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DIRITTO Clausole campione

DIRITTO. La controversia ha ad oggetto il riconoscimento del diritto della parte ricorrente alla restituzione di parte dei costi del finanziamento, a seguito della avvenuta estinzione anticipata di quest’ultimo rispetto al termine convenzionalmente pattuito, dalla quale deriva, come previsto dall’articolo 125-sexies del TUB, il diritto del soggetto finanziato ad ottenere una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi e dei costi “dovuti per la vita residua del contratto”. L’odierna resistente eccepisce, in primo luogo, con riferimento al contratto ***594 il difetto di legittimazione passiva in quanto il rapporto oggetto di contestazione, e con essi tutti i derivanti diritti di credito, sono stati ceduti – in epoca anteriore all’estinzione anticipata – ad altra società la quale ha emesso il relativo conteggio estintivo Nel caso di specie l’estinzione del contratto è avvenuta successivamente alla cessione del credito come emerge dalla documentazione in atti. Il Collegio di Bologna, come evidenziato anche dalla resistente, si è già espresso nei confronti dell’odierna banca convenuta in molteplici ricorsi aventi analogo thema decidendum, rilevando d’ufficio il difetto di legittimazione passiva della cedente allorquando, dalla documentazione in atti, emergeva che il contratto di finanziamento era stato oggetto di una operazione di cartolarizzazione. Sulla base degli orientamenti assunti dal sistema ABF, il difetto di legittimazione passiva è rilevabile ex officio, applicando al procedimento ABF i principi affermati dalle SS.UU. della Corte di Cassazione (n. 2951 del 16.02.2016) per cui “La legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare. La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d'ufficio dal giudice” (sull’applicazione nel procedimento x. Xxxxxxxx xx Xxxx, xxx. x. 0000/00 del 04.05.2017). Con la pronuncia n. 6816/18, il Collegio di Coordinamento ha pertanto escluso la legittimazione dell’originator cedente laddove la cessione del credito sia anteriore all’estinzione del finanziamento, a meno che non abbia assunto il ruolo di servicer gestendo direttamente la procedura di estinzione e di riscossione, in base all’assunto che l’indebito è sorto “nel momento dell’estinzione del finanziamento”. Nel caso di specie non vi è alcun elemento da cui possa trarsi il ruolo di servicer della parte resistente. Il...
DIRITTO. Per quanto concerne la domanda di cancellazione della segnalazione a sofferenza in CR, l’intermediario ha dichiarato di avere già provveduto e ha fatto pervenire quattro evidenze relative a “Rettifica posizione globale”, con data contabile 30/06/2015, 31/07/2015, 31/08/2015 e 30/09/2015. Sul punto, pertanto, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere. Esula, invece, dall’oggetto di questa controversia la presenza di eventuali ulteriori segnalazioni presso sistemi di informazione creditizia diversi dalla Centrale dei rischi. Il riferimento a questi ultimi, presente nelle conclusioni del ricorso, non è infatti assistito da alcuna contestazione specificamente rivolta a eventuali segnalazioni ivi presenti. Lo scrutinio della legittimità della segnalazione effettuata in CR si impone, ciò nondimeno, sulla scorta della domanda risarcitoria parimenti avanzata dal ricorrente. Sulla base della documentazione in atti e dalle affermazioni delle parti il Collegio rileva che: - nel dicembre 2013 il ricorrente ha concordato con la banca un piano di rientro, che è stato regolarmente rispettato con il versamento delle somme alle scadenze pattuite; - al momento delle controdeduzioni, il ricorrente aveva versato n. 19 rate da € 250,00 (per complessivi € 4.750,00) a fronte di un debito complessivo di € 20.000,00; - la segnalazione a sofferenza in CR è stata effettuata dopo l’accordo transattivo: ciononostante il nominativo del ricorrente è stato iscritto per un debito residuo di € 26.750,00; - per ammissione della banca, l’appostazione a sofferenza è stata effettuata in ritardo soltanto perché il precedente intermediario, non aderente alla CR, non l’aveva effettuata; la segnalazione, però, si riferiva alla situazione di insolvenza precedente all’accordo transattivo. Alla luce di quanto rilevato, ad avviso del Collegio, la condotta dell’intermediario non è esente da censure. Infatti, secondo quanto è previsto dalla circolare della Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991 (14° aggiornamento del 29 aprile 2011), «nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda. […] L’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può sca...
DIRITTO. La ricorrente allega di essere stata vittima di un raggiro messo in atto da un rappresentante di un’impresa che commercializza macchinari per uso estetico, il quale le avrebbe prospettato un contratto di affitto o noleggio di macchinari, liberamente risolvibile senza penale, ad un canone mensile di 000 xxxx, xx, xx modo ingannevole e creando artatamente confusione sulla tipologia contrattuale proposta, l’avrebbe poi indotta a sottoscrivere un contratto di leasing con la società di leasing [ZZ]. La ricorrente, pur avendo onorato il contratto di leasing in questione per circa due anni, versando i canoni previsti, ne rileva ora la “nullità”, chiedendo la condanna dell’odierna convenuta alla restituzione di quanto illegittimamente percepito, oltre al risarcimento di tutti i danni subiti per la condotta illegittima posta in essere da un rappresentante della società fornitrice [YY], legittimato dalla società di leasing [ZZ]. A suffragio della propria ricostruzione, la ricorrente produce due moduli contrattuali, non firmati e privi dell’indicazione del nome del cliente, in cui si descrivono i rapporti tra le parti. In particolare, in uno dei due documenti si fa riferimento ad un contratto di “affitto/noleggio”, che prevede altresì il passaggio di proprietà al cliente dopo 59 mesi di utilizzo dei macchinari e l’obbligo per il cliente di contrarre un apposito finanziamento con una banca locale. Nel secondo documento vi è regolata, invece, un’opzione di acquisto dei macchinari a favore del potenziale acquirente allo scadere del periodo di prova. Produce, inoltre, il contratto di leasing stipulato con la convenuta, recante la firma della stessa ricorrente in tutte le sue parti. L’asserito vizio del contratto prospettato dalla ricorrente evoca il dolo nella conclusione dei contratti (art. 1439 c.c.) e, benché nel ricorso tale vizio sia qualificato come “nullità”, dall’insieme delle allegazioni formulate, la domanda non può che essere interpretata come richiesta di “annullamento” del contratto per vizio del consenso, quale presupposto idoneo a fondare la richiesta di restituzione dei canoni di leasing versati. In questa prospettiva, si segnala che le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari emanate dalla Banca d’Italia (provvedimento del 12.12.2011), Sez. I, § 4, 2° comma, stabiliscono che “All’ABF possono essere sottoposte tutte le controversie aventi ad oggetto l’accertamento di ...
DIRITTOLa questione ha per oggetto l’assunta illegittimità della perdurante segnalazione in Centrale Rischi del nominativo del ricorrente, stante l’asserito venir meno del suo obbligo fideiussorio ai sensi dell’art. 1957 c.c. Per accertare se nel caso in esame l’obbligo di segnalazione in Centrale Xxxxxx sia cessato per estinzione dell’obbligazione del garante, come affermato dal ricorrente, o, viceversa, permanga, come sostenuto dalla parte resistente in considerazione della non risolta posizione debitoria, occorre rifarsi sia all’art. 1957 c.c., richiamato dall’una e dall’altra parte a sostegno delle proprie opposte ragioni, sia alle previsioni negoziali di cui alla costituzione della fideiussione. In prospettiva generale, occorre inoltre ricordare che, in relazione alla Circolare della Banca d’Italia n. 139 dell’11 febbraio 1991 (Cap. II - Classificazione dei rischi -, Sez. 2, Par. 3 - Garanzie ricevute -), in varie occasioni questo Arbitro - in linea con la giurisprudenza civile ed il Collegio di Coordinamento (cfr. decisione n. 3089/2012) - ha evidenziato non solo i requisiti di legittimità della segnalazione in Centrale Rischi delle garanzie ricevute dall’intermediario, ma anche i presupposti che ne legittimano la cancellazione, precisando come “l’obbligo dell’intermediario di segnalare o di mantenere la segnalazione delle garanzie ricevute cessa o ‘quando si estingue l'obbligazione del garante’ o ‘quando viene meno il rapporto garantito’” (Collegio di Milano, decisione n. 8288/2014). Circa l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. al caso in esame, pare non doversi dubitare: l’art. 5 (Responsabilità del fideiussore) del contratto (a tenore del quale “I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore e il termine entro il quale agire per l’adempimento, in deroga a quanto previsto dall’art. 1957 c.c., si stabilisce in 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita”) configura infatti una fattispecie non assimilabile, stante la sua ambigua formulazione, a quella che, secondo il prevalente orientamento della Cassazione, esclude l’operare del termine di decadenza stabilito dalla norma codicistica (cfr. Cass. n. 16836/2015: “nell’ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza La citata disposizione impone al creditore, il quale, dopo la scadenza dell’obbligazione principale, voglia conservare la garanzia del fideiussore, l’onere di proporre le sue istanze c...
DIRITTO. 0.Xx controversia portata alla cognizione del Collegio richiede di esaminare la questione della disciplina applicabile per l’estinzione anticipata dei contratti bancari e parabancari a tempo determinato. Dall’esame della documentazione contrattuale emerge, infatti, la mancata previsione della facoltà di riscatto anticipato del bene e di estinzione del rapporto prima della sua naturale scadenza. La stessa indicazione nel documento di sintesi di spese per “riscatto anticipato” nella misura di € 51,65 si riferisce verosimilmente all’ipotesi — questa, invece, contemplata nelle condizioni generali di contratto — di deterioramento del bene imputabile al locatario ovvero di furto o perdita, al cui verificarsi il cliente è tenuto a corrispondere — al netto degli eventuali indennizzi assicurativi — l’importo dei canoni a scadere, attualizzato al tasso ufficiale di sconto (TUR). È appena il caso di notare che questo tasso — fissato, al momento della presentazione della richiesta di riscatto anticipato del bene da parte del ricorrente, nella misura dell’1% e pari al costo della liquidità presso la Banca centrale — è stato applicato dall’intermediario per attualizzare l’ammontare del credito residuo. Ne discende — ad avviso del Collegio — l’operatività nella vicenda negoziale in esame della regola di diritto comune relativa al pagamento del termine fissato a favore sia del creditore sia del debitore. D’altro canto, che questa sia la regola generale propria di tutti i contratti bancari e parabancari a tempo determinato è dimostrato da diversi ordini di considerazioni. Xxxxxxx, anzitutto, riconoscere la peculiarità della presunzione di termine a favore del debitore di cui all’art. 1184 c.c., la quale può essere superata dalla considerazione delle circostanze concrete del rapporto, senza necessità di una specifica pattuizione sul punto. È quanto mai significativo, inoltre, che siffatta presunzione sia accantonata dallo stesso legislatore con riferimento all’”ipotesi maestra” del mutuo oneroso, ponendo, invece, l’art. 1816 c.c. la presunzione di termine a favore di entrambi i contraenti. Merita, infine, evidenziare — ed il rilievo è dirimente per quanto qui rileva — la natura imprenditoriale svolta dall’intermediario nell’erogazione del credito ed il suo “fisiologico” interesse alla remunerazione del finanziamento concesso fino alla scadenza del termine fissato per la sua restituzione. Se così è, consegue dai comuni principi generali che il debitore — nelle obbligazioni p...
DIRITTO. I primi tre motivi di ricorso vanno esaminati insieme in quanto connessi. La parte ricorrente G.A., con il primo motivo, denuncia "violazione o falsa applicazione dell'art. 1914 c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3; motivazione omessa e/o contraddittoria su di punti decisivi della controversia in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5 (anche per omesso esame di prove decisive)" esponendo doglianze che possono essere sintetizzate come segue. Il Tribunale, prima e la Corte poi, hanno ritenuto applicabile alla fattispecie di causa la disciplina dell'obbligo di salvataggio statuito dall'art. 1914 c.c. L'avv. G., secondo il giudizio dei giudici di merito, avrebbe dunque colpevolmente omesso di attivarsi per evitare il radicamento della causa principale (quella promossa dal terzo proprietario dell'immobile gravato dall'ipoteca apparente), non provvedendo cioè a cancellare tempestivamente quest'ultima da lui iscritta sui beni dell'attore in nome e per conto dei convenuti (allora) clienti R. e Ru. e soprattutto non mettendo immediatamente a loro disposizione la somma necessaria all'operazione di L. 6.201.000. Si contesta detta l'interpretazione. L'obbligo di salvataggio è evidentemente riferibile solo a comportamenti in grado di elidere o diminuire la materialità del danno nell'ambito della diversa assicurazione sulle cose. Infatti l'art. 1914 c.c., riferendosi alle spese di salvataggio, le pone a carico dell'assicuratore significativamente anche oltre i limiti della somma "assicurata", laddove tale nozione di "somma assicurata" può avere senso e significato solo se riferita all'assicurazione contro i danni a cose e non certo a quella di responsabilità civile (alla quale non può ovviamente essere estesa la funzione della regola proporzionale che la locuzione "somma assicurata" invece sottende). Anche però ammettendo il contrario (e cioè che pure nell'assicurazione di r.c. valesse la regola dell'obbligo di salvataggio), è evidente che nell'obbligo di salvataggio mai potrebbe rientrare un comportamento consistente nel pagamento di una rilevante somma di danaro che invece costituiva tipico obbligo di pertinenza dell'assicuratore e che quest'ultimo, nella fattispecie, per di più riteneva di non dover nemmeno sopportare per la ragione che l'ipoteca era solo apparente e non in grado di determinare danni giuridicamente rilevanti. Sarebbe come se, ad esempio, nell'ambito dell'assicurazione di r.c.a., si potesse riconoscere una qualche responsabilità al proprietario de...
DIRITTO. Viene in rilievo a fondamento della pretesa dell’odierno ricorrente la necessità di avere accesso ai documenti richiesti per poter procedere alla tutela dei propri diritti. Si consideri infatti che oltre questa Commissione, il Consiglio di Stato e il giudice amministrativo di prime cure (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 152/2007) hanno affermato il principio di diritto secondo cui: “allorquando venga presentata una richiesta di accesso documentale motivata con riferimento alla necessità di tutelare i propri interessi nelle competenti sedi giudiziarie, anche nel caso in cui non sia certo che, successivamente, tali atti siano effettivamente utilizzabili ai fini della proposizione di eventuali domande giudiziali, l’accesso non può essere denegato. Infatti, l’apprezzamento sull’utilità o meno della documentazione richiesta in ostensione non spetta né all’Amministrazione destinataria dell’istanza ostensiva né, addirittura, allo stesso giudice amministrativo adìto con l’actio ad exibendum, bensì al giudice (sia esso amministrativo che ordinario) eventualmente adito dall’interessato al fine di tutelare l’interesse giuridicamente rilevante, sotteso alla pregressa domanda di accesso”. Ed ancora, in occasione di una fattispecie simile all’odierna, il T.A.R. ha ribadito che, in merito alla oggettiva utilità o meno della documentazione richiesta nel corso di un giudizio pendente ovvero alla proponibilità del giudizio ovvero ancora alla semplice valutazione da parte dell’interessato circa la opportunità o meno di agire in sede giurisdizionale (che è poi questo lo scopo dell’esistenza dell’istituto qui esaminato), nessun apprezzamento deve essere effettuato né dall’Amministrazione destinataria dell’istanza né da parte del giudice amministrativo, “sempre che l’interessato abbia dichiarato e motivato il suo interesse a tutelare la posizione soggettiva vantata tramite la conoscenza del contenuto degli atti richiesti”.
DIRITTO. I termini in fatto della controversia appaiono chiari e non si rilevano contrasti tra le parti nella relativa narrazione. Nel 1986 e nel 1987 tre soggetti (la odierna ricorrente e altri due soggetti deceduti nel frattempo), sottoscrissero due buoni postali fruttiferi “con pari facoltà di rimborso”. La ricorrente, davanti al diniego del rimborso chiesto dalla stessa iure proprio, quale cointestataria, in virtù della clausola della pari facoltà di rimborso, chiede tutela all'ABF, ritenendo indebite le richieste dell'intermediario che non riconosce la efficacia della prescrizione contrattuale dalla stessa azionata, a causa dell'avvenuto decesso degli altri due cointestatari. A tale proposito, corre immediatamente l'obbligo di osservare che, per entrambi i buoni postali fruttiferi, nelle more del procedimento ABF, sono decorsi i termini trentennali di maturazione. Ciò chiarito, questo Collegio è in sostanza chiamato a valutare se le ragioni giuridiche sostenute dall'intermediario per opporsi al rimborso dei due buoni postali siano valide o meno. Esse possono essere così sintetizzate: l'evento morte di un cointestatario determina, per effetto delle norme contenute nel DPR 256/89 (in vigore per i buoni oggetto del ricorso, sebbene abrogate), l'inefficacia della clausola di pari facoltà di rimborso, sì da imporre all'intermediario, al fine di liquidare il dovuto, la quietanza congiunta di tutti i legittimati (compresi quindi gli eredi/successori mortis causa del cointestatario defunto); l'evento morte fa sì che i buoni postali fruttiferi entrino nell'asse ereditario del defunto e, dunque, l'intermediario è obbligato, a' sensi della legge fiscale, a richiedere la presentazione della dichiarazione debitamente registrata presso la competente Agenzia delle Entrate, in mancanza della quale le somme contenute nei titoli sono sottoposte al ben noto vincolo di indisponibilità a carico degli intermediari. Così riassunte, si deve far presente che le motivazioni fornite dall'intermediario al diniego di pagare alla cointestataria le somme contenute nei buoni postali sono state fatte proprie da alcuni pronunciamenti ABF, al fine di respingere le istanze dei ricorrenti (ci si riferisce ad esempio a Collegio di Roma n. 11308/2016). Ciò premesso, questo Xxxxxxxx ritiene di non condividere le valutazioni già fatte proprie dai Collegi territoriali e che la domanda della ricorrente sia meritevole di tutela, anche alla luce della copiosa produzione della giurisprudenza ordinaria (di...
DIRITTO. Sul ricorso presentato dallo SNALS, la Commissione osserva quanto segue. Va innanzitutto sottolineato che secondo l’unanime giurisprudenza "È inammissibile il ricorso proposto contro il rifiuto, espresso o tacito, di accesso a documenti amministrativi meramente confermativo di un precedente xxxxxxx non tempestivamente impugnato dall'interessato, potendo quest'ultimo reiterare l'istanza solo in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o non, non rappresentati nell'originaria istanza, o anche a fronte di una diversa prospettazione dell'interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all'accesso" (Consiglio di Stato, Sez. V, 10/02/2009, n. 742; conforme: T. A. R. Lombardia - Milano, 19.05.2009, n. 3783). Nella fattispecie concreta, parte ricorrente non ha prodotto l’originaria domanda d'accesso, ma tuttavia il contenuto della seconda richiama quello della prima. In ogni caso, la Commissione rileva che parte ricorrente non può definirsi soggetto “interessato” ai sensi dell’art. 22 comma 1 lett. b) della legge 241/90, difettando la sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso richiesto. La finalità dell’istanza di accesso presentata appare, infatti, non strumentale alla tutela di una situazione giuridica collegata alla documentazione richiesta e all’esercizio delle prerogative proprie della sigla sindacale ricorrente. Essa appare, invece - ed inammissibilmente – volta ad un dichiarato controllo generalizzato dell’attività della P.A. (art. 24 comma 3, L. 241/90).
DIRITTO. La Commissione, preliminarmente, riconosce la propria competenza ad esaminare il presente ricorso al fine di colmare il vuoto di tutela che si avrebbe considerata l’assenza nell’ambito territoriale di riferimento (Regione …..) del locale Difensore Civico, competente ex art. 25 comma 4 della Legge 241/’90, ed osserva quanto segue. Il provvedimento impugnato non può essere considerato quale “diniego” poiché l’amministrazione si è limitata a richiedere una integrazione della motivazione e della legittimazione all’accesso de quo, con particolare riferimento ai documenti di cui al punto 1) dell’istanza, richiedendo altresì una maggiore specificazione degli atti richiesti. Tale richiesta di integrazione deve considerarsi assolutamente legittima. La Commissione ritiene pertanto di condividere le osservazioni avanzate dalla amministrazione resistente rilevando che, proprio con riferimento a tali documenti, non appare specificato l’interesse all’accesso né evidenziato il nesso di strumentalità tra la documentazione richiesta e la situazione giuridica soggettiva che il ….. intende tutelare. Né l’istante ha ottemperato alla richiesta di integrazione avanzata dalla amministrazione. Pertanto con riferimento ai documenti di cui al punto 1) della richiesta il ricorso deve considerarsi inammissibile. La Commissione ritiene invece che il ricorso possa considerarsi meritevole di accoglimento con riferimento alla richiesta dei cedolini, di cui al punto 2) dell’istanza, anche in virtù della menzionata ed allegata delega del defunto ….. Ciò nei limiti della effettiva esistenza di tali documenti agli atti della amministrazione, considerata la vetustà degli stessi.