FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..
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Samples: Rinegoziazione
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 Il ricorrente, cointestatario unitamente al coniuge di un conto corrente di corrispondenza presso la banca convenuta, lamenta l’addebito non autorizzato operato dall’intermediario sul conto in oggetto e imputato a pagamento di talune rate scadute di un finanziamento chirografario concesso alla ditta individuale di cui il medesimo è titolare. In particolare, esponeva il ricorrente lamentava che l’intermediario l’addebito operato dall’intermediario determinava l’azzeramento della disponibilità liquida presente sul conto personale; sicché, in mancanza della necessaria provvista, un assegno bancario emesso per l’importo di € 1.150,00 veniva reso insoluto per carenza della necessaria provvista, causando allo stesso “un notevole danno di immagine”. Pertanto, con reclamo del 5 maggio 2015, il correntista chiedeva all’intermediario il rimborso dell’importo illegittimamente addebitato sul conto corrente cointestato nonché il risarcimento dei danni patrimoniali e non avesse dato seguito ad un accordo patrimoniali patiti, quantificati in € 20.000,00, e la rifusione di rinegoziazione€ 3.000,00 a titolo di spese di assistenza tecnica. In riscontro al reclamo, nonostante l’esistenza la banca sottolineava la correttezza del proprio operato deducendo che: “in caso di tutte le condizioni ditta individuale non vi è separazione tra il patrimonio personale e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxquello aziendale, infattiatteso che l’imprenditore risponde delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio”; Ritenuto insoddisfacente il riscontro ricevuto, il ricorrente si è determinato a presentare l’odierno ricorso a mezzo del quale, deducendo la condotta contraria a buona fede dell’intermediario nell’esecuzione del contratto – non avendo lo stesso provato la sussistenza di essere contitolareun’autorizzazione all’addebito delle rate sul conto cointestato, insieme né comunicato al coniugemedesimo di essersi avvalso della compensazione legale – ha chiesto all’Arbitro di disporre (a carico della banca convenuta) “la restituzione a mezzo assegno circolare della somma di € 1.313,45; il pagamento della notula spese pari ad € 3.000,00; un rimborso per danni morali, patrimoniali, esistenziali e biologici di € 20.000,00”. Costituitasi, la convenuta si è opposta alle richieste di parte avversa evidenziando, in primo luogo, che il ricorrente - titolare dell’omonima ditta individuale - è intestatario di un conto corrente aziendale acceso in data 21 settembre 2010, sul quale insisteva un’apertura di credito dell’importo di € 5.000,00, scaduta il 3 settembre 2014, nonché di un finanziamento chirografario per l’importo di € 25.000,00 concesso alla stessa ditta in data 24 settembre 2010 e rimborsabile in n. 60 rate mensili; il finanziamento, assistito da garanzia prestata da società terza per l’importo di € 12.500,00, perfezionata in data 24 settembre 2010 e scaduta il 30 settembre 2015, presenta un’“esposizione debitoria a data corrente dell’importo di € 4.094,74 corrispondente alle ultime nove rate del finanziamento impagate (dall’1.1.2015 al 30.9.2015)”. Il ricorrente è altresì titolare, unitamente alla moglie, di un “conto corrente di corrispondenza semplice” acceso in data 12 ottobre 2009. La moglie del ricorrente è inoltre garante della ditta individuale intestata al marito, nei confronti della quale ha prestato le seguenti fideiussioni: fideiussione generica “omnibus limitata” per l’importo di € 6.500,00 perfezionata in data 23.9.2010; fideiussione “specifica limitata” a garanzia del finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e chirografario perfezionata in data 24.9.2010. Tanto premesso, la convenuta ha esposto di aver presentatoprovveduto ad addebitare sul conto corrente personale cointestato l’importo di € 1.313,45 (in data 26 marzo 2015), “per il pagamento di alcune rate arretrate del finanziamento chirografario intestato alla ditta individuale”, affermando che “la modifica del conto di appoggio era stata concordata con il cliente ed accettata informalmente dallo stesso”. L’addebito ha causato l’azzeramento della disponibilità liquida presente sul predetto conto. Il successivo 1° aprile 2015 è pervenuto l’assegno bancario emesso dal ricorrente in data 23 marzo 2015 per l’importo di € 1.150,00; di conseguenza, in assenza di disponibilità, il titolo è stato “reso insoluto in quanto pervenuto fuori termine per il protesto e consegnato in stanza in data 9.10.201507.04.2015”. Peraltro, richiesta risultando il titolo fuori termine per il protesto, alcuna segnalazione pregiudizievole è stata effettuata a carico del traente. Infine, la resistente ha affermato che: “il credito azionato non era costituito soltanto dall’esposizione del debitore principale, quanto piuttosto dall’obbligazione fideiussoria assunta dalla cointestataria del rapporto di conto corrente che è stato utilizzato per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto parziale estinzione dell’esposizione in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario capo al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza titolare della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazioneditta individuale”. LamentavaCiò posto, dunque la convenuta, ritenendo legittimo il ricorrente che il comportamento dell’intermediario proprio operato sulla base del disposto di cui agli articoli 1853 e 1854 cod. civ., si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza opposta alle istanze risarcitorie e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamenteaccessorie formulate dal ricorrente, in data 4 febbraio 2016quanto sprovviste del necessario supporto probatorio, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione concludendo per il rigetto del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..ricorso.
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Samples: Controversy Resolution Agreement
FATTO. Con Nel proprio ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito narra di essersi iscritto ad un accordo corso di rinegoziazionelingua inglese. Per il pagamento del relativo corrispettivo, nonostante l’esistenza pari a € 1.824,00, optava per un finanziamento con l’intermediario convenuto, strutturato in n. 12 rate mensili di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo€ 152,00 cad. Xxxxxxx, infatti, Con lettera del 13.5.2009 (non prodotta dalle parti) il ricorrente comunicava all’intermediario la propria intenzione di essere contitolaresospendere i pagamenti a causa dell’inadeguata prestazione del servizio. Di conseguenza il 10.6.2009 l’intermediario scriveva alla scuola di lingua per chiedere: • copia del contratto sottoscritto dal cliente, insieme “specificando il luogo di sottoscrizione”; • dichiarazione in merito a quanto lamentato dall’interessato; • copia completa della documentazione intercorsa sull’argomento. La eventuale risposta fornita dalla scuola non è stata esibita dalle parti, che, invece, hanno prodotto copia di una lettera indirizzata al coniugericorrente, datata 28.7.2009, con la quale la scuola faceva presente che il contratto non prevedeva la possibilità di recedere unilateralmente, come si evinceva dalle “Condizioni Generali riportate sul retro … conosciute e controfirmate per accettazione”. Il cliente veniva invitato ad un finanziamento contratto con l’intermediario incontro per l’acquisto della prima casa verificare e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta risolvere le problematiche incontrate nello svolgimento del corso e per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediariopianificare lo svolgimento dello stesso. Il ricorrente riferivaribatteva con lettera del 31.7.2009, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova formulando la richiesta di rinegoziazione“bonaria recessione consensuale”. All’intermediario, interessato per conoscenza, rinnovava l’invito a “non essendo la prima andata a buon fine provvedere ad alcun addebito di interessi per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero ritardato pagamento … [né] ad alcuna iscrizione … dei dati in sistemi di informazioni creditizie”. Con nota del 22.9.2009 l’intermediario comunicava all’interessato di avere provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava “informare i Sistemi di dar corso Informazioni Creditizie in merito alla rinegoziazionecontestazione in corso” e che tale precisazione sarebbe stata accessibile “a tutti gli Enti finanziatori che si dovessero trovare nelle condizioni di consultare gli archivi del SIC”. La fase del reclamo si concludeva con due ulteriori atti: una lettera del 10.5.2010, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque quale il ricorrente chiedeva all’intermediario conferma dell’avvenuta cancellazione del suo nominativo dagli archivi SIC, e la relativa risposta, datata 1.6.2010, con la quale gli veniva confermato che, salvo diversi accordi con la scuola, il contratto rimaneva in essere “a tutti gli effetti di legge” così come stabilito dall’art. 17 delle Condizioni Generali e che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che pertanto la richiesta di rinegoziazione cancellazione non poteva essere accolta. Non ritenendosi soddisfatto, il 9.6.2010 l’interessato presentava ricorso, chiedendo all’ABF: • la cancellazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancaproprio nominativo dagli archivi SIC; • la restituzione della somma di € 152,00, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto quale prima rata pagata a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..favore dell’intermediario;
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Samples: Financing Agreement
FATTO. La questione oggetto della controversia attiene all’accertamento della illegittimità dell’iscrizione in Centrale Rischi e del conseguente diritto al risarcimento dei danni. Con ricorso presentato il 27 giugno 2015 con l’assistenza di un legale – preceduto da reclamo del 24 giugno 2016 febbraio 2015, riscontrato dall’intermediario in data non precisata – il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoha esposto che, in data 9.10.201527 febbraio 2014, richiesta definiva in via transattiva con la resistente la propria posizione debitoria eseguendo regolarmente i pagamenti concordati. Tuttavia, si avvedeva che il proprio nominativo era censito nella Centrale dei rischi della Banca d’Italia, con segnalazione “a sofferenza” fino al mese di ottobre 2014, con un evidente errore, atteso che la posizione era stata definita nel precedente mese di febbraio. Ha dedotto che la segnalazione era illegittima, quindi, per l’insussistenza del presupposto dello stato di insolvenza, ma anche della prevista “comunicazione di imminente iscrizione”, e, pertanto, insoddisfatto dell’esito del reclamo, si è rivolto all’Arbitro bancario finanziario e ha chiesto la rinegoziazione “eliminazione del mutuopregiudizio” mediante la cancellazione delle “segnalazioni illegittime e/o inesistenti”; a valle della richiesta, ha pure “segnalato” un precedente giurisprudenziale, in forza del quale la condotta illecita dell’intermediario in ipotesi siffatte determina un danno in re ipsa, che esonera il danneggiato dall’onere della prova e che può essere liquidato in via equitativa. Narrava ancora Nelle controdeduzioni, presentate il 15 settembre 2015, l’intermediario ha precisato che il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancaera titolare di due conti correnti affidati entrambi per € 15.000,00. Nel dicembre 2008, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordocausa di un persistente sconfinamento e dell’assenza di versamenti, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 la resistente deliberava la revoca delle facilitazioni e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la successiva voltura dell’esposizione complessiva prima andata ad incaglio (nel gennaio 2009) e poi a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazionesofferenza (nell’agosto 2011), con la seguente motivazione: conseguente segnalazione alla Centrale dei rischi, dove peraltro il cliente risultava già censito per iniziativa di altro intermediario; di tanto il ricorrente veniva informato con nota del 2 agosto 2011 inviata presso il domicilio eletto in sede contrattuale. Ciò premesso, l’intermediario ha sostenuto la legittimità della segnalazione a sofferenza a partire dal mese di agosto 2011 fino a quello di novembre 2014, mese in cui è avvenuto l’ultimo versamento effettuato dal debitore in esecuzione dell’accordo transattivo; dal successivo mese di dicembre infatti il credito è stato segnalato “manca la scelta di rinegoziazionea perdita”. LamentavaHa chiesto, dunque quindi, il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..domanda.
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Samples: Controversy Resolution Agreement
FATTO. Con ricorso La vicenda portata alla cognizione del 24 giugno 2016 Collegio trae origine da un contratto di factoring pro solvendo, stipulato il 4 maggio 2006 tra la Società ricorrente lamentava e l’intermediario e la cui efficacia è cessata nel 2008 per effetto di esercizio del diritto di recesso da parte della Società, e che l’intermediario quest’ultima lamenta non avesse dato seguito ad essere stato correttamente eseguito. In particolare l’oggetto del contendere investe le modalità di gestione, da parte del factor, delle iniziative per la riscossione di due crediti, per l’importo nominale di complessivi € 88.167,62, aventi il loro titolo in fatture con scadenza 2 gennaio e 1 febbraio 2007, emesse dalla ricorrente nei confronti di un accordo impresa terza sulla base di rinegoziazione, nonostante l’esistenza un contratto di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordoappalto. XxxxxxxCome si legge nel reclamo – inviato in data 15 aprile 2009 – il factor sarebbe stato, infatti, colpevolmente inerte nell’attivare le iniziative giudiziarie per la riscossione dei crediti suddetti – la cui esistenza ed esigibilità, in principio confermata con lettere indirizzate al factor al momento della cessione, era stata successivamente contestata dal debitore ceduto, il ricorrente quale aveva anzi sollevato diverse eccezioni per rifiutare il pagamento (da quella di essere contitolarefalsità delle firme apposte sulle lettere di accettazione delle cessioni, insieme a quella di compensazione per esistenza di maggiori crediti a proprio favore e derivanti da inadempimento del cedente al coniugecontratto di appalto) – al punto da optare, alla fine, per la retrocessione dei medesimi alla ricorrente, la quale ha dovuto così sostenere l’onere economico, oltre che della restituzione dell’importo oggetto di anticipazione, anche delle iniziative finalizzate all’incasso, in via giudiziaria, dei crediti dal debitore ceduto. In relazione ai fatti così evidenziati la ricorrente, dopo aver sottolineato l’eccessiva onerosità del contratto di factoring (nel frattempo risolto), ha chiesto all’intermediario, in sede di reclamo, di un finanziamento contratto con l’intermediario rimborsarle la somma di € 20.220,65 “per l’acquisto della prima casa non aver beneficiato dei servizi e di aver presentatoavere sostenuto dei costi aggiuntivi per tutelarsi dagli attacchi temerari e pretestuosi del proprio cliente e per scuotere il factor dalla totale e ingiustificata inerzia”. Non avendo l’intermediario soddisfatto tale richiesta, la Società si è dunque rivolta all’Arbitro Bancario Finanziario. Nel ricorso, ricevuto in data 9.10.201530 ottobre 2009, richiesta per oltre a ripercorrere le vicende illustrate nel reclamo la rinegoziazione Società ha ampliato l’ambito delle proprie contestazioni, deducendo - oltre al difetto di diligenza dell’intermediario nell’esecuzione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere contratto - anche contestazioni relative ad una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere più generale mancanza di correttezza e buona fedetrasparenza nella contabilizzazione delle operazioni e nella gestione degli accrediti, nonché contestazioni in ordine alla mancata restituzione, all’esito della cessazione del contratto, delle fideiussioni a suo tempo rilasciate. Sulla base di tali allegazioni la ricorrente ha, dunque, concluso chiedendo all’ABF di volere condannare l’intermediario al pagamento delle seguenti somme: - € 20.220,65 per “spese vive sostenute e giustificate oltre interessi legali”; - € 24.783,98 per “maggiori oneri sostenuti oltre interessi legali”; - € 10.000,00 a titolo di “forfait per danni relativi al blocco del fido concesso e all’immagine della società”; - € 100,00 per copia estratti conto richiesti. L’intermediario resiste ha risposto al ricorso con controdeduzioni, ritualmente depositate, con cui contesta tutti gli addebiti mossi al suo operato. In particolare, quanto alla domandacontestazione relativa al deficit di diligenza nella riscossione dei crediti di cui alle due fatture sopra citate, sostenendo l’intermediario, dopo aver dato conto dello scambio di corrispondenza intervenuto a più riprese con il debitore ceduto, e delle contestazioni sollevate da quest’ultimo, ha sottolineato come la retrocessione di tali crediti – oltre a costituire oggetto di una facoltà contrattualmente riconosciutagli, dal momento che nelle operazioni di factoring pro solvendo il cedente è tenuto a garantire non solo l’esistenza e l’esigibilità del credito ma anche che lo stesso verrà regolarmente saldato e in caso di mancato pagamento deve rimborsare l’anticipo ricevuto ed è tenuto a farsi carico delle azioni legali di recupero - fosse stata espressamente concordata con la richiesta ricorrente. Alla controdeduzione dell’intermediario, la ricorrente ha replicato, ulteriormente ampliando l’oggetto delle proprie contestazioni. In sede di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancareplica la Società ha, infatti, lamentato che dal comportamento dell’intermediario, che faceva avere ai richiedenti l’istanza ha determinato l’estinzione anticipata degli affidamenti ricevuti dalla ricorrente, sarebbero derivati ulteriori danni che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancavengono quantificati nella somma di € 500.000,00. Sempre in sede di replica, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione la Società articola altresì la domanda di “visto l’originale” e timbro condanna al pagamento di una somma equivalente al valore dei crediti oggetto della retrocessione da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..factor.
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Samples: Factoring Agreement
FATTO. Con La parte ricorrente espone, allega e chiede nel ricorso quanto segue. - Il 13/05/2013 ha stipulato con l’intermediario un contratto di finanziamento da rimborsare dietro cessione del 24 giugno 2016 quinto dello stipendio, estinto anticipatamente dal 30/09/2017 dopo il ricorrente lamentava che pagamento di n. 51 rate delle n. 120 complessive. - A seguito dell’estinzione anticipata l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo ha rimborsato le commissioni e i costi non maturati fino alla scadenza del contratto. - Nel contratto non è chiara la distinzione tra commissioni c.d. recurring e commissioni c.d. up front. - Sono rimborsabili, per la parte non maturata, non solo le commissioni bancarie e finanziarie, ma anche le commissioni di rinegoziazioneintermediazione e i costi assicurativi. - In considerazione del rapporto di accessorietà dei contratti assicurativi e di mediazione creditizia, nonostante l’esistenza rispetto al rapporto di finanziamento, al loro rimborso è tenuto l'intermediario. - La sentenza della CGUE dell’11/09/2019, causa C-383/18, ha stabilito che in sede di estinzione anticipata spetta al cliente una proporzionale restituzione di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro spese associate al prestito, indipendentemente dalla loro natura up front o recurring. - In maniera conforme si è espresso anche il Collegio di riconoscere valido ed efficace detto accordoCoordinamento ABF (n. 26525/2019). Xxxxxxx- Dopo aver esperito infruttuosamente il reclamo, infattiparte ricorrente ha proposto ricorso chiedendo: o in via principale, il ricorrente rimborso di essere contitolarecomplessivi € 3.884,97, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto calcolati con il dovere criterio proporzionale, a titolo di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, oneri contrattuali non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava chematurati, al lordo di fuori quanto eventualmente già rimborsato, da considerarsi a titolo di particolari ipotesi normative acconto; o accordi con le associazioni di categoriain via subordinata, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio la riduzione della predetta somma in merito alle determinazioni riguardanti la concessione applicazione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto criterio proporzionale ai costi recurring e agli oneri assicurativi e del criterio della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..curva degli interessi ai costi up front;
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il Il ricorrente lamentava lamenta che l’intermediario non avesse dato seguito la clonazione di un assegno circolare per l’importo di euro 10.195,95, la cui scansione era stata inviata ad un accordo sedicente acquirente di rinegoziazionemerce via e- mail, nonostante l’esistenza non è stata rilevata né dall’Intermediario A emittente né dall’Intermediario B negoziatore. Rappresenta in particolare di tutte le condizioni aver ottenuto l’emissione dell’assegno circolare da una filiale dell’Intermediario A, presso la quale era titolare conto corrente e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordoche tale assegno non veniva consegnato personalmente al beneficiario ma scansionato e inviato a quest’ultimo via e-mail. Xxxxxxx, infattiAlcuni giorni dopo l'emissione dell'assegno circolare, il ricorrente si recava presso lo sportello della Intermediario al fine di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoverificare la regolarità dello stesso, in data 9.10.2015quanto il beneficiario comunicava mediante e-mail che l'assegno era stato già negoziato. Il ricorrente, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora dopo aver ottenuto in un primo momento il riaccredito dell'assegno sul conto corrente, si vedeva stornato il relativo importo in quanto l'assegno era stato clonato e incassato da un terzo soggetto dopo essere stato negoziato presso una filiale della Intermediario B. Il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancapresentava immediatamente denuncia all’Autorità, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediarioritenendosi vittima di una truffa. Il ricorrente riferivarappresenta inoltre che l'assegno negoziato (quello cioè clonato) presentava vizi rilevabili ictu oculi quali: la validità del modulo originale dell'assegno originale fino a euro 100.000 mentre il modulo utilizzato il titolo clonato aveva validità fino ad euro 10.000,00; l'apposizione di una firma completamente diversa; l'indicazione di diverso beneficiario, tuttavianonostante l’assegno fosse emesso come “non trasferibile”. Il ricorrente quindi rileva che il comportamento degli Intermediari A e B configuri una palese violazione dei comuni canoni di prudenza e diligenza (ex art. 1176, 2° comma c.c.) e pertanto una precisa responsabilità per i danni dallo stesso subiti. In esito ai reclami inviati, l’Intermediario A comunicava al ricorrente la volontà di sottoporre ai suoi Organi deliberanti una soluzione transattiva che contemplasse il pagamento a saldo e stralcio del 50% dell'importo facciale del titolo, mentre nessuna proposta transattiva veniva comunicata da parte dell’Intermediario B. Il ricorrente non accettava tale proposta e quindi si rivolge all’Xxxxxxx chiedendogli di disporre la restituzione della somma di euro 10.195,95 pari all’importo dell’assegno clonato. L’Intermediario A emittente conferma sostanzialmente le circostanze rappresentate dal ricorrente, assumendo però che l’Intermediario negoziatore sia l’unico in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno. Comunque, l’Intermediario A conferma di aver manifestato, in riscontro al reclamo, la disponibilità a transigere, ipotizzando un rimborso del 50% e invitando il ricorrente rivolgersi per la differenza all’Intermediario B negoziatore. Inoltre, l’Intermediario A rileva comunque una grave violazione dell’obbligo di custodia del titolo da parte del ricorrente, assumendo che il comportamento imprudente di questo abbia contribuito causalmente alla produzione dell'evento di danno, configurandosi nel caso di specie, certamente come gravemente colposo e imprudente il comportamento dello stesso ricorrente, che successivamente veniva contattato dall’intermediario trasmetteva l’assegno via e-mail a una controparte conosciuta tramite internet. L’Intermediario A sottolinea la circostanza che il fenomeno delle truffe su internet effettuate tramite assegno clonato/contraffatto è quotidianamente riportato nelle cronache giudiziarie e nella maggior parte dei casi si tratta proprio di fornitura di merce. Invoca quindi il buon senso che dovrebbe indurre a ritenere che colui che si appresta a concludere un affare in rete con degli sconosciuti debba tutelarsi preventivamente al fine di sottoscrivere evitare di essere la vittima di una nuova richiesta delle innumerevoli truffe largamente diffuse. In queste circostanze, l’aver posto in essere un atteggiamento poco prudente denota scarsa attenzione nella tutela dei propri interessi, oltre ad un grado di rinegoziazionenegligenza tale da integrare un comportamento dai connotati tipici della colpa grave. Attuando una condotta attenta, diligente e non caratterizzata da superficialità, il ricorrente avrebbe potuto evitare il realizzarsi della fattispecie oggetto di ricorso. L’Intermediario A emittente chiede quindi che l’Arbitro definisca la ripartizione del danno in esame fra tutte le parti, anche ai sensi dell'art. 1227 c.c., in misura proporzionale alle effettive responsabilità di ciascuna parte e cioè anche del ricorrente e dell’intermediario B e comunque in misura non superiore al 50% per l’Intermediario A. L’Intermediario B negoziatore assume che il titolo presentatogli era regolare e privo di alterazioni o irregolarità rilevabili ictu oculi, essendo stato evidentemente riprodotto, a seguito dell'invio della copia, un esemplare del tutto rispondente alle caratteristiche di un titolo di pagamento regolare e genuino e che, quindi, il controllo operato al momento della negoziazione è andato a buon fine. L’Intermediario B assume altresì che l’indicazione del diverso beneficiario costruisce circostanza di fatto nota e verificabile solo dall’emittente, facendo presente, inoltre, che il titolo è stato presentato mediante procedura di check- truncation. Infine, rileva come nella presente controversia assuma rilievo decisivo il contegno concretamente osservato dal ricorrente, il quale, nella descrizione dei fatti, si limita ad indicare di aver trasmesso l'immagine del titolo per il perfezionamento di una vendita, non essendo la prima andata essendovi alcun riferimento a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”precedenti trattative o contatti telefonici. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancaQuindi, secondo le modalità ivi precisatel’Intermediario B la condotta del ricorrente avrebbe esplicato una rilevante incidenza causale nella verificazione del danno, da valorizzarsi ai sensi del disposto dell’art. 1227 c.c.; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: tale condotta sembrerebbe anzi potersi qualificare come di per sé idonea e sufficiente per il verificarsi dell’illecito. Chiede quindi che l’Arbitro respinga il ricorso siccome infondato e “in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro considerazione del fatto che risulta in esame da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta dell'Istituto bancario interessato la possibilità di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione accogliere parzialmente l'istanza di mutuorimborso del cliente”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c...
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Samples: Not Applicable
FATTO. Con ricorso Parte ricorrente contesta la proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche del 24 giugno c/c che detiene presso l’intermediario convenuto. Chiede pertanto la restituzione di € 25,00 addebitati in data 31 dicembre 2016 il a titolo di maggiorazione una tantum dell’importo previsto dalla voce contrattuale “Spese e competenze del periodo di liquidazione”. Più precisamente, parte ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, è titolare di un finanziamento contratto conto corrente di corrispondenza ordinario, aperto presso un intermediario poi fuso con l’intermediario altri a costituire l’attuale resistente. In data 22/9/2016 gli perveniva una proposta di modifica unilaterale relativa alla voce contrattuale “Spese per l’acquisto elaborazione competenze del periodo di liquidazione” che veniva aumentata di € 25,00 alla luce dell’esborso sostenuto dalla Banca per la contribuzione al Fondo Nazionale di Risoluzione. Il 14/11/2016 presentava un reclamo per chiedere il ritiro della prima casa e detta proposta di aver presentatomodifica unilaterale, in data 9.10.2015quanto non rispettosa della normativa vigente; in particolare rilevava che: - non si trattava di un’effettiva variazione di condizioni contrattuali in essere, richiesta per ma di “un’aggiunta di costi di natura diversa ad una condizione contrattuale preesistente e quindi di un’impropria applicazione dell’art. 118 TUB”; - “se anche la rinegoziazione si volesse considerare una variazione di condizione contrattuale ex art. Con riscontro del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario6/12/2016 l’intermediario confermava la correttezza del proprio operato. Il ricorrente riferivapresentava, tuttaviaquindi, ricorso all’ABF domandando la restituzione dell’importo di € 25,00, in considerazione del fatto che successivamente veniva contattato dall’intermediario “quando codesto spettabile Xxxxxxx deciderà in merito al fine presente ricorso saranno già stati addebitati (in data 31 dicembre 2016) i 25,00 euro” che costituiscono la maggiorazione oggetto della modifica unilaterale de qua. Le argomentazioni del Cliente sono articolate come segue: • trattandosi di sottoscrivere “una nuova richiesta voce avulsa dalle spese cui è imputata” sarebbe stato “aggirato il divieto di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazioneintrodurre, con la seguente motivazioneprocedura dell’art. 118 TUB, clausole in precedenza non previste”; • non sussisterebbe “alcun nesso causale […] tra un costo straordinario di 113,9 milioni di euro sostenuto nel 2015 e i costi 2016 per l’elaborazione delle competenze del periodo di liquidazione, considerato anche che per gli anni successivi al 2016 la proposta in esame riporta detti costi ai livelli precedenti”; • “le modifiche normative di derivazione europea hanno come obiettivo di non far pagare ai contribuenti le crisi bancarie trasferendo l’onere alla clientela delle banche in crisi ed al sistema bancario tutelando comunque i depositanti sotto i 100.000,00 euro” e che pertanto la proposta dell’intermediario sarebbe “viziata da incoerenza normativa in quanto addebitandoci i 25,00 euro ci fa direttamente contribuire alla crisi di fine 2015 delle quattro banche pure essendo noi correntisti, di altra banca, con saldo inferiore ai 100.000,00 euro”; È stato sottolineato come l’intermediario convenuto abbia chiuso il 2015 in utile e si sono messi altresì in luce alcuni elementi di opacità della proposta in quanto la medesima: a) non chiarisce se vengano recuperati solo i costi straordinari; b) non spiega perché venga applicato ai ricorrenti l’importo massimo di € 25,00; c) non evidenzia se detti costi siano addebitati a tutti i rapporti o solo ai conti correnti. La parte ricorrente ha dunque domandato la restituzione di € 25,00 “manca la scelta per i motivi già esposti nel reclamo e qui di rinegoziazioneseguito riportati tenendo anche conto della risposta pervenutaci dall’intermediario”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartiteresistente ha controdedotto come segue: in particolare- ha fatto presente come, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscalicaso oggetto del presente ricorso, con l’apposizione sia stata modificata – in modalità una tantum – una condizione economica prevista nei contratti a tempo indeterminato; - ha affermato che non sono state introdotte condizioni economiche nuove; - ha precisato di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta aver rispettato il termine di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere preavviso di cui all’art. 2697 c.c..118 TUB nell’invio della “Proposta di modifica unilaterale del contratto”; - ha respinto l’assunto del ricorrente secondo cui mancherebbe, nel caso di specie, il giustificato motivo, argomentando come segue: • la Banca d’Italia, in attuazione dell’art. 78, d.lgs. 180/2015 ha emanato il Provvedimento n. 1226609 del 18/11/2015 con il quale ha istituito il Fondo Nazionale di risoluzione cui le Banche sono chiamate a contribuire nella misura determinata dalla Banca d’Italia; • la scelta di aderire o meno al fondo non presenta carattere potestativo per le singole Banche; • l’istituzione del Fondo di risoluzione ed il relativo obbligo per le Banche di alimentarlo vanno “ad aggravare in maniera inequivoca l’assetto patrimoniale delle stesse sì da riflettersi sull’equilibrio dei singoli rapporti • è stata citata a tal proposito la Circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 5574 del 21 Febbraio 2007 nella parte in cui ricomprende tra gli eventi che possono costituire giustificato motivo la “variazione di condizioni economiche generali”: viene chiarito come proprio l’inasprimento dei costi di produzione dell’impresa bancaria, dovuto esclusivamente ad un fattore esterno, legittimi il ricorso allo strumento di riequilibrio contrattuale di cui all’art. 118 TUB (sono altresì richiamate, a supporto, alcune pronunce dell’Arbitro Bancario e Finanziario in tema di ius variandi: Coll. Coord., decisioni nn. 1889 e 1891 del 26/2/2016; Coll. Roma, decisione n. 2202 del 23/4/2013; Coll. Roma, decisione n. 3981 del 23/11/2012); • è stato sottolineato come, nel caso in questione “il factum principis valido e idoneo a integrare il requisito del giustificato motivo ai sensi dell’art. 118 TUB risieda nelle conseguenze per la Banca, impreviste e sopravvenute, derivanti dal recepimento nell’ordinamento italiano della Direttiva Comunitaria 2014/59/CE […] che avrebbe provocato uno squilibrio giuridico - economico delle posizioni delle parti nel sinallagma contrattuale; • è evidenziato che la normativa vigente non vieta agli intermediari di ricorrere all’esercizio dello ius variandi di cui all’art. 118 TUB in quanto “l’obiettivo precipuo della Direttiva 2014/59/UE, recepita in Italia dal D.Lgs. n. 180/2015 è certamente quello di tutelare i fondi e le attività dei Clienti degli enti in crisi o in dissesto, evitando per quanto possibile che gli Stati membri debbano procedere al salvataggio degli enti stessi utilizzando il denaro dei “contribuenti”, e comunque riducendo al minimo i costi per i “contribuenti”, con evidente riferimento al rapporto tra il cittadino e lo Stato e non al rapporto Cliente – Banca” (vi è un rimando ai considerando nn. 1, 5, 31 e 67 della Direttiva richiamata). - ha affermato che “il testo della proposta contiene l’esatta e puntuale esplicazione del giustificato motivo” e che l’importo dei contributi versati dalla parte resistente è verificabile dai terzi “sia in virtù del regime di pubblicità legale cui è soggetta ogni banca sia in virtù dell’obbligo di rendiconto (assolto mediante pubblicazione sul sito istituzionale) che ha Banca d’Italia”; - ha specificato di aver ripartito “l’impatto sostenuto su tutti i rapporti di conto corrente in essere”, essendo questo il prodotto più diffuso in Banca, in modo tale da “dare garanzia di non concentrare l’effetto solo su una parte della clientela”. L’intermediario ha chiesto il rigetto del ricorso “in quanto privo di fondamento sia in fatto che in diritto per tutti i motivi esposti e argomentati in narrativa”.
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Samples: Modification of Banking Conditions
FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema del regime giuridico dei contratti bancari stipulati dall’impresa dopo l’ammissione alla procedura di concordato preventivo. Con ricorso presentato il 10 giugno 2014 - preceduto da reclamo dell’1 agosto 2013 non riscontrato dall’intermediario – la società istante ha esposto di essere titolare di un rapporto di conto corrente intrattenuto presso l’intermediario resistente. In data 19 dicembre 2012 aveva depositato domanda di concordato preventivo “in bianco”, e, il successivo 20 dicembre 2012 aveva chiesto all’intermediario che tutte le somme comunque pervenute sul conto corrente, venissero stornate presso un diverso conto corrente acceso per le finalità della procedura; nelle more, il concordato era stato omologato dal tribunale con decreto depositato il 2 gennaio 2014. Non avendo l’intermediario provveduto a quanto richiesto, proponeva reclamo reiterando la richiesta di messa a disposizione delle somme incassate per conto della società. Ciò premesso, la ricorrente ha dedotto che il dies a quo, nel quale era sorto l’obbligo dell’intermediario di rimettere tutti i versamenti in conto corrente nella disponibilità della procedura concordataria, andava determinato nella data del 24 giugno 2016 19 dicembre 2012, in cui era stata presentata la domanda di concordato preventivo; in particolare, poi, ha argomentato sottolineando la rilevanza della scientia decotionis della banca, e affermando, altresì, che i pagamenti in questione rappresentavano l’oggetto di un mandato in rem propriam della banca, e non potevano essere oggetto di compensazione ai sensi dell’art. 56 l.f. Pertanto, ha chiesto all’Arbitro bancario finanziario di ordinare alla banca il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo versamento alla procedura concordataria della somma di rinegoziazione, nonostante l’esistenza € 28.154,46 e di tutte le condizioni somme a qualunque titolo pervenute successivamente al 19 dicembre 2012. Nelle controdeduzioni, presentate il 27 agosto 2014, l’intermediario ha precisato che il rapporto contrattuale con la società ricorrente si articolava in un conto corrente di corrispondenza e chiedeva all’Arbitro in un conto anticipi, entrambi accesi in data 17 dicembre 2001. Ha eccepito, quindi, che il diritto della banca di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxtrattenere le somme di cui la ricorrente chiede la restituzione è espressamente previsto sia dal contratto di conto anticipi sia dal contratto di conto corrente, infattiritualmente sottoscritti dalla ricorrente; e che, comunque, il proprio credito sarebbe sorto in epoca anteriore all’ammissione della ricorrente alla procedura di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fedeconcordato preventivo. L’intermediario resiste alla domandaha chiesto, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancapertanto, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al il rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..domanda.
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Samples: Banking Contracts
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il La parte ricorrente lamentava che l’intermediario si duole di non avesse dato seguito aver mai ricevuto risposta dalla resistente con riguardo ad un accordo richiesta di rinegoziazioneconsegna della documentazione contrattuale sottoscritta relativa ad un conto corrente e ad una apertura di credito. Solo dopo molti mesi riceveva copia del contratto ma questo era privo della sottoscrizione. La società ricorrente dichiara di aver, nonostante l’esistenza invece, ricevuto, in data 19/03/2015, una comunicazione di tutte “revoca della linea di credito … a seguito di ns missiva del 19/02/2015”. In tale comunicazione veniva anche segnalato il “trasferimento alle sofferenze di istituto”. Essa pretende un “risarcimento e/o un indennizzo tenuto conto della nullità radicale del contratto. Si chiede, altresì, l’esibizione dell’originale in banca, nonché la corresponsione di una somma pari ad € 35.000,00 ai fini conciliativi”. Replica l’intermediario che nel febbraio 2012, le condizioni parti instauravano una trattativa volta a stipulare un contratto di apertura di credito in conto corrente sino all’importo di € 10.000,00 con scadenza “a revoca”; con comunicazione del 24/02/2012, la banca comunicava all’odierna ricorrente l’approvazione della linea di credito dalla stessa richiesta, provvedendo ad inviare i documenti per la sottoscrizione, la quale, una volta sottoscritta la documentazione, avrebbe dovuto restituirla in originale alla resistente. La ricorrente, benché da subito abilitata all’utilizzo della linea di credito, non ha mai provveduto a restituire la modulistica sottoscritta. L’intermediario rileva, inoltre, che la società, non solo accedeva costantemente all’affidamento concesso, ma oltrepassava anche il limite concordato, con la conseguenza che, in data 05/02/2015, la resistente le segnalava un saldo debitore del conto corrente di € 10.471,48 (€ 471,48 oltre il limite dell’affidamento). Nonostante tale comunicazione, la ricorrente continuava a violare i limiti concordati, tanto che, in data 19/03/2015, la resistente le comunicava la revoca della linea di credito concessa ed il contestuale recesso dai rapporti conformemente alle previsioni contrattuali. Nel merito, l’intermediario rileva che la ricorrente fonda la propria richiesta su un’asserita nullità del contratto di apertura di credito per mancanza della sottoscrizione ai sensi dell’art. 117 TUB. L’intermediario richiama, però, un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordomerito, secondo il quale il contratto di apertura di credito in conto corrente non richiede una forma particolare ma può essere dimostrato anche per facta concludentia nelle ipotesi in cui si tratti di un contratto accessorio ad un contratto di conto corrente vigente tra le parti. XxxxxxxNel caso di specie, emerge l’infondatezza della doglianza di controparte, non essendoci alcun dubbio sulla natura accessoria del contratto oggetto di contestazione. Contratto che veniva stipulato il 21/04/2011 e mai contestato. L’intermediario chiede, quindi, il rigetto della richiesta di indennizzo di € 35.000,00. Pur ritenendo quanto esposto decisivo, l’intermediario rileva come comunque la richiesta di € 35.000,00 debba considerarsi infondata, in quanto, anche nella denegata ipotesi in cui dovesse essere accolta la tesi della nullità, non vi sarebbero gli estremi per condannare la banca al pagamento dell’importo. La richiesta di risarcimento del danno, infatti, presuppone per il suo accoglimento l’accertamento dell’an e del quantum debeatur, mentre nel caso di specie la ricorrente ha omesso di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e allegare qualsiasi fatto costitutivo idoneo a dimostrare di aver presentatosubito un danno e non ha indicato alcun criterio atto a giustificare la quantificazione dello stesso. La ricorrente chiede “un risarcimento e/o un indennizzo, tenuto conto della nullità radicale L’intermediario chiede “nel merito di accertare e dichiarare la validità del contratto di apertura di credito di euro 10.000,00 per le ragioni esposte in data 9.10.2015narrativa e, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancal’effetto, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta risarcitoria; in via subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo dichiarazione della nullità del contratto di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche apertura di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che rigettare qualsiasi richiesta risarcitoria per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto le motivazioni sopra indicate; in via ulteriormente subordinata: nella denegata e non creduta ipotesi di condanna della banca al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa risarcimento del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoriadanno, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subitiriportare ad equità l’importo richiesto da parte del ricorrente. Con vittoria di spese di procedura e riserva di ulteriormente produrre, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..dedurre ed argomentare”.
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Samples: Contractual Documentation Request
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 protocollato il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti21.3.2012, il ricorrente esponeva che, nel mese di essere contitolareluglio 2011, insieme aveva concordato con il responsabile della filiale della Banca resistente, alle stesse condizioni economiche originarie, la proroga di 24 mesi della scadenza della linea di credito accesa con il contratto di conto corrente ipotecario, stipulato in data 6/9/2006 e con scadenza al coniuge6.9.2011. Era altresì fissato un appuntamento per la stipula dell’atto presso il notaio per il 26.10.2011. Tuttavia, di solo la sera prima della stipula, il responsabile della dipendenza informava il cliente che la proroga sarebbe stata concessa per soli 12 mesi ad un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatotasso pari all’euribor 6 mesi + 4 anziché + 1 come previsto in origine. Il ricorrente, in ragione dei tempi ristrettissimi, si sentiva “costretto” a sottoscrivere comunque la proroga alle nuove condizioni. Con reclamo inviato all’intermediario in data 9.10.20155.12.2011, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancasi doleva della circostanza che, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordoin occasione della nuova stipula, effettivamente sottoscritto non gli fosse stata consegnata alcuna informativa precontrattuale, e concludeva di ritenere ancora valida quella consegnata al momento dell’accensione del finanziamento. A seguito del mancato accoglimento del reclamo da parte dell’intermediario, da questi comunicato con lettera del 04.01.2012, e dopo l’invio di una lettera di contestazione avverso l’addebito di interessi ritenuti non dovuti, il cliente, nel ricorso all’ABF sopra indicato, domandava l’immediato ripristino delle originarie condizioni dell’apertura di credito e il rimborso dei maggiori oneri addebitati. La banca resistente presentava tempestivamente le proprie controdeduzioni in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva23/5/2012, tuttaviatramite il Conciliatore Bancario, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazioneallegando, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della oltre ad altra documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava copia del contratto originario di dar corso alla rinegoziazioneapertura di credito del 6/9/2006, con la seguente motivazione: relativa informativa precontrattuale del 30/8/2006, l’estratto della delibera di rinnovo del contratto adottata dai competenti organi interni in data 11/10/2011, e la copia del contratto di proroga del 26/10/2011. Nelle proprie controdeduzioni, l’intermediario confermava di aver stipulato in data 6.9.2006 un contratto di apertura di credito in conto corrente “manca con rimborso mediante unico rientro alla scadenza finale prevista per il … 6/9/2011”, e di avere a suo tempo consegnato al cliente la scelta di rinegoziazione”dovuta informativa precontrattuale; eccepiva che, alla scadenza del contratto, il cliente, impossibilitato ad estinguere il finanziamento, aveva solo verbalmente chiesto la proroga della scadenza, così violando l’art. Lamentava2, dunque comma 2, del contratto per il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che quale la richiesta di rinegoziazione xxxxxxx doveva essere presentata tramite raccomandata a.r. pervenuta almeno 90 giorni prima della scadenza; sottolineava che la proroga sarebbe stata richiesta, sempre in via informale, anche dal garante del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, ricorrente in data 4 febbraio 201615.9.2011, i ricorrenti presentavano una nuova richiestae che, solo in cui ragione dei buoni rapporti intrattenuti con la banca dal cliente e dal suo garante e per soddisfare le esigenze del primo, la pratica era stata trasmessa ai competenti organi decidenti, senza tuttavia l’assunzione di alcun impegno né riguardo alla concessione della proroga né riguardo alle condizioni economiche della stessa; riconosceva di aver contattato il cliente solo il giorno precedente la stipula dell’atto, per comunicargli le notizie relative all’atto stesso; sottolineava che l’art. 5 del contratto di xxxxxxx recitava che la medesima non dava luogo alla concessione di un nuovo finanziamento e che pertanto l’informativa precontrattuale non era selezionata alcuna opzione dovuta e che in merito al tipo occasione della stipula dell’atto di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che proroga né il ricorrente non ha allegato né il garante sollevavano alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..eccezione; chiedeva pertanto al Collegio il rigetto del ricorso in quanto infondato.
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Samples: Banking Dispute Resolution
FATTO. Con ricorso Il ricorrente ha affermato che: -nell’aprile del 24 giugno 2016 1999, avrebbe stipulato con la banca resistente un contratto di mutuo ipotecario, di durata quinquennale; -le rate di tale mutuo sarebbero state addebitate su un conto corrente di cui era titolare presso la banca resistente, poi definitivamente chiuso nell’agosto del 2000; -sempre nell’agosto del 2000, avrebbe chiesto mediante PEC alla banca resistente che gli fosse consegnata «copia completa del contratto di mutuo, di apertura di conto corrente […], gli estratti di conto corrente di tutto il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo periodo contrattuale dalla sottoscrizione a oggi o alla data di rinegoziazionechiusura dello stesso, nonostante l’esistenza copia di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro comunicazioni periodiche di riconoscere valido ed efficace detto accordolegge, copia di ogni altro atto/appendice/disposizione/modifica contrattuale intervenuta sino ad oggi»; -la banca resistente non avrebbe tuttavia dato alcun riscontro a tale richiesta. XxxxxxxCiò posto, il ricorrente ha domandato che: -la banca resistente sia condannata a consegnare in copia tutti i documenti richiesti. La banca resistente ha affermato che: -mediante PEC del 7 ottobre 2021, avrebbe provveduto a trasmettere al rappresentante volontario del ricorrente copia della documentazione contrattuale che quest’ultimo aveva richiesto; -per quanto riguarda gli estratti conto, tuttavia, sarebbero stati consegnati soltanto quelli relativi ai dieci anni precedenti alla richiesta del ricorrente; -in conformità a quanto deciso da questo Arbitro, infatti, il ricorrente diritto del cliente a ottenere copia di tale documentazione sussisterebbe nei limiti degli ultimi dieci anni, ai sensi dell’art. 119, ult. comma, t.u.b. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -sia dichiarata cessata la materia del contendere. -nel conto corrente bancario, a differenza di quello ordinario, gli estratti conto potrebbero essere contitolareredatti esclusivamente da una delle parti contraenti, insieme al coniugeossia la banca; -il cliente si verrebbe pertanto a trovare in una posizione deteriore, anche dal punto di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto vista della prima casa conoscenza dei contenuti di tali documenti e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente della loro conservazione; -poiché si tratterebbe dell’attività d’impresa che tale richiesta veniva accolta è esercitata dalla banca, che invitava i clienti quest’ultima non potrebbe non disporre di un’organizzazione professionale adeguata alla redazione e alla conservazione degli estratti conto, a sottoscrivere l’accordodifferenza del cliente; -in virtù del principio generale di buona fede, effettivamente sottoscritto la banca sarebbe pertanto gravata da uno specifico obbligo di collaborazione documentale; -dalla peculiare posizione di vicinanza della banca rispetto ai documenti di cui si tratta sorgerebbe infatti un obbligo di protezione nei confronti del correntista; -ciò varrebbe a maggior ragione quando la richiesta documentale di cui si tratta non sia stata fatta dal cliente in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferivauna fase di contenzioso con la banca, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario ma sia semplicemente diretta al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazionericostruire il rapporto e, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i di controllare la regolarità e la correttezza delle contabilizzazioni rappresentante in tali documenti; -pertanto, il diritto del cliente ad avere copia di tali documenti d’identità non potrebbe riguardare soltanto una frazione temporale del rapporto contrattuale tra le parti, considerata la peculiare unitarietà del conto corrente bancario che si manifesta nella consecutività e i codici fiscalinella relativa interdipendenza delle poste annotate; -l’art. 119, con l’apposizione ult. xxxxx, t.u.b. sarebbe applicabile esclusivamente ai documenti riguardanti le operazioni sottostanti al conto corrente bancario; -il limite temporale di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postaledieci anni, benché nell’accettazione della proposta ivi previsto dal legislatore, non sarebbe pertanto applicabile alla richiesta del cliente di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamenteavere copia degli estratti conto, in data 4 febbraio 2016quanto essa sarebbe disciplinata dal diritto comune, i ricorrenti presentavano trattandosi della pretesa all’adempimento di una nuova richiestavera e propria obbligazione contrattuale della banca; -ove anche l’art. 119, in ult. comma, t.u.b. si ritenesse applicabile alla fattispecie di cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo si tratta, tale disposizione di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva legge dovrebbe essere interpretata nel senso che il ricorrente non cliente avrebbe diritto agli estratti dei conti correnti bancari che sono stati definitivamente chiusi nei dieci anni che precedono la sua richiesta. Ciò posto, rilevata la particolare importanza della questione posta dal ricorso, il Collegio remittente ne ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..rimesso la decisione a questo Collegio.
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Samples: Mutuo Ipotecario
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 In data 15.7.2015 il ricorrente lamentava che stipulava con l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo resistente il contratto di rinegoziazionefinanziamento n. ***176 per complessivi 17.040,00 euro, nonostante l’esistenza da rimborsare in 120 rate: il finanziamento veniva estinto anticipatamente il 31.10.2019, dopo il pagamento di tutte le condizioni 48 rate e chiedeva all’Arbitro il ricorrente, previa proposizione di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxreclamo in data 16.12.2019, infattichiede all’ABF, in via principale, il ricorrente rimborso di essere contitolare, insieme al coniuge, oneri e commissioni non maturate a seguito di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta estinzione anticipata ai sensi dell’art. 125-sexies TUB per la rinegoziazione del mutuosomma di 693,34 euro, oltre interessi; in xxx xxxxxxxxxxx, xx xxxxxxxx xxxxx xxxx quota definita “recurring” in contratto, secondo il criterio pro rata temporis, per la somma di 92,39 euro, oltre interessi. Narrava ancora L’intermediario, nel confermare i fatti, eccepisce preliminarmente che il ricorso deve essere rigettato, avendo il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancasottoscritto il modulo di quietanza liberatoria, con il quale il cliente avrebbe rinunciato a qualsivoglia domanda e azione inerente a seguito dell’estinzione anticipata. Nel merito, che invitava i clienti la sentenza della Corte di Giustizia Europea richiamata dal ricorrente non può trovare applicazione nei rapporti diretti fra privati ed il contratto riporta in maniera inequivocabile ed analitica le voci di costo soggette a sottoscrivere l’accordomaturazione nel corso del tempo (c.d. recurring) e le voci di costo non rimborsabili in caso di estinzione anticipata (c.d. up-front); per quanto riguarda le “commissioni Sigla”, effettivamente sottoscritto il contratto indica l’esatto importo della quota ripetibile in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine caso di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancaestinzione anticipata, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità il piano di ammortamento allegato al contratto e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..sottoscritto dal ricorrente.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con Il ricorrente ha stipulato un contratto di mutuo con l’odierno resistente. Egli lamenta il mancato riscontro dell’intermediario ai propri reclami con i quali chiedeva delucidazioni relativamente al tasso d’interesse applicato sul mutuo ed alla durata del finanziamento. La richiesta viene ripetuta nel ricorso. L’intermediario eccepisce, in via preliminare, l’improcedibilità del ricorso «in quanto [...] non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative ad operazioni o comportamenti anteriori al 1 gennaio 2009», mentre il contratto de quo è stato concluso nell’anno 2003. Nel merito, l’intermediario, premessa la descrizione del 24 giugno 2016 contratto, osserva che in forza del «contratto di Risparmio Edilizio, [...] il ricorrente lamentava Ricorrente si è impegnato a fare versamenti di quote mensili di risparmio (nel caso specifico di quote mensili di euro 66,25), che l’intermediario non avesse dato seguito hanno permesso, ad una certa data contrattualmente prevista e chiamata ‘data di assegnazione’, di ottenere il mutuo ‘di assegnazione’, che è di un accordo importo pari alla differenza fra la somma sottoscritta ed il saldo del conto di rinegoziazioneRisparmio Edilizio fino a quel momento accumulato e comprensivo degli interessi maturati. Senza aspettare la data di assegnazione, nonostante l’esistenza tuttavia ed al fine di tutte le condizioni concedere al Ricorrente il denaro subito, [la banca] ha anticipato la somma [di euro 10.000,00], attraverso un secondo prodotto, chiamato mutuo immediato (cioè un prefinanziamento del contratto di Xxxxxxxxx Xxxxxxxx). II mutuo immediato è un mutuo senza ammortamento del capitale. Il mutuo immediato ha una durata che va dall’erogazione dello stesso e chiedeva all’Arbitro fino alla data di riconoscere valido ed efficace detto accordoassegnazione del Risparmio Edilizio e successiva compensazione. Xxxxxxx, infattiRispetto a questo, il ricorrente Ricorrente si è contrattualmente impegnato a fare versamenti di essere contitolarequote mensili (euro 33,75) di interessi al tasso fisso del 4,05% [...] nominale annuo oltre alla suddetta somma di risparmio per alimentare il corrispondente Risparmio Edilizio. In buona sostanza il mutuatario (Ricorrente), insieme al coniuge[...] restituisce i denari mutuati, pagando dapprima delle rate formate da una quota destinata ad estinguere gli interessi ed una quota destinata ad alimentare un risparmio. Successivamente, pagando delle rate formate da una quota destinata ad estinguere gli interessi e da una quota destinata all’ammortamento del capitale mutuato». «Tuttavia, [...] sulla copia del contratto [di mutuo] [...], all’art. 6 - Pagamento mensile, sono state erroneamente invertite le cifre e precisamente: [...] interessi 66,25 anziché euro 33,75 rata di risparmio del contratto di Risparmio Edilizio 33,75 anziché euro 66,25. Si è trattato, quindi, di un finanziamento mero errore di scrittura, che può aver tratto in inganno il Ricorrente nel calcolo dell’interesse applicato. Errore comunque del quale ben poteva avvedersi il cliente mutuatario (Ricorrente), che invece, all’atto della sottoscrizione del contratto di mutuo ha taciuto. Resta il fatto che il suddetto errore è stato immediatamente corretto e che al Ricorrente sono stati addebitati i giusti importi, come si può evincere dagli estratti conto, inoltrati allo stesso Ricorrente, successivi all’atto di mutuo». Per quanto riguarda la durata del mutuo, «il termine finale non manca, solo che non può essere determinato con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoassoluta precisione nel contratto, come peraltro avverte [...] [l’] art. 5.4, in quanto eventuali differimenti, per un qualsivoglia motivo, della data 9.10.2015di erogazione o modifiche di carattere legislativo (aumento o riduzione della ritenuta d’acconto sugli interessi maturati sulle rate di risparmio versate dal cliente) potrebbero determinare un prolungamento o una riduzione della durata del mutuo stesso. Resta inteso che, richiesta per la rinegoziazione se non vi sono [...] modifiche [...], se i versamenti sono regolarmente effettuati e se non intervengono eventuali modifiche di carattere legale, il termine contrattualmente indicato (nello specifico anni 11) corrisponde alla durata effettiva del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo ciò va doverosamente aggiunto che la richiesta di rinegoziazione durata del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, contratto non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazioneè mai indeterminata. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..comunque determinabile».
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Samples: Mutuo
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazioneIl ricorrente, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, titolare di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima di leasing di autovettura, afferma in ricorso che l’autovettura (una berlina) oggetto di leasing risulta tra quelle la cui centralina è stata manomessa dalla casa e di aver presentatocostruttrice, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta falsificare ed alterare la classe di rinegoziazioneinquinamento attribuita al veicolo, con conseguente obbligo del finanziatore di agire nei confronti del fornitore per la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo e con diritto dell’utilizzatore di sospendere il pagamento dei canoni (cfr. art. 12 della convenzione di Ottawa del 1988 ). Il contratto di locazione finanziaria oggetto di ricorso sarebbe affetto da “insanabile nullità” per mancata indicazione nel testo contrattuale del TEAG e dell’ISC, in violazione di quanto stabilito dall’art. 117 comma 8 del TUB applicabile ratione temporis. L’istante chiede pertanto all’Arbitro: - l’immediata sospensione del pagamento dei canoni di leasing, unitamente alla restituzione dei canoni versati dal dicembre 2015 in poi; - di disporre che l’intermediario proceda in danno del fornitore per ottenere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 2043 c.c.; - accertare l’inadempimento dell’intermediario per non essendo aver tutelato il ricorrente utilizzatore nei confronti del produttore; - di accertare la prima andata a buon fine nullità, annullabilità ed inefficacia del contratto di finanziamento, attesa l’assenza di qualsiasi riferimento relativo agli indici ISC e TAEG e, per incompletezza della documentazionel’effetto, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare condannare l’intermediario alla restituzione delle quote degli interessi versate dall’inizio del rapporto. L’intermediario ha presentato controdeduzioni nelle quali eccepisce in via preliminare l’incompetenza per materia dell’Arbitro Bancario Finanziario, in quanto la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestacontestazione “verte principalmente su presunti vizi e difetti del veicolo oggetto di locazione finanziaria”. Nel merito, l’intermediario rifiutava rileva che le condizioni generali di dar corso contratto non contemplano la responsabilità a carico della banca per l’eventuale presenza di vizi e/o difetti del bene o comunque di sua inidoneità all’utilizzo; in ogni caso, come confermato dalla casa costruttrice, tutti i veicoli interessati dalla vicenda segnalata dal ricorrente “sono tecnicamente sicuri e adatti alla rinegoziazionecircolazione su strada”; la campagna di richiamo è stata - infatti - intrapresa per eseguire l’intervento di manutenzione “per la correzione delle caratteristiche delle emissioni di ossidi di azoto” senza alcun costo a carico della clientela, per cui non si ravvisa a carico del fornitore alcun inadempimento di grave entità; la legge impone l’indicazione in contratto del TAEG solo per i contratti stipulati con la seguente motivazione: “manca la scelta consumatori, mentre nel caso di rinegoziazione”. Lamentava, dunque specie il ricorrente che è titolare di una ditta individuale. Pertanto l’intermediario chiede all’Arbitro di respingere il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..ricorso.
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Samples: Leasing Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazioneIl ricorrente, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e premesso di aver presentatostipulato con l’intermediario, in data 9.10.201525/09/2014, richiesta un contratto di prestito personale contro cessione del quinto dello stipendio, estinto anticipatamente il 31/03/2019, dopo il pagamento di n. 51 rate delle 120 complessive, senza ricevere l’integrale restituzione di commissioni ed oneri non maturati; esperito infruttuosamente il reclamo; contestata la valenza transattiva della “quietanza liberatoria”, in via principale chiede il rimborso di complessivi € 1.492,91; in via subordinata, qualora sia riconosciuta efficacia transattiva alla sopraindicata quietanza, domanda la restituzione di complessivi € 1.143,38; il tutto oltre agli interessi legali dalla data del reclamo e ad € 20,00 per le spese di procedura. L’intermediario, nelle controdeduzioni, eccepisce preliminarmente l’avvenuta sottoscrizione di una “quietanza liberatoria” con cui il cliente ha confermato di aver ricevuto il rimborso “della quota non goduta delle commissioni ripetibili”, rinunziando alla corresponsione di ulteriori importi (cita, a supporto, la rinegoziazione decisione n. 8827/17 del mutuoCollegio di Coordinamento). Narrava ancora Esclude l’applicabilità diretta della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’11 settembre 2019 nei rapporti tra privati; in ogni caso, richiama le esigenze di certezza del diritto e il ricorrente principio di affidamento, sollevando dubbi circa l’efficacia retroattiva dell’art. 16 della Direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di Giustizia. Afferma di aver già rimborsato € 241,70 a titolo di quota non goduta delle commissioni in favore dell’intermediario; nonché € 10,00 a titolo di spese invio comunicazioni periodiche. Quanto alle “commissioni di distribuzione”, sottolinea che tale richiesta veniva accolta dalla bancaqueste sono chiaramente individuate come non ripetibili, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordotrattandosi di costi riferiti unicamente alla fase preliminare del finanziamento. Rileva, effettivamente sottoscritto infine, la non rimborsabilità delle spese legali attesa l’arbitrarietà del ricorso ad una società di consulenza e la natura seriale del ricorso. In considerazione di quanto sopra esposto chiede, in data 6.11.2015 via principale e inviato all’intermediariosubordinata, il rigetto del ricorso. Il ricorrente riferivaricorrente, tuttaviain sede di repliche, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che ribadisce la richiesta di rinegoziazione considerare la quietanza liberatoria, in via alternativa, nulla (in quanto vessatoria e abusiva o comunque priva di valore transattivo) oppure valida (“ma limitata alle sole commissioni recurring ovvero alla sola corresponsione di rimborsi pro rata”), con conseguente rigetto delle eccezioni di controparte. Nelle controrepliche l’intermediario precisa che il cliente ha spontaneamente firmato il modulo della quietanza liberatoria, “in un momento successivo rispetto all’estinzione anticipata del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancafinanziamento […]”. Ribadito, quindi, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero il ricorrente, attraverso la sottoscrizione della quietanza “ha riconosciuto e dichiarato espressamente e incondizionatamente di aver già ricevuto tutto quanto dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca[…] a qualsivoglia titolo, secondo le modalità ivi precisate; i clienticausa e ragione con riferimento al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata”, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione chiede di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare dichiarare cessata la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione materia del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..contendere.
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Samples: Prestito Personale
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il I fatti oggetto di controversia attengono alla stipula di un leasing immobiliare, relativi conteggi e condizioni di riscatto. In data 09.10.2002 la società attualmente ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxaveva, infatti, il ricorrente sottoscritto con l’odierna convenuta un contratto di essere contitolarelocazione finanziaria della durata di 120 mesi, insieme al coniugeche prevedeva canoni indicizzati all’Euribor 3 mesi 365. Successivamente, prima del termine di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto scadenza del leasing, le parti addivenivano ad operazione di riscatto su richiesta della prima casa e ricorrente. Con nota del 17.01.2012 la medesima società, assistita dal proprio legale, inoltrava peraltro reclamo nei confronti dell’odierna resistente lamentando di aver presentatoriscontrato, in data 9.10.2015relazione al leasing immobiliare in precedenza concluso, richiesta “un notevole scostamento tra le cifre rimborsate e/o addebitate per indicizzazione trimestrale e quelle effettivamente dovute”. La reclamante indicava in tal sede di aver quantificato una differenza a proprio favore di “Euro 10.963,70 oltre Iva nel periodo dal 09.10.2002 al 22.02.2011”; conseguentemente invitava l’intermediario a prendere contatti per una soluzione bonaria della vertenza. L’intermediario riscontrava il reclamo con missiva del 15.02.2012 nella quale, dopo aver riepilogato le condizioni economiche del leasing e riportato la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancaclausola contrattuale relativa all’indicizzazione dei canoni, che invitava i clienti segnalava innanzitutto di aver provveduto a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine fatturare trimestralmente “gli adeguamenti derivanti dalle variazioni dell’indice di sottoscrivere una nuova richiesta riferimento – Euribor 3 mesi 365 – rilevato alla scadenza di rinegoziazione, non essendo la prima andata ogni singolo canone”; oltre a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestaciò, l’intermediario rifiutava sottolineava che il riscatto anticipato del leasing non era previsto dal contratto originario, ma frutto di dar successiva negoziazione con conseguente facoltà concessa dal medesimo intermediario. Proprio in tal sede, la società istante aveva sottoscritto una specifica dichiarazione di rinuncia a qualsivoglia contestazione per le somme versate in corso di rapporto. Non soddisfatta di quanto osservato dall’intermediario, la società cliente presentava ricorso all’ABF il 20.03.2012; nel ricorso si precisava ulteriormente che la clausola di contratto relativa all’ammortamento indicava una specifica modalità di determinazione dell’indicizzazione, clausola che veniva riprodotta in ricorso e in base alla rinegoziazionequale, in particolare, si prevedeva che fosse individuato un preciso piano finanziario con canoni variabili il cui indice di base per l’indicizzazione avrebbe dovuto prevedere il tasso indicato nel contratto stesso (lettera L) con la seguente motivazione: “manca previsione di ulteriori soluzioni in caso di variazioni dell’indice e conseguente adeguamento del piano finanziario. Peraltro, la scelta ricorrente rilevava che proprio l’applicazione in concreto dell’indicata clausola di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancaindicizzazione avrebbe comportato, secondo le modalità ivi precisateanalisi svolte da un consulente di fiducia all’uopo incaricato, “delle anomalie nell[a] compilazione delle fatture/note di credito relative al calcolo dell’indicizzazione trimestrale, per un importo di euro 10.963,70 oltre iva”. Nonostante tali calcoli rammostrati, lamenta la ricorrente che l’intermediario aveva respinto il reclamo sulla scorta della già richiamata clausola di non contestazione. Ritenendo, al contrario, tale clausola inefficace e comunque vessatoria, la ricorrente chiede all’ABF il rimborso dei seguenti importi: i) Euro 10.963,70 oltre Iva “dovuti ad errori sul calcolo dell’indicizzazione”; i clientiii) Euro 1.267,97 oltre Iva per rivalutazione; iii) Euro 1.435,94 per interessi legali; iv) Euro 1.250,00 oltre Iva per oneri legali come da notula allegata al ricorso. Riguardo ai conteggi per la quantificazione del rimborso relativo ai canoni, tuttaviala società ha precisato, unitamente al ricorso, di essersi avvalsa di “un programma finanziario ritenuto veritiero, non procedevano all’invio avendo la possibilità di agire sul piano di ammortamento originale che l’intermediario si è rifiutato di fornire in quanto viene ritenuto «documento non fornibile». Ha soggiunto di aver riscontrato l’utilizzo, da parte della resistente, di quotazioni euribor superiori a quelle reali per l’esercizio 2009. A fronte di ciò, l’intermediario ha trasmesso le proprie controdeduzioni, via PEC, il 07.05.2012. Dopo aver ribadito che il riscatto in via anticipata dell’immobile concesso in leasing alla ricorrente “è il frutto di una negoziazione ad hoc con l’utilizzatore e non costituisce l’esercizio di diritti contrattualmente previsti”, ha riportato testualmente la clausola pattuita al momento del riscatto secondo la quale “La parte acquirente dichiara che ogni somma, essendo stata pattiziamente e di comune accordo concordata tra le modalità impartite: parti, pagata per canoni, interessi, spese, commissioni e qualsivoglia altro titolo in particolaredipendenza del contratto di locazione finanziaria sopra citato, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscaliresta acquisita dalla parte venditrice senza contestazione alcuna da parte della stessa parte acquirente”. Detta clausola avrebbe, con l’apposizione a dire della resistente, natura di negozio di accertamento e, in quanto tale, renderebbe priva di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare giustificazione la richiesta della cliente di rinegoziazionevedersi riconoscere asserite somme a titolo di indicizzazioni per il periodo antecedente alla stipula dell’atto di riscatto anticipato”. SuccessivamenteLa convenuta ha poi disconosciuto “per mero tuziorismo difensivo … il prospetto allegato dal[la] cliente al ricorso, trattandosi di documento non contrattuale”, nonché il suo contenuto, “che non … [trova] riscontro in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazioneprevisione contrattuale”. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 pervenivaPrecisando, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completache il contratto di locazione finanziaria “non contiene quale allegato il «piano di ammortamento», ma anche tale domandareca evidenza del solo piano finanziario”, alla luce delle politiche ha concluso chiedendo all’ABF di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento“dichiarare infondato il ricorso e, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava chepertanto, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..respingere lo stesso”.
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Samples: Leasing Agreement
FATTO. La ricorrente riferisce che in data 4/11/2020 riceveva un SMS da parte dell’intermediario convenuto che informava del blocco della linea di credito relativa ad una carta revolving di cui è titolare. Richieste spiegazioni, con contestuale istanza di rilascio di copia del contratto relativo al finanziamento, l’intermediario provvedeva a sbloccare la carta. Tuttavia, l’intermediario riferiva non era stato possibile rinvenire negli archivi il contratto. Con ricorso note del 24 giugno 2016 il 30.11.2020 e del 01.12.2020 la ricorrente lamentava contestava la validità del contratto per mancanza di forma scritta. L’intermediario, con nota del 23/12/2020, precisava che l’intermediario non avesse dato seguito la carta era stata rilasciata nell’ambito di “accordi” con la banca e, senza ulteriori spiegazioni, faceva riferimento ad una nota di sintesi relativa ad un accordo finanziamento estinto anticipatamente nel 2013, che tuttavia – secondo la ricorrente -è un contratto autonomo e distinto. Peraltro, evidenzia che il fido relativo alla carta in suo possesso ammonta ad € 2.000,00, mentre il contratto prodotto dall’intermediario fa riferimento ad un fido di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva € 1.500,00. Chiede all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordoaccertare la nullità del contratto ai sensi dell’art. Xxxxxxx124 TUB in combinato disposto con l’art. 117 comma 3, infatticon riconteggio degli interessi legali in sostituzione degli interessi applicati e restituzione da parte dell’intermediario di quanto ricevuto in eccedenza. Precisa, infine, che il blocco della linea di credito era stato disposto illegittimamente, solo a causa di ritardi nell’adempimento di obbligazioni relative ad altro finanziamento per difficoltà connesse all’emergenza Covid. L’intermediario, costituitosi, precisa che il rapporto con la ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, ha avuto inizio in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione3 luglio 2009, con la seguente motivazione: sottoscrizione del finanziamento n. ***272. Nel contratto, la cliente prendeva atto che l’intermediario avrebbe potuto concedere una linea di credito revolving per un massimo di euro 5.000,00 con emissione di una carta a suo favore. La carta di credito veniva inviata gratuitamente, senza alcun obbligo di utilizzo; la cliente procedeva alla attivazione della linea di credito in data 24 dicembre 2012, contestualmente alla richiesta, tramite il Servizio Clienti, di erogazione sul proprio conto corrente dell’importo di € 2.000,00, pari alla disponibilità del fido accordatale in tale data. L’intermediario precisa di aver rispettato la normativa tempo per tempo applicabile in materia di trasparenza, inviando tutti i documenti di sintesi ed estratti conto, peraltro depositati dalla stessa ricorrente; quest’ultima ha utilizzato la carta ripetutamente in modo continuativo a partire dal 24 dicembre 2012. Precisa, poi, che la ricorrente si è resa inadempiente ai rimborsi dovuti con riferimento ad un altro contratto di prestito attualmente in corso (n- ***044); a tale riguardo, sottolinea di aver provveduto, “manca nell’esclusivo interesse della cliente”, all’annullamento delle spese di ritardato pagamento addebitate a fronte dei solleciti per non aggravare ulteriormente la scelta di rinegoziazione”situazione economica della cliente. Lamentava, dunque il ricorrente Ribadisce che il comportamento dell’intermediario si rapporto di credito revolving è dimostrato disciplinato dal contratto di credito sottoscritto nel 2009 e che tale “operatività” era del tutto legittima, atteso che l’utilizzo della linea di credito costituisce operazione effettuata in contrasto con il dovere esecuzione di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa previsioni contrattuali pattuite in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancaforma scritta, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: condizioni economiche analiticamente indicate nel frontespizio del contratto di credito ed approvate dalla cliente. La cliente dichiarava inoltre di approvare specificatamente gli articoli previsti nelle condizioni generali del contratto e in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione quelle relative ai limiti di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione utilizzo della proposta linea di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domandacredito, alla luce delle politiche facoltà di revoca della linea di credito e ai parametri alle modalità di valutazione vigenti in quel momentoutilizzo; inoltre, veniva rigettatala ricorrente riceveva sul proprio conto corrente le somme di denaro, di talché non può essere sostenuto che ella non fosse a conoscenza di tale contratto. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che Risulta quindi rispettato il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere disposto di cui all’art. 2697 c.c..117 TUB in quanto il contratto è stato redatto per iscritto con espressa sottoscrizione da parte della cliente. Conclude per il rigetto della domanda.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 Nel presente procedimento la parte ricorrente, titolare di n. 20 BFP, chiede il ricorrente lamentava che rimborso dei titoli con applicazione dei rendimenti indicati sul retro degli stessi, affermando quanto segue: • nel corso degli anni dal 1983 al 1988 ha sottoscritto, unitamente ai propri genitori (oramai defunti), alcuni Buoni Postali Fruttiferi; • al momento della liquidazione, l’intermediario non avesse dato seguito ad ha rispettato le condizioni riportate sul retro dei titoli, sia per quanto riguarda gli interessi relativi ai primi 20 anni, che per quelli riportati in misura fissa dal 20° al 30° anno; • gli importi rimborsati sono infatti nettamente inferiori rispetto a quanto dovuto; • la Suprema Corte ha sancito che il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti (cfr. Cass. n. 13979/2007); • tale orientamento risulta altresì confermato dalla giurisprudenza di merito (cfr. ex multis Trib. di Xxxxxxx, sent. 974/14). Nelle proprie controdeduzioni, l’Intermediario in via preliminare eccepisce l’inammissibilità del ricorso per: - incompetenza temporale dell’Arbitro, in quanto la fattispecie oggetto del ricorso attiene a vizi genetici del negozio ed è pertanto sottratta temporalmente dall’ambito di competenza dell’ABF; - incompetenza per materia dell’Arbitro, essendo i BFP prodotti finanziari emessi dalla Cassa DDPP, disciplinati da norme di carattere speciale in ordine ai quali non trovano applicazione le disposizioni del titolo VI, capo I del TUB. Nel merito, chiede il rigetto del ricorso ed eccepisce quanto segue: - Con riguardo ai buoni Serie “Q/P”: • detti buoni appartengono a tutti gli effetti alla serie ordinaria “Q”, istituita con il D.M. 13.06.1986, pubblicato sulla G.U. n.148 del 28/06/1986; • detto decreto indica i saggi di interesse e le relative somme oggetto di rimborso con interesse composto fino al 20° anno (8%, 9%, 10,5% e 12%) e con interesse semplice dal 21° anno sino al 30° anno (12%); • il rendimento è strutturato prevedendo un accordo interesse composto per i primi vent’anni ed un importo bimestrale, per ogni bimestre maturato oltre il ventesimo anno e fino al 31 dicembre del 30° anno successivo all’emissione, calcolato in base al tasso massimo raggiunto al 20° anno; • detti buoni sono stati emessi sui moduli della precedente serie P, apponendo sulla parte anteriore un timbro con la serie Q/P e sulla parte posteriore un altro timbro recante la serie Q/P e la stampigliatura della misura degli interessi previsti per la nuova serie; • in applicazione del disposto dell’art. 5 del DM, era necessario apporre il timbro contenente la sola indicazione dei nuovi e diversi tassi di rinegoziazioneinteresse e non anche dell’importo bimestrale da corrispondersi dal 21° al 30° anno, nonostante l’esistenza il cui sistema di calcolo rimaneva invariato in quanto rapportato al tasso di interesse massimo raggiunto e cioè, per il buono in esame, al tasso del 12% indicato nel timbro (e non al 15% previsto dalla precedente serie P); • un regime differenziato fra i due periodi non trova alcuna giustificazione poiché l’avvenuta apposizione dei timbri prescritti – pur in assenza di un’espressa deroga al regime di interessi previsto per il periodo successivo al ventesimo anno – appare pienamente idonea a qualificare il buono sottoscritto dall’appellante come appartenente alla nuova serie “Q” e, dunque, integralmente assoggettabile al relativo regime (cfr. ex multis Corte di Appello di Milano, sent. 5025 del 16.12.2019); • la sentenza della Corte di Cassazione a SS UU n. 13979/2007, riguarda un caso del tutto differente rispetto a quello in controversia (buoni emessi su moduli di serie non più in vigore e senza indicazioni relative alla nuova serie e ai nuovi rendimenti) e comunque esclude espressamente che possa farsi riferimento al legittimo affidamento nel caso in cui sul buono sia presente una stampigliatura con l’indicazione di una sigla e di condizioni diverse; • i buoni fruttiferi postali sono titoli di legittimazione e non costituiscono titoli di credito; pertanto non si applicano i principi dell’autonomia causale e della letteralità, che caratterizzano, invece, i titoli di credito (cfr. Cass. SS.UU. n. 3963/19, Cass. SS.UU. n. 13979/07 e Cass. n. 27809/05); • non è invocabile il principio dell’affidamento incolpevole poiché in ragione del tenore letterale dei moduli sottoscritti e della pubblicità legale del predetto D.M. (pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale), il cliente si sarebbe dovuto avvedere, usando l’ordinaria diligenza, che il titolo acquistato apparteneva alla serie Q/P, con conseguente applicazione dei relativi rendimenti fino alla scadenza (cfr. Cass. SS.UU. 3963/2019). - Con riferimento ai buoni Serie “O” e Serie “P”: • dette serie hanno visto modificare il proprio rendimento per effetto del D.M. 13.06.1986 concernente la “Modificazione dei saggi d'interesse sui libretti e sui buoni postali di risparmio”; • il D.M. 13.06.1986, stabilisce espressamente che sul montante dei buoni postali fruttiferi di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti serie precedenti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, quella contraddistinta con la seguente motivazione: “manca lettera "Q", a partire dalla stessa data, si applicano i saggi di interesse fissati da tale medesima normativa per i buoni appartenenti alla nuova serie Q, conformemente a quanto previsto dal D.P.R 156/1973; • la scelta variazione dei tassi di rinegoziazione”. Lamentavainteresse operata con detto X.X. xxxx fondamento da una fonte di rango legislativo - ovvero il D.P.R del 1973 - escludendo di conseguenza un possibile profilo di inadempimento contrattuale a carico dell’emittente; • tale cornice normativa depone evidentemente nel senso della eterointegrazione del contratto, dunque il ricorrente ovvero la possibilità che il comportamento dell’intermediario si contenuto dei diritti del sottoscrittore dei titoli possa subire variazioni nel corso del rapporto per effetto dalla sopravvenienza di atti normativi, ciò costituendo nella specie un’integrazione extra testuale del rapporto (cfr. Cass. 27809/2005); • la giurisprudenza dell’Arbitro Bancario Finanziario ha più volte ribadito che il regolamento contrattuale, originariamente convenuto fra le parti al momento della emissione del titolo, possa essere legittimamente “etero integrato” sulla base delle variazioni del tasso di interesse disposte con successivo decreto del Ministro del Tesoro, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, ciò costituendo un adeguato sistema di pubblicità legale, senza necessità di una specifica e diretta informativa dei singoli intestatari; • il rendimento dei titoli in contestazione è dimostrato in contrasto con il dovere pertanto fissato da un atto di correttezza natura amministrativa che integra, modifica e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che sostituisce la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancatabella dei tassi riportati sui titoli stessi, secondo l’espressa previsione dell’art. 173 del D.P.R. del 1973; • in senso conforme le modalità ivi precisate; i clientiSS.UU. della Suprema Corte che hanno enunciato la legittimità di una modifica delle condizioni del contratto, tuttaviaanche in senso peggiorativo per il risparmiatore, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: mediante decreti ministeriali successivi alla sottoscrizione del titolo (cfr. SS.UU. n. 13979/2007). In sede di repliche, la cliente ribadisce sostanzialmente quanto già dedotto in sede di ricorso e, in particolare, precisa che: • la mera pubblicazione del D.M. del 1986 sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a rendere edotto il consumatore delle modifiche intervenute e non assolve agli obblighi di chiarezza e trasparenza gravanti sull’intermediario; • laddove l’intermediario ha apposto il timbro modificativo dei rendimenti, non ha comunque diligentemente incorporato nel plico inviato mancavano testo cartolare le complete determinazioni ministeriali relative al rendimento dei titoli, mancando la parte relativa al periodo dal 21° al 30° anno; • l’intermediario non ha liquidato gli importi dovuti neppure per i documenti d’identità buoni serie “Q” nn. ***.033, ***222 e ***017, i codici fiscali, con l’apposizione quali riportano sul retro la seguente dicitura: “dal 21° al 30° anno solare successivo a quello di emissione sarà corrisposto un interesse semplice al tasso massimo raggiunto”; • desiste da “visto l’originalequalsiasi azione” relativa ai buoni delle serie “O” e timbro da parte dell’ufficio postale“P”, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamentesottoscritti negli anni 1983-1985, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che pur ritenendo comunque scorretto il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..comportamento dell’intermediario.
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Samples: Rimborso Titoli
FATTO. Con ricorso La controversia verte sulla validità ed efficacia del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, finanziamento erogato dalla resistente per l’acquisto di un finanziamento contratto prodotto derivato a copertura del rischio di rialzo del tasso in connessione con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoun mutuo ipotecario a tasso variabile. I ricorrenti evidenziano che in data 19 marzo 2010, stipulavano con Banca Nuova spa, poi assorbita dall’odierna resistente, un mutuo ipotecario a tasso variabile; detto mutuo, in data 9.10.20158 luglio 2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla trasferito con surrogazione ad altra banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione previa estinzione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettatacontratto originario. In data 17 febbraio 2016 perveniva2011 – affermano i ricorrenti - convinti dalla banca mutuante dell'utilità di costituire una forma di garanzia contro eventuali oscillazioni del tasso di interesse del mutuo, infinesottoscrivevano altresì un contratto concernente un prodotto denominato "derivato OTC" (derivati over the counter). Detto contratto, un’ulteriore richiestaaveva come dichiarato presupposto e fine esclusivo quello di "cautelarsi contro gli eventuali effetti delle variazioni dell'indice di riferimento (EURIBOR 3 MESI+ 0,10 x 360/365) che potrebbero intervenire nel corso dell'ammortamento" del mutuo. La struttura del contratto era costruita sulla base di uno stretto collegamento negoziale con il contratto di mutuo, finalmente completacon particolare riguardo alla sua durata, ma anche tale domandalegata indissolubilmente a quella del mutuo stesso: nel contratto – sottolineano i ricorrenti - si legge che la sua durata è convenuta "fino alla scadenza del termine finale del piano di ammortamento del mutuo" (v. lettera "f' della premessa), alla luce delle politiche con la precisazione che: "qualora il mutuo di credito cui in premessa fosse estinto totalmente in via anticipata ( ... ) il presente contratto e ai parametri le operazioni poste in essere in base allo stesso si intenderanno automaticamente estinti per il venire meno dell'oggetto della copertura" (cfr. Art. 11.7.1). L’estinzione immediata e automatica è confermata ulteriormente nell'art. 11.14 del medesimo contratto in cui si legge che "il contratto avrà durata pari a quella del finanziamento di valutazione vigenti cui in quel momento, veniva rigettatapremessa" (par. In diritto l’intermediario affermava 1) e che "resta espressamente inteso e stabilito che, in caso di scioglimento, per qualsiasi ragione o causa intervenuta, del contratto unico titoli, del contratto di mutuo e/o del contratto di conto corrente, il contratto si intenderà , in ogni caso, risolto con effetto immediato e la banca dovrà darne comunicazione al cliente". Pertanto, i ricorrenti, dopo l'estinzione anticipata del mutuo, chiedevano alla banca di fuori dichiarare estinto ogni rapporto e revocavano l'autorizzazione a procedere a ulteriori addebiti in c/c. La banca tuttavia non procedeva a dichiarare l'estinzione del contratto OTC e affermava l'esistenza di particolari ipotesi normative o accordi un contratto di finanziamento (quindi di un terzo contratto) con il quale sarebbero stati erogati a favore dei ricorrenti 25.610,00 euro, importo tramite il quale la medesima banca avrebbe "pagato in data 18/2/2011 il premio unico corrisposto in xxx xxxxxxxxxx xxxxxxxx xx XXX xxxxxxx xx xxxxxxxxx". Alla conseguente richiesta dei ricorrenti di ottenere copia di tale contratto nonché copia dell'estratto del c/c riportante l'asserito accredito, la banca replicava facendo presente di non aver rinvenuto il contratto, producendo una copia standard del "Documento di sintesi n.1 del contratto di finanziamento" nonché copia dell'estratto conto. Seguiva il reclamo, al quale la banca dava riscontro dichiarando di accogliere la richiesta di estinzione del predetto contratto OTC, insistendo tuttavia sull'ulteriore pretesa relativa all'asserito finanziamento. I ricorrenti precisano, altresì, di aver prudenzialmente continuato a pagare le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio rate mensili per evitare la segnalazione in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’artsistemi informativi creditizi come cattivi pagatori così come paventato dalla convenuta. 2697 c.c..Concludono i ricorrenti chiedendo all’Arbitro di:
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con ricorso Titolare di un contratto di finanziamento mediante cessione del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido quinto stipulato in data 23/7/2010 ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infattiestinto anticipatamente sulla base del conteggio estintivo al 30/9/2014 in concomitanza con la 48ma rata, il ricorrente riceveva dall’intermediario €270,72 per le “commissioni di essere contitolaregestione” e in data 3/10/2018, insieme al coniugein acconto, €1.565,00 per le “commissioni finanziarie”. Successivamente il ricorrente, considerato che gli importi ricevuti risultavano espressamente a titolo di acconto, chiedeva all’intermediario l’ulteriore rimborso pro quota degli oneri pagati e non goduti per € 1.969,86. Insoddisfatto dagli esiti del reclamo, assistito da professionista, chiede all’ABF di ottenere la restituzione, secondo il criterio proporzionale lineare, di un finanziamento contratto con complessivi €2.240,59, di cui: - € 947,61 per commissioni bancarie; - € 838,86 per commissioni intermediazione; - € 454,12 per costi assicurativi. Costituitosi, l’intermediario per l’acquisto della prima casa e eccepisce di aver presentatotempestivamente riscontrato il reclamo proponendo, a solo fine transattivo, il pagamento della somma onnicomprensiva di €1.565,00, precisando che “con il pagamento della somma, si intende rinunciato ogni eventuale diritto e/o pretesa nascente dal contratto in epigrafe e dalla sua anticipata estinzione nei confronti della nostra Società”. Per la formale accettazione della proposta, l’intermediario inviava al ricorrente apposito modulo, da restituire debitamente compilato e firmato, in data 9.10.2015base al quale il cliente dichiarava “di aderire alla proposta formulata (…) a completa tacitazione di ogni diritto, richiesta per la rinegoziazione ragione, azione e pretesa, dedotta e deducibile, nessuna esclusa ed eccettuata (anche se non espressamente menzionata o ribadita in sede di reclamo), derivante dal contratto di finanziamento, dalle condizione contrattuali ed economiche del mutuoprestito e della sua anticipata estinzione”. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta L’offerta veniva accolta dalla bancaaccettata dal ricorrente, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 30/07/2018 sottoscriveva l’accordo transattivo quale “accettazione e inviato all’intermediarioquietanza liquidatoria” e il 3/10/2018 l’intermediario provvedeva al pagamento di €1.565,00 a definizione della controversia. Il ricorrente riferivaavanza nuovamente richiesta di rimborso sul presupposto “falso e frutto di artificiosa modifica del modulo di “Accettazione e quietanza liberatoria” che l’accordo conclusosi valesse quale “acconto”. L’intermediario, tuttaviapur riconoscendo di non aver effettuato, all’epoca, uno scrupoloso controllo del documento restituito, debitamente sottoscritto, insiste nell’affermare che la proposta transattiva, così come originariamente formulata, implicasse la rinuncia da parte del cliente di ogni pretesa avanzata con riferimento al contratto in questione. L’intermediario sostiene, altresì, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine la negligenza in cui è incorso è certamente derivata dal rapporto di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazionebuona fede che è solito instaurare con le controparti, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”in ossequio ai principi previsti dal nostro ordinamento. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere Il canone di correttezza e buona fedefede non è, invece, stato rispettato dal cliente. L’intermediario resiste Infine, il comportamento in male fede di parte ricorrente è, per l’intermediario, doloso ex art. 1439 c.c., in quanto nel riscontro alla domanda, sostenendo proposta che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttaviaaccompagnava il modulo controfirmato, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolareviene indicata alcuna modifica apportata alla transazione. Pertanto, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione parte resistente chiede all’ABF di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuodichiarare infondato il presente ricorso”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c...
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con ricorso Parte ricorrente chiede l’accertamento della validità della fideiussione (a tempo determinato). La Banca, con una nota, ha comunicato la volontà di recedere dal contratto di garanzia prestato. I clienti chiedono, inoltre, “il pagamento” della stessa in quanto sarebbe stata prevista in sostituzione di un deposito cauzionale. La Banca conferma il rifiuto al pagamento in assenza di uno specifico inadempimento del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo debitore principale. Più precisamente, i ricorrenti hanno rappresentato di rinegoziazioneessere beneficiari di una fideiussione “a prima richiesta” rilasciata dalla Banca convenuta, nonostante l’esistenza emessa in data 14/05/2010 con scadenza 30/04/2016, per l’importo di € 15.000 a garanzia del corretto e puntuale adempimento di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro obbligazioni relative ad un contratto di riconoscere valido ed efficace detto accordolocazione per uso commerciale. Xxxxxxx, infattiDall’inizio della locazione, il conduttore provvedeva regolarmente al pagamento dei canoni; in data 15/09/14, la Banca inviava richiesta di recesso con effetto immediato dal contratto di garanzia “in ragione di mutate condizioni nel rapporto intrattenuto con il debitore principale”, chiedendo ai beneficiari di rendere noti eventuali inadempimenti dell’obbligazione garantita, entro 15 giorni, ai fini della liquidazione. I beneficiari rispondevano con nota del 22/09/2014, chiedendo il pagamento dell’importo totale di € 15.000, ma la garante, con nota del 23/09/14, rispondeva che, “non venendo […] dichiarato alcun inadempimento in capo ‘al debitore principale’”, non avrebbe proceduto al pagamento. La parte attrice sporgeva reclamo in data 21/10/14, rappresentando quanto occorso e chiedendo l’immediato adempimento dell’obbligazione assunta. Parte ricorrente ha chiesto che il Collegio “si pronunci in ordine al mancato pagamento della garanzia […] confermando la validità della medesima e delle richieste fatte”. Nelle proprie controdeduzioni la Banca ha rappresentato, in fatto: - 14/05/2010: emissione della garanzia per l'importo massimo di essere contitolare€ 15.000,00 con ad oggetto il "corretto e puntuale adempimento di tutte le obbligazioni assunte dal Debitore Principale [omissis] per effetto del Contralto di locazione per uso commerciale" sottoscritto tra le parti con decorrenza dal 01.05.2010”; - 22/9/2014: i ricorrenti hanno richiesto il pagamento, insieme al coniuge"a liberazione dell'importo", di un finanziamento contratto con l’intermediario € 15.000,00; - 23/9/2014: la Banca ha evidenzialo che "non sussistevano le condizioni per l’acquisto l'escussione della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancantegaranzia”; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione- 27/9/2014: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che parte attrice ha reiterato la richiesta di rinegoziazione pagamento […] “in sostituzione del 9.10.2015 veniva presa previsto deposito cauzionale"; Nel merito, la convenuta ha chiesto di rigettare le richieste di parte ricorrente in carico dalla bancaquanto: Infine, la Banca ha concluso affermando che faceva avere ai richiedenti l’istanza “a) se la fideiussione è venuta meno (per fatto proprio dei beneficiari e/o per il consenso al riguardo manifestato), è certo che avrebbero nessun obbligo di pagamento incomba sul [garante]; b) se la fideiussione fosse invece ritenuta tuttora in essere, è certo che nessun pagamento è dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità essendo stata L’intermediario resistente ha chiesto il “rigetto del ricorso e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..pronunciamento avanzata dai ricorrenti”.
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Samples: Fideicommissum
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato La ZJ S.p.A. (di seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, licenziante) è titolare di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa brevetto che tutela un prodotto farmaceutico e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta possiede il know-how necessario per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettatasua realizzazione. In data 17 febbraio 2016 perveniva27 luglio 2000 il licenziante ha stipulato con la KP Ltd. (di seguito licenziatario), infineresidente nel Regno Unito, un’ulteriore richiestaun contratto che prevede (art. 2) la concessione di una licenza per l’utilizzo del brevetto e del know-how allo scopo di fabbricare e commercializzare il prodotto in determinati stati. La licenza è concessa per un periodo di tempo determinato e non è trasferibile a terzi. Condizione preliminare per la fabbricazione e commercializzazione del prodotto è la sua registrazione presso le competenti autorità amministrative degli stati interessati. Quale corrispettivo della concessione della licenza d’uso del brevetto e del know-how il contratto prevede che il licenziatario corrisponda al licenziante sia importi in somma fissa (art. 3), finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche sia importi in percentuale dei ricavi netti di credito e ai parametri vendita (art. 10). Per i primi il contratto individua tre momenti di valutazione vigenti effettuazione dei pagamenti: la sottoscrizione del contratto; il deposito della richiesta per l’ottenimento della registrazione; l’ottenimento della registrazione. Per gli importi in quel momento, veniva rigettatapercentuale dei ricavi netti il contratto prevede il pagamento su base trimestrale a seguito di presentazione di un apposito rapporto sulle vendite da parte del licenziatario. In diritto l’intermediario affermava cheentrambi i casi il pagamento avviene dietro emissione di regolare fattura da parte del licenziante. Il contratto ha efficacia dal 27 luglio 2000, al data della stipulazione, ed ha una durata (art. 12) fissata, per ciascuno stato interessato dal contratto, in dieci anni a partire dalla prima commercializzazione del prodotto ovvero fino alla data di fuori scadenza del brevetto, a seconda di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni quale delle due circostanze si verifichi più tardi. Il pagamento del primo importo in somma fissa, attribuibile per il 75 per cento ai diritti derivanti dalla concessione della licenza per il Regno Unito (art. 3), e avvenuto a seguito della stipulazione del contratto, è stato assoggettato alla ritenuta dell’8 per cento a seguito della qualificazione di categoriatale corrispettivo come royalty. A fronte del regolamento contrattuale, gli intermediari godono qui sinteticamente descritto, la società istante chiede di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..conoscere:
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Samples: Licensing Agreement
FATTO. Con ricorso Il ricorrente lamenta di non essere stato informato dei reali costi relativi ad un finanziamento c.d. “revolving” offerto dall’intermediario tramite una “telefonata commerciale” , chiedendo il “ripristino delle condizioni vigenti prima del 24 giugno 2016 prestito contestato”. Più precisamente, il ricorrente lamentava che l’intermediario ha rappresentato di aver ricevuto una telefonata da parte di un operatore commerciale, il quale, con riferimento alla carta di credito posseduta dal cliente e rilasciata dall’odierna convenuta, proponeva una “cessione di liquidità” di € 2.600 “al costo di 26 [€]”; secondo quanto appreso nel corso della chiamata, il cliente “avrebbe dovuto pagare 500 [€] mensili per il rientro del capitale e nessun tipo di interesse”. Nel corso dei mesi successivi, riceveva gli estratti conto relativi alla carta di credito, dal quale rilevava l’addebito di alcuni importi a titolo di interesse. La parte attrice presentava reclamo alla convenuta, in data 8/4/2013, contestando gli addebiti effettuati a titolo di interessi sugli utilizzi della carta e lamentando di non avesse dato seguito ad un accordo aver mai ricevuto il contratto “in forma cartacea” (e richiedendone copia). In tale missiva, comunicava di rinegoziazioneessere “disponibile a restituire fin da subito la somma di 600 € risultante dalla differenza tra i 2.600 € ricevuti sul proprio conto corrente e le 4 rate da 500€ già restituite”, nonostante l’esistenza nonché “la somma di € 573,07 […] dovuta al[l’] utilizzo della carta”, ma chiedendo, di converso, la “restituzione di tutte le somme pagate a titolo di interesse dal mese di dicembre in poi”. L’intermediario rispondeva con nota del 18/04/2013, affermando che “l’opzione di pagamento scelta […] risulta essere rateale e non a saldo […] pertanto la stessa prevede il pagamento degli interessi maturati, così come previsto dalle condizioni sottoscritte”; inoltre, rappresentava “di aver inteso accogliere, seppur parzialmente, la [...] richiesta , procedendo con il riaccredito degli interessi addebitati nei mesi di dicembre 2012 e chiedeva all’Arbitro gennaio [...] per un importo complessivo di riconoscere valido ed efficace detto accordo€ 160.10”, rifiutando le ulteriori richieste formulate dalla parte attrice. Xxxxxxx, infattiInsoddisfatto dal riscontro ricevuto, il ricorrente adiva l’ABF, chiedendo testualmente quanto segue; Nelle proprie controdeduzioni, presentate tramite Conciliatore Bancario il 09/09/2013, la resistente ha rappresentato che: - “in data 20 novembre 2006, [il ricorrente] sottoscriveva il modulo di richiesta di carta di credito […], per l'emissione di uno strumento di pagamento con una linea di credito ad uso rotativo pari ad Euro 5.000,00. Il giorno 19 novembre 2012, il Sig. [omissis] contattava il servizio clienti [..] e si avvaleva del servizio sopracitato, autorizzando l'operatore telefonico sia a trasferire sul proprio conto corrente bancario parte della disponibilità presente sulla sua carta di credito, per un importo pari ad Euro 2.600,00, sia ad attivare la c.d. «opzione revolving», impostando una rata fissa mensile di Euro 500,00 quale modalità di restituzione del debito maturato per l'utilizzo della carta stessa”; - “l'art. 2.4, rubricato «Utilizzo del fido», [riporta che] «Gli importi compresi nell'estratto conto non sono soggetti ad applicazione di interesse nel caso in cui l'intero importo dell'estratto conto sia pagato entro la relativa scadenza, restando altrimenti soggetti all'applicazione dell'interesse contrattualmente stabilito»”; - “se il [il ricorrente] non avesse modificato la modalità di pagamento, impostando una rata di Euro 500,00 per la remunerazione del credito utilizzato, nel mese di dicembre 2012, avrebbe dovuto corrispondere l'intero saldo debitore, pari ad Euro 4.366,42, maturato nel mese precedente”; - “Come recita l'art. 2.1 delle condizioni generali di contratto sottoscritte dal ricorrente «Il fido concesso al Cliente nel quadro del presente contratto può essere contitolareutilizzato mediante l'impiego della carta rilasciata dalla Banca. L'utilizzo del fido comporta l'applicazione delle condizioni economiche indicate nel prospetto»”. - “La disposizione sopra richiamata trova la propria collocazione civilistica nell'istituto dell'apertura di credito bancario, insieme al coniugeregolato dagli artt. 1842 e ss. c.c., di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoil quale, in data 9.10.2015particolare al comma 2 dell'art. 1843, richiesta prevede che i versamenti effettuati dal cliente abbiano natura di atti ripristinatori della disponibilità originariamente garantita. É pacifico dunque che la disponibilità mensile di Euro 5.000,00, garantita dall'intermediario mensilmente nel caso di specie, debba essere ripristinata ogniqualvolta essa venga utilizzata dal titolare dello strumento di pagamento”. - “evidente risulta anche la summenzionata circostanza tale per la rinegoziazione cui, da un lato, nel caso di utilizzo del mutuofido si applicano le condizioni economiche indicate nell'apposito prospetto ovvero nel documento di sintesi, dall'altro, in caso di rimborso rateale del fido, sul saldo debitore maturano gli interessi contrattualmente stabiliti”. Narrava ancora - “il ricorrente che tale richiesta veniva accolta trasferimento di contanti sul conto corrente di controparte altro non è stato [altro] se non una modalità di utilizzo del fido rotativamente concesso dalla banca, che invitava i clienti in forza del contratto di apertura di credito bancario da egli sottoscritto. Pertanto, al pari di ogni altra possibile utilizzazione della linea di credito, anche il trasferimento in parola implica l'applicazione delle condizioni economiche contrattualmente pattuite e, concorrendo esso, come ogni altra operazione effettuata con la carta di credito, alla composizione del saldo debitore, l'applicazione del tasso di interesse ove il titolare della carta, come nel caso di specie, rimborsi ratelmente il credito utilizzato”. - “Alla luce di quanto precede, a sottoscrivere l’accordopoco rileva l'assenza di un'apposita comunicazione recapitata a controparte a seguito dell'esecuzione dell'operazione il 19 novembre 2012 sottolineata da controparte, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 primo luogo, perché essa é pervenuta nella forma dell'estratto conto del mese di novembre 2012, nel quale era peraltro indicato il tasso di interesse applicato al saldo debitore, in secondo luogo, perché il trasferimento contestato, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente nel secondo reclamo, non é assoggettabile alla disciplina all'uopo prevista dal Codice del Consumo poiché, trattandosi di una normale modalità di utilizzo della linea di credito, non configura la fattispecie della c.d. vendita a distanza”; - “[dal]la trascrizione della telefonata intercorsa fra il [il ricorrente] ed il […] servizio clienti, [si] apprezza[…] sia l'ordine, impartito dal ricorrente all'operatore di turno, di trasferire parte della disponibilità della linea di fido presso il proprio conto corrente bancario, salvo contestuale pagamento di una commissione pari all'1% dell'importo stabilito, sia la variazione della modalità di rimborso del credito erogato tramite la carta, da saldo totale del debito, che, se fosse stata mantenuta, avrebbe comportato la necessaria corresponsione, il mese successivo, dell'intero utilizzo della linea di credito, comprensivo dei 2.600 Euro trasferiti e inviato all’intermediariosenza alcuna applicazione di interessi, a rateale, mediante pagamento di una importo mensile fisso di Euro 500,00”. L’intermediario resistente chiede “di voler dichiarare il rigetto del presente ricorso perché infondato”. Il ricorrente riferivaha fatto avere delle repliche in data 15/10/2013 nelle quali ha sottolineato che: - “il contratto telefonico va prodotto mediante supporto audio, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere consentire una nuova corretta valutazione all’organo giudicante; la trascrizione non è sufficiente, in quanto non è titolo di prova atto a dimostrare la realtà dei fatti”. - “Il contratto stipulato telefonicamente [deve] intendersi come nuovo contratto od almeno modifica contrattuale di sostanziale importanza, in quanto trattasi di richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche nuovo affidamento sulla carta di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momentonon può che essere un contratto a distanza disciplinato dal D.Lgs 206/2005 (Codice del Consumo), veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava cheanche perché non può trovare altra collocazione giuridica” - “Il […] D.Lgs 206/2005 (Codice del Consumo), al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui prevede all’art. 2697 c.c..52, l’obbligo per la società proponente, di inviare al domicilio dell’utente copia cartacea del contratto sottoscritto a distanza”.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con Parte ricorrente, previa proposizione di reclamo, chiede che l’ABF condanni l’intermediario al rimborso di oneri e commissioni non maturate a seguito di estinzione anticipata ai sensi dell’art. 125-sexies TUB, per la somma complessiva di € 2.263,00 oltre interessi legali, e precisamente: € 1.110,42 con riferimento al contratto n. ***855, stipulato in data 13.12.2010 (con decorrenza dal giorno 31.12.2010) ed estinto anticipatamente in data 14.10.2015, dopo il pagamento di 58 rate di rimborso; € 1.152,58 con riferimento al contratto n. ***594, stipulato in data 02.10.2015 (con decorrenza dal giorno 30.11.2015) ed estinto anticipatamente in data 31.10.2019, dopo il pagamento di 48 rate di rimborso. Parte resistente: In ordine al ctr. n. ***855, chiede che venga dichiarata la cessata materia del contendere a fronte del versamento, mediante assegno circolare (cfr. all. 3), in favore del ricorrente dell’importo di € 898,02 a titolo di rimborsi delle “commissioni rete distributiva” e dei premi assicurativi, al netto di quanto già riconosciuto in sede di conteggio e sulla base del c.d. “criterio lineare” nei termini di cui al Collegio di Coordinamento 6167/2014, comprensivo di € 20,10 a titolo di rimborso delle spese di presentazione del ricorso e degli interessi legali. In ordine al ctr. n. ***594: in via pregiudiziale, eccepisce il difetto di legittimazione passiva. Al riguardo, afferma che questo Organismo ha più volte rilevato ex officio, applicando principi affermati dalle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 2951 del 24 giugno 2016 16.02.2016, la carenza di legittimazione passiva dell’Intermediario convenuto quando questo ultimo ha ceduto il ricorrente lamentava credito in favore della Cessionaria che l’intermediario ha successivamente perfezionato l’estinzione anticipata su richiesta della ricorrente. L’ABF, in questi casi, si è espresso nel senso di escludere la legittimazione del cedente laddove la cessione del credito fosse avvenuta – come nella specie – prima dell’estinzione del finanziamento (ex multis Collegio di Bologna decisione 2766 del 18.2.20; Collegio di Roma 3262 del 28.2.20); eccepisce in via preliminare che la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea emessa il 11.9.2019 (cd. “Lexitor”) non avesse dato seguito ad un accordo ha efficacia nei rapporti tra i privati: le sentenze della Corte di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. XxxxxxxGiustizia UE, infatti, il ricorrente vincolano solo gli Stati membri e non possono imporre diritti e obblighi ai privati; inoltre l’esecuzione acritica della sentenza Lexitor condurrebbe alla violazione di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e di aver presentatoquello italiano quali la certezza del diritto, la tutela del legittimo affidamento e la ragionevolezza; nel merito, in data 9.10.2015ordine alle spese di istruttoria, richiesta il contratto prevede espressamente tali voci di costo come non ripetibili e, conseguentemente, non rimborsali in ipotesi di estinzione anticipata; in ordine alle spese di commissione rete distributiva, queste si riferiscono sia ad attività up front sia recurring. Le modalità di rimborso di tale voce commissionale sono contrattualmente pattuite secondo una misura percentuale e l’importo retrocesso all’atto dell’estinzione a titolo di oneri non maturati corrisponde a quello risultante nel “Piano Annuale” per la rinegoziazione mensilità successiva a quella di estinzione (sulla correttezza di tale criterio pattizio, cfr. Collegio di Coordinamento n.26525/2019); in ordine agli oneri assicurativi, nessun importo è stato addebitato al Cliente a tale titolo. Parte resistente chiede dichiararsi la cessazione della materia del mutuo. Narrava ancora contendere con riferimento al contratto ***855; il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario rigetto del ricorso con riferimento al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..contratto ***594.
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FATTO. Con Nel proprio ricorso del 24 giugno 2016 all’ABF il ricorrente lamentava premesso di rivestire la qualità di utilizzatore nell’ambito di un contratto di leasing stipulato con l’Intermediario convenuto e avente ad oggetto un’autovettura, avendo assunto tale veste a seguito del subentro nel predetto contratto in luogo dell’originario utilizzatore, lamenta di essere stato iscritto nella centrale rischi Crif dietro segnalazione dell’Intermediario. Il ricorrente contesta tale segnalazione e afferma di aver dimostrato all’Intermediario (con 2 comunicazioni del 21/05/2012 e dell’11/06/2012) che “il mancato pagamento delle rate di leasing era riconducibile al furto dell’autoveicolo […] di cui peraltro [l’Intermediario] aveva espressamente autorizzato [il Ricorrente] a concedere il bene in comodato a terzo soggetto”. Narra anche di continuare a “pagare l’antifurto satellitare […] secondo il quale il bene ora si troverebbe in Arabia Saudita come già più volte comunicato [all’Intermediario] che tuttavia ad oggi non ha provveduto al recupero”. Pertanto il ricorrente “contesta” l’iscrizione al Crif effettuata dietro segnalazione dell’Intermediario. Nelle proprie controdeduzioni l’intermediario non avesse dato seguito afferma che il Ricorrente è subentrato nel contratto di leasing il 14/09/2010 e successivamente, in data 04/10/2011, è stato autorizzato il comodato d’uso ad un accordo terzo soggetto. Il 14/12/2011 è stato intimato al ricorrente il pagamento del credito scaduto; in data 17/02/2012 l’intermediario ha risolto il contratto chiedendo l’immediata restituzione dell’auto e il 24/02/2012 è stato informato dal Ricorrente che il veicolo è stato oggetto di rinegoziazionefurto. In riferimento al contratto di leasing, nonostante l’esistenza l’intermediario afferma che: a) non vi è una completa coincidenza tra l’oggetto del ricorso e quello del reclamo, in particolare col ricorso è stata “definitivamente abbandonata” la domanda risarcitoria; b) l’autorizzazione al comodato d’uso non libera l’utilizzatore dagli obblighi assunti e il Ricorrente è l’unico soggetto utilizzatore del contratto di tutte leasing; c) in caso di risoluzione anticipata l’utilizzatore è tenuto al pagamento dei canoni scaduti e, in caso di perdita del bene, ad indennizzare il concedente per l’intera somma ancora dovuta; d) non è stata fornita la prova documentale del furto e il veicolo non è presente nell’archivio dei veicoli rubati del Ministero dell’Interno; e) l’inadempimento del Ricorrente risale ad ottobre 2011, prima dell’evento furto; f) si è “prontamente” adoperato per il recupero del veicolo conferendo delega ad una società, ma evidenzia che “nessun obbligo” gravi in capo alla concedente circa tale recupero. Sull’iscrizione al Cifr afferma di aver rispettato le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa disposizioni procedurali e di aver presentatoinviato il preavviso, contestualmente alla messa in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazionemora, con nota del 14/12/2011. Pertanto l’intermediario ha chiesto al Collegio di respingere l’istanza e di accertare la seguente motivazionelegittimità delle segnalazioni in Crif. In sede di ulteriore replica il Ricorrente rileva che: a) “manca la scelta prova documentale del furto è stata fornita ed è altresì evincibile dalla documentazione versata nel presente procedimento … Peraltro il [documento] di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato controparte risulta del tutto erroneo in contrasto con il dovere quanto la targa ricercata non corrisponde a quella del veicolo oggetto del contratto di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuoleasing”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, b) “l’Intermediario non ha fatto nessuno sforzo per recuperare il veicolo sebbene [il Ricorrente] (che tuttora paga il GPS) avesse informato [l’Intermediario] del luogo in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione il veicolo trovasi come da risultanze del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..sistema GPS”.
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Samples: Leasing Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava La società ricorrente, che l’intermediario non avesse dato seguito ha richiesto l’emissione di un assegno circolare, conviene avanti questo Collegio la banca emittente (d’ora in poi Intermediario A) e la banca negoziatrice (d’ora in poi Intermediario B), lamentando la mancata restituzione della somma portata dall’assegno circolare per l’intervenuto pagamento dell’assegno medesimo ad un accordo di rinegoziazioneterzo, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido risultato diverso dal beneficiario originario del titolo, essendo rimasto l’originale del titolo nel possesso della ricorrente ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, essendo quindi l’incasso avvenuto sulla base di un finanziamento contratto titolo integralmente contraffatto ma con l’intermediario modifica del nome del beneficiario (clonato). In particolare, la ricorrente ha rappresentato di aver contrattato l’acquisto di una autovettura oggetto di inserzione su un sito Internet e, una volta definiti i termini dell’accordo per l’acquisto del veicolo, chiedeva all’Intermediario A l’emissione di un assegno circolare intestato all’asserito proprietario dell’autovettura e per l’importo convenuto pari ad euro 20.500,00. Non avendo utilizzato il titolo presentava l’originale, che è sempre rimasto in suo possesso né è stato trasmesso a terzi, all’Intermediario A, per ottenerne l’annullamento ed il riaccredito della prima casa somma e in tale sede veniva a conoscenza del fraudolento incasso dell’assegno circolare avvenuto presso una filiale dell’Intermediario B. La ricorrente procedeva a sporgere denuncia – querela in ordine ai fatti testé descritti. La ricorrente chiede che il Collegio disponga il pagamento della somma pari all’importo dell’assegno, oltre interessi di aver presentatomora maturati e risarcimento dei danni, da valutarsi in via equitativa, per i disagi patiti. L’Intermediario A resistente ha dedotto che l’assegno circolare è stato oggetto di riproduzione su modulistica falsa e che è stato negoziato presso uno sportello dell’Intermediario B in modalità “Check truncation”, ovvero senza la materiale trasmissione del titolo, e tale circostanza avrebbe impedito una verifica manuale del titolo e, quindi, la possibilità di appurare l’avvenuta contraffazione, peraltro possibile solo nel caso in cui i truffatori abbiano avuto la disponibilità di una copia del titolo, riportante tutti gli elementi alfanumerici adesso correlati. Comunque, l’Intermediario A ha dedotto che l’Intermediario B, che ha negoziato il titolo, è l’unico a conoscere le qualità del soggetto presentatore ed è, quindi, tenuto ad effettuare i necessari accertamenti per l’incasso di titoli di importo non coerente con l’attività del presentatore stesso. L’Intermediario A conclude rilevando che la propria attività si è limitata all’emissione del titolo, senza partecipare alla negoziazione della copia contraffatta dello stesso. Chiede pertanto che il Collegio voglia respingere il ricorso anche con riferimento alla domanda di risarcimento dei danni, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuoquanto non documentati e comunque non ad essa imputabili. Narrava ancora L’Intermediario B resistente ha eccepito preliminarmente che il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto ricorso sarebbe irricevibile in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazionequanto, con la seguente motivazione: proposizione della denuncia – querela da parte del ricorrente, la medesima controversia sarebbe stata sottoposta all’autorità giudiziaria. In ordine alla propria responsabilità l’Intermediario B ha eccepito che l’assegno circolare girato per l’incasso era del tutto identico a quello in possesso della ricorrente risultava emesso a favore di un proprio cliente da tempo e correttamente identificato e che all’Intermediario A, nell’ambito della procedura di “manca la scelta Check truncation”, è stato trasmesso un messaggio contenente i dati relativi al titolo e all’esito non è stato risposto con nessun messaggio di rinegoziazione”impagato o di richiesta di storno. Lamentava, dunque il ricorrente L’Intermediario B chiede quindi che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato Collegio voglia dichiarare irricevibilità del ricorso stante la pendenza del procedimento penale in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste ordine alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamenteclonazione dell’assegno e, in data 4 febbraio 2016subordine rigettare il ricorso per infondatezza, i ricorrenti presentavano una nuova richiestaivi compresa la domanda relativa al risarcimento dei danni, e, in via ulteriormente subordinata, dichiarare la responsabilità della ricorrente per l’omessa custodia del titolo per almeno metà dell’importo, stante l’omessa custodia del medesimo, verosimilmente necessaria perché terzi potessero ottenere gli elementi per la clonazione, nonché la responsabilità solidale con l’Intermediario A per l’importo alla cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..rifusione venisse eventualmente condannata.
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FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il La società ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e riferisce di aver presentato, stipulato in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione 05/06/2009 un contratto di mutuo agrario condizionato ai sensi degli artt. 38 e ss. e artt. 43 e ss. del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazioneTUB, con la seguente motivazione: “manca resistente. In forza di tale contratto la scelta banca concedeva alla società la somma di rinegoziazione”. Lamentavaeuro 1.300.000,00, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere a garanzia della quale veniva iscritta ipoteca a carico della rappresentante legale della società per un importo di correttezza euro 2.600.000,00, e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta le rate di rinegoziazione ammortamento e preammortamento venivano determinate al tasso variabile del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione3.49% nominale annuo. Successivamente, in data 4 febbraio 201625/07/2012, le parti stipulavano il contratto definitivo di mutuo agrario e in tale sede la resistente poneva in essere una serie di irregolarità, per effetto delle quali, da un lato, la società si vedeva costretta a stipulare il contratto con un importo ridotto da euro 1.300.000,00 ad euro 1.289.000,00, dall'altro, la banca applicava 2 punti percentuali in più sul tasso di interesse rispetto a quanto pattuito nel contratto di mutuo condizionato. Inoltre, rileva la ricorrente che con missive di luglio 2014 e gennaio 2015, la società chiedeva la sospensione del pagamento delle rate in virtù delle nuove misure per il credito alle PMI senza ottenere alcun riscontro. Nonostante la pendenza della richiesta, la società provvedeva comunque al saldo della rata di gennaio 2015. Al riguardo precisa che alla data di scadenza di tale rata (sabato 31/01/2015), sul c/c della società vi era la disponibilità della somma di euro 20.000,00, cui veniva aggiunta, in data 06/02/2015, l'ulteriore somma di euro 11.800.00, con specificazione nella causale che il versamento veniva effettuato per l’integrazione della disponibilità per il pagamento interessi della rata di mutuo scadenza al 31/01/2015. Tuttavia la somma versata veniva indebitamente imputata alla diminuzione dell'affidamento, revocato con lettera del 9 giugno 2015, adducendo motivazioni pretestuose e non chiare. Secondo parte ricorrente la vicenda delineata mostra l’illiceità della condotta tenuta dalla banca, che in sede di stipula del contratto definitivo di mutuo le ha fatto accettare delle condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle previste con l’originario accordo. Inoltre contesta la legittimità della revoca dell’affidamento in conto corrente e la destinazione delle somme versate al ripianamento dell’esposizione debitoria invece che al pagamento di una rata di mutuo come da intenzioni della società. Nel contestare quanto sostenuto dalla banca in sede di risposta al reclamo, laddove viene rappresentato che la maggiorazione dei 2 punti percentuali del tasso di interesse sarebbe dovuta al fatto che l’ultimazione dei lavori è avvenuta con ritardo e che per venire incontro alle esigenze espresse dalla cliente, pur potendo procedere alla risoluzione del rapporto in forza dell’art. 2 del contratto, ha disposto ugualmente l'erogazione di credito, precisa che nessuna comunicazione circa l'asserito ritardo nell'ultimazione dei lavori è pervenuto alla mutuataria e conseguentemente nessuna richiesta di stipula del definitivo o risoluzione del condizionato. Dichiara, al contrario, che solo a causa delle minacce verbali del direttore di filiale di risoluzione del contratto la società veniva costretta ad accettare la stipula di un contratto a condizioni più sfavorevoli. In conclusione ritiene che la banca abbia commesso un abuso di posizione dominante. Inoltre per quanto riguarda il mancato rinnovo dell’affidamento di euro 100.000,00, scaduto il 1° aprile 2014, la ricorrente rileva l’arbitrarietà della decisione e la mala fede del direttore di filiale il quale chiedeva insistentemente il saldo della rata per poi distrarre i ricorrenti presentavano fondi a diminuzione del fido, pur sapendo dell’avvenuta revoca. Parte ricorrente chiede, quindi, al Collego di sospendere il rimborso delle rate di mutuo, come da richiesta formulata all’intermediario, la rimessione in bonis per l’affidamento concesso, di far cessare la condotta contraria ai principi di correttezza e buona fede e per l’effetto adottare ogni opportuno provvedimento nei riguardi anche degli operatori che hanno posto in essere le condotte oggetto di contestazione. La banca nel resistere, chiede il rigetto delle domande formulate dalla ricorrente perché manifestatamente irricevibili e/o inammissibili, e, comunque, perché palesemente infondate, sia in fatto che in diritto. A sostegno delle proprie ragioni, in primo luogo, rileva come controparte abbia fornito una ricostruzione della vicenda totalmente distorta e fuorviante, tra l’altro manifestando le proprie doglianze solo a partire dal mese di agosto 2015, quando la società si era vista già recapitare, in data 09/06/2015, un sollecito per il pagamento della rata di mutuo scaduta il precedente 31/01/2015 e per il ripianamento dell'esposizione debitoria derivante dall'utilizzo di apertura di credito, scaduta il 01/04/2015. Nel dettaglio, con riferimento all’aumento del tasso di interesse in sede di stipula del contratto definitivo chiarisce che il contratto di mutuo condizionato veniva concesso per finanziare la realizzazione di una cantina aziendale che la mutuataria si era espressamente impegnata ad ultimare entro il 30 aprile 2011. Invoca, in proposito, il disposto dell’art. 2 del contratto, il quale regolamentava le conseguenze connesse al mancato rispetto della data di ultimazione dei lavori, riconoscendo alla banca, tra le altre, anche la facoltà di procedere alla risoluzione del contratto con conseguente obbligo della parte mutuataria di restituire quanto eventualmente già erogatole oltre ai relativi interessi. L’intermediario sottolinea l'importanza della data di ultimazione dei lavori ai fini dell'economia del finanziamento di cui si discute, in quanto i tempi di recupero del capitale erogato incidono sulle valutazioni del tasso di interesse applicabile; uno slittamento della data di fine lavori originariamente prevista è non solo potenzialmente idoneo ad incidere sulla affidabilità del mutuatario ma comporta automaticamente anche un ritardo per l'inizio dell'ammortamento, con indubbi riflessi quindi sulle condizioni convenute sul presupposto che i tempi originariamente previsti venissero effettivamente rispettati. Nel caso di specie i lavori oggetto di finanziamento vennero terminati con notevole ritardo rispetto ai tempi inizialmente previsti e, precisamente, in data 20/2/2012, nonostante la resistente avesse, regolarmente adempiuto alla propria obbligazione erogando, in tre riprese (in data 8/7/2009, 16/07/2010 e 30/11/2010), l'importo complessivo di euro 1.289.000,00 corrispondente, praticamente (se si eccettua il marginale residuo di euro 11.000,00) all'intera somma mutuata. Tanto rilevato, la banca precisa che le nuove condizioni contrattuali ed, in particolare, la maggiorazione del tasso di interesse inizialmente pattuito nonché la rinuncia alla residua somma di euro 11.000,00, vennero proposte proprio dalla società ricorrente come da documentazione allegata. Tale richiesta conferma che lo stesso ricorrente riconosceva come la rinegoziazione delle condizioni contrattuali lo favorivano, evitando la ben più dannosa risoluzione del contratto. Pertanto, la banca sostiene di non aver imposto le nuove condizioni contrattuali che, al contrario, sono espressione della libera scelta imprenditoriale. Per quanto riguarda la richiesta di sospensione delle rate di mutuo, parte resistente ritiene che la domanda sia irricevibile, in quanto l’Arbitro non può sostituirsi a quest’ultima nel disporre coattivamente la sospensione, sottolineando come l’accesso ai benefici previsti dall’accordo ABI/PMI non rappresenta un diritto soggettivo dell’impresa richiedente, implicando sempre una valutazione dell’intermediario. In punto di merito, peraltro, la banca rileva come il rifiuto tempestivamente comunicato dal direttore della filiale per le vie brevi al legale rappresentante della società, era pienamente giustificato dai considerevoli sconfinamenti presenti a carico della società già da marzo 2014. Riguardo al pagamento della rata recante scadenza al 31/01/2015, la società sostiene che all'epoca vi fosse sul conto corrente una disponibilità di euro 20.000,00 e di aver integrato detta somma con un ulteriore versamento di euro 11.800,00 e che, nonostante ciò, la banca anziché imputare le suddette somme all'estinzione della predetta rata, avrebbe utilizzato il versamento di euro 11.800,00, per abbattere la esposizione debitoria in conto corrente. L’intermediario smentisce tale affermazione con l'estratto conto, dal quale si deduce che al momento della scadenza della rata (31/01/15), l’apertura di credito di euro 100.000,00, di cui godeva la società, risultasse già utilizzata per l'importo di euro 81.199,01, con un residuo ancora disponibile di euro 18.800,99. Al contrario rileva che la rata in contestazione ammontava ad euro 38.297,34 e che, quindi, sul conto corrente non esistesse, all'epoca, la provvista sufficiente per procedere al suo pagamento né tanto meno questa venne costituita con il successivo versamento di euro 11.800,00 effettuato il 09/02/2015. Infine con riferimento alla revoca dell’affidamento, la banca rileva che l’ apertura di credito era stata concessa dalla banca a tempo determinato e che la scadenza era intervenuta in data 01/04/2015, data entro la quale la stessa avrebbe dovuto essere estinta dalla correntista. Pertanto, alcuna revoca è stata disposta a danno della società alla quale con lettera del 09/06/2015 veniva semplicemente richiesto di rientrare dell’esposizione debitoria maturata. Alla luce di ciò la domanda di rimessione in bonis formulata da controparte deve essere dichiarata irricevibile in ragione del fatto che il rifiuto della banca di concedere una nuova richiestaapertura di credito attiene alla propria discrezionale valutazione, sottolineando, peraltro, come esistessero al riguardo delle ragioni oggettive quali segnalazioni di sconfinamento in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione CR effettuate da altri istituti di credito e lo stesso inadempimento in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, pagamento delle rate del mutuo alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..stessa concesso.
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Samples: Mutuo Agrario
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 datato 19 gennaio 2012 il ricorrente lamentava si rivolgeva all’Arbitro Bancario Finanziario riproponendo una questione già portata all’esame di questo Collegio e conclusasi con una dichiarazione di improcedibilità come da Decisione n. 2309/2011 del 26.10.2011. Nello specifico, nella nota allegata al presente ricorso il ricorrente, ricordando che l’intermediario non avesse dato seguito nella precedente decisione «il caso presentato aveva sollevato problematiche che esulavano dalla competenza ABF essendo inerenti ad un accordo rapporto assicurativo e non già ad un rapporto bancario», precisava che «il presente ricorso riguarda esclusivamente il rapporto bancario trattandosi di rinegoziazioneuna interruzione di un servizio che la [banca] si era impegnata a fornire con la sottoscrizione del contratto. Vengono esclusivamente contestate le “modalità” e la “forma” della comunicazione di interruzione del servizio, nonostante l’esistenza elementi tutti compresi nel “rapporto bancario”». Ciò chiarito, e al fine di tutte verificare l’eventuale superamento della questione di improcedibilità che ha impedito a questo Collegio di pronunciarsi nel merito sul precedente ricorso occorre, seppur brevemente, richiamare i fatti oggetto della controversia. In data 27.10.2009 il ricorrente, insieme ad altro soggetto, stipulava con la banca convenuta l’attivazione sul conto corrente in essere presso la banca stessa – e cointestato con un terzo soggetto – di un insieme di servizi bancari e non bancari denominato “Conto per Te … Family”, a fronte del pagamento di un canone mensile. Tra i servizi non bancari offerti era compresa la copertura assicurativa “Indennità da ricovero per intervento chirurgico”, in forza di polizza sottoscritta dalla banca resistente a favore dei titolari della descritta tipologia di conto corrente, le cui condizioni erano disciplinate con regolamento consegnato in copia al ricorrente. In data 25.01.2010 al ricorrente veniva diagnosticata una “gonatrosi” al ginocchio destro, per la quale occorreva un intervento chirurgico, effettuato a fine aprile 2010. Il mese successivo il ricorrente presentava alla compagnia assicuratrice la richiesta di indennizzo, quantificato, sulla base del regolamento di cui sopra, in Euro 2.582,28. L’assicurazione, però, riscontrava negativamente tale richiesta con lettera del 28.05.2010, segnalando che la polizza stipulata con la resistente non era più in vigore dal 1° marzo 2010. In data 21.07.2010 il ricorrente chiedeva, pertanto, alla banca il pagamento dell’indennità suddetta, rilevando di non aver ricevuto alcuna comunicazione in merito alla decadenza della copertura assicurativa in oggetto e precisando di aver appreso dalla compagnia assicuratrice che la disdetta alla polizza proveniva dalla medesima convenuta. Detta richiesta veniva ripresentata, negli stessi termini, il 5.10.2010, in quanto la precedente era stata smarrita dalla resistente. Veniva però respinta con missiva del 9.11.2010, in cui la banca evidenziava di aver comunicato in data 31.12.2009, in sede di trasmissione dell’estratto conto di fine periodo (che veniva comunque allegato), la disdetta dal contratto assicurativo con effetto dal 01.03.2010. Con nota del 17.11.2010 il ricorrente inoltrava alla resistente un nuovo reclamo e chiedeva all’Arbitro il risarcimento dei danni in misura corrispondente all’indennizzo non percepito, eccependo: - la mancata tempestiva ricezione dell’estratto conto dell’ultimo trimestre 2009, che recava l’informativa sulla disdetta; - la nullità della stessa disdetta, sia per la modalità di riconoscere valido ed efficace detto accordocomunicazione, asseritamente non conforme alle previsioni contrattuali (che, a suo avviso, imponevano la raccomandata, per via del richiamo alla specifica normativa di settore), sia per la data in cui era stata operata, a suo dire precedente la durata contrattuale fissata in 365 giorni, da computarsi con riferimento al giorno di attivazione del “Conto per Te … Family” da parte del ricorrente medesimo. XxxxxxxA seguito della sopra citata decisione n. 2309/2011, infattie in aggiunta a quanto appena esposto, il ricorrente di essere contitolaresi rivolgeva nuovamente all’intermediario e, insieme al coniugecon nota del 17 gennaio 2011, rilevava che la copertura assicurativa faceva parte di un finanziamento contratto con l’intermediario pacchetto di servizi abbinato al conto corrente, per l’acquisto della prima casa e il quale era previsto un canone mensile di € 11,00. Pertanto, dopo aver presentatorichiamato l’art. 8 delle condizioni contrattuali, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale reiterava la richiesta veniva accolta di risarcimento di € 2.582,28 corrispondente all’indennizzo previsto dalla bancapolizza assicurativa. Con nota del 21.12.2011 la banca resistente forniva riscontro negativo facendo rinvio alla pregressa corrispondenza con la controparte e alla decisione assunta dall’ ABF. Non soddisfatto della risposta ricevuta, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il con il presente ricorso il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario – precisato quanto sopra esposto – si rivolgeva nuovamente all’Arbitro Bancario Finanziario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza ottenere l’accertamento della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito nullità della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazionecomunicazione «posta in calce al resoconto del quarto trimestre 2009, con cui (la seguente motivazionebanca) ha inteso informare i titolari di conto corrente ‘Conto per Te… ‘Family’ che … sarebbero decadute le coperture assicurative». La banca resistente presentava le proprie controdeduzioni con nota del 6.3.2012. Dopo aver riepilogato la richiesta del ricorrente, la resistente osservava, tra l’altro, che: “manca ▪ rispetto al precedente ricorso, l’interessato aveva modificato le proprie richieste «facendo credere che i servizi assicurativi offerti col Conto per te siano onerosi»; in realtà dal documento di sintesi si evince che i servizi bancari e non bancari compresi nel conto, quali prestazioni accessorie offerte gratuitamente o a condizioni di favore, «possono essere modificati a discrezione della banca, sia per quanto riguarda la scelta loro tipologia, le società fornitrici dei servizi stessi (non bancari, assicurativi, ecc.) che le relative condizioni» ; ▪ il cliente è venuto a conoscenza dell’elenco dei servizi bancari ed extrabancari non da previsioni contrattuali «ma solo con la consegna del materiale informativo»; ▪ il regolamento relativo alla copertura assicurativa avverte espressamente che la sua «operatività era subordinata alla validità della Polizza (tale accertamento era pertanto un onere del cliente) e tale avvertenza di rinegoziazione”fatto escludeva ogni possibile aspettativa di validità della polizza sino a revoca»; ▪ la comunicazione della disdetta era avvenuta «in sede di trasmissione dell’estratto conto di fine periodo del 31.12.2009», come previsto dal citato regolamento; ▪ non sussisteva alcun obbligo contrattuale a carico della banca di «mantenere l’efficacia di specifici rapporti assicurativi in corrispondenza alla durata del rapporto di conto corrente»; ▪ non sussiste «nessuna specifica normativa di settore che preveda la comunicazione a mezzo raccomandata relativa all’informativa della disdetta di una polizza collettiva ai beneficiari». LamentavaSulla scorta di tali considerazioni, la banca resistente chiedeva dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto all’ABF di «respingere la richiesta avanzata dal … [ricorrente] con il dovere di correttezza e buona federicorso in oggetto». L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che Considerato il procedimento maturo per la richiesta di rinegoziazione decisione questo Collegio lo ha esaminato nella riunione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..24 luglio 2012.
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Samples: Arbitration Agreement
FATTO. Con ricorso La ricorrente chiede l’annullamento “per dolo determinante, come previsto dall’art. 1439 del 24 c.c.”, del contratto stipulato con l’intermediario convenuto nel maggio/giugno 2016 2010, avente ad oggetto un finanziamento vincolato all’acquisto di determinati beni (mobili) presso una specifica società di arredamento (Jolly S.p.A.) in un arco temporale limitato (cinque anni). Più precisamente, si tratta di un contratto di finanziamento collegato e accessorio ad altro contratto, in forza del quale la suddetta società di arredamento concede alla ricorrente uno sconto sul prezzo di acquisto di mobili a fronte dell’impegno della ricorrente ad acquistare in un quinquennio mobili per un valore non inferiore a € 2.400,00 (oltre IVA). L’operazione – che comporta dunque la stipulazione di due contratti, l’uno con la società di arredamento e l’altro di finanziamento con l’intermediario convenuto – è stata presentata e offerta alla ricorrente da alcuni agenti della società di arredamento e la negoziazione e stipulazione dei relativi contratti è avvenuta ad opera di questi ultimi fuori sede. La ricorrente lamenta di essere stata raggirata e indotta in errore proprio dal comportamento tenuto, in fase precontrattuale e di stipulazione del contratto di finanziamento, dagli agenti della società di arredamento, sostenendo che “i raggiri usati dagli Agenti, sicuramente noti anche [all’intermediario], furono tali che, senza di essi, [la ricorrente] non sarebbe mai addivenuta alla stipula del [contratto con la società di arredamento] e della correlata richiesta di finanziamento sottopostale in modo chiaramente fraudolento”. Contestando “evidenti violazioni delle disposizioni in materia di trasparenza bancaria e di offerte fuori sede di prodotti di finanziamento”, la ricorrente evidenzia in particolare di non essere stata resa edotta dei costi del finanziamento – in quanto “nessuna quota di interessi era stata pubblicizzata dall’Agente … lasciando intendere … che il finanziamento … fosse a zero costi” né le era stata fornita alcuna informazione in merito al “TAG, … XXXX … e TEG medio applicati” – e di non aver neppure ricevuto copia del contratto, “né tantomeno la documentazione precontrattuale prevista dalla normativa di settore, con particolare riferimento alla trasparenza del prodotto (i.e. foglio informativo analitico, documento di sintesi. etc.:)”. Rileva inoltre la ricorrente lamentava che l’intermediario sulla copia del contratto inviata dall’intermediario soltanto con lettera del 10 agosto 2010 non avesse dato seguito ad un accordo sono neanche indicati il luogo e la data di rinegoziazionesottoscrizione dello stesso. L’intermediario convenuto, nonostante l’esistenza di contro, respinge ogni addebito mosso nei suoi confronti dalla ricorrente, osservando in particolare quanto segue: (i) la ricorrente era perfettamente a conoscenza delle condizioni economiche del finanziamento e, quindi, del numero e dell’importo delle rate pattuite per il rimborso, nonché del TAN e del TAEG applicati, in quanto, tra l’altro, in data 23.6.2010 la banca inviava la lettera di accettazione del finanziamento, “ribadendo le condizioni economiche già contenute nella domanda di intervento finanziario – sezione prospetto contabile”, secondo le quali la ricorrente avrebbe dovuto restituire la somma finanziata (€ 2.800,00) “maggiorata di spese ed interessi contrattualmente pattuiti (TAN 13,60% e TAEG 15,50% …) mediante versamento di n. 60 rate … a decorrere dal 28.7.2010”; (ii) la ricorrente compilava in ogni sua parte il contratto di finanziamento e approvava tutte le condizioni generali, “mediante l’apposizione di ben 11 sottoscrizioni”; (iii) l’importo finanziato veniva effettivamente erogato per intero; (iv) il Codice del Consumo (D.Lgs 206/2005) prevedeva all’epoca dei fatti di causa il diritto del consumatore di recedere “entro 10 giorni lavorativi” dai contratti di finanziamento conclusi fuori sede, ma tale diritto non veniva esercitato dalla ricorrente; (v) per quanto attiene alla mancanza della data e chiedeva all’Arbitro luogo sulla domanda di riconoscere valido ed efficace detto accordofinanziamento, infine, l’intermediario precisa che tali elementi “non sono prescritti a pena di nullità” e che la compilazione della domanda avveniva a cura della ricorrente, cui dunque spettava indicarli. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoPeraltro, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestavia preliminare, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazioneeccepisce altresì l’incompetenza dell’ABF, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che quanto la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero annullamento “avrebbe dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della essere proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuoavanti all’Autorità Giudiziaria”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo ragione del collegamento negoziale tra il contratto di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma finanziamento e quello con la società di arredamento e del fatto che “il contraddittorio dovrebbe essere esteso anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava chenei confronti del fornitore dei beni”, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che quale viene imputato il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..comportamento doloso.
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Samples: Contract
FATTO. Con ricorso In data 30/04/2009 veniva stipulato un contratto di fideiussione con il quale il fideiussore garantiva a favore del 24 giugno 2016 beneficiario gli obblighi ed oneri rivenienti dal contratto di locazione immobiliare del 24/03/2009 stipulato tra quest’ultimo e il conduttore. La fideiussione prevedeva un importo massimo garantito di € 2.202,00 e validità dal 01.04.2009 al 31.03.2015. A seguito dell’inadempimento da parte del conduttore – che abbandonava i locali nel novembre 2010 e si rendeva irreperibile – circa l’obbligo di regolare corresponsione dei canoni di locazione di agosto, settembre ed ottobre 2010 (oltre alle spese condominiali preventive e consuntive del 2010), la società ricorrente lamentava si rivolgeva in primis allo stesso conduttore (con vari solleciti e, da ultimo, con nota spedita il 19/1/2011, “con fissazione del termine per l’adempimento”), senza ottenere riscontro; successivamente – in data 27/1/2011 – avanzava istanza per l’escussione della garanzia fideiussoria. Tramite visura camerale, la ricorrente apprendeva che l’intermediario non avesse dato la società che aveva prestato la garanzia era stata posta in liquidazione e, a seguito di contatti intercorsi con il Commissario giudiziario, veniva a sapere che la stessa aveva ceduto ad un accordo Confidi, l’attuale convenuto, la gestione delle polizze con diritto di rinegoziazionesurroga (circostanza confermata dalla comunicazione del Confidi del 20/05/2011, agli atti). Con missiva del 28/04/2011, la società ricorrente avanzava reclamo al Confidi, reiterando le richieste già rivolte alla società cedente. Il Confidi riteneva di dover respingere le richieste per i seguenti motivi: • estinzione della garanzia fideiussoria per mancato tempestivo avviso dell’inadempimento del contraente ex art. 1957 c.c. e 1-6 C.G. di contratto; • estinzione della garanzia fideiussoria in base al disposto dell’art. 1956 c.c., dal momento che, nonostante l’esistenza l’inadempimento del locatario, la ricorrente ha continuato a far credito allo stesso; • inosservanza dell’obbligo del beneficium excussionis da parte del beneficiario. Con il ricorso pervenuto il 29/07/2011, la cliente formulava le seguenti richieste: • “accertare e dichiarare la piena cogenza del contratto di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro fideiussione”; • “condannare il Confidi al versamento a favore della ricorrente della somma garantita dal contratto di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxfideiussione sopramenzionato, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniugestipulato in data 30/04/2009, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della € 2.202,00 oltre interessi di legge e rivalutazione monetaria”. La ricorrente esponeva di non aver escusso il Confidi prima casa e di aver presentatodel gennaio 2011, in data 9.10.2015quanto non poteva essere a conoscenza dell’intervenuta procedura di liquidazione in capo al primo fideiussore, richiesta per la rinegoziazione così come non poteva aver avuto contezza dell’intervenuta cessione del mutuocontratto in oggetto a favore del Confidi. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancaSoggiungeva, inoltre, che invitava i clienti il contratto di locazione si era automaticamente risolto per inadempimento del conduttore a sottoscrivere l’accordoseguito del mancato pagamento di 3 mensilità, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione escludendo così l’applicabilità del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere disposto di cui all’art. 2697 1956 c.c... Infine, la ricorrente precisava che, in questo caso, non poteva trovare applicazione il principio dell’obbligo di preventiva escussione del debitore principale, poiché tale eccezione non può essere sollevata in sede stragiudiziale. L’intermediario non ha inviato le proprie controdeduzioni. Non aveva nemmeno inviato la mail di conferma di ricezione del ricorso e, pertanto, la Segreteria Tecnica ha trasmesso (in data 17.10.2011) copia del ricorso stesso all’intermediario e (per conoscenza) alla ricorrente. Quest’ultima ha, quindi, inviato alla Segreteria Tecnica copia della cartolina di ritorno, ove si evince il recapito alla controparte del ricorso in data 29/07/2011. Attesa la mancata produzione delle controdeduzioni entro il termine previsto dalla procedura, la Segreteria Tecnica ha sollecitato l’invio delle stesse con messaggio di posta elettronica in data 09/01/2012. Le controdeduzioni non sono comunque pervenute alla Segreteria Tecnica.
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Samples: Fideicommissum Agreement
FATTO. Con ricorso La ricorrente, unitamente alla madre poi deceduta, sottoscriveva con l’intermediario resistente un contratto di conto corrente, che prevedeva una serie di servizi accessori di natura bancaria e assicurativa. Tra questi ultimi figurava una polizza assicurativa che garantiva la possibilità per il titolare del 24 giugno 2016 conto corrente di ricevere una diaria pari ad Euro 38,73 per ogni giorno di ricovero superiore al settimo fino alla durata massima di 80 giorni. Nel 2009 la madre della ricorrente veniva ricoverata presso due distinte strutture ospedaliere dal 16/06/2009 al 29/06/2009 e successivamente dal 29/06/2009 al 19/11/2011 per un periodo di degenza superiore ad 80 giorni. Al fine di ricevere quanto dovuto la ricorrente si rivolgeva (in nome della madre) inizialmente alla Compagnia di Assicurazione, che negava il ricorrente lamentava che versamento della somma richiesta in ragione dell’interruzione della collaborazione con l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazioneresistente e, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxsuccessivamente, infattidirettamente allo stesso intermediario, il quale chiariva che, a seguito di una modifica unilaterale del contratto di conto corrente comunicata alle parti in data 31/03/2009, la polizza assicurativa non figurava più tra i servizi connessi a quella particolare tipologia contrattuale. Insoddisfatta del riscontro ricevuto dall’intermediario, la ricorrente, subentrata in tutti i rapporti della madre nel frattempo deceduta, ha presentato ricorso all’ABF con il quale ha chiesto “la corresponsione di quanto dovuto a titolo di diaria, euro 3098,40 e degli interessi legali maturati su tale credito fino a novembre 2012. Da dicembre 2012 sono invece da computarsi gli interessi moratori poiché con lettera del procuratore è da considerarsi realizzata la costituzione in mora della banca”. Con le proprie controdeduzioni, l’intermediario resistente ha precisato quanto segue: - tra le prestazione accessorie al contratto di conto corrente della ricorrente figurava la possibilità di essere contitolare, insieme al coniuge, usufruire di un finanziamento contratto con l’intermediario rimborso assicurativo pari ad una diaria di Euro 38,73 per l’acquisto ogni giorno di ricovero superiore al settimo per un massimo di 80 giorni; - di aver prontamente comunicato alla ricorrente il venir meno della prima casa clausola relativa alla prestazione assicurativa in oggetto nel conto scalare del 31/03/2013 e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per ribadito tale informativa nelle risposte alle successive lettere della stessa ricorrente; - non sussiste alcuna “correlazione tra la rinegoziazione sottoscrizione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente Conto (…) e la durata della polizza collettiva che tale richiesta veniva accolta decorre dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 sottoscrizione della Banca delle polizza stessa e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario non certo dall’adesione al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro Conto (…) da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava del cliente che, al per questo motivo, ha l’obbligo di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti accertare preventivamente la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto validità della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..polizza”.
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Samples: Contract of Current Account
FATTO. Con ricorso La società ricorrente per il tramite del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoprocuratore riferiva che, in data 9.10.201530/03/2016, richiesta per la rinegoziazione aveva richiesto, via pec, all’intermediario convenuto copia integrale del mutuocontratto di finanziamento sottoscritto presso lo stesso. Narrava ancora il ricorrente Sottolineava, quindi, che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto istanza aveva fatto seguito ad analoghe richieste già avanzate in data 6.11.2015 10/07/2015 e inviato all’intermediarioin data 20/11/2015, alla quale la resistente rispondeva con raccomandata datata 22/12/2015, allegando il documento di sintesi e il piano di ammortamento del finanziamento. Il ricorrente riferivaLa ricorrente, tuttaviainoltre, riportava che, in data 31/03/2016 aveva inoltrato a mezzo pec un’ulteriore comunicazione, sottolineando che successivamente veniva contattato dall’intermediario tra i documenti richiesti non era stato fornito il contratto di finanziamento sottoscritto dal legale rappresentante della società ed invitando altresì, la banca ad adempiere alla richiesta nell’arco di cinque giorni. Tuttavia, con riscontro del 07/04/2016, la resistente si era limitata ad inviare nuovamente la stessa risposta e la documentazione già trasmessa mesi prima, senza allegare il contratto. La società, pertanto, chiedeva al Collegio di porre in essere nei confronti dell’intermediario tutti i provvedimenti necessari al fine di sottoscrivere una nuova richiesta ottenere copia integrale del contratto di rinegoziazionefinanziamento sottoscritto. Con le controdeduzioni l’intermediario, non essendo dopo aver eccepito la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazionemancanza del preventivo reclamo, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare riferiva che la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, parte ricorrente aveva intrattenuto con la seguente motivazione: “manca la scelta banca una pluralità di rinegoziazione”rapporti, attualmente tutti estinti. LamentavaNel merito della vicenda rappresentava che, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa relazione al contratto in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamentecontroversia, in data 4 febbraio 201627/08/2012, i ricorrenti presentavano una nuova richiestala società, in cui tuttavia presenza di due rate di mora, aveva chiesto di poter accedere alla moratoria di 12 mesi concessa alle piccole e medie imprese, riconoscendo di essere intestataria del mutuo chirografario con debito residuo alla data del 27/08/2012 di Euro 117.284,90. Con nota del 28/09/2012, il cliente era stato, quindi, informato che la moratoria era stata concessa; in data 06/08/2015, a causa del mancato pagamento delle rate post sospensione, era stata però sollecitata a pagare, entro 15 giorni dal ricevimento della comunicazione, la somma di Euro 61.742,44 oltre interessi, oneri e spese, e preavvisata che in assenza di tale pagamento l’intermediario avrebbe provveduto ad avviare le azioni di recupero del credito con le conseguenti necessarie segnalazioni alla Centrale Rischi. L’intermediario, quindi, ripotava che la società ricorrente non aveva provveduto ad effettuare il pagamento richiesto, pertanto la posizione era selezionata alcuna opzione in merito al tipo stata segnalata a sofferenza con l’annessa risoluzione del contratto di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettatafinanziamento per grave inadempimento della debitrice. In data 17 febbraio 2016 perveniva30/11/2015, la società ricorrente, al fine di sanare la posizione passata a sofferenza, aveva inviato all’intermediario una lettera contenente una proposta di piano di rientro, basato sul versamento di una rata mensile di Euro 1.100,00 sino alla totale estinzione del debito. La resistente riferiva che, con nota del 1/12/2015, aveva accettato la proposta ed in tale occasione, nel precisare che il debito complessivo da estinguere ammontava a Euro 58.759,58 oltre interessi e spese, aveva avvertito la società che anche il mancato versamento di una rata nei termini stabiliti avrebbe determinato l’automatica risoluzione dell’accordo. L’intermediario, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava dichiarava che, in esecuzione dell’accordo transattivo, la parte debitrice provvedeva a versare le rate dal mese di gennaio 2016 al mese di fuori aprile 2016; di particolari ipotesi normative o accordi conseguenza, in data 3/05/2016 le era stato comunicato che il contratto di finanziamento originariamente sottoscritto con le associazioni la banca era stato preestinto in seguito al passaggio a sofferenza. Poste tali premesse, l’intermediario riteneva di categoriaavere tenuto un atteggiamento collaborativo, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del creditovirtù delle facilitazioni concesse per il pagamento della posizione, sottolineando peraltro che e trasparente per aver provveduto a consegnare per ben due volte su tre gli ostacoli alla società ricorrente la documentazione in suo possesso, ossia il documento di sintesi, regolarmente sottoscritto dalla società, contenente la regolamentazione delle condizioni economiche del finanziamento, la sintesi delle principali clausole contrattuali dello stesso ed il piano di ammortamento del finanziamento, anche esso regolarmente datato e sottoscritto dalla società. Riteneva, inoltre, del tutto superata e come tale inutile e non meritevole di adempimento la richiesta di consegna della copia del contratto di finanziamento in questione, in quanto lo stesso - come già comunicato alla società debitrice – era stato risolto per grave inadempimento. Pertanto, ricordando che hanno condotto tra le parti era intercorso un accordo transattivo, valido e con funzione novativa delle precedenti obbligazioni delle parti, chiedeva al rigetto della Collegio di rigettare il ricorso in quanto infondato. In sede di replica, la parte ricorrente sottolineava di aver richiesto il contratto in questione inviando più di un reclamo; richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..la banca aveva continuamente ignorato rendendo necessario rivolgersi all’ABF.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con ricorso Il ….., ….. in servizio presso ….., presentava all’Amministrazione resistente istanza di accesso ed estrazione copia degli atti già oggetto di una sua precedente istanza del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava ….. e successivi agli accertamenti preliminari tesi ad appurare la fondatezza delle segnalazioni che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo nella sua qualità di rinegoziazione….. aveva fatto ed inerenti all’attribuzione dei punteggi per l’avanzamento di grado di ….. di ….., nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordocui l’istante aveva partecipato. Xxxxxxx, infattiIn particolare, il ….. nel richiamare la precedente istanza del ….., rileva che con essa aveva posto in luce possibili condotte penalmente rilevanti in ragione della modifica del verbale redatto il ….. conclusivo della procedura sopra indicata; modifica che risultava all’istante in quanto, diversamente dalla bozza di cui era venuto a conoscenza e dalla quale risultava che gli era stato assegnato lo stesso punteggio di altri ….. candidati, nel verbale veniva attribuita all’istante una posizione deteriore rispetto a questi ultimi. Alla luce di quanto sopra l’istante chiedeva di conoscere: il nominativo del ….. di PERSOMIL pro tempore alla data di presentazione dell’istanza del …..; se successivamente a quest’ultima erano stati trasmessi gli atti all’AG; se l’Amministrazione avesse svolto indagini per appurare i fatti segnalati dall’istante. L’Amministrazione non dava riscontro nei termini di legge. Il ….. il medesimo ricorrente formulava altra richiesta di essere contitolareaccesso all’Amministrazione resistente volta a conoscere se fosse stato sospeso il giudizio di avanzamento dell’istante, insieme al coniuge, avendo presentato istanza di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto ricusazione del membro della prima casa e Commissione Superiore di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuoAvanzamento. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediarioL’Amministrazione non dava riscontro nei termini di legge. Il ricorrente riferivaimpugnava entrambi i silenzi rigetto. In prossimità della seduta della Commissione, tuttavial’Amministrazione resistente depositava memoria con la quale chiedeva venisse dichiarata l’improcedibilità dei due ricorsi stante, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, l’avvenuto tempestivo riscontro alle istanze presentate. La Commissione nella seduta del ….. previa riunione dei ricorsi, per evidente connessione oggettiva, trattandosi di ricorsi proposti dalla stessa istante avverso la medesima parte resistente, riteneva necessario che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare parte ricorrente precisasse se avesse ricevuto la documentazione mancante; A seguito ostesa. Perveniva nota il ….. del ….. di ….. che precisava di non aver ricevuto riscontro dall'Amministrazione resistente e ha chiesto di acquisire in forma dematerializzata copia della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..memoria prodotta dall'Amministrazione resistente.
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Samples: Access Request
FATTO. La questione oggetto della controversia attiene all’accertamento dell’illegittimità dell’addebito di competenze relative a un servizio POS, dopo lo scioglimento del contratto per recesso del cliente. Con ricorso presentato con l’assistenza di un difensore il 26 giugno 2015 – preceduto da reclamo del 24 28 aprile 2015, riscontrato dall’intermediario il 5 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione2015 – la ricorrente, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente premesso di essere contitolare, insieme al coniuge, titolare di un finanziamento contratto con l’intermediario esercizio commerciale presso il quale si avvaleva dei servizi POS offerti dall’intermediario resistente per l’acquisto della prima casa il regolamento di transazioni a mezzo carte di pagamento, ha esposto di avere ricevuto nell’ottobre 2014 una proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche e di aver presentatoavere conseguentemente comunicato il proprio recesso con nota a mezzo posta elettronica certificata del 5 novembre 2014. Tuttavia, in data 9.10.2015la comunicazione è stata di fatto ignorata, richiesta per la rinegoziazione del mutuotant’è che nel trimestre successivo è stato regolarmente applicato il canone di locazione. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario In sede di riscontro al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestareclamo, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con limitato a prendere atto del recesso, invitando la cliente alla restituzione dell’apparato. Insoddisfatta dell’esito del reclamo, la ricorrente si è rivolta all’Arbitro bancario finanziario per ottenere la restituzione dei canoni addebitati, per un importo complessivo di euro 120,00. Nelle controdeduzioni, presentate il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda31 luglio 2015, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava ha eccepito che, al ai sensi del contratto di fuori servizio, incombe a proprio carico un obbligo di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni chiusura del rapporto entro quindici giorni lavorativi dalla ricezione della comunicazione di categoriarecesso, “fatto salvo – però – l’adempimento di tutti gli intermediari godono obblighi contrattuali a carico dell’esercente”: nel caso di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti specie, la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subitiposto in essere i comportamenti dovuti in conseguenza del recesso, venendo meno all’onere in particolare ha provveduto alla restituzione degli apparati in suo possesso solo in data 29 giugno 2015. Peraltro, dal contratto stesso sarebbe derivata anche la facoltà di cui all’artaddebitare la penale per la mancata restituzione dell’apparato, pari a euro 200,00, che, invece, non è stata richiesta. 2697 c.c..Ha chiesto, quindi, il rigetto del ricorso.
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Samples: Service Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 Nel mese di settembre 2009 il ricorrente lamentava stipulava un contratto di finanziamento con altro intermediario, per un importo lordo di euro 34.680,00 rimborsabile, mediante cessione pro solvendo di quote della retribuzione mensile, in centoventi rate da euro 289,00 ciascuna. Successivamente, a far data dall’11 dicembre 2009, il credito derivante da tale finanziamento veniva ceduto all’odierno convenuto, il quale provvedeva alla notificazione della cessione con comunicazione del 15 novembre 2012 inviata all’indirizzo del ricorrente e del suo nuovo datore di lavoro, che medio tempore era cambiato in seguito all’acquisizione del consorzio di cui il ricorrente era dipendente. Con nota inviata nella stessa data, l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo comunicava inoltre al datore di rinegoziazionelavoro originario e al ricorrente medesimo il mancato pagamento di talune rate, nonostante l’esistenza riportando apposito prospetto. Con una prima lettera di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro reclamo, inoltrata per il tramite di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infattiun’associazione di categoria, il ricorrente contestava l’esistenza dei crediti vantati dal cessionario, ritenendo che il precedente datore di essere contitolarelavoro (nella sua qualità di debitore ceduto) avesse provveduto al pagamento dei ratei mensili; inoltre, insieme poiché il nuovo datore di lavoro “bloccava sia il TFR che le trattenute sullo stipendio”, riteneva indebita tale condotta. In riscontro al coniugereclamo, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatochiedeva la produzione delle evidenze documentali dalle quale emergessero le avvenute trattenute in relazione ai ratei scaduti e, in data 9.10.2015nel frattempo, richiesta per inviava la rinegoziazione propria movimentazione relativa alla posizione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta ricorrente, dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediarioquale sarebbe emersa la mancata contabilizzazione degli stessi. Il ricorrente riferivaricorrente, tuttaviasempre per il tramite della medesima associazione, che successivamente veniva contattato dall’intermediario ribadiva nuovamente l’avvenuto saldo dei ratei scaduti e chiedeva la relativa liberatoria da parte dell’intermediario, al fine di sottoscrivere una nuova richiesta consentire lo sblocco delle somme trattenute dall’attuale datore di rinegoziazione, non essendo la prima andata lavoro. In risposta a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestatale ulteriore missiva, l’intermediario rifiutava rilevava che non risultava contabilizzato alcun versamento delle somme trattenute dal t.f.r. a proprio favore; pertanto, chiedeva nuovamente le relative evidenze documentali. Il ricorrente, dunque, adiva questo Arbitro – sempre per il tramite dell’associazione di dar corso alla rinegoziazione, con categoria – chiedendo di dichiarare la seguente motivazione: “manca la scelta cessazione del presunto credito del ricorrente” e di rinegoziazionecondannare quest’ultimo al rimborso “delle somme ingiustificatamente incassate”. LamentavaCostituitosi ritualmente, dunque il ricorrente l’intermediario convenuto ribadiva che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fededalle proprie scritture contabili non risultavano i pagamenti indicati dal ricorrente. L’intermediario resiste alla domandaXxxxxxxxx, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancainoltre, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, buste paga esibite provavano unicamente la trattenuta sullo stipendio e non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in l’effettivo versamento del corrispondente importo. In particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di riteneva “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione non assolto l’onere della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’artex art. 2697 c.c..., non avendo la controparte provato, né tramite l’esibizione delle relative contabili, né tramite una autocertificazione a firma della precedente amministrazione l’avvenuto pagamento delle mensilità di novembre e dicembre 2009, del periodo aprile-dicembre 2011 e di gennaio e febbraio 2012”.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con Il ricorrente, dopo aver inutilmente esperito reclamo pervenuto all’intermediario in data 06/04/2020, presentava ricorso del 24 giugno 2016 il all’ABF competente al fine di ottenere la cancellazione/rettifica dei propri dati relativi a n. 2 prestiti finalizzati accordati dalla parte resistente, dati che sarebbero stati illegittimamente registrati presso le banche dati delle Centrali Rischi di tre società di Sistemi di Informazioni Creditizie (SIC). Il ricorrente lamentava riteneva le iscrizioni illegittime perché le linee di credito relativamente alle quali era stata effettuata la segnalazione risultavano estinte ed inoltre affermava che l’intermediario non avesse aveva assolto all’obbligo di preavviso previsto dalla normativa di settore: sicché la condotta dell’intermediario sarebbe stata contraria al consolidato orientamento in materia dell’ABF e del Garante Privacy. Eccepiva, poi, che a seguito della ricezione dell’istanza di cancellazione l’intermediario non aveva dato seguito ad un accordo prova di rinegoziazioneaver adempiuto all’obbligo di preavviso e denunciava che la condotta dell’intermediario era stata contraria ai canoni di buona fede e correttezza, nonostante l’esistenza nonché ai parametri di tutte diligenza qualificata che devono connotare il comportamento degli operatori finanziari. Concludeva, quindi, chiedendo di ordinarsi all’intermediario di cancellare la segnalazione effettuata presso le condizioni e chiedeva all’Arbitro banche dati delle Centrali Rischi delle società coinvolte di riconoscere valido ed efficace detto accordoSistemi di Informazioni Creditizie (SIC), attesa l’illegittimità della medesima. Xxxxxxx, infatti, Si costituiva - seppur tardivamente - con controdeduzioni l’intermediario resistente che riferiva come il ricorrente fosse a conoscenza – sottoscrivendo i relativi contratti in ragione di specifica clausola circa la finalità del trattamento - che i suoi dati personali sarebbero stati trattati per diverse finalità, tra cui la valutazione del merito creditizio e che gli stessi avrebbero potuto essere contitolarecomunicati ai Sistemi di Informazione Creditizia. Più specificatamente l’intermediario rilevava che il ricorrente aveva provveduto con gravi e reiterati ritardi al pagamento delle rate concordate per nr. 2 finanziamenti, insieme costringendo così parte resistente ad avviare le opportune azioni a tutela del proprio credito. Ancora, evidenziava che alle date del 4/01/2018 e 21/05/2018, a seguito del ritardo di n. 2 mesi nei versamenti, aveva inviato al coniugericorrente la nota relativa ai “prolungati ritardi nel pagamento delle rate”, avente ad oggetto il preavviso di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto imminente segnalazione. Di più, a causa del prolungarsi della prima casa e di aver presentatocondotta omissiva posta in essere dal ricorrente, in data 9.10.20155/02/2018 e 20/04/2019 veniva inviata una ulteriore comunicazione di preavviso denominata “ultimo avviso di pagamento: imminente decadenza dal beneficio del termine”, richiesta per la rinegoziazione del mutuosottolineando che tale ulteriore evento negativo sarebbe stato riportato nei Sistemi di Informazione Creditizia cui l’intermediario partecipava. Narrava ancora Infine l’intermediario rappresentava che in data 29/09/2018 e 15/05/2019 il ricorrente era incorso nella decadenza del beneficio del termine, comunicata nelle medesime date con raccomandata e, per l’effetto, l’intermediario aveva comunicato ai Sistemi di Informazione Creditizia i dati relativi all’andamento dei pagamenti e dei ritardi, così come registrati. Dava contezza che tale richiesta veniva accolta dalla bancauno dei due finanziamenti era stato oggetto di transazione “a saldo e stralcio”. Concludeva, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordoquindi, effettivamente sottoscritto per il rigetto del ricorso. In sede di repliche alle controdeduzioni, presentate in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il 12/10/2020, parte ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo ha rappresentato che la richiesta società resistente non aveva fornito la prova della ricezione del preavviso di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, segnalazione; inoltre evidenziava che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito neppure stata indicata la data di iscrizione nei SIC dei dati negativi riferiti al tipo di rinegoziazione. Conseguentementericorrente, pertanto non era possibile stabilire se vi era corrispondenza temporale tra la detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito iscrizione e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..comunicazioni prodotte.
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Samples: Decision Communication
FATTO. La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne il tema della risoluzione del contratto di leasing per impossibilità sopravvenuta della prestazione e il contrapposto accertamento dell’insussistenza del diritto del locatore al risarcimento del danno conseguente alla risoluzione del medesimo contratto per inadempimento del concessionario. Questi, in sintesi, i fatti oggetto del procedimento. Con ricorso del 24 giugno 2016 il 22 gennaio 2014 - preceduto da reclamo del 25 novembre 2013 e dal riscontro dell’intermediario del 18 dicembre 2013 – parte ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo esponeva di rinegoziazione, nonostante l’esistenza rappresentare uno studio professionale di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa analisi cliniche e di aver presentatoavere stipulato, in data 9.10.201530 marzo 2012, richiesta un contratto di leasing con l’intermediario avente per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediariooggetto apparecchiature strumentali allo svolgimento della propria attività. Il ricorrente riferivasuccessivo 31 ottobre 2013, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine chiedeva la risoluzione del contratto per la sopravvenuta impossibilità della prestazione, determinata dalla cessazione dell’attività professionale in forma associata, dichiarando la propria disponibilità alla restituzione dei beni mai utilizzati. La società ricorrente ha chiesto l’accertamento del proprio diritto a sciogliersi dal contratto e la conseguente risoluzione del medesimo, nonché di sottoscrivere una nuova richiesta inibire all’intermediario di rinegoziazione“azionare eventuali Con le controdeduzioni, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestapervenute il 24 febbraio 2014, l’intermediario rifiutava precisava che, per l’esecuzione del contratto di dar corso alla rinegoziazioneleasing, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente aveva dovuto acquistare i beni che ne costituivano l’oggetto presso un fornitore e che il comportamento dell’intermediario corrispettivo contrattuale era determinato in € 103.359,50, suddiviso in 60 canoni dell’importo di € 1.722,66. Rispetto a tali obblighi la ricorrente, dopo avere provveduto al pagamento dei primi due canoni, si è dimostrato era resa inadempiente; una prima volta, il saldo delle rate in contrasto con mora era stato ripianato mediante l’emissione di un effetto cambiario, dopodiché aveva nuovamente interrotto il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisatepagamento dei canoni; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolarepertanto, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, momento in cui tuttavia non aveva dedotto la sopravvenuta impossibilità della prestazione, era selezionata alcuna opzione in merito al tipo già inadempiente a far tempo dal mese di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettatagiugno 2013. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domandaconseguenza di tanto, alla luce della morosità che aveva raggiunto l’importo di € 5.057,26, con nota del 27 novembre 2013 la società di leasing aveva comunicato alla ricorrente la risoluzione del contratto per inadempimento, invitandola alla restituzione delle politiche attrezzature, e riservandosi il diritto al risarcimento dei danni ex art. 1456 cod. civ. L’intermediario contestava, inoltre, l’istanza del ricorrente per diversi motivi: in primo luogo, rilevava che nelle pattuizioni contrattuali non era prevista una condizione risolutiva, né accordata alcuna facoltà di credito e ai parametri recesso o di valutazione vigenti sospensione del pagamento dei canoni, anche in quel momento, veniva rigettatacaso di mancato utilizzo del bene. In diritto l’intermediario affermava concreto, poi, non si era presentata alcuna impossibilità rilevante, che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoriaai sensi dell’art. 1256 cod. civ., gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione deve riguardare un evento del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa tutto indipendente dalla volontà del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..debitore.
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Samples: Contract of Leasing
FATTO. Con Il ricorrente, titolare di una rivendita di Sali e Xxxxxxxx, afferma in ricorso che: - in data 11.5.2015 ha formulato all’intermediario una richiesta di credito, garantito da un confidi, per il risanamento della propria attività commerciale; ha quindi ricevuto comunicazione di accoglimento da parte del 24 giugno 2016 Confidi garante; - è stato convocato a più riprese dalla banca per la produzione della documentazione necessaria per la concessione del mutuo, compreso il ricorrente lamentava business planing, prodotto “immediatamente” dopo “l'ennesima” convocazione; - in data 21.7.2015, è stato nuovamente convocato, con comunicazione scritta, presso l'istituto di credito, con un “nulla di fatto”, poiché a parere della funzionaria incaricata, la fideiussione del Confidi era riferita "alla ristrutturazione dei locali dell'attività e non a liquidità a fini d'impresa"; - in data 23.7.2015, per esigenze immediate di liquidità e presentando ulteriori documenti, ha ottenuto un fido di € 5.000,00; - una volta chiarito lo scopo della garanzia rilasciata dal confidi, gli è stata comunicata la scadenza della fideiussione, che l’intermediario non avesse dato seguito aveva durata di soli due mesi; per procedere alla richiesta di mutuo avrebbe quindi dovuto produrre una nuova fideiussione; - la nuova fideiussione è stata quindi inoltrata dal confidi alla Banca, ma questa ha comunicato al cliente il peggioramento del rating e, di conseguenza, in data 31.8.2015, la mancata concessione del mutuo, con il consiglio di rivolgersi ad altro Istituto di Credito. Il cliente precisa che, infine, in data 10.9.2015, ha ottenuto il giorno stesso della richiesta, presso altra banca, un prestito personale di euro 25.000,00, ad un accordo di rinegoziazionetasso del 7,66%, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordoa fronte del tasso del 3,50% previsto nella convenzione banca convenuta/confidi. Xxxxxxx, infattiCiò premesso in fatto, il ricorrente ritiene che la condotta posta in essere dalla banca sia fonte di essere contitolarechiara responsabilità precontrattuale, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere violazione dei doveri di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda; sebbene il contratto di mutuo non sia stato perfezionato, sostenendo che infatti, le trattative tra le parti erano “ben avviate considerando la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione delibera positiva della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che Confidi recepita dall'Istituto per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa volte”; l’intermediario, per consuetudine commerciale e posta la natura di imprenditore del ricorrente Quanto (iscritto a titolo oneroso al Confidi), avrebbe dovuto esprimersi in termini chiari (interrompendo la trattativa per un motivo preciso e non interpretativo) e celeri (in modo consentire al cliente di intraprendere una “strategia di accesso al credito” meno “invasiva” di quella di fatto realizzata). Sulla base di ciò il ricorrente chiede all’Arbitro di accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale dell’intermediario condannandolo al pagamento dei danni subiti che si sarebbero tradotti in un tracollo dell’attività commerciale quantificato in € 26.750. L’intermediario replica con le controdeduzioni osservando preliminarmente che la problematica portata all'attenzione dell’Arbitro verte su valutazioni di merito creditizio, tipica attività rientrante nella sfera dell'autonoma discrezionalità della banca, come rappresentato all'interessato con la risposta al reclamo. Nel merito, la banca precisa che: - nell'atto di convenzione del 5.3.2015 sottoscritto tra la Banca e il Confidi è espressamente prevista in 60 mesi la durata massima dei finanziamenti della specie (cfr. allegato "A" della convenzione); la garanzia richiesta dal cliente al Confidi era, invece, relativa ad un mutuo chirografario della durata di 84 mesi che, come tale, ha richiesto un ulteriore iter istruttorio di competenza di superiori Organi deliberanti diversi da quelli locali, supportato da documentazione integrativa richiesta al cliente; - nel relativo lasso temporale, l'iniziale "rating" assegnato al cliente si è deteriorato passando dall'iniziale C2 (aprile-maggio-giugno 2015) a C3 (luglio 2015) e infine a D1 (agosto 2015); tali ultime classi (C3 e D1) - nell'ambito del processo di gestione del rischio di credito - sintetizzano una valutazione di merito della controparte inferiore ai parametri minimi previsti dal "Sistema dei Rating interni" della banca, tanto che nell'allegato "A" della convenzione, dove viene inoltre ribadito che "La classe di merito a cui si fa riferimento per l'applicazione delle condizioni economiche è quella stabilita ad insindacabile giudizio della Banca. ", non sono menzionati; - le varie fasi della pratica sono sempre state portate a conoscenza del cliente, che ha anche ricevuto specifiche lettere di invito a recarsi in filiale per comunicazioni inerenti il finanziamento; - la concessione della fideiussione da parte del Confidi è un atto svincolato dalla autonoma ed insindacabile valutazione del merito creditizio da parte della Banca. L’intermediario afferma quindi la correttezza del proprio operato, facendo presente – quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva risarcitoria – che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere "contratto di cui all’art. 2697 c.c..finanziamento" stipulato con altro intermediario prodotto dal cliente a sostegno della domanda è in realtà “un'esemplificazione di un prestito eventualmente erogabile” da tale banca.
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Samples: Credit Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 pervenuto il ricorrente lamentava che giorno 26/04/13 preceduto da reclamo in data 12/03/13, la ricorrente, assistita dal legale di fiducia, titolare presso l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto conto corrente sul quale venivano addebitate e pagate a mezzo RID le rate di un mutuo con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e questi intrattenuto, deduce di aver presentatoprestato fideiussione a garanzia del credito accordato dallo stesso intermediario a suo marito e censura la condotta della banca che, previo blocco del conto e della connessa carta bancomat, in data 9.10.201512/03/13 ne ha incamerato, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancasenza alcun preavviso e/o autorizzazione, che invitava i clienti l’intero saldo di € 14.3292,03 a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine titolo di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, compensazione con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”maggior somma a proprio dire dovuta dalla stessa ricorrente quale fidejubente del coniuge. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo Deduce a tal fine che la richiesta compensazione non poteva operare per difetto dei requisiti di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancacertezza, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere liquidità ed inviare alla bancaesigibilità dei reciproci crediti, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione né poteva darsi applicazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere disposizione di cui all’art. 2697 c.c..1853 cod. civ. che postula l’identità dei soggetti dei relativi rapporti, diversamente da quanto verificatosi nel caso di specie. La ricorrente censura anche il difetto di previa comunicazione di revoca delle linee di credito concesse al garantito, nonché la violazione del dovere di buona fede da parte dell’intermediario con particolare riferimento alla comunicazione 11/04/13 di risoluzione del mutuo con contestuale richiesta di versamento dell’intero residuo capitale. Per tali ragioni chiede il rimborso della somma di € 14.392,03, già oggetto di compensazione, e il risarcimento del danno quantificato in € 81.234,49, in misura “pari alla somma che la stessa si trova a dover pagare per il recesso del contratto di mutuo cui faceva affidamento” o quella diversa somma ritenuta di giustizia. Con controdeduzioni pervenute il 25/06/13, l’intermediario deduce che alla data del 20/12/12 il conto corrente intestato al coniuge della ricorrente, sul quale era stato a suo tempo concesso un affidamento di € 30.000,00 da quest’ultima garantito sino a concorrenza di € 195.000,00 (v. all.1 di parte resistente), presentava un saldo dare di € 64.298,33, che il coniuge era inoltre debitore di € 105.070,00 per n. 7 fatture insolute, di € 10.150,00 per 17 rate impagate di un mutuo chirografario e di € 10.114,00 per n. 19 rate insolute di altro prestito chirografario, esposizioni anch’esse garantite dalla odierna ricorrente, e che l’intimazione di pagamento dei detti importi era stata regolarmente comunicata a mezzo racc. ar. in data 08/01/12 (v. xxx.xx 2 di parte resistente) sia al debitore principale che alla garante, per cui del tutto legittima deve ritenersi la compensazione di cui si duole la controparte, ritualmente comunicatale con nota 12/03/13 (v. xxx.xx n. 3 di parte resistente). Il resistente ha poi specificamente contestato la sussistenza di alcun blocco del conto corrente e della connessa carta di debito (v. all. 5 di parte resistente) ed ha contestato la domanda risarcitoria rilevando che il contratto di xxxxx è stato stipulato solo dal marito, mentre l’odierna ricorrente è mera garante (quale fidejubente e datrice di ipoteca) del relativo adempimento e dunque non titolata ad agire per i danni pretesamente conseguenti alla risoluzione del rapporto comunicata con nota 11/04/13 (v. all. 4 di parte ricorrente) a tutti gli interessati. In ragione di quanto sopra, il resistente ha chiesto il rigetto del ricorso sul rilievo della correttezza della propria condotta. E’ utile aggiungere che dalla documentazione acquisita agli atti risulta che l’intimazione dell’intermediario in data 08/01/12, sopra richiamata, indicava, quali crediti portati in parziale compensazione, gli importi di € 11.000,00 per insoluto relativo alla fattura n. 16 del 15/06/11 e di € 39.513,93 quale sconfinamento del c/c affidato, senza che la debenza di tali importi sia stata specificamente contestata dal debitore principale e/o dalla garante. Tanto premesso, si rileva quanto segue in
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Samples: Not Specified
FATTO. Con ricorso La società ricorrente censura la condotta dell’intermediario, per avere questi illegittimamente e arbitrariamente sospeso l’erogazione del 24 giugno 2016 servizio incassi SDD e ridotto le linee di credito in essere presso il medesimo intermediario, con conseguente sconfinamento, da parte del cliente. Tanto premesso, la ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazionechiede il risarcimento dei danni patrimoniali e all’immagine, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordoconseguenti all’illegittima condotta dell’intermediario. XxxxxxxIn particolare, infatti, il la ricorrente afferma di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa stata più volte contattata telefonicamente dall’intermediario resistente e di avere in tal modo appreso che, a partire dal mese di febbraio 2016, “gli incassi SDD (…) non sarebbero stati lavorati sul conto corrente” ad essa intestato; nel corso di una di queste telefonate, inoltre, veniva proposto “di ripresentare gli incassi SDD aderendo ad una linea di credito (fido o altro) o in alternativa di rivolgersi ad altri istituti bancari” (cfr. reclamo del 09/02/2016). Nonostante la successiva richiesta di chiarimenti, avanzata per iscritto, l’intermediario “in maniera autonoma e priva del consenso della società non effettuava le operazioni di accredito” (cfr. comunicazione del 20/02/2016); ciò in violazione delle prescrizioni del regolamento UE 260/2012 in tema di preavviso. L’intermediario, nelle controdeduzioni, precisa di aver presentatoemanato, in data 9.10.201508/09/2015, “una disposizione interna sul servizio incassi SDD in base alla quale sarebbe stata necessaria un’idonea linea di fido per adeguare detto servizio alle nuove disposizioni”. Dopo quattro mesi di “ripetuti solleciti” alla cliente, stante il perdurante rifiuto della stessa di aggiornare gli affidamenti, la informava che “non [avrebbe] più potuto accettare detto “servizio incassi”, come peraltro è stato confermato nella […] risposta [al reclamo] del 18.02.2016”. In seguito a tale missiva, nella quale informava la ricorrente della necessità di “formalizzare un’idonea linea di fido per accogliere le presentazioni di portafoglio”, il legale rappresentante della ricorrente provvedeva a sottoscrivere, in data 23/03/2016, una “richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla delle nuove linee di fido”; queste ultime successivamente deliberate dagli organi competenti della banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario25/03/2016. Il Nel corso di un secondo incontro, tenutosi il 04/04/2016, l’amministratore della società ricorrente riferivasi rifiutava, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una le condizioni relative alla nuova richiesta concessione, poiché ritenute troppo onerose; quindi, “di rinegoziazionecomune accordo con la cliente, si procedeva alla revoca del fido per smobilizzo crediti”. L’intermediario riferisce che, in seguito all’introduzione della commissione sull’affidamento, da concordarsi “in forma scritta con il cliente unitamente al tasso debitore per tutte le aperture di credito in conto corrente”, “per tutte le concessioni relative ad affidamenti di breve termine (…) ha introdotto il nuovo contratto di affidamento (X.XX.). Con riferimento alla segnalazione in Centrale dei Rischi, precisa di non essendo aver segnalato alcuno sconfinamento, “mentre le segnalazioni “contestate” sono presenti a livello “sistema”, cioè effettuate da altri istituti, nel periodo in esame”. L’intermediario prosegue affermando che, in data 26/10/2016, la prima andata a buon fine ricorrente “chiedeva la chiusura dei rapporti, la revoca dei fidi ed il trasferimento dei titoli presso altra Banca”; non risultava tuttavia possibile soddisfare tali richieste per incompletezza della documentazionele ragioni esplicitate al cliente con comunicazione del 15/11/2016 (all.4). Siffatta comunicazione non veniva riscontrata, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestaragion per cui, in data 10/03/2017, l’intermediario rifiutava provvedeva a informare la cliente che “i rapporti di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazioneconto corrente e il deposito titoli sono tuttora aperti”. LamentavaIn ogni caso, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo parte resistente ritiene che la richiesta risarcitoria non sia accoglibile in quanto non supportata da prove (richiama sul punto la decisione del Coll. Roma n. 2248/14). Con riferimento alla richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa risarcimento dei danni non patrimoniali, l’intermediario richiama inoltre la pronuncia di Xxxx. S.U., n. 26972/08, sulla non risarcibilità dei pregiudizi consistenti in carico dalla bancameri “disagi, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancafastidi, secondo le modalità ivi precisate; i clientidisappunti (…)”. In sede di repliche, tuttaviala ricorrente contesta quanto dichiarato dall’intermediario e, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità afferma che le variazioni alle condizioni contrattuali non sono state comunicate con quattro mesi di anticipo; precisa che il primo contatto telefonico è avvenuto il 07/02/2016 e i codici fiscali, con l’apposizione ad esso aveva fatto seguito l’invio della comunicazione del 09/02/2016 di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazionechiarimenti. SuccessivamenteInoltre, l’incontro con i rappresentanti della banca non si sarebbe tenuto il 23/03/2016: in data 4 febbraio 2016tale data, i ricorrenti presentavano una nuova richiestaafferma, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo l’amministratore della società si trovava “fuori città”. A riprova del danno subito, asserisce di rinegoziazioneaver dovuto inviare “ben 79 comunicazioni agli utenti per mancato incasso di fatture per un totale di € 28.133,10” (cfr. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche solleciti di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..pagamento allegati).
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Samples: Intermediary Service Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo La ricorrente, premesso di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto aver sottoscritto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa due distinti contratti di finanziamento, ambedue estinguibili in 120 rate mensili, con decorrenza da ottobre 2014, riferisce quanto segue: in occasione dell’accensione del primo finanziamento, nr. ***516, provvedeva al pagamento di € 10.361,04 a titolo di interessi e di aver presentato€ 600,00 a titolo di spese d’istruttoria; il suddetto finanziamento veniva estinto anticipatamente nel novembre 2018, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuocorrispondenza della rata nr. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione50, con conseguente riduzione degli interessi pari ad € 3.965,76; in occasione dell’accensione del secondo prestito, nr. ***517, la seguente motivazione: “manca la scelta stessa provvedeva al pagamento di rinegoziazione”€ 5.074,64 a titolo di interessi e di € 600,00 a titolo di spese d’istruttoria; il suddetto finanziamento veniva estinto anticipatamente nel giugno 2020, in corrispondenza della rata nr. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali69, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione conseguente riduzione degli interessi pari ad € 1.103,01. Evidenzia che con riguardo ad entrambi i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazionerapporti non le venivano restituite integralmente le spese non maturate fino alla scadenza dei contratti. SuccessivamenteRicorda che, in data 4 febbraio 2016proposito, i ricorrenti presentavano la sentenza della CGUE dell’11/09/2019, causa C-383/18, ha stabilito che in sede di estinzione anticipata spetta al cliente una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione proporzionale restituzione del costo totale del credito, sottolineando peraltro compresi i costi che non dipendono dalla durata del contratto; che in maniera conforme si è espresso anche il Collegio di Coordinamento ABF (cfr. dec. 525/2019). Precisato di aver esperito infruttuosamente i reclami relativi ai rapporti in questione, chiede il rimborso dei seguenti importi: € 230,64, per ben le spese di istruttoria relative al contratto n. **516; € 130,44, per le spese di istruttoria relative al contratto n. **517; oltre € 20,00 per le spese di procedura. L’intermediario, nelle controdeduzioni, conferma che, con lettere di reclamo del 12/10/2020, la Cliente chiedeva il rimborso delle spese di istruttoria non godute a seguito dell’estinzione anticipata di due volte su tre gli ostacoli finanziamenti, nr. **516 e nr. **517, rispettivamente in corrispondenza della rata n. 50 e della rata n. 69; precisa che hanno condotto al rigetto tali spese non sono state rimborsate in quanto legate ad attività svolte in una fase antecedente e prodromica alla concessione del finanziamento; afferma che la pronuncia della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente Corte di Giustizia Europea non ha allegato alcuna prova efficacia diretta negli ordinamenti nazionali, e sarebbe limitata al rimborso dei danni asseritamente subitisoli costi dovuti per la vita residua del contratto, venendo meno all’onere tra cui non rientra il costo per istruttoria. Ciò premesso, chiede di cui all’art. 2697 c.c..respingere il ricorso in quanto infondato in fatto e in diritto.
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Samples: Financing Agreement
FATTO. Con ricorso Il ricorrente rappresenta che, al fine di acquistare l’intera proprietà di un immobile di cui era già intestatario per la metà, si rivolgeva nel maggio 2016 all’intermediario resistente chiedendo la concessione di un mutuo ipotecario di € 125.000,00 a tasso fisso per la durata di 25 anni. Riferisce che, “rassicurato sulla fattibilità della concessione del 24 giugno credito”, procedeva a stipulare il preliminare di compravendita dell’immobile (con l’impegno di addivenire al definitivo il 15.01.2017), versando l’importo di € 13.000,00 a titolo di caparra (ad oggi riscossa); nel frattempo comunicava la disdetta del proprio contratto di locazione, si attivava per fornire una garanzia personale e riscontrava le richieste dell’intermediario di presentare ulteriore documentazione. Veniva quindi informato che la sua pratica sarebbe stata seguita da una società specializzata del gruppo, la quale ne prendeva in carico la gestione da inizio ottobre 2016 e provvedeva a far stimare l’immobile, con costo di € 280,00 per la perizia a carico del ricorrente; l’immobile veniva valutato in circa € 290.000,00, di talché l’importo chiesto con il finanziamento – asserisce – risultava “inferiore alla somma concedibile pari al 95% del valore dell’immobile”. Nel corso dei mesi seguivano ripetuti solleciti all’intermediario, il quale lo rassicurava “sulla rapida conclusione dell’iter istruttorio”. Solo in data 12.01.2017, poco prima della data fissata per la stipula del definitivo, giungeva la comunicazione che il mutuo era stato deliberato, ragion per cui il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte avviava le pratiche notarili e quelle per la ristrutturazione dell’immobile; le condizioni e chiedeva all’Arbitro contrattuali del mutuo, tuttavia, seppur richieste non gli venivano illustrate. In data 20.01.2017 gli veniva inoltre richiesto di riconoscere valido ed efficace detto accordosostenere il costo di una polizza “donazione”, rappresentata come “indispensabile per la concessione del mutuo”. Xxxxxxx, infatti, Dalla lettura della polizza egli si avvedeva che le condizioni per il ricorrente quale il finanziamento sarebbe stato erogato dall’intermediario differivano da quelle richieste: l’importo finanziato sarebbe stato di essere contitolare, insieme al coniuge, € 115.000,00 da restituire in ventidue anni; € 10.000 sarebbero stati concessi a titolo di un finanziamento contratto con l’intermediario fido. Seguivano “estenuanti trattative” che portavano alla concessione del mutuo per l’importo originariamente richiesto (di cui € 115.000,00 per l’acquisto della prima casa e quota parte dell’immobile ed € 10.000 per i lavori di aver presentatoristrutturazione). Gli veniva dunque richiesto di acquisire il “computo metrico” dell’immobile, in con costo a suo carico; riscontrava tale richiesta dell’intermediario fornendo i preventivi dei lavori di ristrutturazione. In data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione 01.02.2017 gli veniva inviato un prospetto dettagliato del mutuo, apprendendo così che era stato previsto un tasso d’interesse variabile in luogo di quello fisso, condizione inaccettabile per il ricorrente. Narrava ancora Facevano seguito altre trattative, all’esito delle quali il ricorrente inoltrava il reclamo all’intermediario, lamentando che tale richiesta veniva accolta dalla la banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere suo comportamento “ingiustificatamente dilatorio”, violava i principi di correttezza e buona fede, ingenerando “una aspettativa della concessione del mutuo”. L’intermediario resiste Essa fissava unilateralmente condizioni più sfavorevoli per il finanziamento rispetto a quelle richieste, senza preavvertirlo e subordinando “l’erogazione del mutuo alla domandasottoscrizione di una polizza assicurativa, sostenendo che allorquando era già stata data la richiesta disponibilità per una garanzia personale”; in violazione delle regole di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa trasparenza, ometteva di fornire il prospetto informativo ESIS dovuto per legge in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione ipotesi di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postalemutui casa”, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione nonché adeguate informazioni in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettataalla variazione unilaterale delle condizioni del mutuo. In data 17 febbraio 2016 perveniva07.03.2017 l’intermediario riscontrava il reclamo e comunicava la disponibilità a concedere il finanziamento di € 125.000,00, infineper la durata di 21 anni, un’ulteriore richiestaprevia sottoscrizione di una polizza donazione, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva condizioni che il ricorrente definisce “addirittura peggiorative rispetto a quelle deliberate in data 12.01.2017”. Parte ricorrente precisa infine che le sue doglianze “non ha allegato alcuna prova dei sono dovute alla eventuale mancata concessione del mutuo, che tuttavia se fosse stata comunicata con la dovuta solerzia non avrebbe arrecato i danni asseritamente subitilamentati (…) ma piuttosto alla circostanza che ad oggi, venendo meno all’onere senza valida giustificazione, lo stesso non sia ancora in grado di cui all’artconoscere se la sua istanza possa trovare riscontro nei termini e alle condizioni volute e chiaramente espresse a giugno 2016”. 2697 c.c..Richiamando i precedenti ABF in tema di responsabilità precontrattuale, afferma quindi la sussistenza del diritto ad ottenere il mutuo alle condizioni inizialmente concordate, nonché
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Samples: Mutuo Ipotecario
FATTO. Con ricorso La parte ricorrente, nel ricorso, ha affermato quanto segue in data 27/01/2020 decedeva il padre intestatario di un conto corrente aperto presso l’intermediario convenuto; in data 20/02/2020 presentava presso la filiale di radicamento del 24 giugno 2016 suindicato conto corrente la dichiarazione di successione – dalla quale si evinceva che il ricorrente lamentava che l’intermediario e la di lui sorella erano gli unici eredi legittimi del de cuius – e tutta la documentazione necessaria per ottenere la chiusura del rapporto bancario; tuttavia, tale richiesta non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario veniva evasa dalla banca a causa della mancata adesione dell’altra coerede; per l’acquisto della prima casa e di aver presentatotale ragione, in data 9.10.20151/06/2020 veniva inoltrata all’intermediario una missiva con la quale veniva reiterata la richiesta di chiusura del conto corrente del de cuius. In data 30/06/2020 la banca riscontrava la sua richiesta e rilevava che la chiusura del conto corrente e la relativa liquidazione pro-quota della consistenza non poteva avere luogo poiché “era necessario il consenso scritto di tutti gli eredi, ciò sulla base di quanto previsto dalla giurisprudenza prevalente e di quella dell’ABF”; in data 14/07/2020 veniva così inviata una seconda missiva all’intermediario con la quale si dava atto che l’orientamento maggioritario prevalso nella giurisprudenza di legittimità e nelle decisioni arbitrali era nel senso di riconoscere al singolo coerede la legittimità a richiedere la chiusura del contro corrente intestato al de cuius, “senza la necessità di interessare gli altri coeredi”; la banca comunicava il 17/07/2020 di aver ricevuto opposizione formale dal legale dell’altra coerede; in data 30/07/2020 veniva inviata un’ulteriore missiva all’intermediario, riscontrata in data 28/08/2020; la banca non ha esercitato tra i coeredi, in maniera adeguata, il ruolo di soggetto intermediario terzo ed imparziale che gli compete, favorendo l’altra coerede (cfr. richieste all’arbitro all. ricorso). In sede di controdeduzioni, l’intermediario resistente ha affermato che in data 27/01/2020 decedeva il titolare del c/c n. xxx1069 ed il figlio, odierno ricorrente, provvedeva ad informare la Banca di quanto occorso; in data 24/05/2020 “la Banca rilasciava la certificazione di sussistenza in base alla quale veniva presentata la dichiarazione di successione. In data 20/02/2020 [nome ricorrente] consegnava la copia della dichiarazione di successione”; a fronte della richiesta di liquidazione presentata da parte di uno solo dei coeredi – odierno ricorrente – la banca provvedeva ad inviare una raccomandata anche alla di lui sorella, “per informarla della richiesta ricevuta e chiedere istruzioni in ordine alla liquidazione delle attività successorie”; la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che filiale invitava i clienti tutti gli eredi a sottoscrivere l’accordocongiuntamente l’atto di quietanza, effettivamente sottoscritto fornendo le relative disposizioni sulla liquidazione delle rispettive quote; in data 6.11.2015 13/07/2020 la sorella del ricorrente si presentava presso la filiale presso cui era il conto e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferivamanifestava la propria formale opposizione allo svincolo delle attivo sul conto; in pari data, tuttaviaparte resistente riceveva anche una comunicazione da parte dell’avvocato dalla coerede con la quale veniva diffidata la banca dal procedere con la liquidazione separata delle attività successorie “considerato che sono in corso gli accertamenti per ipotesi di lesione di legittima, valutando se del caso di interessare la competente autorità giudiziaria”; in virtù delle norme contrattuali che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine regolano il rapporto di sottoscrivere conto corrente, in caso di successione ereditaria la banca provvede allo svincolo delle somme ivi presenti solo con il consenso di tutti gli eredi, ovvero a fronte di un atto di divisione con firme autenticate da notaio o, ancora, in forza di un provvedimento giudiziale di divisione; attesa l’esplicita opposizione alla liquidazione pro quota delle attività successorie sollevata dalla coerede, la banca si è limitata ad applicare le regole contrattuali, “assumendo una nuova richiesta posizione di rinegoziazioneprudenziale cautela cui deve ispirarsi la condotta dell’Intermediario in presenza di situazioni caratterizzate da litigiosità fra gli aventi diritto, come risulta quella in questione”; in assenza della concorde volontà degli eredi volta a completare l’iter relativo alla successione, nonché a definire la totale liquidazione delle attività successorie, non essendo la prima andata è possibile procedere all’estinzione del conto corrente. In sede di repliche alle controdeduzioni, parte ricorrente ha contestato il richiamo operato dall’intermediario alle disposizioni contrattuali che regolano il rapporto di conto corrente, evidenziando come l’accordo negoziale allegato alle controdeduzioni disciplini, all’art. 5, l’ipotesi di conto corrente cointestato a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazionefirma disgiunta, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentavaconseguenza che tale disposizione non può trovare applicazione al caso in esame, dunque essendo il ricorrente de cuius l’unico intestatario del conto corrente; ha ribadito che il comportamento dell’intermediario si sarebbe contrario all’orientamento maggioritario espresso dalla giurisprudenza di legittimità e dalle principali pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario (cfr. Coll. Coordinamento decisione n. 27252/2018 e Coll. Milano n. 9784/2020); ha rappresentato di essere disposto a pagare le spese di gestione del conto corrente solo fino alla data del 20/02/2020, ossia sino a quando non è dimostrato stata presentata all’intermediario richiesta di chiusura del conto e di liquidazione della quota parte spettante al ricorrente. Nelle controrepliche l’intermediario ha eccepito l’applicabilità delle disposizioni contrattuali relative al rapporto di conto corrente cointestato a firma disgiunta anche alle diverse ipotesi di conto corrente mono-intestato; ha rilevato che suddetta previsione contrattuale da un lato preclude agli eredi del cliente deceduto la facoltà di compiere separatamente atti dispositivi; dall’altro lato, vincola anche l’intermediario che è chiamato ad adempiere il contratto secondo quanto pattuito; ha rappresentato che di fronte ad una manifesta opposizione esercitata dall’altra coerede, la banca non ha la facoltà di dare comunque corso alla liquidazione di quota parte dell’attivo presente sul conto corrente caduto in contrasto successione; ha sottolineato come un diverso comportamento da parte dell’intermediario sarebbe astrattamente idoneo ad esporre quest’ultimo alla possibilità di una richiesta di risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale, proposta dall’altro erede opponente. La parte ricorrente ha chiesto che l’Arbitro disponga che l’intermediario convenuto “- proceda alla chiusura del contro corrente del de cuius ed effettui il bonifico a mio favore del 50% della consistenza; - corrisponda alla parte ricorrente le spese di gestione del conto corrente del de cuius a partire dalla data del 20/02/2020 (richiesta di chiusura del conto e consegna di tutti i documenti necessari con il dovere relativa dichiarazione di correttezza e buona fedesuccessione) fino alla chiusura del citato conto corrente a seguito della Vostra decisione; - corrisponda alla parte ricorrente le spese prevista queale controbuto per la procedura”. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta resistente ha chiesto al Collegio di rinegoziazione respingere le richieste del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..ricorrente.
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Samples: Not Specified
FATTO. Con ricorso Il ricorrente, premesso di essere titolare del 24 giugno 2016 x/x x. *000 presso l’intermediario convenuto e di avere stipulato, con una Compagnia assicurativa collegata all’intermediario, la polizza n. *233 contro i danni derivanti da furto, afferma che a partire dal mese di maggio 2020 e per i mesi a seguire l’intermediario non effettuava, sul predetto c/c, l'addebito automatico preautorizzato del premio mensile della polizza; quanto alla rata del mese di maggio 2020 precisa, peraltro, che non veniva addebitata per scopertura del saldo di c/c, il ricorrente lamentava quale tuttavia risultava capiente per le rate successive. Lamenta che l'intermediario non lo ha avvisato dei mancati pagamenti delle rate e che a causa di tali omissioni la copertura assicurativa veniva sospesa, per cui, conseguentemente, non veniva risarcito il sinistro avvenuto in data 22.8.2020, denunciato telefonicamente con n. pratica 2020.09PCA.244637, il quale gli causava un danno di circa € 8.500. Riferisce altresì che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, ha riscontrato il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, suo reclamo inviato in data 9.10.20153 novembre 2020; che in data 22 gennaio 2021 riceveva, richiesta da parte della Compagnia assicurativa, un riscontro al reclamo inviato il 17.12.2020, nel quale si evidenziava che la rata insoluta era inerente al mese di giugno 2020. Tutto ciò premesso, chiede che venga riconosciuta “l’illecita esecuzione del rapporto di conto corrente da parte [dell’intermediario] e conseguentemente [corrisposto] L’intermediario, nelle controdeduzioni, afferma che sul conto corrente di titolarità del Cliente risultano attivi, per la rinegoziazione del mutuoconto della menzionata Compagnia assicurativa, numerosi mandati di pagamento. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancaSostiene, pertanto, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordoper accogliere la richiesta di rimborso oggetto del ricorso è necessario che il Cliente fornisca maggiori informazioni, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta poter effettuare le opportune verifiche. In sede di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque repliche il ricorrente precisa che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato i mandati di pagamento, richiesti dall’intermediario in contrasto con il dovere sede di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste controdeduzioni, hanno ad oggetto l’addebito mensile del premio di € 16,06 relativo alla domandapolizza danni “Vivere protetti”; sottolinea, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla bancaquindi, che faceva avere ai richiedenti l’istanza solo per scopi dilatori la parte resistente richiede informazioni di dettaglio che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla bancapotrebbe agevolmente acquisire direttamente dalla Compagnia assicurativa, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: per la quale svolge in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione esclusiva l’attività di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova incasso dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..premi tramite RID.
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Samples: Insurance Policy
FATTO. Il ricorrente, intestatario di due rapporti di conto corrente presso la banca convenuta, contesta l’esistenza del divieto di effettuare versamenti successivi al primo, sul proprio conto corrente, chiedendo che siano rifusi i danni economici derivanti. Più precisamente, i clienti sono cointestatari presso la convenuta di due conti correnti: contratto n. 208/1688 del 16.12.2011 e contratto n. 208/1690 del 19.12.2011. Per ciascuno dei contratti nella stessa data di apertura, veniva sottoscritto un “Accordo di modifica delle condizioni economiche”, con particolari condizioni di tasso per diversi periodi e a scadenza. Con ricorso riferimento al contratto di c/c n. 1690, i ricorrenti affermano che in data 01.03.2012 “contemporaneamente al rimborso di alcuni titoli [si sono] rivolti al private banker (…) per chiedergli di trasferire il ricavato dei rimborsi predetti sul c/c 1688 [il private banker…] rispose che il conto 1688 non poteva essere integrato con altri versamenti”. Sempre i ricorrenti asseriscono di aver chiesto, alla scadenza del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo periodo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le validità delle condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniugetemporanee, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa dar corso alle loro richieste di trasferimento, e di aver presentatodisposto affinché alla scadenza del c/c n. 1690, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuoil saldo venisse trasferito sul c/c n. 1688; Xxxxx affermato di aver ricevuto conferma dal responsabile che il c/c n. 1688 non poteva essere “integrato”. Narrava ancora il ricorrente Il responsabile della filiale ha però ammesso “che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediariocontratti medesimi presentano errori”. Il ricorrente riferivae i cointestatari che hanno aderito al ricorso, tuttaviahanno sostenuto di non essere stati informati circa il divieto di effettuare versamenti successivi al primo sul c/c n. 1688, in quanto “le caratteristiche del rapporto n.1690 sono identiche a quelle del rapporto 1688, quindi stessa modulistica contrattuale con l’unica variante del tasso creditore concesso fino al 19.03.2012.”. Hanno altresì affermato che successivamente veniva contattato dall’intermediario “nessun divieto espresso è contenuto nei contratti che riguardano ulteriori versamenti o giroconti”. Inoltre, le caratteristiche e la specifica operatività del rapporto n. 1688 “sono condensate nel foglio – allegato al fine comunissimo contratto di sottoscrivere una nuova richiesta conto corrente - che porta per oggetto: accordo di rinegoziazionemodifica delle condizioni senza effetti novativi”; a supporto delle proprie motivazioni hanno affermato che la banca non avrebbe dovuto allegare al contratto “il documento di sintesi con l’indicazione di spese per bonifici, fidi assegni, valuta versamenti, etc…se queste operazioni non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché sono fattibili”. Con ricorso protocollato il 30.05.2012 i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazionehanno chiesto: ➢ “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione l’accertamento dei diritti” ➢ Il risarcimento del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..danno subito costituito da:
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Samples: Controversy Resolution Agreement
FATTO. La parte ricorrente lamenta il mancato svincolo di alcuni titoli costituiti in pegno. Formula conseguente domanda risarcitoria. In particolare, con il ricorso il ricorso rappresenta, tra l’altro, quanto segue: - è socio unico della società L. s.r.l.; - la società L. detiene il 50% delle quote sociali della società A. s.r.l.; - in data 30/03/2011, la società A. stipulava con l’intermediario un contratto di locazione finanziaria, avente per oggetto un immobile; - nell’ambito delle garanzie richieste dall’intermediario, il cliente costituiva in pegno titoli per € 75.000,00; - l’intermediario si impegnava allo svincolo dei predetti titoli decorsi 48 mesi dalla stipula del contratto, in presenza di pagamenti regolari; - con lettera del 20/03/2015, i soci della società A. chiedevano lo svincolo parziale dei titoli dagli stessi costituiti in garanzia; - l’intermediario dapprima formulava richiesta integrativa, poi rigettava la domanda; - soltanto a seguito di reclamo presentato a mezzo di un legale, i soci della società A. ottenevano la liberazione da alcune delle garanzie prestate; - il cliente aumentava invece il valore dei titoli costituiti in pegno da € 76.000,00 a € 100.000,00; - la società A. si impegnava a richiedere lo svincolo dei titoli in seguito alla presentazione del bilancio 31/12/2016; - successivamente, le parti concordavano lo svincolo di titoli del cliente per un controvalore di € 50.000,00 (rispetto all’importo complessivo degli stessi di € 100.000,00); - da ultimo, con richiesta del 26/05/2018 il cliente domandava lo svincolo dei titoli ancora oggetto di pegno; - l’intermediario negava lo svincolo per la situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società A.; - il rifiuto, privo di consistente motivazione, sarebbe illegittimo in quanto contrastante con le pattuizioni contrattuali; - come risulta dal bilancio della società A. fornito all’intermediario, la situazione economico-finanziaria sarebbe migliorata rispetto al momento della costituzione in pegno dei titoli; - inoltre, la pattuizione originaria in tema di svincolo dei titoli è indeterminata con riferimento ai requisiti per la liberazione; - al momento della stipula del contratto garantito, l’intermediario acquisiva garanzia di valore sproporzionato rispetto al valore del debito garantito; - i pagamenti della società A. sono sempre stati regolari; - nel frattempo, i titoli intestati al cliente sono scaduti e il pegno attualmente vincola il controvalore presente sul relativo dossier titoli. Ciò esposto il cliente chiede all’Arbitro di: a) disporre lo svincolo, dal pegno esistente a favore [dell’intermediario], del dossier titoli esistente a nome [del ricorrente] presso [altro intermediario], c/c ****795, con conseguente liberazione dall’intero saldo attivo pari, alla data del 4/9/2018 ad € 50.227,51=, nonché di eventuali somme successivamente accreditate; b) condannare [l’intermediario] a rifondere [al cliente] gli interessi di mora calcolati sull’importo vincolato a pegno dalla data della domanda di svincolo sino alla data di effettiva liberazione dal vincolo stesso; c) condannare [l’intermediario] a rifondere [al cliente] i danni, da determinarsi in via equitativa, per la mancata disponibilità della somma dalla data della domanda di svincolo sino alla data di effettiva liberazione dal vincolo stesso; d) condannare l’intermediario a rifondere al cliente le spese e competenze di assistenza legale per la fase stragiudiziale e per l’assistenza nella presente procedura arbitrale, da determinarsi ai sensi del D.M. n. 55/2014; e) porre a carico dell’intermediario le spese e competenze della procedura arbitrale. Con le controdeduzioni l’intermediario replica, tra l’altro, che: - il cliente non può far valere eccezioni fondate sul rapporto garantito, avendo stipulato contratto autonomo di garanzia; - in ogni caso, lo svincolo dei titoli di cui è ricorso era contrattualmente subordinato alla regolarità dei pagamenti del 24 giugno 2016 debitore garantito, assistita da “evidenze di giudizio di conforto”; - il ricorrente lamentava che l’intermediario soddisfacimento di tale requisito è rimesso a valutazione discrezionale dell’intermediario, non avesse dato seguito ad un accordo sindacabile dall’ABF; - dall’analisi di rinegoziazione, nonostante bilancio della società garantita A. emergeva il calo della produzione e l’esistenza di tutte debiti tributari rateizzati; - tali elementi “non autorizzavano un alleggerimento del quadro garantistico”; - l’istanza risarcitoria formulata dal cliente è priva di supporto probatorio. L’intermediario chiede rigetto del ricorso. Richiamate le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatticontestazioni già svolte, il ricorrente cliente non con nota di essere contitolarerepliche osserva che: - la procura allegata dal legale dell’intermediario è rilasciata per “ogni sede giudiziaria civile”; - non vale pertanto per il procedimento avanti all’ABF, insieme al coniugediscendendone l’inutilizzabilità delle controdeduzioni; - il subagente dell’agente dell’intermediario, intervenuto nella stipula, confermava l’intenzione delle parti di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoprocedere allo svincolo dopo 48 mesi, in data 9.10.2015presenza di pagamenti regolari e non peggioramento della situazione economico-finanziaria della società A.; - nelle successive rinegoziazioni con cui l’intermediario aveva concesso una parziale liberazione di titoli, non era più fatto riferimento all’originaria pattuizione in punto di svincolo; - al contrario, era richiesta per la rinegoziazione sola presentazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancabilancio 2016; - gli indicatori finanziari, richiamati dall’intermediario come negativi, erano già conosciuti al momento della liberazione di alcune delle garanzie prestate; - inoltre, numerosi altri dati indicherebbero un miglioramento della situazione economico- finanziaria della Società A. L’intermediario replica, a sua volta, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordola memoria depositata dal cliente è irrituale e ne chiede lo stralcio. Inoltre, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 la procura depositata è generale e inviato all’intermediarioquindi risulta valida per il presente procedimento. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo Ribadisce nel resto le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..contestazioni già svolte.
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Samples: Pegno
FATTO. Con La ricorrente espone di essere titolare dal 2007 di un contratto di conto corrente affidato acceso presso l’intermediario convenuto, in relazione al quale imputa all’intermediario convenuto la violazione della disciplina in materia di usura e l’applicazione di interessi anatocistici. In particolare, con riguardo all’usura, l’istante richiama integralmente la perizia tecnica prodotta e denuncia l’applicazione di interessi e commissioni usurarie “nel corso del rapporto”, rilevando che il costo effettivo del credito, a far data dal IV trimestre del 2012 sino alla fine del 2014, avrebbe superato ripetutamente i tassi soglia ratione temporis vigenti; in relazione all’anatocismo, contesta l’applicazione di interessi composti a decorrere dal 1° gennaio 2014. Riscontrato negativamente il reclamo, la ricorrente ha chiesto all’Arbitro di condannare la controparte alla restituzione di euro 7.585,85 per usura (indebito), di cui euro 81,98 per anatocismo, così come specificato nella perizia. Costituitosi ritualmente, l’intermediario, sulla base delle argomentazioni esposte, ha chiesto al Collegio: in via principale, di respingere il ricorso perché infondato; in via subordinata (ed in sede di “integrazione alle controdeduzioni”), di circoscrivere il risarcimento del 24 giugno 2016 danno ad euro 4.445,00 ovvero al rimborso degli oneri addebitati nei trimestri oggetto di contestazione. In sede di controdeduzioni, l’intermediario ha formulato analitiche eccezioni alle deduzioni del ricorrente, che possono così sintetizzarsi. A) Quanto al paventato superamento del tasso soglia, la resistente eccepisce che il ricorrente lamentava che avrebbe adottato una metodologia di calcolo difforme da quella indicata nelle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” e specificata nelle “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei TEG ai sensi della legge sull’usura” (c.d. “FAQ Bankit”), avendo in specie incluso nel calcolo del TEG tutti i costi di gestione del rapporto (es. canone di gestione del c/c e costo di rilascio carnet assegni) anziché solo quelli connessi all’erogazione del credito, e sistematicamente annualizzato la CIV. Ne sarebbe pertanto derivato “uno sforamento artificioso” del tasso soglia. B) In relazione all’asserito anatocismo, l’intermediario ha sostenuto la conformità del contratto alla normativa all’epoca vigente (Delibera CICR 2000), essendo stata espressamente prevista, con clausola specificamente approvata per iscritto, la capitalizzazione di interessi attivi e passivi con pari periodicità trimestrale. Parte resistente rileva peraltro di aver formulato al ricorrente, per mero spirito conciliativo, una proposta di rimborso degli oneri complessivamente addebitati sul rapporto oggetto di contestazione pari ad Euro 4.676,74, inizialmente accettata, ma poi abbandonata a seguito della presentazione del ricorso. Con la successiva nota integrativa, l’intermediario convenuto ha rilevato, quale ulteriore elemento di discrasia tra la metodologia peritale e quella “ufficiale”, la mancata osservanza degli specifici criteri relativi alle variazioni di accordato intervenute nello stesso trimestre di rilevazione, allegando, a riprova del rispetto della normativa sull’usura, elaborazioni effettuate dalla funzione di audit interno; ha ulteriormente imputato alla richiesta del ricorrente errori anche nel quantum, atteso che, trattandosi di usura sopravvenuta, non avesse dato seguito ad un accordo troverebbe applicazione la sanzione civilistica della non debenza degli interessi bensì, sulla scorta di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni copiosa giurisprudenza ordinaria e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. dello stesso Xxxxxxx, infattil’inesigibilità di quelli eccedenti la soglia legale. Parte ricorrente ha presentato repliche alle osservazioni svolte in sede di controdeduzioni dall’intermediario, il ricorrente precisando: A) in merito all’applicazione di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancainteressi anatocistici, che invitava i clienti in perizia il rilievo è espressamente riferito al periodo successivo al 31/12/2013, quando con l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 120, comma 2, Tub, la capitalizzazione trimestrale degli interessi in conto corrente, prima autorizzata – a sottoscrivere l’accordocondizione di pari periodicità – dalla delibera CICR del 2000, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il deve ritenersi, a suo avviso, vietata; B) quanto agli elementi di costo da includere nel calcolo del TEG, la ricorrente riferivacorregge parzialmente la propria linea, tuttaviaescludendo che ogni addebito debba essere comunque considerato; insiste, che successivamente veniva contattato dall’intermediario però, sull’opportunità di includere nel computo le spese per comunicazioni, inerenti tutte alle condizioni economiche applicate al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartiterapporto: in particolare, in relazione all’annualizzazione della commissione di istruttoria veloce, rettificando parzialmente quanto sostenuto nella memoria introduttiva, la ricorrente riporta nuove elaborazioni peritali che, sulla base delle istruzioni fornite dalla Banca d’Italia nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscalidocumento “Risposte ai quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei TEG ai sensi della legge sull’usura - novembre 2010”, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamenteconsiderano nel TEG, in data 4 febbraio 2016caso di utilizzo extrafido continuativo iniziato nei trimestri precedenti, i ricorrenti presentavano una nuova richiestatutti gli oneri addebitati nel corso dell’intera durata dello sconfinamento. Pertanto, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava la ricorrente conclude che, dal 4° trimestre 2012 al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoriaterzo del 2013 e poi nei primi due del 2014, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..rapporto sarebbe stato affetto da deficienza usuraria.
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Samples: Contract of Current Account
FATTO. Con ricorso I ricorrenti hanno affermato che: -sarebbero gli unici eredi del 24 padre, deceduto il 7 giugno 2016 2012; -come accertato da questo Arbitro mediante la decisione n. 1709 del 2015, la banca resistente non avrebbe dato loro alcuna informazione in ordine alla successione ereditaria dell’avo (da parte del padre), deceduto il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato 25 agosto 2010; -a seguito ad di tale decisione di questo Arbitro, la banca resistente avrebbe loro trasmesso alcuni resoconti del dossier titoli di tale avo, precisando che, in base a un accordo tra gli eredi di rinegoziazionequest’ultimo, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxquanto xxx depositato era stato trasferito alla sua coniuge; -tale procedura sarebbe tuttavia evidentemente irregolare, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, per quanto eventualmente consentita dagli altri eredi; -al padre dei ricorrenti sarebbe spettata la quota di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e sesto di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuotale eredità. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016Ciò posto, i ricorrenti presentavano una nuova richiestahanno chiesto che: -la banca resistente sia condannata a mettere a loro disposizione la quota di un sesto dell’asse ereditario del de cuius, loro avo (da parte del padre). La banca ha resistito al ricorso, affermando che: -il valore complessivo dell’asse ereditario di cui si tratta sarebbe di € 273.731,48, e pertanto superiore al limite massimo entro il quale questo Arbitro può pronunciarsi nel merito; -sussisterebbe un litisconsorzio necessario nei confronti degli altri eredi del de cuius; -per quanto non sia stata rinvenuta la relativa documentazione, la banca resistente si sarebbe limitata a eseguire un accordo fra tali eredi, cosicché non sarebbe ravvisabile alcuna sua responsabilità. Ciò posto, la banca resistente ha chiesto che: -il ricorso sia dichiarato inammissibile, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione quanto la il valore della controversia sarebbe superiore a € 100.000,00; -il ricorso sia dichiarato altresì inammissibile a causa del difetto di contraddittorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari; -il ricorso sia comunque rigettato, perché infondato in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito fatto e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..diritto.
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Samples: Arbitration Agreement
FATTO. La società ricorrente – titolare di un contratto di factoring e di contratti di conto corrente – disconosce la modifica apportata […] al contratto di factoring, avente ad oggetto un servizio integrativo c.d. Maturity. In particolare, l’istante osserva che “dal tenore del contenuto della modifica contrattuale richiesta, si evince che la stessa difficilmente poteva essere formulata dalla cliente, apparendo, tuttavia, imposta unilateralmente dalla Banca, rilevandosi quindi, una pratica commerciale contraria ai principi di buona fede, oltre a configurarsi un profilo di illecito ben più grave, suscettibile di segnalazione”. Ciò premesso, la ricorrente, assumendo che “le modifiche contrattuali effettuate dalla Banca sono state fatte firmare in maniera non trasparente alla cliente” e che la banca ha contribuito “in concorso con il debitore nel ritardare la conoscenza dello stato di insolvenza di quest’ultimo, anche a fronte del contenuto della modifica”, censura la condotta dell’intermediario, che ritiene scorretta e contraria alle disposizioni in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali dettate dalla Banca d’Italia e, riscontrato negativamente il reclamo, chiede all’Arbitro: 1) la revoca delle modifiche apportate al contratto e il ripristino delle condizioni contrattuali originariamente pattuite; 2) “informazioni relative agli accordi intercorrenti tra il debitore ceduto e l’intermediario, posto che quest’ultimo avrebbe ritardato la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore”; 3) il riaccredito delle fatture vantate, originariamente verso il debitore e successivamente cedute alla Banca per effetto del contratto di factoring, per un importo complessivo di euro 61.415,45, […]. Costituitosi ritualmente, l’intermediario convenuto ha chiesto al Collegio di respingere il ricorso in quanto infondato, avendo sempre correttamente provveduto a dare puntuale esecuzione al quadro contrattuale in essere tra le parti. Parte resistente eccepisce, in particolare, che: 1) nel corso delle trattative svoltesi tra la medesima e la società ricorrente emergeva, per quest’ultima, la necessità di fruire di un servizio aggiuntivo (c.d. Maturity), offerto dalla Banca su espressa richiesta della cliente, la quale pertanto, in data 25.02.15, contestualmente, sottoscriveva il contratto di factoring, i contratti di conto corrente e le condizioni integrative relative al servizio Maturity. La banca accoglieva tale richiesta della cliente, provvedendo a riscontrarla con lettera di accettazione in data 06.03.2015, impegnandosi, […] a differenza di quanto previsto nel contratto di factoring, a provvedere “entro 10 giorni successivi alla data di scadenza dei crediti in fattura, ad effettuare l’accredito salvo buon fine dei relativi importi sul conto corrente anticipi (...) e a concedere al Debitore ceduto dilazioni di pagamento, sino ad un massimo di 60 giorni fine mese dalla scadenza originaria dei crediti indicata in cessione, addebitando direttamente a carico dello stesso interessi, commissioni e spese relative alla dilazione concessa”. In esecuzione di tale contratto la Banca accreditava a favore della ricorrente importi a titolo di maturazione crediti alla data di scadenza fattura, “curando poi l’incasso dei relativi importi alla data di scadenza prorogata del credito”. 2) con comunicazione del 18.04.2016 la banca resistente, a seguito della domanda proposta dal debitore per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, comunicava alla ricorrente il recesso dall’accordo per il servizio Maturity, cui seguiva la missiva con cui si procedeva al riaddebito degli importi riportati dalle fatture maturate da parte dell’intermediario e poi non pagate dal debitore ceduto. Relativamente a quanto contestato da parte ricorrente, la resistente rappresenta poi che il servizio Maturity viene offerto solo ed esclusivamente su espressa richiesta della clientela ed è un servizio integrativo delle condizioni proprie del contratto di factoring ed è disciplinato nel modulo di proposta che la ricorrente ha sottoscritto contestualmente alla sottoscrizione dei contratti di factoring e conto corrente. Tale servizio consiste in ciò, che l’intermediario, in aggiunta agli obblighi di gestione e incasso dei crediti ceduti, si impegna in ragione dell’esigenza della cedente a ricevere i pagamenti delle forniture eseguite in favore della propria clientela alle scadenze indicate in fattura e della necessità manifestata dalla debitrice ceduta di beneficiare di dilazioni per far fronte ai pagamenti dovuti in ragione delle forniture. 3) il modulo di proposta [...] prevedeva la possibilità di recedere dall’accordo, pertanto, non si comprende il motivo per il quale a seguito della raccomandata con la quale la Banca manifestava la propria accettazione, la ricorrente non avesse manifestato volontà al recesso. Per ciò che concerne il ritardo nelle segnalazioni della situazione economico finanziaria del debitore, dichiarava che tali circostanze si erano manifestate solo nel 2016 con il deposito della domanda di concordato del 12 aprile e che già in data 18.04.2016 provvedeva a comunicare il proprio recesso dall’accordo in parola; a ciò seguiva, in data 27.06.2016 la missiva con la quale la medesima comunicava il riaddebito, “ai sensi dell’art. 4 delle condizioni regolanti il servizio Maturity degli importi portati dalle fatture maturate da parte della Banca e poi non pagate da parte del [debitore]”. Con ricorso le repliche del 24 giugno 21.11.2016 parte ricorrente precisa che non era mai sorta alcuna necessità relativa alla concessione del servizio Maturity e che il contratto di factoring era comprensivo di un plafond pro-soluto, azionabile a richiesta in qualsiasi momento dal cliente. Con riguardo al modulo, predisposto dalla Banca e fatto firmare come richiesta di servizio aggiuntivo, l’istante evidenzia che lo stesso “conteneva una clausola sfavorevole delle condizioni contrattuali originarie, permettendo una ulteriore dilazione di pagamento a favore del debitore che versava già in difficoltà finanziarie posto che l’intermediario aveva dei bilanci pubblicati al Registro Imprese e delle informazioni sulla società già disponibili in tutti i portali di monitoraggio delle imprese già nel febbraio 2015 quando la Banca si presentava in qualità di Factor”. La ricorrente osserva, altresì, che dagli allegati e dalle email prodotte dalla medesima si preallertava l’intermediario della situazione finanziaria in cui versava il debitore ceduto “(…) già il 18 marzo del 2016 il ricorrente lamentava vi era una istanza di Fallimento che veniva riunita ad altro procedimento antecedente e appare inverosimile che la Banca non avesse contezza dei dati di una azienda che monitora dal marzo 2011”. L’istante svolge poi una serie di osservazioni tese a dimostrare come l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione“ottemperato” alle norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari ai sensi degli artt. 115 ss. Tub, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni imputando in particolare all’intermediario il mancato rispetto delle procedure “volte a prestare assistenza al cliente, la trasparenza e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxla correttezza nella commercializzazione dei prodotti, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e quelle organizzative e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente controllo interno che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere assicurino una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazionevalutazione dei rischi (...)”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c...
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Samples: Factoring Agreement
FATTO. Con La ricorrente, titolare di due rapporti di conto corrente con l’intermediario convenuto (n. 421061 e n. 420881), contesta a quest’ultimo l’illegittimità dell’addebito di una commissione annuale per il rilascio di una fideiussione di cui reclama l’intervenuta perdita di efficacia. Eccepisce altresì il mancato adempimento dell’intermediario all’ordine impartito il 30 luglio 2011 avente a oggetto la chiusura del conto corrente n. 421061, con conseguente ingiustificata applicazione delle commissioni e delle spese per la tenuta del conto. In particolare, con reclamo del 17 marzo 2012, negativamente riscontrato dall’intermediario il successivo 5 aprile 2012, e con il conseguente ricorso del 24 giugno 2016 30 maggio 2012, la ricorrente osserva quanto segue: - di aver ottenuto dall’intermediario il ricorrente lamentava 19 gennaio 2010 una “fidejussione bancaria per garantire [il] pagamento [di] canoni di locazione per futuro contratto di [affitto di] ramo di azienda” stipulato il 20 gennaio 2010; - di aver ricevuto il 18 agosto 2010 dalla società concedente “regolare disdetta del contratto di affitto nei termini previsti”, provvedendo nel dicembre 2010 a fornire all’intermediario copia di tale disdetta, nonché a documentare il “regolare pagamento dei canoni d’affitto” e la riconsegna dell’azienda in data 31 dicembre 2010, il tutto ”per far si che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazionela Banca revocasse la fidejussione per gli anni successivi”; - che il 19 gennaio 2011 “la Banca … ha addebitato il rinnovo della fidejussione per l’anno 2011 (Euro 360,00 …), nonostante l’esistenza [la medesima ricorrente] avess[e] cessato l’attività e il contratto d’affitto fosse decaduto il 31/12/2010”; - di aver inutilmente richiesto con raccomandata del 30 luglio 2011 e con successivo sollecito del 6 ottobre 2011 la chiusura del conto corrente n. 421061 “con revoca di tutte le condizioni disposizioni continuative appoggiate”; - che il 19 gennaio 2012 l’intermediario “ha addebitato il rinnovo della fidejussione per l’anno 2012 (Euro 360,00 …)” determinando un saldo passivo sul conto corrente della ricorrente, saldo che veniva segnalato dall’intermediario medesimo con “comunicazione di sconfinamento” del 24 febbraio 2012. Sulla base dei fatti sopra rappresentati la ricorrente afferma la non debenza degli addebiti della commissione annuale applicata per il rinnovo della fideiussione, “essendo venuto meno il 31/12/2010 il presupposto della garanzia, in quanto l’attività è cessata con effetto dalla disdetta ricevuta e chiedeva all’Arbitro i pagamenti degli affitti garantiti erano stati regolarmente eseguiti e documentati all’Istituto bancario”. In ogni caso contesta le spese di riconoscere valido tenuta del conto corrente n. 421061 e gli addebiti per imposta di bollo applicati in data successiva alla comunicazione di chiusura del conto intervenuta in data 30 luglio 2011. Dunque chiede: (i) che venga ordinata la “chiusura [del] c/c 421061 con revoca di tutte le disposizioni continuative appoggiate … come da … [sua] richiesta inviata con raccomandata a/r il 30-07-2011”; (ii) che venga disposto il “rimborso di tutte le spese [di] tenuta [del] c/c maturate in data successiva al 30-07-2011 con rimborso [delle] imposte di bollo”; (iii) che venga disposto lo storno degli importi addebitati per il rinnovo della fideiussione per gli anni 2011 e 2012, per un totale di Euro 720,00. L’intermediario ha provveduto al deposito delle controdeduzioni in data 4 luglio 2012, riferendo quanto segue: - che il modulo sottoscritto dalla ricorrente al fine del rilascio della fideiussione espressamente prevede: i) “l’applicazione di una commissione da trattenersi in via anticipata con periodicità annuale pari all’1,80% dell’importo garantito, pari cioè ad € 360,00”; ii) l’obbligo della debitrice di provvedere al pagamento, oltre che di tale commissione, anche di altre spese relative alla garanzia, mediante addebito sul conto corrente n. 420881; iii) l’impegno della cliente ai menzionati pagamenti “dalla data della prestazione della garanzia … fino a che il relativo atto non … sia stato restituito dal creditore unitamente ad una sua dichiarazione liberatoria, e quindi indipendentemente dall’eventuale termine di scadenza della garanzia medesima”; - che la garanzia era stata concessa con durata fino al 31 dicembre 2014 e, in sede di riscontro alla richiesta di escussione da parte della società garantita, ha domandato alla beneficiaria medesima, senza risultato, “la conferma dello svincolo della garanzia e la restituzione dell’originale della Fidejussione”; - che la mancata restituzione dell’originale della garanzia ha reso impossibile “procedere all’anticipato scarico”, integrando la fideiussione un contratto autonomo di garanzia, e mancando la “prova certa ed efficace detto accordoincontestata dell’esatto adempimento dell’obbligazione garantita, elemento necessario alla Banca in qualità di garante per poter eventualmente opporre, l’exceptio doli generalis … al garantito … per la pregressa estinzione” del debito; - di non aver dato corso alla chiusura del conto corrente n. 421061 per i seguenti motivi: poiché, “[n]onostate il ricevimento delle lettere racc. Xxxxxxxa.r. in data 30.07.2011 e 06.10.2011, infatti… su tale conto sono confluiti gli addebiti automatici e le spese collegate al rapporto di conto corrente nr. 420881, (conto di addebito delle spese … della fidejussione …) per il quale la cliente ha esercitato il recesso con la conseguente chiusura effettuata dalla Banca in data 11.11.2010”; poiché la fideiussione risulta “operativa e valida sino al 31 dicembre 2014”; - di aver altresì comunicato alla ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti ogni caso disponibile a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazionechiusura del conto corrente n. 421061 alle seguenti due condizioni: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione ricorrente provvedesse a rientrare dell’esposizione allora sussistente (pari ad euro 406,17) mediante versamento del 9.10.2015 veniva presa relativo importo e provvedesse a comunicare nuove coordinate bancarie sulle quali addebitare “le spese inerenti la fideiussione” in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..essere.
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Samples: Banking Dispute Resolution
FATTO. Con ricorso pervenuto il 16/03/2015, la ricorrente espone che nell’esercizio della sua attività di affittacamere riceveva l’8.8.2015, attraverso il sito Expedia, la prenotazione di un soggiorno presso la propria struttura dal 14 al 20 agosto. Il cliente accettava espressamente la “cancellation policy” indicata sul sito. La ricorrente procedeva dunque a preautorizzare l’importo pattuito (€ 770) sulla carta di credito del 24 giugno 2016 cliente. Il 13.8.2015, vale a dire il giorno prima dell’arrivo previsto, il cliente comunicava alla ricorrente lamentava la sua intenzione di disdire la prenotazione. La ricorrente, attesa la tardività della richiesta di cancellazione, applicava la “cancellation policy” e, per l’effetto, provvedeva a chiudere la preautorizzazione sulla carta di credito del cliente, ad emettere ricevuta fiscale per un importo di € 770 nonché a corrispondere ad Expedia le commissioni sulla prenotazione ricevuta (€ 8,16). Il 15.9.2015, la ricorrente riceveva dall’intermediario la richiesta della documentazione a supporto della transazione, evidenziando come il cliente avesse contestato la titolarità dell’operazione di pagamento. Il 22.9.2015, e poi nuovamente il 25.9.2015, la ricorrente provvedeva ad inoltrare all’intermediario la documentazione richiesta. Il 21.11.2015, l’intermediario procedeva allo storno dell’importo della transazione, motivando la procedura di charge back sull’acritico rilievo che l’intermediario il cliente “non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazionericonosceva la transazione”. Il 28.11.2015, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni la ricorrente presentava reclamo, sostenendo come la documentazione inoltratagli dimostrasse la genuinità della transazione contestata, e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordola restituzione dell’importo illegittimamente stornato al netto delle commissioni corrisposte ad Expedia (€ 761,84). XxxxxxxChiede che, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione accertata l’illegittimità del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestacharge back, l’intermediario rifiutava provveda alla restituzione dell’importo della transazione al netto delle commissioni (€ 761,84). Con controdeduzioni del 28.04.2016, l’intermediario rileva che a seguito dell’inoltro della documentazione da parte della ricorrente, ha riscontrato l’inosservanza delle modalità di dar corso alla rinegoziazioneprenotazione convenzionalmente pattuite, con la seguente motivazione: rappresentate dalla procedura “manca la scelta di rinegoziazionePrenotazione garantita - No-Show” e da quella “Advance Deposit Service”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in In particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscaliper quanto concerne la procedura “Prenotazione garantita - No-Show”, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subitiadempiuto agli obblighi informativi nei confronti del cliente. Inoltre, venendo meno all’onere la “cancellation policy” applicata dalla ricorrente prevede l’addebito al cliente dell’intero importo del soggiorno laddove la procedura de qua consente, in caso di cui all’artcancellazione della prenotazione, l’addebito della sola prima notte di pernottamento. 2697 c.c..Le modalità di prenotazioni seguite dalla ricorrente non possono nemmeno ricondursi alla procedura (alternativa) denominata “Advance Deposit Service”. L’inadempimento contrattuale della ricorrente ha reso vani i tentativi, pur effettuati dall’intermediario, di respingere le richieste restitutorie del cliente. Lo storno dell’importo della transazione risulta dunque legittimo ai sensi dell’art. 56 cod. cons.
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Samples: Not Specified
FATTO. Con ricorso Il ricorrente deduce di essere stato socio e legale rappresentante di una società in nome collettivo, che era a sua volta titolare del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che rapporto di conto corrente n. ***067 perfezionato con l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordoconvenuto. Xxxxxxx, infattiIn relazione al predetto rapporto bancario, il ricorrente ha presentato ricorso davanti al Collegio ABF di Roma che, con la decisione n. 3259/16, ha affermato che, dopo lo scioglimento e l’estinzione della società titolare del conto corrente, “non risultano più legittimi gli addebiti relativi a spese e commissioni, direttamente riconducibili al rapporto di conto corrente, potendo dunque lo stesso essere contitolareproduttivo unicamente di interessi passivi per il successore del correntista estinto, insieme al coniugeda conteggiarsi sul saldo passivo in essere a siffatta data, nella misura prevista dal contratto per l’ipotesi di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoestinzione o, in data 9.10.2015difetto, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediarionella misura legale”. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine chiede pertanto all’ABF di sottoscrivere una nuova richiesta Bologna di rinegoziazione, non essendo dichiarare la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce della decisione assunta dal Collegio di Roma, tenuta a restituirgli l’importo degli interessi addebitati nel predetto conto corrente dall’11.04.2012 fino al 27.01.2013, indebito da maggiorarsi a sua volta di interessi al tasso legale dal dì del dovuto sino al saldo effettivo. Inoltre, poiché a dire del ricorrente il contratto di conto corrente non conteneva alcuna pattuizione sul tasso di interesse per il caso di estinzione, chiede altresì che l’ABF dichiari la banca tenuta a restituirgli quanto addebitatogli a titolo di interessi ad un tasso superiore a quello legale (che all’epoca era del 2,5%). L’intermediario, costituitosi, eccepisce l’inammissibilità del ricorso sia per violazione del principio del ne bis in idem, in quanto il ricorrente avrebbe già presentato in precedenza vari ricorsi aventi ad oggetto le condizioni economiche applicate, sia per indeterminatezza delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti conclusioni in quel momentoesso rassegnate, veniva rigettatain quanto ciò rinvia ad un’attività consulenziale invece preclusa all’ABF. In diritto l’intermediario affermava Eccepisce inoltre che, al in relazione all’esposizione di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria22.732,35 euro del conto corrente in questione, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente ha sottoscritto nel 2013 un piano di rientro nel quale si riconosceva espressamente debitore della somma dovuta dalla società alla banca “ogni eccezione e riserva rimossa”. Nel merito eccepisce che gli interessi sono stati correttamente conteggiati in base alle condizioni economiche pattuite e successivamente modificate come da normativa tempo per tempo vigente. Conclude, pertanto, chiedendo all’ABF di rigettare il ricorso perché non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..provato ed infondato.
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Samples: Banking Agreement
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infattipervenuto in data 04.04.2017, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, espone che: a) in seguito alla presentazione di un finanziamento contratto project financing avente ad oggetto la riqualificazione urbana delle aree di parcheggi e servizi in un Comune, si rivolgeva all’intermediario A per ottenere assistenza circa la possibilità di accedere ai fondi di cui alla legge 662/1996, necessari alla realizzazione dle progetto; b) dopo avere intrattenuto contatti con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatoil predetto intermediario, in data 9.10.201515.11.2016 stipulava un contratto di mandato di intermediazione creditizia che prevedeva il pagamento di € 3.000,00 a titolo di spese di istruttoria; c) la suddetta istruttoria non poteva essere avviata al momento della stipula del contratto perché la ricorrente non aveva ancora ottenuto la qualifica di “concessionario” prevista per l’aggiudicazione del progetto: d) data l’impossibilità di procedere all’istruttoria veniva consegnato all’intermediario A un assegno, richiesta tratto sul conto intestato alla ricorrente pari a € 3.000,00 “a garanzia del mandato sottoscritto”; e) questo assegno veniva emesso senza l’indicazione della data, concordando che il pagamento della somma ivi indicata sarebbe avvenuto solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo di aggiudicazione; f) Intorno al 14.12.16 il ricorrente riceveva comunicazione da parte dell’intermediario B (banca trattaria) della negoziazione dell’assegno in questione; g) dopo diversi solleciti da parte della ricorrente, il 29.12.16, l’intermediario A richiamava il titolo negoziato; h) in virtù dei suddetti accordi intercorsi con l’intermediario A, la ricorrente non aveva provveduto a rendere disponibile la provvista per il pagamento dell’assegno a questi rilasciato; i) l’intermediario A aveva avviato l’istruttoria volta all’ottenimento del finanziamento senza preavviso alla ricorrente; l) nel frattempo, l’intermediario B richiedeva la quietanza liberatoria per non procedere all’iscrizione in C.A.I. per mancanza di provvista; m) per ottenere la quietanza liberatoria la ricorrente è stata costretta a pagare € 1.500,00 a titolo di indennizzo all’intermediario A; che tale quietanza non presentava tutti i requisiti previsti per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora sua validità; n) l’intermediario B, nonostante il richiamo dell’assegno, ha proceduto all’iscrizione al C.A.I. Pertanto, la ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo chiede la prima andata a buon fine condanna dell’intermediario A per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere scorretto, all’intermediario B di correttezza effettuare la cancellazione della segnalazione al CAI e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficiocondanna al risarcimento e/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce o restituzione delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..somme ingiustamente pagate.
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Samples: Project Financing Agreement
FATTO. Con ricorso I fatti rilevanti ai fini della decisione sono i seguenti, provati per tabulas e pacifici tra le parti: · Elintech ha commissionato ad X. un trasporto di merce relativo ad una partita di 620 cX. di telefoni cellulari, da consegnare al cliente finale Auchan; · X. ha stipulato un contratto di subtrasporto con Y., per completare il trasporto da lei iniziato; · Y. ha subìto il furto della merce trasportata; · Elintech ha riaccreditato ad Auchan il prezzo della merce venduta ed ha poi ottenuto dalla propria assicurazione ACE l’indennizzo di € 273.765 per la perdita della merce, del 24 giugno 2016 complessivo valore di mercato di € 388.518; · X. è quindi stata raggiunta dalla richiesta di ACE di rimborsare l’indennità corrisposta, nonché da una richiesta di Elintech di pagare la differenza tra il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito valore della merce e l’indennità assicurativa percepita. Ciò posto in linea di fatto, X. conviene in giudizio Y. per ottenerne la condanna a risarcire il danno subìto, quantificato, ex art. 1696 commi 1 e 4 c.c., nel prezzo della merce perduta, pari ad € 388.518, oltre rivalutazione ed interessi. Costituendosi in giudizio, resiste Y., per un accordo verso deducendo il difetto di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa legittimazione attiva e di aver presentatointeresse ad agire ex art. 100 c.p.c. di X., non avendo la stessa a sua volta ancora provveduto a risarcire il danno a Elintech od Auchan; per altro verso negando una propria colpa grave in data 9.10.2015relazione al furto subìto, richiesta ciò che comporta comunque una rimodulazione della responsabilità risarcitoria ex art. 1696 comma 2 c.p.c.; da ultimo ed in ogni caso, chiedendo ed ottenendo la chiamata in giudizio della propria assicurazione CNA per essere garantita in denegata ipotesi di condanna. Ritualmente costituitasi, anche CNA eccepisce il difetto di legittimazione attorea; l’inammissibilità comunque della domanda per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova parte concernente la richiesta di rinegoziazionerisarcimento pervenuta ad X. da Elintech; la prescrizione ex articolo 2952 comma 2 c.c. dei diritti derivanti dalla polizza assicurativa, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che stato comunicata all’assicuratore la richiesta del terzo danneggiato, cioè X.; l’inoperatività comunque della polizza; in denegata ipotesi, l’applicazione dei massimali e scoperti di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..polizza.
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Samples: Subtransport Agreement
FATTO. Con Nel proprio ricorso all’ABF le ricorrente ha richiamato il reclamo da essa presentato in data 13/12/2012 avente ad oggetto il contenuto della lettera della banca del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad 21/11/2012 con cui la convenuta le aveva comunicato di aver disposto la revoca con effetto immediato di tutti gli affidamenti concessi, invitandola a provvedere entro un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza giorno alla copertura di tutte le condizioni esposizioni in essere. In tale atto la odierna ricorrente espose di ritenere che l’inadempimento di alcune rate del mutuo era dovuto «esclusivamente alla crisi economica generale che ha colpito anche la sua attività commerciale». Tuttavia, intendendo restituire il mutuo versando una rata mensile di € 700,00 fino all’esaurimento della somma dovuta e chiedeva all’Arbitro mantenendo ferme le garanzie esistenti, ha rappresentato la necessità di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxuna rinegoziazione del mutuo stesso che preveda una dilazione temporale maggiore, infattialmeno 20 anni, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione restituzione. Con il successivo ricorso la ricorrente ha esposto di avere contratto il 26/03/2010 un mutuo per € 180.000,00; che il 16/07/2012 l’odierna convenuta le aveva comunicato di averla ammessa ai benefici di cui all’accordo sulle nuove misure per il credito alle piccole e medie imprese, come da sua richiesta del 15/07/2012; che ciononostante il 21/11/2012 la banca le aveva contestato il ritardo nella restituzione delle somme mutuate, revocando gli affidamenti concessi e diffidandola a restituire la somma totale di € 150.990,16. La ricorrente ha inoltre riferito che il 20/07/2012 e il 13/12/2012 ella aveva comunicato alla banca le ragioni del proprio ritardo, comunicandole inoltre di avere già restituito le somme utilizzate in eccedenza degli affidamenti e prospettandole un piano di rientro con allungamento del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, La banca non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata avrebbe dato alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..risposta.
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Samples: Banking Dispute Resolution
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il La ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo chiede di rinegoziazioneaccertare la violazione, nonostante l’esistenza nella fase precontrattuale e contrattuale, da parte dell’intermediario dei doveri informativi inerenti a contratti in derivati finanziari e di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro dichiarare, alternativamente, la nullità o l’annullabilità di riconoscere valido ed efficace detto accordotali contratti. XxxxxxxChiede, infattiinoltre, il risarcimento del danno, da determinarsi in via equitativa, derivante dalla citata stipulazione e il rimborso delle spese legali, quantificate in Euro 500,00. In particolare, con reclamo del 2 aprile 2013, negativamente riscontrato dall’intermediario il 31 aggio 2013, e con successivo ricorso all’ABF presentato in data 29 maggio 2013, la ricorrente evidenzia quanto segue: - di essere contitolare, insieme al coniuge, conduttore dal 25 luglio 2003 di un finanziamento contratto di leasing immobiliare stipulato con l’intermediario una società del gruppo di appartenenza dell’intermediario convenuto del valore originario di poco meno di 1 milione di Euro per l’acquisto della prima casa e effetto dell’intervenuta cessione, in tale data, del suddetto contratto; - di aver presentatostipulato con l’intermediario, in data 9.10.201513 aprile 2007, richiesta un contratto di mutuo ipotecario decennale per la rinegoziazione € 600.000,00 “ di cui era previsto il rimborso periodico, con interesse mensile composto da una quota variabile, pari ad un dodicesimo del tasso annuo euribor 6 mesi, e da una quota fissa, pari ad un dodicesimo di 1,250% annuali”; - in occasione della stipulazione del contratto di mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordodi aver sottoscritto con l’intermediario convenuto e su sua proposta un “contratto quadro in interest rate swap, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferivaopzione cap, tuttaviaopzione floor, che successivamente veniva contattato dall’intermediario opzione collar, swap option forward rate agreement per società o persone giuridiche qualificate” al fine di sottoscrivere una nuova richiesta consentire alla ricorrente “di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancantecautelarsi contro gli eventuali effetti delle variazioni del tasso d’interesse” riferite al suddetto mutuo; A seguito della nuova richiesta, - di aver stipulato con l’intermediario rifiutava il contratto di dar corso alla rinegoziazionetipo “interest rate swap” n. 503180328 “con decorrenza 22.03.2005 e termine 22.03.2010”, con la seguente motivazione: “manca la scelta capitale di rinegoziazione”riferimento € 1.000.000. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato Di aver sottoscritto un nuovo contratto di opzione di tipo Interest Rate Swap accrual con decorrenza 27 febbraio 2007 e termine 27 febbraio 2012 in contrasto sostituzione di altro contratto con il dovere di correttezza decorrenza 17 marzo 2006 e buona fedetermine 21 marzo 2011. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità Di aver sostituito anche quest’ultimo contratto con altro contratto Interest Xxxx Xxxx a tasso protetto con decorrenza 27 aggio 2010 e i codici fiscalitermine 27 maggio 2012, con l’apposizione capitale di “visto l’originale” riferimento di Euro 500.000 e timbro con ammontare a debito di Euro 68.500 di cui l’intermediario ha preteso il pagamento. Lamenta la ricorrente la violazione, da parte dell’ufficio postaledell’intermediario, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere doveri informativi di cui all’art. 2697 c.c..21 del T.U.F. e di buona fede “in occasione della stipula, rinegoziazione, estinzione, rimodulazione, sostituzione e/o trasformazione dei contratti derivati su tasso d’interesse” in parola. Xxxxxxx, al riguardo, come tali contratti siano stati “raccomandati” alla stessa dall’intermediario e siano stati presentati “come ancillari ed a scopo assicurativo, ma solo in apparenza serventi agli interessi del mutuatario”. Precisa la ricorrente come l’intermediario avesse riferito che i contratti de quo “si sarebbero comportati alla stregua di una garanzia di protezione contro il rischio di variazione del tasso di interesse inerente al contratto di leasing finanziario prima, e poi di mutuo, nell’esclusivo interesse della società”. Lamenta in particolare la ricorrente come la medesima non sia stata informata circa la rischiosità e la “vera natura” dei derivati in discorso. Sotto altro profilo, la ricorrente lamenta altresì come l’intermediario avesse sottoposto alla propria firma documentazione attestante la propria qualifica di “operatore qualificato” nonché comprovante la ricezione da parte della stessa di informazioni circa l’inapplicabilità della normativa di tutela prevista dal T.U.F. per tale tipo di operatore. Precisa che, al momento della sottoscrizione dei contratti derivati de quo, non aveva mai operato “correntemente in strumenti finanziari derivati” e che, come risulta dall’analisi del profilo finanziario redatta dallo stesso intermediario, la stessa è “cliente al dettaglio, privo di qualsivoglia conoscenza in campo di strumenti finanziari anche complessi ed ovviamente pure della capacità di valutarne i principali rischi”. Eccepisce altresì la ricorrente come, rispetto a quanto lasciato intendere dall’intermediario, i contratti derivati in questione non hanno finalità di copertura. Infatti, nella “proposta di rimodulazione con contratto di interest rate swap del 25.05.2010, l’intermediario ha affermato che il nozionale di contratti derivati aventi ad oggetto strumenti finanziari OTC su tassi d’interesse [...] è pari a € 1.000.000, nonostante l’esposizione debitoria [della ricorrente] verso l’intermediario, già dal 2007, si fosse ridotta quasi alla metà”. Sulla base di tali premesse, la ricorrente chiede a questo Xxxxxxx quanto segue: - di accertare la violazione dei doveri informativi da parte dell’intermediario in occasione della proposta, conclusione, esecuzione, scioglimento, rinegoziazione, rimodulazione del contratto quadro e dei singoli contratti in derivati esecutivi del primo; - di dichiarare la nullità per assenza di causa o per assenza della volontà delle parti del contratto quadro e dei singoli contratti derivati condannando l’intermediario, nei limiti di competenza per valore, alla “restituzione di tutte le - in ogni caso, di accertare il diritto della ricorrente al risarcimento del danno patito nella misura da determinarsi equitativamente. In via subordinata rispetto alla dedotta domanda di nullità o di annullamento, disporre la compensazione tra il maggior credito risarcitorio accertato in capo alla ricorrente e la parte residua del credito di Euro 68.000 vantato dall’intermediario. - disporre la condanna dell’intermedio alla refusione delle spese di consulenza legale di Euro 500,00. In uno con il ricorso, la ricorrente ha depositato la seguente documentazione: all. A) copia reclamo; all. 1) scrittura 24 giugno 2003; all. 2) scrittura del 25 luglio 2003; all. 3) lettera intermediario 25 novembre 2003; all. 4) contratto di riscatto anticipato del leasing; all. 5) contratto di mutuo; all. 6) contratto quadro in strumenti derivati; all. 7) contratto di interest rate swap; all. 8 comunicazione intermediario; all. 9) contratto di interest rate swap accrual; all. 10) contratto di interest rate swap 25 maggio 2010; all. 11) piano di ammortamento; all. 12) analisi profilo finanziario della Società; all. 13) estratti conto con spese in derivati. L’intermediario ha presentato le proprie controdeduzioni in data 27 agosto 2013. In via preliminare l’intermediario eccepisce l’improcedibilità del ricorso per molteplici motivi: per incompetenza per materia dell’ABF, posto che le richieste della ricorrente ineriscono operazioni in derivati finanziari e, in generale, servizi e attività d’investimento; per difetto di coincidenza del reclamo con il ricorso, facendo il reclamo esclusivo riferimento al “contratto quadro in derivati stipulato il 18.03.2005” e non anche ai contratti in derivati sottoscritti in esecuzione del medesimo il 18.03.2005, il 17.03.2006, il 23.02.2007, il 25.05.2010; per incompetenza per valore, essendo il valore delle somme di cui la ricorrente chiede la restituzione superiore al limite di competenza per valore dell’ABF; in quanto la domanda di annullamento dei contratti derivati implicherebbe una pronuncia costitutiva che esulerebbe dalla competenza dell’ABF; per incompetenza temporale, essendo il contratto di cui la ricorrente chiede la nullità o l’annullabilità stato stipulato anteriormente al 1° gennaio 2009. Nel merito, l’intermediario osserva come la sola operazione che rientrerebbe nell’ambito della cognizione temporale dell’ABF sarebbe rappresentata dal derivato stipulato il 25 maggio 2010. Rileva come la ricorrente abbia dichiarato di essere “operatore qualificato” in occasione della sottoscrizione del contratto quadro del 18 marzo 2005, allorquando sono state dalla medesima fornite le informazioni relative alla propensione al rischio, agli obiettivi d’investimento e alla situazione finanziaria, ricevendo altresì il “documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari”. Osserva altresì come la ricorrente avesse esperienza in strumenti finanziari derivati, per averne in precedenza sottoscritti con lo stesso, il 18 luglio 2003 e il 26 febbraio 2004. Ciò premesso, l’intermediario deduce come i contratti derivati in questione siano “contratti di interest rate swap” finalizzati alla copertura del rischio di un eventuale andamento sfavorevole dei tassi d’interesse rispetto ad una posizione debitoria, risultando il nozionale di tali derivati coerente con l’indebitamento a tasso variabile della ricorrente. Con particolare riferimento al derivato stipulato il 25 maggio 2010, osserva come il prodotto “denominato tasso certo” integri uno strumento semplice finalizzato ad una copertura base, ed accessibile anche ad una clientela al dettaglio, priva di qualificate competenze finanziarie. Precisa che tale contratto è stato il frutto di una rimodulazione del “precedente contratto del 23 febbraio 2007 e ha Sulla base di tali presupposti, l’intermediario, oltre ad eccepire l’improcedibilità del ricorso per le plurime ragioni sopra descritte, nel merito chiede il rigetto del ricorso, essendo stata documentata “la correttezza del proprio operato e l’assolvimento degli obblighi sul medesimo gravanti”. In uno con le controdeduzioni, l’intermediario ha depositato la seguente documentazione: all. 1)lettera ufficio reclami 31 maggio 2013; all. 2) contratto quadro per l’operatività in derivati del 25 maggio 2010; all. 3) contratto di negoziazione del 18 marzo 2005; all. 4) Informazioni richieste alla cliente ai sensi della normativa Consob; all. 5) Contratti in derivati del 18 luglio 2003 e del 26 febbraio 2004; all. 6) Contratto di prestazione servizi di investimento 25 maggio 2010; all. 7) Centrale rischi; all. 8) Scheda prodotto derivato 25 maggio 2010; all. 9) Contratto tasso certo del 25 maggio 2010; all. 10) Estratto contro 5/2010; all. 11) Proposta estinzione derivato del 23 febbraio 2007; all. 12) Rendicontazione periodica derivato del 25 maggio 2010. In data 5 dicembre 2013 la ricorrente ha presentato una replica alle controdeduzioni ribadendo la propria posizione.
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Samples: Financial Derivatives Contract
FATTO. Con ricorso Parte ricorrente ha affermato quanto segue: − che, il 2 febbraio 2016, ha acquistato un’autovettura al prezzo di € 13.000,00, saldato tramite finanziamento concesso dall’intermediario convenuto; − che, a seguito della consultazione del 24 giugno 2016 Pubblico Registro Automobilistico (PRA), il ricorrente lamentava 22 luglio 2020 si avvedeva «che l’autovettura non le era mai stata trasferita e che sulla stessa risultano tre fermi amministrativi per un importo complessivo di € 4.470,88»; − che, il 22 luglio 2020, ha inoltrato alla finanziaria convenuta una missiva, con la quale comunicava la volontà di risolvere il contratto di finanziamento a seguito del grave inadempimento della ditta fornitrice, la quale non aveva provveduto alla trascrizione dell’atto di compravendita del mezzo; − che «ad oggi i coobbligati hanno corrisposto alla finanziaria l’importo di € 10.075,00 = (diecimilasettantacinque//00), e continuano, al fine di evitare segnalazioni pregiudizievoli al C.R.I.F., a pagare le rate a scadenza, nonostante la proprietà dell’autovettura non sia mai stata trasferita alla signora [ricorrente] e sulla stessa risultino tre fermi amministrativi per il mancato pagamento da parte del legale rappresentante pro-tempore della concessionaria, sig. (…), di debiti verso l’erario». Pertanto domanda che il Collegio ABF adito accerti e dichiari la risoluzione del contratto di finanziamento per cui è controversia e disponga che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo rimborsi in suo favore l’importo di rinegoziazione€ 10.075,00, nonostante l’esistenza pari alla somma di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro rate versate alla finanziaria. L’intermediario, invece, ha rappresentato quanto segue: − in via preliminare, che, dal tenore letterale del ricorso avversario, non è possibile evincere quali siano le richieste avanzate all’ABF, atteso che «nessuna domanda, invero, risulta formulata dai finanziati nei confronti della finanziaria»; − che, a seguito della sottoscrizione dell’atto di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxcompravendita dell’autovettura, infatti«la proprietà del veicolo, il ricorrente quindi, è certamente stata trasferita, tempestivamente, all’acquirente, che in effetti a far data dal 2016 risulta aver regolarmente utilizzato la Citroen»; − che «la lamentata assenza di essere contitolaretrascrizione al PRA dell’atto di vendita, insieme al coniuge, di se da un finanziamento contratto con l’intermediario per lato non inficia l’acquisto della prima casa e proprietà del mezzo in capo al compratore, d’altro lato non può neppure configurare un inadempimento del venditore», infatti l’art. 94 del Codice della Strada (testo in vigore dal 13 agosto 2010 al 31 dicembre 2019) prevedeva che «in caso di aver presentatotrasferimento di proprietà degli autoveicoli (…) il competente ufficio del PRA, su richiesta avanzata dall’acquirente entro 60 giorni dalla data in data 9.10.2015cui la sottoscrizione dell’atto è stata autenticata o giudizialmente accertata, richiesta per la rinegoziazione provvede alla trascrizione del mutuo. Narrava ancora trasferimento»; − che l’intento del legislatore è pertanto quello di porre a carico dell’acquirente l’onere di procedere alla trascrizione dell’atto di acquisto presso il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancaPubblico Registro Automobilistico, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che come confermano alcuni precedenti giurisprudenziali secondo cui la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere PRA degli adempimenti di cui all’art. 2697 c.c..94 del Codice della Strada costituisce obbligo esclusivo dell’acquirente (Cass. civ. n. 20843/2017) e nessun inadempimento è configurabile a carico del venditore che non provveda a tale richiesta (Cass. civ., ordinanza n. 2263/2013); − che è l’atto di vendita in sé che vale come cessione del bene ed è con la sua sottoscrizione che si perfeziona il trasferimento di proprietà del veicolo in capo all’acquirente; − che «la trascrizione in sé dell’atto di compravendita non crea alcun effetto giuridico, atteso che tale effetto si è già verificato in precedenza in virtù, per l’appunto, dell’atto di vendita medesimo», come confermato dai seguenti precedenti giurisprudenziali: (i) Cass. civ., ordinanza n. 5667/2018, la quale ha stabilito che il momento perfezionativo del contratto di compravendita «si fonda esclusivamente sul consenso delle parti»; (ii) Cass. civ., ordinanza n. 26327/2019, a mente della quale «la trascrizione dell'atto di vendita dell'autoveicolo nel pubblico registro automobilistico (PRA) non è requisito di validità e di efficacia del trasferimento del diritto di proprietà, non avendo essa valore costitutivo e configurando, invece, un mero strumento legale di pubblicità e di tutela inteso a dirimere i conflitti tra persone aventi causa dal medesimo venditore che vantino diritti sullo stesso bene; pertanto, gli autoveicoli ben possono essere validamente alienati con la semplice forma verbale consensuale»; − che ha riscontrato negativamente al reclamo il 7 settembre 2020.
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Samples: Not Specified
FATTO. Con ricorso Il ricorrente espone che il 26.01.2009, unitamente alla moglie (cointestataria del 24 giugno 2016 ricorso), aveva stipulato con la banca convenuta un mutuo ipotecario ventennale per € 146.000, al quale era collegata una polizza collettiva con premio unico di € 5.616. Successivamente, il ricorrente lamentava aveva perfezionato una pratica di surroga del mutuo e, conseguentemente, il 25.11.2010, aveva chiesto il parziale rimborso del premio della suddetta polizza collettiva (per un importo pari a € 5.136,91). Il ricorrente chiede a) di accertare che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazioneil contratto assicurativo deve intendersi “sciolto con la cessazione del rischio”, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxxritenendo che “con la portabilità del mutuo, infatti, il ricorrente rischio in capo alla Banca viene meno”, e b) “la restituzione della somma del premio già pagata e non dovuta in relazione al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria, calcolata secondo le indicazioni contenute nel Regolamento ISVAP n. 35 … consistente in euro 5.136,91, considerando le 23 mensilità dovute (da gennaio 2009 a dicembre 2010)”. L’intermediario convenuto eccepisce anzitutto l’irricevibilità del ricorso per difetto di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentatolegittimazione passiva, in data 9.10.2015quanto “ai sensi dell’art. 1.10 delle condizioni contrattuali della polizza assicurativa i reclami riguardanti il rapporto contrattuale vanno presentati direttamente alla Compagnia e/o al Broker”. Nel merito, richiesta invece, la banca eccepisce che il reclamo non può essere accolto in quanto ai sensi all’art. 1.6 (Anticipata estinzione anticipata) del contratto della polizza collettiva era previsto che “In caso di anticipata estinzione del rapporto di mutuo, ovvero accollo dello stesso ad altra persona, le garanzie assicurate con la presente polizza collettiva rimarranno valide secondo l’originario piano di ammortamento”; tale dispositivo, peraltro, veniva mitigato da quanto disposto dall’art. 1.5 (Beneficiari) che, ai fini di non scoraggiare la portabilità dei mutui, ammetteva la possibilità di designare liberamente un diverso beneficiario della polizza per la rinegoziazione del mutuosomma assicurata a scadenza che poteva essere individuato anche in un altro intermediario bancario. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla bancaInoltre, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiestacon riguardo alla normativa invocata dal ricorrente, l’intermediario rifiutava convenuto precisa quanto segue: a) le “Linee guida per le polizze assicurative connesse ai mutui e altri contratti di dar corso alla rinegoziazionefinanziamento”, con elaborate da ABI-Ania il 22 ottobre 2008, “‘suggeriscono’ alle banche, agli intermediari finanziari e alle imprese d’assicurazione a esse associate (tra cui comunque non figura la seguente motivazione: ricorrente) di adottare soluzioni (fra cui quella invocata da ricorrente) volte a facilitare la portabilità dei mutui … e l’estinzione anticipata degli stessi”, lasciando libertà agli aderenti di adottare soluzioni diverse; b) “manca la scelta di rinegoziazionel’ art. 56 del Regolamento ISVAP n. 35/2010 è perentorio nell’affermare … [che] entra in vigore il 1° dicembre 2010 e si applica ai contratti in commercializzazione successivamente a tale data”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c...
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Samples: Mutuo Ipotecario
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il La società ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infatti, il ricorrente di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e rappresenta di aver presentatostipulato con la Banca resistente, in data 9.10.201505/08/2010, richiesta un contratto di mutuo assistito da ipoteca nonché da garanzia prestata da un Confidi; il mutuo veniva concesso al TAN 2,75% da aggiornarsi trimestralmente in base all’Euribor - spread 1,3% mentre il TEG contrattuale era pari al 4,489% a fronte di un tasso soglia del 3,84% così come messo in luce nella perizia tecnica di parte depositata. Pertanto, la ricorrente eccepisce l’usurarietà genetica del mutuo e quindi chiede che sia accertata e dichiarata la nullità della clausola contrattuale sugli interessi passivi applicati e che venga quindi disposto l’azzeramento di ogni interesse con conseguente ordine di restituzione delle somme pagate a tale titolo, con vittoria di spese e compensi. La ricorrente solleva, in sede di perizia tecnica, anche la questione della presunta usurarietà del mutuo a seguito della rinegoziazione dello stesso, avvenuta del 13/06/2013, e con le repliche argomenta in proposito che la perizia avrebbe fatto correttamente riferimento al tasso soglia vigente al momento della stipula del mutuo, non essendovi stata alcuna rinegoziazione del contratto di mutuo, posto che la Banca resistente si è avvalsa semplicemente della sua "potestà" contrattuale di modificare unilateralmente il contratto, approfittando della necessità della ricorrente di fruire della sospensione prevista dall'accordo tra il MlSE e l'A.B.I. In ogni caso, la ricorrente rileva che da nessuno dei documenti redatti in virtù della c.d. "rinegoziazione" risulta che le parti abbiano voluto attribuire alla modifica contrattuale, riguardante solo il tasso di interesse, effetti novativi, cosicché la fonte normativa, legale e pattizia, è rimasta quella del contratto dì mutuo redatto il 5/08/2010. La Banca resistente eccepisce, in primo luogo che la perizia depositata dalla ricorrente - che in ogni caso, contesta nel merito, nel metodo e nelle conclusioni - è a tutti gli effetti priva di qualunque valore probatorio e che, quindi, la ricorrente deve comunque assolvere all’onere probatorio ex art. 2697 cc. Ad avviso della Banca resistente, in ogni caso, l'elaborato peritale sarebbe viziato dall’erroneo inserimento nel calcolo, anche di costi notarili, deposito infruttifero cauzionale (relativo alla garanzia del Confidi) e interessi di mora, laddove spese notarili e interessi di mora sono espressamente escluse dal computo del TEG dalla legge sull'usura e dalle istruzioni di Banca d'Italia per la rilevazione del TEG (come confermato dalla giurisprudenza ABF: Coll. Coordinamento, dec. n. 1875/14. Quanto al deposito cauzionale, la Banca resistente rileva come dai chiarimenti forniti dalla Banca d'Italia (febbraio 2010), emergerebbe che debba essere escluso dal calcolo del TEG l’importo dei depositi cauzionali versati a fronte di garanzie fornite da Confidi. La Banca resistente insiste altresì sulla esclusione degli interessi moratori dal computo del TEG adducendo diverse ragioni e facendo presente che tale esclusione è stata ribadita dalla Banca d'Italia in una nota del 3 luglio 2013. La Banca resistente quindi assume che il TEG alla data della stipula del mutuo non risulterebbe usurario, posto che in quel momento (5/8/2010) il TEG era pari a 3,189% e il tasso soglia di riferimento per tale categoria di finanziamento era pari al 3,84%. Fa inoltre presente che nell'ISC indicato nell'atto originario di mutuo non era stata inserita la commissione relativa alla garanzia prestata dal Confidi per la ragione che il rilascio della stessa non era stata contestuale alla stipula del mutuo (avvenuta 1 mese e 5 giorni dopo), essendo stata tale commissione invece calcolata nel TEG che, come detto, risulterebbe inferiore in ogni caso al tasso usura. La Banca resistente fa ancora presente, con riguardo alla rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora mutuo avvenuta il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca6/6/2013, che invitava i clienti il tasso soglia da tenere in considerazione dovrebbe essere quello rilevato con riferimento al trimestre aprile/giugno 2013 e non, come indicato erroneamente dalla ricorrente, quello alla data della stipula del mutuo; in particolare il tasso soglia pertinente era pari a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario9,0125% mentre il TEG era pari a 5,438%. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente Chiede quindi che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..ricorso venga rigettato.
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Samples: Mutuo
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordo. Xxxxxxx, infattiprotocollato l’1 luglio 2015, il ricorrente espone di essere contitolare, insieme al coniuge, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa correntista presso la parte resistente e di aver presentatoaderito ad un’iniziativa commerciale che prevedeva il riconoscimento di un voucher pari all’1% del valore dei titoli presenti in portafoglio al 31 dicembre 2014, purché trasferiti nel corso degli ultimi sei mesi da dossier instaurati presso altri intermediari. A tal fine, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo25 novembre 2014 inoltrava ad altro intermediario presso cui deteneva un portafoglio titoli (cd. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazioneintermediario originario”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che ) la richiesta di rinegoziazione trasferimento di alcuni strumenti finanziari verso un nuovo deposito titoli in amministrazione acceso presse la parte resistente (cd. “nuovo intermediario”). Successivamente si accorgeva che un titolo (“A”) non era stato ancora valorizzato a causa della mancata disponibilità del 9.10.2015 prezzo ed un altro (“B”) non era stato ancora trasferito. Per risolvere questi disguidi reclamava diverse volte “allo scopo di segnalare per tempo all’[intermediario] le anomalie riscontrate e consentir[gli] di valutare correttamente il corrispettivo del bonus da corrispondere”. Ciò nonostante in data 25 maggio 2015 gli veniva presa riconosciuto un bonus pari a € 3.900,00 a fronte di un valore di € 4.600,00 da lui calcolato. Pertanto ricorreva all’Arbitro per ottenere la differenza tra quanto spettante e quanto effettivamente corrisposto. In sede di controdeduzioni, l’intermediario ha pregiudizialmente eccepito l’irricevibilità ratione materiae del ricorso in esame poiché si riferisce ad una questione relativa ad un servizio di investimento (dossier titoli). Nel merito, precisa di avere già integrato il bonus nella misura di € 150,00 (ammontare pari all’1% del valore del titolo “A” erroneamente non valorizzato in portafoglio a causa della temporanea indisponibilità del prezzo). Inoltre specifica di non avere alcuna responsabilità relativamente al ritardato trasferimento del titolo “B” in quanto il buon esito di tale operazione deriva dalla condotta dell’intermediario originario, dovendo il nuovo limitarsi semplicemente a prendere in carico dalla bancail titolo. Sul punto precisa che l’intermediario originario procedeva ad effettuare il trasferimento soltanto nel mese di gennaio 2015, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione pertanto fuori tempo per beneficiare della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..promozione.
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Samples: Commercial Agreement
FATTO. Con ricorso La ricorrente afferma di aver stipulato in data 10.8.2012 un contratto di “affitto assicurato” che prevedeva l’obbligo in capo alla resistente di acquisto pro-soluto dei crediti derivanti da un contratto di locazione sottoscritto con altro soggetto. La resistente non ha adempiuto le obbligazioni derivanti dal contratto, rifiutandosi di acquistare pro-soluto i crediti scaduti e richiamando la clausola contrattuale in base alla quale potevano essere oggetto di cessione solo i crediti originatisi da “fatti accaduti almeno 180 gg dopo la decorrenza del 24 giugno 2016 presente contratto”. Xxxxxxxx, sottolinea la ricorrente, invocata a sproposito perché era stata richiesta la cessione dei canoni relativi alle mensilità da luglio 2013 sino al febbraio 2014 e quindi rientranti nella previsione della citata clausola contrattuale, tenuto conto che il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ad un accordo contratto di rinegoziazione, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni “affitto assicurato” (datato 10.8.2012) aveva decorrenza dal 1°.9.2012. Deduce la natura vessatoria della clausola e chiedeva chiede all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordodichiararne la “nullità/disapplicazione per vessatorietà” per violazione degli artt. Xxxxxxx1363, infatti1366, 1367 e 1369 c.c. Chiede inoltre di accertare l’obbligo dell’intermediario di acquistare pro-soluto il credito di € 12.967,91 oltre interessi legali dalla data del reclamo sino al soddisfo; accertare l’obbligo dell’intermediario resistente di “definire l’operazione di cessione secondo le prescrizioni contrattuali”; condannare infine l’intermediario al pagamento delle spese legali. Costituitosi, l’intermediario deduce che il contratto di “affitto assicurato” non prevedeva un espresso obbligo di acquisto di crediti ma solo una “disponibilità”; quindi, precisa che il rigetto dell’iniziale richiesta della ricorrente (risalente al febbraio 2013) era stato correttamente motivato dal fatto che essa era riferita a canoni scaduti prima dell’inizio del periodo di essere contitolarevalidità del contratto (180 giorni dopo la sua decorrenza). Aggiunge che prima della proposizione del ricorso aveva proposto, insieme al coniugea seguito di una richiesta di negoziazione assistita del ricorrente, di un finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava acquistare pro solvendo i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario crediti al solo fine di sottoscrivere una nuova richiesta recuperarli in via stragiudiziale, accollandosi anche le spese di rinegoziazione, non essendo la prima andata a buon fine tale recupero. Conclude per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione rigetto del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..ricorso perché infondato.
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Samples: Affitto Assicurato
FATTO. Con ricorso del 24 giugno 2016 Il 6.11.2010 il ricorrente lamentava che l’intermediario non avesse dato seguito ha stipulato un contratto di compravendita con una società terza per l’acquisto di un’opera editoriale multimediale, unitamente ad un accordo di rinegoziazionealtri beni (“n° 1 forno/cucina della SMEG, nonostante l’esistenza di tutte le condizioni e chiedeva all’Arbitro di riconoscere valido ed efficace detto accordon° 1 PSP della Sony, n° 5 giochi per la PSP, n° 1 lettore dvd/blu ray della Samsung”). Xxxxxxx, infattiIn relazione a tale acquisto, il ricorrente ha richiesto un finanziamento all’intermediario convenuto, prestito che è stato concesso in data 9.11.2010 per un importo di € 5.400,00. Con il ricorso il ricorrente lamenta la mancata consegna di parte dei beni acquistati e chiede “la risoluzione/cancellazione del contratto [di compravendita] per inadempienza del fornitore e contestualmente, anche la risoluzione/cancellazione del contratto di finanziamento con la [convenuta]. Richied[e] inoltre, anche il rimborso delle rate effettivamente pagate, in quanto tali contratti sono da ritenersi nulli come previsto anche dall’art. 125 quinques del D.Lgs. 1-9-1993 n. 385 Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia e artt. 1454 1455 del codice civile”. L’intermediario convenuto respinge le richieste del ricorrente, osservando “che la doglianza del [ricorrente] si fonda sulla condotta attribuita alla società [fornitrice], cui controparte imputa un grave inadempimento rispetto al contratto di fornitura tra le parti”. A parere dell’intermediario “In queste condizioni, risulta evidente la lesione del diritto di difesa [della convenuta] che, essendo estranea ai rapporti intercorsi tra l’odierno ricorrente e la [società fornitrice], non è posta … nelle condizioni di poter verificare se le contestazioni sollevate dal cliente siano fondate. Si ritiene, dunque, che il ricorso al quale si replica avrebbe dovuto essere contitolarerivolto anche al [fornitore] e che, insieme conseguentemente, le Ciò premesso, nel merito l’intermediario sottolinea che il cliente «conferma di aver ricevuto la consegna … dell’enciclopedia su CD pacificamente acquistata presso la ditta venditrice ... La doglianza del cliente risiede solamente nella circostanza per la quale [il fornitore] non avrebbe consegnato ‘n° 1 forno/cucina della SMEG, n° 1 PSP della Sony, n° 5 giochi per la PSP, n° 1 lettore dvd/blu ray della Samsung’”. A tale riguardo, l’intermediario precisa che “il contratto di finanziamento sottoscritto dal [ricorrente] ed allegato al coniugericorso introduttivo reca quale bene finanziato solamente del ‘Materiale didattico’ e, dunque, la più volte citata enciclopedia su CD ... Anche il contratto di fornitura allegato agli atti [dal ricorrente] indica espressamente quale bene acquistato solo la nota ‘Opera editoriale EXPLORER NEWMEDIA – la tua biblioteca multimediale’ e, quali meri omaggi (testuale sul contratto: ‘AGG. GRATUITO’), il forno di marca SMEG, il lettore dvd/blu ray ed una PSP completa di giochi”. In conclusione l’intermediario sostiene che: (a) “non pare vi sia stato alcun inadempimento da parte del [fornitore], attesa la circostanza per la quale il bene effettivamente acquistato da parte del [cliente] – l’enciclopedia multimediale – è stata pacificamente consegnata ed installata al domicilio del cliente”; (b) “a tutto voler concedere, i beni dei quali il cliente lamenta la mancata consegna ... sono solamente una parte di quelli che il [ricorrente] assume aver acquistato e, dunque, non potrà farsi luogo a risoluzione del contratto di vendita e di finanziamento in ragione di un presunto inadempimento parziale”; (c) “il contratto di finanziamento contratto con l’intermediario per l’acquisto della prima casa e di aver presentato, in data 9.10.2015, richiesta per la rinegoziazione del mutuo. Narrava ancora il ricorrente che tale richiesta veniva accolta dalla banca, che invitava i clienti a sottoscrivere l’accordo, effettivamente sottoscritto in data 6.11.2015 e inviato all’intermediario. Il ricorrente riferiva, tuttavia, che successivamente veniva contattato dall’intermediario … è stato stipulato solamente al fine di sottoscrivere una nuova richiesta di rinegoziazioneacquistare l’enciclopedia multimediale ... e, dunque, l’eventuale omessa consegna degli omaggi … non incide in alcun modo sulla validità e sull’efficacia del rapporto intercorrente con l’esponente società”. Infine, l’intermediario precisa che l’erogazione del finanziamento avviene a favore della società fornitrice “con espressa dispensa da ogni verifica in relazione alla consegna del bene o alla prestazione del servizio, dal mancato completamento della fornitura/prestazione, dalla garanzia eventualmente concessa dal venditore e dalla casa fabbricante o, comunque, da qualsiasi difetto della cosa acquistata e dal rendimento della stessa, non essendo la prima andata a buon fine opponibili [all’intermediario] le eccezioni relative al rapporto di compravendita o di prestazioni di servizi intervenuto tra il cliente ed il fornitore, posto che non esiste tra quest’ultimo e [l’intermediario] alcun accordo di esclusiva per incompletezza della documentazione, benché i ricorrenti avessero provveduto ad inviare la documentazione mancante; A seguito della nuova richiesta, l’intermediario rifiutava di dar corso alla rinegoziazione, con la seguente motivazione: “manca la scelta di rinegoziazione”. Lamentava, dunque il ricorrente che il comportamento dell’intermediario si è dimostrato in contrasto con il dovere di correttezza e buona fede. L’intermediario resiste alla domanda, sostenendo che la richiesta di rinegoziazione del 9.10.2015 veniva presa in carico dalla banca, che faceva avere ai richiedenti l’istanza che avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla banca, secondo le modalità ivi precisate; i clienti, tuttavia, non procedevano all’invio secondo le modalità impartite: in particolare, nel plico inviato mancavano i documenti d’identità e i codici fiscali, con l’apposizione di “visto l’originale” e timbro da parte dell’ufficio postale, benché nell’accettazione della proposta di rinegoziazione che i clienti avrebbero dovuto restituire sottoscritta era chiaramente indicato che essi avrebbero dovuto “firmare…su ogni foglio presso l’Ufficio/Sportello che gestisce l’operazione di mutuo”; L’intermediario era pertanto costretto a rigettare la richiesta di rinegoziazione. Successivamente, in data 4 febbraio 2016, i ricorrenti presentavano una nuova richiesta, in cui tuttavia non era selezionata alcuna opzione in merito al tipo di rinegoziazione. Conseguentemente, detta richiesta era rigettata. In data 17 febbraio 2016 perveniva, infine, un’ulteriore richiesta, finalmente completa, ma anche tale domanda, alla luce delle politiche di credito e ai parametri di valutazione vigenti in quel momento, veniva rigettata. In diritto l’intermediario affermava che, al di fuori di particolari ipotesi normative o accordi con le associazioni di categoria, gli intermediari godono di piena autonomia di giudizio in merito alle determinazioni riguardanti la concessione del di credito, sottolineando peraltro che per ben due volte su tre gli ostacoli che hanno condotto al rigetto della richiesta erano imputabili a colpa del ricorrente Quanto alla richiesta risarcitoria, l’intermediario deduceva che il ricorrente non ha allegato alcuna prova dei danni asseritamente subiti, venendo meno all’onere di cui all’art. 2697 c.c..”.
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