFR che le trattenute sullo stipendio”, riteneva indebita tale condotta. In riscontro al reclamo, l’intermediario chiedeva la produzione delle evidenze documentali dalle quale emergessero le avvenute trattenute in relazione ai ratei scaduti e, nel frattempo, inviava la propria movimentazione relativa alla posizione del ricorrente, dalla quale sarebbe emersa la mancata contabilizzazione degli stessi. Il ricorrente, sempre per il tramite della medesima associazione, ribadiva nuovamente l’avvenuto saldo dei ratei scaduti e chiedeva la relativa liberatoria da parte dell’intermediario, al fine di consentire lo sblocco delle somme trattenute dall’attuale datore di lavoro. In risposta a tale ulteriore missiva, l’intermediario rilevava che si qualifica non consumatorerisultava contabilizzato alcun versamento delle somme trattenute dal t.f.r. a proprio favore; pertanto, deduce chiedeva nuovamente le relative evidenze documentali. Il ricorrente, dunque, adiva questo Arbitro – sempre per il tramite dell’associazione di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto categoria – chiedendo di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento dichiarare la “cessazione del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 presunto credito del ricorrente” e di interessi passivi per Euro 1.629,10condannare quest’ultimo al rimborso “delle somme ingiustificatamente incassate”. Costituitosi ritualmente, per un totale l’intermediario convenuto ribadiva che dalle proprie scritture contabili non risultavano i pagamenti indicati dal ricorrente. Xxxxxxxxx, inoltre, che le buste paga esibite provavano unicamente la trattenuta sullo stipendio e non l’effettivo versamento del corrispondente importo. In particolare, riteneva “non assolto l’onere della prova ex art. 2697 c.c., non avendo la controparte provato, né tramite l’esibizione delle relative contabili, né tramite una autocertificazione a firma della precedente amministrazione l’avvenuto pagamento delle mensilità di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza novembre e dicembre 2009, del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese periodo aprile-dicembre 2011 e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 gennaio e febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi2012. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il ricorrenteLa ricorrente riferisce che in data 4/11/2020 riceveva un SMS da parte dell’intermediario convenuto che informava del blocco della linea di credito relativa ad una carta revolving di cui è titolare. Richieste spiegazioni, con contestuale istanza di rilascio di copia del contratto relativo al finanziamento, l’intermediario provvedeva a sbloccare la carta. Tuttavia, l’intermediario riferiva non era stato possibile rinvenire negli archivi il contratto. Con note del 30.11.2020 e del 01.12.2020 la ricorrente contestava la validità del contratto per mancanza di forma scritta. L’intermediario, con nota del 23/12/2020, precisava che la carta era stata rilasciata nell’ambito di “accordi” con la banca e, senza ulteriori spiegazioni, faceva riferimento ad una nota di sintesi relativa ad un finanziamento estinto anticipatamente nel 2013, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, tuttavia – secondo la ricorrente -è un contratto autonomo e distinto. Peraltro, evidenzia che il fido relativo alla carta in suo possesso ammonta ad € 2.000,00, mentre il contratto prodotto dall’intermediario fa riferimento ad un fido di leasing finanziario automobilistico con opzione finale € 1.500,00. Chiede all’Arbitro di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, accertare la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi nullità del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs124 TUB in combinato disposto con l’art. n. 3/2017117 comma 3, con riconteggio degli interessi legali in sostituzione degli interessi applicati e restituzione da parte dell’intermediario di quanto ricevuto in eccedenza. Precisa, infine, che il risarcimento del danno subito blocco della linea di credito era stato disposto illegittimamente, solo a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMdi ritardi nell’adempimento di obbligazioni relative ad altro finanziamento per difficoltà connesse all’emergenza Covid. In seguito al riscontro negativoL’intermediario, costituitosi, precisa che il rapporto con la ricorrente ha avuto inizio in data 19.03.20193 luglio 2009, dell’intermediario convenutocon la sottoscrizione del finanziamento n. ***272. Nel contratto, la cliente prendeva atto che l’intermediario avrebbe potuto concedere una linea di credito revolving per un massimo di euro 5.000,00 con emissione di una carta a suo favore. La carta di credito veniva inviata gratuitamente, senza alcun obbligo di utilizzo; la cliente procedeva alla attivazione della linea di credito in data 24 dicembre 2012, contestualmente alla richiesta, tramite il Servizio Clienti, di erogazione sul proprio conto corrente dell’importo di € 2.000,00, pari alla disponibilità del fido accordatale in tale data. L’intermediario precisa di aver rispettato la normativa tempo per tempo applicabile in materia di trasparenza, inviando tutti i documenti di sintesi ed estratti conto, peraltro depositati dalla stessa ricorrente; quest’ultima ha utilizzato la carta ripetutamente in modo continuativo a partire dal 24 dicembre 2012. Precisa, poi, che opponeva la ricorrente si è resa inadempiente ai rimborsi dovuti con riferimento ad un altro contratto di prestito attualmente in corso (n- ***044); a tale riguardo, sottolinea di aver ceduto provveduto, “nell’esclusivo interesse della cliente”, all’annullamento delle spese di ritardato pagamento addebitate a fronte dei solleciti per non aggravare ulteriormente la situazione economica della cliente. Ribadisce che il rapporto controverso ad altra società finanziaria di credito revolving è disciplinato dal contratto di credito sottoscritto nel 2009 e che tale “operatività” era del medesimo gruppo automobilisticotutto legittima, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione atteso che l’utilizzo della linea di tutte le commissioni, spese e interessi pagati credito costituisce operazione effettuata in esecuzione di previsioni contrattuali pattuite in forma scritta, secondo condizioni economiche analiticamente indicate nel frontespizio del contratto di finanziamento sottoscrittocredito ed approvate dalla cliente. La cliente dichiarava inoltre di approvare specificatamente gli articoli previsti nelle condizioni generali del contratto e in particolare, previa dichiarazione quelle relative ai limiti di nullità delle relative clausole contrattualiutilizzo della linea di credito, ovvero alla facoltà di revoca della linea di credito e alle modalità di utilizzo; inoltre, la liberazione dall’obbligo ricorrente riceveva sul proprio conto corrente le somme di pagare queste commissionidenaro, spese e interessi, nella misura in cui essi di talché non siano ancora stati pagati; 2può essere sostenuto che ella non fosse a conoscenza di tale contratto. in via alternativa, Risulta quindi rispettato il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo disposto di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso quanto il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso è stato redatto per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionariaiscritto con espressa sottoscrizione da parte della cliente. Conclude chiedendo di respingere per il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivarigetto della domanda.

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FATTO. Il Con ricorso presentato in data 19 ottobre 2013, il ricorrente riferisce di essere titolare di un conto corrente in essere presso l’intermediario resistente, da circa quindici anni. Tuttavia, in data 11 settembre 2013, apprendeva - in modo occasionale - che il giorno prima l’intermediario aveva esercitato il recesso in relazione a tutti incarichi di pagamento RID conferitigli dal ricorrente medesimo, senza alcuna comunicazione né tanto meno preavviso. Ciò in palese violazione dell’art. 23 del contratto di conto corrente che, riepilogando gli obblighi del prestatore dei servizi di pagamento, statuisce la necessità di comunicare il recesso con un preavviso di almeno due mesi, salvo giustificato motivo. Nel caso di specie, ha pure puntualizzato il ricorrente, l’intermediario non può invocare alcuna giusta causa, considerato che tutti i pagamenti domiciliati erano stati puntualmente onorati, come pure le rate del mutuo in essere con la medesima resistente. Anche l’affidamento, che insisteva sul medesimo conto corrente, non aveva mai evidenziato alcuno sconfinamento; subita l’improvvisa revoca, il ricorrente riferisce di avere provveduto immediatamente al rientro, non appena avutane conoscenza. La resistente ha innanzitutto precisato di avere tempestivamente notificato al cliente la comunicazione di recesso dal contratto che regola i servizi RID a mezzo di due raccomandate inviate il 24 agosto 2013 e l’1 settembre 2013 “recapitate senza esito positivo ma con rilascio dell’avviso di ricevimento”. Le affermazioni al riguardo del ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce sostiene di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, avere ricevuto la comunicazione solo in data 16.12.2016, un contratto 11 settembre 2013 non impedisce di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare ritenere già efficace il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagatirecesso; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, l’intermediario ha ritenuto, nelle more, di consentire l’addebito dei RID pervenuti fino alla data dell’11 settembre 2013. In merito al giustificato motivo, esso si rinviene nelle motivazioni del provvedimento di licenziamento “che evidentemente sono ben note al ricorrente”, in quanto oggetto di contestazione con rivalutazione lettere del 3 ottobre 2012 e interessidel 7 dicembre 2012. In queste, veniva tra l’altro imputato al ricorrente un uso del conto corrente non in linea con gli obblighi di buona fede e fedeltà a cui dovrebbe essere improntata l’attività del dipendente di un intermediario finanziario: nello specifico, dall’analisi delle movimentazioni, “sono stati accertati dei rapporti di natura economica con altri clienti [dell’intermediario] – anche classificati come “sofferenze” – che non potevano trovare giustificazione anche in relazione al delicato ruolo ricoperto dal [ricorrente] nell’azienda, ovvero quello di Istruttore Fidi Centrale. In sede di repliche alle controdeduzioni, il ricorrente ha osservato che la comunicazione di recesso richiamata nelle controdeduzioni riguardava unicamente il recesso dall’apertura di credito in conto corrente, non i servizi RID. Per questi ultimi, nessuna comunicazione è stata mai effettuata. Ha poi fornito alcuni dettagli, invero poco rilevanti ai fini della controversia in esame, in merito alle circostanze del proprio licenziamento, tuttora oggetto di impugnazione. Sono infine pervenute, in data 6 e 17 febbraio 2014 due note dell’intermediario che illustrano ancora la vicenda del licenziamento e ribadiscono che esso rappresenta la giusta causa giustificativa del recesso dal rapporto di conto corrente e dalla prestazione dei servizi di pagamento. In relazione alle rispettive argomentazioni, il ricorrente chiede al Xxxxxxxx ABF di dichiarare l’illegittimità del comportamento tenuto dall’intermediario e, per l’effetto, dichiarare tenuto l’intermediario medesimo al risarcimento del danno nella misura ritenuta più congrua dal Collegio decidente. L’intermediario, costituitosida parte sua, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere chiede che il ricorso poiché improcedibile per difetto sia rigettato, in quanto la giusta causa della revoca “è integrata nella motivazione del provvedimento di legittimazione passivalicenziamento causato da alcune condotte connesse all’utilizzo dell’apertura di credito”.

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FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Xxxxxxxx s’incentra sulla richiesta del ricorrente di liberazione dalla garanzia fideiussoria rilasciata in favore di una società in nome collettivo, avendo egli ceduto la propria partecipazione sociale ad un soggetto terzo. I fatti oggetto del procedimento possono essere così riassunti. Con atto di “cessione di quote e modifica di patti sociali” del 18 febbraio 1994 il ricorrente cedeva ad un terzo l’intera quota detenuta nella predetta società in nome collettivo, in favore della quale aveva in precedenza rilasciato garanzia personale. Per effetto della cessione, il ricorrente risultava dunque estromesso dalla società, la cui ragione sociale veniva modificata, unitamente alla conformazione dei patti sociali. Con nota inviata il 15 settembre 2014, il ricorrente, tenuto conto dell’avvenuta cessione della quota societaria e della conseguente radicale modifica dei patti societari, comportanti “un rischio sopravvenuto, imprevedibile ed incontrollabile” a suo carico, diffidava la banca convenuta a liberarlo dalla garanzia personale per obbligazioni generiche prestata in favore dell’originaria società, oggi non più esistente, richiamando l’art. 1956 del codice civile. Non avendo ottenuto alcun riscontro al reclamo, il ricorrente reitera le proprie doglianze innanzi all’Arbitro Bancario Finanziario, sottolineando come la garanzia personale originariamente prestata fosse diretta ad agevolare l’accesso al credito della società, alla quale attualmente egli è del tutto estraneo. Il ricorrente, nel rinviare alla diffida precedentemente inviata alla banca, chiede la liberazione dalla garanzia personale per obbligazioni generiche prestata in favore dell’originaria società. In sede di controdeduzioni la banca convenuta, precisato che si qualifica non consumatore, deduce la garanzia di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, cui il ricorrente chiede la revoca è stata rilasciata in data 16.12.201613 giugno 1991 per £ 70.000.000, rappresenta che, ad oggi, il c/c intestato alla società presenta un contratto saldo debitore di leasing finanziario automobilistico con opzione finale € 35.150,00 circa. A fronte della richiesta di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili“surroga” della garanzia personale avanzata dal ricorrente nel settembre 2014, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatobanca, con provvedimento n. 27492/2018 missiva del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)successivo 3 novembre inviata sia alla società sia ai garanti, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione comunicava la revoca del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio chefido, con ordinanza n. 2047/2019rientro dall’esposizione debitoria. Precisava inoltre, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino con riferimento alla decisione posizione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenutoricorrente, che opponeva lo stesso in qualità di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria fideiussore solidale è tenuto a rispondere delle obbligazioni del medesimo gruppo automobilisticodebitore principale fino a concorrenza di € 51.645,69. Nel rappresentare che “da ulteriori controlli effettuati” dalle competenti funzioni della banca la garanzia rilasciata dal ricorrente “risulta ancora vincolante nell’assetto societario”, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base chiede al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo Collegio di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il La società ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, ricorso presentato in data 16.12.201612/06/2015, chiede la restituzione di somme addebitate dalla banca per interessi illegittimi e per l’applicazione di “commissioni disponibilità fondi” di importo complessivo pari a euro 17.512,64 più le somme non quantificate per il 2015 a causa del mancato invio degli estratti conto. Invoca, altresì, la nullità di un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale conto corrente per difetto di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, forma scritta e la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di restituzione degli interessi passivi addebitati pari a euro 11.403,41 e domanda, infine, il riconoscimento delle spese legali per Euro 1.629,10, l’assistenza legale dinnanzi all’ABF per un totale importo di Euro 2.117,10 (cfreuro 1.591,20. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoIn particolare, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)dichiara di aver stipulato in data 27/02/2010 un contratto di conto corrente presso la banca resistente, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017sul quale veniva concesso un affidamento sotto forma di scoperto di conto corrente, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione euro 150.000,00 al tasso debitore annuo del divieto 4,924% senza la previsione di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020alcuna “commissione disponibilità fondi”. In data 26.02.2019 19/10/2011 accettava relativamente al citato contratto un incremento del tasso debitore di 1,5 punti percentuali. Sul medesimo conto il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo 21/02/2013, la restituzione società rimodulava i finanziamenti concessi ed otteneva uno scoperto di quanto corrisposto a titolo conto corrente per euro 70.000,00 (garantiti da pegno di interessi pari importo). Successivamente otteneva un fido, con un piano di rientri mensili prestabiliti e costi del contratto senza possibilità né di finanziamento (sul presupposto utilizzare né di reintegrare la provvista, su altro conto corrente, di cui, tuttavia, viene invocata la nullità per mancanza di forma scritta. L’intermediario eccepisce l’inammissibilità e infondatezza della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativopretesa avversa rilevando, in data 19.03.2019via preliminare, dell’intermediario convenutol’indeterminatezza e la genericità della domanda, che opponeva poiché non suffragata da conteggi, argomentazioni di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticonatura tecnico-contabile e criteri di calcolo in base ai quali è stato determinato l’importo richiesto. Nel merito precisa che, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principalecontrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la restituzione commissione sull’affidato era contrattualmente prevista in entrambi i contratti sottoscritti dalla società e presente dai rendiconti inviati, precisando che la commissione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto affidamento per la prima apertura di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, credito era inizialmente prevista nella misura in cui essi del 1,25% per essere incrementata unilateralmente, dapprima, a 1,75% e, poi, a 2%. Inoltre produce prova dell’avvenuta redazione scritta di uno dei contratti e afferma che gli interessi sono stati calcolati correttamente, precisando come la controparte non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte abbia fornito alcuna indicazione circa le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria presunte errate applicazioni del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivatasso.

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FATTO. Il ricorrente, La ricorrente è una società che si qualifica non consumatore, deduce esercita attività di rivendita autoveicoli. Rappresenta di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, effettuato in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,1015 giugno 2016 due bonifici, per un totale importo complessivo di Euro 2.117,10 24.850,00 euro (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato11.600 euro l’uno, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso13.250 euro l’altro), ha accertato l’esistenza a favore di un abituale fornitore. Riferisce però che, a causa di un raggiro perpetrato da terzi, le è stato indicato un IBAN non corretto: pertanto, avrebbe in modo ignaro utilizzato per effettuare i suddetti pagamenti un identificativo unico errato. Di conseguenza, le somme bonificate non sono state accreditate sul conto del beneficiario indicato nell’ordine di bonifico, bensì sul conto identificato dall’IBAN errato, intestato a ignoti e l’attuazionecollegato ad una carta prepagata, dal giugno 2003 all’aprile 2017quale i fondi sono stati prelevati in modo fraudolento senza che sia stato possibile recuperarli. La ricorrente si rivolge pertanto contro l’intermediario presso cui il bonifico è stato ricevuto. Sostiene che la resistente non sia stata diligente poiché non ha rilevato, come avrebbe potuto e dovuto fare, la non coincidenza tra il nome del beneficiario, correttamente indicato all’interno dell’ordine di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche bonifico, e l’identificativo unico. Inoltre, contesta la mancanza di idonee ed adeguate verifiche prima dell’apertura di qualsiasi rapporto da parte dell’intermediario degli ignoti beneficiari. L’estrema semplicità con cui esso concede la carta prepagata viola le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto normative di accordi tra imprese sicurezza e di pratiche concordate che possano pregiudicare trasparenza bancarie volte alla verifica dell’identità del richiedente, essendo sufficiente soltanto l’esibizione di un documento d’identità ai fini del suo ottenimento. Sulla base di ciò, la ricorrente chiede all’Arbitro di riconoscere il commercio proprio diritto alla restituzione dell’importo di 24.850,00 euro, versato con due bonifici a vantaggio di ignoti truffatori, e non del beneficiario voluto. L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quali conferma la ricostruzione dei fatti operata dalla ricorrente. Sottolinea, però, come la ricorrente avesse effettuato in passato numerose operazioni di bonifico in favore del reale beneficiario e poteva pertanto verificare agevolmente l’effettiva corrispondenza fra gli Stati membri il numero di cui all’artIBAN e il destinatario del trasferimento fondi. 101 Quanto poi alla prova della presunta frode informatica, operata mediante manipolazione della comunicazione contenente il codice IBAN a favore del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiquale disporre l’operazione di bonifico, ivi compreso l’intermediario convenutoosserva come la ricorrente non abbia prodotto la mail originaria, davanti al Tar del Lazio quella che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3alla sua ricostruzione, conterrebbe l’IBAN corretto. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. E in ogni caso, la presunta consumazione di frode informatica sarebbe stata evidentemente resa possibile dalla mancata adozione di antivirus aggiornati e di appositi firewall per l’accesso al servizio di home banking. La resistente ribadisce la correttezza del proprio operato, ai sensi della vigente disciplina in tema di servizi di pagamento, in base alla quale il prestatore di servizi di pagamento è responsabile solo dell'esecuzione dell'operazione di pagamento in conformità con rivalutazione e interessi”l'identificativo unico fornito dall'utilizzatore anche qualora quest'ultimo abbia fornito al suo prestatore di servizi di pagamento informazioni ulteriori rispetto all'identificativo unico. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo L’intermediario chiede pertanto all’Arbitro di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrenteCon ricorso presentato il 17 dicembre 2014 il ricorrente ha esposto di avere sottoscritto, che si qualifica il 18 gennaio 2014, con una società specializzata nell’erogazione di corsi di formazione, una proposta commerciale in relazione al “Master in Leadership”, per l’importo complessivo di euro 1.990,00. In data non consumatorespecificata, deduce di aver sottoscritto il ricorrente sottoscriveva con l’intermediario convenutoresistente, sulla base di una convenzione con la predetta società, il contratto di finanziamento a termine, finalizzato all’acquisto del master sopra indicato per l’importo di euro 1.990,00, rimborsabile in quarantotto rate mensili dell’importo di euro 50,00 cadauna. Con lettere raccomandate inviate con avviso di ricevimento in data 16.12.20167 febbraio 2014, un contratto il ricorrente comunicava, contestualmente, alla società erogatrice e all’intermediario resistente, l’intenzione di leasing finanziario automobilistico recedere dai contratti con opzione finale decorrenza immediata. Con nota in data 4 marzo 2014, l’intermediario resistente contestava la legittimità del recesso specificando che “il d. lgs. n. 141/2010 prevede la facoltà per il consumatore di acquistoesercitare il diritto di recesso entro 14 giorni lavorativi”. La locazione finanziaria prevedevaCon nota in data 8 maggio 2014, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione proponeva formale reclamo nei confronti dell’intermediario convenuto resistente specificando che il contratto di finanziamento non recava la data di sottoscrizione che assurge, evidentemente, ad elemento contrattuale fondamentale ed imprescindibile per violazione del divieto poter valutare precisamente l’arco temporale validamente calcolato ai fini dell’effettivo decorso dei 14 giorni utili per esercitare il diritto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’artrecesso. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino Non avendo ottenuto riscontro alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 propria istanza da parte dell’intermediario il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione si è rivolto all’Arbitro chiedendo: di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi accertare l’intervenuta risoluzione del contratto di finanziamento (sul presupposto e la conseguente estinzione dell’obbligo del ricorrente di corrispondere le rate del piano di ammortamento; di dichiarare e riconoscere piena efficacia al recesso contrattuale esercitato dal ricorrente inibendo all’intermediario resistente di reiterare richieste di pagamento; di condannare l’intermediario al pagamento delle spese legali quantificate in euro 200,00. L’intermediario si è difeso precisando che, a seguito della nullità delle relative clausole ricezione della nota del cliente in data 7 febbraio 2014, aveva contattato la società convenzionata che aveva escluso la configurabilità in capo al ricorrente del diritto alla risoluzione del contratto di leasing per violazione del divieto finanziamento, non essendo stato il diritto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMrecesso esercitato nei termini. In seguito assenza della data sul modulo di finanziamento, l’intermediario ha obiettato di non avere argomenti per opinare diversamente, considerato la società convenzionata era “la sola ad essere fisicamente presente al riscontro negativomomento della compilazione dei moduli di richiesta dei finanziamenti”. Quanto al ristoro delle spese legali, l’intermediario ha contestato la domanda del ricorrente considerato che nel presente procedimento l’assistenza legale non è necessaria. L’intermediario ha rassegnato le proprie conclusioni chiedendo all’Arbitro di rigettare il ricorso, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF quanto infondato in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. fatto e in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivadiritto.

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FATTO. Il ricorrenteParte ricorrente chiede l’accertamento della validità della fideiussione (a tempo determinato). La Banca, che si qualifica non consumatorecon una nota, deduce ha comunicato la volontà di aver sottoscritto con l’intermediario convenutorecedere dal contratto di garanzia prestato. I clienti chiedono, inoltre, “il pagamento” della stessa in quanto sarebbe stata prevista in sostituzione di un deposito cauzionale. La Banca conferma il rifiuto al pagamento in assenza di uno specifico inadempimento del debitore principale. Più precisamente, i ricorrenti hanno rappresentato di essere beneficiari di una fideiussione “a prima richiesta” rilasciata dalla Banca convenuta, emessa in data 16.12.201614/05/2010 con scadenza 30/04/2016, per l’importo di € 15.000 a garanzia del corretto e puntuale adempimento di tutte le obbligazioni relative ad un contratto di leasing finanziario automobilistico locazione per uso commerciale. Dall’inizio della locazione, il conduttore provvedeva regolarmente al pagamento dei canoni; in data 15/09/14, la Banca inviava richiesta di recesso con opzione finale effetto immediato dal contratto di acquistogaranzia “in ragione di mutate condizioni nel rapporto intrattenuto con il debitore principale”, chiedendo ai beneficiari di rendere noti eventuali inadempimenti dell’obbligazione garantita, entro 15 giorni, ai fini della liquidazione. I beneficiari rispondevano con nota del 22/09/2014, chiedendo il pagamento dell’importo totale di € 15.000, ma la garante, con nota del 23/09/14, rispondeva che, “non venendo […] dichiarato alcun inadempimento in capo ‘al debitore principale’”, non avrebbe proceduto al pagamento. La locazione finanziaria prevedevaparte attrice sporgeva reclamo in data 21/10/14, oltre rappresentando quanto occorso e chiedendo l’immediato adempimento dell’obbligazione assunta. Parte ricorrente ha chiesto che il Collegio “si pronunci in ordine al mancato pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, della garanzia […] confermando la corresponsione di commissioni validità della medesima e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfrdelle richieste fatte”. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), Nelle proprie controdeduzioni la Banca ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativorappresentato, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva fatto: - 14/05/2010: emissione della garanzia per l'importo massimo di aver ceduto € 15.000,00 con ad oggetto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione "corretto e puntuale adempimento di tutte le commissioniobbligazioni assunte dal Debitore Principale [omissis] per effetto del Contralto di locazione per uso commerciale" sottoscritto tra le parti con decorrenza dal 01.05.2010”; - 22/9/2014: i ricorrenti hanno richiesto il pagamento, spese e interessi pagati "a liberazione dell'importo", di € 15.000,00; - 23/9/2014: la Banca ha evidenzialo che "non sussistevano le condizioni per l'escussione della garanzia”; - 27/9/2014: parte attrice ha reiterato la richiesta di pagamento […] “in esecuzione sostituzione del contratto previsto deposito cauzionale"; Nel merito, la convenuta ha chiesto di finanziamento sottoscrittorigettare le richieste di parte ricorrente in quanto: Infine, previa dichiarazione la Banca ha concluso affermando che “a) se la fideiussione è venuta meno (per fatto proprio dei beneficiari e/o per il consenso al riguardo manifestato), è certo che nessun obbligo di nullità delle relative clausole contrattualipagamento incomba sul [garante]; b) se la fideiussione fosse invece ritenuta tuttora in essere, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi è certo che nessun pagamento è dovuto non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, essendo stata L’intermediario resistente ha chiesto il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità “rigetto del ricorso per suo difetto e della richiesta di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivapronunciamento avanzata dai ricorrenti”.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoLa ricorrente afferma che, in data 16.12.201621/04/2017, le è stata rilasciata dall’intermediario convenuto una carta di credito revolving. Osserva che il contratto di credito posto alla base dell’emissione della carta deve ritenersi usurario, perché la commissione di anticipo contante non è stata conteggiata nel TAEG, indicato in contratto nella misura del 22,70%. La ricorrente dichiara di avere smesso di pagare le rate quando si è resa conto della natura usuraria del rapporto e rileva di essere stata segnalata nei SIC, per questa ragione, a partire dal novembre 2018, senza però il necessario preavviso. Nel corso della fase di reclamo l’intermediario resistente ha riferito di aver trasmesso un preavviso tramite raccomandata semplice del 5/11/2018, che la ricorrente nega di aver ricevuto. Quest’ultima aggiunge che la segnalazione è illegittima anche dal punto di vista sostanziale, contestando di essersi mai trovata in stato di insolvenza. Infine, osserva che il credito dell’intermediario è stato ceduto e sostiene di aver saldato il proprio debito presso il cessionario, come da liberatoria in atti. Pertanto, nel ricorso, chiede la cancellazione della segnalazione, «la restituzione di tutti gli oneri sostenuti dalla cliente in aggiunta al TAEG, in particolare delle commissioni per anticipo contanti», nonché il risarcimento di ogni danno subito, la cui quantificazione rimette all’ABF. L’intermediario resistente, con le proprie controdeduzioni, osserva che il 21/04/2017 la ricorrente ha sottoscritto un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale carta di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10credito revolving, per un totale importo disponibile di Euro 2.117,10 euro 3.000,00, da rimborsare in rate mensili pari a: - euro 75,00, in caso di saldo tra euro 75,00 ed euro 1,500,00; - euro 150,00, in caso di saldo tra euro 1.500,01 ed euro 3.000,00; - euro 250,00, in caso di saldo superiore ad euro 3.000,00. Rileva poi che la carta di credito è stata concessa, in origine, con TAN fisso del 19,20%, TAEG del 22,70% e TEG del 19,20% (cfr. all. b) al ricorsorispetto a un tasso soglia, nel periodo di validità 01/04/2017 - 30/06/2017, del 24,30%). Il Afferma che il TAEG e il TEG sono stati calcolati in conformità alle normative di trasparenza e antiusura applicabili. Osserva ancora che la carta di credito è stata utilizzata dalla ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza a partire dal mese di giugno del 2017 e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019a partire dal settembre del 2018, ne ella ha disposto la sospensione in via cautelare fino interrotto arbitrariamente il rimborso del saldo dovuto. Sostiene ancora di aver tramesso alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoricorrente, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico05/11/2018, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 preavviso di imminente segnalazione nei confronti dell’intermediario cedenteSIC e di avere, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”provveduto alla cancellazione di ogni segnalazione negativa. L’intermediario, costituitosi, eccepisce Aggiunge di aver ceduto trasmesso, in data 1.03.2019 ad altra finanziaria 31/12/2018, a mezzo raccomandata, formale costituzione in mora e dichiarazione di decadenza dal beneficio del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo termine, con conseguente obbligo di azienda dedicato al business rimborso del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivadebito in un’unica soluzione.

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FATTO. Il Con ricorso pervenuto il giorno 26/04/13 preceduto da reclamo in data 12/03/13, la ricorrente, che si qualifica non consumatoreassistita dal legale di fiducia, titolare presso l’intermediario di un conto corrente sul quale venivano addebitate e pagate a mezzo RID le rate di un mutuo con questi intrattenuto, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoprestato fideiussione a garanzia del credito accordato dallo stesso intermediario a suo marito e censura la condotta della banca che, previo blocco del conto e della connessa carta bancomat, in data 16.12.201612/03/13 ne ha incamerato, un contratto senza alcun preavviso e/o autorizzazione, l’intero saldo di leasing finanziario automobilistico € 14.3292,03 a titolo di compensazione con opzione finale la maggior somma a proprio dire dovuta dalla stessa ricorrente quale fidejubente del coniuge. Deduce a tal fine che la compensazione non poteva operare per difetto dei requisiti di acquisto. La locazione finanziaria prevedevacertezza, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensililiquidità ed esigibilità dei reciproci crediti, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante né poteva darsi applicazione della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri disposizione di cui all’art. 101 del TFUE1853 cod. Deduce altresì civ. che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatipostula l’identità dei soggetti dei relativi rapporti, ivi compreso l’intermediario convenutodiversamente da quanto verificatosi nel caso di specie. La ricorrente censura anche il difetto di previa comunicazione di revoca delle linee di credito concesse al garantito, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto nonché la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto dovere di intese restrittive) nonchébuona fede da parte dell’intermediario con particolare riferimento alla comunicazione 11/04/13 di risoluzione del mutuo con contestuale richiesta di versamento dell’intero residuo capitale. Per tali ragioni chiede il rimborso della somma di € 14.392,03, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017già oggetto di compensazione, e il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoquantificato in € 81.234,49, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, misura “pari alla somma che opponeva di aver ceduto la stessa si trova a dover pagare per il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione recesso del contratto di finanziamento sottoscrittomutuo cui faceva affidamento” o quella diversa somma ritenuta di giustizia. Con controdeduzioni pervenute il 25/06/13, previa dichiarazione l’intermediario deduce che alla data del 20/12/12 il conto corrente intestato al coniuge della ricorrente, sul quale era stato a suo tempo concesso un affidamento di nullità delle relative clausole contrattuali€ 30.000,00 da quest’ultima garantito sino a concorrenza di € 195.000,00 (v. all.1 di parte resistente), ovvero la liberazione dall’obbligo presentava un saldo dare di pagare queste commissioni€ 64.298,33, spese che il coniuge era inoltre debitore di € 105.070,00 per n. 7 fatture insolute, di € 10.150,00 per 17 rate impagate di un mutuo chirografario e interessidi € 10.114,00 per n. 19 rate insolute di altro prestito chirografario, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2esposizioni anch’esse garantite dalla odierna ricorrente, e che l’intimazione di pagamento dei detti importi era stata regolarmente comunicata a mezzo racc. ar. in via alternativadata 08/01/12 (v. xxx.xx 2 di parte resistente) sia al debitore principale che alla garante, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo per cui del tutto legittima deve ritenersi la compensazione di cui all’artsi duole la controparte, ritualmente comunicatale con nota 12/03/13 (v. xxx.xx n. 3 di parte resistente). 117 TUB con eventuale rimborso Il resistente ha poi specificamente contestato la sussistenza di alcun blocco del conto corrente e della differenza per i finanziamenti già estinti; 4connessa carta di debito (v. all. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento 5 di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso parte resistente) ed ha contestato la domanda risarcitoria rilevando che il contratto di leasing automobilistico perfezionato col xxxxx è stato stipulato solo dal marito, mentre l’odierna ricorrente è mera garante (quale fidejubente e datrice di ipoteca) del relativo adempimento e dunque non titolata ad agire per i danni pretesamente conseguenti alla risoluzione del rapporto comunicata con nota 11/04/13 (v. all. 4 di parte ricorrente) a tutti gli interessati. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità In ragione di quanto sopra, il resistente ha chiesto il rigetto del ricorso sul rilievo della correttezza della propria condotta. E’ utile aggiungere che dalla documentazione acquisita agli atti risulta che l’intimazione dell’intermediario in data 08/01/12, sopra richiamata, indicava, quali crediti portati in parziale compensazione, gli importi di € 11.000,00 per suo difetto insoluto relativo alla fattura n. 16 del 15/06/11 e di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente € 39.513,93 quale sconfinamento del c/c affidato, senza che la finanziaria cessionariadebenza di tali importi sia stata specificamente contestata dal debitore principale e/o dalla garante. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.Tanto premesso, si rileva quanto segue in

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FATTO. Il ricorrenteCon ricorso protocollato l’1 luglio 2015, che si qualifica non consumatore, deduce il ricorrente espone di essere correntista presso la parte resistente e di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoaderito ad un’iniziativa commerciale che prevedeva il riconoscimento di un voucher pari all’1% del valore dei titoli presenti in portafoglio al 31 dicembre 2014, purché trasferiti nel corso degli ultimi sei mesi da dossier instaurati presso altri intermediari. A tal fine, in data 16.12.2016, 25 novembre 2014 inoltrava ad altro intermediario presso cui deteneva un contratto portafoglio titoli (cd. “intermediario originario”) la richiesta di leasing finanziario automobilistico con opzione finale trasferimento di acquistoalcuni strumenti finanziari verso un nuovo deposito titoli in amministrazione acceso presse la parte resistente (cd. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso“nuovo intermediario”). Il ricorrente deduce Successivamente si accorgeva che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 un titolo (prodotto sub all. c“A”) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è non era stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito ancora valorizzato a causa della violazione mancata disponibilità del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMprezzo ed un altro (“B”) non era stato ancora trasferito. Per risolvere questi disguidi reclamava diverse volte “allo scopo di segnalare per tempo all’[intermediario] le anomalie riscontrate e consentir[gli] di valutare correttamente il corrispettivo del bonus da corrispondere”. Ciò nonostante in data 25 maggio 2015 gli veniva riconosciuto un bonus pari a € 3.900,00 a fronte di un valore di € 4.600,00 da lui calcolato. Pertanto ricorreva all’Arbitro per ottenere la differenza tra quanto spettante e quanto effettivamente corrisposto. In seguito al riscontro negativosede di controdeduzioni, l’intermediario ha pregiudizialmente eccepito l’irricevibilità ratione materiae del ricorso in data 19.03.2019esame poiché si riferisce ad una questione relativa ad un servizio di investimento (dossier titoli). Nel merito, dell’intermediario convenuto, che opponeva precisa di aver ceduto avere già integrato il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, bonus nella misura di € 150,00 (ammontare pari all’1% del valore del titolo “A” erroneamente non valorizzato in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito portafoglio a causa della violazionetemporanea indisponibilità del prezzo). Inoltre specifica di non avere alcuna responsabilità relativamente al ritardato trasferimento del titolo “B” in quanto il buon esito di tale operazione deriva dalla condotta dell’intermediario originario, dovendo il nuovo limitarsi semplicemente a prendere in misura pari all’intero importo delle commissionicarico il titolo. Sul punto precisa che l’intermediario originario procedeva ad effettuare il trasferimento soltanto nel mese di gennaio 2015, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso pertanto fuori tempo per beneficiare della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivapromozione.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce La ricorrente ha rappresentato di aver sottoscritto con l’intermediario convenutosottoscritto, in data 16.12.201626 aprile 2007, una proposta irrevocabile avente ad oggetto un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale noleggio di acquisto. La locazione finanziaria prevedevauna autovettura, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, che prevedeva la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e n. 61 rate mensili dell’importo unitario di interessi passivi per Euro 1.629,10euro 293,00. Al momento della sottoscrizione parte ricorrente versava 293,00 euro a titolo di deposito cauzionale. Al fine di assicurare il pagamento del canone di noleggio dell’autovettura, per parte ricorrente stipulava un totale contratto di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, finanziamento con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, resistente - per la quale è stata fissata l’udienza medesima durata del 26 febbraio 2020contratto di noleggio e con rata di importo pari al canone mensile - denominato "Finanziamento noleggio a Lungo Termine e Carta di credito''. In data 26.02.2019 il 19 maggio 2007 veniva effettuata la consegna dell’autovettura. Tuttavia, solo nell’aprile del 2008 - su richiesta della stessa ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto - le veniva consegnata copia del contratto sottoscritto, di cui riferisce non aver avuto preventiva visione. In particolare, la ricorrente riferisce di non essere a conoscenza della previsione di un maggiore addebito di rata in ipotesi di superamento di un dato chilometraggio. Al momento della consegna del contratto si avvedeva, in altri termini, dell’apposizione di firme a lei non riconducibili. Pertanto, immediatamente disconosceva le firme chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi spiegazioni alla resistente senza ottenere un valido chiarimento. A causa della controversia che ne seguiva, si perveniva alla risoluzione del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole noleggio con riconsegna del veicolo, che veniva poi venduto a un terzo soggetto. Nonostante ciò, fino al mese di febbraio 2011, la ricorrente provvedeva a saldare regolarmente i ratei mensili del finanziamento. Tuttavia, nel mese di marzo 2011 parte ricorrente comunicava all’intermediario l’intenzione di avvalersi dell’articolo 7 del contratto di leasing finanziamento, che prevedeva l’estinzione anticipata del contratto, con l’obbligo della convenzionata di corrispondere all’intermediario quanto necessario per violazione l’estinzione del divieto finanziamento con la liberazione della richiedente. Parte resistente, in riscontro a tale comunicazione, sosteneva che vi fosse autonomia tra le sorti del noleggio e quelle del finanziamento, richiedendo il pagamento dei canoni a scadere perché imputati a “finanziamento di intese restrittivetipo personale”. A fronte delle resistenze della ricorrente e del mancato pagamento dei ratei scaduti, l’intermediario procedeva alla segnalazione del nominativo della resistente nell’archivio informatico gestito da Crif. Veniva, dunque, presentato ricorso innanzi a questo Arbitro, con il quale si lamentava l’illegittimità della condotta posta in essere dalla resistente e, pertanto, si chiedeva: a) nonchéla risoluzione del contratto di finanziamento, ai sensi dell’art. 7 in quanto connesso al contratto di noleggio risolto; b) dunque, la restituzione dei canoni corrisposti e non dovuti a decorrere dal mese di aprile 2009, oltre interessi, da quantificarsi in euro 6.739,00; c) la cancellazione del d.lgs. n. 3/2017, nominativo dal sistema Crif; d) il risarcimento del danno subito a causa della violazione non patrimoniale, quantificato in euro 2.500,00. L’intermediario, nelle proprie controdeduzioni, eccepiva innanzitutto l’incompetenza ratione temporis del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoCollegio adito, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, quanto le doglianze della ricorrente attenevano alle clausole contrattuali di rapporti sorti nel 2007 (quindi prima del 1° gennaio 2009). Nel merito si rilevava che opponeva di aver ceduto le doglianze della ricorrente fossero originate dall’errato presupposto che sussistesse un collegamento negoziale tra il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentenoleggio di un’autovettura, laddove invece i due rapporti erano indipendenti ed il primo aveva ad oggetto un prestito personale. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità Xxxxxxxx, quindi, il rigetto del ricorso ritenendo la ricorrente ancora obbligata al pagamento dei ratei del finanziamento. Inoltre, respingeva qualunque addebito in merito alla legittimità della segnalazione del nominativo presso il sistema Crif, avendo a tal fine regolarmente trasmesso - anche con raccomandata a.r. - le lettere di sollecito, il preavviso di revoca e la comunicazione di classificazione a sofferenza. Ne discendeva, dunque, anche la mancanza dei presupposti per suo difetto l’accoglimento della domanda di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente risarcimento. Seguivano repliche alle controdeduzioni, con cui la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorrente ribadiva le proprie posizioni, contestando tutto quanto dedotto dalla resistente.

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FATTO. Il Con reclamo dell’11/05/2015 la società ricorrente, che si qualifica non consumatoretitolare di diversi contratti IRS, deduce contestava la violazione di quanto previsto nel TUF e nei Regolamenti Consob e chiedeva copia della documentazione contabile, finanziaria e contrattuale ai sensi dell’art. 119 TUB. A tal fine offriva il rimborso delle spese effettivamente sostenute ai sensi e nei limiti della normativa vigente, vista anche la delibera n. 14/2004 del garante per la privacy. Con mail del 20/08/2015 l’intermediario comunicava di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, predisposto 96 fogli e preventivava un contratto costo di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, € 10,00 a foglio per un totale di Euro 2.117,10 (cfr€ 960,00. allLa società ricorrente presentava ricorso all’ABF rilevando che la richiesta era stata formulata non solo ai sensi dell’art. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato119 TUB, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ma anche ai sensi dell’art. 7 c. 1 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa codice della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMprivacy. In seguito particolare, nel 2004 il Garante aveva sancito la possibilità per la banca di chiedere al cliente un contributo spese non eccedente i costi effettivamente sostenuti e non superiore a € 20,00. Pertanto all’intermediario era dovuto solo un contributo spese e non già il costo previsto nei fogli informativi. La pretesa di € 960,00 era eccessivamente onerosa e non giustificata perché non corrispondeva ai costi effettivamente sostenuti. L’intermediario dichiarava che la società aveva sottoscritto più contratti in strumenti derivati a partire dal 2004. Con riscontro negativodel 03/07/2015 l’intermediario confermava di aver sempre operato secondo canoni di trasparenza e correttezza e osservava che la richiesta di copia della documentazione sarebbe stata evasa ai sensi dell’art. 119 TUB poiché il codice della privacy si applicava alla sole persone fisiche. Rilevava che la società ricorrente citava un non ben identificato né allegato provvedimento del garante della privacy del 20/12/2012. Tuttavia il Garante stesso aveva circoscritto l’ambito dei soggetti che avevano facoltà di avanzare tale richiesta. Citava in particolare la newsletter n. 390/2014 ai sensi della quale il codice della privacy non poteva essere invocato dalle persone giuridiche. L’intermediario evidenziava che la ricorrente è una società di capitali e precedentemente era una società di persone. Pertanto la richiesta di rimborso dei costi sostenuti era legittima e quantificata sulla base dei fogli informativi. Da ultimo l’intermediario contestava l’elencazione fornita dal ricorrente dei documenti richiesti: l’art. 119 TUB si riferiva esplicitamente a singole operazioni dalle quali esulavano, in data 19.03.2019via esemplificativa, dell’intermediario convenutole proiezioni sul mark to market e le indicazioni sui contratti mirror. La società ricorrente vuole vedere riconosciuto il proprio diritto alla consegna della documentazione già richiesta. L’intermediario chiede, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principalepreliminare, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, dichiarare inammissibile il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo incompetenza per materia e, nel merito, di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passival’istanza.

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FATTO. Il ricorrenteI ricorrenti, che si qualifica non consumatore, deduce titolari di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento personale in essere con opzione finale di acquistol’intermediario, si dolgono dell’usurarietà delle condizioni economiche applicate al rapporto. La locazione finanziaria prevedevaLamentano, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliparticolare, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi nullità del contratto di finanziamento (sul presupposto stipulato con l’intermediario per inosservanza della nullità delle relative clausole forma scritta nonché per l’incomprensibilità del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, documento contrattuale rilevante ai sensi dell’art. 7 36, comma 2, lett. c), Cod. Cons. che ha impedito la formazione di un consenso consapevole in ordine alla stipula del d.lgscontratto de quo. n. 3/2017Contestano, inoltre, la violazione dell’art. 125-bis TUB, atteso che mediante un unico modulo hanno sottoscritto tanto il contratto con la banca quanto quello con la finanziaria. Inoltre, con riferimento al tasso di interesse applicato, lamentano l’usurarietà del tasso di mora nonché l’applicazione di pratiche anatocistiche consistenti nella computazione degli interessi moratori non sulla sola quota capitale, ma sulle rate del prestito complessivamente considerate e, quindi, comprensive anche degli interessi corrrispettivi. Deducono, infine, la sussistenza di un conflitto di interessi tra la banca e la compagnia assicurativa. Chiedono, pertanto, che l’Arbitro disponga l’effettuazione del conteggio di estinzione ai fini della restituzione delle somme indebitamente versate nonché il risarcimento dei danni patiti. L’intermediario eccepisce, anzitutto, la piena legittimità delle condizioni economiche applicate al rapporto, atteso che ai fini della verifica del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMtasso soglia è preclusa la sommatoria tra interessi corrispettivi ed interessi di mora. In seguito al riscontro negativoPrecisa, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenutopoi, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscrittoè stato visionato ed accettato dai ricorrenti. Chiede, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativaquindi, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità rigetto del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaperché infondato.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto nel 2008 aveva stipulato con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento nell’ambito del quale era anche concessa una carta di credito associata ad un fido rotativo, esprime in relazione al rapporto molteplici ragioni di doglianza. Sostiene che la carta di credito, a suo tempo concessa con opzione finale modalità assai poco trasparenti in connessione con un finanziamento per l’acquisto di acquisto. La locazione finanziaria prevedevabeni di consumo, oltre al era stata estinta nell’aprile 2012 con il pagamento del prezzo dell’autovettura residuo saldo debitorio. Xxxxxxx, a tal riguardo, che il tasso di interesse applicato è stato in 48 rate mensilicorso di rapporto modificato a più riprese con importanti rialzi. A comprova di quanto asserito, allega un dato: il TAEG indicato in contratto era fissato al 16,49%, mentre nell’estratto conto di aprile 2012 – cioè, nel momento in cui l’esponente decise di estinguere la corresponsione carta di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10credito revolving – era aumentato fino al 21,84%, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)senza che il cliente avesse mai ricevuto comunicazione né tanto meno alcuna motivazione dell’intervenuta variazione. Il ricorrente deduce riferisce che l’Autorità Garante sorprendentemente nell’ottobre 2015, quindi in data successiva alla estinzione della Concorrenza e carta di credito, l’intermediario ha dato seguito a una richiesta di anticipo contanti per € 4.000,00 effettuata tramite canale web sulla medesima linea di credito rotativo che si riteneva essere stata precedentemente estinta. Sostiene che la richiesta sarebbe stata effettuata fraudolentemente dal cointestatario del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di conto corrente su cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiaccreditato l’importo finanziato, ivi compreso l’intermediario convenutoun ex socio che «impadronendosi del mio [del ricorrente] PC portatile, davanti effettuava l’accesso al Tar sito web area privata della finanziaria (accessibile da chiunque, infatti dopo un primo accesso con user e password, basta cliccare per gli accessi futuri semplicemente il pulsante “entra”) e alla voce richiedi contanti richiedeva a mia insaputa l’importo da bonificare». A giudizio del Lazio chericorrente, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione l’accaduto dimostra l’assoluta inadeguatezza delle misure di sicurezza a presidio dell’operatività del meritoconto on line, per la quale si prevedeva un sistema di identificazione limitato ad un solo fattore, non in linea con gli standard tecnologici. Sotto altro profilo, l’esponente rileva che il finanziamento è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020stato erogato senza che fosse sottoscritto alcun contratto, in violazione quindi dell’art. 117 TUB. In data 26.02.2019 riscontro al reclamo, l’intermediario ha qualificato l’operazione come un utilizzo del fido associato alla carta di credito; nella documentazione ivi allegata, si precisa pure che l’anticipo è stato addebitato in conto ad una carta (identificata da un numero), che tuttavia non è mai stata in possesso del ricorrente il quale aveva già tempo prima esercitato facoltà di recesso. Conclude quindi il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto che il nuovo finanziamento «nulla ha a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéche vedere» con il pregresso rapporto, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, è stato erogato in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento mancanza di un danno almeno pari al 20% valido contratto ed è, quindi, da considerarsi nullo. La parte infine contesta l’illegittimo trattamento da parte dell’intermediario dei suoi dati personali, comunicati senza autorizzazione a terzi, tra cui la società incaricata del recupero. Soprattutto, a fronte di tutte le commissioniun credito inesistente e senza neanche una comunicazione di preavviso, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. si duole dell’iscrizione da parte dell’intermediario del proprio nominativo in ogni casoun sistema di informazione creditizia privato, con rivalutazione e interessi”lesione della sua reputazione di buon pagatore, nonché in Centrale d’allarme interbancaria con i disagi che ne sono derivati per il conseguente blocco di tutti gli strumenti di pagamento in suo possesso, connessi a un conto corrente intrattenuto con altro istituto. L’intermediarioChiede, costituitosipertanto, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.che:

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoCon ricorso presentato in data 27/12/2016 il ricorrente lamenta, in data 16.12.2016, riferimento a un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale conto corrente e a un contratto di acquistoapertura di credito, l’inosservanza della forma scritta, poiché a fronte della richiesta di fornire copia dei contratti sottoscritti tra le parti, l’intermediario ne avrebbe prodotto copia recante la sola sottoscrizione della cliente. La locazione finanziaria prevedevaparte chiede, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura di conseguenza, che sia accertata la non debenza degli importi addebitati a titolo di interessi, spese e commissioni ex art. 117 TUB e ne sia disposta la restituzione. In secondo luogo, il ricorrente chiede di dichiarare la nullità della clausola relativa agli interessi ex art. 1815, comma 2, c.c., sostenendo, sulla base di una perizia tecnica, che gli interessi addebitati dalla banca abbiano superato la soglia di usura in 48 rate mensilidiversi trimestri. Infine, la corresponsione il ricorrente chiede il rimborso di commissioni e complessivi euro 10.959,83, di cui euro 2.213,57 a titolo di “spese ed oneri” non pattuiti per Euro 488,00 e iscritto ed euro 8.746,26 a titolo di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per su interessi in violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’artanatocismo. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiCon controdeduzioni presentate in data 3/04/2017 l’intermediario resistente eccepisce, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino preliminare, l’irricevibilità delle domande relative al mancato rispetto della forma scritta prevista per i contratti bancari e alla decisione del meritoretrocessione degli interessi anatocistici, in quanto esse non avrebbero formato oggetto di reclamo. In subordine, la resistente chiede il rigetto per infondatezza della contestazione relativa al mancato rispetto della forma scritta, sostenendo che la funzione informativa dell’obbligo di forma scritta dei contratti bancari sarebbe stata pienamente assolta nel caso di specie. La banca, chiede, inoltre, di respingere la richiesta di restituzione degli interessi anatocistici perché agli interessi maturati dall’1/01/2014 al 30/09/2016 sarebbe applicabile ratione temporis la disciplina previgente in materia di anatocismo. La resistente chiede, infine, di respingere le doglianze circa il presunto superamento della soglia di usura, che risulterebbe dall’applicazione di una formula diversa da quella prescritta nelle Istruzioni della Banca d’Italia per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivalegge sull’usura.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto In data 15.7.2015 il ricorrente stipulava con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare resistente il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto n. ***176 per complessivi 17.040,00 euro, da rimborsare in 120 rate: il finanziamento veniva estinto anticipatamente il 31.10.2019, dopo il pagamento di leasing per violazione del divieto 48 rate e il ricorrente, previa proposizione di intese restrittive) nonchéreclamo in data 16.12.2019, chiede all’ABF, in via principale, il rimborso di oneri e commissioni non maturate a seguito di estinzione anticipata ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017125-sexies TUB per la somma di 693,34 euro, oltre interessi; in xxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxxxx xxxx quota definita “recurring” in contratto, secondo il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativocriterio pro rata temporis, in data 19.03.2019per la somma di 92,39 euro, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e oltre interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosinel confermare i fatti, eccepisce preliminarmente che il ricorso deve essere rigettato, avendo il ricorrente sottoscritto il modulo di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo quietanza liberatoria, con il quale il cliente avrebbe rinunciato a qualsivoglia domanda e azione inerente a seguito dell’estinzione anticipata. Nel merito, che la sentenza della Corte di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso Giustizia Europea richiamata dal ricorrente non può trovare applicazione nei rapporti diretti fra privati ed il contratto riporta in maniera inequivocabile ed analitica le voci di leasing automobilistico perfezionato col costo soggette a maturazione nel corso del tempo (c.d. recurring) e le voci di costo non rimborsabili in caso di estinzione anticipata (c.d. up-front); per quanto riguarda le “commissioni Sigla”, il contratto indica l’esatto importo della quota ripetibile in caso di estinzione anticipata, secondo il piano di ammortamento allegato al contratto e sottoscritto dal ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della validità di una polizza fideiussoria rilasciata da un intermediario poi risultato non autorizzato al rilascio di fideiussioni nei confronti del pubblico. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. Con reclamo presentato per il tramite di un avvocato in data 10 gennaio 2014, l’attuale ricorrente, titolare di un’impresa individuale, si è rivolto all’intermediario attuale resistente, dolendosi del fatto che la fideiussione rilasciatagli da quest’ultimo per ottenere l’autorizzazione alla costruzione di un impianto eolico, era stata ritenuta inidonea dall’ente pubblico competente in quanto era risultato che l’intermediario era iscritto nel solo elenco generale di cui all’art. 106 TUB e non anche a quello speciale di cui all’art. 107 TUB. A valle del risconto reso dall’intermediario con nota del 28 gennaio 2014, giudicato non del tutto soddisfacente, il ricorrente si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoè rivolto all’Arbitro Bancario Finanziario reiterando le doglianze del reclamo. In particolare, in data 16.12.2016punto di fatto il ricorrente espone di essersi rivolto all’intermediario resistente, individuato attraverso un contratto broker, chiedendogli il rilascio di leasing finanziario automobilistico una polizza fideiussoria a favore dell’ente pubblico competente a garanzia dell’esecuzione delle opere di ripristino dei luoghi ad avvenuta ultimazione dell’impianto e dei lavori di rimozione dei manufatti e ripristino dei siti a seguito della dismissione. Al momento della sottoscrizione del contratto, il ricorrente, a fronte di un importo garantito pari a € 125.000,00 per la durata di un anno, versava all’intermediario, quale corrispettivo, la somma di € 1.550,00. Tuttavia, prosegue il ricorrente, rimessa la polizza all’ente pubblico beneficiario, quest’ultimo - in esito ad approfondimenti svolti presso la Banca d’Italia – comunicava di non poter concedere alla parte istante l’autorizzazione in quanto la società emittente, iscritta nel solo elenco generale di cui all’art. 106 TUB e non anche a quello speciale di cui all’art. 107 TUB, non risultava abilitata allo svolgimento nei confronti del pubblico dell’attività di rilascio di fideiussioni. Il ricorrente si è visto, quindi, costretto a richiedere la garanzia ad altro intermediario, sostenendo nuovi costi e subendo danni per il ritardo, pari a “5 mesi accertati”, nell’inizio dei lavori di costruzione dell’impianto, il quale - per godere delle agevolazioni concesse dal GSE - deve essere ultimato entro il 30/12/2014. Aggiunge ancora il ricorrente di avere, in fase precontrattuale, specificato all’intermediario che il beneficiario della richiesta garanzia era un ente pubblico, in relazione ad un procedimento amministrativo riguardante la realizzazione di un impianto eolico, e che l’intermediario resistente, certamente consapevole di non essere iscritto nell’elenco speciale di cui all’art. 107 TUB, non ha chiarito con opzione finale grave violazione dei doveri di acquistocorrettezza di non essere in possesso dei necessari requisiti per l’emissione della polizza. La locazione finanziaria prevedevaSulla base di quanto esposto, il ricorrente ha concluso chiedendo all’Arbitro di accertare la nullità della polizza fideiussoria, in quanto rilasciata dalla società resistente “in carenza di potere” e, conseguentemente, di dichiarare la medesima resistente tenuta alla restituzione del corrispettivo pari a € 1.550,00 , oltre interessi legali e le spese di procedura. L’intermediario si è costituito depositando controdeduzioni con cui ha chiesto il rigetto del ricorso. Il resistente espone, in fatto, di avere, prima della sottoscrizione del contratto, trasmesso al cliente una bozza da sottoporre all’ente beneficiario, “al fine di ottenerne la relativa approvazione”. Solo una volta ricevuto tale benestare, esso ha quindi incassato il corrispettivo concordato, emettendo (in data 8 maggio 2013) l’atto di fideiussione. Prosegue ancora il resistente sottolineando che sol con nota del 10 gennaio 2014, il ricorrente ha contestato la nullità del contratto sottoscritto, e che la controparte ha presentato ricorso all’ABF nonostante la disponibilità manifestata, pur nella convinzione della piena legittimità del proprio operato e della validità della polizza, a restituire il corrispettivo percepito. Tanto premesso in fatto, il resistente sostiene, in diritto, che il rifiuto dell’atto fideiussorio da parte dell’ente territoriale beneficiario sia stato determinato da un’erronea ricostruzione dei fatti. Secondo il resistente, l’ente pubblico avrebbe innanzitutto erroneamente ritenuto applicabile la disposizione di cui all’art. 75 del d. lgs. n. 163/2006 (il c.d. Codice dei lavori pubblici) all’iter in corso nei confronti dell’impresa istante, benché rientrante nei procedimenti di tipo autorizzatorio e/o concessorio per i quali non sono tout court applicabili le regole dell’evidenza pubblica. Ma soprattutto, prosegue il resistente, il maggiore equivoco in cui sarebbe caduto l’ente beneficiario della polizza sarebbe collegato all’interpretazione erronea (complice, a suo dire, anche la nota non perspicua dell’Autorità di Xxxxxxxxx) delle modifiche alla disciplina degli intermediari finanziari ex artt. 106 e 107 del TUB, con l’istituzione dell’albo unico in luogo dei due distinti elenchi, previsto dal d. lgs. n. 141/2010 ma non ancora realizzato per mancanza della regolamentazione di attuazione. Xxxxxxx, infatti, il resistente di essere tuttora autorizzato, in quanto iscritto sin dall’11 gennaio 2002 nell’elenco generale degli intermediari finanziari, all’esercizio professionale – ai sensi dell’art. 106 TUB, vecchio testo – nei confronti del pubblico l’attività di concessione di finanziamenti, di assunzione di partecipazioni e di intermediazione in cambi. In forza del regime transitorio, anche a seguito dell’entrata in vigore della riforma, il resistente potrebbe continuare, quindi, a operare nel settore della concessione di finanziamenti, che include – ai sensi dell’art. 3 del D.M. 17 febbraio 2009, n. 29 – anche il rilascio di garanzie sostitutive del credito, impegni di firma e fideiussioni. Solo qualora tale ultima attività sia svolta in modo esclusivo, prevalente o rilevante, l’intermediario sarebbe tenuto a iscriversi nell’elenco speciale di cui all’art. 107 TUB, vecchio testo, rimanendo così assoggettata ai poteri di vigilanza prudenziale della Banca d’Italia. Se ne deduce, quindi, secondo la prospettazione del resistente, che la garanzia prestata è pienamente valida ed efficace, in quanto proveniente da intermediario iscritto nell’elenco generale e che regolarmente svolgeva l’attività di rilascio di fideiussioni in via non esclusiva, prevalente o rilevante. Contraddittoria sarebbe, pertanto, la nota di Banca d’Italia nella parte in cui si dichiara apertamente la società resistente non abilitata al rilascio di garanzie, essendo a tal fine necessario “essere iscritti nel registro speciale di cui all’art. 11 del D.M. n. 29/2009”. Del resto, prosegue il resistente, da una ricerca condotta sul sito dell’Autorità di Xxxxxxxxx, risulterebbe che nessun intermediario è attualmente censito in tale registro speciale, nemmeno gli intermediari di cui all’art. 107 TUB che, secondo quanto dalla stessa Banca d’Italia confermato, possono senz’altro rilasciare fideiussioni e garanzie. Risulterebbe, quindi, ingiustamente penalizzante impedire l’accesso al settore a una società avente le caratteristiche di legge, come la resistente, solo in ragione del mancato censimento in un registro che di fatto non ha iscritti. A valle della presentazione delle controdeduzioni da parte dell’intermediario, il ricorrente ha trasmesso una nota di replica, con cui precisa, in particolare, sia (i) che la bozza di fideiussione non è stata sottoposta all’ente prima della sottoscrizione e del pagamento del prezzo dell’autovettura corrispettivo, essendo preclusa una negoziazione preventiva con l’ente pubblico nell’ambito di un procedimento amministrativo, sia (ii) che non sarebbe vero che la prima doglianza in 48 rate mensili, la corresponsione proposito è stata quella formulata in sede di commissioni e spese per Euro 488,00 e reclamo. Sottolinea al riguardo il ricorrente di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 essersi subito rivolto al broker attraverso cui aveva individuato il resistente come intermediario non appena avuta notizia dell’inidoneità dell’atto fideiussorio (cfr. all. b) al ricorsocomunicata dall’amministrazione competente in data 8 settembre 2013). Il ricorrente deduce conferma, infine, che l’Autorità Garante della Concorrenza e la società resistente aveva manifestato la propria disponibilità a retrocedere l’importo del Mercatopremio, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)ma sostiene che nonostante numerose sollecitazioni, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio l’impegno non è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivasoddisfatto.

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FATTO. Il ricorrentericorrente lamenta la mancanza di chiarezza delle clausole contrattuali che regolano la restituzione delle spese anticipatamente versate, che si qualifica non consumatore, deduce in ipotesi di aver sottoscritto estinzione anticipata del finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio stipulato con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto resistente il 21.05.2009. Con reclamo del 02.07.2015 chiedeva il rimborso pro quota di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10detti oneri, per un totale di Euro 2.117,10 (cfreuro 2.894,26. allL’intermediario riconosceva come dovuta solo la somma complessiva di euro 1.759,01, ma, in ragione dell’esistenza di un ulteriore prestito intestato al ricorrente, con importo scaduto e non pagato di euro 13.507,03, rifiutava di provvedere al rimborso, eccependo la compensazione parziale tra i suddetti ammontare. b) Con ulteriore reclamo del 07.08.2015, il ricorrente, tramite il proprio legale, rifiutava la compensazione prospettata dalla convenuta, in quanto l’importo scaduto e non pagato, relativo all’ulteriore prestito, risulta oggetto di transazione tra le parti, con la quale è stato concordato un piano di rientro. Piano di rientro che il ricorrente oggi sta pagando regolarmente. Il comportamento dell’intermediario risulta, pertanto, ingiustificato, non essendosi verificata alcuna insolvenza e non risultando il ricorrente decaduto dal beneficio del termine. Peraltro, l’estinzione del finanziamento di cui è causa risale al ricorso)30.06.2013, mentre l’ulteriore prestito è successivo. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatochiede oggi all’ABF la restituzione di euro 1.759,01, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub allcosì come riconosciuto dalla resistente stessa. c) L’intermediario resiste al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020ricorso ed espone quanto segue. In data 26.02.2019 21.05.2009 il ricorrente sottoscriveva un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, per un montante di euro 31.8200,00, da rimborsarsi in n. 120 rate mensili da euro 265,00 cadauna. Nel maggio 2013, veniva emesso un conteggio estintivo, calcolato al 30.06.2013, che rassegnava un saldo pari a euro 16.853,06. L’importo veniva corrisposto dal ricorrente con bonifico del 04.06.2013 e il contratto n. 800000200268 veniva estinto. In sede di estinzione anticipata, veniva rimborsata al ricorrente la somma di euro 519,33, a titolo di commissioni non maturate. Nel mese di agosto 2013, le Compagnie assicuratrici restituivano al ricorrente euro 69,98 ed euro 282,89, a titolo di oneri assicurativi non goduti. In data 02.07.2015, il ricorrente presentava formale reclamo per ottenere la restituzione dei costi non goduti e/o maturati e l’intermediario si mostrava disponibile a rimborsare euro 1.759,01, importo calcolato secondo il criterio pro rata temporis. Evidenziava, tuttavia, la presenza di un ulteriore finanziamento – il n. 890002181181 – in capo al cliente, che presentava un importo scaduto e non pagato. Invitava, pertanto, il ricorrente a contattare l’ufficio recupero stragiudiziale del credito, per individuare una soluzione bonaria alla vicenda, che tenesse conto della compensazione tra le somme a credito e a debito tra le parti. Il 07.08.2015, l’attore contestava il contenuto del riscontro al reclamo, stante l’intervenuto accordo transattivo relativamente all’importo scaduto e non pagato del prestito n. 890002181181. L’intermediario, allora, comunicava nuovamente l’impossibilità di poter procedere al ristoro e il ricorrente adiva l’ABF. Con le proprie controdeduzioni, la resistente riconosce nuovamente come dovuto l’importo di euro 1.759,01, a titolo di restituzione delle commissioni finanziarie e accessorie, al netto di quanto già restituito in sede di estinzione anticipata. Per quanto concerne gli oneri assicurativi, invece, sostiene che il ricorrente abbia già ottenuto gli importi spettanti da parte delle Compagnie assicuratrici e, in ordine alla richiesta di restituzione della quota parte di spese di istruttoria, evidenzia che si tratta di spese up front e non recurring. Con riferimento alla compensazione tra le posizioni debitorie e creditorie delle parti, argomenta che la propria eccezione trova fondamento nell’art. 1241 c.c., ricorrendone tutti i presupposti; si tratta, invero, di crediti entrambi certi, liquidi ed esigibili. Già alla data del ricorso, infatti, il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione ricevuto comunicazioni di quanto corrisposto sollecito e decadenza dal beneficio del termine. In data 05.05.2015, veniva notificato anche un decreto ingiuntivo per l’importo di euro 13.022,82, oltre a titolo interessi moratori da 23.03.2015 fino al saldo. A seguito del decreto ingiuntivo, parte ricorrente formulava una proposta transattiva alla banca che accettava in data 25.05.2015. L’accordo prevedeva il versamento di interessi n. 87 rate mensili, di cui n. 86 da euro 150,00 cadauna e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchél’ultima da euro 100,00, a partire dal 15.06.2015. Si precisava espressamente che l’accordo aveva meri fini transattavi e non aveva alcun effetto novativo ai sensi dell’art. 7 del d.lgs1230 c.c. n. 3/2017Inoltre, in difetto di puntuale e rituale pagamento, anche di una soltanto delle rate, il risarcimento cliente doveva intendersi automaticamente dichiarato dal beneficio del danno subito a causa termine, con conseguente possibilità per la banca di agire in ogni più opportuna sede per il recupero del credito vantato. Xxxxxx, nonostante il ricorrente affermi di essere puntuale nella corresponsione delle mensilità e alleghi al proprio ricorso le contabili di pagamento delle rate di giugno e luglio 2015, l’intermediario afferma che l’attore non abbia rispettato l’accordo transattivo. Secondo quanto espressamente pattuito in sede di transazione, l’accordo non può più ritenersi valido, con conseguente automatica decadenza dal beneficio del termine del ricorrente. L’intermediario evidenza che il decreto ingiuntivo emesso in data 18.04.2015 , non opposto e passato in giudicato, prova l’effettivo ammontare del credito. Alla luce di tutto quanto esplicato, emerge, secondo la resistente, la sussistenza di tutti i presupposti necessari per l’operare della violazione del diritto compensazione, ricorrendo i requisiti della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMcertezza, dell’esigibilità e della liquidità richiesti dall’art. In seguito al riscontro negativo1243 c.c. La banca si impegna, pertanto, in data 19.03.2019un’ottica di totale trasparenza, dell’intermediario convenutoa trasmettere al ricorrente l’indicazione aggiornata del debito residuo del finanziamento n. 890002181181, a seguito della compensazione con il credito di euro 1.637,58 vantati dal ricorrente nei confronti della convenuta per il rapporto di cui oggi è causa. Rappresenta, infine, che opponeva il contratto di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria finanziamento contro cessione del medesimo gruppo automobilisticoquinto dello stipendio prevede, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedenteall’art. 6, senza convenire che la finanziaria cessionariacessionaria “è autorizzata a trattenere e compensare dal netto ricavo della cessione tutte le somme corrisposte al cedente a titolo di anticipazione nonché nell’ipotesi di concorrenza con altri prestiti e/o pignoramenti gravanti sulla retribuzione, tutte le somme occorrenti per la loro estinzione”. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. La resistente chiede, in via principale, di respingere la restituzione di tutte le commissionipretesa creditoria del ricorrente, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2per l’operare della compensazione legale con il maggior credito vantato dalla banca. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in In via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo chiede di ridefinire l’entità dell’importo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per il ricorrente chiede il rimborso, detraendovi tutti i finanziamenti rimborsi già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni casoricevuti, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaconseguenza che l’eventuale importo residuo ammonterebbe a euro 1.873,06.

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FATTO. Il Con ricorso presentato al Collegio di Milano, il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, estinto anticipatamente un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento da rimborsarsi mediante CQS (alla rata 48 di 120), con opzione finale lettera di acquisto. La locazione finanziaria prevedevareclamo – per il tramite di procuratore - chiedeva all’intermediario la restituzione della quota non maturata delle voci di costo connesse al finanziamento, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliinteressi. Non ritenendo soddisfacente la proposta di rimborso effettuata dalla resistente, la corresponsione il ricorrente ha adito il Collegio di Milano per accertare il diritto alla restituzione di tutte le commissioni e spese degli oneri assicurativi non maturati e/o goduti, nonché della commissione di estinzione a seguito dell’estinzione anticipata del prestito c/CQS per Euro 488,00 un importo complessivo di euro 1.746,92, oltre interessi legali. L’intermediario, costituitosi ritualmente, asseriva che tutto ciò che spettava al cliente a titolo di rimborso di costi/oneri recurring sarebbe stato già stato allo stesso regolarmente restituito in sede di estinzione anticipata e non residua altro da rimborsare. Con riguardo al premio relativo alla polizza di interessi passivi per Euro 1.629,10assicurazione rischio impiego e al premio relativo alla polizza di assicurazione rischio vita, le Compagnie avrebbero già provveduto al rimborso di quanto dovuto alla cliente, per un totale di Euro 2.117,10 (cfreuro 195,54. allSecondo l’intermediario, il suddetto importo sarebbe stato calcolato conformemente ai criteri di calcolo indicati nelle CGA, ex ante portate a conoscenza del cliente e da questo accettati. b) L’intermediario chiedeva, quindi, all’ABF di rigettare il ricorso. Con ordinanza n. 2542 del 14/02/2020, il Collegio di Milano ha rimesso il ricorso all’esame di questo Collegio di coordinamento segnalando la particolare importanza di alcune questioni interpretative riguardanti i requisiti di legge per l’addebitabilità, a carico del soggetto finanziato, della commissione per estinzione anticipata, disciplinata dall’art. 125 sexies, comma 2, T.U.B. e del relativo onere probatorio. In particolare, tenuto conto di orientamenti difformi dei Collegi territoriali, ha chiesto in sintesi di stabilire se il diritto dell’intermediario a percepire un indennizzo equo e oggettivamente giustificato ai sensi dell’art.125 sexies, commi 2 e 3, del TUB, e che sia stato contrattualmente quantificato entro le soglie di legge, sia o meno subordinato alla dimostrazione, da parte dell’intermediario medesimo, dei costi effettivamente sostenuti e direttamente collegati al ricorso)rimborso anticipato del credito. Nell’ordinanza di rimessione il Collegio di Milano ha rammentato che il diritto del finanziatore ad un “indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato” di un finanziamento ai consumatori è sancito dall’art. 125 sexies, comma 2, TUB. La norma, trasposta nel nostro ordinamento dall’art. 1 del d.lgs. 13/08/2010, n. 141, trova la propria fonte nel diritto europeo e, in particolare, nell’art. 16 della direttiva 2008/48/CE sul credito ai consumatori; dalla lettura dei lavori preparatori che hanno preceduto l’emanazione di tale Direttiva e dal testo della stessa si ricava che il legislatore europeo, nel regolare l’indennizzo, si è proposto di trovare un bilanciamento tra il risparmio di cui gode il consumatore per effetto dell’estinzione anticipata del suo debito e la perdita eventualmente sopportata dal finanziatore che abbia fatto affidamento sui flussi finanziari previsti dal piano di rimborso. Il ricorrente deduce Collegio di Milano ha evidenziato che l’Autorità Garante la complessità di tale bilanciamento si riflette nell’articolazione della Concorrenza disciplina europea. Al riguardo, il riconoscimento del diritto del creditore alla percezione di un indennizzo nell’ipotesi di estinzione anticipata di un finanziamento ai consumatori si accompagna nella Direttiva 2008/48/CE alla definizione di presupposti e di modalità di esercizio del Mercatodiritto stesso volti a circoscriverne la portata, con provvedimento n. 27492/2018 sotto il profilo sia dell’an, sia del 20.12.2018 (prodotto sub allquantum. c) In particolare: - il Considerando 39 della Direttiva, nel riconoscere al ricorsocreditore il diritto di “esigere un indennizzo per i costi direttamente collegati al rimborso anticipato”, chiarisce che la sua quantificazione dovrebbe tenere conto “di eventuali risparmi per il creditore” e che il relativo metodo di calcolo dovrebbe essere “trasparente e comprensibile per i consumatori già nella fase precontrattuale e in ogni caso durante l’esecuzione del contratto”; tale metodo, inoltre, dovrebbe essere di facile applicazione per i creditori e di agevole verificazione da parte della autorità di vigilanza; infine, l’importo dell’indennizzo in questione dovrebbe essere inferiore ad un massimale fissato mediante un “tasso forfettario”; - l’art. 5, par. 1, lett. p), ha accertato l’esistenza e l’attuazionedella medesima direttiva annovera tra le informazioni precontrattuali che il creditore e, dal giugno 2003 all’aprile 2017se del caso, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche l’intermediario del credito, debbono fornire al consumatore “il diritto al rimborso anticipato e, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le loro captive banksrelative modalità di calcolo a norma dell’articolo 16”; - il successivo art. 16, ivi compreso l’intermediario convenutopar. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto 2, sancisce la facoltà per violazione il finanziatore di richiedere un indennizzo “equo ed oggettivamente giustificato per i costi direttamente collegati al rimborso anticipato del divieto credito”, subordinando l’esercizio di accordi tra imprese tale diritto alla condizione che “il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso”; - con riguardo al quantum, il combinato disposto dei parr. 2 e di pratiche concordate 5 del medesimo art. 16 prevede che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri l’indennizzo non possa superare l’1% dell’importo rimborsato in anticipo, se la vita residua del contratto è superiore a un anno, ovvero lo 0,5% del medesimo importo, se tale vita residua è pari o inferiore a un anno, fermo restando, in ogni caso, che l’indennizzo di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì trattasi non può superare l’ammontare degli interessi che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, il consumatore avrebbe pagato per la quale è stata fissata l’udienza vita residua del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, contratto; - ai sensi dell’art. 7 del d.lgs16, par. n. 3/20173, il risarcimento del danno subito diritto di richiedere l’indennizzo non spetta al finanziatore se (i) il rimborso anticipato è effettuato in esecuzione di un contratto di assicurazione destinato a garantire il credito, (ii) in caso di concessione di scoperto e (iii) se il rimborso anticipato ha luogo in un periodo per il quale il tasso debitore non è fisso; - l’art. 16, par. 4, infine, rimette alla discrezionalità degli Stati membri la facoltà di limitare l’indennizzo ai soli rimborsi anticipati di importo superiore ad una certa soglia, da fissarsi in ogni caso entro il limite di € 10.000, e quella di consentire al creditore di esigere un indennizzo superiore al massimale percentuale di cui si è detto sopra, se prova che “la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato ai sensi del paragrafo 2”; in quest’ultima ipotesi, precisa la norma, la perdita consiste nella “differenza tra il tasso di interesse inizialmente concordato e il tasso di interesse al quale il creditore può prestare la somma rimborsata anticipatamente sul mercato al momento del rimborso anticipato”, tenuto conto “dell’impatto del rimborso anticipato sui costi amministrativi”. Il Collegio rimettente, passando all’esame dei lavori preparatori della violazione del diritto Direttiva, ha evidenziato che il tema dell’indennizzo per l’estinzione anticipata ha rappresentato una delle questioni più controverse nella fase di elaborazione della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMdirettiva; ha osservato in particolare che, prima che la Commissione presentasse la relativa proposta, taluni Stati membri avevano vietato tout court l’indennizzo in questione, mentre altri lo avevano ammesso, pur prevedendo talvolta limiti quantitativi e una disciplina più o meno cogente delle sue modalità di calcolo. In seguito al riscontro negativoPer effetto di tali diversi approcci degli Stati membri, l’art. 16 contenuto nella Proposta di direttiva [COM (2002) 443 def. dell’11/09/2002, in data 19.03.2019GUCE n. C 331 E/200 del 31/12/2002] è stato più volte modificato prima che si trovasse un accordo sul testo definitivo di cui si è detto sopra. Più in dettaglio: - il considerando 21 contenuto nella proposta di direttiva del 2002 prevedeva che “al consumatore [dovesse] essere concessa la facoltà di adempiere anticipatamente ai suoi obblighi”; il medesimo considerando stabiliva inoltre che, dell’intermediario convenuto“in tal caso, […] il creditore [dovesse] poter esigere unicamente un indennizzo equo e obiettivo, a patto che opponeva il rimborso comport[asse] per lui un'effettiva perdita economica”; - il par. 2 dell’art. 16 della medesima proposta consentiva al creditore di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: esigere un indennizzo 1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, unicamente nella misura in cui essi [esso fosse] obiettivo, equo e calcolato sulla base di principi attuariali”; il successivo par. 3 conteneva un elenco – del tutto simile a quello attualmente in vigore – dei casi nei quali l’addebito dell’indennizzo non siano ancora stati pagatiera consentito; 2. - la relazione che accompagnava la proposta di direttiva precisava che la disciplina proposta dalla Commissione e testé richiamata era volta ad assicurare il bilanciamento “tra i vantaggi per il consumatore e gli svantaggi per il creditore” e limitava, questi ultimi, a quelli derivanti dalla “gestione del rimborso anticipato e [dal] reinvestimento dei capitali ricevuti” a condizioni meno vantaggiose per il creditore stesso rispetto a quelle del finanziamento estinto anticipatamente; - la medesima relazione evidenziava che “il metodo [di calcolo dell’indennizzo doveva] essere oggettivo e permettere di rilevare automaticamente i casi nei quali l'indennizzo non si [sarebbe applicato], in via alternativaparticolare nei casi di condizioni al rialzo, nei quali tale indennizzo [avrebbe dovuto] essere negativo e garantire, in realtà, un beneficio per il consumatore” e che “si rispetta[va] pienamente, in questo caso, il risarcimento dell’intero danno subito a causa principio dell'’equità attuariale’ che consent[iva] di prendere meglio in considerazione - sulla proposta della violazioneCommissione si esprimeva il Comitato economico e sociale con un Parere del 17/07/2003 (in GUCE n. C 234/1 del 30/09/2003) nel quale si giudicava “inaccettabile […] il mantenimento della possibilità di esigere un indennizzo in caso di rimborso anticipato del debito, senza una definizione esatta delle sue condizioni, lasciando invece agli Stati membri la facoltà di stabilire cosa sia esattamente un indennizzo equo e calcolato sulla base di principi attuariali (articolo 16), il che potrebbe determinare non solo grandi disparità di trattamento tra i consumatori ma addirittura distorsioni del mercato del credito tra i diversi paesi”; - sulla base di tale considerazione, il Comitato proponeva “di eliminare la possibilità che ven[isse] richiesto un qualsiasi tipo di indennizzo”. “In caso contrario – proseguiva il parere – bisogna[va] stabilire che la possibilità di richiedere un indennizzo per rimborso anticipato [dovesse] essere fissata preliminarmente nel contratto di credito, facendo esclusivamente riferimento ai costi di apertura e di gestione del credito, ripartiti sulla totalità delle scadenze, ai rischi legati al tasso di rifinanziamento del creditore e al rischio di dover investire i capitali ad un tasso inferiore. Occorre[va] inoltre prevedere sanzioni ridotte per le situazioni in cui si procede[va] ad un nuovo contratto di credito per il pagamento del credito precedente”; - il 20/04/2004 il Parlamento europeo approvava, in misura prima lettura, la proposta di direttiva come emendata a seguito del dibattito assembleare (v. la risoluzione legislativa e la posizione del Parlamento pubblicate entrambe in GUCE n. C104E/233 del 30/04/2004); per quanto in questa sede interessa, rispetto al testo originario redatto dalla Commissione quello approvato dal Parlamento non conteneva alcuna modifica, salvo quella apportata al considerando 21, che era, nel frattempo, stato rinumerato, divenendo il 19 e dal quale veniva eliminato l’inciso finale “a patto che il rimborso comporti per lui un'effettiva perdita economica”; - in pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, data la Commissione esprimeva il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti proprio accordo parziale sulla proposta emendata approvata dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.Parlamento;

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FATTO. Il ricorrenteLa ZJ S.p.A. (di seguito licenziante) è titolare di un brevetto che tutela un prodotto farmaceutico e possiede il know-how necessario per la sua realizzazione. In data 27 luglio 2000 il licenziante ha stipulato con la KP Ltd. (di seguito licenziatario), che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016residente nel Regno Unito, un contratto che prevede (art. 2) la concessione di leasing finanziario automobilistico con opzione finale una licenza per l’utilizzo del brevetto e del know-how allo scopo di acquistofabbricare e commercializzare il prodotto in determinati stati. La locazione finanziaria prevedevalicenza è concessa per un periodo di tempo determinato e non è trasferibile a terzi. Condizione preliminare per la fabbricazione e commercializzazione del prodotto è la sua registrazione presso le competenti autorità amministrative degli stati interessati. Quale corrispettivo della concessione della licenza d’uso del brevetto e del know-how il contratto prevede che il licenziatario corrisponda al licenziante sia importi in somma fissa (art. 3), oltre al sia importi in percentuale dei ricavi netti di vendita (art. 10). Per i primi il contratto individua tre momenti di effettuazione dei pagamenti: la sottoscrizione del contratto; il deposito della richiesta per l’ottenimento della registrazione; l’ottenimento della registrazione. Per gli importi in percentuale dei ricavi netti il contratto prevede il pagamento su base trimestrale a seguito di presentazione di un apposito rapporto sulle vendite da parte del licenziatario. In entrambi i casi il pagamento avviene dietro emissione di regolare fattura da parte del licenziante. Il contratto ha efficacia dal 27 luglio 2000, data della stipulazione, ed ha una durata (art. 12) fissata, per ciascuno stato interessato dal contratto, in dieci anni a partire dalla prima commercializzazione del prodotto ovvero fino alla data di scadenza del brevetto, a seconda di quale delle due circostanze si verifichi più tardi. Il pagamento del prezzo dell’autovettura primo importo in 48 rate mensilisomma fissa, attribuibile per il 75 per cento ai diritti derivanti dalla concessione della licenza per il Regno Unito (art. 3), e avvenuto a seguito della stipulazione del contratto, è stato assoggettato alla ritenuta dell’8 per cento a seguito della qualificazione di tale corrispettivo come royalty. A fronte del regolamento contrattuale, qui sinteticamente descritto, la corresponsione società istante chiede di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.conoscere:

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce ricorrente rappresenta di aver sottoscritto intrattenuto due distinti rapporti con l’intermediario convenutol’istituto di credito resistente: un contratto di finanziamento stipulato il 03.08.2010, avente scadenza in data 03.08.2020, e una carta revolving. Nel marzo 2018, l’istante ha deciso di estinguere anticipatamente il finanziamento e in più occasioni si è recato presso la filiale dell’intermediario al fine di ottenere copia del relativo conteggio estintivo, senza mai ottenere riscontro. In data 06.05.2018 ha inviato alla banca, tramite il proprio legale, una PEC in cui ha richiesto copia del conteggio estintivo al 15.06.2018 del rapporto di finanziamento e copia del contratto relativo alla carta revolving, unitamente alla trasmissione di qualsivoglia documentazione relativa alla gestione di tale rapporto. In data 28.5.2018, l’istante, mediante il proprio avvocato, ha inviato un’ulteriore PEC all’istituto di credito reiterando la richiesta di conteggio estintivo al 15.06.2018. Successivamente, in data 16.12.201626.06.2018, l’istante ha inviato, tramite il proprio legale, una nuova PEC alla banca in cui ha contestato il mancato invio del conteggio estintivo del finanziamento e ha rappresentato che, in considerazione di una pretesa creditoria relativa alla carta di credito revolving, nel frattempo l’intermediario aveva bloccato il conto corrente sul quale venivano addebitate le rate del finanziamento. Proprio per questa ragione, l’istante ha chiesto lo spostamento dell’accredito della rata di pagamento su un altro conto corrente ma, anche a fronte di questa richiesta, non ha ottenuto risposta. Non avendo la banca dato seguito alla sua istanza, il ricorrente è stato esposto alle richieste di società di recupero crediti. Con la medesima comunicazione, l’istante lamentava la mancata consegna, da parte della banca, della documentazione relativa alla carta di credito revolving, riservandosi di saldare la pretesa creditoria avanzata dalla banca rispetto a tale carta all’esito dell’esame del contratto e della documentazione contabile ad essa relativi. L’istante conclude chiedendo la produzione del conteggio estintivo relativo al finanziamento citato e la produzione del contratto relativo alla carta revolving citata. In caso di leasing finanziario automobilistico mancata produzione del contratto, chiede l’accertamento della nullità ex art. 117 T.U.B. del medesimo, con opzione finale di acquistoconseguente determinazione della debenza nei limiti del solo capitale utilizzato. La locazione finanziaria prevedevaXxxxxx, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilialtresì, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino condanna alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto delle somme corrisposte a titolo di interessi dalla data della prima richiesta di conteggio estintivo e costi al pagamento in favore di una somma quantificata in euro 500,00 a ristoro delle ragioni di danno sofferte a seguito del comportamento dell’istituto di credito. Si è costituito l’intermediario resistente, il quale ha attestato quanto segue. Alla data del 19.10.2018, il suo credito nei confronti dell’istante era pari ad euro 14.397,84, oltre accessori. Il 14.02.2018 la posizione dell’istante è stata riclassificata ad “incaglio” e il 26.06.2018, stante il perdurare dell’esposizione debitoria, a “sofferenza”. L’attività recuperatoria non ha avuto buon esito, per effetto di una proposta di rientro formulata dalla ricorrente in data 4 maggio 2018 non accettata dalla banca in quanto ritenuta incongrua. La richiesta del 16 maggio 2018, avanzata dall’istante con l’ausilio del suo legale, è stata esitata in data 30 maggio 2018, con invio delle coordinate bancarie utili per il pagamento delle rate. Il reclamo del 26 giugno 2018 è rimasto inevaso in attesa della documentazione contabile e contrattuale relativa alla carta di credito. In data 31 luglio 2018 la banca ha inviato all’istante una lettera (acclusa al ricorso) di preavviso di segnalazione in CRIF e in Centrale Rischi per effetto del mancato pagamento di rate del prestito personale. La ricorrente, consapevole delle difficoltà ad adempiere al regolare pagamento delle rate del prestito personale e conscia della esposizione relativa alla carta di credito, nel secondo trimestre del 2018 aveva richiesto una rinegoziazione del finanziamento al fine di ripianare anche l’insoluto della carta di credito. La banca non aveva accertato questa richiesta poiché il reddito della ricorrente era insufficiente e poiché quest’ultima aveva dichiarato di non poter fornire significative garanzie a tutela del diritto di credito della banca. A seguito del diniego alla richiesta citata, l’istante ha richiesto la variazione della domiciliazione relativa al pagamento delle rate del finanziamento e ha provveduto ad effettuare un bonifico solo per la rata di maggio 2018. L’intermediario rileva che il credito è da ritenersi certo ed esigibile, poiché il ricorrente non ha contestato la legittimità dello stesso. Ritiene inoltre che la richiesta di produzione del conteggio estintivo possa essere avanzata presso la filiale di riferimento, e reputa verosimile che la ricorrente non abbia ritenuto percorribile tale strada a seguito del diniego opposto dalla banca alla richiesta di rinegoziazione del finanziamento. Rappresenta, peraltro, come gli estratti conto relativi alla carta di credito, mai oggetto di precedente contestazione, siano stati spediti alla titolare all’indirizzo presente nei sistemi anagrafici della banca. Ciò premesso, l’istituto di credito ha allegato alle controdeduzioni copia del conteggio di estinzione anticipata del prestito personale, copia del contratto relativo alla carta di finanziamento (sul presupposto credito e gli estratti conto della nullità delle relative clausole del contratto carta di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchécredito da ottobre 2007, ai sensi dell’artprecisando che la documentazione precedente non è più disponibile presso gli archivi della banca. 7 del d.lgs. n. 3/2017, Per quanto concerne il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principaledei danni, la restituzione banca ha affermato che la ricorrente non ha patito alcun pregiudizio economico e non ha prodotto documentazione a sostegno della richiesta risarcitoria avanzata, né ha dimostrato il nesso causale tra la condotta dell’intermediario e la perdita di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionariachance lamentata. Conclude chiedendo di respingere che il Collegio respinga il ricorso nel merito oppure che dichiari la cessazione della materia del contendere. Il ricorrente, in sede di repliche, ha contestato l’inutilizzabilità del conteggio estintivo prodotto poiché improcedibile le controdeduzioni sono state trasmesse quando questo era già scaduto, ritenendo peraltro che i limiti previsti dal conteggio estintivo in merito alle modalità di pagamento sono privi di giustificazione. Rileva che, contrariamente a quanto richiesto dalla banca, il ricorso non possa essere rigettato, poiché, nelle controdeduzioni, l’intermediario non ha fatto altro che giustificare il motivo per difetto cui non ha consegnato in precedenza i documenti richiesti. Afferma, altresì, come non sia possibile ritenere cessata la materia del contendere, considerando che: la banca non ha prodotto tutti i documenti mancanti; il conteggio estintivo non è utilizzabile per estinguere il finanziamento; la richiesta risarcitoria è legata non alla perdita di legittimazione passivachance ma alle spese sostenute dalla ricorrente che si è dovuta prima attivare agli sportelli e con le società di recupero e, infine, presentando il reclamo e il ricorso.

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FATTO. Il ricorrenteNel proprio ricorso parte ricorrente ha affermato di aver sottoscritto, unitamente al cointestatario del ricorso, una fideiussione omnibus con l’intermediario resistente in data 17/12/2015 per garantire le obbligazioni di una società. Ha dichiarato di essersi avveduto, a seguito di rilascio di copia del contratto nel gennaio 2022, del fatto che il contratto suddetto risultava conforme allo schema contrattuale predisposto dall’ABI, “con conseguente nullità delle clausole contrattuali come disposto dal provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia”, come recentemente statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 41994/2021. Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario resistente ha osservato, in via preliminare, che si qualifica il ricorso sarebbe stato presentato dal ricorrente come “consumatore” e ha conseguentemente contestato l’erroneità di tale qualifica. A questo proposito ha osservato che il ricorrente avrebbe sottoscritto la fideiussione omnibus a garanzia dei rapporti contrattuali della società nella qualità di amministratore unico della stessa. L’intermediario ha, inoltre, eccepito l’incompetenza per materia dell’arbitro, ritenendo che la verifica dell’esistenza, al momento della sottoscrizione della fideiussione, di una intesa anticoncorrenziale dovrebbe essere rimessa alle sezioni specializzate in materia di impresa e, dunque, esulerebbe dalla competenza dell’ABF. Nel merito ha evidenziato che: - la Banca d’Italia, con il provvedimento n. 55/2005, non consumatoreha accertato alcuna condotta vietata dalla normativa antitrust, deduce essendosi limitata a concludere che lo schema elaborato dall’ABI conteneva alcune disposizioni che, se applicate in modo uniforme, sarebbero risultate in contrasto con l’art. 2, comma 2, lett. a) L. 287/1990. Ha richiamato, a tale proposito, la pronuncia della Corte di aver Cassazione (sent. n. 30818/2018) secondo cui «il provvedimento della Banca d’Italia non ha accertato, ma ha indicato in termini soltanto ipotetici» la sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale; - il ricorrente non avrebbe fornito alcuna prova in ordine all’applicazione, con riferimento al contratto sottoscritto con l’intermediario convenutonella specie, in data 16.12.2016di norme uniformi fra le banche, né avrebbe prodotto testi di fideiussione sottoscritti nel medesimo periodo da altri clienti presso altri istituti di credito, al fine di dimostrare la sussistenza di un uso uniforme delle clausole contestate; - secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di merito, laddove il contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale fideiussione sia stato stipulato a distanza di acquistoanni dal periodo analizzato dal provvedimento della Banca d’Italia, tale provvedimento non può costituire una “prova privilegiata” e parte attrice dovrebbe dimostrare l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale al momento della sottoscrizione del contratto, non potendosi dare alcun rilievo alla circostanza per cui la fideiussione sottoscritta “ricalca” lo schema ABI dell’ottobre 2002, che la ricorrente neanche avrebbe allegato al ricorso; - in ordine all’invocata inefficacia della fideiussione per decadenza del termine ex art. La locazione finanziaria prevedeva1957 c.c., oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, il contratto prevede la corresponsione clausola di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 garanzia c.d. “a prima richiesta” (cfr. allart. b7 condizioni contrattuali), per cui si sarebbe in presenza di un contratto autonomo di garanzia e non di una fideiussione e, pertanto, «non sarebbe intervenuta alcuna decadenza dai termini previsti dall’art. 1957 c.c. in quanto la disciplina di tale articolo non è applicabile al caso di specie». - l’obbligazione garantita non risulterebbe ancora scaduta, in quanto il conto corrente intestato alla società, attualmente a debito, è ancora in essere e, pertanto, non si sarebbe ancora verificato il dies a quo (chiusura del conto corrente) da cui si dovrebbero far decorrere i sei mesi previsti dall’art. 1957 c.c. - anche se si ritenesse estinta l’obbligazione principale, l’intermediario avrebbe comunque interrotto la decadenza dei termini, avendo inviato, sia al debitore principale che ai garanti, la lettera di preavviso di revoca degli affidamenti ed intimazione di pagamento. Ritiene sul punto l’intermediario che la fideiussione non si estingua se il creditore, entro il termine previsto dall’art. 1957 c.c., abbia avanzato anche solo una semplice richiesta stragiudiziale. Tanto premesso, l’intermediario ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, essendo richiesti all’ABF accertamenti sottratti alla sua competenza; in subordine, di respingerlo, in quanto infondato in fatto e in diritto, oltre che privo di qualsiasi supporto probatorio circa i fatti e le circostanze a fondamento della pretesa. In sede di repliche, parte ricorrente ha allegato il provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005. Ha poi sostenuto la infondatezza della qualificazione del contratto non come fideiussione omnibus, ma come contratto autonomo di garanzia, sostenendo che la clausola “a semplice richiesta scritta”, in assenza di altri elementi, non sarebbe sufficiente per affermare siffatta qualificazione. Ha poi contestato quanto sostenuto dall’intermediario resistente, secondo cui il dies a quo da cui si dovrebbero conteggiare i sei mesi previsti dall’art. 1957 c.c. non sarebbe cominciato a decorrere, affermando che la diffida del 04/09/2019 non sarebbe mai stata recapitata al debitore principale, essendo stata spedita a un indirizzo errato. Ha precisato, in ogni caso, che il rapporto principale sarebbe stato ripartito in scadenze e il creditore aveva l’obbligo di avviare “serie iniziative” entro sei mesi dalle singole scadenze e che, secondo quanto affermato dalla Corte Cassazione, in presenza di un rapporto principale ripartito in scadenze periodiche per il debitore, il dies a quo a partire dal quale decorre il termine di decadenza del termine fissato dall’art. 1957 c.c. va individuato nella data delle singole scadenze, e non già nel termine “finale” del rapporto principale (Cass. 15902/2014 e 2301/2004). Il ricorrente deduce Nelle controrepliche, l’intermediario ha eccepito la tardività del deposito in sede di replica della copia del provvedimento di Banca d’Italia n. 55/2005, ribadendone, comunque, l’irrilevanza, rispetto alla fattispecie in esame, che l’Autorità Garante riguarderebbe un contratto concluso ad anni di distanza dal predetto provvedimento. Quanto all’interruzione della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub alldecadenza dal termine previsto dall’art. c) al ricorso)1957 c.c., ha accertato l’esistenza e l’attuazionefatto presente che la Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente a tal fine la semplice richiesta di pagamento stragiudiziale, dal giugno 2003 all’aprile 2017trasmessa anche solo nei confronti del garante, qualora sia presente nel contratto la clausola “a prima richiesta” (come nel caso di un’intesa restrittiva specie). Ha infine evidenziato che parte ricorrente non ha negato di aver ricevuto l’intimazione della concorrenza tra svariate case automobilistiche e banca, ribadendo per il resto le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenutoproprie argomentazioni. Il provvedimento Collegio rimettente ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione preliminarmente affermato la fondatezza dell’eccezione relativa alla qualificazione di parte resistente, richiamando la decisione n. 5368/2016 del divieto Collegio di accordi tra imprese e Coordinamento, nella quale, affrontando la questione del c.d. “professionista di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio rimbalzo”, è stato impugnato dagli intermediari sanzionatienunciato il seguente principio di diritto: «nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società` commerciale, ivi compreso l’intermediario convenutospetta al Collegio giudicante determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, davanti quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al Tar del Lazio suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata». Rilevato che, con ordinanza n. 2047/2019nel caso di specie, parte ricorrente ha sottoscritto la fideiussione omnibus a garanzia dei rapporti contrattuali della società in qualità di amministratore unico della stessa, ha affermato che avrebbe agito come non consumatore. Quanto alla seconda eccezione preliminare sollevata da parte resistente, il Collegio rimettente ne ha disposto affermato la sospensione in via cautelare fino alla infondatezza, richiamando la pronuncia del Collegio di Coordinamento, decisione del meriton. 14555/2020, per la nella quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchési statuisce che, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. 33, 2° comma, della legge n. 3/2017287/90 (e successive modificazioni), il le sezioni specializzate in materia d’impresa sono esclusivamente competenti per «le azioni di nullità e di risarcimento del danno subito a causa della danno, nonché i ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo disposizioni di cui all’artai titoli dal I al IV». 117 TUB con eventuale rimborso Tale disposizione legislativa è applicabile alle domande di accertamento della differenza per nullità di intese anticoncorrenziali e di condanna al conseguente risarcimento del danno, ma non anche alle domande di accertamento della nullità dei contratti stipulati “a valle” di tali intese (in senso conforme, cfr. XXX Xxxx, decisione n. 13895/21; ABF Napoli, decisione n. 5064/22). Ciò premesso il Collegio rimettente, preso atto della complessità e importanza delle questioni rilevate e della sussistenza di orientamenti non uniformi tra i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinatasingoli Collegi territoriali, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità ha sospeso la trattazione del ricorso per suo difetto e ha rimesso la decisione a questo Collegio di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivacoordinamento.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della correttezza dell’intermediario nell’esecuzione del rapporto di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoconto corrente e di contratti ad esso collegati. Questi, in data 16.12.2016sintesi, un i fatti oggetto del procedimento. Insoddisfatta dell’esito del reclamo, presentato una prima volta il 25 febbraio 2014 e poi reiterato con nota del 2 settembre 2014, l’attuale ricorrente si è rivolto all’Arbitro Bancario Finanziario lamentando una serie di inadempimenti dell’intermediario agli obblighi nascenti dal contratto di leasing finanziario automobilistico conto corrente. In particolare il ricorrente si duole della mancata chiusura del c/c da parte dell’intermediario, nonostante la puntuale richiesta indirizzatagli già il 18 gennaio 2013, e del fatto che l’intermediario abbia omesso di procedere alla vendita di n. 104 azioni, registrate nel conto di deposito titoli acceso a suo nome, e nonostante diverse sollecitazioni in tal senso. Il ricorrente si duole, infine, del “mancato accredito di € 1.082,82 cedole BTP” dal luglio 2012 al gennaio 2015, lamentando di non aver ricevuto alcuna comunicazione volta a giustificare il mancato accredito. Sulla base di tale, per vero essenziale, esposizione in fatto, il ricorrente ha concluso chiedendo al Collegio di ordinare all’intermediario: (i) “la chiusura del c/c intestato con opzione finale annullamento saldo negativo dal 18.01.2013”; (ii) di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre procedere alla “vendita immediata di n. 104 azioni di…” e di procedere al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilicontrovalore realizzato; (iii) di procedere all’accredito della somma di € 1.082,82 per cedole BTP, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di oltre interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr“o alla diversa somma da accertarsi”. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e L’intermediario ha resistito depositando controdeduzioni con cui ha preliminarmente eccepito sia l’irricevibilità del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, ricorso per la sua sostanziale genericità in punto di allegazioni, sia, in ogni caso, l’incompetenza dell’ABF ratione materiae almeno per quanto concerne l’asserita mancata vendita delle azioni detenute dal ricorrente e il mancato accredito di cedole riferite a un BTP posto a pegno di un finanziamento. A tal proposito la resistente ha, infatti, richiamato l’art. 4 delle Disposizioni ABF in base al quale è stata fissata l’udienza sono escluse dall’ambito di competenza le controversie attinenti ai servizi, alle attività di investimento e alle altre fattispecie non assoggettate al titolo VI del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéT.U., ai sensi dell’art. 7 23, comma 4, del d.lgsd. lgs. n. 3/201758/1998. Quanto al merito del ricorso, il risarcimento resistente ha proceduto innanzitutto a una più puntuale ricostruzione dei fatti alla base della controversia. Il resistente premette che il conto corrente per cui è causa è stato aperto il 9 dicembre 2009. Alla conclusione di tale contratto facevano seguito, il giorno successivo, la stipulazione di un mutuo per l’importo di € 30.000,00 e la sottoscrizione di un “contratto di pegno su strumenti finanziari, dallo stesso detenuti, ovvero BTP 01/08/2021 3,75% cod. ISIN IT0004009673” e in pari data nr. 100 azioni della banca. Tutti gli strumenti finanziari venivano gestiti in amministrazione dall’intermediario in un dossier titoli. Il resistente espone, quindi, che in data 9 giugno 2011 il ricorrente chiedeva un nuovo prestito, sempre dell’importo di € 30.000,00, garantito dal medesimo pegno, con cui estingueva anticipatamente il mutuo. I pagamenti di entrambi i finanziamenti risultavano regolari fino alla rata in scadenza nell’aprile 2012, onorata il mese successivo. Atteso che da quel momento il ricorrente non eseguiva più alcun pagamento, la posizione veniva classificata a “collection” e affidata all’ufficio centrale per il recupero del danno subito a causa della violazione del credito. Tanto esposto in fatto, e ferme le dispiegate eccezioni preliminari, l’intermediario sostiene, con riferimento alla richiesta di vendita delle azioni, di aver esercitato “il diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMriconosciuto dall’art. In seguito al riscontro negativo15 dello Statuto Sociale che prevede, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenutocaso di inadempienza del Socio alle proprie obbligazioni verso la Società, che opponeva il Consiglio di aver ceduto Amministrazione, senza pregiudizio di ogni altra azione che spetti alla Società e senza necessità di preventiva intimazione o costituzione in mora e di formalità giudiziarie, possa escluderlo e portare in compensazione dei propri crediti, anche ai sensi dell’art. 1252 c.c. e con effetto nei confronti dei terzi, il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticodebito verso il Socio stesso per il controvalore delle azioni determinato… ai sensi dell’art. 6”. Rappresenta altresì che le richieste di vendita delle azioni non potevano trovare accoglimento, in quanto sin dal momento della prima richiesta, avanzata in data 19 luglio 2013, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF era in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentemora di 15 rate per un importo complessivo di € 11.575,75, oltre interessi e spese. Ricorda quindi che il debito residuo “ad oggi è di € 24.762,48, in sorte capitale e di € 4.562,90 a titolo di interessi, oltre interessi di mora e spese”. Per quanto concerne il mancato accredito “delle cedole riferite a un BTP posto a pegno”, il resistente sottolinea che all’atto della sottoscrizione del pegno il ricorrente ha approvato specificamente, ai sensi dell’art. 1341 co. 2 c.c., anche gli artt. 3 e 4, che rispettivamente dispongono l’estensione del pegno “agli interessi, ai dividendi, ai premi in natura o in denaro, azioni o obbligazioni gratuitamente assegnate ed a quant’altro possa spettare sui titoli” e il carattere omnibus del medesimo. Il resistente sottolinea, ancora, che “le cedole staccate in favore del – ricorrente – risultano accreditate sul c/c 018.12011086 infruttifero intestato al ricorrente e, di conseguenza, tali importi rientrano estensivamente, ai sensi dell’art. 3, c.1 del contratto di pegno, nella garanzia pignoratizia” e preannuncia che provvederà “ad escutere, quanto prima, il pegno e a portare in compensazione del maggior credito vantato il netto ricavo, oltre le somme riferite alle cedole, previa contabilizzazione a sofferenza della posizione”. Infine, l’intermediario dichiara di aver accolto la richiesta di estinzione del c/c, sottolineando sul punto la cessata materia del contendere, e precisando che sebbene “le spese riferite al conto corrente ordinario, oramai non più movimentato, siano state da tempo cristallizzate, abbiamo provveduto ad estinguere, senza convenire scalare e senza ulteriori costi a carico del ricorrente, il conto corrente in esame”. In proposito l’intermediario evidenzia di aver inviato al cliente un bonifico dell’importo di € 20,00 per le spese di procedura “in considerazione del parziale accoglimento del ricorso”. A valle del deposito delle controdeduzioni il ricorrente ha fatto pervenire articolate note di replica in cui - dopo aver ripercorso le vicende in fatto, e integrato per vero la finanziaria cessionariasintetica narrativa contenuta nel ricorso - insiste sulla doglianza di non corretto comportamento dell’intermediario nella gestione della richiesta di chiusura del conto, lamentando il ritardo della medesima che “potrebbe giustificare anche una pronuncia di indennizzo in via equitativa in favore dell’istante in ragione di tale pregiudizio subito da gennaio 2013 al mese di maggio 2015”. Il ricorrente concludeva chiedendo: si duole altresì dell’intervenuta escussione, senza previa comunicazione da parte della banca, del pegno su obbligazioni deducendo che l’intermediario avrebbe tenuto 1un comportamento scorretto, non trasparente e negligente”. in via principaleIn riferimento alla richiesta di indennizzo per la mancata vendita di n. 104 azioni, sottolinea che il resistente ha omesso qualsiasi riscontro e non ha deliberato la restituzione vendita delle azioni, tenendo un atteggiamento “scorretto, non trasparente e negligente”. Anche l’intermediario ha fatto pervenire al Collegio note di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura replica in cui essi contesta che il ricorrente abbia richiesto l’estinzione del conto sin dal gennaio 2013, precisando che la raccomandata del 19 luglio 2013, richiamava una nota del 18 gennaio 2013 non siano ancora stati pagati; 2provata e che non risulta agli atti della banca. in via alternativaPer quanto concerne poi l’asserito danno causato dal mancato riscontro a tale richiesta, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce resistente insiste nel rilevare di aver ceduto “provveduto ad estinguere il conto senza scalare e senza alcun onere (seppur dovuto, come dimostrato in data 1.03.2019 ad altra finanziaria precedenza) a carico del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivacliente”.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatoreanche a mezzo della documentazione allegata, deduce rappresenta nel ricorso di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoessere legale rappresentante della Alfa s.n.c., in contenzioso con la resistente per una posizione debitoria di € 41.623,38. Dichiara in particolare che il 9 ottobre 2017, a seguito di trattative, sottoscriveva un accordo di transazione a saldo e stralcio, accettato dalla resistente, sulla base delle seguenti condizioni: - versamento della somma di € 18.000,00 a tacitazione di ogni pretesa, da corrispondere entro la data 16.12.2016, un contratto del 3/11/2017; - rinuncia reciproca di leasing finanziario automobilistico azioni giudiziali con opzione finale conseguente perdita di acquistoefficacia del decreto ingiuntivo; - “revoca e/o annullamento della segnalazione da parte dell’intermediario di sofferenza e/o di altra comunicazione alla centrale rischi […]” sia a nome proprio che della società. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 Precisa inoltre che il 2 novembre veniva effettuato il bonifico dell’importo concordato (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso€18.000), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’artallega evidenza documentale e quietanza della resistente. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticoA fronte dell’accordo concluso tuttavia, il ricorrente proponeva ricorso dichiara che nel mese di novembre 2017 apprendeva di una segnalazione alla Centrale Rischi, per l’importo corrispondente al debito residuo, passato a perdita. Dopo aver contestato tale segnalazione, da ultimo con reclamo, anch’esso riscontrato negativamente, ritenendo che parte resistente abbia agito in “mala fede”, in quanto “la revoca/l’annullamento di qualsivoglia segnalazione alla C.R. era stata specificatamente indicata tra le condizioni della proposta”, cosicchè l’accettazione dell’accordo da parte della resistente ha ingenerato un legittimo affidamento ”a non vedersi segnalato”, mentre l’intermediario ha intenzionalmente omesso di comunicare preventivamente le successive segnalazioni in CR, il ricorrente si rivolge all’ABF per chiedere “la revoca / l’annullamento della segnalazione [..] con decorrenza dal mese di novembre 2017”. Chiede altresì la condanna dell’intermediario al rimborso delle spese legali, pari ad euro 1.040,00, e delle spese di presentazione del ricorso. L’intermediario nelle controdeduzioni, ripercorsa brevemente la vicenda sottesa alla presentazione del ricorso, conferma la formulazione testuale dell’accordo transattivo e dichiara di aver provveduto, dopo il pagamento concordato, a chiudere la posizione debitoria, con conseguente estinzione delle segnalazioni alla Centrale Rischi. Afferma inoltre di avere, in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedenteossequio alle pattuizioni con la parte ricorrente e in conformità agli obblighi di legge, senza convenire “segnalato l’estinzione del credito e la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: posizione nella categoria 1. in via principale, sofferenza – crediti passati a perdita” per la restituzione parte del credito non incassata a seguito della definizione a saldo e stralcio” e di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura non aver effettuato segnalazioni nelle date successive a quella in cui essi il credito residuo è stato passato a perdita (novembre 2017), interrompendo la segnalazione di sofferenza. Inoltre precisa di non siano ancora stati pagati; 2. poter “intervenire per le segnalazioni correttamente effettuate nei mesi precedenti [..] in via alternativaquanto queste costituiscono lo “storico” conservato dalla Centrale Rischi e, il risarcimento dell’intero danno subito a causa secondo la normativa in vigore non possono essere eliminate, né la Banca ha mai assunto un obbligo in tale senso in quanto contrario alla normativa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessiCentrale Rischi”. L’intermediarioConclude affermando di essersi, costituitosidunque, eccepisce comportato correttamente sia per quanto riguarda il rispetto delle disposizioni secondarie in tema di aver ceduto segnalazioni, sia in data 1.03.2019 ad altra finanziaria relazione agli obblighi assunti con la transazione. La parte resistente chiede che il Collegio, accertata la correttezza del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziarioproprio comportamento, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso rigetti il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il La ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce intestataria di aver sottoscritto con l’intermediario una carta di pagamento rilasciatale dall’intermediario convenuto, in data 16.12.2016a seguito di un’operazione effettuata on line da lei disconosciuta, un contratto lamenta l’insoddisfacente riscontro avuto dalla società di leasing finanziario automobilistico con opzione finale assicurazione che aveva emesso la polizza a copertura di acquistoeventi fraudolenti riguardanti la carta. La locazione finanziaria prevedevaChiede, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilipertanto, la corresponsione all’Arbitro di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione disporre nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’artla restituzione della somma pari a 874,32 euro pari all’importo della operazione disconosciuta. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiCostituitosi, ivi compreso l’intermediario convenutoresistente eccepisce, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione pregiudiziale di rito, l’irricevibilità del ricorso in assenza del preventivo reclamo nei confronti dell’istituto emittente la carta, unico legittimato passivo rispetto alle pretese avanzate dalla ricorrente. Eccepisce, altresì, in via pregiudiziale di merito, per la quale propria carenza di legittimazione passiva, atteso che la carta di credito de qua è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020emessa da altro intermediario con cui la resistente ha concluso un accordo di distribuzione di carte prepagate. In data 26.02.2019 il Nel merito, evidenzia che la ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo utilizzato la restituzione carta successivamente alla data di quanto corrisposto addebito dell’operazione disconosciuta e che dunque era conoscenza di tale pagamento ben prima del suo formale disconoscimento. Sottolinea la propria correttezza di comportamento nei limiti del proprio ruolo di collocatore di un prodotto di terzi, essendosi attivato sia a titolo raccogliere la richiesta di interessi rimborso avanzata dalla ricorrente sia ad attivare la procedura finalizzata al rimborso interessando al riguardo la società di assicurazione e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéa trasmettere il ricorso all’istituto emittente. Nel merito, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017chiede, pertanto, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità rigetto del ricorso per suo difetto indeterminatezza della pretesa della ricorrente e per non aver quest’ultima provveduto tempestivamente ad un controllo della movimentazione della propria carta in violazione degli obblighi contrattuali di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionariacustodia e buona fede. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.Tanto premesso, si rileva quanto segue in

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FATTO. Il Con ricorso n. 1359795 del 26.09.2021, il ricorrente deduce di essersi rivolto alla banca resistente dovendo “effettuare la cessione del credito per superbonus 110%”, rappresentandogli la necessità di ottenere un “prestito ponte”. In particolare, rappresenta di aver concluso con l’intermediario due contratti di cessione del credito di imposta con riferimento a due unità immobiliari. Successivamente, la Banca respingeva una richiesta di finanziamento per l’importo di € 25.000,00 e una richiesta di prestito personale formulate dal cliente. Parte ricorrente, in considerazione dei detti dinieghi, recedeva dai contratti di cessione del credito stipulati, per poi vedersi addebitare una penale di € 350,00 per ciascuno dei contratti, che si qualifica non consumatoreil ricorrente ritiene ingiusta. Parte ricorrente, deduce infatti, contesta all’intermediario che la “formula utilizzata per respingere entrambe le richieste dissimula una decisione già assunta a priori” e che i tempi necessari a riscontrare le stesse richieste di aver sottoscritto prestito c.d. xxxxx – in quanto finalizzato a realizzare la cessione dei crediti di imposta derivanti dalle ristrutturazioni - sono finalizzati a far decorrere infruttuosamente i termini per il recesso dai contratti di cessione del credito. Sulla base di quanto sopra, il ricorrente – insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con l’intermediario convenutonella fase del reclamo – si rivolge all’Arbitro, al quale chiede la condanna di quest’ultimo alla restituzione dell’importo di € 700,00, corrisposto a titolo di penali. Xxxxxx, inoltre, che venga disposto nei confronti del convenuto “il deposito delle registrazioni delle telefonate con gli addetti call center per verificarne la correttezza”. Costituitosi, l’intermediario eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in quanto avente ad oggetto “una tipologia contrattuale – la cessione del credito di imposta - che non rientra tra le operazioni e servizi bancari e finanziari”, come tale esclusa dal perimetro di competenza per materia dell’Arbitro. Nel merito, parte resistente rappresenta: 1) che il ricorrente in data 16.12.2016, 13.05.2021 ha sottoscritto digitalmente un primo “contratto di leasing finanziario automobilistico cessione credito di imposta Superbonus 110% e altri bonus edilizi”; 2) che dopo oltre un mese dalla sottoscrizione del detto contratto di cessione del credito, con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento email del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili15.06.2021 e previa richiesta del ricorrente, la corresponsione banca ha inoltrato a quest’ultimo “il link ove rinvenire il modulo per richiedere il fido cessione - credito di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 imposta (cfr. all. b) al ricorsoallegato 3). Il Nella mail era debitamente indicata, tra altro, la precisazione che «L’esito le sarà comunicato una volta ricevuta la documentazione ed ultimata l’istruttoria»”; 3) che lo stesso giorno il ricorrente deduce ha trasmesso quanto richiesto; 4) che l’Autorità Garante della Concorrenza quest’ultimo in data 17.06.2021 ha sottoscritto digitalmente un ulteriore “contratto di cessione credito di imposta Superbonus 110% e del Mercatoaltri bonus edilizi”, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)nonché, ha accertato l’esistenza e l’attuazionesempre digitalmente, dal giugno 2003 all’aprile 2017, la richiesta di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto fido per violazione del divieto l’importo di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito€ 25.000,00, per la quale è stata fissata l’udienza erano stati in precedenza forniti la documentazione necessaria all’istruttoria e il modulo completo dei dati; 5) di aver respinto la richiesta di fido in data 24.06.2021, precisando che la valutazione della capacità reddituale e patrimoniale del 26 febbraio 2020. In ricorrente non ha permesso di concedergli l’affidamento richiesto; 6) che in data 26.02.2019 29.06.2021 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo ha chiesto che la restituzione pratica fosse rivalutata; 7) che in data 06.07.2021 il ricorrente ha chiesto un ulteriore finanziamento, dell’ammontare di quanto corrisposto € 50.000,00, per il quale la banca si è riservata la facoltà di valutare ed eventualmente non accettare la concessione del prestito, qualora non fossero rispettati i requisiti richiesti; 8) di aver informato a mezzo email il ricorrente in data 08.07.2021 che, con riferimento alla prima richiesta di finanziamento, la decisione di xxxxxxx non era rivalutabile, per poi, con successiva email del 15.07.2021, rigettargli anche la seconda richiesta di finanziamento a seguito di adeguata valutazione del merito creditizio; 9) che in data 14.07.2021 il ricorrente ha chiesto di poter recedere dai contratti di cessione del credito di imposta sottoscritti il 13.05 e il 17.06.2021 “a seguito, e in relazione, al diniego nell’affidamento di una somma a titolo di interessi e costi prestito ponte”; 10) di aver riscontrato la richiesta in data 17.08.2021 informando il ricorrente del fatto che essendo ormai trascorsi i 14 giorni decorrenti dalla data della firma dei contratti, il recesso dagli stessi avrebbe comportato l’addebito delle penali per ogni contratto firmato, chiedendo, al contempo, al cliente conferma della volontà di recedere; 11) che il ricorrente ha insistito per il recesso, chiedendo l’esonero dall’addebito delle penali, che, però, veniva negato dalla banca, la quale ha, infine, proceduto al relativo addebito in data 01.09.2021. Tanto premesso, l’intermediario si oppone alle pretese del ricorrente, deducendo: 12) la legittimità dell’addebito delle penali per il recesso dal contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole cessione, precisando che le penali sono previste da ciascuno dei due contratti di cessione del contratto credito di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéimposta, rispetto ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, quali il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva ricorrente ha dichiarato “di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria letto attentamente, compreso e di accettare esplicitamente (…) ii) le condizioni normative che regolano la Cessione del medesimo gruppo automobilisticoCredito contenute nel Contratto”; 13) l’inconsistenza delle motivazioni addotte a fondamento del recesso, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF rappresentando che la valutazione discrezionale della banca in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentemerito alla scelta se concedere o meno un finanziamento non è sindacabile, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese come del resto precisato nelle offerte pubblicitarie e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese confermato dalla dottrina e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.dalla giurisprudenza;

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoLa società ricorrente per il tramite del procuratore riferiva che, in data 16.12.201630/03/2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevaaveva richiesto, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilivia pec, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi copia integrale del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole sottoscritto presso lo stesso. Sottolineava, quindi, che tale istanza aveva fatto seguito ad analoghe richieste già avanzate in data 10/07/2015 e in data 20/11/2015, alla quale la resistente rispondeva con raccomandata datata 22/12/2015, allegando il documento di sintesi e il piano di ammortamento del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéfinanziamento. La ricorrente, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017inoltre, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoriportava che, in data 19.03.201931/03/2016 aveva inoltrato a mezzo pec un’ulteriore comunicazione, dell’intermediario convenutosottolineando che tra i documenti richiesti non era stato fornito il contratto di finanziamento sottoscritto dal legale rappresentante della società ed invitando altresì, che opponeva la banca ad adempiere alla richiesta nell’arco di aver ceduto cinque giorni. Tuttavia, con riscontro del 07/04/2016, la resistente si era limitata ad inviare nuovamente la stessa risposta e la documentazione già trasmessa mesi prima, senza allegare il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticocontratto. La società, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF pertanto, chiedeva al Collegio di porre in data 18.10.2019 essere nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione tutti i provvedimenti necessari al fine di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione ottenere copia integrale del contratto di finanziamento sottoscritto. Con le controdeduzioni l’intermediario, previa dichiarazione dopo aver eccepito la mancanza del preventivo reclamo, riferiva che la parte ricorrente aveva intrattenuto con la banca una pluralità di nullità rapporti, attualmente tutti estinti. Nel merito della vicenda rappresentava che, in relazione al contratto in controversia, in data 27/08/2012, la società, in presenza di due rate di mora, aveva chiesto di poter accedere alla moratoria di 12 mesi concessa alle piccole e medie imprese, riconoscendo di essere intestataria del mutuo chirografario con debito residuo alla data del 27/08/2012 di Euro 117.284,90. Con nota del 28/09/2012, il cliente era stato, quindi, informato che la moratoria era stata concessa; in data 06/08/2015, a causa del mancato pagamento delle relative clausole contrattualirate post sospensione, ovvero era stata però sollecitata a pagare, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, la liberazione dall’obbligo somma di pagare queste commissioni, spese e Euro 61.742,44 oltre interessi, nella misura oneri e spese, e preavvisata che in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto assenza di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo tale pagamento l’intermediario avrebbe provveduto ad avviare le azioni di cui all’art. 117 TUB recupero del credito con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”conseguenti necessarie segnalazioni alla Centrale Rischi. L’intermediario, costituitosiquindi, eccepisce ripotava che la società ricorrente non aveva provveduto ad effettuare il pagamento richiesto, pertanto la posizione era stata segnalata a sofferenza con l’annessa risoluzione del contratto di aver ceduto finanziamento per grave inadempimento della debitrice. In data 30/11/2015, la società ricorrente, al fine di sanare la posizione passata a sofferenza, aveva inviato all’intermediario una lettera contenente una proposta di piano di rientro, basato sul versamento di una rata mensile di Euro 1.100,00 sino alla totale estinzione del debito. La resistente riferiva che, con nota del 1/12/2015, aveva accettato la proposta ed in tale occasione, nel precisare che il debito complessivo da estinguere ammontava a Euro 58.759,58 oltre interessi e spese, aveva avvertito la società che anche il mancato versamento di una rata nei termini stabiliti avrebbe determinato l’automatica risoluzione dell’accordo. L’intermediario, infine, dichiarava che, in esecuzione dell’accordo transattivo, la parte debitrice provvedeva a versare le rate dal mese di gennaio 2016 al mese di aprile 2016; di conseguenza, in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso 3/05/2016 le era stato comunicato che il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentefinanziamento originariamente sottoscritto con la banca era stato preestinto in seguito al passaggio a sofferenza. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità Poste tali premesse, l’intermediario riteneva di avere tenuto un atteggiamento collaborativo, in virtù delle facilitazioni concesse per il pagamento della posizione, e trasparente per aver provveduto a consegnare per ben due volte alla società ricorrente la documentazione in suo possesso, ossia il documento di sintesi, regolarmente sottoscritto dalla società, contenente la regolamentazione delle condizioni economiche del ricorso finanziamento, la sintesi delle principali clausole contrattuali dello stesso ed il piano di ammortamento del finanziamento, anche esso regolarmente datato e sottoscritto dalla società. Riteneva, inoltre, del tutto superata e come tale inutile e non meritevole di adempimento la richiesta di consegna della copia del contratto di finanziamento in questione, in quanto lo stesso - come già comunicato alla società debitrice – era stato risolto per suo difetto grave inadempimento. Pertanto, ricordando che tra le parti era intercorso un accordo transattivo, valido e con funzione novativa delle precedenti obbligazioni delle parti, chiedeva al Collegio di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere rigettare il ricorso poiché improcedibile per difetto in quanto infondato. In sede di legittimazione passivareplica, la parte ricorrente sottolineava di aver richiesto il contratto in questione inviando più di un reclamo; richiesta che la banca aveva continuamente ignorato rendendo necessario rivolgersi all’ABF.

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FATTO. Il ricorrenteCol ricorso introduttivo del presente procedimento, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, il ricorrente ha affermato che: - relativamente a un contratto preliminare di leasing finanziario automobilistico con opzione finale vendita di acquistoun immobile da costruire da lui stipulato, l’intermediario resistente gli rilasciava la fideiussione di cui agli artt. La locazione finanziaria prevedeva2 e 3 del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122 (Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della l. 2 agosto 2004,n. 210); - il 12 ottobre 2013, poiché la società promittente venditrice non aveva ottenuto il permesso di costruire l’edificio di cui si tratta, il ricorrente intimava all’intermediario resistente di provvedere al pagamento dell’indennità fideiussoria di € 42.000,00, oltre agli interessi legali e al risarcimento dei danni, corrispondenti all’importo versato all’agenzia immobiliare, pari a € 5.250,00; - l’intermediario non eseguiva il pagamento richiesto. Ciò posto, il ricorrente chiede che l’intermediario resistente sia condannato al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilidi € 42.000,00, la corresponsione di commissioni oltre agli interessi legali e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfral risarcimento dei danni pari a € 5.250,00. all. b) L’intermediario non ha resistito al ricorso). * * * Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e Collegio di Roma, nella riunione del Mercato15 ottobre 2015, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, rilevata la difformità di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione orientamenti emersi nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione Collegi ABF in via cautelare fino ordine alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi validità ovvero alla nullità del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto garanzia concluso da un confidi in violazione dei limiti che la disciplina di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchésettore pone alla sua operatività, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità rimetteva l’esame del ricorso per suo difetto al Collegio di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaCoordinamento.

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FATTO. Il ricorrente afferma di essere cointestatario di un mutuo, stipulato nel 2000, garantito da ipoteca di primo grado su immobile di proprietà esclusiva del terzo cointestatario. La cointestazione del mutuo sarebbe stata richiesta da un funzionario dell’istituto di credito convenuto quale condizione per la “sicura approvazione del mutuo”; quest’ultimo, tuttavia, sarebbe stato richiesto nell’interesse esclusivo del terzo cointestatario e per finalità sue proprie, di tipo commerciale. Il ricorrente rappresenta che, nel xxxxx xxx 0000 (xxxx in cui terminò la convivenza tra il ricorrente e la cointestataria), il rapporto era stato caratterizzato da alcune difficoltà nei pagamenti, in seguito interrottisi a partire dal mese di aprile del 2012. Successivamente, e segnatamente nel 2013, il ricorrente apprendeva di essere stato segnalato nella categoria “a sofferenza” della Centrale Rischi per inadempienze relative il mancato pagamento di alcune rate del mutuo oggetto di ricorso. Lamenta che tale segnalazione avrebbe comportato un grave pregiudizio al proprio sviluppo professionale, in quanto il ricorrente, ufficiale del ruolo Direttivo di Forza Armata, non ha più potuto rivestire gli incarichi previsti nel grado di appartenenza. Nello specifico afferma che la lesione alla reputazione di buon pagatore gli avrebbe impedito l’avanzamento di carriera, anche a causa della revoca dal “Nulla Osta di Sicurezza (NOS)”. La citata segnalazione avrebbe, inoltre, indotto un diverso intermediario, presso il quale il ricorrente intratteneva un rapporto di conto corrente affidato, alla revoca del fido e alla richiesta di restituzione del bancomat e della carta di credito. Con riferimento all’avvenuta segnalazione, evidenzia che la circolare della Banca d’Italia n. 139/91, recante istruzioni in materia di Centrale Rischi, prevede che le segnalazioni in sofferenza di rapporti cointestati presuppongono che tutti i cointestatari versino in stato di insolvenza, requisito assente nel caso di specie. Rileva, poi, che l’iscrizione è avvenuta in assenza di preventiva informativa, in violazione della normativa in materia. La mancata, preventiva, comunicazione gli avrebbe, tra l’altro, impedito di prendere le opportune iniziative al fine di evitare l’iscrizione in Centrale Rischi. Afferma, inoltre, che in data 5 aprile 2016 i due cointestatari avrebbero trovato un accordo stragiudiziale, nell’ambito del quale la cointestataria assumeva l’onere del pagamento delle rate a scadere e, in sede dibattimentale, anche dell’estinzione entro marzo 2017. In forza di detti accordi, il ricorrente avrebbe formulato alla resistente istanza di cancellazione del proprio nominativo dalla Centrale Rischi, rimasta tuttavia inevasa. Le richieste di cancellazione del ricorrente, infatti, non venivano riscontrate in quanto, a detta dell’intermediario resistente, il ricorrente sarebbe stato condebitore solidale insieme al terzo cointestatario, sia pure in posizione di sussidiarietà, con riferimento a un non meglio determinato “nuovo credito”. Il ricorrente rileva tuttavia che, alla luce del negozio di “espromissione o accollo” intervenuto tra le parti, sia pure avente efficacia meramente interna, la convenuta avrebbe dovuto segnalare in Centrale Rischi il nominativo del solo accollante, il quale ha assunto l’obbligo del pagamento del debito residuo. Sottolinea, poi, che non gli è mai stata comunicata la decadenza dal beneficio del termine, forse perché eventuali comunicazioni venivano inviate unicamente presso la residenza del terzo cointestatario. Lamenta, in ogni caso, che la resistente avrebbe errato nelle proprie valutazioni relative alla sopravvenuta insolvenza della parti e ciò, in particolare, con riferimento al ricorrente stesso, percettore di una retribuzione fissa e continuativa. Alla luce di quanto sopra, il ricorrente si qualifica rivolge all’ABF chiedendo la cancellazione della segnalazione “a sofferenza” a suo carico dalla Centrale Rischi Banca d’Italia e Centrale dei Rischi private nonché il riconoscimento del danno non consumatorepatrimoniale sofferto pari a € 10.000,00 de del danno patito per il mancato accesso al credito agevolato e il grave pregiudizio all’immagine personale e soprattutto professionale per € 25.000,00. Il ricorrente chiede altresì riguardo il “presunto nuovo contratto”, deduce la ricostruzione dei rapporti intercorsi tra l’intermediario e la cointestataria dal gennaio 2012 oltre al rimborso delle spese legali quantificate in € 500,00. Costituitosi ritualmente, l’intermediario, riconosciuta l’esistenza del contratto di aver sottoscritto con l’intermediario convenutomuto oggetto del ricorso, stipulato a dicembre del 2000, rileva che in data 28.09.2010, per effetto di uno sconfino persistente e non regolarizzato, la posizione del cliente veniva classificata ad incaglio; in data 280.3.2012, fallito un tentativo bonario di rientro dell’esposizione, la posizione, a fronte di 21 rate scadute e non pagate, veniva trasferita a sofferenza. L’intermediario afferma che questo ultimo passaggio, veniva preceduto dall’invio, in data 16.12.201606/09/2011, un di lettera di costituzione in mora, inviata all’indirizzo conosciuto dalla banca e rispedita al mittente per compiuta giacenza. Con riferimento alla circostanza per cui il ricorrente avrebbe appreso solo nel corso del 2013 di essere stato segnalato a sofferenza, evidenzia che, per pacifica giurisprudenza di legittimità, il principio della buona fede oggettiva deve presiedere anche la fase esecutiva del contratto. A nulla varrebbe dunque lamentare la mancata conoscenza circa l’omesso pagamento delle rate, in quanto tale circostanza sarebbe mero indice del mancato rispetto degli obblighi contrattuali ed una palese violazione del principio di correttezza e buona fede. Ed infatti, a seguito della sottoscrizione del contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale mutuo (di acquisto. La locazione finanziaria prevedevacui riporta breve stralcio), oltre i mutuatari diventano contemporaneamente e allo stesso livello responsabili ed obbligati al pagamento delle rate del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilimutuo; da ciò deriverebbe, pertanto, che il ricorrente si sarebbe dovuto attivare per conoscere lo stato di ammortamento del finanziamento. Evidenzia, poi, la corresponsione piena legittimità della segnalazione in Centrale Rischi e nei sistemi di commissioni e spese per Euro 488,00 e informazione creditizia, in quanto conseguenza di interessi passivi per Euro 1.629,10una inadempienza pendente contestualmente sui cointestatari e, comunque, per un totale di Euro 2.117,10 aver provveduto alla preventiva informativa alle parti (sul punto allega due comunicazioni in data 28/03/2012 e 03/04/2012, cfr. all. b) al ricorso4 alle controdeduzioni). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza Con specifico riferimento all’accordo transattivo intervenuto tra i cointestatari, poi, evidenza come lo stesso avesse rilevanza meramente interna e, come tale, non producesse effetti sui terzi; sul punto allega conforme giurisprudenza di legittimità e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e richiama le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri disposizioni di cui all’artalla Circolare della Banca d’Italia n. 139/91. 101 Respinge, pertanto, la richiesta di cancellazione della segnalazione in Centrale Rischi a far data dal 05/04/2016 [data di stipula dell’accordo transattivo, n.d.r.], in quanto l’accordo stesso si sarebbe risolto in data 14/02/2017 quando, a fronte del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar versamento da parte del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017un importo precedentemente concordato, il risarcimento del danno subito terzo cointestatario autorizzava che la parte di debito ancora esistente venisse traslata su altra posizione a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoproprio nome, interrompendo il flusso di segnalazioni in data 19.03.2019C.R. Afferma, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principalepertanto, la restituzione piena legittimità della segnalazione - che costituirebbe comunque solo un obbligo di tutte le commissionitrasparenza e non di legittimità della segnalazione - e respinge la richiesta di risarcimento, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscrittocarente sul piano probatorio e, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, avanzata per la prima volta solo in sede di ricorso. Infine, con rivalutazione e interessiriferimento alla richiesta di chiarimenti in ordine ad un “presunto nuovo contratto” stipulato con il terzo cointestatario, parte resistente chiarisce che l’espressione “nuovo credito, contenuto nella risposta al reclamo, faceva riferimento, in senso meramente economico, all’assunzione in capo al terzo cointestatario del debito residuo relativo al mutuo. L’intermediarioPer i motivi di cui sopra, costituitosi, eccepisce di aver ceduto parte resistente chiede che il Collegio rigetti le richieste del ricorrente in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaquanto infondate.

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FATTO. Il ricorrentericorrente chiede all’Arbitro di condannare la resistente all’integrale restituzione delle commissioni di intermediazione, che si qualifica non consumatorepari ad € 3.420,00, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, previste da un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevafinanziamento contro cessione del quinto della retribuzione stipulato il 9/5/2014 ed ancora in regolare ammortamento, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto € 500,00 a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéassistenza tecnica. Al riguardo, lamenta la vessatorietà, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs33, comma 1, d. lgs. n. 3/2017206/05 (Codice del consumo), il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoclausola relativa alle suddette commissioni, in data 19.03.2019ragione dell’ammontare spropositato delle medesime (di gran lunga più elevate rispetto al dato medio delle commissioni per i prestiti alle famiglie, dell’intermediario convenutodiffuso trimestralmente dalla Banca d’Italia). Precisa, in proposito, che opponeva il carattere vessatorio di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria una clausola può anche attenere all’adeguatezza del medesimo gruppo automobilisticocorrispettivo dei beni e dei servizi, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF laddove tale elemento – come nel caso di specie - non sia stato individuato in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentemodo chiaro e comprensibile (art. 34 Cod. cons.). Contesta altresì, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principalea tal proposito, la restituzione violazione dell’art. 125-novies TUB, rilevando che, contrariamente al disposto della norma (da leggere unitamente all’art. 34 cit.), nel caso di tutte le commissionispecie non sarebbe intervenuta tra consumatore e mediatore creditizio alcuna trattativa relativa al compenso spettante a quest’ultimo, spese né il cliente avrebbe mai ricevuto dall’intermediario alcuna informazione preventiva in merito (sicché non si potrebbe ritenere integrato il requisito dell’indicazione chiara e interessi pagati in esecuzione comprensibile del contratto di finanziamento sottoscrittocorrispettivo e della sua adeguatezza, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB 34, comma 2, Cod. cons.). Rileva infine che la clausola in esame – presente su un modulo prestampato, fornito dall’intermediario al cliente - non sarebbe stata in alcun modo oggetto di trattativa individuale, idonea ad escluderne eventualmente il carattere vessatorio. Costituitosi, l’intermediario eccepisce: - che il cliente, in sede sia contrattuale che precontrattuale, era stato messo a conoscenza delle condizioni economiche applicate al prestito, dei relativi costi e della natura delle attività remunerate con eventuale rimborso della differenza le commissioni di intermediazione, in linea con gli obblighi di trasparenza richiesti dalla normativa di settore; - che nell’operazione in questione non è intervenuto alcun mediatore creditizio, bensì un agente in attività finanziaria, cui il ricorrente si sarebbe peraltro rivolto per i finanziamenti già estintisua libera scelta; 4. in via ulteriormente subordinata- che le spese per assistenza difensiva non sono rimborsabili, il risarcimento attesa la facoltatività dell’assistenza da parte di un danno almeno pari al 20% difensore o di tutte altro consulente tecnico nel procedimento ABF, nonché la natura seriale del ricorso. Le parti hanno ulteriormente precisato le commissioniproprie ragioni mediante repliche alle controdeduzioni e controrepliche, spese ove, rispettivamente, parte ricorrente ribadisce come i costi commissionali previsti in contratto siano vessatori e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. poco trasparenti, sottolineandone in ogni casoparticolare la palese eccessività, con rivalutazione mentre la resistente ribadisce di avere rispettato gli obblighi di informazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo trasparenza imposti dalla normativa di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivariferimento.

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FATTO. La parte ricorrente espone, allega e chiede nel ricorso quanto segue. - Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto 9/10/2015 ha stipulato con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento da rimborsare con opzione finale cessione del quinto dello stipendio, estinto anticipatamente il 1°/02/2020 dopo il pagamento di acquiston. 50 rate delle 120 complessive. La locazione finanziaria prevedeva- A seguito dell’estinzione anticipata, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di l’intermediario non le ha rimborsato le commissioni e spese i costi non maturati fino alla scadenza del contratto. - Nel contratto non è chiara la distinzione tra commissioni recurring e commissioni up front. - Sono rimborsabili, per Euro 488,00 la parte non maturata, non solo le commissioni bancarie e finanziarie, ma anche le commissioni di intermediazione e i costi assicurativi. - In considerazione del rapporto di accessorietà dei contratti assicurativi e di interessi passivi mediazione creditizia, rispetto al rapporto di finanziamento, al loro rimborso è tenuto l'intermediario. - La penale di estinzione anticipata è illegittimamente addebitata quando l’intermediario non alleghi alcun dettaglio dei costi “eventualmente” sostenuti per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 l’estinzione anticipata del finanziamento (cfr. all. b) al ricorsoCollegio di Napoli, n. 5432/2018). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante - La sentenza della Concorrenza e del MercatoCGUE dell’11/09/2019, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)causa C-383/18, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, stabilito che in sede di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato estinzione anticipata spetta al cliente una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la proporzionale restituzione di tutte le spese associate al prestito, indipendentemente dalla loro natura up front o recurring. - In maniera conforme si è espresso anche il Collegio di Coordinamento ABF (cfr. n. 26525/2019). - In sede di risconto al reclamo, l’intermediario ha proposto un accordo transattivo che non intende accettare in quanto corrisposto non esaustivo. Ha dunque proposto ricorso. - Parte ricorrente chiede il rimborso di complessivi € 3.230,06, calcolati con il pro rata, a titolo di quota non matura degli oneri contrattuali e di commissione di estinzione; in via subordinata, la riduzione di quanto richiesto in applicazione del criterio della curva degli interessi ai costi ritenuti up front; in ogni caso, gli interessi legali dal reclamo e le spese di assistenza quantificate in € 200,00. Nelle controdeduzioni l’intermediario espone, allega e chiede quanto segue. - Il 9.10.2015 la ricorrente ha stipulato il contratto di finanziamento contro cessione del quinto n. ***740, estinto anticipatamente il 30.01.2020 alla scadenza della rata n. 50. - In tale occasione ha rimborsato alla ricorrente la somma di € 46,43 a titolo di ratei non maturati. - In parziale accoglimento del reclamo le ha offerto la somma di € 473,57, che è stata tuttavia rifiutata. - La recente sentenza resa dalla Corte di Giustizia Europea C-383/18, pronunciata in data 11.09.2019, non può comportare il superamento della distinzione tra i costi, ma sancisce il diritto del consumatore al rimborso di quei costi la cui natura sia ontologicamente “recurring” e che l’intermediario abbia invece – erroneamente – qualificato ed indicato come costi non ripetibili. - Inoltre, detta sentenza non potrebbe mai avere “efficacia diretta nei rapporti tra privati (c.d. efficacia orizzontale), essendo detta efficacia limitata, per le direttive comunitarie sufficientemente precise ed incondizionate, ai rapporti tra autorità dello Stato inadempiente e i soggetti privati (c.d. efficacia verticale)” e alla Direttiva UE 2008/48 “non può riconoscersi la natura di direttiva self-executing”. - Le commissioni di intermediazione non sono soggette a rimborso, né con il metodo del pro rata temporis, né in base al criterio della curva degli interessi, in quanto sono state trattenute al momento dell’erogazione del finanziamento e successivamente versate al mediatore creditizio per la remunerazione delle attività prodromiche alla stipula del contratto di prestito. Non costituiscono, inoltre, una voce di guadagno in bilancio in quanto versate a soggetti terzi estranei al rapporto intermediario-cliente. - Le commissioni di attivazione non sono soggette a rimborso in quanto riferibili al momento della verifica della sussistenza dei presupposti ai fini dell’erogazione del finanziamento (sul presupposto della nullità cfr. Tribunale di Asti, n. 255/2020 e Tribunale di Mantova, 30.06.2020). - La richiesta di rimborso delle relative commissioni di gestione deve essere rigettata nel merito in quanto esse sono state rimborsate alla ricorrente in sede di conteggio estintivo, secondo i criteri previsti dai principi contabili internazionali IFRS-IAS, ovvero secondo il criterio di costo ammortizzato (IAS 39), per complessivi € 46,43. - Con riferimento alle commissioni di istruttoria, evidenzia che si tratta di attività di pre-analisi dell’esistenza dei requisiti minimi richiesti al cliente dalla normativa, che come tale riveste natura up front e non è soggetta pertanto a rimborso. - Deve escludersi qualsiasi vizio di invalidità/vessatorietà delle clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, in esame in quanto la ricorrente ha espressamente accettato e specificamente approvato ai sensi degli artt. 1341 e 1342 x.x. xx xxxxxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxx xx xxxxx xx xxxx di estinzione anticipata del finanziamento. - Deve essere respinta anche la domanda di rimborso delle spese legali in conformità al consolidato orientamento dei Collegi. - Quanto alla Commissione di anticipata estinzione, la regolamentazione contrattuale della clausola recepisce il disposto dell’art. 7 125 sexies, comma 2, T.U.B. (così come modificato dall’art. 1 D.Lgs. 13 agosto 2010, n.141). Risulta correttamente applicata nella misura dell’1% del d.lgscapitale residuo e remunera costi ed oneri sostenuti per la gestione amministrativa dell’estinzione anticipata. - Parte ricorrente, inoltre, non ha prodotto idonea documentazione a sostegno della pretesa restitutoria (cfr. Collegio di Coordinamento, n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM5909/2020). In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo- L’intermediario chiede: “1. o in via principale, la il rigetto della richiesta di restituzione delle ulteriori somme a titolo di tutte le commissioni di gestione, tenuto conto di quanto già rimborsato, pari ad € 46,43, nonché il rigetto della richiesta di rimborso delle altre commissioni, dei diritti di estinzione e delle spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagatilegali; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo nella denegata ipotesi di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estintiessere tenuto a rimborsare ulteriori somme, la limitazione dell’importo a quanto offerto in sede di reclamo, pari a € 437,57; 4. in via ulteriormente di ulteriore subordinata, il risarcimento nella denegata ipotesi di un danno almeno essere tenuto a rimborsare ulteriori somme e diverse da quelle già offerte, la decurtazione dall’importo individuato di quanto già rimborsato alla ricorrente, pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva€ 46,43.

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FATTO. Nel mese di gennaio 1997, la società odierna ricorrente apriva presso la banca odierna resistente un rapporto di conto corrente, a garanzia dell’apertura di credito accesa sul quale essa costituiva successivamente in pegno a favore della resistente alcune quote di un fondo comune di investimento. Il 30 gennaio 2015, la ricorrente lamentava il contenuto di due comunicazioni ricevute l’una il 26 gennaio dalla resistente, nella parte in cui quest’ultima dichiarava di provvedere ad eseguire un certo ordine della ricorrente, l’altra il 29 gennaio dalla SGR gestore del citato fondo che si qualifica dava conferma delle operazioni disposte dalla ricorrente. Quest’ultima, infatti, sottolineava di non consumatoreaver impartito istruzione alcuna né alla resistente né al gestore e, deduce data la pendenza della decisione del giudice circa la richiesta di aver sottoscritto concordato preventivo presentata a gennaio 2014 e ben nota alla resistente, la diffidava dall’effettuare qualsivoglia operazione che potesse compromettere lo stato patrimoniale del piano concordatario. La ricorrente, inoltre, sollevava riserve sia con l’intermediario convenutoriguardo alle scelte di investimento effettuate dalla resistente nella gestione del citato deposito a garanzia, sia circa l’onerosità delle condizioni applicate al rapporto in essere, sia con riguardo alle “ragioni del mantenimento in essere della esposizione del c/c e dei conseguenti oneri”. Nel silenzio della resistente, in data 16.12.201611 febbraio 2015 la ricorrente presentava ricorso in cui nuovamente contestava il contenuto delle due comunicazioni di cui sopra e domandava al Collegio la valutazione della legittimità del comportamento della resistente in merito al rapporto sia di conto corrente che di deposito a garanzia. Il 29 aprile 2015 la resistente depositava le controdeduzioni in cui preliminarmente eccepiva la genericità dell’istanza della ricorrente volta, un contratto a detta della banca, all’ottenimento di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquistouna mera valutazione da parte del Collegio. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliNel merito della vicenda, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfrresistente evidenziava come l’art. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi 9 del contratto di finanziamento (pegno sottoscritto a dicembre 2001 stabilisse il diritto della banca a far vendere in tutto o in parte i titoli costituiti in pegno nell’ipotesi di inadempimento da parte del cliente delle obbligazioni garantite. In seguito alla presentazione da parte della ricorrente, il 20 gennaio 2014, del ricorso per ammissione alla procedura di pre-concordato, la resistente sospendeva vuoi gli affidamenti vuoi i correlati utilizzi dandone pronta comunicazione alla cliente. Inoltre, dopo il deposito del ricorso per ammissione alla procedura concordataria da parte della ricorrente ad agosto 2014, la resistente inviava a quest’ultima una dettagliata comunicazione della situazione debitoria complessivamente ammontante ad € 2.901.868,16 dovuti in parte allo scoperto di conto, in parte ad effetti insoluti ed in parte a rate impagate di finanziamenti chirografari. Nella dichiarazione resa al competente Tribunale in data 19 settembre 2014, la resistente notificava di essere creditrice della ricorrente in via chirografaria dell’importo di € 2.865.476,56 ed asseriva che l’esposizione sul presupposto conto corrente era garantita dal pegno rilasciato dalla ricorrente e così descritto: € 275.000 di valore nominale per 71.214,147 quote di un fondo comune, € 300.000 di valore nominale per obbligazioni oltre a € 195.000 “Netto Ricavo per titoli scaduti in conto infruttifero indisponibili rivenienti da rimborso titoli costituiti in pegno”. Con riguardo al contestato smobilizzo della nullità garanzia, la resistente sottolineava di aver provveduto all’escussione del pegno in forza sia della legge che del contratto, visto che l’art. 4 D.Lgs 170/2004 accorda facoltà al creditore pignoratizio di procedere all’utilizzo della somma oggetto di garanzia per l’estinzione dell’obbligazione garantita anche in caso di apertura di una procedura concorsuale. Quanto infine all’istanza circa l’addebito di oneri ed interessi, la resistente ne contestava la genericità e al contempo rivendicava la regolarità delle relative clausole condizioni applicate. Pertanto, chiedeva al Collegio la dichiarazione di inammissibilità del contratto ricorso ed in subordine la reiezione dello stesso. Il 19 maggio 2015, la ricorrente replicava alle controdeduzioni sostenendo come la resistente, incurante del mandato ricevuto, avesse “artatamente” agito a danno della società da un lato immotivatamente mantenendo lo scoperto di leasing conto senza compensarne il valore con la realizzazione delle garanzie, dall’altro progressivamente addebitando alla cliente oneri ed interessi calcolati sull’importo lordo, fino alla somma di € 2.421.643,65. Inoltre, in obiezione all’eccezione di genericità mossa dalla resistente, la ricorrente approfondiva i termini della propria istanza quantificando e descrivendo i danni asseritamente patiti, tra cui, inter alia, il rimborso delle spese sostenute per violazione l’elaborazione del divieto piano di intese restrittive) nonchérisanamento e per il ricorso di ammissione al concordato, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017il rimborso di interessi ed oneri addebitati sul conto corrente dal marzo 2011 all’aprile 2014 e pari ad € 714.700,25, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: dei danni personali per 1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese lesioni biologiche e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessistress da lavoro correlato. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce Nel mese di aver sottoscritto luglio 2009 il ricorrente stipulava con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, l’odierno convenuto un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale finanziamento per complessivi euro 31.800,00 da rimborsarsi – mediante delegazione di acquistopagamento al datore di lavoro – in centoventi rate da euro 265,00 ciascuna. La locazione finanziaria prevedevaAl momento della stipula venivano detratte dall’importo finanziato, tra le altre, le seguenti somme: euro 1.036,86 a titolo di commissioni finanziarie; euro 2.623,50 a titolo di commissioni accessorie ed euro 457,91 a titolo di commissioni di intermediazione. Il finanziamento veniva anticipatamente estinto nel mese di luglio 2013, in corrispondenza della quarantottesima rata di ammortamento, in base al conteggio estintivo redatto dall’intermediario resistente, dal quale poteva evincersi l’abbuono delle commissioni bancarie per euro 268,07 e di quelle finanziarie per euro 602,89. Con lettera di reclamo il ricorrente, per il tramite di un legale di fiducia, chiedeva l’integrale restituzione delle voci commissionali, nonché il rimborso della quota non maturata del premio assicurativo; domandava inoltre la ripetizione della 166,93 addebitato in occasione del rilascio del conteggio estintivo. Il tutto oltre alla rifusione delle spese di assistenza difensiva quantificate in euro 400,00. Riscontrato negativamente il reclamo, il ricorrente – per il tramite del legale di fiducia – adiva questo Arbitro per reiterare le proprie richieste restitutorie: chiedeva, in particolare, il rimborso integrale delle commissioni accessorie, per violazione della forma scritta del contratto di mediazione, prescritta a pena di nullità dell’art. 11 del provv. UIC dell’aprile 2005; la restituzione integrale di tutte le voci commissionali per indeterminatezza delle relative clausole contrattuali; in subordine ne chiedeva la restituzione in misura proporzionale, unitamente al rimborso pro quota del premio assicurativo, per un importo complessivo di euro 4.287,03, ovvero per la maggior o minore somma disposta dal Collegio; chiedeva altresì il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Il tutto oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilidegli interessi legali e alla rifusione delle spese di assistenza difensiva. Costituitosi ritualmente, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva affermava di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF calcolato in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: sede di estinzione anticipata un 1. equo rimborso” determinando in via principale, misura proporzionale la restituzione di tutte le commissionivoci commissionali, ad esclusione delle spese di istruttoria, bollo e interessi pagati in esecuzione del contratto rivalsa; precisava altresì che – trattandosi di finanziamento sottoscrittouna voce complessiva corrisposta a titolo di corrispettivo per il servizio finanziario offerto – non aveva potuto che praticare un rimborso determinato unitamente al capitale, previa dichiarazione secondo un piano di nullità ammortamento alla francese, ed una curva che decresce con il rimborso delle relative clausole contrattualirate. Con riferimento al premio assicurativo, ovvero eccepiva la liberazione dall’obbligo propria carenza di pagare queste commissionilegittimazione passiva, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazioneritenendo che l’obbligo restitutorio incombesse esclusivamente sulla compagnia di assicurazioni: al riguardo richiamava la normativa vigente, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui particolare all’art. 117 TUB 22, comma 15-quater, della legge n. 221/2012 ed all’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/2010, sostenendo che la perfetta coincidenza della “lettera” della norma di legge con eventuale quella regolamentare Isvap denoterebbe la chiara intenzione del legislatore di elevare a rango di norma primaria il contenuto della disposizione regolamentare, oltre che sancire il definitivo superamento dell’accordo Xxx-Xxxx (il cui contenuto, peraltro, non aveva mai avuto portata cogente). Ciò “allo scopo evidente di porre fine ad interpretazioni tese a riversare l’onere del rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari dei premi su soggetti completamente estranei al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessirapporto assicurativo”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce Si opponeva altresì alla domanda di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo rifusione delle spese di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrenteassistenza difensiva. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo Chiedeva pertanto di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto In data 28/07/2014 il ricorrente stipulava con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale prestito rimborsabile mediante delegazione di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese quote dello stipendio per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale l’importo finanziato lordo di Euro 2.117,10 (cfr33.120,00 da rimborsare in n. 120 rate mensili da Euro 276,00 ciascuna. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e Previa emissione di conteggio estintivo del Mercato7/07/2020, con provvedimento dopo la scadenza di n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico48 rate, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionariaestingueva anticipatamente il contratto. Nel conteggio estintivo venivano abbuonati Euro 417,60 per rimborso della commissione mandataria non maturata. Con reclamo datato 8/06/2020 il ricorrente chiedeva il rimborso dei costi contrattuali non goduti. Il resistente vi riscontrava deducendo che null’altro vi era da rimborsare oltre quanto abbuonato, stante la natura up front delle provvigioni per l’intermediario del credito e della commissione per la mandataria per il perfezionamento del prestito, mentre la commissione mandataria per la gestione del prestito, di natura recurring, era stata già abbuonata, gli oneri assicurativi erano stati rimborsati dalle compagnie assicurative emittenti le polizze collegate al finanziamento e non vi erano quote insolute da restituire; contestava inoltre l’applicabilità al caso di specie della decisione della Corte di Giustizia Europea dell’11/09/2019. Con ricorso del 23/07/2020 il ricorrente concludeva chiedendo: “1insiste nella richiesta di rimborso delle commissioni non maturate, quantificate in complessivi Euro 2.281,38, oltre interessi legali maturati dalla data di estinzione e spese legali. Il resistente nelle proprie controdeduzioni ribadisce quanto già dedotto in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagatirisposta al reclamo; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso aggiunge che il contratto e i moduli cd. SECCI indicano dettagliatamente gli oneri a carico del cliente e la loro destinazione; precisa che le provvigioni sono dovute all’intermediario del credito intervenuto alla stipula per il compimento di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità attività solo preliminari del ricorso prestito, come specificato in contratto nonché nell’accordo di distribuzione, che produce unitamente alla fattura da lui xxxxxx; conclude per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivarigetto integrale del ricorso.

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FATTO. Il La controversia attiene alla richiesta di rimborso di somme sottratte fraudolentemente alla parte ricorrente mediante utilizzo della sua carta di debito, emessa dall’intermediario resistente, dopo un furto. La ricorrente, in particolare, ha allegato e dedotto che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.201603.02.2015, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilialle ore 15.40, la corresponsione stessa parcheggiava la propria autovettura, “regolarmente chiusa a chiave”, nei pressi della scuola materna frequentata dalla relativa figlia e si allontanava; trascorsi 15 minuti circa, la ricorrente, tornata alla vettura, si accorgeva che ignoti, rompendo il vetro anteriore destro, avevano sottratto la borsa contenente anche il bancomat. Immediatamente, la stessa parte provvedeva a richiedere il blocco della propria carta bancomat e ad sporgere denuncia/querela all’A.G. Nel corso della successiva settimana, appreso il fatto che con il bancomat rubato erano stati effettuati due prelievi, ella formulava richiesta di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, rimborso per un totale di Euro 2.117,10 (cfreuro 750. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoLa banca attualmente resistente respingeva tale domanda, sicchè la parte reiterava la propria richiesta con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”all’Arbitro. L’intermediario, costituitosioltre a rilevare come tra il furto e la prima operazione fraudolenta fosse decorso uno spazio temporale molto breve, eccepisce sottolinea in via preliminare come la carta con cui sono state realizzate le operazioni fraudolente non è intestata alla parte ricorrente ma ad altro soggetto. Pertanto, oltre al fatto che al titolare della carta Bancomat in parola sarebbe imputabile un primo inadempimento contrattuale, per aver lo stesso concesso l’uso della stessa alla ricorrente, laddove “il bancomat è uno strumento di aver pagamento personale e non può essere ceduto in data 1.03.2019 a terzi, salvo diverso accordo scritto tra la banca e il titolare stesso”, tale difformità darebbe anche luogo ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto una carenza di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente attiva della parte ricorrente, che ha sottoscritto il ricorso in proprio, ad agire per la finanziaria cessionariarestituzione delle somme sottratte con l’utilizzo del bancomat rubato. Conclude chiedendo Alla luce di ciò l’intermediario resistente ha chiesto di respingere il ricorso poiché ricorso, “dichiarandolo improcedibile per difetto di legittimazione passivae/o in ogni caso infondato”.

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FATTO. Il ricorrente, ricorrente afferma che si qualifica non consumatore, deduce di aver nell’aprile 2010 ha sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, la convenuta un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento - finalizzato all’acquisto di beni di consumo – con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevarimborso attraverso bollettino postale, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale importo complessivo di Euro 2.117,10 (cfreuro 345,40. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce Successivamente gli veniva recapitata gratuitamente una carta di credito, che l’Autorità Garante solo dopo scoprirà essergli stata fornita in forza della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, sottoscrizione di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto clausola a titolo di interessi e costi margine del contratto di finanziamento predetto di cui il ricorrente afferma non aver avuto contezza. Dopo aver riscontrato delle anomalie sugli estratti conto e dopo aver registrato l’applicazione di tassi di interesse superiori al tasso soglia legislativamente previsto – sulla cui usurarietà però l’attore precisa di non voler proporre taluna questione in questa sede - il ricorrente rileva la nullità del contratto dovuta, a suo avviso, sia ad una presunta carenza di forma scritta sia ad una indeterminatezza dell’oggetto. Quanto alla carenza di forma scritta, evidenzia che “la sottoscrizione [del ricorrente] nel modello contrattuale indicato come ‘richiesta facoltativa di apertura di credito a tempo indeterminato’ non appare idonea ad integrare i criteri della forma scritta obbligatoria per i contratti bancari” e che, quindi, vi è stata una violazione dell’art. 117 comma 1 del TUB, in quanto, “non può assumere il valore di un contratto una clausola riguardante una carta di credito revolving inserita in modo illegibile (sul presupposto perché redatta in caratteri minuscoli) e posta a margine di un contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto di beni di consumo”. L’attore lamenta di essere stato indotto in errore all’atto della nullità delle relative clausole firma in quanto – in assenza di informazioni e chiarimenti da parte del venditore – credeva di aver sottoscritto esclusivamente un contratto di “credito finalizzato” e non anche ulteriori aperture di credito. Il ricorrente, definisce la clausola vessatoria (e pertanto nulla) dato il carattere “eccessivamente minuscolo” della scrittura e la sua “posizione a margine” del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’artfinanziamento. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticoQuanto poi alla indeterminatezza dell’oggetto, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentelamenta la mancanza di ogni specificazione sulle condizioni economiche del credito utilizzabile. Riprova di ciò sarebbe la dicitura: “TAN da 0 a max mai superiore al TAEG – TAEG da 0% al tasso soglia”. Indeterminato sarebbe quindi il tasso di interesse come del tutto assente sarebbe il piano di ammortamento e ogni informazione idonea a chiarire la natura e l’imputazione degli importi dovuti. Alla luce di tutti questi motivi il ricorrente conclude per la violazione degli obblighi di trasparenza imposti agli istituti di credito dall’ordinamento. La resistente, senza convenire la finanziaria cessionariacirca il merito della controversia, ha rimarcato l’inadempimento del cliente all’obbligo di restituzione del capitale utilizzato. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. con la sottoscrizione del contratto in via principaleoggetto ha preso atto della facoltà di concessione dell’apertura di una linea di credito, la restituzione utilizzabile anche mediante carta di tutte le commissionicredito, spese e interessi pagati in esecuzione del delle relative condizioni generali di utilizzo riportate sul contratto di finanziamento sottoscrittostesso. La predetta carta di credito è stata inviata gratuitamente, previa dichiarazione inattiva e senza alcun obbligo di nullità utilizzo unitamente ad una lettera di accompagnamento con indicazione delle relative clausole contrattualicondizioni previste e dei servizi offerti. Alla data delle controdeduzioni, ovvero la liberazione dall’obbligo linea di pagare queste commissionicredito in contestazione, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento fronte di un danno almeno pari utilizzo per € 8.936,38, risulta ripianata solo per € 6.744,00, avendo il cliente sospeso ogni versamento dal novembre 2014. Vani sono stati i tentativi di recupero del debito residuo. L’intermediario ha chiesto al 20% Collegio di tutte “confermare il diritto a vedersi corrispondere” dal ricorrente “le commissioni, spese rate del finanziamento sino alla copertura degli importi dovuti a titolo di capitale e degli interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessilegali. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce La controversia origina dall’inadempimento parziale del fornitore di aver sottoscritto cure mediche finanziate con contratto di credito al consumo stipulato dal ricorrente con l’intermediario convenuto. Più precisamente, in data 16.12.201627/06/2013, il ricorrente stipulava con l’odierna convenuta un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale credito al consumo, finalizzato al finanziamento di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10cure dentistiche, per un totale l’importo di Euro 2.117,10 (cfr€ 14.000,00. all. b) Nell’aprile 2014, inoltrava al ricorso)centro medico fornitore della prestazione una raccomandata in cui segnalava l’inadempienza alle cure preventivate, sollecitando una soluzione tempestiva; la raccomandata tornava al mittente per compiuta giacenza. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e ha rappresentato che: - il centro medico non ha ultimato le cure dentistiche preventivate, causandogli problemi alla salute; - si tratta di “palese inadempimento del Mercatofornitore”, con provvedimento n. 27492/2018 quale previsto dall’art. 10 delle condizioni generali del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, contratto di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenutoprestito. Il provvedimento ricorrente ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo chiesto all’ABF “la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi […] versato e costi l’annullamento del contratto di finanziamento (sul presupposto come previsto dal TUB […] e dall’articolo 1455 del Codice Civile”. Nelle proprie controdeduzioni, l’intermediario ha riepilogato i fatti all’origine della nullità delle relative clausole controversia ed ha successivamente eccepito l’inammissibilità del contratto ricorso, in quanto fondato sull’inadempimento di leasing per violazione un soggetto, il fornitore del divieto di intese restrittive) nonchéservizio finanziato, che non è parte dell’odierno procedimento. Nel merito, la parte resistente ha osservato quanto segue: - non è provato né l’inadempimento del fornitore, né la sua gravità ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/20171455 C.C.; - dall’esposto inviato alla Procura della Repubblica risulta, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenutoinvece, che opponeva una parte delle cure dentistiche sono state prestate; - si tratta, dunque, di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticoun inadempimento parziale, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: non 1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione così grave da portare alla risoluzione del contratto di finanziamento sottoscrittoed alla restituzione delle rate pagate dal [cliente]”; - la resistente stessa conserva, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativapertanto, il risarcimento dell’intero danno subito proprio diritto di credito fino a causa della violazionequando l’istante non avrà ottenuto, in contraddittorio con il centro medico, una pronuncia risolutiva del contratto di fornitura delle cure dentistiche e del contratto di prestito in questione, essendo comunque “disponibile a ridurre l’ammontare del finanziamento in misura pari all’intero importo al valore delle commissionicure di cui il [ricorrente] ha beneficiato, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3previa [sua] quantificazione”. La convenuta ha chiesto all’ABF, in via subordinatapreliminare, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità dichiarare l’inammissibilità del ricorso per suo difetto le ragioni dedotte in narrativa; in subordine, di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente rigettare il ricorso, ribadendo la finanziaria cessionariapropria disponibilità alla riduzione proporzionale dell’ammontare del finanziamento. Conclude chiedendo Il ricorrente ha replicato che: - pur avendo ricevuto parzialmente le cure dentistiche preventivate, “per mancanza di respingere assistenza successiva e conseguentemente per il ricorso poiché improcedibile per difetto deteriorarsi dei materiali provvisori [è] stato costretto […] a rivolger[si] ad altro specialista” con i conseguenti oneri economici; - non gli è stata fornita la protesi dentaria definitiva del valore di legittimazione passiva€ 6.000,00 al netto dell’IVA.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto In data 9/09/2015 il ricorrente stipulava con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale prestito rimborsabile mediante cessione pro solvendo di acquistoquote della retribuzione mensile per l’importo finanziato lordo di Euro 29.160,00 da rimborsare in n. 120 rate mensili da Euro 243,00 ciascuna. La locazione finanziaria prevedevaDopo la scadenza di n. 49 rate, il ricorrente estingueva anticipatamente il contratto. Nel conteggio estintivo venivano abbuonati Euro 405,47 per rimborso delle commissioni per la mandataria non maturate. Con reclamo datato 22/07/2020 il ricorrente chiedeva il rimborso delle commissioni e degli oneri assicurativi applicati al contratto, per complessivi Euro 2.475,78, oltre al pagamento a due quote insolute per Euro 486,00. Il resistente vi riscontrava deducendo che null’altro vi era da rimborsare oltre quanto abbuonato, stante la natura up front delle provvigioni per l’intermediario del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilicredito e della commissione per la mandataria per il perfezionamento del prestito (mentre la commissione mandataria per la gestione del prestito, di natura recurring, era stata già abbuonata), l’inapplicabilità della decisione della Corte di Giustizia Europea dell’11/09/2019 e la corresponsione non rimborsabilità degli oneri assicurativi poiché non sostenuti dal ricorrente. Con ricorso del 31/07/2020 il ricorrente insiste nella richiesta di rimborso di commissioni e spese premi non maturati, oltre interessi legali maturati dalla data di estinzione. Il resistente nelle proprie controdeduzioni ribadisce quanto già dedotto in risposta al reclamo; aggiunge che il contratto e i moduli cd. SECCI indicano dettagliatamente gli oneri a carico del cliente e la loro destinazione; precisa che le provvigioni sono dovute all’intermediario del credito intervenuto alla stipula per Euro 488,00 e il compimento di interessi passivi attività solo preliminari del prestito, come specificato in contratto nonché nell’accordo di distribuzione, che produce unitamente alla fattura da lui xxxxxx; conclude per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al il rigetto integrale del ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivavi replica insistendo nelle richieste.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce La questione oggetto della controversia attiene alla nullità di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziamento per violazione dell’art. 117 TUB e, comunque, all’usurarietà per effetto dell’arbitraria modifica del premio assicurativo. Con ricorso presentato il 22 maggio 2015 – preceduto da reclamo del 5 gennaio 2015, riscontrato dall’intermediario in data non precisata, ma con esito insoddisfacente, secondo la prospettazione dell’istante – il ricorrente ha esposto di avere stipulato con l’intermediario resistente un prestito personale nel giugno 2008. In esecuzione del contratto, la resistente procedeva ad un arbitrario e ingiustificato aumento della rata per effetto dell’inclusione di un premio assicurativo superiore a quello indicato in contratto; ciò in violazione dell’art. 117, comma 3 e dell’art. 124, comma 4 del TUB. In particolare, il ricorrente ha precisato di essersi avveduto della modificazione dopo aver visionato il documento di sintesi n. 1 del 13 luglio 2009 prodotto dall’intermediario su sua specifica richiesta, sicché si deve ritenere che la modifica sia stata attuata con tale documento e pertanto la questione rientri nella competenza temporale dell’ABF. Ciò premesso, ha rilevato, altresì, che l’aumento del costo assicurativo debba condurre a una rideterminazione del TAEG del finanziamento e, per tale via, alla sua usurarietà; e che, comunque, l’aumento della rata è stato la causa diretta della propria insolvenza e della conseguente segnalazione nei SIC con conseguenti danni alla propria attività imprenditoriale. Il ricorrente si è rivolto, quindi, all’Arbitro bancario finanziario automobilistico ed ha chiesto: “considerare la variazione contrattuale come un comportamento dell’ [intermediario] successivo al 1 gennaio 2009; dichiarare usurario il contratto di finanziamento con opzione finale la consequenziale dichiarazione di acquistonullità della clausola degli interessi; condannare l’[intermediario] alla restituzione degli interessi già pagati a far data dal 13 luglio 2009 sino alla rata n. 54 del 27 dicembre 2012, pari a euro 7.749,51 ed una rideterminazione del debito a sofferenza il quale dovrà essere decurtato della componente interessi di mora/spese/commissioni e quindi dovrà essere pari al debito residuo risultante dall’ultima rata pagata n. 54 del 27 dicembre 2012 pari a € 10.621,91 a cui va aggiunta la quota capitale delle rate insolute pari a € 1368,29; restituzione di tutti i costi/commissioni/assicurazioni/interessi di mora addebitati pari a € 3.012,80 (2.629,90 assicurazione + € 300,00 commissioni + € 82,90 interessi di mora); il riconoscimento di un danno non patrimoniale da quantificarsi in via equitativa in € 5.000,00; il riconoscimento di un rimborso per l’istruttoria del presente ricorso da quantificarsi in via equitativa in € 250,00 per l’intervento tecnico contabile. In via subordinata, si richiede: - di concedere il diritto, a far data dal 13 luglio 2009 data in cui l’[intermediario] ha inviato il documento di sintesi con le variazioni contrattuali, di recesso così come previsto per le modifiche unilaterali del contratto art. 125 ter del TUB con il relativo ristorno delle commissioni/spese/Polizze, utilizzando il criterio proporzionale, in quanto nel contratto non vengono specificate le commissioni up-front e recurring, quantificate come segue (omissis) totale € 1.527,27; - ricalcolo del debito residuo al 13 luglio 2009 pari a € 19.937,95; - rimborso rate pagate dalla n. 13 alla n. 54 pari ad € 16.568,60; - il rimborso dei premi assicurativi pagati in eccedenza, senza alcuna autorizzazione da parte del ricorrente, pari a € 1.148,00”. Nelle controdeduzioni presentate il 16 luglio 2015, l’intermediario ha preliminarmente eccepito l’incompetenza temporale dell’Arbitro in quanto le contestazioni del ricorrente si riferiscono a operazioni antecedenti al 1° gennaio 2009; in particolare, la stipula del contratto di cui il ricorrente lamenta l’usurarietà risale a giugno 2008 e, analogamente, il primo addebito della rata nella misura contestata (€ 447,80) è avvenuto a settembre 2008. Nel merito, la resistente ha eccepito la validità del contratto posto che il medesimo, sottoscritto in ogni sua parte, contiene tutte le indicazioni previste dall’art. 117, comma 3, del TUB (importo erogato, numero di rate, costo delle commissioni, costo dei servizi accessori e ad adesione volontari [assicurazione], totale importo finanziato, Tan, Taeg). Ha poi precisato di avere escluso l’assicurazione dal calcolo del TAEG, attesa la natura facoltativa della medesima, come previsto dalle Disposizioni di Trasparenza della Banca d’Italia; quanto al TEG del finanziamento ha sottolineato che il medesimo risultava inferiore alla soglia vigente al momento della stipula per la specifica categoria “operazioni di prestito personale da intermediari non bancari” (18.525%). La locazione finanziaria prevedevaresistente ha poi fornito alcune informazioni in merito all’attuale situazione contabile amministrativa del prestito precisando di aver dichiarato il ricorrente decaduto dal beneficio del termine nel novembre 2013 a fronte dell’interruzione dei pagamenti intervenuta nel precedente mese di marzo. In relazione all’aumento della rata mensile, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in dovuta all’adesione a una ulteriore copertura assicurativa, ha reso noto che il ricorrente ha pagato complessivamente 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10rate, per un totale importo complessivo di Euro 2.117,10 € 671,85 in più rispetto al piano di ammortamento inizialmente previsto (cfr. all. b) al ricorso€ 14,00 in più su ciascuna rata). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione in ottica conciliativa e interessi”. L’intermediarioal fine di evitare il giudizio, costituitosi, eccepisce l’intermediario si è dichiarato disponibile ad accettare il pagamento a saldo e stralcio della somma di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva€ 9.600,00.

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FATTO. Con ricorso presentato in data 09.08.2021, parte ricorrente si è rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario esponendo i fatti e formulando le domande che di seguito, sinteticamente, si riportano. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce ricorrente ha riferito di aver sottoscritto stipulato in data 02.09.2016 un contratto di prestito personale con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016per l’importo complessivo erogato di € 34.689,72, all’interno del quale era riportata l’applicazione di un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento TAEG determinato nella misura del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per 12,61% ed un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)TEG del 16,90. Il ricorrente deduce sostiene che l’Autorità Garante il TAEG indicato in contratto sia errato, in quanto nel suo calcolo l’intermediario non avrebbe incluso il costo della Concorrenza polizza assicurativa CPI stipulata contestualmente al prestito. Parte ricorrente sostiene che dall’analisi delle condizioni contrattuali si comprende che la polizza sottoscritta svolgeva una funzione di copertura del credito e che contratto di prestito e polizza assicurativa sono caratterizzati da una connessione genetica e funzionale, come confermato anche dal fatto che l'indennizzo è parametrato all’importo del Mercatodebito residuo, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), che l’intermediario ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato incassato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, provvigione per la quale sua collocazione e che non è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020riconosciuta all’assicurato la facoltà di recedere senza costi dalla polizza. In data 26.02.2019 Per tali motivi, il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéha chiesto che, ai sensi dell’art. 7 125, comma 7, del d.lgsTUB il Collegio disponga la sostituzione del tasso applicato con il tasso Bot minimo registrato nei 12 mesi precedenti la stipula del contratto, pari allo 0,2%, così disponendo il rimborso degli importi pagati in eccesso per € 10.500,00, oltre al ricalcolo delle rate a scadere. n. 3/2017Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario ha evidenziato che, in occasione della stipulazione del finanziamento, parte ricorrente ha sottoscritto una polizza creditor protector e una polizza personal protection, ma ha precisato che l’adesione alle polizze non ha rappresentato una condizione per l’erogazione del prestito al ricorrente, il risarcimento del danno subito quale avrebbe deciso liberamente di sottoscriverle. Con specifico riguardo alla polizza contestata (creditor protector), l’intermediario ha precisato che la facoltatività dell’adesione è esplicitata dalla documentazione contrattuale, oltre ad essere desumibile dalla riconosciuta facoltatività di recesso entro 60 giorni dalla stipula, nonché, a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMpartire dal quinto anno, a ogni ricorrenza annuale. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce la banca ha evidenziato di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria offerto condizioni simili di prestito a clienti aventi il medesimo merito creditizio e senza richiedere la stipulazione della polizza. Alla luce di quanto esposto, l’intermediario ha chiesto il rigetto del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce titolare di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico di autovettura, afferma in ricorso che l’autovettura (una berlina) oggetto di leasing risulta tra quelle la cui centralina è stata manomessa dalla casa costruttrice, al fine di falsificare ed alterare la classe di inquinamento attribuita al veicolo, con opzione finale conseguente obbligo del finanziatore di acquistoagire nei confronti del fornitore per la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo e con diritto dell’utilizzatore di sospendere il pagamento dei canoni (cfr. La art. 12 della convenzione di Ottawa del 1988 ). Il contratto di locazione finanziaria prevedevaoggetto di ricorso sarebbe affetto da “insanabile nullità” per mancata indicazione nel testo contrattuale del TEAG e dell’ISC, in violazione di quanto stabilito dall’art. 117 comma 8 del TUB applicabile ratione temporis. L’istante chiede pertanto all’Arbitro: - l’immediata sospensione del pagamento dei canoni di leasing, unitamente alla restituzione dei canoni versati dal dicembre 2015 in poi; - di disporre che l’intermediario proceda in danno del fornitore per ottenere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, 2043 c.c.; - accertare l’inadempimento dell’intermediario convenuto, che opponeva di per non aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, tutelato il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 utilizzatore nei confronti dell’intermediario cedentedel produttore; - di accertare la nullità, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione annullabilità ed inefficacia del contratto di finanziamento sottoscrittofinanziamento, previa dichiarazione attesa l’assenza di nullità qualsiasi riferimento relativo agli indici ISC e TAEG e, per l’effetto, condannare l’intermediario alla restituzione delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2quote degli interessi versate dall’inizio del rapporto. L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quali eccepisce in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazionepreliminare l’incompetenza per materia dell’Arbitro Bancario Finanziario, in misura pari all’intero importo delle commissioniquanto la contestazione “verte principalmente su presunti vizi e difetti del veicolo oggetto di locazione finanziaria”. Nel merito, spese e interessi pagati l’intermediario rileva che le condizioni generali di contratto non contemplano la responsabilità a carico della banca per l’eventuale presenza di vizi e/o dovuti in base al contratto difetti del bene o comunque di finanziamentosua inidoneità all’utilizzo; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, come confermato dalla casa costruttrice, tutti i veicoli interessati dalla vicenda segnalata dal ricorrente “sono tecnicamente sicuri e adatti alla circolazione su strada”; la campagna di richiamo è stata - infatti - intrapresa per eseguire l’intervento di manutenzione “per la correzione delle caratteristiche delle emissioni di ossidi di azoto” senza alcun costo a carico della clientela, per cui non si ravvisa a carico del fornitore alcun inadempimento di grave entità; la legge impone l’indicazione in contratto del TAEG solo per i contratti stipulati con rivalutazione e interessi”consumatori, mentre nel caso di specie il ricorrente è titolare di una ditta individuale. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo Pertanto l’intermediario chiede all’Arbitro di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce Parte ricorrente premette di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoavere sottoscritto, in data 16.12.201617 gennaio 2013, un contratto di leasing finanziario automobilistico credito preordinato a finanziare l’acquisizione di una serie di servizi odontotecnici, di cui a un distinto ma collegato contratto stipulato con opzione finale un centro dentistico costituito in forma di acquistos.r.l. La locazione finanziaria prevedevaPiù precisamente, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in si trattava di un finanziamento dell’importo di Euro 5.400,00, con un piano di ammortamento di n. 48 rate mensilimensili (ciascuna di ammontare pari a Euro 124,44) e con decorrenza dal successivo 28 febbraio. Ciò posto, l’esponente contesta all’intermediario il rifiuto di dare corso alla richiesta di risoluzione del prestito – con correlativo rimborso delle rate medio tempore corrisposte e di ogni altro onere eventualmente addebitato -, pur in presenza di un grave inadempimento del fornitore (successivamente dichiarato fallito), il quale non avrebbe portato a compimento i lavori precedentemente iniziati, astenendosi dal prestare ogni attività ulteriore a far tempo da gennaio 2014. A sostegno delle proprie doglianze, la corresponsione cliente allega una perizia attestante che il valore delle prestazioni compiute ammonterebbe a Euro 1.790,00, mentre quello delle attività non effettuate (realizzazione della protesi definitiva fissa in resina avvitata all’arcata superiore e della protesi definitiva inferiore) sarebbe pari a Euro 3.610,00. Nel produrre la formale costituzione in mora del fornitore, l’esponente segnala infine di commissioni avere interrotto – a fronte dell’inadempimento del centro dentistico - il rimborso delle rate a partire dal mese di novembre 2014. Invocando il disposto dell’art. 125 quinquies t.u.b., parte ricorrente chiede pertanto al Collegio di i) accertare e spese per Euro 488,00 dichiarare l’esistenza del collegamento tra il contratto di erogazione di servizi odontotecnici e quello di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. bfinanziamento; ii) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza accertare e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto dichiarare la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi risoluzione del contratto di finanziamento collegato; iii) condannare l’intermediario a rimborsare le rate del finanziamento già pagate per un ammontare complessivo di Euro 2.631,06, ovvero in subordine a rimborsare la somma di Euro 1.790,00 (sul presupposto somma ricavata dal valore delle prestazioni non effettuate, di Euro 3.610,00 sottratte all’importo del finanziamento di Euro 5.400,00); iv) dichiarare che la ricorrente non è tenuta a corrispondere all’intermediario le restanti rate dal novembre 2014 alla fine del piano di ammortamento, né che altra spesa è dovuta; v) condannare l’intermediario al rimborso delle spese sostenute dalla ricorrente e quantificate in Euro 20,00, nonché le spese legali; In sede di controdeduzioni, l’intermediario eccepisce che non sarebbe stata fornita la prova né del preteso inadempimento da parte del fornitore, né (e a maggior ragione) della nullità delle relative clausole gravità del medesimo. Ribadendo la propria estraneità rispetto al rapporto contrattuale intercorso tra il fornitore di servizi odontotecnici e la cliente, parte resistente aggiunge che l’onere di un simile onere probatorio non potrebbe che ricadere sulla ricorrente medesima. Ciò posto, l’intermediario chiede al Xxxxxxxx di rigettare il ricorso in quanto infondato, se del caso disponendo un accertamento da parte di soggetto terzo al fine di verificare se l’inadempimento contestato al fornitore sia tale da comportare la risoluzione del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il ricorrenteCon ricorso pervenuto il 29/10/2015, che si qualifica non consumatoreil ricorrente espone che, deduce di aver sottoscritto nel 2009 stipulava con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, la resistente un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento finalizzato all’acquisto di un’autovettura con opzione finale maxi rata finale. A tal fine compilava presso l’esercente convenzionato un apposito formulario, costituito da più fogli di acquistocarta carbone, dove veniva indicato l’importo del prestito, l’anticipo, il residuo da pagare, le spese di istruttoria e le garanzie personali. La locazione finanziaria prevedevaIn tale sede, oltre al pagamento si impegnava a restituire l’importo del prezzo dell’autovettura finanziamento in 48 rate mensilicostanti da € 317,50, da pagare entro il 15 di ogni mese mediante addebito RID in c/c, oltre alla maxi rata finale di € 14.948,25. Al termine del piano rateale (scaduto il 15.5.2013), l’intermediario effettuava d’iniziativa la corresponsione rateizzazione della maxi rata da € 14.948,25 in quote da € 1.290,00, inviandole all’incasso, una volta venute a scadenza, in forza dell’autorizzazione permanente agli addebiti RID fornita dal ricorrente. Le modalità di commissioni rimborso di quest’ultima somma non sono state oggetto di specifica pattuizione nella predetta sede contrattuale. Il pagamento non andava a buon fine in ragione del differente e spese per Euro 488,00 maggiore importo delle nuove rate - non individuate in sede contrattuale e quindi sconosciute - rispetto a quello concordato nell’iniziale piano di interessi passivi per Euro 1.629,10rimborso del prestito. Nel frattempo l’intermediario comunicava alla CRIF l’informazione relativa alla irregolarità dei pagamenti, come da visura in atti, aggiornata al mese di maggio 2015, che riporta n. 8 rate scadute e non pagate per un totale di Euro 2.117,10 (cfr€ 13.340,00. allNel mese di febbraio 2015 veniva concordato con l’intermediario un piano di rientro a saldo e stralcio per complessivi € 9.900,00 da corrispondere in rate mensili da € 150,00 a partire dal 15 marzo 2015. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoAlla luce delle suesposte circostanze, con provvedimento n. 27492/2018 reclamo del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 28 luglio 2015 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione chiedeva all’intermediario: - di quanto corrisposto a titolo provvedere alla cancellazione in CRIF dei dati relativi alle rate insolute, riservandosi di interessi e costi del contratto avanzare domanda di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto risarcimento dei danni subiti; - di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéconsegnare, ai sensi dell’art. 119 T.U.B., rendicontazione dei flussi RID relativi alle suddette rate; - di valutare la definizione bonaria della vicenda anche al fine di evitare una declaratoria di invalidità del contratto de quo per indeterminatezza delle condizioni contrattuali. L’intermediario dava riscontro al reclamo in data 28.08.2015, affermando la veridicità dei fatti d’inadempimento segnalati, come deducibili dalle condizioni pattuite riportate sul modulo di richiesta originario; a tal fine produceva una copia “diversa” da quella in possesso del cliente in quanto compilata nella parte relativa alle modalità di pagamento della maxi rata (n. 12 rate mensili da € 1.290,00). Con il presente ricorso, ricevuto il 29.10.2015, eccepisce l’illegittimità della segnalazione a suo nome nei SIC, sostenendo a fondamento della propria tesi che: - il contratto al quale occorre fare riferimento ai fini della sussistenza dei presupposti per la segnalazione è quello in suo possesso, disconoscendo pertanto tutto quanto ulteriormente scritto in aggiunta rispetto a quest’ultimo; - il contratto di finanziamento è nullo per indeterminatezza dell’oggetto “posto che il totale indicato da rimborsare pari a € 30.720,00.= è differente da quello che emerge moltiplicando l’importo di ogni singola rata € 317,50 per il numero delle rate 48, sommato al costo della maxirata (317,5 x 48 + 14.948,25) = 30.188,25”; - stante la mancata indicazione del TAEG e del TAN, gli stessi debbano essere ricalcolati in applicazione del meccanismo sostitutivo previsto dall’art. 117 comma 7 del d.lgsT.U.B. Con il ricorso chiede che l’Arbitro ordini alla resistente - di rettificare le segnalazioni in CRIF effettuate per il mancato pagamento di rate non concordate; - di provvedere a consegnare la rendicontazione dei flussi RID relativi alle rate segnalate; - di ricalcolare quanto dovuto ai sensi dell’art. n. 3/2017117, comma 7, del TUB, attesa la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto e la mancata indicazione del TAEG e del TAN. Con controdeduzioni del 23.12.2015, l’intermediario contesta tutte le affermazioni contenute nel ricorso. Produce all’uopo una copia del contratto originale recante la data del 7/9/2009, completa delle indicazioni relative alle modalità di rimborso della maxi-rata finale e al TAN/TAEG. Sostiene che il risarcimento ricorrente ha prodotto un documento incompleto (tra l’altro poco leggibile) che risulta mancante non solo di alcuni dati relativi alle modalità di rimborso, ma anche della data, della firma della coobbligata, nonché del danno subito timbro dell’agente convenzionato incaricato dell’identificazione dei contraenti. Pertanto, alla luce della comprovata completezza delle previsioni contrattuali, desumibile dal modulo originale a causa mani della violazione resistente, controbatte le affermazioni di parte ricorrente chiarendo i contorni della vicenda, come segue: - il ricorrente sottoscriveva, unitamente a un coobbligato (la madre), un “Contratto di finanziamento con opzione carta di credito XXX” destinato all’acquisto di un’autovettura, da restituire tramite 48 rate mensili più un importo finale pari al debito residuo (c.d. maxi rata); - già nel corso dell’ammortamento ordinario del diritto finanziamento risultava inadempiente nell’assolvere gli oneri assunti con il prestito ricevuto, tant’è che la banca inviava tre solleciti di pagamento con preavviso di segnalazione nei SIC per le rate, risultate insolute, di giugno e luglio 2010 e di maggio 2012; - al termine del piano rateale il cliente aveva la facoltà di estinguere il prestito avvalendosi dell’opzione per il pagamento in un’unica soluzione della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito maxi rata, da esercitarsi entro il termine di 15 giorni; - decorso tale termine, si sarebbe perfezionata, come da contratto, la rateizzazione di quest’ultima rata in 12 rate mensili da € 1.290,00; - una volta decorso il predetto termine di 15 giorni senza che il ricorrente provvedesse al riscontro negativoversamento della maxi-rata, in data 19.03.201915/06/2013 veniva richiesto tramite RID l’addebito della prima rata da € 1.290,50, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto tornata insoluta per insufficienza fondi; - a seguito del mancato buon fine per analoga causale delle successive 8 rate (sino a quella scadente il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico15/02/2014), il 20/02/2014 veniva inoltrata al ricorrente proponeva ricorso all’ABF la comunicazione di decadenza del beneficio del termine, con contestuale richiesta di pagamento del debito residuo di € 15.849,59; - a causa delle suddette difficoltà economiche il cliente avanzava già in data 18.10.2019 8/01/2014 una proposta di pagamento a saldo e stralcio del debito residuo offrendo la somma di € 6.000,00, non accolta dalla banca che formalizzava la mancata accettazione con nota del 20/01/2014 nella quale si invitava il cliente a presentare una proposta migliorativa; - solo a distanza di un anno, precisamente in data 23/02/2015, su richiesta del cliente veniva concordato il piano di rientro per la somma di € 9.900,00 iniziato il 15/03/2015, da corrispondersi mediante 66 versamenti mensili da € 150,00 ciascuno. La resistente afferma, pertanto, la legittimità della segnalazione operata a nome del ricorrente nei confronti dell’intermediario cedenteSIC, senza convenire la finanziaria cessionariain quanto le modalità di rimborso della maxi rata sono state regolarmente inserite nel contratto. Comunque, anche a voler ammettere l’inconsapevolezza del ricorrente, quest’ultimo era dichiaratamente a conoscenza dell’obbligo di versare l’intero importo alla scadenza del piano di ammortamento. Il ricorrente concludeva chiedendoè risultato insolvente nel pagamento delle rate del rifinanziamento della maxi rata prevalentemente per insufficienza fondi. Nessuna limitazione nell’importo da addebitare tramite RID era prevista nel mandato a suo tempo conferito alla propria banca. A tal fine - e ai soli fini probatori - viene prodotta la documentazione relativa ai flussi di rendicontazione RID, non sussistendo alcun obbligo di consegna ai sensi dell’art. 119 TUB invocato dalla ricorrente, trattandosi di scritture contabili tra intermediari. Sono da respingere le eccezioni del ricorrente volte a sostenere la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, posto che l’importo da rimborsare è stato correttamente riportato in € 30.720,00, giacché comprensivo dei costi di rateizzazione connessi al rifinanziamento della maxi rata, pure indicati nel contratto, pari a € 531,75 (non considerati invece dal ricorrente ai fini della ricostruzione effettuata in sede di ricorso). Inoltre, la richiesta di sostituzione legale delle clausole asseritamente omesse, relative al TAEG e al TAN, oltreché infondata è inammissibile perché avanzata dal ricorrente per la prima volta nel ricorso, non essendo state proposte dette domande nel reclamo. L’intermediario chiede al Collegio: “1- in via pregiudiziale, di dichiarare il ricorso improcedibile/inammissibile con riferimento alla contestazione relativa alla nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto, nonché a quella contenente la richiesta di ricalcolo ai sensi dell’art. 117, comma 7, TUB per mancata indicazione di TAN e TAEG, per carenza di precedente reclamo; - in via principale, la restituzione di rigettare tutte le commissioni, spese richieste avanzate in quanto infondate in fatto e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivadiritto.

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FATTO. Il ricorrente chiede l’estromissione dal rapporto di mutuo, stipulato nel 2003 unitamente alla moglie, sostenendo che in sede di separazione consensuale, omologata dal Tribunale di Cagliari nel 2005, si sarebbe impegnato a cedere alla moglie stessa la sua quota dell’immobile acquistato coi proventi del mutuo, mentre quest’ultima si sarebbe accollata la quota parte di mutuo gravante sul ricorrente. Al riguardo, che si qualifica afferma di essersi recato, a suo tempo, presso la banca insieme con la moglie per firmare una serie di documenti alla presenza del direttore-pro tempore dell’agenzia «per l’iter di esclusione dal mutuo». Ma la documentazione sarebbe ora introvabile e comunque la banca non consumatoreavrebbe dato attuazione a quanto sopra. Pertanto, deduce lamenta di aver sottoscritto con l’intermediario convenutosubito pregiudizi di vario genere, in data 16.12.2016sia per non poter chiedere un prestito a causa del perdurare del mutuo a suo nome, un sia per trovarsi ancora obbligato per il contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquistooriginario benché non sia più proprietario dell’abitazione. La locazione finanziaria prevedevaPer i motivi su esposti, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione chiede l’estromissione dal rapporto di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchémutuo, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, nonché il risarcimento del danno subito per non potere accedere ad altro finanziamento e per essere rimasto legato a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMun mutuo per un immobile che non gli appartiene. In seguito al riscontro negativoNelle sue controdeduzioni, l’intermediario conferma che in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico5/02/2005, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF e la moglie ottenevano sentenza di separazione avanti al Tribunale di Cagliari e che successivamente, le parti trasmettevano alla banca richiesta di accollo totale del finanziamento in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionariaoggetto a favore dell’ex moglie del ricorrente. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione Segnala tuttavia di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazioneaver fatto presente al ricorrente, in misura pari all’intero importo delle commissionireplica a suoi reclami (del 2006 e del 2014) di non poter procedere a una valutazione della pratica mancando documentazione aggiornata (rispetto a quella del 2005) con particolare riguardo alla conferma, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto documentata, dell’effettiva volontà della moglie di finanziamento; 3accollarsi l’intera quota del mutuo. in via subordinata, Evidenzia l’inerzia degli interessati protrattasi per molti anni. Pertanto chiede il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria rigetto del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrente, che nel ricorso si qualifica quale non consumatore, deduce si duole di aver sottoscritto una segnalazione in Centrali Rischi comparsa nel dicembre 2014 in relazione ad una garanzia rilasciata nel luglio 2002 a favore di una certa società. In particolare questi i fatti posti a base dell’iniziativa. A seguito di un’interrogazione della Centrale Rischi della Banca d’Italia effettuata nel dicembre 2014, il ricorrente apprendeva di essere stato segnalato per una garanzia personale di importo pari ad € 546.272,00 rilasciata il 15 luglio 2002, nell’interesse di società terza, a favore di un intermediario dal 2013 incorporato nell’odierna resistente. Il ricorrente ritiene che tale segnalazione sia illegittima per una molteplicità di ragioni. Anzitutto il ricorrente, con raccomandata del 12 novembre 2007, aveva comunicato all’originaria banca garantita “il recesso con effetto immediato dalla garanzia” e quindi già dal novembre 2008 l’efficacia della garanzia doveva intendersi cessata per intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 1957 c.c. Difatti, l’intermediario convenutoaveva preso atto del recesso con raccomandata del 22 aprile 2008 (con la quale aveva quantificato in € 559.102,48 l’esposizione della società debitrice al data del recesso) e successivamente, con raccomandata del 21 maggio 2008, indirizzata alla debitrice e per conoscenza anche al ricorrente, aveva revocato le linee di credito accordate alla società e la aveva costituita in mora, senza tuttavia intraprendere successivamente alcuna azione giudiziaria, né per il recupero del credito, salvo insinuarsi al passivo del fallimento dichiarato nei confronti della società garantita, né nei suoi confronti. In secondo luogo, tale segnalazione non risultava da una precedente verifica alla Centrale dei Rischi compiuta il 1 luglio 2011 e neppure era stata preceduta dal preavviso prescritto dall’art. 4 comma 7 del Codice di deontologia e di buona condotta per i Sistemi di Informazioni Creditizie e dall’art. 125 del T.U.B. Il ricorrente chiede quindi che l’intermediario “venga condannato a cancellare la segnalazione nella Centrale dei Rischi della Banca d’Italia nonché in qualsivoglia altra centrale dei rischi privata e a risarcire i danni patiti […] a causa di tale illegittima segnalazione da liquidarsi in via equitativa, oltre alle spese del presente giudizio”. L’intermediario, che già in fase di reclamo aveva contestato le argomentazioni del ricorrente, riferisce che (i) la segnalazione contestata origina dall’esposizione della società debitrice costituita dai saldi passivi di due conti correnti; (ii) con sentenza del 21 gennaio 2009 è stato dichiarato il fallimento della debitrice principale e, in data 16.12.201611 febbraio 2010, un contratto l’intermediario oggi incorporato nella convenuta, ha insinuato il proprio credito per complessivi € 531.218,31; (iii) a seguito del recesso ha comunicato l’ammontare dell’esposizione della società garantita e quindi ha intimato il pagamento di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre quanto dovuto al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatoricorrente, con provvedimento n. 27492/2018 precisazione dei rapporti generanti il credito reclamato; (iv) il reclamo del 20.12.2018 ricorrente è stato respinto in considerazione “sia del contenuto della lettera […] del 22/04/2008, sia per l’avvenuta insinuazione ed ammissione del credito della Banca al passivo del fallimento del debitore principale, tale atto configurandosi quindi come evento interruttivo della prescrizione”; (prodotto sub all. cv) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e risultano pertanto rispettate le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri previsioni di cui all’art. 101 1957 C.C., anche tenuto conto della lettera di messa in mora del TFUE21.05.2008 (all. Deduce altresì 4 delle controdeduzioni); (vi) la segnalazione effettuata è coerente con le esposizioni debitorie della società garantita, pari ad € 300.000,00 in linea capitale quanto al saldo del conto anticipi su contratti e ad € 259.163,69 in linea capitale quanto al saldo del conto corrente ordinario; ed infine (vii) la segnalazione è intervenuta a seguito dell’incorporazione nell’odierna resistente della banca originaria creditrice, intervenuta nell’aprile 2013, ed al “riallineamento tecnico degli archivi informatici” che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati“ha prodotto segnalazioni massive a sanatoria delle anomalie e a ripristino della correttezza delle procedure che sono risultate visibili a sistema nel dicembre 2013”. Per l’intermediario, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017pertanto, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva ricorso non merita di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaessere accolto.

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FATTO. Il Con reclamo del 25/02/2013 il ricorrente, titolare di un rapporto di mutuo fondiario, ha lamentato l’aumento della commissione di incasso rata da € 2,00 a € 8,00; tale aumento sarebbe ingiustificato e non troverebbe riscontro nell’«allineamento del costo dei servizi ai costi reali», come indicato nella comunicazione trasmessagli. In particolare,nell’aumentare la commissione, la banca ha fatto riferimento «a un generico “andamento sfavorevole della congiuntura economica e della qualità del credito”, che si qualifica peraltro non consumatoreriguarda la commissione medesima. Tale spiegazione non integrerebbe il giustificato motivo prescritto dall’art. 118 TUB. Nella risposta al reclamo la convenuta ha affermato che “il pagamento tramite RID comporta un iter operativo più complesso e oneroso”; tuttavia «l’addebito mensile al ricorrente della rata di mutuo è un’operazione automatizzata e standardizzata […] che non necessita di alcun intervento manuale e/o specifico da parte del personale». L’aumento non avrebbe pertanto alcuna motivazione economica, deduce ma sarebbe una mera penalizzazione per i clienti che hanno aperto un nuovo conto corrente presso altra banca, a condizioni migliori. Al momento della sottoscrizione del mutuo, inoltre, il documento di aver sottoscritto con l’intermediario convenutosintesi riportava la “commissione incasso rata” senza fare distinzione tra l’addebito su conto corrente intrattenuto presso la stessa banca e il pagamento della rata da parte di altro istituto. Tale nuova voce è stata introdotta nel foglio informativo solo il 26/02/2013 per cui, nel rispetto del contratto sottoscritto, non andrebbe applicata al mutuo che a quella data era già in data 16.12.2016ammortamento. La banca segnala che, a seguito della chiusura del conto corrente su cui poggiava il mutuo, i ricorrenti hanno chiesto di procedere al pagamento delle rate tramite RID da altra banca. Tale modalità di pagamento, contrariamente a quanto sostenuto dagli attori, «comporta molti interventi manuali (scarico transitorio RID, pagamento rata mutuo, quadratura giornaliera del transitorio rate mutuo sospese e del relativo conto di contabilità, senza considerare eventuali insoluti o storni)». Tutti questi interventi sarebbero manuali e giornalieri, giacché la resistente non ravvisa conveniente adottare procedure informatiche per un fenomeno che risulta limitato. La comunicazione di variazione della commissione è stata inoltrata secondo la normativa vigente; essa rappresenta una precisazione della generica “commissione incasso rata”, giustificata dall’esigenza di recuperare i costi del servizio, considerato il meccanismo di incasso rata tramite RID, come precisato anche nella proposta di modifica unilaterale del contratto di leasing finanziario automobilistico mutuo del 24/10/2012. Per ridurre l’incidenza delle spese, nel rispondere al reclamo la resistente ha proposto ai clienti «due ragionevoli soluzioni alternative» che prevedevano rispettivamente l’apertura di un conto corrente al costo di € 2,00 mensili con opzione finale ripristino della commissione incasso rata nella misura precedente di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva€ 2,00, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura e la riduzione a € 5,00 della commissione in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante chiede il ripristino della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, commissione nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2originaria. in via alternativa, L’intermediario insiste per il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivarigetto.

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FATTO. Il ricorrenteI fatti oggetto di controversia attengono alla stipula di un leasing immobiliare, che si qualifica non consumatorerelativi conteggi e condizioni di riscatto. In data 09.10.2002 la società attualmente ricorrente aveva, deduce di aver infatti, sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, l’odierna convenuta un contratto di locazione finanziaria della durata di 120 mesi, che prevedeva canoni indicizzati all’Euribor 3 mesi 365. Successivamente, prima del termine di scadenza del leasing, le parti addivenivano ad operazione di riscatto su richiesta della ricorrente. Con nota del 17.01.2012 la medesima società, assistita dal proprio legale, inoltrava peraltro reclamo nei confronti dell’odierna resistente lamentando di aver riscontrato, in relazione al leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquistoimmobiliare in precedenza concluso, “un notevole scostamento tra le cifre rimborsate e/o addebitate per indicizzazione trimestrale e quelle effettivamente dovute”. La locazione finanziaria prevedevareclamante indicava in tal sede di aver quantificato una differenza a proprio favore di “Euro 10.963,70 oltre Iva nel periodo dal 09.10.2002 al 22.02.2011”; conseguentemente invitava l’intermediario a prendere contatti per una soluzione bonaria della vertenza. L’intermediario riscontrava il reclamo con missiva del 15.02.2012 nella quale, dopo aver riepilogato le condizioni economiche del leasing e riportato la clausola contrattuale relativa all’indicizzazione dei canoni, segnalava innanzitutto di aver provveduto a fatturare trimestralmente “gli adeguamenti derivanti dalle variazioni dell’indice di riferimento – Euribor 3 mesi 365 – rilevato alla scadenza di ogni singolo canone”; oltre al pagamento a ciò, l’intermediario sottolineava che il riscatto anticipato del prezzo dell’autovettura leasing non era previsto dal contratto originario, ma frutto di successiva negoziazione con conseguente facoltà concessa dal medesimo intermediario. Proprio in 48 rate mensilital sede, la corresponsione società istante aveva sottoscritto una specifica dichiarazione di commissioni rinuncia a qualsivoglia contestazione per le somme versate in corso di rapporto. Non soddisfatta di quanto osservato dall’intermediario, la società cliente presentava ricorso all’ABF il 20.03.2012; nel ricorso si precisava ulteriormente che la clausola di contratto relativa all’ammortamento indicava una specifica modalità di determinazione dell’indicizzazione, clausola che veniva riprodotta in ricorso e spese in base alla quale, in particolare, si prevedeva che fosse individuato un preciso piano finanziario con canoni variabili il cui indice di base per Euro 488,00 l’indicizzazione avrebbe dovuto prevedere il tasso indicato nel contratto stesso (lettera L) con la previsione di ulteriori soluzioni in caso di variazioni dell’indice e conseguente adeguamento del piano finanziario. Peraltro, la ricorrente rilevava che proprio l’applicazione in concreto dell’indicata clausola di interessi passivi per Euro 1.629,10indicizzazione avrebbe comportato, secondo le analisi svolte da un consulente di fiducia all’uopo incaricato, “delle anomalie nell[a] compilazione delle fatture/note di credito relative al calcolo dell’indicizzazione trimestrale, per un totale importo di euro 10.963,70 oltre iva”. Nonostante tali calcoli rammostrati, lamenta la ricorrente che l’intermediario aveva respinto il reclamo sulla scorta della già richiamata clausola di non contestazione. Ritenendo, al contrario, tale clausola inefficace e comunque vessatoria, la ricorrente chiede all’ABF il rimborso dei seguenti importi: i) Euro 2.117,10 (cfr. all. b10.963,70 oltre Iva “dovuti ad errori sul calcolo dell’indicizzazione”; ii) Euro 1.267,97 oltre Iva per rivalutazione; iii) Euro 1.435,94 per interessi legali; iv) Euro 1.250,00 oltre Iva per oneri legali come da notula allegata al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e Riguardo ai conteggi per la quantificazione del Mercatorimborso relativo ai canoni, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) la società ha precisato, unitamente al ricorso), di essersi avvalsa di “un programma finanziario ritenuto veritiero, non avendo la possibilità di agire sul piano di ammortamento originale che l’intermediario si è rifiutato di fornire in quanto viene ritenuto «documento non fornibile». Ha soggiunto di aver riscontrato l’utilizzo, da parte della resistente, di quotazioni euribor superiori a quelle reali per l’esercizio 2009. A fronte di ciò, l’intermediario ha trasmesso le proprie controdeduzioni, via PEC, il 07.05.2012. Dopo aver ribadito che il riscatto in via anticipata dell’immobile concesso in leasing alla ricorrente “è il frutto di una negoziazione ad hoc con l’utilizzatore e non costituisce l’esercizio di diritti contrattualmente previsti”, ha accertato l’esistenza e l’attuazioneriportato testualmente la clausola pattuita al momento del riscatto secondo la quale “La parte acquirente dichiara che ogni somma, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese essendo stata pattiziamente e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri comune accordo concordata tra le parti, pagata per canoni, interessi, spese, commissioni e qualsivoglia altro titolo in dipendenza del contratto di cui all’artlocazione finanziaria sopra citato, resta acquisita dalla parte venditrice senza contestazione alcuna da parte della stessa parte acquirente”. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatiDetta clausola avrebbe, ivi compreso l’intermediario convenutoa dire della resistente, davanti al Tar del Lazio chenatura di negozio di accertamento e, con ordinanza n. 2047/2019in quanto tale, ne ha disposto renderebbe priva di “giustificazione la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione richiesta della cliente di quanto corrisposto vedersi riconoscere asserite somme a titolo di interessi e costi del contratto indicizzazioni per il periodo antecedente alla stipula dell’atto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto riscatto anticipato”. La convenuta ha poi disconosciuto “per mero tuziorismo difensivo … il prospetto allegato dal[la] cliente al ricorso, trattandosi di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchédocumento non contrattuale”, ai sensi dell’artnonché il suo contenuto, “che non … [trova] riscontro in alcuna previsione contrattuale”. 7 del d.lgs. n. 3/2017Precisando, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenutoinfine, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità locazione finanziaria “non contiene quale allegato il «piano di ammortamento», ma reca evidenza del ricorso per suo difetto solo piano finanziario”, ha concluso chiedendo all’ABF di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere “dichiarare infondato il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivae, pertanto, respingere lo stesso”.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce La società ricorrente riferisce di aver sottoscritto stipulato in data 05/06/2009 un contratto di mutuo agrario condizionato ai sensi degli artt. 38 e ss. e artt. 43 e ss. del TUB, con l’intermediario convenutola resistente. In forza di tale contratto la banca concedeva alla società la somma di euro 1.300.000,00, a garanzia della quale veniva iscritta ipoteca a carico della rappresentante legale della società per un importo di euro 2.600.000,00, e le rate di ammortamento e preammortamento venivano determinate al tasso variabile del 3.49% nominale annuo. Successivamente, in data 16.12.201625/07/2012, le parti stipulavano il contratto definitivo di mutuo agrario e in tale sede la resistente poneva in essere una serie di irregolarità, per effetto delle quali, da un lato, la società si vedeva costretta a stipulare il contratto con un importo ridotto da euro 1.300.000,00 ad euro 1.289.000,00, dall'altro, la banca applicava 2 punti percentuali in più sul tasso di interesse rispetto a quanto pattuito nel contratto di leasing finanziario automobilistico mutuo condizionato. Inoltre, rileva la ricorrente che con opzione finale missive di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensililuglio 2014 e gennaio 2015, la corresponsione società chiedeva la sospensione del pagamento delle rate in virtù delle nuove misure per il credito alle PMI senza ottenere alcun riscontro. Nonostante la pendenza della richiesta, la società provvedeva comunque al saldo della rata di commissioni e spese per Euro 488,00 e gennaio 2015. Al riguardo precisa che alla data di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale scadenza di Euro 2.117,10 tale rata (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorsosabato 31/01/2015), ha accertato l’esistenza e l’attuazionesul c/c della società vi era la disponibilità della somma di euro 20.000,00, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativoveniva aggiunta, in data 19.03.201906/02/2015, dell’intermediario convenutol'ulteriore somma di euro 11.800.00, con specificazione nella causale che il versamento veniva effettuato per l’integrazione della disponibilità per il pagamento interessi della rata di mutuo scadenza al 31/01/2015. Tuttavia la somma versata veniva indebitamente imputata alla diminuzione dell'affidamento, revocato con lettera del 9 giugno 2015, adducendo motivazioni pretestuose e non chiare. Secondo parte ricorrente la vicenda delineata mostra l’illiceità della condotta tenuta dalla banca, che opponeva in sede di aver ceduto stipula del contratto definitivo di mutuo le ha fatto accettare delle condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle previste con l’originario accordo. Inoltre contesta la legittimità della revoca dell’affidamento in conto corrente e la destinazione delle somme versate al ripianamento dell’esposizione debitoria invece che al pagamento di una rata di mutuo come da intenzioni della società. Nel contestare quanto sostenuto dalla banca in sede di risposta al reclamo, laddove viene rappresentato che la maggiorazione dei 2 punti percentuali del tasso di interesse sarebbe dovuta al fatto che l’ultimazione dei lavori è avvenuta con ritardo e che per venire incontro alle esigenze espresse dalla cliente, pur potendo procedere alla risoluzione del rapporto in forza dell’art. 2 del contratto, ha disposto ugualmente l'erogazione di credito, precisa che nessuna comunicazione circa l'asserito ritardo nell'ultimazione dei lavori è pervenuto alla mutuataria e conseguentemente nessuna richiesta di stipula del definitivo o risoluzione del condizionato. Dichiara, al contrario, che solo a causa delle minacce verbali del direttore di filiale di risoluzione del contratto la società veniva costretta ad accettare la stipula di un contratto a condizioni più sfavorevoli. In conclusione ritiene che la banca abbia commesso un abuso di posizione dominante. Inoltre per quanto riguarda il rapporto controverso ad altra mancato rinnovo dell’affidamento di euro 100.000,00, scaduto il 1° aprile 2014, la ricorrente rileva l’arbitrarietà della decisione e la mala fede del direttore di filiale il quale chiedeva insistentemente il saldo della rata per poi distrarre i fondi a diminuzione del fido, pur sapendo dell’avvenuta revoca. Parte ricorrente chiede, quindi, al Collego di sospendere il rimborso delle rate di mutuo, come da richiesta formulata all’intermediario, la rimessione in bonis per l’affidamento concesso, di far cessare la condotta contraria ai principi di correttezza e buona fede e per l’effetto adottare ogni opportuno provvedimento nei riguardi anche degli operatori che hanno posto in essere le condotte oggetto di contestazione. La banca nel resistere, chiede il rigetto delle domande formulate dalla ricorrente perché manifestatamente irricevibili e/o inammissibili, e, comunque, perché palesemente infondate, sia in fatto che in diritto. A sostegno delle proprie ragioni, in primo luogo, rileva come controparte abbia fornito una ricostruzione della vicenda totalmente distorta e fuorviante, tra l’altro manifestando le proprie doglianze solo a partire dal mese di agosto 2015, quando la società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticosi era vista già recapitare, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente09/06/2015, senza convenire la finanziaria cessionariaun sollecito per il pagamento della rata di mutuo scaduta il precedente 31/01/2015 e per il ripianamento dell'esposizione debitoria derivante dall'utilizzo di apertura di credito, scaduta il 01/04/2015. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. Nel dettaglio, con riferimento all’aumento del tasso di interesse in via principale, la restituzione sede di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione stipula del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso definitivo chiarisce che il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentemutuo condizionato veniva concesso per finanziare la realizzazione di una cantina aziendale che la mutuataria si era espressamente impegnata ad ultimare entro il 30 aprile 2011. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità Invoca, in proposito, il disposto dell’art. 2 del ricorso contratto, il quale regolamentava le conseguenze connesse al mancato rispetto della data di ultimazione dei lavori, riconoscendo alla banca, tra le altre, anche la facoltà di procedere alla risoluzione del contratto con conseguente obbligo della parte mutuataria di restituire quanto eventualmente già erogatole oltre ai relativi interessi. L’intermediario sottolinea l'importanza della data di ultimazione dei lavori ai fini dell'economia del finanziamento di cui si discute, in quanto i tempi di recupero del capitale erogato incidono sulle valutazioni del tasso di interesse applicabile; uno slittamento della data di fine lavori originariamente prevista è non solo potenzialmente idoneo ad incidere sulla affidabilità del mutuatario ma comporta automaticamente anche un ritardo per l'inizio dell'ammortamento, con indubbi riflessi quindi sulle condizioni convenute sul presupposto che i tempi originariamente previsti venissero effettivamente rispettati. Nel caso di specie i lavori oggetto di finanziamento vennero terminati con notevole ritardo rispetto ai tempi inizialmente previsti e, precisamente, in data 20/2/2012, nonostante la resistente avesse, regolarmente adempiuto alla propria obbligazione erogando, in tre riprese (in data 8/7/2009, 16/07/2010 e 30/11/2010), l'importo complessivo di euro 1.289.000,00 corrispondente, praticamente (se si eccettua il marginale residuo di euro 11.000,00) all'intera somma mutuata. Tanto rilevato, la banca precisa che le nuove condizioni contrattuali ed, in particolare, la maggiorazione del tasso di interesse inizialmente pattuito nonché la rinuncia alla residua somma di euro 11.000,00, vennero proposte proprio dalla società ricorrente come da documentazione allegata. Tale richiesta conferma che lo stesso ricorrente riconosceva come la rinegoziazione delle condizioni contrattuali lo favorivano, evitando la ben più dannosa risoluzione del contratto. Pertanto, la banca sostiene di non aver imposto le nuove condizioni contrattuali che, al contrario, sono espressione della libera scelta imprenditoriale. Per quanto riguarda la richiesta di sospensione delle rate di mutuo, parte resistente ritiene che la domanda sia irricevibile, in quanto l’Arbitro non può sostituirsi a quest’ultima nel disporre coattivamente la sospensione, sottolineando come l’accesso ai benefici previsti dall’accordo ABI/PMI non rappresenta un diritto soggettivo dell’impresa richiedente, implicando sempre una valutazione dell’intermediario. In punto di merito, peraltro, la banca rileva come il rifiuto tempestivamente comunicato dal direttore della filiale per le vie brevi al legale rappresentante della società, era pienamente giustificato dai considerevoli sconfinamenti presenti a carico della società già da marzo 2014. Riguardo al pagamento della rata recante scadenza al 31/01/2015, la società sostiene che all'epoca vi fosse sul conto corrente una disponibilità di euro 20.000,00 e di aver integrato detta somma con un ulteriore versamento di euro 11.800,00 e che, nonostante ciò, la banca anziché imputare le suddette somme all'estinzione della predetta rata, avrebbe utilizzato il versamento di euro 11.800,00, per abbattere la esposizione debitoria in conto corrente. L’intermediario smentisce tale affermazione con l'estratto conto, dal quale si deduce che al momento della scadenza della rata (31/01/15), l’apertura di credito di euro 100.000,00, di cui godeva la società, risultasse già utilizzata per l'importo di euro 81.199,01, con un residuo ancora disponibile di euro 18.800,99. Al contrario rileva che la rata in contestazione ammontava ad euro 38.297,34 e che, quindi, sul conto corrente non esistesse, all'epoca, la provvista sufficiente per procedere al suo difetto pagamento né tanto meno questa venne costituita con il successivo versamento di legittimazione passiva ed indica euro 11.800,00 effettuato il 09/02/2015. Infine con riferimento alla revoca dell’affidamento, la banca rileva che l’ apertura di credito era stata concessa dalla banca a tempo determinato e che la scadenza era intervenuta in data 01/04/2015, data entro la quale la stessa avrebbe dovuto essere estinta dalla correntista. Pertanto, alcuna revoca è stata disposta a danno della società alla quale con lettera del 09/06/2015 veniva semplicemente richiesto di rientrare dell’esposizione debitoria maturata. Alla luce di ciò la domanda di rimessione in bonis formulata da controparte deve essere dichiarata irricevibile in ragione del fatto che il rifiuto della banca di concedere una nuova apertura di credito attiene alla propria discrezionale valutazione, sottolineando, peraltro, come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo esistessero al riguardo delle ragioni oggettive quali segnalazioni di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto sconfinamento in CR effettuate da altri istituti di legittimazione passivacredito e lo stesso inadempimento in merito al pagamento delle rate del mutuo alla stessa concesso.

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FATTO. Il ricorrenteLa parte ricorrente si duole di non aver mai ricevuto risposta dalla resistente con riguardo ad un richiesta di consegna della documentazione contrattuale sottoscritta relativa ad un conto corrente e ad una apertura di credito. Solo dopo molti mesi riceveva copia del contratto ma questo era privo della sottoscrizione. La società ricorrente dichiara di aver, che si qualifica non consumatoreinvece, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoricevuto, in data 16.12.201619/03/2015, una comunicazione di “revoca della linea di credito … a seguito di ns missiva del 19/02/2015”. In tale comunicazione veniva anche segnalato il “trasferimento alle sofferenze di istituto”. Essa pretende un “risarcimento e/o un indennizzo tenuto conto della nullità radicale del contratto. Si chiede, altresì, l’esibizione dell’originale in banca, nonché la corresponsione di una somma pari ad € 35.000,00 ai fini conciliativi”. Replica l’intermediario che nel febbraio 2012, le parti instauravano una trattativa volta a stipulare un contratto di leasing finanziario automobilistico apertura di credito in conto corrente sino all’importo di € 10.000,00 con opzione finale scadenza “a revoca”; con comunicazione del 24/02/2012, la banca comunicava all’odierna ricorrente l’approvazione della linea di acquistocredito dalla stessa richiesta, provvedendo ad inviare i documenti per la sottoscrizione, la quale, una volta sottoscritta la documentazione, avrebbe dovuto restituirla in originale alla resistente. La locazione finanziaria prevedevaricorrente, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura benché da subito abilitata all’utilizzo della linea di credito, non ha mai provveduto a restituire la modulistica sottoscritta. L’intermediario rileva, inoltre, che la società, non solo accedeva costantemente all’affidamento concesso, ma oltrepassava anche il limite concordato, con la conseguenza che, in 48 rate mensilidata 05/02/2015, la corresponsione resistente le segnalava un saldo debitore del conto corrente di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 € 10.471,48 (cfr. all. b) al ricorso€ 471,48 oltre il limite dell’affidamento). Il Nonostante tale comunicazione, la ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatocontinuava a violare i limiti concordati, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio tanto che, con ordinanza n. 2047/2019in data 19/03/2015, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del resistente le comunicava la revoca della linea di credito concessa ed il contestuale recesso dai rapporti conformemente alle previsioni contrattuali. Nel merito, per l’intermediario rileva che la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo fonda la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi propria richiesta su un’asserita nullità del contratto di finanziamento (sul presupposto apertura di credito per mancanza della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, sottoscrizione ai sensi dell’art. 7 117 TUB. L’intermediario richiama, però, un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo il quale il contratto di apertura di credito in conto corrente non richiede una forma particolare ma può essere dimostrato anche per facta concludentia nelle ipotesi in cui si tratti di un contratto accessorio ad un contratto di conto corrente vigente tra le parti. Nel caso di specie, emerge l’infondatezza della doglianza di controparte, non essendoci alcun dubbio sulla natura accessoria del d.lgscontratto oggetto di contestazione. n. 3/2017Contratto che veniva stipulato il 21/04/2011 e mai contestato. L’intermediario chiede, quindi, il rigetto della richiesta di indennizzo di € 35.000,00. Pur ritenendo quanto esposto decisivo, l’intermediario rileva come comunque la richiesta di € 35.000,00 debba considerarsi infondata, in quanto, anche nella denegata ipotesi in cui dovesse essere accolta la tesi della nullità, non vi sarebbero gli estremi per condannare la banca al pagamento dell’importo. La richiesta di risarcimento del danno subito danno, infatti, presuppone per il suo accoglimento l’accertamento dell’an e del quantum debeatur, mentre nel caso di specie la ricorrente ha omesso di allegare qualsiasi fatto costitutivo idoneo a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva dimostrare di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticosubito un danno e non ha indicato alcun criterio atto a giustificare la quantificazione dello stesso. La ricorrente chiede “un risarcimento e/o un indennizzo, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire tenuto conto della nullità radicale L’intermediario chiede “nel merito di accertare e dichiarare la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione validità del contratto di finanziamento sottoscrittoapertura di credito di euro 10.000,00 per le ragioni esposte in narrativa e, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattualiper l’effetto, ovvero rigettare la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagatirichiesta risarcitoria; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di dichiarazione della nullità del contratto di apertura di credito, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza rigettare qualsiasi richiesta risarcitoria per i finanziamenti già estintile motivazioni sopra indicate; 4. in via ulteriormente subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di condanna della banca al risarcimento del danno, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 riportare ad altra finanziaria equità l’importo richiesto da parte del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto Con vittoria di legittimazione passiva spese di procedura e riserva di ulteriormente produrre, dedurre ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaargomentare”.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, Parte ricorrente contesta la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante liceità della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020segnalazione iscritta dall’intermediario presso Crif. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo particolare, lamenta la restituzione mancata ricezione della lettera di quanto corrisposto a titolo di interessi preavviso della segnalazione. Chiede la cancellazione presso ogni banca dati e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito (quantificato in euro 500,00) essendo la segnalazione motivo di impedimento dell’accesso al credito. L’intermediario precisa quanto segue. Il ricorrente aveva stipulato un contratto di prestito personale in data 2.8.2011 per l’importo di euro 44.857,68 e in data 19.4.2007 un contratto di mutuo ipotecario, per l’importo di euro 200.000,00. Per entrambi, i rapporti si è manifestata una situazione di sconfino rispetto al pagamento delle rate concordate: sin dal gennaio 2014 venivano, infatti, inviate lettere di sollecito con invito al pagamento delle rate scadute e alla regolarizzazione dell’esposizione debitoria; all’interno del testo di ciascuna comunicazione di sollecito è sempre stato accluso il paragrafo con il quale l’istituto preavvisava dell’obbligo di segnalare l’inadempimento presso i sistemi di informazioni creditizie. Dall’aprile 2014 al cliente venivano anche indirizzate comunicazioni di preavviso della segnalazione del nominativo alla Centrale dei Rischi di Banca d’Italia. L’intermediario afferma di aver, in numerose occasioni, affidato incarico a causa della violazione società esterne per il recupero del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMproprio credito, informando tempo per tempo il cliente mediante comunicazioni in cui si rinnovava sempre l’informativa circa l’obbligo di segnalare l’inadempimento nei SIC. Nel gennaio 2016, il mutuatario aveva chiesto ed ottenuto di poter sospendere il pagamento delle rate per un periodo di sei mesi, mediante accordo con il quale lo stesso ricorrente dichiarava espressamente di ritenere la banca autorizzata alla segnalazione del proprio nominativo presso le banche dati del sistema creditizio in caso di inadempimento agli obblighi di pagamento assunti. Non è pertanto imputabile alcun tipo di condotta negligente all’intermediario, avendo mantenuto un comportamento conforme alle disposizioni normative e regolamentari. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilisticomerito alla domanda risarcitoria, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedentenon ha fornito documentazione che consentisse di stabilire l’esistenza del danno e il suo ammontare. Chiede, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativaquindi, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria rigetto del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrenteConsiglio di Amministrazione di ATAC, che si qualifica non consumatorecon deliberazione n. 2 del 27 gennaio 2005, deduce ha autorizzato l’indizione di aver sottoscritto una gara pubblica con l’intermediario convenutoprocedura aperta per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione del deposito tranviario “Centro Carni” e delle opere connesse. La gara, con deliberazione del Consiglio di Amministrazione di ATAC n. 81 del 14 novembre 2005, è stata aggiudicata all’ATI composta da Consorzio Cooperative Costruttori (mandataria) e I.G.E.M.A.S. soc. cons. a r.l., Salcef Costruzioni Edili e Ferroviarie Spa, Project Automation Spa, Erregi Srl (mandanti), sicché, in data 16.12.201619 maggio 2006, un è stato stipulato il relativo contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquistoappalto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoL’ATAC, con provvedimento n. 27492/2018 80861 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)4 giugno 2012, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione revoca definitiva di tutti gli atti della procedura di gara, incluso il provvedimento di aggiudicazione. Di talchè, la ricorrente ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi: Il primo presupposto per l’esercizio del potere di revoca è quello che il provvedimento da rimuovere sia ad efficacia durevole; l’altro presupposto richiede la presenza di sopravvenuti motivi di interesse pubblico o di mutamenti della situazione di fatto tali da rivelare l’opportunità di una rimozione del provvedimento in via cautelare fino alla decisione prime cure adottato. La revoca, inoltre, dovrebbe essere adottata tenendo in specifica considerazione l’affidamento medio tempore ingenerato dal provvedimento che si vuole rimuovere, soprattutto nel caso in cui quest’ultimo sia stato adottato molto tempo prima. La revoca riguarderebbe un provvedimento di aggiudicazione che da tempo ha esaurito i suoi effetti a seguito della stipula del meritocontratto d’appalto, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione cui, trattandosi di quanto corrisposto a titolo un provvedimento già compiutamente eseguito, sarebbe insuscettibile di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, essere revocato ai sensi dell’art. 7 21 quinquies della l. n. 241 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria1990. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, provvedimento impugnato sarebbe stato adottato senza individuare alcuna sopravvenuta ragione di pubblico interesse o nuova circostanza di fatto che possa astrattamente giustificare la restituzione revoca di tutte le commissioni, spese un’aggiudicazione disposta sette anni prima e interessi pagati in esecuzione che ha definitivamente esaurito i propri effetti con la stipula del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione appalto nel maggio 2006. Le motivazioni della revoca rivelerebbero un palese fraintendimento della situazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo fatto ed ometterebbero di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, evidenziare il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria diverso apprezzamento del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaconcreto interesse pubblico.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatoreesperita infruttuosamente la fase del reclamo, deduce ha adito il Collegio ABF di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoRoma per chiedere ai sensi dell’art.125 sexies TUB il rimborso della somma di euro 3.419,75 (di cui euro 152,98 per commissioni bancarie, in data 16.12.2016, un contratto di leasing euro 2.921,41 per commissioni all’intermediario finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevaed euro 345,36 per premi assicurativi), oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliinteressi e spese legali, la corresponsione a titolo di commissioni e oneri assicurativi non maturati e non ristornati a seguito dell’anticipata estinzione, alla rata 63 (su totali 120), di un finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio. La resistente, con le controdeduzioni, non ha contestato l’esistenza del contratto e neppure la sua estinzione anticipata alla rata n.63, ma ha eccepito la propria carenza di legittimazione in relazione alla richiesta di rimborso del premio assicurativo non goduto e ha proposto, sulla base di 57 rate a scadere alla data dell’ 11.3.2016, la restituzione dell’importo di euro 2.770,42 di cui euro 2.750,42 a titolo di commissioni finanziarie (al netto della somma di euro 171,00 già asseritamente rimborsata in sede di estinzione) ed euro 20,00 per refusione delle spese di procedura, oltre agli interessi legali fino alla data dell’effettivo pagamento, deducendo la natura istantanea delle commissioni bancarie (esame documenti, oneri acquisizione provvista, conversione tasso ed elaborazione dati ex D.Lgs.n.231/2007 etc). Nessuna delle parti, peraltro, ha prodotto il conteggio di anticipata estinzione. Il ricorrente, a sostegno della dedotta pretesa, ha allegato la prima pagina del contratto, costituita dal documento di sintesi, nonché un prospetto di liquidazione da cui risulta il capitale da rimborsare in caso di estinzione anticipata, di guisa che dagli atti acquisiti al procedimento non è possibile procedere all’esame delle clausole contrattuali aventi ad oggetto le commissioni richieste, né sarebbe possibile la verifica degli importi abbuonati. Stante la incompletezza della documentazione prodotta (in particolare l’assenza del contratto completo e del conteggio di estinzione anticipata), il Collegio di Roma, nella seduta del 4.5.2017, ha sospeso il procedimento e ha rimesso la decisione al Collegio di Coordinamento prospettando in particolare la questione relativa al rilievo del principio dell’onere della prova nel procedimento ABF, rispetto al quale non si sono finora registrati orientamenti uniformi all’interno dello stesso collegio territoriale. Il Collegio rimettente, premesso che, la natura up front delle commissioni bancarie affermata dall’intermediario dovrebbe dedursi dalla descrizione completa indicata nel contratto, di cui il ricorrente ha prodotto solo la prima pagina, ha sollevato il dubbio se sia il ricorrente a dover provare la natura continuativa delle commissioni o se invece sia l’intermediario a doverne dimostrarne la natura istantanea e se, dalla carente documentazione prodotta nel procedimento debba discenderne l’accoglimento o il rigetto della domanda. In relazione al quesito, il Collegio di Roma ha posto peraltro un problema preliminare, osservando che, essendo il contratto di finanziamento documentato nella specie da un modulo composto da un solo foglio, debitamente sottoscritto, potrebbe dedursene che esso esaurisca la documentazione contrattuale, con la conseguenza che, dovendo l’Arbitro decidere sulla base delle allegazioni delle parti (come statuito dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 10929 del 15.12.2016) e mancando la possibilità di esaminare il tenore delle clausole, tutti gli oneri e le commissioni dovrebbero considerarsi recurring, in linea con la decisione n. 6167/2014 del Collegio di Coordinamento, e come tali rimborsabili. In via alternativa, ha osservato che se invece si ritenga consentito al Collegio decidente presumere, sulla base di quanto normalmente avviene in casi consimili, che il regolamento contrattuale sia integrato da atti allegati contenenti per Euro 488,00 l’appunto la descrizione delle clausole controverse (con il rischio però di sconfinare nell’uso della scienza privata), allora si pone la questione teorica del riparto dell’onere della prova circa la natura up front o recurring delle commissioni convenute nel contratto e, in proposito, ha esplicitato il proprio convincimento, fondandolo sulla decisione n.6167/2014 del Collegio di Coordinamento, e cioè che la natura up front delle clausole deve non solo essere eccepita ma anche dimostrata dall’intermediario, sul quale grava l’obbligo di interessi passivi esporre in modo trasparente i costi up front e quelli recurring, con la conseguenza che ove non sia possibile desumerne la natura dal contratto, unilateralmente predisposto dalla banca, tutti i costi dovrebbero considerarsi ripetibili per Euro 1.629,10la quota non maturata alla data di estinzione anticipata del finanziamento. In conclusione la questione demandata al Collegio di Coordinamento è stata così formulata: “se la qualificazione di una clausola come up front individui un fatto contrario alla pretesa esercitata dal ricorrente ai sensi della norma citata (art.125 sexies TUB), con ciò che ne consegue tanto con riguardo all’onere di eccepire la circostanza ad opera dell’intermediario quanto alla distribuzione dell’onere della prova ai sensi dell’art.2697, 2° comma,c.c., ovvero se l’onere della prova incomba in ogni caso sul ricorrente, con la conseguenza che tutte le volte in cui il contratto prodotto dal ricorrente non contenga tale ripartizione la domanda deve essere integralmente rigettata, finanche per un totale quella parte degli oneri che, costituendosi, l’intermediario non abbia contestato avere natura recurring”. Il Collegio di Euro 2.117,10 Roma, nel sollevare il problema, non ha mancato di sottolineare anche il rilievo da attribuire alla carenza documentativa nel caso di mancata costituzione dell’intermediario, tenuto conto del dovere di cooperazione previsto a suo carico dalle Disposizioni emesse dalla Banca di Italia (cfr. allSez. b) al ricorso)VI,par.1, ult. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorsocpv.), ha accertato l’esistenza il quale dovrebbe implicare l’obbligo di mettere a disposizione dell’ABF i documenti rilevanti, a prescindere dal comportamento tenuto dal ricorrente e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche finanche a prescindere dai poteri che al cliente siano riconosciuti dagli artt.117 e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva119 TUB.

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FATTO. Il ricorrente, ricorrente ha affermato: - che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto ha stipulato con l’intermediario convenutoresistente, in data 16.12.20168 novembre 2018, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre finanziamento per un importo totale del credito pari a € 10.568,15 (importo totale dovuto pari a € 10.674,24) finalizzato al pagamento dell’intero corrispettivo convenuto con un terzo soggetto per la fornitura di prestazioni odontoiatriche; - che, nonostante il regolare pagamento delle rate previste, nei mesi successivi alla conclusione del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione contratto di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)prestazione d’opera professionale, ha accertato l’esistenza e l’attuazioneusufruito soltanto di una parte delle prestazioni in origine concordate con il fornitore; - che ha proceduto all’invio al fornitore di comunicazione formale, dal giugno 2003 all’aprile 2017ai fini della sua costituzione in mora, nel mese di luglio 2020, rimasta priva di riscontro; - che ha comunicato all’intermediario, nel mese di agosto 2020, l’avvenuta risoluzione del contratto di fornitura e, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banksconseguenza, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto contratto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatifinanziamento, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione delle rate sino a quel momento incassate; - che l’intermediario gli chiedeva la produzione del dettaglio del piano di quanto corrisposto cura originariamente concordato con il fornitore, una certificazione rilasciata da diverso professionista di fiducia con indicazione degli interventi non completati o solo parzialmente eseguiti dal fornitore e del preventivo di spesa per il loro completamento; - che, rivoltosi ad un diverso studio dentistico, gli veniva rilasciato un preventivo per il completamento dei lavori rimasti ineseguiti per un costo complessivo di € 3.750,00; - che nel frattempo, l’inadempimento in cui è incorso il fornitore assumeva carattere definitivo a titolo seguito della cessazione della sua attività d’impresa e della chiusura dei centri dentistici su tutto il territorio nazionale. Ciò posto, con ricorso presentato il 9.11.2020, con l’assistenza di interessi un professionista, il ricorrente ha chiesto, a fronte dell’inadempimento del fornitore, in applicazione dell’art. 125- quinques del Testo Unico Bancario (d.lgs. 1° settembre 1993 n. 385 – T.U.B.), che, accertata la rilevanza dell’inadempimento e costi la messa in mora del fornitore, sia dichiarato il proprio diritto alla risoluzione del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità e per l’effetto sia disposta la restituzione integrale a proprio favore delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata somme già corrisposte all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativooppure, in data 19.03.2019xxx xxxxxxxxxxx, dell’intermediario convenutoxx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxx ingiustamente incassate e corrispondenti alle prestazioni non godute, che opponeva oltre al risarcimento dei danni subiti per il ritardo nel godimento delle cure mediche/odontoiatriche e per la grave condotta tenuta dal fornitore nonché al rimborso delle spese di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria assistenza professionale. L’intermediario ha resistito al ricorso affermando che: - le istanze del medesimo gruppo automobilisticocliente sono state attivate tardivamente, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF avendo questi prodotto in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedenteatti le missive del luglio e agosto 2020, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione successive alla stipula del contratto di finanziamento sottoscrittocollegato risalente al novembre 2018, previa dichiarazione e che non è pertanto ragionevole ritenere che, essendo il contratto di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero fornitura risalente al 2018 e la liberazione dall’obbligo cessazione di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativaattività del fornitore intervenuta solo nel mese di marzo 2020, il risarcimento dell’intero danno subito a causa cliente non abbia nel frattempo completato il piano di cure odontoiatriche concordate; - che il ricorrente non ha assolto all’onere probatorio gravante su di esso, non avendo provato in alcun modo la gravità dell’inadempimento del fornitore, rilevando che, ove l’inadempimento fosse stato effettivamente di non scarsa importanza, non avrebbe potuto attendere circa due anni per agire ai fini della violazionerisoluzione contrattuale; - che la documentazione prodotta dal ricorrente è, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, inidonea a provare l’inadempimento del fornitore, essendosi limitato a produrre un nuovo preventivo rilasciato da diverso studio dentistico, privo di relazione medica specifica circa lo stato di completamento dei lavori acquistati dal fornitore nonché di una chiara indicazione di quali siano stati gli interventi effettivamente eseguiti tra quelli espressamente previsti nel preventivo originario; - che comunque, ove dimostrasse di non aver beneficiato di una parte delle cure pattuite e fosse in grado di dimostrare il controvalore delle cure non ricevute, il ricorrente sarebbe comunque tenuto al pagamento di tutte le rate corrispondenti al controvalore delle prestazioni ricevute; - che la domanda risarcitoria è inammissibile e/o infondata non potendosi imputare alcuna condotta negligente in capo ad esso, in quanto del tutto estraneo ai fatti oggetto di controversia. Ciò posto, ha chiesto pertanto che il ricorso sia respinto. Il ricorrente ha replicato alle controdeduzioni deducendo, dopo aver contestato integralmente le difese dell’intermediario resistente: - che il carattere di assoluta gravità dell’inadempimento in cui è incorso il fornitore risulta già dimostrato in atti, in forza del nuovo preventivo rilasciato da diverso studio medico, per un’ulteriore spesa di € 3.750,00 a carico del paziente; - che tale preventivo risulta ulteriormente suffragato dalla specifica relazione medica datata 15 gennaio 2021 che, con rivalutazione specifico riferimento al preventivo originario rilasciato dal fornitore, accerta come non eseguito l’intervento di installazione di “Overdenture su 4 impianti”; - che la situazione di grave dissesto economico in cui versava il fornitore era di certo ben nota all’intermediario, come facilmente dimostrato dalla visura allegata in atti e interessi”. L’intermediariorisalente al 31 dicembre 2017, costituitosiin epoca addirittura antecedente alla conclusione dei contratti di cui al presente ricorso, eccepisce circostanza questa di aver ceduto per sé sufficiente a dimostrare la condotta negligente tenuta dall’intermediario resistente nel monitoraggio del fornitore e nella concessione di crediti in convenzione con lo stesso; - che il carattere definitivo dell’inadempimento ha, infine, trovato conferma nella sentenza di fallimento della società fornitrice in data 1.03.2019 ad altra finanziaria 22 ottobre 2020. Nella seduta tenutasi il 16 marzo 2021 il Collegio di Milano, territorialmente competente a pronunciarsi sul ricorso in questione, osserva che l’applicazione al caso di specie dell’art. 125-quinquies del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo T.U.B., peraltro pacifica, involge questioni di azienda dedicato al business particolare importanza con riguardo alle quali si registrano precedenti non sempre conformi tra i Collegi territoriali dell’Arbitro. Nello specifico fa riferimento alle seguenti questioni: se ricada sul consumatore ricorrente l’onere della prova dell’inadempimento di non scarsa importanza ovvero ricada sul finanziatore provare che il fornitore ha adempiuto la propria prestazione; l’ammissibilità di una pronuncia di risoluzione parziale del leasing finanziariocontratto di finanziamento a fronte di un inadempimento pur sempre grave del fornitore, comprensivo dell’intero portafoglio prodottima comunque parziale, ivi incluso avendo questi adempiuto almeno in parte alle obbligazioni assunte con il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentefornitura; l’ammissibilità di pretese risarcitorie del cliente nei confronti del finanziatore per i danni che sono conseguenza dell’inadempimento del fornitore; se la possibilità di agire ex art. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità 125quinques T.U.B. permanga immutata anche dopo l’intervenuto rimborso del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivafinanziamento.

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FATTO. Il Con comunicazione del 13/10/2014 la ricorrente, che si qualifica non consumatoretitolare, deduce sin dal 22/11/2000, di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquistofinanziamento, della tipologia c.d. La locazione finanziaria prevedevaMulticonto, oltre al pagamento inoltra formale reclamo all’intermediario resistente contestando l’illegittimità del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto suddetto rapporto per violazione del divieto dell’art. 117 Tub nonché l’applicazione di accordi tra imprese e tassi di pratiche concordate interesse superiori alla soglia usura. Preliminarmente, evidenzia che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio finanziamento in oggetto non è stato impugnato dagli mai formalizzato con sottoscrizione autografa né, tantomeno, è stato proposto da personale finanziario specializzato; ed invero, l’art. 3 del d.lgs. 25/9/1999, n. 374 prevede che gli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del meritofinanziari, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo promozione e la restituzione conclusione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto contratti di finanziamento (sul presupposto della nullità delle si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Contesta inoltre all’intermediario che “da una prima analisi dei pochi estratti di xxxxxxxxx storico inoltrati risulta che sono stati applicati al finanziamento: interessi oltre il tasso soglia mensile di riferimento; interessi non previsti e pattuiti in forma scritta; addebitati importi non previsti e pattuiti quali ad esempio costi di assicurazione, di incasso ed altre spese né, tantomeno, le relative clausole venivano sottoscritte; un tasso di interessi, anche di mora e, comunque, determinato su base variabile la cui quantificazione risulta impossibile da determinare e verificare, così come gli oneri assicurativi, non pattuiti per iscritto; tali costi, se ricompresi nel calcolo del Taeg del finanziamento – così come dispone la legge – accertano maggiormente l’usurarietà del tasso applicato al finanziamento. Da ultimo, evidenzia che “al finanziamento viene applicato un TAN variabile non supportato da alcuna pattuizione scritta che disciplini la variabilità del tasso applicato”. Tanto premesso, concludendo le proprie doglianze, invita e diffida l’intermediario a: inviare tutta la documentazione in Vs. possesso, compreso il contratto finanziario, unitamente agli estratti del conto in oggetto dalla costituzione del rapporto sino alla data odierna, completi dei tassi di leasing per violazione interesse del divieto periodo applicato; procedere con la rideterminazione del saldo di intese restrittive) nonchéconto, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva avendo cura di aver ceduto il rapporto controverso non inserire tutti gli addebiti relativi ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioniinteressi, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissionivarie connesse al credito, spese e interessidi assicurazione etc., nella misura in cui essi non siano ancora stati pagaticorrispondendo il relativo saldo attivo; 2. in via alternativacorrispondere, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione tutti i costi, spese, premi di assicurazione e interessispese varie mai pattuite, nonché tutti gli interessi addebitati dalla costituzione del rapporto sino alla data odierna”. L’intermediarioIn assenza di un riscontro positivo alle proprie richieste, costituitosicon ricorso del 13/11/2014, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.ricorrente sottopone la questione all’Arbitro Bancario Finanziario formulando le seguenti richieste:

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce premesso di aver sottoscritto stipulato con l’intermediario convenutol’intermediario, in data 16.12.201625/09/2014, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale prestito personale contro cessione del quinto dello stipendio, estinto anticipatamente il 31/03/2019, dopo il pagamento di acquisto. La locazione finanziaria prevedevan. 51 rate delle 120 complessive, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione senza ricevere l’integrale restituzione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10ed oneri non maturati; esperito infruttuosamente il reclamo; contestata la valenza transattiva della “quietanza liberatoria”, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino principale chiede il rimborso di complessivi € 1.492,91; in via subordinata, qualora sia riconosciuta efficacia transattiva alla decisione del meritosopraindicata quietanza, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo domanda la restituzione di quanto corrisposto complessivi € 1.143,38; il tutto oltre agli interessi legali dalla data del reclamo e ad € 20,00 per le spese di procedura. L’intermediario, nelle controdeduzioni, eccepisce preliminarmente l’avvenuta sottoscrizione di una “quietanza liberatoria” con cui il cliente ha confermato di aver ricevuto il rimborso “della quota non goduta delle commissioni ripetibili”, rinunziando alla corresponsione di ulteriori importi (cita, a supporto, la decisione n. 8827/17 del Collegio di Coordinamento). Esclude l’applicabilità diretta della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’11 settembre 2019 nei rapporti tra privati; in ogni caso, richiama le esigenze di certezza del diritto e il principio di affidamento, sollevando dubbi circa l’efficacia retroattiva dell’art. 16 della Direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di Giustizia. Afferma di aver già rimborsato € 241,70 a titolo di interessi quota non goduta delle commissioni in favore dell’intermediario; nonché € 10,00 a titolo di spese invio comunicazioni periodiche. Quanto alle “commissioni di distribuzione”, sottolinea che queste sono chiaramente individuate come non ripetibili, trattandosi di costi riferiti unicamente alla fase preliminare del finanziamento. Rileva, infine, la non rimborsabilità delle spese legali attesa l’arbitrarietà del ricorso ad una società di consulenza e costi la natura seriale del contratto ricorso. In considerazione di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchéquanto sopra esposto chiede, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017in via principale e subordinata, il risarcimento rigetto del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMricorso. In seguito al riscontro negativoIl ricorrente, in data 19.03.2019sede di repliche, dell’intermediario convenutoribadisce la richiesta di considerare la quietanza liberatoria, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, nulla (in quanto vessatoria e abusiva o comunque priva di valore transattivo) oppure valida (“ma limitata alle sole commissioni recurring ovvero alla sola corresponsione di rimborsi pro rata”), con conseguente rigetto delle eccezioni di controparte. Nelle controrepliche l’intermediario precisa che il risarcimento dell’intero danno subito cliente ha spontaneamente firmato il modulo della quietanza liberatoria, “in un momento successivo rispetto all’estinzione anticipata del finanziamento […]”. Ribadito, quindi, che il ricorrente, attraverso la sottoscrizione della quietanza “ha riconosciuto e dichiarato espressamente e incondizionatamente di aver già ricevuto tutto quanto dovuto […] a qualsivoglia titolo, causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base ragione con riferimento al contratto di finanziamento; 3. in via subordinatafinanziamento oggetto di estinzione anticipata”, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo chiede di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria dichiarare cessata la materia del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivacontendere.

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FATTO. Il ricorrente, con reclamo e, insoddisfatto del riscontro, con ricorso contesta l’importo richiesto dalla banca resistente ai fini dell’estinzione anticipata (con surroga di altro istituto) di un finanziamento stipulato in data 22 ottobre 2004 per l’importo di euro 90.000 e con durata 20 anni. In particolare, il ricorrente lamenta che si qualifica non il conteggio estintivo conteneva, oltre ad addebiti ed interessi, indicizzazione valutaria e spese, anche una ulteriore voce “rivalutazione” per il significativo importo di euro 20.798,06, determinando così il debito residuo da saldare ai fini della surroga in euro 69.237,44. Contesta, pertanto, la validità della clausola di indicizzazione inserita in contratto in violazione degli obblighi normativamente previsti a tutela del consumatore, deduce in quanto trasforma un contratto tipico commutativo in un contratto atipico ed aleatorio, peraltro con caratteristiche di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoopacità e difficilmente comprensibili per un soggetto che riveste la qualità di consumatore. Chiede, pertanto, l’annullamento di tutte le clausole del mutuo ed, in data 16.12.2016, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017particolare, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banksquelle che prevedono la determinazione del tasso di interesse con rideterminazione di quest’ultimo. Costituitosi, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionatieccepito preliminarmente l’incompetenza temporale dell’Arbitro, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 quanto il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi contesta un vizio genetico del contratto di finanziamento (sul presupposto mutuo stipulato in data 22 ottobre 2004. Eccepisce, infatti, che non essendosi perfezionata l’estinzione anticipata del rapporto, non è stata concretamente applicata la clausola controversa e dunque non si sono configurate o concretizzate quelle operazioni o comportamenti successivi al gennaio 2009 che vengono addotte dal ricorrente a sostegno dell’affermazione della nullità delle relative clausole del contratto competenza temporale dell’Arbitro. Nel merito, afferma che il finanziamento, liberamente sottoscritto dal ricorrente, è denominato in euro con valuta di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonchériferimento, ai sensi dell’art. 7 fini del d.lgs. n. 3/2017calcolo delle rate, in franchi svizzeri, a tasso variabile e con un doppio criterio di indicizzazione, l’uno legato all’andamento di un tasso di mercato, il risarcimento LIBOR, l’altro all’andamento del danno subito a causa franco svizzero. Chiarisce, poi, che gli aggiustamenti determinati dall’applicazione dei meccanismi di indicizzazione finanziaria e valutaria sono regolati attraverso conguagli semestrali, rimanendo inalterato il piano di ammortamento concordato al momento della violazione stipulazione con rata costante per tutta la durata del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMfinanziamento. In seguito al riscontro negativoGli eventuali scostamenti determinati dall’applicazione dei due parametri di riferimento generano conguagli negativi o positivi da addebitare su uno speciale rapporto di deposito fruttifero. Sostiene, altresì, che in caso di estinzione anticipata non può realizzarsi l’attualizzazione che, in data 19.03.2019costanza di rapporto, dell’intermediario convenutoè assicurata dall’indicizzazione valutaria, per cui il capitale residuo è riportato al valore in franchi svizzeri, secondo il tasso di cambio convenzionale, e, successivamente convertito in euro al tasso di cambio corrente al momento ella estinzione. Ne deriva che, qualora il tasso di cambio vigente al momento dell’estinzione sia sfavorevole rispetto a quello convenzionale, come è accaduto nel caso di specie, l’equivalente in euro da rimborsare sarà maggiore rispetto a quello da piano di ammortamento. Eccepisce che opponeva le modalità di aver ceduto indicizzazione sono chiaramente illustrate in contratto e che il rapporto controverso ad altra società finanziaria cliente, sia in sede di conclusione che in corso del medesimo gruppo automobilisticorapporto, il è stato edotto sia dei rischi sia dei criteri che presiedono alla determinazione del capitale residuo, con illustrazione della formula ai fini della rivalutazione del capitale residuo in una nota riepilogativa indirizzata al ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente1° marzo 2013. Conclude rigettando qualsiasi censura di vessatorietà, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principalequanto, conformemente alla giurisprudenza di Cassazione, la restituzione valutazione circa un eventuale squilibrio contrattuale è circoscritta alla componente normativa del contratto, restando preclusa in relazione all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e servizi o ai criteri di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione determinazione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2prezzo. in via alternativa, Chiede che il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazionericorso sia dichiarato irricevibile o, in misura pari all’intero importo delle commissionisubordine, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3sia rigettato perché infondato. in via subordinataTanto premesso, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.si rileva quanto segue in

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FATTO. Il La società ricorrente, che si qualifica non consumatoreha richiesto l’emissione di un assegno circolare, deduce conviene avanti questo Collegio la banca emittente (d’ora in poi Intermediario A) e la banca negoziatrice (d’ora in poi Intermediario B), lamentando la mancata restituzione della somma portata dall’assegno circolare per l’intervenuto pagamento dell’assegno medesimo ad un terzo, risultato diverso dal beneficiario originario del titolo, essendo rimasto l’originale del titolo nel possesso della ricorrente ed essendo quindi l’incasso avvenuto sulla base di un titolo integralmente contraffatto ma con modifica del nome del beneficiario (clonato). In particolare, la ricorrente ha rappresentato di aver sottoscritto contrattato l’acquisto di una autovettura oggetto di inserzione su un sito Internet e, una volta definiti i termini dell’accordo per l’acquisto del veicolo, chiedeva all’Intermediario A l’emissione di un assegno circolare intestato all’asserito proprietario dell’autovettura e per l’importo convenuto pari ad euro 20.500,00. Non avendo utilizzato il titolo presentava l’originale, che è sempre rimasto in suo possesso né è stato trasmesso a terzi, all’Intermediario A, per ottenerne l’annullamento ed il riaccredito della somma e in tale sede veniva a conoscenza del fraudolento incasso dell’assegno circolare avvenuto presso una filiale dell’Intermediario B. La ricorrente procedeva a sporgere denuncia – querela in ordine ai fatti testé descritti. La ricorrente chiede che il Collegio disponga il pagamento della somma pari all’importo dell’assegno, oltre interessi di mora maturati e risarcimento dei danni, da valutarsi in via equitativa, per i disagi patiti. L’Intermediario A resistente ha dedotto che l’assegno circolare è stato oggetto di riproduzione su modulistica falsa e che è stato negoziato presso uno sportello dell’Intermediario B in modalità “Check truncation”, ovvero senza la materiale trasmissione del titolo, e tale circostanza avrebbe impedito una verifica manuale del titolo e, quindi, la possibilità di appurare l’avvenuta contraffazione, peraltro possibile solo nel caso in cui i truffatori abbiano avuto la disponibilità di una copia del titolo, riportante tutti gli elementi alfanumerici adesso correlati. Comunque, l’Intermediario A ha dedotto che l’Intermediario B, che ha negoziato il titolo, è l’unico a conoscere le qualità del soggetto presentatore ed è, quindi, tenuto ad effettuare i necessari accertamenti per l’incasso di titoli di importo non coerente con l’intermediario convenutol’attività del presentatore stesso. L’Intermediario A conclude rilevando che la propria attività si è limitata all’emissione del titolo, senza partecipare alla negoziazione della copia contraffatta dello stesso. Chiede pertanto che il Collegio voglia respingere il ricorso anche con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni, in data 16.12.2016quanto non documentati e comunque non ad essa imputabili. L’Intermediario B resistente ha eccepito preliminarmente che il ricorso sarebbe irricevibile in quanto, un contratto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento la proposizione della denuncia – querela da parte del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliricorrente, la corresponsione medesima controversia sarebbe stata sottoposta all’autorità giudiziaria. In ordine alla propria responsabilità l’Intermediario B ha eccepito che l’assegno circolare girato per l’incasso era del tutto identico a quello in possesso della ricorrente risultava emesso a favore di commissioni un proprio cliente da tempo e spese correttamente identificato e che all’Intermediario A, nell’ambito della procedura di “Check truncation”, è stato trasmesso un messaggio contenente i dati relativi al titolo e all’esito non è stato risposto con nessun messaggio di impagato o di richiesta di storno. L’Intermediario B chiede quindi che il Collegio voglia dichiarare irricevibilità del ricorso stante la pendenza del procedimento penale in ordine alla clonazione dell’assegno e, in subordine rigettare il ricorso per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banksinfondatezza, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionaticompresa la domanda relativa al risarcimento dei danni, ivi compreso l’intermediario convenutoe, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno dichiarare la responsabilità della ricorrente per l’omessa custodia del titolo per almeno pari al 20% di tutte le commissionimetà dell’importo, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni casostante l’omessa custodia del medesimo, verosimilmente necessaria perché terzi potessero ottenere gli elementi per la clonazione, nonché la responsabilità solidale con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso l’Intermediario A per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passival’importo alla cui rifusione venisse eventualmente condannata.

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FATTO. Il ricorrente1. In data 27 aprile 2022 è stato disposto l’avvio di un procedimento istruttorio ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, che si qualifica con riferimento alle condotte, poste in essere da Facile Energy S.r.l. (d’ora innanzi anche “Facile Energy” o “la Società”), consistenti: i) nella conclusione di contratti e nell’attivazione di forniture non richieste, in assenza della sottoscrizione del consumatore o del suo consenso, unitamente all’omesso invio della documentazione contrattuale e alla richiesta di pagamento di corrispettivi non dovuti; ii) nella diffusione di informazioni non rispondenti al vero, inesatte o incomplete e omissione di informazioni rilevanti circa l’identità del Professionista e le caratteristiche delle offerte, al fine di condizionare indebitamente le scelte dei consumatori e attivare forniture non richieste; iii) nell’imposizione di ostacoli non contrattuali onerosi o sproporzionati all’esercizio dei diritti contrattuali da parte del consumatore, deduce con riferimento all’esercizio del diritto di aver sottoscritto ripensamento/recesso; iv) nella disalimentazione del punto di prelievo in pendenza di reclami o senza congruo preavviso. In particolare, il procedimento istruttorio è volto a verificare le ipotesi di violazione degli artt. 20, 21, 22, 24, 25, 26 lett. f) in combinato disposto con l’intermediario convenutol’articolo 66 quinquies, in 49, 50, 51, 52, 53, 54 e 55 del Codice del Consumo del Codice del Consumo. In data 16.12.201631 maggio 2022, un contratto l’Autorità ha deliberato di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatoadottare il provvedimento cautelare n. 30166, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne quale ha disposto la sospensione provvisoria di ogni attività diretta: i) all’attivazione di contratti di fornitura di energia elettrica e gas mediante teleselling, in via cautelare fino assenza di una corrispondente manifestazione di volontà del consumatore, ovvero a seguito di informazioni ingannevoli, omissioni informative e indebiti condizionamenti; ii) alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione richiesta di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità pagamento delle relative clausole forniture in pendenza di reclamo e iii) all’effettuazione o alla minaccia di disalimentazione del contratto punto di leasing per violazione del divieto prelievo in pendenza di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, reclamo o senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivacongruo preavviso.

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FATTO. Con ricorso pervenuto l’1/06/2015, il ricorrente espone che, avendo già sottoscritto un contratto preliminare di vendita per l’acquisto di un appartamento, ha incaricato il suo commercialista affinché si adoperasse per ricercare una tipologia di mutuo conveniente per finanziare l’operazione. Il ricorrente6.3.2013 ha formulato una richiesta di preventivo tramite il sito xxx.xxxxxxxxxxx.xx, ottenendo la fissazione di un appuntamento per il 18.3.2013 presso l’intermediario resistente. L’appuntamento era volto a dare seguito alla concretizzazione delle specifiche condizioni di mutuo dettagliatamente indicategli in sede di accettazione della sua richiesta. Nel corso di tale appuntamento, il responsabile dell’Ufficio Mutui della banca ha prospettato l’apertura di un nuovo rapporto di conto corrente presso l’intermediario resistente come condizione imprescindibile per la stipulazione del contratto di mutuo, condizione che non era prevista nelle condizioni di mutuo che erano state allegate alla comunicazione di fissazione dell’appuntamento. A seguito di questo episodio, il ricorrente ha provato più volte a contattare telefonicamente il direttore della filiale, al fine di ottenere delucidazioni, ma senza esito. Con lettera raccomandata del 2.4.2013, ritualmente notificata il 5.4.2013, il ricorrente ha richiesto delucidazioni e di addivenire alla sottoscrizione del contratto di mutuo alle condizioni indicate nella modulistica del prodotto offerto in sottoscrizione. Atteso il mancato riscontro da parte della banca, nonché l’urgenza di ottenere il finanziamento, il ricorrente ha reiterato le proprie richieste all’intermediario con raccomandata del 22.4.2013, notificata il 3.5.2013. Data la mancata risposta da parte dell’intermediario anche a fronte di questa ulteriore comunicazione, con nota del 6.6.2014, notificata a mezzo PEC, il ricorrente ha richiesto alla banca, che si qualifica non consumatoreversa in culpa in contrahendo, deduce di aver sottoscritto risarcire le spese che il ricorrente stesso ha inutilmente sostenuto per la prestazione dell’intermediario finanziario, resasi necessaria per la ricerca di un altro finanziamento, a seguito del fallimento delle trattative con l’intermediario convenutoresistente. Nessun riscontro da parte dell’intermediario ha fatto seguito a questa comunicazione. In considerazione del comportamento tenuto dall’istituto di credito, in data 16.12.2016, il ricorrente ha stipulato un contratto di leasing finanziario automobilistico mutuo con opzione finale di acquistoun altro intermediario a condizioni meno favorevoli rispetto a quelle prospettate in origine dalla banca resistente. La locazione finanziaria prevedevaDa ultimo, oltre al pagamento il ricorrente evidenzia che quest’ultima ha violato l’art. 1337 c.c. secondo cui “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensilicontratto, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)devono comportarsi secondo buona fede”. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.chiede:

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, In relazione ad un contratto di leasing finanziario automobilistico finanziamento mediante cessione del quinto della pensione stipulato in data 5/03/2015 ed estinto anticipatamente a far data dal 31/07/2019, previa emissione di conteggio estintivo del 08/07/2019, in corrispondenza della 48ma rata, a fronte di 120 rate totali, il ricorrente, insoddisfatto dell’interlocuzione intercorsa con opzione finale l’intermediario nella fase prodromica al presente ricorso, si rivolge all’Arbitro Bancario Finanziario. Nel ricorso chiarisce, in primo luogo, che alla quietanza sottoscritta non può essere ricondotta l’efficacia preclusiva propria dei negozi rinunciativi o transattivi. Infatti, dal tenore delle dichiarazioni contenute nell’atto non può ricavarsi la chiara manifestazione di acquistoun intento rinunciativo né piena consapevolezza da parte del dichiarante di compiere un atto dispositivo comportante la totale abdicazione ai propri diritti. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensiliPer un altro verso, la corresponsione dichiarazione liberatoria non può essere interpretata come un atto transattivo, mancando l’esatta identificazione di commissioni e spese per Euro 488,00 e una res litigiosa nonché il requisito delle reciproche concessioni, pertanto, all’atto sottoscritto non possono ricollegarsi effetti diversi da quelli rivenienti dalla semplice dichiarazione di interessi passivi per Euro 1.629,10ricevere somme di denaro, per un totale che non può precludere l’esercizio successivo di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)pretese a conseguire ulteriori somme a titolo di rimborso di costi ripetibili. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante al fine di ottenere il rimborso degli oneri non goduti richiama la sentenza della Concorrenza Corte di Giustizia Europea e alcuni precedenti di questo Arbitro. Alla luce di quanto sopra il ricorrente chiede al Collegio di accertare il proprio diritto al rimborso, secondo il criterio del Mercatopro rata temporis, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub alldelle commissioni dell’intermediario finanziario e della commissione di distribuzione per la somma di euro 4.863,71, oltre interessi e spese di assistenza difensiva. c) al ricorso)L’intermediario, ha accertato l’esistenza e l’attuazioneeccepisce, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino preliminare, l’infondatezza del ricorso, poiché la ricorrente ha sottoscritto una quietanza liberatoria, dichiarando in modo espresso e incondizionato di aver già ricevuto tutto quanto dovuto dall’intermediario con riferimento al contratto de quo e rinunciando, quindi, a qualsivoglia domanda e azione inerente a tale contratto. Inoltre, eccepisce la natura up front delle commissioni di distribuzione, in quanto volte a remunerare le attività prodromiche alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi stipula del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole finanziamento. Chiarisce peraltro che si tratta di somme mai entrate nella propria disponibilità e direttamente versate al terzo intermediario del contratto credito. Invero, rappresenta che tale costo - nel momento in cui transita dalla sfera giuridica patrimoniale dell’intermediario a quella di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’artun soggetto terzo – non può essere più recuperato dal finanziatore. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei Nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione erogante possono essere reclamati solo i costi di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del sua pertinenza restando esclusi i costi connessi al contratto di finanziamento sottoscrittovolti a remunerare prestazioni rese da terzi, previa dichiarazione tra cui rientrano le commissioni corrisposte all’intermediario del credito. L’intermediario formula, infine, una serie di nullità delle relative clausole contrattualiconsiderazioni a proposito dell’efficacia tra privati e della retroattività della sentenza interpretativa resa dalla Corte di Giustizia l’11 settembre 2019. In particolare, ovvero deduce che tale sentenza, avendo ad oggetto l’art. 16 della direttiva 2008/48 (peraltro non self executing), vincola soltanto gli Stati, non potendo trovare applicazione diretta nei rapporti tra privati. Ne consegue che la liberazione dall’obbligo stessa non è invocabile per regolare il caso di pagare queste commissionispecie, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazioneche resta disciplinato da quanto previsto dal contratto, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese conformità con la normativa nazionale e interessi pagati o dovuti in base al contratto regolamentare di finanziamento; 3riferimento. in via subordinata, L’intermediario conclude per il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria rigetto del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaricorso.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce Con ricorso del 6/10/2015 la ricorrente afferma di aver sottoscritto con l’intermediario convenutoavere sottoscritto, in data 16.12.201629/07/2011, un contratto di leasing finanziario automobilistico mutuo con opzione finale l’intermediario resistente per l’importo di acquistoeuro 4.500.000,00 da estinguersi in 76 rate trimestrali e di avere presentato, in data 21/01/2015, una richiesta di sospensione del pagamento delle rate ai sensi dell’Accordo per il credito 2013 a favore delle PMI. La locazione finanziaria prevedevaLamenta l’assenza di riscontro dell’intermediario a tale domanda di sospensione che, oltre al pagamento a suo dire, avrebbe meritato accoglimento per la sussistenza di tutti i requisiti richiesti e per la mancata precedente fruizione della moratoria del prezzo dell’autovettura finanziamento in 48 rate mensiliparola. Riferisce che solo con nota del 7/04/2015, e quindi successivamente alla presentazione di apposito reclamo, l’intermediario comunicava il rigetto della richiesta di sospensione dei pagamenti, motivandola con la precedente fruizione del beneficio da parte della mutuataria ai sensi delle Misure per il credito alle PMI del 2012. Afferma di avere avanzato una nuova richiesta ai sensi dell’Accordo per il credito 2015 in data 18/06/2015 e di avere proposto un nuovo reclamo all’intermediario in data 31/07/2015, stante, di nuovo, l’assenza di riscontro alla richiesta avanzata. Con il ricorso all’ABF, la corresponsione società ricorrente contesta l’opposizione e l’assenza di commissioni ogni motivazione dell’intermediario resistente alle richieste avanzate per ottenere l’ammissione alla moratoria e spese chiede all’ABF l’applicazione dell’Accordo per Euro 488,00 il Credito 2013 secondo lo schema e con i presupposti della normativa in esame, dopo aver segnalato di essere in possesso di tutte le condizioni e i requisiti richiesti dalla normativa vigente per l’accesso alle predette misure. Nelle proprie controdeduzioni, l’intermediario eccepisce l’irricevibilità del ricorso sul presupposto della natura costitutiva della pronuncia richiesta dalla ricorrente all’ABF, al quale la ricorrente chiede l’”applicazione” dell’Accordo per il credito 2013. Nel merito, e con riguardo alla prima richiesta di moratoria formulata dalla ricorrente, segnala che quest’ultima aveva già beneficiato della sospensione del pagamento delle rate del mutuo nel periodo giugno-settembre 2012 in applicazione delle “Nuove misure per il Credito alle PMI” del 2012, ciò che determinava l’impossibilità di accedere per una seconda volta alla predetta moratoria, secondo i chiarimenti forniti dall’ ABI che indicavamo, come condizione di tale agevolazione, la mancata precedente fruizione del beneficio di cui alle “Nuove Misure per il Credito alle PMI” del 28 febbraio 2012”. Con riferimento alla seconda richiesta avanzata ai sensi dell’Accordo per il credito del 2015, l’intermediario osserva che l’accordo non prevede alcun automatismo nell’accesso a tale sospensione, restando invece ferma l’autonomia delle banche nella valutazione delle richieste ricevute, in applicazione del principio di sana e prudente gestione. In tale prospettiva, dichiara di aver valutato il merito creditizio della società ricorrente e di interessi passivi per Euro 1.629,10aver considerato, per un totale di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercatoa tal fine, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui suo inadempimento all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi e costi 6 del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole mutuo che consentiva alla banca di chiedere la risoluzione del contratto o di leasing esercitare il diritto di recesso laddove, dal bilancio della società, fosse risultato un finanziamento soci inferiore a euro 1.500.000,00, come si era effettivamente verificato (il bilancio d’impresa al 31/12/2014 evidenziava infatti un finanziamento soci di euro 453.000,00). Precisa, pertanto, che, pur non avendo ritenuto, per violazione il momento, di risolvere il contratto, tale circostanza aveva influito sulla valutazione del divieto merito creditizio della ricorrente nel valutare la sua richiesta di intese restrittive) nonchéaccesso alla moratoria. Chiede pertanto all’ABF, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, dichiarare irricevibile il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazionericorso, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamentoquanto volto ad ottenere una pronuncia costitutiva estranea alla competenza dell’ABF; 3. in via subordinata, chiede all’ABF di “riconoscere che la sospensione del pagamento delle rate di mutuo ai sensi dell’”Accordo per il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso credito 2015” costituisce decisione rimessa alla valutazione del merito creditizio del cliente da parte della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. banca e, dunque, escludere il diritto della ricorrente ad ottenere detto beneficio in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessiassenza dell’espresso consenso dell’intermediario. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passiva.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce La ricorrente espone di aver sottoscritto con essere titolare dal 2007 di un contratto di conto corrente affidato acceso presso l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un contratto relazione al quale imputa all’intermediario convenuto la violazione della disciplina in materia di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni usura e spese per Euro 488,00 e l’applicazione di interessi passivi per Euro 1.629,10, per un totale di Euro 2.117,10 (cfranatocistici. all. b) al ricorso). Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del MercatoIn particolare, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)riguardo all’usura, ha accertato l’esistenza l’istante richiama integralmente la perizia tecnica prodotta e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di quanto corrisposto a titolo denuncia l’applicazione di interessi e costi commissioni usurarie “nel corso del contratto rapporto”, rilevando che il costo effettivo del credito, a far data dal IV trimestre del 2012 sino alla fine del 2014, avrebbe superato ripetutamente i tassi soglia ratione temporis vigenti; in relazione all’anatocismo, contesta l’applicazione di finanziamento interessi composti a decorrere dal 1° gennaio 2014. Riscontrato negativamente il reclamo, la ricorrente ha chiesto all’Arbitro di condannare la controparte alla restituzione di euro 7.585,85 per usura (sul presupposto della nullità indebito), di cui euro 81,98 per anatocismo, così come specificato nella perizia. Costituitosi ritualmente, l’intermediario, sulla base delle relative clausole del contratto argomentazioni esposte, ha chiesto al Collegio: in via principale, di leasing per violazione del divieto respingere il ricorso perché infondato; in via subordinata (ed in sede di intese restrittive) nonché“integrazione alle controdeduzioni”), ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, di circoscrivere il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCMad euro 4.445,00 ovvero al rimborso degli oneri addebitati nei trimestri oggetto di contestazione. In sede di controdeduzioni, l’intermediario ha formulato analitiche eccezioni alle deduzioni del ricorrente, che possono così sintetizzarsi. A) Quanto al paventato superamento del tasso soglia, la resistente eccepisce che il ricorrente avrebbe adottato una metodologia di calcolo difforme da quella indicata nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” e specificata nelle “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei TEG ai sensi della legge sull’usura” (c.d. “FAQ Bankit”), avendo in specie incluso nel calcolo del TEG tutti i costi di gestione del rapporto (es. canone di gestione del c/c e costo di rilascio carnet assegni) anziché solo quelli connessi all’erogazione del credito, e sistematicamente annualizzato la CIV. Ne sarebbe pertanto derivato “uno sforamento artificioso” del tasso soglia. B) In relazione all’asserito anatocismo, l’intermediario ha sostenuto la conformità del contratto alla normativa all’epoca vigente (Delibera CICR 2000), essendo stata espressamente prevista, con clausola specificamente approvata per iscritto, la capitalizzazione di interessi attivi e passivi con pari periodicità trimestrale. Parte resistente rileva peraltro di aver formulato al ricorrente, per mero spirito conciliativo, una proposta di rimborso degli oneri complessivamente addebitati sul rapporto oggetto di contestazione pari ad Euro 4.676,74, inizialmente accettata, ma poi abbandonata a seguito della presentazione del ricorso. Con la successiva nota integrativa, l’intermediario convenuto ha rilevato, quale ulteriore elemento di discrasia tra la metodologia peritale e quella “ufficiale”, la mancata osservanza degli specifici criteri relativi alle variazioni di accordato intervenute nello stesso trimestre di rilevazione, allegando, a riprova del rispetto della normativa sull’usura, elaborazioni effettuate dalla funzione di audit interno; ha ulteriormente imputato alla richiesta del ricorrente errori anche nel quantum, atteso che, trattandosi di usura sopravvenuta, non troverebbe applicazione la sanzione civilistica della non debenza degli interessi bensì, sulla scorta di copiosa giurisprudenza ordinaria e dello stesso Xxxxxxx, l’inesigibilità di quelli eccedenti la soglia legale. Parte ricorrente ha presentato repliche alle osservazioni svolte in sede di controdeduzioni dall’intermediario, precisando: A) in merito all’applicazione di interessi anatocistici, che in perizia il rilievo è espressamente riferito al riscontro negativoperiodo successivo al 31/12/2013, quando con l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 120, comma 2, Tub, la capitalizzazione trimestrale degli interessi in conto corrente, prima autorizzata – a condizione di pari periodicità – dalla delibera CICR del 2000, deve ritenersi, a suo avviso, vietata; B) quanto agli elementi di costo da includere nel calcolo del TEG, la ricorrente corregge parzialmente la propria linea, escludendo che ogni addebito debba essere comunque considerato; insiste, però, sull’opportunità di includere nel computo le spese per comunicazioni, inerenti tutte alle condizioni economiche applicate al rapporto: in particolare, in data 19.03.2019relazione all’annualizzazione della commissione di istruttoria veloce, dell’intermediario convenutorettificando parzialmente quanto sostenuto nella memoria introduttiva, che opponeva la ricorrente riporta nuove elaborazioni peritali che, sulla base delle istruzioni fornite dalla Banca d’Italia nel documento “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di aver ceduto rilevazione dei TEG ai sensi della legge sull’usura - novembre 2010”, considerano nel TEG, in caso di utilizzo extrafido continuativo iniziato nei trimestri precedenti, tutti gli oneri addebitati nel corso dell’intera durata dello sconfinamento. Pertanto, la ricorrente conclude che, dal 4° trimestre 2012 al terzo del 2013 e poi nei primi due del 2014, il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivasarebbe stato affetto da deficienza usuraria.

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FATTO. Il ricorrente, che si qualifica non consumatore, deduce di aver sottoscritto con l’intermediario convenuto, in data 16.12.2016, un Nel luglio 2010 il ricorrente estingueva anticipatamente il proprio contratto di leasing finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio - con rata mensile di € 205,00 e durata 120 mesi - stipulato nel mese di maggio 2005. Il 17/12/2012 il cliente, per il tramite di Associazione dei Consumatori […], chiedeva all’intermediario il rimborso di € 2.552,66 - relativi alla quota non ancora maturata delle commissioni agente/mediatore per € 1.307,90, delle commissioni intermediario finanziario automobilistico con opzione finale per € 689,62 e di acquistooneri assicurativi per € 555,14. La locazione finanziaria prevedeva, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura Al netto della somma già riconosciuta dall’intermediario in 48 rate mensilisede di estinzione anticipata, la corresponsione somma ammonta a € 2.401,86. Nel ricorso il ricorrente – per il tramite della citata Associazione dei consumatori – reitera le medesime richieste formulate con il reclamo e svolge una serie di considerazioni; in particolare viene lamentata l’assenza di chiarezza e trasparenza delle clausole contrattuali, nonché l’inosservanza dell’art. 125, comma 2 TUB. Con riferimento al rimborso del premio assicurativo, vengono citati l’accordo ABI – ANIA del 22 ottobre 2008 e il Regolamento ISVAP n. 35/2010, all’art. 49. In materia di ripetizione della quota parte delle commissioni e spese degli oneri non goduti, sono state richiamate le comunicazioni della Banca d’Italia del 10 novembre 2009 e del 7 aprile 2011. Sulla base del criterio “proporzionale” in base alla residua durata contrattuale, è stato richiesto in rimborso un valore complessivo di € 2.401,86, al netto del rimborso già riconosciuto in sede di conteggio estintivo, pari a € 150,80. L’intermediario, preliminarmente, eccepisce la non procedibilità ratione temporis del ricorso per Euro 488,00 essere il finanziamento stato stipulato antecedentemente al 1° gennaio 2009 (limite temporale individuato dalle disposizioni per la possibile sottoposizione della controversia all’ABF). Nel merito, l’intermediario osserva come il ricorso presentato dal cliente miri ad ottenere l’invalidità di talune previsioni contrattuali, sebbene sottoscritte ai sensi e per gli effetti degli artt. 1341 e 1342 cc. e chiede che sia accertata l’irregolarità del conteggio di estinzione anticipata elaborato in conformità a dette pattuizioni. Delle due, l’una: se si contesta l’invalidità di talune previsioni contrattuali, allora “si contesta un vizio genetico del rapporto contrattuale” talché il ricorso sarebbe “improcedibile”; se invece si contesta solo il conteggio di anticipata estinzione, il ricorso sarebbe da rigettare perché “il ricorso è stato elaborato in base a previsioni contrattuali liberamente accettate e non contestate”. In particolare l’intermediario convenuto ha argomentato che la somma richiesta a titolo di estinzione anticipata porta un capitale residuo quantificato in applicazione della formula matematica contenuta nell’allegato 2 al D.M. 8 luglio 1992 che prescrive la restituzione dei soli interessi passivi per Euro 1.629,10al tasso indicato nel contratto; pertanto, per un totale secondo quanto sostenuto “le pattuizioni contrattuali che disciplinano l’estinzione anticipata non contrastano con la normativa applicabile “ratione temporis” che non chiedeva né imponeva di Euro 2.117,10 suddividere i costi e gli oneri, ulteriori rispetto agli interessi, da restituire in caso di estinzione anticipata. Il nuovo articolo 125 sexies TUB, introdotto dal D. Lgs. 141/2010, è applicabile solo ai contratti stipulati dopo l’agosto 2010 anche in virtù del Decreto 3 febbraio 2011, art. 13, comma 4 “…. .Per i rimanenti aspetti, tali contratti rimangono disciplinati dal decreto del Ministro del tesoro 8 luglio 1992”. Valutato alla luce delle norme applicabili “ratione temporis” (cfrossia art. all125 TUB e la formula richiamata dall’art. b3, comma 2 del D.M. 8 luglio 1992) al ricorso)il ricorso non può essere accolto, non potendosi applicare il concetto di “pura equità” introdotto dal nuovo articolo 125 sexies TUB, integrato dalle successive disposizioni della Banca d’Italia. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27492/2018 del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso), ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo chiede la restituzione di quanto corrisposto a titolo di interessi delle commissioni e costi del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing dei premi non goduti. L’intermediario insiste per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, l’improcedibilità o il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”. L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto in data 1.03.2019 ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziario, comprensivo dell’intero portafoglio prodotti, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrente. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità del ricorso per suo difetto di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivarigetto.

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FATTO. Il ricorrentericorrente deduce di essere stato socio e legale rappresentante di una società in nome collettivo, che si qualifica non consumatore, deduce era a sua volta titolare del rapporto di aver sottoscritto conto corrente n. ***067 perfezionato con l’intermediario convenuto. In relazione al predetto rapporto bancario, in data 16.12.2016il ricorrente ha presentato ricorso davanti al Collegio ABF di Roma che, un contratto con la decisione n. 3259/16, ha affermato che, dopo lo scioglimento e l’estinzione della società titolare del conto corrente, “non risultano più legittimi gli addebiti relativi a spese e commissioni, direttamente riconducibili al rapporto di leasing finanziario automobilistico con opzione finale di acquisto. La locazione finanziaria prevedevaconto corrente, oltre al pagamento del prezzo dell’autovettura in 48 rate mensili, la corresponsione di commissioni e spese per Euro 488,00 e potendo dunque lo stesso essere produttivo unicamente di interessi passivi per Euro 1.629,10il successore del correntista estinto, da conteggiarsi sul saldo passivo in essere a siffatta data, nella misura prevista dal contratto per un totale l’ipotesi di Euro 2.117,10 (cfr. all. b) al ricorso)estinzione o, in difetto, nella misura legale”. Il ricorrente deduce che l’Autorità Garante chiede pertanto all’ABF di Bologna di dichiarare la banca, alla luce della Concorrenza e decisione assunta dal Collegio di Roma, tenuta a restituirgli l’importo degli interessi addebitati nel predetto conto corrente dall’11.04.2012 fino al 27.01.2013, indebito da maggiorarsi a sua volta di interessi al tasso legale dal dì del Mercatodovuto sino al saldo effettivo. Inoltre, con provvedimento n. 27492/2018 poiché a dire del 20.12.2018 (prodotto sub all. c) al ricorso)ricorrente il contratto di conto corrente non conteneva alcuna pattuizione sul tasso di interesse per il caso di estinzione, ha accertato l’esistenza e l’attuazione, dal giugno 2003 all’aprile 2017, di un’intesa restrittiva della concorrenza tra svariate case automobilistiche e le loro captive banks, ivi compreso l’intermediario convenuto. Il provvedimento ha quindi comminato una sanzione nei confronti dell’intermediario convenuto per violazione del divieto di accordi tra imprese e di pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio fra gli Stati membri di cui all’art. 101 del TFUE. Deduce chiede altresì che tale provvedimento sanzionatorio è stato impugnato dagli intermediari sanzionati, ivi compreso l’intermediario convenuto, davanti al Tar del Lazio che, con ordinanza n. 2047/2019, ne ha disposto l’ABF dichiari la sospensione in via cautelare fino alla decisione del merito, per la quale è stata fissata l’udienza del 26 febbraio 2020. In data 26.02.2019 il ricorrente aveva proposto reclamo all’intermediario convenuto chiedendo la restituzione di banca tenuta a restituirgli quanto corrisposto addebitatogli a titolo di interessi e costi ad un tasso superiore a quello legale (che all’epoca era del contratto di finanziamento (sul presupposto della nullità delle relative clausole del contratto di leasing per violazione del divieto di intese restrittive) nonché, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 3/2017, il risarcimento del danno subito a causa della violazione del diritto della concorrenza imputata all’intermediario convenuto dalla decisione dell’AGCM. In seguito al riscontro negativo, in data 19.03.2019, dell’intermediario convenuto, che opponeva di aver ceduto il rapporto controverso ad altra società finanziaria del medesimo gruppo automobilistico, il ricorrente proponeva ricorso all’ABF in data 18.10.2019 nei confronti dell’intermediario cedente, senza convenire la finanziaria cessionaria. Il ricorrente concludeva chiedendo: “1. in via principale, la restituzione di tutte le commissioni, spese e interessi pagati in esecuzione del contratto di finanziamento sottoscritto, previa dichiarazione di nullità delle relative clausole contrattuali, ovvero la liberazione dall’obbligo di pagare queste commissioni, spese e interessi, nella misura in cui essi non siano ancora stati pagati; 2. in via alternativa, il risarcimento dell’intero danno subito a causa della violazione, in misura pari all’intero importo delle commissioni, spese e interessi pagati o dovuti in base al contratto di finanziamento; 3. in via subordinata, il ricalcolo dei tassi applicati al tasso sostitutivo di cui all’art. 117 TUB con eventuale rimborso della differenza per i finanziamenti già estinti; 4. in via ulteriormente subordinata, il risarcimento di un danno almeno pari al 20% di tutte le commissioni, spese e interessi previsti dal contratto o nella diversa misura ritenuta equa dal Collegio; 5. in ogni caso, con rivalutazione e interessi”2,5%). L’intermediario, costituitosi, eccepisce di aver ceduto l’inammissibilità del ricorso sia per violazione del principio del ne bis in data 1.03.2019 idem, in quanto il ricorrente avrebbe già presentato in precedenza vari ricorsi aventi ad altra finanziaria del medesimo gruppo automobilistico l’intero ramo di azienda dedicato al business del leasing finanziariooggetto le condizioni economiche applicate, comprensivo dell’intero portafoglio prodottisia per indeterminatezza delle conclusioni in esso rassegnate, ivi incluso il contratto di leasing automobilistico perfezionato col ricorrentein quanto ciò rinvia ad un’attività consulenziale invece preclusa all’ABF. Eccepisce conseguentemente l’improcedibilità inoltre che, in relazione all’esposizione di 22.732,35 euro del ricorso conto corrente in questione, il ricorrente ha sottoscritto nel 2013 un piano di rientro nel quale si riconosceva espressamente debitore della somma dovuta dalla società alla banca “ogni eccezione e riserva rimossa”. Nel merito eccepisce che gli interessi sono stati correttamente conteggiati in base alle condizioni economiche pattuite e successivamente modificate come da normativa tempo per suo difetto tempo vigente. Conclude, pertanto, chiedendo all’ABF di legittimazione passiva ed indica come unico soggetto legittimato passivamente la finanziaria cessionaria. Conclude chiedendo di respingere rigettare il ricorso poiché improcedibile per difetto di legittimazione passivaperché non provato ed infondato.

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