DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) ricorrente chiede la rinegoziazione delle condizioni di rimborso di un mutuo ipotecario, con una «dilazione temporale» a 20 anni, e l’accettazione da parte della banca di un piano di rientro mediante rate mensili di € 700,00 cadauna, fino a esaurimento della somma dovuta. È pacifico tra le parti che circa tale richiesta della ricorrente si è svolta una trattativa, anche se le stesse hanno variamente descritto le modalità con cui tale trattativa si è effettivamente svolta. Tuttavia la ricorrente non sostiene che da tale fase prenegoziale è scaturito un affidamento nella positiva conclusione della trattativa stessa, ed, invero, dal nucleo comune alle due narrazioni nessun fatto affidante emerge. In realtà la ricorrente chiede direttamente l’accoglimento della sua proposta di sistemazione del rapporto in essere; in altri termini essa chiede che si addivenga alla stipula di un nuovo contratto di finanziamento finanziamento. In punto di fatto si deve però evidenziare che è certo che dalla visura CERVED prodotta dalla resistente l’impresa individuale intestata alla ricorrente risulta cancellata dal registro delle imprese dal 05/02/2013, data successiva al reclamo e precedente il ricorso. In tali circostanze il Collegio deve richiamare il proprio costante indirizzo, già espresso in aggiunta prevedeva numerose occasioni, relativo all’inesistenza di un diritto soggettivo del cliente all’erogazione del credito ed al mantenimento delle condizioni contrattuali di un credito già accordato. In particolare, i Collegi hanno evidenziato, da una parte, che un obbligo generale di far credito è certamente estraneo allo statuto delle imprese bancarie, la possibilità del rilascio cui attività deve ispirarsi ai principi di una carta di credito ad uso rotativo“sana e prudente gestione” e deve essere esercitata avendo riguardo “alla stabilità complessiva, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità all’efficienza e alla competitività del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi sistema finanziario” (arg. ex art. 5 d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385) e, infinedall’altra parte, effettuare un controllo sul che al di fuori delle ipotesi normativamente previste (in relazione ai mutui a tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso variabile per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattil’acquisto, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste costruzione e la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012ristrutturazione dell’abitazione principale), che confermano la deroga rispetto alla Sezregola generale sopra ricordata, la modifica delle condizioni contrattuali non può essere imposta a nessuna delle parti, risultando possibile soltanto quando intermediario e debitore si accordano sulle variazioni da apportare. I^Al contrario i Collegi hanno riconosciuto che, § 4ove non sussistano specifici patti attinenti la durata, IV comma, dispone: «non possono una revisione delle condizioni di erogazione del credito in corso è un potere dovere degli intermediari i quali sono chiamati ad una costante vigilanza circa il merito del credito dei soggetti da essi finanziati. Ne deriva che l’unico profilo di valutazione che può essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità espresso in termini di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità diritto relativamente alla condotta di un contratto intermediario in tema di finanziamento collegato ad concessione, o revoca, o rinegoziazione del credito attiene al rispetto dei canoni generali di buona fede e correttezza che deve improntare la condotta della banca nelle relazioni con la propria (anche potenziale) clientela. Ciò posto giova anche ricordare che secondo il costante insegnamento della Corte di cassazione “Il principio di correttezza e buona fede - il quale, secondo la relazione ministeriale al codice civile, «richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore» - deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un contratto c.ddovere di solidarietà, fondato sull’art. multiconto. Tale particolare tipologia 2 cost., che, operando come un criterio di contratto - più volte oggetto d’esame reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da parte dell’ABF – viene stipulatopreservare gli interessi dell’altra, in occasione della richiesta da parte del cliente a prescindere dall’esistenza di un finanziamento per l’acquisto di un bene specifici obblighi contrattuali o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà quanto espressamente stabilito da singole norme di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziarilegge” (Cass. civ., sez. III, par10-11-2010, n. 22819). 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” Naturalmente ai fini della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, valutazione di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, condotta alla luce dei requisiti del criterio che impone di forma previsti dal TUB evitare il pregiudizio dell’interesse della controparte senza dover sopportare sforzi o costi sproporzionati al risultato si deve tener conto di tutte le circostanze rilevanti (CollCass. Romaciv., decsez. III, 29-09-2011, n. 187/201319879). Ne deriva Sotto questo profilo è da osservare che l’assetto le decisioni assunte dall’intermediario in questione non possono essere valutate in contrasto con il dovere di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatobuona fede, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso posto l’indubbio (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento non svelato) mutamento sostanziale della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità posizione economica della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziricorrente.
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DIRITTO. La ricorrenteSi ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, coniuge poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del titolare (ora deceduto) procedimento di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatticancellazione delle ipoteche […], la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative stessa avverrà solo a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009cura e spese del richiedente». Passando Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8- sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al merito Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della controversia occorre rilevare come resistente circa la stessa abbia natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire affermare – che la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare specifica tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, ipoteca rendeva inapplicabile «la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia tema di “Trasparenza semplificazione del procedimento di cancellazione delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscrittoipoteche». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un bene parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di consumo (televisore) come talecui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da valutare autonomamentecontratti diversi da quello di mutuo, circa ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la sua validità, alla luce dei requisiti cancellazione delle ipoteche a garanzia di forma previsti dal TUB generici "finanziamenti" (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziaqualunque finanziamento), non essendo ovviamente consentito che ammontaresenza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriainvece, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto domanda di finanziamento rotativocancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di credito al consumo, dall’artsegnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c5.5.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazionebanca è sempre tenuta a segnalare, a favore beneficio del solvens (con evidente frustrazione delle finalità “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della ripetizione e ingiustificato arricchimento natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di una delle parti)allegazione di parte. Conseguentemente, quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizisono respinte tutte le domande risarcitorie.
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DIRITTO. La ricorrenteA proposito della prima eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente, coniuge del titolare (ora deceduto) si deve rilevare che, per quanto qui rileva, le Disposizioni sui sistemi di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” finanziari emanate dalla Banca d’Italia stabiliscono quanto segue: «Se la richiesta del ricorrente ha ad oggetto la corresponsione di una somma di denaro a qualunque titolo, la controversia rientra nella cognizione dell’ABF a condizione che l’importo richiesto non sia superiore a 100.000 euro» (sez. IIII, par. 2§ 4), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare la banca resistente ha asserito che l’asse ereditario di cui si tratta avrebbe un bene valore di consumo (televisore) come tale€ 273.731,48. La domanda dei ricorrenti ha tuttavia a oggetto un sesto di tale valore, quindicosicché l’importo richiesto non è superiore a € 100.000,00. L’eccezione pregiudiziale della banca resistente a proposito del valore della controversia è pertanto respinta, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti perché infondata in fatto e in diritto. Dando continuità alle precedenti decisioni di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). PeraltroArbitro, deve essere anche rilevato come invece accolta l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla banca resistente a proposito del difetto di contradditorio nei confronti degli altri litisconsorti necessari. Com’è stato più volte affermato da questo Arbitro, infatti, sussiste un litisconsorzio necessario tra i coeredi di un correntista, il quale preclude di liquidare a favore di uno di essi la sottoscrizione quota ereditaria di sua spettanza senza il consenso degli altri ovvero in loro contraddittorio (ad es., v. la decisione del contratto Collegio di finanziamentoRoma n. 283 del 2013). Il contrasto giurisprudenziale che si era formato al riguardo è stato risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione mediante la sentenza n. 24657 del 28 novembre 2007, stipulato presso un rivenditore la quale ha aderito all’orientamento interpretativo secondo il quale i crediti non si dividono automaticamente tra i coeredi, in proporzione alle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. A fondamento di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questatale decisione, che stabilisce apposite riserve questo Xxxxxxx ritiene di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessoriecondividere, è stato messo in rilievo che la regola tradizionale della divisione automatica delle obbligazioni tra i coeredi (nomina hereditaria ipso iure dividuntur) è stata sancita dall’art. Assume rilievo in particolare752 c.c. riguardo ai «debiti e pesi ereditari», nella fattispecie in esamee non anche riguardo ai crediti ereditari, l’arti quali sono piuttosto specificamente disciplinati dagli artt. 3 D.lgs727 e 757 c.c. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. InoltreNe consegue che, secondo quanto successivamente stabilito all’artè stato affermato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza citata, «i crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria». 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia Tale soluzione soddisfa la duplice esigenza di conservare l’integrità dell’asse ereditario e di evitare che singole iniziative possano compromettere l’esito dello scioglimento della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione comunione. Né può giungersi a diversa e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi opposta conclusione sulla base della norma dettata dall’art. 1314 c.c., la quale riguarda la divisibilità del credito in generale, ma non attiene specificamente al credito dei coeredi. Secondo il costante orientamento di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertantoquesto Arbitro, se il contratto occorre tenere distinti da un lato l’accertamento del credito ereditario nei confronti di finanziamento finalizzato all’acquisto un terzo, al quale ciascun coerede è legittimato singolarmente; dall’altro lato, l’accertamento della singola quota ereditaria del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialecondividente, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso che non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio essere disposto se non in contraddittorio con tutti gli altri coeredi. Infatti, come le domande di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta divisione ereditaria devono essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza proposte nei confronti di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo tutti gli eredi in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito litisconsorti necessari (art. 2033 c.c784 c.p.c.), così anche lo scioglimento della comunione e l’accertamento delle singole quote non può avvenire che in contraddittorio con tutti i coeredi ovvero con il loro consenso unanime. La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita Mancando il consenso degli altri coerenti, il rifiuto opposto dalla ricorrentebanca resistente a liquidare ai ricorrenti la quota ereditaria che spetta a ciascuno di essi è pertanto legittimo, essendo stata accertata perché giustificato dall’esigenza di tutelare anche la mancanza propria posizione nei confronti di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione eventuali successive pretese da parte dello stessodegli altri coeredi (in tal senso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia v. già le decisioni del Collegio di coordinamento (Roma n. 3257 952 del 2011 e n.1064 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. Devesi preliminarmente constatare come l’intermediaria non abbia fornito alcuna risposta al reclamo, violando le previsioni dell’art. 4, 3° comma, della Deliberazione del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio n. 275 del 29 luglio 2008. Quanto attestato al riguardo dalla ricorrente deve ritenersi pacifico anche per l’assenza di contestazioni sul punto da parte della resistente, che, infatti, non è stata in grado di produrre alcuna propria missiva in riscontro alla lettera di contestazioni indirizzatale dall’associazioni di consumatori. Venendo al merito della vertenza, con il ricorso la cliente chiede “il rispetto delle originarie clausole contrattuali di erogazione del mutuo”, nonché il risarcimento dei danni. In quanto tesa ad ottenere una pronuncia costitutiva, volta alla modifica delle condizioni contrattuali formalizzate con il rogito del 26 luglio 2011, la prima domanda è certamente inammissibile o comunque improponibile. E ciò ancor prima che per le ragioni prospettate dalla resistente nelle controdeduzioni, in considerazione del disposto dell’art. 2908 cod. civ. che circoscrive il potere dell’autorità giudiziaria di costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici ai soli casi in cui sia espressamente contemplato dalla legge, casi che non sono conseguentemente suscettibili di applicazione analogica. Detto potere rappresenta, infatti, un’eccezione alle regole generali, secondo cui il potere giurisdizionale deve essere esercitato attraverso la pronuncia di sentenze di accertamento e di condanna. Il Collegio può quindi conoscere soltanto della domanda di condanna dell’intermediaria al risarcimento dei danni che la ricorrente pretende di avere subito, previo accertamento dell’asserito mancato “rispetto delle originarie clausole contrattuali di erogazione del mutuo”. Con il reclamo, la consumatrice precisa di fondare la propria richiesta sulla pretesa violazione dell’art. 1337 cod.civ., lamentando la responsabilità precontrattuale in cui la banca sarebbe incorsa per avere tenuto un comportamento contrario ai doveri di buona fede nelle trattative. La ricorrenteresistente, coniuge infatti, solo il giorno precedente la conclusione del titolare (ora deceduto) di un contratto di compravendita immobiliare e la stipula del mutuo, in via del tutto occasionale, all’atto dell’apertura del conto corrente di appoggio, avrebbe informato la cliente delle condizioni cui il finanziamento che sarebbe stato concesso, diverse da quelle in aggiunta prevedeva precedenza prospettate con il “Foglio informativo” del 5 aprile 2011, su cui la possibilità del rilascio ricorrente avrebbe fatto affidamento e in considerazione delle quali si sarebbe indotta ad addivenire all’operazione di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatifinanziamento. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che La prospettazione dei fatti operata dalla ricorrente risulta in realtà smentita dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità atti. La cliente ha prodotto un “Foglio informativo” da identificarsi con il documento precisato all’art. 5 della Deliberazione del ricorso Comitato Interministeriale per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattiil Credito e il Risparmio del 4 marzo 2003, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012recante Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori e al 1° gennaio 2009». Passando al merito paragrafo 3 della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito Sezione II del Provvedimento della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, d’Italia sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2)Il documento in questione, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) risulta rivolgersi genericamente alla clientela, precisando tassi, spese, oneri, altre condizioni e principali rischi dei mutui ipotecari a tasso variabile a rata fissa riservati ai consumatori per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltrol’acquisto, la costruzione, la ristrutturazione di immobile ad uso di civile abitazione, risulta “aggiornato al 05/04/2011”, a una data anteriore quindi a quella (luglio 2011) alla quale la ricorrente sostiene di avere ottenuto la disponibilità della banca alla concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza finanziamento in esame. All’inizio della sezione “Principali condizioni economiche”, dopo il sottotitolo “Quanto può costare il mutuo” e “Xxxxx Xxxxx Effettivo Globale (TAEG) 3,866%”, si precisa che le indicazioni riportate sono relative al costo “calcolato al 15/12/2010 e riferito ad un mutuo di molto tempo In una sezione successiva si riporta il “Calcolo esemplificativo dell’importo della rata”, condotto applicando il medesimo tasso di interesse nominale annuo (nel gennaio 2009sempre su di un capitale di € 140.000,00) in funzione della variabile rappresentata da quattro diverse possibili durate del finanziamento, ossia dieci, quindici, venti e venticinque anni. La resistente ha prodotto inoltre la “richiesta di mutuo ipotecario”, sottoscritta dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) cliente e quandodatata 22 giugno 2011, ormaiin cui si quantifica in € 143.000,00, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione l’importo del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea richiesto e in 276 le rate mensili di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasirimborso, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come taleequivalenti, quindi, da valutare autonomamentea una durata di 23 anni. Il medesimo modulo, munito però di sua sola firma, è stato versato agli atti anche dalla ricorrente, che non ne ha eccepito l’abusivo riempimento. Entrambe le parti hanno allegato ai rispetti atti difensivi il “Prospetto informativo «mutuo casa»”, che risulta “stampato il 19/07/2011”, nel quale, a differenza del “Foglio Informativo”, si fa espressa menzione alla ricorrente e si indicano in € 143.000,00 il capitale finanziato e in 23 anni il periodo di rimborso. Sulla base del tasso vigente al momento, l’ammontare della singola rata mensile è quantificato in € 868,50. Dette condizioni risultano integralmente riprodotte nel contratto formalizzato tra le parti. L’intermediaria ha inoltre offerto in produzione la documentazione contrattuale relativa al conto corrente di appoggio, che risulta datata 19 luglio 2011 e sottoscritta dalla cliente, che non l’ha disconosciuta. Ciò vale a smentire quanto sostenuto dalla mutuataria circa la data alla quale avrebbe aperto il conto e, per sua validitàstessa affermazione, ricevuto le precisazioni circa le condizioni alle quali il finanziamento le poteva essere concesso. Condizioni che risulta comunque avere accettato prima della formalizzazione del contratto di mutuo, come conferma la garanzia rilasciata da un terzo nel suo interesse il 21 luglio 2011, data resa certa dall’apposizione del timbro postale. Va incidentalmente segnalato che sul testo della garanzia è indicata una denominazione identificativa del tipo di mutuo diversa da quella riportata sul “Prospetto informativo” e corrispondente invece a quella indicata nel “Foglio informativo”. Da quanto sopra non emerge esservi stato un affidamento della consumatrice in determinate condizioni contrattuali, artatamente creato o comunque leso dall’intermediaria. E’ incontestabile, infatti, che il “Foglio informativo” si rivolgesse, per così dire, alla luce dei requisiti generalità della clientela e precisasse che il mutuo avrebbe potuto avere diverse durate. Al contempo, fatta eccezione per periodo di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB rimborso e per l’importo finanziato (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziasono elementi variabili, frutto della negoziazione tra le parti), non essendo ovviamente consentito emergono esservi difformità tra le condizioni offerte al pubblico e quelle a cui il contratto è stato concluso. Xxxx, TAEG e TAN riportati nell’atto notarile risultano addirittura inferiori rispetto a quelli figuranti nel “Foglio informativo”. Appare al contempo plausibile quanto sostenuto dalla resistente circa le ragioni per le quali la durata del mutuo era stata accordata in diciotto anni. Si può presumere che ammontareil problema fosse stato segnalato già all’atto della compilazione della richiesta di erogazione del finanziamento e fosse stato suggerito alla ricorrente di ridurre il periodo di rimborso rispetto ai venticinque anni verosimilmente dalla stessa auspicati. In ogni caso, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta quanto affermato dalla cliente circa la propria piena consapevolezza, al momento della conclusione stipula dell’atto, delle condizioni alle quali il finanziamento le sarebbe stato concesso e la conseguente accettazione delle stesse, permette di escludere che il consenso della mutuataria fosse viziato, e quindi che fosse frutto di errore (insomma avvenuta oralmenteessenziale e riconoscibile dall’altro contraente) possanoo, poiaddirittura, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Collcarpito con dolo. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato Nel rilevare come la sottoscrizione del contratto contraente non abbia avanzato alcuna pretesa all’annullamento dell’atto e si abbia ragione di finanziamentoritenere che abbia regolarmente versato, stipulato presso un rivenditore anche successivamente al reclamo, le rate di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente rimborso nell’importo stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – mutuo (ciò che avrebbe potuto rilevare anche sotto il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialeprofilo della convalida), con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio comunque sussistere un suo diritto al risarcimento dell’asserito danno, essendo stata, all’atto della stipula, pienamente consapevole delle condizioni applicate, senza peraltro riuscire a fornire prova alcuna dell’altrui malafede e quindi della sussistenza di finanziamento attivato mediante la carta revolving, raggiri che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, l’avrebbero indotto a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che concludere il contratto a condizioni diverse da quelle volute. Alla luce delle considerazioni e valutazioni di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini)cui sopra, la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento risarcitoria della inefficacia del contratto ricorrente non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizipuò quindi trovare accoglimento.
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DIRITTO. La ricorrenteQuanto all'eccezione di litispendenza formulata dall'intermediario con riferimento sia al procedimento per decreto ingiuntivo, coniuge del titolare (ora deceduto) sia al procedimento di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativomedia-conciliazione, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli versata in atti non emergono profili risulta che sussista una controversia pendente tra le parti. Ne consegue, secondo la disciplina vigente, l'improcedibilità del ricorso. La disciplina (Banca d'Italia, Disposizioni sui sistemi di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezfinanziari Sezione I, Par. IIIIV) prevede infatti che "Non possono essere inoltre proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e salvo i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, ricorsi proposti entro il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti termine fissato dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione giudice ai sensi dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 1065, comma 1, del testo unico bancario unicamente decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Anche in questi casi, resta fermo l’ambito della cognizione dell’ABF definito dalle presenti disposizioni." Secondo l'orientamento dell'ABF (Collegio di Milano, decisione n. 465/2014) “La ratio della disposizione è d’altronde agevolmente intuibile: essendo l’ABF uno strumento e un sistema di risoluzione alternativa delle controversie, ossia, per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate come sopra chiarito, “subordinato” al giudizio ordinario, ove la parte ricorrente abbia già optato per questa seconda soluzione, il suo diritto ad avvalersi dello strumento alternativo deve ritenersi con intermediari finanziari»ciò esaurito. PertantoNel caso, se l’iniziativa è successiva al deposito del ricorso avanti all'ABF. Quando è stata la stessa parte ricorrente a promuovere un’azione ordinaria dopo la proposizione del ricorso ABF, deve comunque applicazione il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto principio del bene di consumo – il quale non entra primato dell’autorità giudiziaria. In altri termini, mentre nel caso in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevanocui, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stessoricorso proposto, sia pure non l’intermediario ad agire, si pone l’esigenza di evitare che la scelta alternativa della parte ricorrente sia compromessa, invece nel caso in cui sia la stessa ricorrente a titolo definitivo far seguire al ricorso un’azione in giudizio "(art. 1422 c.c.). In casi del generee a nulla rileva che si tratti di un’azione autonoma piuttosto che di una domanda riconvenzionale) nuovamente deve ritenersi consumato ed esaurito, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattosia pur a posteriori, il relativo assetto sinallagmatico diritto di scelta del cliente: a cui non potrà è concesso indirizzarsi a questo Arbitro dopo aver adito l’autorità giudiziaria ma a cui deve invece ritenersi concesso, una volta adito questo Arbitro, di ripensare la sua scelta e trasferire il giudizio all’autorità giudiziaria sia pur “a pena” di non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per poter più coltivare il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziprocedimento alternativo".
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DIRITTO. La ricorrentePrima di esaminare nel merito la controversia, coniuge del titolare (ora deceduto) di un sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione. Parte attrice formula due domande relativamente al contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva garanzia stipulato con la resistente, sulle quali la Banca controdeduce esplicitamente: Il contratto di garanzia – a termine - sottoscritto tra le parti è accluso agli atti. Le clausole contrattuali non prevedono la possibilità del rilascio di recesso anticipato di una carta di credito ad uso rotativo, chiede delle parti. I ricorrenti affermano che il Collegio voglia dichiarare la nullità conduttore non sarebbe mai venuto meno alle proprie obbligazioni rendendosi inadempiente e gli stessi avrebbero avuto conoscenza delle “mutate condizioni” del finanziamento stesso per mancanza debitore dalla comunicazione di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che recesso inviata dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso Banca in data 12.1.200915/9/14. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis Pertanto, chiedono il pagamento di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato€ 15.000, in occasione della richiesta da parte quanto la garanzia sarebbe stata prestata, anche, “in sostituzione del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativoprevisto deposito cauzionale”. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità Non è prodotta in atti copia del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto locazione sottoscritto tra i diversi Collegi ha adottato beneficiari della garanzia e il conduttore dell’immobile. La Banca eccepisce l’intervenuta “dismissione di ogni attività da parte della [società debitrice principale] in analoga vicenda favore di altre società [omissis]: sì che attualmente la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del partita iva della predetta ditta risulta inattiva e così risulta ceduta ogni attività aziendale, ivi compreso, dunque (deve legittimamente presumersi) il contratto di finanziamento locazione per il quale [la Banca] ha rilasciato la garanzia di cui è causa. Ciò, senza che i predetti beneficiari della fideiussione abbiano mai dato comunicazione alcuna al[la] Banc[a]: ciò che potrebbe pure Il ricorrente nulla dice su tale circostanza. Ciò chiarito e venendo all’esame del merito della presente vertenza, va anzitutto rilevato che il contratto di fideiussione in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio essere tra le parti non prevede alcun diritto di Coordinamento, decisione n. 3257 recesso in favore del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaigarante, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione quale, fin dal sorgere dell’obbligazione, era a conoscenza dell’entità del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” credito garantito e della pretesa unitaria linea durata del rapporto di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013)garanzia. Ne deriva che l’assetto il recesso comunicato dalla resistente non può che qualificarsi come privo di interessi qualsiasi effetto e il relativo al prestito revolving obbligo fideiussorio tuttora in essere. Quanto appena rilevato, tuttavia, non legittima parte ricorrente a pretendere l’immediato ed integrale pagamento dell’intero importo garantito per le seguenti ragioni. È noto, infatti, come la prassi delle controgaranzie risulti diffusa per le garanzie autonome o a prima richiesta, ovvero quelle suscettibili di escussione senza che il garante possa opporre eccezioni di sorta (salvo l’exceptio doli). Nel caso all’origine del presente procedimento ci si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di trova innanzi ad una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmentefattispecie siffatta, ma le modalità con le quali la garanzia può essere escussa – seppure senza necessità di escussione né di messa in palese assenzamora del debitore principale, allorama a semplice “prima richiesta” – prevedono tuttavia che il soggetto garantito dichiari l’inadempimento del debitore principale, dei requisiti di forma imposticircostanza che, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)nella vicenda all’origine della presente vertenza, non essendo ovviamente consentito pare essersi mai realizzata. Ne deriva che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – pur perdurando l’obbligo fideiussorio – il quale diritto a vedersi corrisposto l’importo oggetto della garanzia non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialepuò, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”allo stato, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cattuale.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La In via preliminare, la banca resistente ha eccepito la genericità della domanda formulata dalla società ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) sostenendo che quest’ultima mirerebbe ad ottenere una “valutazione” come tale inidonea ad esprimere la soddisfazione di un contratto interesse alcuno. L’eccezione è infondata. Premesso che, secondo il consolidato orientamento di finanziamento che questo Arbitro, esso, anche in aggiunta prevedeva considerazione della natura della procedura tendenzialmente scevra dall’esasperazione formalistica, è tenuto ad applicare con particolare acribia il principio per il quale il giudicante deve individuare il contenuto e la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoportata delle domande sottoposte alla sua cognizione, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso senza limitarsi al tenore meramente letterale delle stesse e prestando invece riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che rappresentate dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattiparte richiedente, la questione oggetto domanda svolta dalla ricorrente, espressa con la formula “valutare la legittimità del comportamento della Banca”, è, in tutta evidenza una domanda di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis accertamento di questo Arbitro diritti come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla tale pacificamente ricadente fra quelle ammesse ai sensi della Sez. I^I, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF alinea 2 delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” finanziari (sezin breve “Reg. III, par. 2ABF”), là dove si contempla che «la forma scritta “all’ABF possono essere sottoposte tutte le controversie aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono”. Viceversa, il Collegio deve rilevare d’ufficio l’inammissibilità della connessa domanda di risarcimento del danno. Oltre ad eccedere per valore i limiti di competenza di questo Arbitro, tale domanda risulta formulata e articolata solo nelle repliche alle controdeduzioni, dunque vuoi tardivamente vuoi attraverso uno scritto irrituale in quanto non è obbligatoria: a) per le operazioni previsto dalle norme che governano il procedimento ABF (cfr. in senso analogo Collegio Milano decc. nn. 4264/12 e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»3895/12). Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaimerito, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea denunciato comportamento di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che cui la concessione del prestito revolving possa ricorrente chiede accertarsi l’asserita illegittimità, consisterebbe in una duplice condotta: per un verso l’avere artatamente mantenuto in essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio l’esposizione debitoria al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)far maturare interessi, oneri e commissioni sul conto affidato in luogo di ridurne l’esposizione attraverso il ricorso alla garanzia, in parallelo concessa dalla ricorrente mediante costituzione di pegno su titoli; per altro verso l’avere escusso la predetta garanzia quando la società aveva già da un anno depositato ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo e in assenza di qualsivoglia ordine in tal senso da parte della ricorrente. Non pare a questo Collegio che il primo comportamento sia suscettibile di censura alcuna. Non essendo minimamente contestata né l’esistenza del credito né l’esistenza e la validità del pegno, la scelta della resistente di escutere la garanzia non essendo ovviamente consentito appare obbiettivamente sindacabile non esistendo norma alcuna che ammontareimponga al creditore di attivare il titolo di garanzia in un momento piuttosto che in un altro, condizioni essenziali e voci alla sola condizione che l’escussione non avvenga in modo abusivo, circostanza che quivi non pare ricorrere ovvero oltre i termini di costo validità della garanzia medesima, palesemente non contemplate nella forma prescritta spirati al momento della conclusione sua escussione. Discorso diverso richiede la seconda condotta denunciata. La circostanza dell’escussione del pegno dopo l’avvio della procedura concordataria non è di per sé tale da invalidare l’atto satisfattivo. Correttamente la difesa della Banca ha ricondotto la garanzia in questione nell’alveo delle garanzie per obbligazioni finanziarie regolate dal d. lgs. 170/2014 (insomma avvenuta oralmente) possanoossia le obbligazioni contratte fra un intermediario o altro soggetto finanziario ed una persona non fisica), poi, essere validamente integrate a mezzo il cui art. 9 preserva la tipologia di successivi documenti, predisposti unilateralmente garanzie in questione dai limiti imposti dalle procedure concorsuali (Collaltresì espressamente sottraendo siffatte garanzie al disposto dell’art. Roma, dec203 d. lgs. n. 1575/201358/1998). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, D’altronde l’art. 3 D.lgs. 25.9.19994 dello stesso decreto, n. IL XXXX.xx 374 in base espressamente al quale gli intermediari finanziari comma 2° prevede l’obbligo del creditore pignoratizio di informare “immediatamente per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e iscritto il datore della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertantogaranzia stessa o, se il contratto del caso, gli organi della procedura di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene risanamento o di consumo – liquidazione in merito alle modalità di escussione adottate e all'importo ricavato”, motivo per il quale la sopravvivenza della garanzia finanziaria alla procedura non entra può veramente revocarsi in contestazione nella fattispecie dubbio. L’escussione in pendenza della procedura concordataria non può di conseguenza, per ciò solo, ritenersi illecita o altrimenti abusiva. Quanto precede non esaurisce, tuttavia, l’indagine circa la legittimità dell’escussione che costituisce oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”della domanda della ricorrente. In effetti, lo stesso art. 4 d.lgs. 170/2014 cit. correttamente evocato dalla resistente ai fini dianzi menzionati, nel disciplinare l’escussione del pegno, ammette, al comma 1°, tre metodi alternativi (vendita o appropriazione dei beni pignoratizi o utilizzo del contante) premettendo tuttavia la seguente locuzione: “il creditore pignoratizio ha facoltà ... di procedere osservando le formalità previste nel contratto”. Tale ultima precisazione (“osservando le formalità previste nel contratto”) vale a sottoporre la procedura di escussione anche ai precisi, eventualmente diversi accordi intervenuti fra le parti il cui rispetto diviene dunque essenziale ai fini della validità dell’escussione stessa. In altri termini, mentre senz’altro dell’intervenuta escussione deve essere data pronta notizia al debitore (o alla procedura), l’eventuale preventiva informazione circa l’intendimento di escutere non può dirsi viene disciplinata dalla legge ma neppure questa esclude che le parti possano pattiziamente prevederla. Il rilievo si rende necessario in quanto i vari contratti di pegno susseguitisi nel tempo fra le parti litiganti prevedevano invariabilmente una clausola la quale imponeva alla banca di preavvisare il costituente dell’escussione con almeno 2 giorni di preavviso (5 nel caso in cui il costituente fosse un terzo). Occorre, dunque, verificare se tale formalità, contemplata espressamente nell’accordo inter partes, e dunque costituente, per il cosiddetto contratto accessorio effetto del richiamo operato nel cit. art. 4 comma 1° alle formalità negoziali, condizione essenziale per la validità dell’escussione sia stata rispettata o meno. La parte resistente ha prodotto una comunicazione del 9 febbraio 2015, in cui si dà atto dell’intervenuta escussione del pegno, senza tuttavia che la stessa precisi quando questa abbia avuto luogo. La parte ricorrente, in sede di finanziamento attivato mediante la carta revolvingricorso, afferma, invece, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigentidata 26 e 30 gennaio 2015, che per l’appunto richiedevanoaveva ricevuto comunicazione dalla ricorrente e dal gestore di un fondo (le cui quote, a tutela insieme ad altri titoli, costituivano oggetto della clientela, l’assistenza di competenze garanzia in parola) della vendita dei titoli e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito alboquote. Si richiama sul punto Non è chiaro se la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italiasia avvenuta o meno per iscritto né se la stessa fosse preventiva o successiva all’alienazione dei beni pignoratizi. A fronte di tale deduzione, la resistente non ha fornito prova alcuna di aver preavvisato il debitore, in forma scritta e anteriormente all’escussione: prova che condanna peraltro sarebbe stato agevole amministrare essendo allo scopo sufficiente la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari produzione delle copie delle presunte comunicazioni nelle date in cui la ricorrente ha sostenuto di utilizzare averle ricevute. Tanto convince il Collegio che la rete resistente non abbia reso tali preavvisi scritti alla ricorrente con ciò violando la formalità da essa stessa pattuita nel contratto di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, qualipegno. Il che, per l’appuntole suesposte ragioni, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi induce a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.critenere illegittima l’escussione.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIl Collegio, coniuge preliminarmente, accoglie parzialmente l’eccezione di incompetenza temporale dell’Arbitro sollevata dall’intermediario, con riguardo alle domande di accertamento relative sia alla originaria usurarietà del titolare contratto, sia alla corretta indicazione del Taeg in sede di stipula nel 2007. Si ricorda che, in base alla versione aggiornata delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari della Banca d’Italia (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatisez. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^I, § 4), IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte sottoposti all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando Questa regola è applicabile al merito presente giudizio, dal momento che si discute della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito validità delle clausole contrattuali per violazione della forma scritta) idonee a garantire la validità normativa antiusura e sulla trasparenza contrattuale di un contratto stipulato con la banca resistente anteriormente al 1 gennaio 2009. Il ricorrente allega pertanto vizi genetici del contratto, per quanto il rapporto possa essere stato eseguito posteriormente a tale data, poiché le domande sono volte a contestare la legittimità delle clausole di finanziamento collegato ad per sé considerate e non la concreta applicazione di esse in un contratto c.ddato momento temporale. multicontoQuesto orientamento interpretativo, ormai consolidato, è stato anche confermato dal Collegio di Coordinamento mediante la decisione n. 72/2014. Tale particolare tipologia Resta dunque da esaminare la fondatezza della domanda relativa all’accertamento della presunta violazione dell’obbligo di contratto indicazione del TAEG in sede di rinegoziazione del contratto. La normativa di riferimento - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatovigente al momento della rinegoziazione - prevede che, in occasione della richiesta da parte relazione ai contratti di mutuo, il foglio informativo e il documento di sintesi riportino l’indicazione del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»TAEG. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso l’intermediario ha allegato il foglio informativo vigente nel 1991 2013, nel quale è indicato il Taeg di riferimento per acquistare un bene classi di consumo operazioni ma ha affermato che, per quanto concerne il documento di sintesi (televisore) come talenel quale si sarebbe dovuto indicare il Taeg riferito a quello specifico finanziamento, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenzaindividualizzando” all’operazione creditiziale condizioni pubblicizzate nel foglio informativo), non essendo ovviamente consentito che ammontaresussiste un obbligo di consegna dello stesso in caso di rinegoziazione. Sul punto, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo il Collegio ritiene che, per quanto la norma sopra riportata non faccia riferimento esplicito all’ipotesi di far propriarinegoziazione, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità modifica pattizia delle condizioni contrattuali implichi comunque la necessità di fornire un nuovo documento di sintesi da cui risulti il nuovo indicatore del contratto costo complessivo del finanziamento, ricalcolato alla luce del nuovo regolamento contrattuale. Ciò, a maggior ragione in un caso, come quello di finanziamento rotativospecie, in applicazione cui la rinegoziazione ha avuto ad oggetto la modifica del tasso di interesse, per cui l’indicazione del nuovo Taeg avrebbe potuto assumere rilievo per il cliente ai fini della comparazione delle condizioni offerte dalla banca con quelle ottenibili sul mercato attraverso un’operazione di surroga. Ne consegue dunque che il comportamento adottato dall’intermediario in sede di rinegoziazione non è conforme al canone di correttezza. Accertata l’illegittimità del comportamento tenuto dall’intermediario, il Collegio non ritiene tuttavia che la domanda del ricorrente sia correttamente formulata quanto alla pretesa: in particolare, la richiesta del ricorrente si fonda sull’applicabilità al caso di specie dell’art. 117, co. 1 e 3, 125 comma 7 del TUB (anche che implica la riduzione del tasso di interesse entro i limiti dei parametri indicati dalla stessa norma. Questa norma non si applica al caso di specie in quanto fatto oggetto cui si è in presenza di richiamo, in tema di un mutuo ipotecario perché è contenuta nella disciplina del credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione L’illegittimo comportamento imputabile all’intermediario avrebbe tutt’al più potuto comportare l’accoglimento di una specifica domanda di risarcimento del contratto danno per violazione delle regole di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questacorrettezza, che stabilisce apposite riserve manca nel caso concreto. Deve essere poi respinta la richiesta risarcitoria avanzata con riguardo alle spese di legge per l’esercizio assistenza professionale, poiché le stesse non sono richieste in sede di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama reclamo (sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, si veda Collegio di Roma, dec. Coordinamento n. 2200 del 27 giugno 20126174/16). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La A parere del Collegio appare necessario muovere dalle diverse eccezioni preliminari sollevate dagli intermediari convenuti. In primo luogo, giova metter conto all’eccezione di irricevibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis, poiché entrambi i contratti sono stati stipulati prima del termine fissato come dies a quo per la determinazione della cognizione di questo Arbitro. L’eccezione è infondata e deve essere, quindi, rigettata. Sul punto, appare appena sufficiente richiamare la consolidata giurisprudenza dei tre Collegi, in virtù della quale si è stabilito che – laddove la controversia abbia ad oggetto un rapporto negoziale sorto anteriormente al 1° gennaio 2009, ma ancora produttivo di effetti successivamente a tale data – occorre avere riguardo al petitum onde verificare se esso si fonda su vizi genetici di detto rapporto (dando luogo all’incompetenza temporale), oppure su una divergenza tra le parti che riguarda effetti del negozio giuridico prodottisi dopo il 1° gennaio 2009 (sussistendo allora la competenza dell’ABF)” (cfr. ex multis, Collegio di Napoli, dec. n. 3155/2012). Xxxxxx, non pare dubbio che la domanda avanzata dal ricorrente sia relativa al rimborso della quota non maturata degli oneri economici connessi a due contratti i quali, pur essendo stati stipulati prima del mese di gennaio 2009, si sono estinti entrambi in epoca successiva; è, quindi, proprio l’estinzione anticipata del finanziamento a costituire il fondamento della domanda del ricorrente, coniuge non potendo assumere alcun rilievo – ai fini della cognizione di questo Arbitro – il momento in cui i due negozi siano stati stipulati. Parimenti, deve essere ritenuta infondata, e quindi deve essere rigettata, l’eccezione di carenza di legittimazione passiva in ordine alla richiesta di restituzione del titolare (ora deceduto) premio assicurativo. Anche sul punto il consolidato ed uniforme orientamento di questo Arbitro ha più volte ribadito che, contrariamente alla ricostruzione dell’intermediario, la disposizione contenuta nell’art. 22 della legge n. 221/2012 – effettivamente conforme al dato testuale riveniente nell’art. 49 del regolamento Isvap n. 35/2010 – abbia inteso sancire a livello normativo la sussistenza di un evidente collegamento negoziale ogni qualvolta l’adesione ad una polizza assicurativa sia associata alla sottoscrizione di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati(cfr. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. RomaNapoli, dec. n. 187/2013)nn. Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato873, nei suoi elementi essenziali796, solo a seguito di una nuova fase costitutiva298, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente140, ma in palese assenza46/2013; 2613, allora2612, dei requisiti di forma imposti2610, a tutela del cliente2439, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)2280, non essendo ovviamente consentito che ammontare1720, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano746/2012; 1073, poi359, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, 2466/2011; Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012nn. 1138/2013; 1979, 491/2012; Collegio di Milano, dec. nn. 980, 480, 432/2013; 2730, 2055, 776, 195/2012). Le conseguenze dell’accertamento Tale associazione, invero, pur operata mediante la stipulazione di due contratti distinti sotto il profilo formale, realizza un’operazione economico-giuridica che può essere apprezzata esclusivamente in modo unitario: la comune intenzione delle parti, infatti, fa in modo che il contratto di assicurazione, infatti, devii dalla propria causa tipica per essere destinato a coprire il rischio da eventi che impediscano l’integrale restituzione dell’importo finanziato. Pertanto, sia dal punto di vista soggettivo sia dal punto di vista oggettivo, viene in essere un collegamento negoziale che rende le vicende del contratto principale, qual è quello di credito al consumo, rilevanti anche per quello accessorio, qual è il contratto assicurativo (cfr. Cass., 16 febbraio 2007, n. 3645; Cass., 10 luglio 2008, n. 18884). Nel caso di specie, l’anticipata estinzione di entrambi i finanziamenti determina il venir meno del rischio (oggetto della nullità polizza) della mancata restituzione integrale dell’importo finanziato; ne consegue che la quota del premio corrisposto per intero al momento della stipula del prestito, corrispondente alla parte relativa alla vita residua degli stessi, determini un trasferimento patrimoniale privo della necessaria giustificazione causale, con conseguente obbligo di restituzione in favore del sovvenuto. In virtù del richiamato collegamento negoziale, l’obbligo restitutorio può ben essere posto in capo al soggetto finanziatore, posto che questi ha collocato anche il prodotto assicurativo vedendosi corrisposto il versamento del relativo premio; nei rapporti con il soggetto finanziato, dunque, non assume rilievo la circostanza che tale somma sia in effetti meramente custodita dal finanziatore, che è tenuto a versarla alla compagnia di assicurazione. Né tale ricostruzione può evincersi dalla lettura delle norme citate dal resistente; la legge n. 221/2010, infatti, così come il regolamento Isvap n. 35/2010, non sono norme volte ad identificare il soggetto legittimato alla restituzione, ma al contrario sono disposizioni che mirano essenzialmente a stabilire l’obbligo restitutorio in favore del sovvenuto proprio in ragione del descritto collegamento negoziale: obbligo che, per le ridette ragioni, può essere posto anche in carico all’intermediario collocatore della polizza. Da ultimo, il Collegio rileva l’inconferenza del richiamo effettuati dal resistente ad un proprio precedente, assunto in relazione a diversa fattispecie, non assimilabile a quella in esame, poiché relativa alla copertura assicurativa garantita da un ente previdenziale pubblico, così determinandosi l’applicabilità dell’art. 38 d.p.r. n. 180/1950. Nel merito, con riguardo ai ricorsi aventi ad oggetto il contratto di cessione del quinto, uno dei due convenuti ha sollevato un’ulteriore eccezione di carenza di legittimazione passiva, poiché questi non ha svolto alcun ruolo ella vicenda negoziale che occupa. Dall’esame della documentazione versata in atti, il Collegio rileva che l’eccezione merita accoglimento, posto che tale intermediario non risulta essere stato parte (né in senso formale, né in senso sostanziale) del contratto de quo, con la conseguenza che sia privo della legittimazione a resistere in ordine alle domande spiegate dal ricorrente. Esse, invero, sono relative al riconoscimento del proprio diritto all’equa riduzione del costo di due finanziamenti e del conseguente rimborso degli oneri commissionali per la quota non maturata a seguito dell’estinzione anticipata degli stessi. In molteplici occasioni questo Collegio è stato chiamato a decidere in ordine all’effettiva restituzione delle quote non maturate delle voci di costo imposte al sovvenuto in occasione della stipula di un contratto di finanziamento mediante cessione di quote della propria retribuzione mensile; nel determinare la sussistenza del relativo diritto, fondato sul principio di equa riduzione del costo del finanziamento (ex art. 125-sexies t.u.b.), la giurisprudenza uniforme dell’ABF – anche anticipando in parte le determinazioni assunte nel 2009 e nel 2011 dalla Banca d’Italia – ha inteso stabilire il rimborso delle quote soggette a maturazione nel tempo (cc.dd. recurring) che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale; di contro, ha confermato la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipate (cc.dd. up front). Alla luce del richiamato principio, la stessa Autorità di vigilanza – con le richiamate istruzioni – ha inteso porre grande rilievo sulle modalità di redazione dei testi contrattuali, nella parte destinata alla descrizione della natura delle attività remunerate dai soggetti finanziati, mediante la corresponsione delle relative commissioni: ciò non solo al fine di rendere edotti i consumatori dei costi effettivi connessi alle operazioni di prestito, ma anche al fine di rendere più agevole l’identificazione e la successiva quantificazione delle quote retrocedibili in caso di estinzione anticipata. Si tratta, in altri termini, di un’esplicazione dei generali principi di tutela del consumatore, volti alla trasparenza delle condizioni del contratto, desumibili dalle norme generali: le indicazioni della Banca d’Italia, rivolte agli operatori del settore della cessione del quinto, sono dunque meramente esplicative di una disciplina già riveniente dall’ordinamento. Ciò rilevato in premessa, dall’esame della documentazione versata in atti relativamente alla delegazione di pagamento emerge che – effettivamente come rilevato dall’intermediario mandante – il contratto non prevede la corresponsione da parte del mutuatario di alcuna somma a titolo di commissioni bancarie, bensì solo di quelle di intermediazione, le quali sono state destinate a remunerare attività che non possono essere tutte collocate esclusivamente nella fase prodromica alla concessione del finanziamento, né a quella esecutiva del rapporto negoziale (1. l’attività istruttoria del prestito, comprensiva dell’acquisizione della documentazione necessaria, della notificazione del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale mutuo agli enti interessati e di rimessa del netto ricavo al cliente; 2. la definizione dei relativi rapporti contabili; 3. l’eventuale estinzione dei precedenti prestiti contratti dal mutuatario; 4. la prestazione della ripetizione dell’indebito garanzia “non riscosso per riscosso” (artse ed in quanto dovuta); 5. 2033 c.c.la gestione delle rate di rimborso in scadenza; 6. le perdite relative alla differenza di valuta tra erogazione iniziale e decorrenza dell’ammortamento; 7. ogni altra attività svolta dall’Agente, dal Mediatore incaricato e/o da ogni altro soggetto abilitato all’offerta fuori sede”, cfr. lett. a2 del contratto). La L’opaca formulazione della norma, la quale non consente né di identificare la quota riservata alla copertura di attività recurring, né quella destinata a corrispondere le provvigioni all’agente/mediatore effettivamente intervenuto nel collocamento di entrambi i prestiti, determina il riconoscimento del diritto del ricorrente ad ottenere la restituzione della quota non maturata di tali commissioni, in misura proporzionale alla vita residua del finanziamento anticipatamente estinto; al riguardo non sfugge al Collegio che l’intermediario mandatario abbia già abbuonato in favore del ricorrente la somma ricevuta di euro 126,40 come risulta dal relativo conteggio estintivo, ove compare la voce “deduzione commissioni soggette a maturazione nel tempo”. Al riguardo, sempre l’intermediario mandatario ha dedotto che tale importo sia stato determinato in applicazione delle norme vigenti al momento della stipulazione del contratto, nonché in ragione della policy aziendale di rimborso: in merito all’adeguatezza dei criteri di calcolo adottati dall’intermediario, il Collegio deve richiamare i propri precedenti arresti con i quali ha precisato che in assenza di un parametro stabilito dalle norme primarie e secondarie, il criterio di calcolo per la quantificazione della equa riduzione del costo del finanziamento deve essere rimessa alla volontà delle parti, che può essere espressa nel contratto ovvero può essere desunta ex post in base a metodi di calcolo (pur espressi dal solo finanziatore) che siano oggettivamente valutabili e coerenti con l’operazione economica posta in essere tra le parti. Da ciò può desumersi che, come più volte affermato dal costante orientamento di questo Arbitro, la quantificazione effettuata in applicazione di un criterio proporzionale puro, che tenga conto soltanto delle rate di ammortamento non ancora scadute, possa essere applicato in via suppletiva e sussidiaria, allorché difetti una diversa e specifica quantificazione (cfr. ex multis dec. nn. 2475/2011, 4435, 3053/2012; 1805/2013). I calcoli effettuati dall’intermediario convenuto, tuttavia, appaiono apodittici ed incoerenti con l’operazione economica posta in essere tra le parti ed in quanto tali censurabili, con la conseguenza che l’importo abbuonato nel conteggio di anticipata estinzione possa essere considerato quale acconto sulla quota non maturata delle commissioni di intermediazione, proporzionalmente quantificate in euro 2.292,23. Va, quindi, riconosciuto, il diritto del ricorrente ad ottenere la restituzione della somma di euro 2.165,83. Per le ragioni dinanzi esposte, va altresì riconosciuto il diritto del ricorrente ad ottenere la restituzione dell’ulteriore importo di euro 1.275,16 a titolo di quota parte del premio assicurativo non maturato in seguito all’estinzione anticipata del finanziamento. Con riferimento al contratto di cessione del quinto, dall’esame della documentazione versata in atti dalle parti, emerge che le commissioni finanziarie siano state corrisposte a copertura di attività sostanzialmente up front, in quanto riferibili alla fase preliminare alla concessione del prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente(quali: l’esame della documentazione, gli oneri per la conversione o per la convertibilità, da variabile in fisso, del saggio degli interessi o per la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione, gli oneri per le operazioni di acquisizione della provvista, la elaborazione dei dati in funzione della legge 197/91, le perdite per l’eventuale ritardo d’adeguamento dei tassi o della commissione nel periodo di preavviso delle mutate condizioni di mercato etc., cfr. lett. a1 del contratto). Quanto alle commissioni di intermediazione, invece, valgono le medesime considerazioni spiegate in relazione al primo contratto, dovendosi così riconoscere il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata delle stesse, proporzionalmente quantificata in ragione della vita residua del finanziamento. Pertanto, va riconosciuto il diritto del ricorrente ad ottenere la restituzione dell’importo di euro 2.035,74. Inoltre, essendo stata accertata rigettata l’eccezione formulata dall’intermediario resistente, deve altresì essere riconosciuto il diritto alla restituzione di quota parte del premio assicurativo, per un ulteriore importo di euro 700,14. In relazione al contratto di delegazione di pagamento al datore di lavoro, l’obbligo restitutorio può essere solidalmente posto in capo ad entrambi gli intermediari convenuti: il ricorrente, infatti, ha inteso estendere il contraddittorio tanto nei confronti dell’intermediario mandatario, quanto nei confronti dell’intermediario mandate della medesima operazione economica e contrattuale. Quanto al primo, sembra evidente che il ricorrente abbia comunque individuato nell’intermediario collocatore la mancanza propria controparte in ragione di un principio di apparenza; quanto al secondo, invece, l’individuazione del mandante appare del tutto coerente con i principi codicistici del contratto validodi mandato. Xxxxxx, idoneo a giustificarne l’acquisizione è incontestabile la circostanza che il contratto di finanziamento in questione sia stato concluso per il tramite di un’articolata rete distributiva, costituita da parte dello stessoun intermediario, sia pure non a titolo definitivo incaricato del collocamento del prodotto per conto dell’intermediario mandante; pertanto, seppure deve riconoscersi che il contratto di mandato comporti l’assunzione del rischio economico in capo al mandatario, il quale ha posto in essere determinati atti per conto del mandante incassandone i relativi compensi commissionali, resta comunque fermo che la titolarità del credito permane esclusivamente in capo all’erogante (artcfr. 1422 c.c.ex multis, Collegio di Napoli dec. n. 2280/2012). In casi Parallelamente, tuttavia, alla luce dell’apparentia juris ed in ragione di una considerazione unitaria dell’assetto degli interessi coinvolti, può essere imposto l’obbligo restitutorio anche in capo alla società mandataria, collocatrice del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia finanziamento ed interlocutrice naturale nella gestione del rapporto (cfr. Collegio di coordinamento (Napoli, dec. n. 3257 2441/2012). Il Collegio dispone che sulle somme così riconosciute vadano computati gli interessi al tasso legale a far data dal reclamo; inoltre dispone la rifusione delle spese di assistenza difensiva, da intendersi quale componente del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a più complessivo ristoro riconosciuto in favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti)ricorrente, quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.equitativamente determinate in euro 200,00. P.Q.M.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge Il ricorso è meritevole di parziale accoglimento nei limiti e per le ragioni di seguito esposte. Innanzitutto infondata e perciò immeritevole di accoglimento è l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla parte resistente circa l’irricevibilità del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso ricorso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo prova dell’estinzione anticipata dei due finanziamenti poiché nell’interlocuzione successiva al reclamo l’intermediario ha basato la propria strategia di composizione bonaria della controversia proprio sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatipresupposto che i rapporti si fossero anticipatamente estinti. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiA tale riguardo, la questione oggetto parte ricorrente ha allegato al ricorso una corrispondenza della banca che dà inequivocabilmente per avvenuta l’estinzione dei due contratti (v. in un caso analogo la decisione di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso questo Collegio n. 1556/2016). Nel merito, il ricorrente richiede il rimborso delle commissioni e dei premi assicurativi determinato in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis ossequio al criterio proporzionale in relazione a due distinti contratti di finanziamento, il primo di cessione del quinto ed il secondo di delegazione di pagamento.. Al riguardo, costituisce orientamento consolidato di questo Arbitro come modificata dal provvedimento quello secondo cui: “La questione dei rimborsi spettanti in occasione dell’estinzione anticipata di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità prestiti concessi contro cessione del quinto e delegazione di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - pagamento è stata più volte oggetto d’esame portata all’attenzione dei tre Collegi dell’ABF (v. tra le altre, Decisione n. 4020 del 25 luglio 2013). Gli approfondimenti effettuati, da ultimo anche da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012v. dec. cit.), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipienshanno consentito di ritenere che, conseguente all’accertata inefficacia in caso di estinzione anticipata: a) l’intermediario debba restituire, per la parte non maturata, le commissioni addebitate in sede di stipula; b) in assenza di una “chiara e congrua” ripartizione nel contratto tra oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci debba essere considerato soggetto a maturazione nel corso dell’intero svolgimento del contrattorapporto negoziale; c) in riferimento ai costi recurring, direttamente l’importo da rimborsare vada equitativamente stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis (in base al contrattoquale l’ammontare complessivo delle spese viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue), giacché trattasi di corrispettivi allo svolgimento di attività amministrative il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesimacui costo, risultando allora chiaro comeal netto di fattori esogeni, è costante in pendenza di rapporto; d) l’onere economico del contratto di assicurazione, per il collegamento funzionale che lega tale contratto a quello di finanziamento, debba essere annoverato tra i “costi” del credito presi in considerazione dall’art. 125-sexies, comma 1, TUB ai fini della determinazione del diritto di rimborso del cliente; e) non sarebbe illegittimo, né irrazionale quantificare l’equa riduzione degli oneri assicurativi ponderando il rimborso della quota del premio in funzione del capitale residuo assicurato, purché l’applicazione di tale criterio di rimborso sia espressamente enunciata in contratto; f) in assenza di una siffatta previsione, sia ragionevole quantificare il diritto di rimborso del cliente applicando ai premi versati il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo, e che di conseguenza sono da rilevare pro rata temporis” (ABF dec. 901 del 2015). In ossequio a tali consolidati principi, dalla documentazione contrattuale relativa a tali contratti emerge che la commissione bancaria si compone di una serie di attività esclusivamente up front e, dunque, non è rimborsabile. Al contrario, la commissione di intermediazione, comprensiva delle commissioni all’agente/mediatore, comprende attività recurring (es. gestione delle rate di rimborso in scadenza e spese di segreteria). Da tale opacità deriva, conformemente agli orientamenti più volte espressi da questo Collegio (v., tra le tante, le decisioni nn. 4086/2012; 2178/2013; 2513/2014 e, in termini, la decisione n. 482/2014) il riconoscimento del diritto del ricorrente alla restituzione della quota parte residua alla durata del finanziamento, pari (in applicazione del criterio proporzionale), rispettivamente, per il finanziamento dietro cessione del quinto, dell’importo pari a 1.316,86 euro e, per il finanziamento con delegazione di pagamento, dell’importo pari a 2.585,99 euro. Quanto al premio assicurativo, va riaffermata la legittimazione passiva della resistente ex art. 22 L. n.221/2012 (di conversione del D.L. n. 179/2012), atteso che gli obblighi ivi stabiliti in capo all’impresa di assicurazione non sembrano incidere sul profilo della legittimazione (non sottraendo il finanziatore alla concorrente responsabilità per la restituzione del dovuto a fronte di negozi collegati) quanto piuttosto sull’esercizio dell’eventuale azione di regresso. Precisato questo, è appena il caso di ribadire la particolare tipologia dei rapporti oggetto della controversia. Essi si compongono, sul piano atomistico, di due (apparentemente) distinti contratti conclusi con la medesima controparte: mutuo oneroso da un lato; polizza assicurativa dall’altro. Tale due negozi risultano peraltro tra loro avvinti da un evidente ed incontestabile legame: quello di sincronicamente e contemporaneamente concorrere e cooperare al medesimo risultato economico – sociale consistente nell’assicurare al sovvenuto il finanziamento richiesto. Prevalente dottrina e giurisprudenza largamente maggioritaria precisano, perché si dia la fattispecie del collegamento, che debbano ricorrere due elementi: uno obiettivo, consistente nel nesso economico o teleologico tra i vari negozi e uno subiettivo, consistente nella intenzione di coordinare i vari negozi verso uno scopo comune, ossia nell’intento di collegare i due negozi. Il collegamento negoziale incide direttamente sulla causa dell’operazione contrattuale che viene posta in essere “risolvendosi nella interdipendenza funzionale dei diversi atti negoziali rivolta a realizzare una finalità pratica unitaria” (Cass., 16 febbraio 2007, n.3645; id., 10 luglio 2008, n.18884). Il nesso fra più negozi fa sì che l’esistenza, la validità, l’efficacia, l’esecuzione di un negozio influiscano sulla validità o efficacia o esecuzione di un altro negozio, oppure che il requisito di un negozio si comunichi all’altro, o ancora che il contenuto di un negozio sia determinato dal contenuto dell’altro, e così via. Ora, sembra ragionevole ritenere che i contratti affiniin rassegna siano caratterizzati da un collegamento negoziale per la ricorrenza dei richiamati elementi obiettivo e subiettivo. Come si è avuto modo di osservare, dottrina e giurisprudenza impongono riguardo a siffatte fattispecie una considerazione unitaria dell’assetto degli interessi globalmente perseguito dalle parti in termini di validità, efficacia, complessiva utilità delle prestazioni dedotte nei contratti. In particolare, le evoluzioni del rapporto principale (il finanziamento) non possono non riflettersi su quello accessorio (l’assicurazione) poiché, venuto meno il primo, la persistenza del rapporto assicurativo si rivelerebbe privo di causa. Non è, in siffatta guisa, casuale che le riportate conclusioni rinvengano puntuale riscontro nell’accordo ABI – Ania del 22 ottobre 2008, rubricato alle “ linee guida per polizze assicurative connesse a mutui e altri contratti di finanziamento”. Non consta che tali principi siano stati dal resistente osservati. Da tanto consegue il diritto del cliente al rimborso della relativa quota di premio di copertura non goduto in esito all’estinzione anticipata del finanziamento, calcolata (sempre in applicazione del criterio proporzionale), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia rispettivamente, per il finanziamento dietro cessione del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitalequinto dello stipendio, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, dell’importo pari a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni 823,15 euro e, quindiper il finanziamento con delegazione di pagamento, sotto dell’importo pari a 823,51 euro. Così per il profilo causale – i contratti creditizicomplessivo importo di 2.140,01 euro per il finanziamento dietro cessione del quinto dello stipendio e dell’importo di 3.409,50 euro per il finanziamento con delegazione di pagamento, oltre agli interessi legali dalla data del reclamo e al ristoro delle spese di assistenza difensiva, equitativamente determinate in 200,00 euro, rigettata sia la domanda di risarcimento del danno derivante da svalutazione monetaria, trattandosi di un debito di valuta ex art. 1277 c.c., sia la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale, in assenza dell’allegazione, da parte del ricorrente, degli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio.
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DIRITTO. Osserva il Collegio che, ai fini della decisione della controversia, si rende necessario esaminare le due questioni sollevate dal ricorrente circa lo squilibrio economico delle posizioni delle parti e la scarsa trasparenza nella rappresentazione della clausola limitativa dell’indicizzazione, con particolare riferimento alla mancata quantificazione della soglia nel foglio informativo. Infatti, la principale contestazione mossa dal ricorrente riguarda la clausola di indicizzazione dei finanziamenti, la quale realizzerebbe di fatto un’opzione di tipo floor senza che il cliente sia stato adeguatamente informato dei rischi che assumeva sottoscrivendola. Entrambe le censure non sono condividibili. Per quanto attiene lo squilibrio economico introdotto nel contratto dalla clausola censurata, il Collegio osserva che in virtù di detta clausola lo spread applicato è ridotto da 1,80 (quale emerge dal foglio informativo per il mutuo ipotecario “progetto casa mix”, prodotto sottoscritto dal ricorrente) a 1,10, sicché a fronte della limitazione floor il mutuatario si giova di una agevolazione e ciò consente di non ritenere vessatoria la clausola de qua (cfr. la decisione di questo Collegio n. 350/2012 e n. 4191/15). A ciò si aggiunga, sotto il profilo della trasparenza, che nel documento di sintesi vengono riportate le condizioni economiche del finanziamento ed in particolare è stabilito che il tasso di ammortamento globale è pari al minimo di 2,65%. Ancora in tema di trasparenza, dalla documentazione in atti si desume che dalla corrispondenza intervenuta tra il ricorrente e l’intermediario vi è stato un apposito accordo sugli spread, mentre nulla è riferito circa la previsione della clausola di indicizzazione. Quel che però a questo riguardo risulta assorbente è che nell’atto rogato innanzi al notaio, l’art. 6 espressamente e chiaramente dispone quanto segue: “2. Il tasso di interesse nominale annuo per il periodo di ammortamento è indicizzato al seguente parametro ‘media mensile Euribor tre mesi’, con conteggio giorni 360/360, dato pubblicato sul quotidiano ‘Il Sole 24Ore’ alla fine del mese antecedente il giorno di inizio di ciascuno dei successivi periodi di rata di ammortamento, maggiorata di 1,10 punti (…) 4. La parte finanziata e [l’intermediario] Banca si danno reciprocamente atto che, per tutta la durata del contratto, il tasso di interesse indicizzato, determinato ai sensi dei precedenti commi uno e due, non potrà in ogni caso essere inferiore alla soglia minima del 2,65% nominale annuo; la parte finanziata approva espressamente tale clausola contrattuale”. La forza probatoria connessa all’atto pubblico assorbe il profilo precontrattuale (della cui inadempienza da parte dell’intermediario, peraltro, non risulta prova liquida), nel senso che il mutuatario, avendo “letto firmato e sottoscritto” l’atto pubblico, ha avuto modo di essere edotto della clausola e, se avesse voluto, di contestarla. Per completezza, è utile richiamare una decisione di questo Collegio (n. 2735 del 5 maggio 2014) con la quale, pur in mancanza di un vantaggio per il mutuatario, la clausola de qua non è stata – e correttamente – definita come vessatoria. Nel caso là in esame, attraverso la predetta clausola “l’intermediario risulta essersi assicurato una soglia minima del tasso di interessi, premurandosi, in questa maniera, contro un eccessivo ribasso di tale tasso, in ragione delle fluttuazioni di mercato”, sicché, “che la clausola ‘floor’ (…) abbia prodotto l’effetto di arrecare un vantaggio economico al mutuante, senza peraltro assicurare alcun corrispettivo vantaggio al mutuatario, non è dubitabile. Si tratta ora di valutare se questo ‘squilibrio’ sia ammesso dal nostro ordinamento giuridico o, come opina il ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento abbia resa illegittima la previsione convenzionale. Va preliminarmente chiarito che la clausola in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativooggetto non può dirsi vessatoria [rectius: ‘onerosa’] ai sensi dell’art. 1341, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012comma 2 c.c., che alla Sez- come è noto - contiene un elenco di previsioni svantaggiose per l’aderente a condizioni generali di contratto, moduli o formulari predisposti dall’imprenditore, le quali per essere valide ed efficaci debbono essere specificamente approvate per iscritto. I^L’elenco contenuto nella disposizione appena richiamata, § 4peraltro, IV commaper indirizzo giurisprudenziale consolidato, disponedeve assumersi come tassativo (tra le varie pronunce: «Cass. n. 9646/2006), senza alcuna possibilità di estensione analogica. La clausola di specie non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative vi rientra senz’altro. Ben più articolata appare la disciplina sulle clausole vessatorie ispirata dalla disciplina comunitaria, originariamente introdotta negli artt. 1469-bis e seguenti del codice civile e ora trasfusa negli artt. 33 ss. del codice del consumo (d.lgs. n. 206/2005). Il comma 1 dell’art. 33 cod. cons. chiarisce che vanno qualificate vessatorie le clausole che, nei contratti conclusi tra professionisti e consumatori, determinano, malgrado la buona fede, un ‘significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto’. Al di là del giudizio generale di vessatorietà appena richiamato, i commi seguenti del medesimo articolo e gli articoli successivi offrono chiari elementi normativi che impediscono di qualificare come vessatoria una clausola riguardante la variazione del tasso di interesse, salvo che non risulti formulata in modo chiaro e comprensibile. Il comma 6 dell’art. 33 chiarisce, infatti, che ‘le lettere n) e o) del comma 2 non si applicano alle clausole di indicizzazione dei prezzi, ove consentite dalla legge, a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto condizione che le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scrittavariazione siano espressamente descritte’. Anche il comma 5 dell’art. 33 statuisce che “le lettere h), m), n) idonee a garantire la validità e o) del comma 2 non si applicano ai contratti aventi ad oggetto valori mobiliari, strumenti finanziari ed altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente corso e di un finanziamento per l’acquisto indice di un bene borsa o di un serviziotasso di mercato finanziario non controllato dal professionista, mediante un modulo prestampato nonché la compravendita di valuta estera, di assegni di viaggio o di vaglia postali internazionali emessi in valuta estera’. Pure il comma 2 dell’art. 34 cod. cons. chiarisce che contienela ‘valutazione del carattere vessatorio della clausola non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto, altresìné all’adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile’. Alla luce delle previsioni appena richiamate, può dirsi chiara, in definitiva, la facoltà volontà legislativa di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine non consentire che il giudizio di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema vessatorietà si estenda anche alle clausole, è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo destinate a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto remunerare il servizio di finanziamento rotativoerogato dal mutuante. Clausole del genere possono essere condizione che risultino formulate in modo oscuro e poco comprensibile. È da escludere, in applicazione dell’art. 117invece, co. 1 e 3una prospettiva di valutazione, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato suggerita dal ricorrente, deve essere che involverebbe un sindacato di ‘giustizia’, ove peraltro l’interprete stenterebbe a rinvenire indici sicuri di quello che andrebbe considerato nullo anche sotto come ‘giusto’ corrispettivo del servizio. (…) In conclusione, come già rilevato da questo ulteriore profilo Arbitro in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore altre occasioni (in terminicfr. decisioni ABF, Collegio di Milano, n. 688/2011; Collegio di Roma, decn. 2688/2011; Collegio di Napoli, n. 395/2012), una clausola ‘floor’, ove pure non adeguatamente compensata da una clausola ‘cap’, non può dirsi nulla o comunque inefficace, perché non v’è ragione di considerarla viziata da profili di illegittimità” (nello stesso senso, anche se nei confronti di un non consumatore, cfr. la decisione di questo Collegio n. 2200 305 del 27 giugno 1° febbraio 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.IL PRESIDENTE
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DIRITTO. La ricorrenteÈ noto che, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta sulla base dell’art. 125-quinquies t.u.b., «nei contratti di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatocollegati, in occasione della richiesta da parte caso di inadempimento del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene fornitore dei beni o di un serviziodei servizi, mediante un modulo prestampato che contieneil consumatore, altresìdopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità ha diritto alla risoluzione del contratto di finanziamento collegato alla carta credito se con riferimento al contratto di credito revolving che fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’art. 1455 c.c.». Ciò posto, nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta risultano sussistere gli elementi richiesti dalla norma appena citata per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere riconoscere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce diritto della cliente alla declaratoria di nullità risoluzione del contratto di finanziamento. In effetti, l’esistenza di un collegamento negoziale tra il contratto di fornitura di servizi odontotecnici e il contratto di credito si rivela manifesta alla luce della documentazione versata nel fascicolo di parte ricorrente: cfr. i) contratto di finanziamento del 15 gennaio 2013, contenente il riferimento esplicito a servizi di natura dentistica; ii) comunicazione di parte resistente del 6 giugno 2014, in cui il soggetto erogatore del servizio è indicato come “Società convenzionata”. L’atto di costituzione in mora del fornitore risulta in atti e in ogni caso manca una specifica contestazione al riguardo da parte dell’intermediario. Al di là di quanto privo eccepito da parte resistente, anche la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 1455 c.c. si presenta sicura. Premesso che - come più volte sottolineato da questo Collegio sulle orme della forma scrittagiurisprudenza della Suprema Corte – deve reputarsi gravante sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto adempimento, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117allorquando il creditore lamenti l’inadempimento o l’inesatto adempimento, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilitopuò invero sfuggire come, nella normativa vicenda in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. IIIesame, par. 2), che «la forma scritta il suddetto onere non è obbligatoriasia stato minimamente assolto dal fornitore: a) per le operazioni e i servizi effettuati quest’ultimo non avendo replicato alcunché alle contestazioni provenienti dalla ricorrente in ordine alla mancata esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»gran parte dei lavori contrattualmente previsti. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentoD’altro canto, come una volta preso atto – anche in quello qui in discussione, peraltroalla luce della perizia prodotta da parte ricorrente e non specificamente contestata ex adverso – che risulta essere stata eseguita addirittura meno della metà dei lavori concordati, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta non scarsa rilevanza dell’inadempimento non può che presentarsi evidente. Peraltro, proprio il fatto che una parte delle cure odontoiatriche programmate sia stata comunque compiuta induce a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di ravvisare i presupposti per una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità risoluzione soltanto parziale del contratto di finanziamento rotativofornitura dei servizi e, conseguentemente, dello stesso annesso contratto di credito. Considerando da un lato che, fino a novembre 2014, la ricorrente ha corrisposto a parte resistente – in esecuzione del piano di ammortamento originariamente previsto – l’ammontare complessivo di Euro 2.631,06, e dall’altro lato che la stessa perizia allegata dalla cliente quantifica, nella misura di Euro 1790,00, le prestazioni eseguite dal fornitore, a carico dell’intermediario saranno da ravvisare - sempre in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche 125- quinquies t.u.b. - obblighi restitutori di quanto ricevuto in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito eccedenza rispetto al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle valore dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.clavori effettivamente realizzati.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La Il Collegio rileva in via preliminare che la qualità del ricorrente, coniuge del titolare indicata nel ricorso, di “consumatore”, non appare corretta. La stessa parte ricorrente specifica, nelle deduzioni, che la vicenda sottesa al ricorso interessa la s.n.c. di cui è rappresentante legale, come risultante altresì dal contenuto dell’accordo transattivo per cui è controversia, ove sono presenti riferimenti all’“annullamento/revoca delle segnalazioni a nome proprio e della società”, nonché dal reclamo. Di conseguenza il Collegio, riqualificato il ricorso, rinvia la sua decisione nella composizione adeguata, competente per le controversie che vedono come parte un “non consumatore”. La parte ricorrente lamenta l’illegittimità di una segnalazione a perdita nella Centrale Rischi Banca d’Italia, nonostante quanto espressamente pattuito in un accordo transattivo concluso con la banca creditrice. Ne chiede pertanto la cancellazione. Giova una breve ricostruzione dei fatti come emergono dalla documentazione prodotta. Il 9 ottobre 2017 il ricorrente, in qualità di legale rappresentante della società di persone debitrice, formula, “a seguito delle trattative intercorse”, una proposta di accordo transattivo, prodotto da entrambe le parti, e in relazione al quale non vi è controversia in merito al contenuto ed alla sua conclusione. In base a tale accordo, “a saldo e stralcio di ogni pretesa”, le parti pattuiscono il versamento di € 18.000 (ora deceduto) a fronte di un contratto debito di finanziamento che € 41.623,38) entro il 3 novembre 2017, rinunciando reciprocamente alle azioni in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula corso (con specifico particolare riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità all’efficacia di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.ddecreto ingiuntivo). multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoL’accordo prevede inoltre un’ulteriore clausola, in occasione base alla quale è prevista la “revoca e/o annullamento della richiesta segnalazione [da parte del cliente creditore, intermediario resistente] di sofferenza e/o di altra comunicazione alla Centrale Rischi”. Il regolare adempimento dell’accordo da parte del ricorrente, con il pagamento della somma concordata con bonifico effettuato il giorno 2 novembre 2017, risulta agli atti e anch’esso non è oggetto di contestazione. Altrettanto pacifica fra le parti è la segnalazione oggetto del presente ricorso, con la quale è segnalato il “passaggio a perdita” nel novembre 2017 della parte del credito non recuperata e della quale è chiesto “l’annullamento/revoca”. L’intermediario resistente produce inoltre evidenza che dal periodo novembre 2017 - febbraio 2018, a seguito del passaggio a perdita del novembre 2017, la posizione non è più segnalata. Deve in primo luogo essere precisato che in base alle disposizioni della Banca d’Italia relative agli obblighi di segnalazione da parte degli intermediari creditizi alla Centrale dei Rischi “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze - crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l'intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha ritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero. Confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela. [….] La segnalazione non è più dovuta dalla rilevazione successiva a quella in cui il credito è stato interamente passato a perdita ovvero è stata rimborsata la parte non passata a perdita” (Cap. 2, sez.2, par 5.5 della Circolare della Banca d’Italia n. 139 dell'11 febbraio 1991, “Centrale dei rischi. Istruzioni per gli intermediari creditizi” – 16° Aggiornamento di giugno 2017). Costituisce pertanto un obbligo per l’intermediario segnalare tra le perdite le frazioni non recuperate di un finanziamento credito oggetto di accordo transattivo e di cessare la segnalazione a seguito del passaggio a perdita del debito residuo, se questo coincide con l’intera parte del debito non rimborsata. La richiamata disciplina induce ad un doppio ordine di considerazioni. Se da un lato costituisce un obbligo per l’acquisto la banca creditrice di procedere alla segnalazione alla Centrale dei Rischi dei crediti non recuperati a seguito di un bene o accordo transattivo, cosicchè, il comportamento dell’intermediario resistente, il quale ha effettuato la segnalazione del credito per la parte non recuperata, deve ritenersi legittimo, dall’altro è evidente come non potesse essere nella disponibilità del creditore concludere un accordo che avesse ad oggetto tale segnalazione, in quanto dovuta. Ne consegue, in primo luogo, che la domanda di un servizioparte ricorrente non può essere accolta, mediante un modulo prestampato che contienepoiché la segnalazione risulta correttamente effettuata. Se la domanda del ricorrente non può essere accolta, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo tuttavia il Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto esimersi dall’esprimere più di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo un dubbio sulla illegittimità della forma scrittaclausola, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117parte integrante dell’accordo transattivo sul debito, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa relativa all’“annullamento/revoca della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1segnalazione”, con riferimento conseguente possibile sorgere di una responsabilità contrattuale in capo all’intermediario. La formulazione della clausola oggetto di controversia infatti non è limpida nel suo significato, bensì tale da ingenerare nel debitore, che non necessariamente è a conoscenza degli obblighi che incombono sull’intermediario in tema di segnalazioni alla Centrale dei Rischi, la legittima aspettativa che al pagamento concordato non segua una segnalazione del debito residuo quale “credito al consumo)passato in perdita”. Pertanto, ha stabilitonell’esercizio della facoltà di formulare indicazioni utili a migliorare i rapporti con la clientela, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezattribuita all’ABF dalla Sez. IIIVI, par. 2)3, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione delle Disposizioni di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto Banca d’Italia sul funzionamento di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaiquesto Arbitro, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene Collegio ritiene opportuno invitare l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasiad un comportamento maggiormente corretto e trasparente, in realtà, di una operazione economica, modo da non indurre false aspettative nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrentePreliminarmente, coniuge del titolare (ora deceduto) merita considerazione l’eccezione di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità irricevibililità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFdifetto di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto. DifattiLa banca afferma che la controversia – attenendo alla validità del contratto assicurativo e al presunto diritto del cliente alla restituzione di parte del premio pagato – sarebbe di competenza dell’ISVAP e osserva che “ai sensi dell’art. 1.10 delle condizioni contrattuali della polizza assicurativa i reclami riguardanti il rapporto contrattuale vanno presentati direttamente alla Compagnia e/o al Broker”. Il Collegio, la questione oggetto di lite attiene al riguardo, ritiene necessario distinguere le due domande formulate dal ricorrente. Ritiene infatti codesto Xxxxxxxx che soltanto con riguardo alla domanda volta ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un accertare lo scioglimento del contratto di finanziamento assicurazione l’eccezione del ricorrente coglie nel segno. Sebbene sia indiscusso che il contratto di assicurazione oggetto della vertenza sia stato concluso tramite l’intermediazione della banca convenuta e fosse collegato ad un al contratto c.ddi mutuo, è pacifico che il soggetto con cui il contratto è stato stipulato non è la banca, bensì la società di assicurazione. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato Ne consegue che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la qualsiasi controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente attinente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta assicurazione deve essere promosso nei confronti della società di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)assicurazione e non della banca. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1D’altro canto, con riferimento al credito al consumo)riguardo alla predetta domanda di accertamento, ha stabilitoneppure sussiste la competenza dell’ABF, nella normativa tenuto anche conto di quanto previsto dalle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. IIIemanate dalla Banca d’Italia il 18.6.09, Sezione I, par. 2)4. Come codesto Collegio ha ripetutamente avuto modo di affermare in precedenti occasioni, sussiste invece la competente dell’ABF, così come sussiste la legittimazione passiva della banca convenuta, a decidere circa da domanda di “restituzione della somma del premio già pagata e non dovuta in relazione al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria”, in quanto domanda di danni che «la forma scritta non è obbligatoria: aviene domandata dal ricorrente proprio nei confronti dell’intermediario convenuto, in ragione della cessazione anticipata (a causa della surrogazione) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione del rapporto di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»xxxxx. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentomerito, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta relazione a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaitale seconda domanda, il Collegio ritiene che l’accordo ABI-Ania del 22 ottobre 2008 riproduca e consolidi un insieme di regole di good practice e rappresenti per l’intero sistema bancario – anche per gli istituti non associati all’ABI – un punto di riferimento dal quale non discostarsi; in tema di rimborso dei premi assicurativi, l’accordo ABI-Ania prevede espressamente che: “Nel caso in cui il contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all’iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente aveva provveduto all’integrale restituzione – sia nel caso in cui il pagamento del finanziamento originariamente concessogli premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell’assicuratore – la parte di premio pagato relativo al periodo residuo per il quale c.dil rischio è cessato”. Quanto poi all’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/2010, richiamato dal ricorrente, il Collegio ha in più occasioni avuto modo di ribadire come, anche se non ancora in vigore all’epoca dei fatti di causa, esso rappresenta un utile criterio di guida nella determinazione del rimborso spettante al cliente in caso di estinzione anticipata / surrogazione del mutuo: “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea Nei contratti di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiassicurazione connessi a mutui e ad altri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato le imprese, nel caso di specieestinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, con riguardo restituiscono al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene debitore/assicurato la parte di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi premio pagato relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. Essa è calcolata per il premio puro in funzione degli anni e frazione di una nuova fase costitutiva, ricollegabile anno mancanti alla relativa richiesta scadenza della copertura nonché del cliente formulata oralmente, ma capitale assicurato residuo; per i caricamenti in palese assenza, allora, dei requisiti proporzione agli anni e frazione di forma impostianno mancanti alla scadenza della copertura. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto e per il rimborso del premio, a tutela condizione che le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel modulo di adesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso”. In considerazione del clienterichiamato paradigma normativo, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo il Collegio ritiene che, così in caso di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità estinzione anticipata come in caso di surrogazione del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltromutuo, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamentoparzialmente rimborsato il premio assicurativo pagato, stipulato presso per un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimoimporto equitativamente stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se ottenuto suddividendo il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi premio per il cosiddetto contratto accessorio numero complessivo delle rate e poi moltiplicandolo per il numero delle rate residue. Alla luce di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattotali principi, il relativo assetto sinallagmatico Collegio – considerato che non potrà sono stati prodotti documenti relativi alla surroga né i conteggi estintivi del mutuo e che l’importo indicato dal ricorrente non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), forma oggetto di contestazione tra le parti – accoglie la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva domanda di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizirimborso formulata da quest’ultimo.
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DIRITTO. La Il Collegio ritiene che la domanda della ricorrente di “accertamento sul calcolo degli interessi dovuti alla banca per una sospensione rate sul mutuo” debba essere interpretata come richiesta di accertamento della corretta esecuzione dell’accordo di sospensione di del contratto di mutuo sottoscritto dalla ricorrente, coniuge con specifico riferimento alla quantificazione degli interessi maturati durante il periodo di sospensione delle rate. Diversamente, il tenore letterale della richiesta formulata dalla ricorrente implicherebbe lo svolgimento di attività consulenziale, attività questa estranea agli scopi ed alle funzioni dell’ABF, come in altre occasioni questo Collegio ha avuto modo di precisare (cfr., ex multis, Collegio di Milano, decisioni nn. 325/2014; 1287/2015; 8418/2015; 3805/2016). Venendo a considerare il merito del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoricorso, chiede che deve anzitutto il Collegio voglia dichiarare rilevare che è pacifico tra le parti che la nullità del finanziamento stesso per mancanza sospensione ha avuto una durata di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato 12 mesi (dal 31/03/2012 al 28/02/2013) e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto trova il suo fondamento in un accordo da queste concluso su base volontaria. Tale accordo prevede espressamente che gli interessi da sospensione siano calcolati sul capitale residuo alla data di inizio della sospensione stessa con le modalità di stipula cui all’art. 3 (con specifico riferimento al requisito “Interessi”) dell’atto integrativo di mutuo, il quale così stabilisce: “A partire dalla data di decorrenza della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.dprima rata sospesa fino alla scadenza dell’ultima rata sospesa maturano gli interessi per dilazione del pagamento. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoI suddetti interessi: Ciò premesso, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di deve questo Collegio rilevare che la ricorrente si è limitata a chiedere “l’accertamento sul calcolo degli interessi dovuti alla banca per una sospensione rate sul mutuo”, ritenendo tali interessi “troppo eccessivi” e non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittadedotto, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2)né tantomeno provato, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti gli interessi effettivamente addebitatile dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, qualiresistente, per l’appuntoeffetto della sospensione del mutuo, le carte eccedessero la misura liberamente pattuita dalle parti con l’accordo di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.ccui sopra.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la alla decisione della controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving occorre preliminarmente rilevare che nel caso ricorso si precisa di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (aver inviato un reclamo all’intermediario per ottenere la restituzione di euro 2.894,26, a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio titolo di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 commissioni e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo oneri assicurativi non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediariomaturati. Si deve dunque ritenere impossibile – precisa altresì che l’intermediario riconosceva come pure sostiene l’intermediario resistente – dovuto solamente l’importo di euro 1.759,01 e concentra le richieste finali all’Arbitro su quest’importo. Nonostante il ricorso non appaia di estrema chiarezza, tale circostanza emerge da più passaggi degli scritti difensivi. Ciò posto, sembra di tutta evidenza che la concessione domanda del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata ricorrente incontri la posizione della resistente in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, punto di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo quantificazione degli oneri da retrocedere (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013euro 1.759,01). Ne deriva che l’assetto il momento controverso della fattispecie risiede nella possibilità per l’intermediario di eccepire la compensazione con altro (e maggiore) credito vantato nei confronti del ricorrente. In particolare, si tratta di un ulteriore prestito personale concesso dall’intermediario (n. 890002181181), per il quale il ricorrente ha ricevuto una lettera di decadenza dal beneficio del termine. Con quest’ultima, la banca richiedeva la restituzione in unica soluzione di euro 10.693,36. Seguiva, in data 15.04.2015, l’emissione di un decreto ingiuntivo da parte del Tribunale competente in favore dell’intermediario, per l’importo di euro 13.022,82, oltre interessi relativo come da domanda e spese di procedura. Le parti, poi - come affermato da entrambe - si accordavano per una soluzione bonaria della vertenza. In particolare, la banca accettava una proposta transattiva formulata dal legale del ricorrente. Il ricorrente contesta che il suddetto atto transattivo impedirebbe la compensazione eccepita dalla resistente, risultando il debito de quo in regolare pagamento. Produce, per dimostrarlo, n. 2 ricevute di versamento da euro 150,00 cadauna, risalenti al 26.06.2015, al 28.07.2015. Per contro, l’intermediario produce una lista di movimenti inerenti il prestito revolving personale oggetto di transazione, da cui si palesa delineatoevince che sono stati effettuati pagamenti solo nei mesi di giugno, nei suoi elementi essenzialiluglio, solo a seguito agosto, settembre e novembre 2015. Ad avviso del Collegio l’eccezione di compensazione proposta dalla resistente deve essere però dichiarata inammissibile e ciò in quanto la stessa non può essere esaminata in questa sede risultando estranea al perimetro dell’oggetto del procedimento che è stato definito con il ricorso. Con l'eccezione di compensazione infatti la banca non porta nel procedimento un fatto giuridico (dedotto in via di eccezione), ma introduce un rapporto giuridico, l’effetto di una nuova fase costitutivafattispecie, ricollegabile che potrebbe costituire l’oggetto di un autonomo processo. Trattasi in questo caso di una eccezione riconvenzionale che, secondo l’insegnamento della S.C., consiste in una prospettazione difensiva che, pur ampliando il tema della controversia, è finalizzata, a differenza della domanda riconvenzionale, esclusivamente alla relativa richiesta reiezione della domanda attrice, attraverso l'opposizione al diritto fatto valere dall'attore di un altro diritto idoneo a paralizzarlo (Cass. 15 aprile 2010, n. 9044). Per cui se pur è vero che l’intermediario non ha proposto una domanda riconvenzionale, con l’eccezione di compensazione – avente natura riconvenzionale – inevitabilmente propone un allargamento dell’oggetto del procedimento. Appare dunque evidente che l’Arbitro al fine di accogliere l’eccezione proposta dovrebbe delibare - sia pur ai soli fini sopra indicati - in ordine ad un diverso rapporto in essere tra le parti su iniziativa della banca e non del cliente formulata oralmentee ciò collide con la struttura e con la funzione del sistema ABF come normativamente delineato. Se questo Collegio dovesse decidere sull’eccezione di compensazione si pronuncerebbe quindi non su un fatto, ma su un rapporto che deriva da una eccezione riconvenzionale proposta dalla banca che non solo paralizza (in palese assenzaparte o in tutto la pretesa del ricorrente), allorama che accerta sia pur incidentalmente un diritto della medesima (c.d. accertamento costitutivo incidenter tantum). D’altronde la compensazione è un modo satisfattivo di estinzione dell’obbligazione, dei requisiti di forma impostinel senso che essa determina lo stesso risultato pratico dell’adempimento. Accogliendo l’eccezione della banca resistente, a tutela pertanto, quest’ultimo otterrebbe dall’ABF una pronuncia che soddisfa “per equivalente” la sua pretesa creditoria nei confronti del cliente. Un esito del genere non è tuttavia consentito nel sistema ABF, il quale prevede che quest’ultimo possa pronunciarsi soltanto su un diritto del cliente, dal TUB ma non anche su un diritto dell’intermediario (e tanto meno con una pronuncia equivalente al suo adempimento). Preclusione che simili requisiti pone proprio ovviamente non opera per il conto corrente (bancario), perché lì non si verifica una vera e propria compensazione nel senso degli artt. 1243 ss. c.c., ma soltanto la progressiva determinazione del quantum dovuto dall’una o dall’altra parte, il quale si cristallizza infine con la chiusura del conto stesso. Il procedimento ABF è invero strutturato al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali dare risposta alle richieste dei soli clienti i quali con il reclamo e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza poi con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – ricorso definiscono il confine entro il quale non entra sarà poi decisa la controversia, senza che l’intermediario possa nemmeno in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, via di eccezione (riconvenzionale) ampliare lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cstesso.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La controversia concerne il comportamento tenuto dalla banca nella gestione delle operazioni di estinzione anticipata del mutuo del ricorrente. Parte ricorrente contesta il comportamento della resistente per avergli addebitato un importo superiore a quello in precedenza comunicato in sede di conteggio per estinzione anticipata. Chiede pertanto la restituzione dell’eccedenza pari ad € 2.049,48. La resistente deduce che tale somma è giustificata (oltre che dagli interessi maturati successivamente al conteggio) dalla penale per estinzione anticipata, coniuge del titolare (ora deceduto) in un primo momento non conteggiata a causa di un contratto errore nell’inquadramento dell’operazione (surroga anziché estinzione). Dalla documentazione prodotta dalle parti emerge che il mutuo è stato stipulato il 3/5/2004 ed estinto il 24/3/2015; si trattava di finanziamento mutuo a tasso fisso e durata ventennale, ed in seguito alla istruttoria disposta dal Collegio si è accertato che in aggiunta il regolamento contrattuale prevedeva la possibilità del rilascio l’applicazione di una carta penale di credito ad uso rotativoestinzione anticipata pari al 3%; l’ammortamento aveva scadenza originaria 30/6/2024; la sospensione dei pagamenti dall’1/9/13 al 28/2/14 ha determinato lo slittamento in avanti del piano di ammortamento, chiede con nuova data scadenza 30/9/2025, per cui l’ammortamento sarebbe giunto a metà soltanto il 30/9/2015. Dal punto di vista normativo occorre richiamare quanto previsto dall’art. 120-ter, comma 1, TUB, secondo il quale «E’ nullo qualunque patto o clausola, anche posteriore alla conclusione del contratto, con il quale si convenga che il Collegio voglia dichiarare mutuatario sia tenuto al pagamento di un compenso o penale o ad altra prestazione a favore del soggetto mutuante per l’estinzione anticipata o parziale dei mutui stipulati o accollati a seguito di frazionamento, anche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, per l'acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche. La nullità del patto o della clausola opera di diritto e non comporta la nullità del finanziamento stesso contratto». In base poi all’art. 161, comma 7-ter, TUB, «Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 120-ter si applicano ai contratti di mutuo per mancanza l'acquisto della prima casa stipulati a decorrere dal 2 febbraio 2007 e ai contratti di forma scritta ed altri elementi emutuo per l’acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche stipulati o accollati a seguito di frazionamento, infineanche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, effettuare un controllo sul tasso applicato n. 122, a decorrere dal 3 aprile 2007. La misura massima dell'importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale dei mutui indicati nel comma 1 dell'articolo 120-ter stipulati [come quello ora in esame] antecedentemente al 2 febbraio 2007 è quella definita nell'accordo siglato il 2 maggio 2007 dall'Associazione bancaria italiana e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatidalle associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale, ai sensi dell'articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206». L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiRicostruito in questi termini il quadro normativo, la questione misura massima della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata di contratti di mutuo immobiliare stipulati, qual è quello oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso controversia, prima del 2 febbraio 2007, è quella prevista dall’Accordo ABI – CNCU del 2 maggio 2007, richiamato dalla resistente. Sul punto, le previsioni dell’Accordo sono chiare nel prevedere che «per i contratti di mutuo a tasso fisso stipulati successivamente al 31 dicembre 2000» la misura massima della penale è pari a «1,90 punti percentuali nella prima metà del periodo di ammortamento del mutuo»; con la precisazione che, qualora le «penali contrattualmente previste» siano «in data 12.1.2009misura pari o inferiore alle misure massime sopra indicate», le penali così previste subiscono un’ulteriore riduzione pari, per i «mutui a tasso fisso» stipulati successivamente al 31 dicembre 2000, a «0,25 punti percentuali». Pertanto sussiste Orbene, dalla lettura del contratto di mutuo, concluso dalla ricorrente, risulta la competenza ratione temporis previsione di questo Arbitro come modificata dal provvedimento una penale per il caso di “Revisione” 12/12/2012anticipata estinzione nella misura del 3%, entrato in vigore il 1° gennaio 2012misura evidentemente superiore a quella massima richiamata dall’Accordo ABI – CNCU del 2 maggio 2007. Deve, pertanto, ritenersi corretta e conforme al dettato normativo la condotta dell’intermediario resistente, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative ha provveduto a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come determinare la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un penale dovuta dalla ricorrente per l’estinzione del contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.dmutuo a tasso fisso stipulato nell’anno 2004 nella misura dell’1,9%, anziché del 3% come contrattualmente previsto, senza applicare l’ulteriore riduzione dello 0,25%, prevista unicamente per l’ipotesi di penale negozialmente fissata in una misura pari o inferiore all’1,90% indicato dall’Accordo ABI – CNCU del 2 maggio 2007. multicontoSulla base di questi dati risulta dunque correttamente applicata la penale dell’1,90% sul capitale residuo, pari a: 100.014,61 x 0,019 = 1.900,27 euro. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoI restanti euro 149,21, addebitati al momento dell’estinzione anticipata (in occasione della richiesta eccesso rispetto a quanto in precedenza comunicato), sembrerebbero riferibili agli interessi maturati successivamente al primo conteggio effettuato, ma sul punto non vi è specifica contestazione da parte del cliente ricorrente. Non può dunque essere accolta la domanda restitutoria. Ciò posto la condotta della banca deve essere scrutinata sotto il profilo della conformità ai canoni di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziocorrettezza e diligenza che ne devono informare l’operato, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al al fine di pervenire ad verificare la sussistenza di una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato responsabilità in capo alla carta di credito revolving medesima. Ed invero deve rilevarsi che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) contestato il fatto che la discordanza tra l’importo comunicato al ricorrente e quello a costui addebitato sia dovuto ad un errore ascrivibile alla resistente nell’effettuare il primo conteggio di estinzione; altrettanto incontestata è la circostanza – ancor più grave - per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»cui il ricorrente non sia stato preventivamente informato del maggior addebito. Nel caso oggetto di in esame ad avviso del Collegio emerge infatti una palese violazione dei princìpi di coordinamentocorrettezza e buona fede e di protezione della controparte che avrebbero dovuto caratterizzare l’agire dell’intermediario resistente. Non senza ribadire come il grado di diligenza cui è tenuto l’intermediario nell’esecuzione delle disposizioni che gli siano state impartite dal cliente è particolarmente elevato e qualificato, come infatti, deve essere individuato nella diligenza del c.d. bonus argentarius (cfr. Cass., 12 giugno 2007, n. 13777, secondo cui «ai sensi dell’art. 1176 c.c., 2° comma, la banca appellata, la quale, svolgendo attività professionale, deve adempiere tutte le obbligazioni assunte nei confronti dei propri clienti con la diligenza particolarmente qualificata dell’accorto banchiere, non solo con riguardo all’attività di esecuzione di contratti bancari in senso stretto, ma anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza relazione ad ogni tipo di molto tempo (nel gennaio 2009atto o di operazioni oggettivamente esplicati») dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/20131362/2014). Ne deriva che l’assetto Appare evidente come nella vicenda in contestazione la banca resistente sia venuta meno a tale obbligo di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito diligenza qualificata nella fase di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità estinzione del contratto di finanziamento rotativonon comunicando preventivamente ed in maniera puntuale e trasparente l’importo dovuto dal cliente che si è ritrovato addebitato un importo superiore rispetto a quello preventivato. Tuttavia a fronte della acclarata responsabilità della banca, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione appare del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusionetutto assente qualsiasi indicazione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato circa il pregiudizio che al medesimo sarebbe derivato dal ritardo e dalle modalità con modalità le quali è venuto a conoscenza dell’importo realmente dovuto per l’estinzione, non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cpotendo quindi trovare accoglimento la domanda risarcitoria.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorso non appare fondato e dunque non può essere accolto. In via preliminare, coniuge del titolare debbono essere rigettate le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla parte resistente, risultando sufficientemente chiari sia il petitum che la causa petendi, e rinvenendosi in definitiva, già nel reclamo, le medesime contestazioni poi sollevate nel ricorso (ora deceduto) ad eccezione della richiesta di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva rimborso della perizia, contenuta per la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoprima volta nelle repliche alle controdeduzioni della banca). Ciò premesso, chiede che osserva il Collegio voglia dichiarare la nullità come, ai fini della decisione, sia prioritario l’inquadramento del finanziamento stesso contratto per mancanza cui è controversia nello schema del leasing finanziario oppure di forma scritta ed altri elementi equello operativo, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare posto che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattiriconduzione all’uno o all’altro schema negoziale discende l’applicabilità, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012o meno, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame normativa richiamata da parte dell’ABF ricorrente. Ed invero – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato quanto alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa disciplina in materia di trasparenza – premesso che, a norma degli artt. 10 e 106 T.U.B., gli intermediari possono svolgere attività bancaria/finanziaria ed attività ad essa “Trasparenza delle operazioni connessa” o “strumentale”, e servizi bancari e finanziari” (che l’art. 1, sez. III, pardelle Disposizioni di Vigilanza (circ. 2)n. 288, del 3 aprile 2015 della Banca d’Italia) chiarisce che il leasing operativo costituisce attività “connessa”, ne deriva che, stabilendo l’art. 1.1, sez. I, delle Disposizioni sulla Trasparenza (circ. del 29 luglio 2009 della Banca d’Italia) che le disposizioni in materia di trasparenza si applicano alle attività “aventi natura bancaria e finanziaria offerti dagli intermediari”, parrebbe doversi escludere, a contrariis, che esse si applichino alle attività “connesse” o “strumentali”, in linea peraltro con la dottrina più accreditata in subiecta materia. Quanto, invece, all’applicabilità della normativa anti-usura, le “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura” della Banca d’Italia dispongono espressamente, alla lett. B1, che “non rientrano nella rilevazione le operazioni di leasing operativo caratterizzate dall’assenza dell’opzione finale di acquisto”. Alla luce di quanto precede, dunque, laddove il contratto per cui è controversia risultasse effettivamente un leasing “operativo”, qualsiasi valutazione circa la fondatezza, nel merito, delle contestazioni sollevate dall’istante, rimarrebbe assorbita dall’inapplicabilità al caso di specie delle disposizioni di legge invocate. Ebbene, ad avviso del Collegio, lo schema negoziale in concreto adottato dalle parti va senz’altro ricondotto proprio a quello del leasing operativo. Con riguardo alla distinzione fra leasing finanziario e operativo, infatti, questo Arbitro ha già avuto modo di osservare che, «la forma scritta a differenza che in un leasing finanziario, dove all’utilizzatore viene per definizione accordato il diritto di rendersi acquirente del bene a fine contratto, nel leasing operativo, di norma, tale facoltà non è obbligatoria: a) per le operazioni prevista sicché, salvo diverso e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaispecifico accordo, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.dè tenuto a restituire il bene all’intermediario. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene Naturalmente, […] l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosineutralizza tale rischio pattuendo, nel diverso contratto col fornitore, l’obbligo in capo a quest’ultimo di riacquistare il bene alla scadenza: obbligo che l’intermediario naturalmente attiverà solo nel caso in cui non raggiunga nel frattempo un diverso accordo con il cliente al fine di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un trasferire a quest’ultimo la proprietà del bene di consumo stesso» (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (cfr. Coll. Romadi Milano, dec. n. 187/20138507/2015). Ne deriva che l’assetto Del resto, le Disposizioni di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta Vigilanza della Banca d’Italia (circ. n. 288 del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia3 aprile 2015), non essendo ovviamente consentito che ammontarenel definire lo schema negoziale del leasing operativo, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità fanno espresso riferimento – ed anzi condizionano l’esercizio dell’attività in questione da parte degli intermediari – alla previsione all’interno del contratto di finanziamento rotativoleasing di un “obbligo di riacquisto del bene da parte del fornitore”, allo scopo di trasferire in capo ad altri soggetti ogni rischio e responsabilità concernenti il bene locato. In ossequio, dunque, ai principi di diritto sopra riportati, tenuto conto della mancata previsione della facoltà di riscatto nel contratto di leasing, nonché addirittura della previsione (incompatibile con l’esercizio del riscatto da parte dell’utilizzatore) dell’obbligo di riacquisto da parte del fornitore, il contratto dedotto in giudizio pare, in applicazione dell’art. 117conclusione, co. 1 e 3doversi senza dubbio considerare quale leasing operativo (coerentemente, TUB (anche peraltro, con la qualificazione impressa dalle parti in quanto fatto oggetto sede di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-temporestipula). PeraltroNon potendo trovare applicazione, pertanto, le disposizioni di legge invocate dall’istante, il ricorso deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.crigettato.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La Il Collegio deve preliminarmente dar conto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto, il quale sostiene che, ai sensi degli accordi intervenuto con l’intermediario che ha provveduto al collocamento del finanziamento (cd. accordo di internalizzazione), tenuto al “soddisfacimento di eventuali pretese e/o reclami – anche innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario (ABF) o altre Autorità – avanzati dal Mutuatario e/o da terzi” sia esclusivamente il mandatario medesimo. Tale eccezione non può essere accolta. Costituisce infatti consolidato orientamento di questo Collegio (e v., ad es., ABF Napoli, n. 6047/2014) ““Infondata e perciò immeritevole di accoglimento è l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla parte resistente, in quanto la conclusione del rapporto di finanziamento per il tramite di società mandataria del finanziatore impone una considerazione unitaria dell’assetto degli interessi globalmente perseguito dalle parti, di guisa che la mandante, proprio in forza del contratto che la lega alla mandataria, non può certamente essere considerata estranea al rapporto o mera custode di quest’ultima”. Tanto premesso, può esaminarsi la domanda del ricorrente di accertamento del proprio diritto alla restituzione di quota parte degli oneri commissionali ed assicurativi connessi al finanziamento anticipatamente estinto rispetto al termine convenzionalmente pattuito, in applicazione del principio di equa riduzione del costo dello stesso, sancita all’art. 125- sexies t.u.b. In conformità alla ormai consolidata giurisprudenza dei tre Collegi di questo Arbitro, ed alla stregua degli indirizzi della Banca d’Italia rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, si è stabilito che la concreta applicazione del principio di equa riduzione del costo del finanziamento determina la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (cc.dd. recurring), che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale. Per converso, si è confermata la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipate (cc.dd. up front). Per quanto concerne il criterio di calcolo del rimborso spettante al ricorrente, coniuge il Collegio ritiene di applicare l’orientamento del titolare Collegio di coordinamento di questo Arbitro (ora deceduto) cfr. dec. n. 6167/2014), secondo cui il criterio pro rata temporis è il più logico e, al contempo, il più conforme al diritto ed all’equità sostanziale. Posto quanto precede, in relazione alla commissione in favore dell’intermediario mandante, dalla lettura della relativa clausola contrattuale, emerge che la stessa sia stata corrisposta al fine di un remunerare attività eterogenee non tutte ascrivibili alla fase prodromica alla concessione del prestito (quali, esemplificativamente, “l’esame della documentazione, la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione, gli oneri per l’acquisizione della provvista, la elaborazione dei dati in funzione della legge 197/91, etc.: cfr. lett. a1). Pertanto, in considerazione dell’estinzione anticipata del finanziamento in corrispondenza della quarantanovesima rata di ammortamento (su centoventi complessive), deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata di detta commissione, pari ad euro 416,98. In ordine alla commissione prevista per l’intermediazione del prestito, va rilevato che l’esplicito riferimento nella relativa clausola contrattuale alla “garanzia non riscosso per riscosso” lascia presumere che le attività remunerate dalla commissione in questione non sono tutte ascrivibili alla fase prodromica alla concessione del prestito; in tal caso, l’opacità della clausola dipende dall’indistinto riferimento sia ad attività recurring, sia ad attività up front. Pertanto, in considerazione dell’estinzione del finanziamento in corrispondenza della quarantanovesima rata di ammortamento, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata di quest’ultima commissione, pari ad euro 1.187,12. Non sfugge peraltro al Collegio che il ricorrente ha già ottenuto, in sede di conteggio estintivo, la somma di euro 120,70 a titolo di “abbuono spese per rata”. Del pari, va riconosciuto alla ricorrente il diritto al rimborso della quota parte del premio assicurativo versato in relazione al contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoanticipatamente estinto, chiede che stante il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis consolidato orientamento di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012(da ult., entrato in vigore il 1° gennaio 2012ABF Napoli, che alla Sez. I^5566/2015 e 6047/2014), § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata vieppiù avvalorato dalla decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto di questo Arbitro (cfr. dec. n. 6167/2014), in ordine alla sussistenza del collegamento negoziale tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltropolizza assicurativa, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, quale trova nella legge n. 221/2012 il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»suo riconoscimento normativo. Pertanto, se spetta a tale titolo al ricorrente il contratto rimborso della somma di euro 370,97. Infine, in merito alla richiesta del ricorrente del rimborso delle spese legali, è orientamento di questo Collegio (cfr. ABF Napoli, 3498/2012) che, là dove sia dimostrato che la parte ricorrente si sia avvalsa, nell’intero snodo procedimentale che va dal reclamo al ricorso, dell’ausilio di un difensore sopportandone il relativo costo, quest’ultimo possa e debba prendersi in considerazione, in caso di accoglimento del ricorso che si concluda con l’accertamento di un diritto risarcitorio, non già quale autonoma voce di rimborso non prevista dal Reg. ABF, bensì quale componente del più ampio pregiudizio patito dalla parte ricorrente, da questo Collegio liquidato equitativamente in euro 200,00. In considerazione di quanto precede, il Collegio non reputa congrua la somma che la convenuta si è dichiarata disponibile a riconoscere al ricorrente e riconosce il diritto di quest’ultimo ad ottenere dall’intermediario, al netto di quanto già restituito in sede di conteggio estintivo, l’importo complessivo di euro 1.854,37 a titolo di commissioni e premio assicurativo per il periodo di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene non goduto, oltre interessi legali dal reclamo (che ha valore giuridico di consumo – il quale non entra formale messa in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cmora) al soddisfo.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La domanda del ricorrente è relativa all’accertamento del proprio diritto al rimborso delle commissioni finanziarie e accessorie, oltre che del premio assicurativo e delle spese di istruttoria, in conseguenza dell’estinzione anticipata di un finanziamento. Tale diritto al rimborso trova il proprio fondamento nel principio della equa riduzione del costo del finanziamento, sancito dal t.u.b. (già all’art. 125, comma 2, oggi all’art. 125- sexies), oltre che nella normativa speciale che regola i contratti di finanziamento garantiti dalla cessione del quinto della retribuzione (d.p.r. n. 180/1950): in ossequio a tale principio, lo stesso Governatore della Banca d’Italia ha fornito chiare ed in equivoche indicazioni agli operatori operanti in detto settore (cfr. comunicazioni del 10 novembre 2009 e del 7 aprile 2011), che già i tre Collegi di questo Arbitro avevano anticipato, differenziando nettamente, tra le voci di costo imposte alla clientela, le commissioni anticipate all’intermediario in relazione allo svolgimento di attività preliminari alla concessione del prestito (cc. dd. commissioni up front) da quelle relative a prestazioni continuative in relazione all’intera durata del finanziamento (cc.dd recurring). Alla luce del richiamato principio, la stessa Autorità di vigilanza – con le citate istruzioni – ha inteso porre grande rilievo sulle modalità di redazione dei testi contrattuali, nella parte destinata alla descrizione della natura delle attività remunerate dai soggetti finanziati, mediante la corresponsione delle relative commissioni: ciò non solo al fine di rendere edotti i consumatori dei costi effettivi connessi alle operazioni di prestito, ma anche al fine di rendere più agevole l’identificazione e la successiva quantificazione delle quote retrocedibili in caso di estinzione anticipata. Ciò premesso, il Collegio non può mancare di rilevare che nessuna delle parti abbia allegato integralmente la documentazione contrattuale, essendosi limitato il solo ricorrente a depositare copia parziale del contratto, dal quale tuttavia non può evincersi alcuna descrizione degli oneri commissionali dallo stesso corrisposti al momento della stipula del finanziamento. Tale carenza sul piano documentale, in violazione dei principi relativi alla distribuzione dell’onere probatorio a carico delle parti costituite, rappresenta una palese ed evidente violazione dei principi di trasparenza, nonché di quelli specificamente connessi alla conoscibilità delle componenti di costo sottese al diritto alla restituzione di quelle non soggette a maturazione nel tempo, determina il riconoscimento del diritto del ricorrente alla restituzione di tutte le voci commissionali, calcolate in misura proporzionale alla vita residua del finanziamento anticipatamente estinto. Quanto alle commissioni finanziarie, non sfugge che l’intermediario abbia già provveduto ad un rimborso in occasione dell’estinzione anticipata del finanziamento (riportato nel conteggio come “abbuoni commissioni bancarie” e pari ad euro 268,07), calcolato, secondo la prospettazione di parte resistente, seguendo l’impostazione del piano di ammortamento c.d. “alla francese”, distribuendo l’ammontare complessivo delle commissioni per ciascuna rata del piano di ammortamento. A tale riguardo il Collegio, pur consapevole del proprio consolidato orientamento sulla applicabilità di metodi di calcolo siffatti, deve prendere atto di una recente decisione del Collegio di coordinamento di questo Arbitro, che è intervenuta (tra le altre questioni) proprio su quella relativa ai criteri di calcolo per la determinazione dei rimborsi da parte degli intermediari, sulla quale lo stesso ricorrente sollecitava l’intervento. Tale decisione – alla luce di una interpretazione complessiva del quadro normativo, primario e secondario, ispirata al principio di trasparenza e alla conoscibilità ex ante delle condizioni economiche applicabili a queste forme di finanziamento, nonché alla tutela dell’integrità dei mercati – ha inteso riconoscere l’incongruità di criteri di calcolo diversi da quello c.d. proporzionale puro, ed in particolare quello che – come nel caso di specie – applichi il sistema di computo degli interessi anche ai costi recurring. In particolare, nella rassegnata decisione, si afferma che “tali costi in realtà remunerano, e quindi sono corrispettivi allo svolgimento di attività amministrative del rapporto, sicché il loro costo, al netto di fattori esogeni, è costante in pendenza di rapporto, perché il tempo e le energie dedicate al loro svolgimento è indipendente dall’ammontare delle somme amministrate ed è piuttosto correlato alle complicazioni della normativa che si deve applicare, sicché anche diminuendo l’ammontare complessivo del prestito amministrato i costi recurring non variano e non ha alcun senso imputare diversamente nel tempo il loro ammontare. Da ciò deriva il convincimento che in riferimento a detti costi il criterio pro rata temporis è il più logico e, con ciò stesso, il più conforme al diritto ed all’equità sostanziale” (cfr. dec. n. 6167/2014). Deve pertanto essere riconosciuto il diritto del ricorrente al rimborso ulteriore, oltre agli abbuoni già riconosciuti, della somma di euro 354,05. Riguardo alle commissioni accessorie, invece, deve innanzitutto prendersi in considerazione la domanda di restituzione integrale della quota destinata alla remunerazione della provvigione per l’agente/mediatore avanzata dal ricorrente, coniuge il quale intende far rilevare la nullità della clausola. L’invalidità di tale pattuizione negoziale deriverebbe dalla violazione della forma scritta del titolare contratto di mediazione, prescritta dal provvedimento UIC del 2005: a tale specifico riguardo, la rassegnata decisione del Collegio di coordinamento di questo Arbitro ha precisato che “effettivamente il Provvedimento dell’UIC del 29/04/2005, emanato ai sensi dell’art. 5 comma 1 del D.P.R. n. 287/2000, stabilisce che il contratto debba rivestire forma scritta dato che la mediazione sarebbe avvenuta tramite l’attività di un intermediario finanziario ex art. 106 TUB., ma poiché il contratto è stato eseguito e risulta documentalmente che la provvigione mediatizia è stata pagata, la pretesa nullità del contratto è solo il presupposto di una normale azione di ripetizione dell’indebito, la quale non può che svolgersi nei confronti del mediatore stesso. Non sussiste infatti alcuna fonte idonea a configurare l’assunzione di una responsabilità dell’intermediario per l’ipotesi di invalidità del contratto di mediazione; né a tale fine sarebbe idoneo configurare l’ipotesi del collegamento negoziale perché i contratti collegati rimangono contratti distinti ed il collegamento istituisce solo la loro interdipendenza conferendo una regolamentazione unitaria delle vicende relative alla permanenza del vincolo contrattuale, per cui essi simul stabunt, simul cadent (ora deceduto) Cfr. Cass. civ., sez. III, 22- 03-2013, n. 7255); eventualità che nel caso non sarebbe di alcuna utilità per la ricorrente. Diverso sarebbe stato il caso se a suo tempo il cliente, sulla base del difetto di forma scritta del contratto di mediazione, avesse chiesto, o ingiunto, all’intermediario di non procedere al pagamento della provvigione a favore del mediatore stesso. Ma una volta che l’intermediario a ciò delegato abbia provveduto al pagamento suddetto, l’azione di ripetizione dell’indebito, fondata sul difetto di forma scritta ad substantiam del contratto che è relativo solo al cliente ed al mediatore, non può rivolgersi nei confronti del solo intermediario che nella fattispecie ha assunto il ruolo di mandatario del cliente, perché diviene palese il difetto di legittimazione passiva del soggetto convenuto. Perciò la domanda principale formulata dalla ricorrente a questo riguardo non può accogliersi”. Il ricorrente, tuttavia, ha chiesto in via subordinata la restituzione in misura proporzionale delle stesse commissioni; anche con riferimento a detta voce, risulta per tabulas che l’intermediario abbia inteso riconoscere un abbuono in occasione del rilascio del conteggio di anticipata estinzione, pari ad euro 602,89 imputato a “commissioni finanziarie”: importo calcolato sulla base dei medesimi criteri di calcolo già censurati. Pertanto, va riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata delle commissioni accessorie, al netto dell’abbuono già riconosciuto, pari ad euro 971,21. Con riferimento alla domanda di restituzione del premio assicurativo, negli ormai numerosi precedenti sottoposti al vaglio di questo Arbitro, si è avuto modo di chiarire che, contrariamente alla ricostruzione dell’intermediario, la disposizione contenuta nell’art. 22 della legge n. 221/2012 – effettivamente conforme al dato testuale riveniente nell’art. 49 del regolamento Isvap n. 35/2010 – abbia inteso sancire a livello normativo la sussistenza di un evidente collegamento negoziale ogni qualvolta l’adesione ad una polizza assicurativa sia associata alla sottoscrizione di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati(cfr. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. RomaNapoli, dec. n. 187/2013)nn. Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato873, nei suoi elementi essenziali796, solo a seguito di una nuova fase costitutiva298, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente140, ma in palese assenza46/2013; 2613, allora2612, dei requisiti di forma imposti2610, a tutela del cliente2439, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)2280, non essendo ovviamente consentito che ammontare1720, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano746/2012; 1073, poi359, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, 2466/2011; Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012nn. 1138/2013; 1979, 491/2012; Collegio di Milano, dec. nn. 980, 480, 432/2013; 2730, 2055, 776, 195/2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità Tale associazione, invero, pur operata mediante la stipulazione di due contratti distinti sotto il profilo formale, realizza un’operazione economico-giuridica che può essere apprezzata esclusivamente in modo unitario: la comune intenzione delle parti, infatti, fa in modo che il contratto di assicurazione devii dalla propria causa tipica per essere destinato a coprire il rischio da eventi che impediscano l’integrale restituzione dell’importo finanziato. Pertanto, sia dal punto di vista soggettivo sia dal punto di vista oggettivo, viene in essere un collegamento negoziale che rende le vicende del contratto principale, qual è quello di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito credito al consumo, rilevanti anche per quello accessorio, qual è il contratto assicurativo (artcfr. 2033 c.cCass., 16 febbraio 2007, n. 3645; Cass., 10 luglio 2008, n. 18884). La somma ricevuta Nel caso di specie, l’anticipata estinzione del finanziamento determina il venir meno del rischio (oggetto della polizza) della mancata restituzione integrale dell’importo finanziato; ne consegue che la quota del premio corrisposto per intero al momento della stipula del prestito, corrispondente alla parte relativa alla vita residua del finanziamento, determini un trasferimento patrimoniale privo della necessaria giustificazione causale, con conseguente obbligo di restituzione in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)favore del sovvenuto. In casi virtù del genererichiamato collegamento negoziale, richiamandosi l’obbligo restitutorio può ben essere posto in capo al soggetto finanziatore, posto che questi ha collocato anche il prodotto assicurativo vedendosi corrisposto il versamento del relativo premio; nei rapporti con il soggetto finanziato, dunque, non assume rilievo la circostanza che tale somma sia in effetti meramente custodita dal finanziatore, che è tenuto a versarla alla più compagnia di assicurazione. Né tale ricostruzione può evincersi dalla lettura delle norme citate dal resistente. La legge n. 221/2010, infatti, così come il regolamento Isvap n. 35/2010, non sono norme volte citata pronuncia ad identificare il soggetto legittimato alla restituzione, ma al contrario sono disposizioni che mirano essenzialmente a stabilire l’obbligo restitutorio in favore del sovvenuto proprio in ragione del descritto collegamento negoziale: obbligo che, per le ridette ragioni, può essere posto anche in carico all’intermediario collocatore della polizza. In tale contesto devono essere collocate anche le linee guida di cui all’accordo Abi-Ania del 2008, oggetto della decisione del Collegio di coordinamento (n. 3257 di questo Arbitro rassegnata in precedenza, nella quale si è rilevato che esso “trova il suo fondamento nella considerazione realistica dell’assetto di interessi che viene posto in essere, secondo una prassi consolidata – e nel caso di cessione del 2012)quinto anche in base a disposizioni legislative – relativamente alle modalità di pagamento del premio assicurativo connesso al contratto di finanziamento. La prassi di versare il premio assicurativo in una unica soluzione anticipata è invalsa per garantire il finanziatore, ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiensche è il beneficiario, conseguente all’accertata inefficacia formale o, comunque, sostanziale, della copertura assicurativa, contro l’eventualità del contrattomancato pagamento dei premi da parte del finanziato assicurato, direttamente posto che in tal caso l’efficacia del contratto di assicurazione sarebbe sospesa ex lege ex art. 1901 c.c., vanificando lo scopo per cui il contratto stesso è stato concluso. Per evitare simile eventualità, la prassi prevede che il premio unico sia normalmente corrisposto all’assicuratore dal finanziatore che aggiunge al contrattocapitale prestato la somma corrispondente all’ammontare del premio unico e pertanto calcola tale ulteriore finanziamento nell’ammontare delle rate di ammortamento. Pertanto se il versamento anticipato tutela soprattutto, anche se non solo, l’interesse del finanziatore si deve osservare che l’onere assunto dagli associati ABI a farsi carico di anticipare al cliente il relativo assetto sinallagmatico rimborso della quota di premio non potrà non influire sulla complessiva configurazione goduto in caso di estinzione anticipata, appare del tutto simmetrico al vantaggio ottenuto mediante il versamento anticipato dell’intero premio assicurativo effettuato dal finanziatore, ma con onere economico interamente a carico del cliente. Sotto il profilo giuridico formale l’accordo suddetto configura una ipotesi di assunzione del debito altrui di cui esistono varie ipotesi nel nostro ordinamento positivo. Il codice civile prende in considerazione e disciplina la delegazione, l’espromissione e l’accollo che hanno in comune il risultato pratico dell’assunzione dell’obbligo altrui, ma il sistema conosce numerose ipotesi in cui l’assunzione del debito si produce in virtù di previsione legale, cui si affianca, come nel caso in esame, la fonte derivante dall’esercizio della obbligazione restitutoria medesimaautonomia collettiva. Prescindendo da un esame più analitico è solo da ricordare che tutte le diverse concretizzazioni del fenomeno producono il normale effetto del cumulo di responsabilità, risultando allora chiaro comesicché potrebbe giovare il ricordo della distinzione cara alla più risalente dottrina tra dovere di prestare e garanzia patrimoniale, per sottolineare che nella ipotesi in esame se il mutuo oneroso (e i contratti affini)debito restitutorio rimane imputabile al solo assicuratore, la “rispondenza” alla pretesa restitutoria nascente dall’accertamento del cliente è estesa all’intermediario finanziatore che ha assunto, alla luce della inefficacia simmetria sopra rilevata ed anche per semplificare la esecuzione dei rapporti patrimoniali, una posizione di responsabilità-garanzia della corretta restituzione” (cfr. dec. 6167/2014). Pertanto va riconosciuto in capo al ricorrente il diritto alla restituzione della somma di euro 274,75. Va altresì riconosciuto il diritto del contratto ricorrente alla ripetizione della quota non possa limitarsi alla sola sommamaturata delle spese contrattuali, per un importo calcolato in misura proporzionale e quantificato in euro 168,00. Deve invece essere respinta la domanda di restituzione integrale della commissione di anticipata estinzione: deve rilevarsi, infatti, che la somma addebitata corrisponda invero al compenso pari all’1% del capitale residuo contrattualmente previsto e legittimamente applicato, non ricorrendo alcuna delle esimenti di cui all’art. 125-capitalesexies commi 2 e 3 , restandot.u.b. Parimenti, altrimentideve essere respinta la domanda risarcitoria, priva in ragione del mancato assolvimento del necessario onere probatorio in relazione all’asserito nocumento subito, sia di reintegrazionecarattere patrimoniale sia di carattere morale. Il Collegio dispone che sulle somme così riconosciute vadano computati gli interessi al tasso legale, a far data da entrambi i reclami; dispone altresì che vada disposta la rifusione delle spese di assistenza difensiva, da considerarsi quale una delle voci del più complessivo ristoro riconosciuto in favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti)ricorrente, quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziequitativamente determinato in euro 200,00.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge controversia ha per oggetto la legittimità del charge-back riconosciuto dall’intermediario resistente a favore del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoper una prenotazione alberghiera, chiede il quale non aveva più usufruito della prenotazione effettuata, senza però provvedere a cancellarla (cd “no show”). Il titolare della carta aveva aperto la procedura di charge back nei confronti della società ricorrente per ottenere lo storno dell’importo addebitato al momento della prenotazione. Parte ricorrente contesta tale storno, richiamando la propria cancellation policy, ma l’intermediario resistente oppone che il Collegio voglia dichiarare comportamento dell’esercente e la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare sua cancellationpolicy sono in contrasto con il “Regolamento Servizi distintivi alberghi” (allegato in copiafirmata dalla società ricorrente) che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto integra le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità condizioni generali del contratto di finanziamento collegato convenzionamento In effetti, il Collegio riscontra la validità delle osservazioni di parte resistente, dal momento che detto Regolamento prescrive una serie di formalità che parte attrice deve eseguire per poter fruire della procedura di “no show”; in particolare, richiede che l’esercente invii una comunicazione scritta al cliente contenente, oltre alla carta descrizione del soggiorno, dei dati per l’identificazione di credito revolving che nel quest’ultimo, il corrispettivo del soggiorno e l’eventuale anticipo richiesto, le modalità per la cancellazione e la responsabilità in caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (mancata presentazione; il tutto completato con l’assegnazione di un codice di prenotazione e conferma scritta dell’esercente. Solo se ha rispettato queste prescrizioni, l’esercente - in caso di mancato arrivo del cliente - potrà addebitare l’importo corrispondente a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)un pernottamento. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del A queste ragioni che militano a favore dell’intermediario si uniformano le decisioni n. 3299/2012 e n. 5103/2013, con le quali il Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere ha stabilito il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con principio per cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa clausola di chargeback è nulla ai sensi dell’art. 1171229 c.c. ogniqualvolta una sua estrema genericità “conduca all’esclusione di responsabilità dell’emittente”, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso anche ove lo stesso dovrebbe rispondere a titolo di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmentedolo o colpa grave, ma in palese assenzamantiene la propria validità allorché la circostanza che ha reso necessario il chargeback scaturisca dall’inadempimento dell’esercente ai doveri di diligenza e prudenza che gli competono. In questo senso del resto si è anche espressa Cass. civ., allorasentenza n. 16102/2006, dei requisiti secondo cui, “nell’eseguire i doveri di forma impostiverifica prescritti dalla convenzione di associazione, l’esercente deve usare la diligenza del buon padre di famiglia e sopporta le conseguenze della loro violazione anche se questa sia imputabile a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Collcolpa lieve. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, Trova infatti applicazione la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione norma dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 1061176, comma 1, c.c., mentre non si applica né l’art. 1189, comma 1, né l’art. 1992, comma 2, c.c.”. Infine, merita menzione la già segnalata decisione n. 2199/2012, con la quale il Collegio di coordinamento ha affermato che di norma il riaddebito del testo unico bancario unicamente chargeback “è reso possibile da talune disposizioni contenute nei contratti di convenzionamento i quali, di norma contemplano un triplice ordine di presidi: per l'acquisto un verso, l’esercente è tenuto ad osservare talune regole operative e ad assolvere talune formalità volte ad accertare l’identità dell’utilizzatore della carta; per altro verso, in caso di propri beni disconoscimento dell’operazione, l’esercente, su richiesta dell’emittente, deve prestare un servizio di cooperazione informativa, principalmente consistente nel mettere a disposizione dell’emittente la documentazione di vendita (scontrini, fatture, copie della ricevuta sottoscritta da colui che abbia utilizzato la carta e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertantocosì via); per altro verso, se infine, il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto convenzionamento include una clausola di chiusura, tesa ad addossare, in ogni caso e senza condizione alcuna, all’esercente il rischio relativo al disconoscimento all’utilizzatore”. Il mancato rispetto di siffatte condizioni produce l’illiceità del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialechargeback, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso che non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, quindi essere lamentato dall’esercente che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti dette condizioni non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cha adempiuto.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrentecontroversia riguarda la mancata ammissione del ricorrente a godere della sospensione del pagamento dei canoni di in contratto di leasing, coniuge ai sensi dell’art. 56 d.l. n. 18/2020, e la indebita segnalazione del titolare (ora deceduto) ricorrente stesso presso la Centrale dei Rischi, per il mancato pagamento di canoni, con conseguente richiesta di risarcimento del danno. In via principale, il ricorrente chiede, premessa ogni statuizione inerente alla cessazione del contratto di leasing in oggetto, che venga accertato e dichiarato il proprio diritto ad ottenere la sospensione del pagamento dei relativi canoni, dal mese di ottobre 2020 sino al 30 giugno 2021 ex art. 56, d.l. n. 18/2020. La domanda non merita di essere accolta. Il caso di specie può così essere ricostruito. In data 13 novembre 2018, il ricorrente stipulava con l’intermediario un contratto di finanziamento locazione finanziaria avente ad oggetto un macchinario, della durata di sessanta mesi (e, quindi, sino al 1° novembre 2023) e con canone periodico mensile. Con comunicazione in data 24 aprile 2019, il ricorrente informava l’intermediario concedente della propria intenzione di recedere dal contratto di leasing, in conseguenza del malfunzionamento del macchinario. Il Collegio rileva altresì che, dalla documentazione in atti risulta, precedentemente alla dichiarazione di recesso da parte del ricorrente, il mancato pagamento di due canoni scaduti, e che in aggiunta prevedeva data 29 aprile 2019 l’intermediario aveva inviato al ricorrente una lettera di pre-risoluzione, invitandolo alla regolarizzazione della propria posizione. Nel mese di settembre 2019 l’intermediario aveva accordato al ricorrente un piano di rientro, configurabile come una rinegoziazione dei termini di pagamento dell’insoluto su richiesta del ricorrente, con una ulteriore rateizzazione in dieci rate assistite da effetti cambiari, precisandosi che “l’accettazione degli effetti cambiari non costituisce novazione rispetto agli obblighi contrattuali assunti”. Il tutto accompagnato dalla ripresa dl pagamento regolare dei canoni a partire da quello in scadenza l’1 ottobre 2019. Intervenuta la possibilità crisi economica da pandemia, la società ricorrente ha formulato richiesta di sospensione dei canoni del rilascio contratto di leasing in contestazione, una carta di credito ad uso rotativoprima volta con nota del 16.3.2020, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità e successivamente, richiamando l’art. 56 del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi eD.L. n. 18/2020, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatiin data 20.3.2020. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudizialiriscontrato la richiesta con e-mail del 28.9.2020, tuttavia occorre precisare comunicando alla cliente di aver “accolto la … richiesta di sospensione del pagamento del contratto di leasing, allegando a tale comunicazione la bozza di un “Atto integrativo”, che dalla documentazione agli atti non emergono profili conteneva la ridefinizione del piano di inammissibilità ammortamento. L’intermediario ha ripetutamente sollecitato la sottoscrizione da parte della cliente di tale atto integrativo, in particolare con e-mail del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF16.12.2020. DifattiCosì ricostruita la vicenda, emerge che la domanda del ricorrente sia rivolta ad ottenere pronunce che esulano dall’ambito di competenze di questo Arbitro. In primo luogo, con riferimento alla statuizione incidentalmente richiesta in ordine alla cessazione col contratto di leasing, questa presupporrebbe l’accertamento della difettosità del bene oggetto di leasing, la questione cui cognizione è preclusa all’organo qui adito. Infatti, ai sensi dell’art. 2, comma 5 della Deliberazione Cicr n. 275 del 29 luglio 2008, che ha stabilito i criteri per lo svolgimento delle procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie e ha affidato alla Banca d'Italia il compito di curarne l'organizzazione e il funzionamento, “sono esclusi dalla cognizione dell'organo decidente i danni che non siano conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento o della violazione dell'intermediario, nonché le questioni relative a beni materiali o a servizi diversi da quelli bancari e finanziari oggetto del contratto tra il cliente e l'intermediario ovvero di lite attiene contratti ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009esso collegati”. Pertanto sussiste la Del pari destinata a fuoriuscire dalla competenza ratione temporis di questo Arbitro è la domanda concernente il riconoscimento del diritto di ottenere la sospensione dei canoni, ai sensi dell’art. 56 d. l. 18/2020. Il menzionato art. 56 prevede che: “1. Ai fini del presente articolo l’epidemia da COVID-19 è formalmente riconosciuta come modificata dal provvedimento evento eccezionale e di “Revisione” 12/12/2012grave turbamento dell’economia, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sezai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo2. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora COVID-19 le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentoImprese, come anche in quello qui in discussionedefinite al comma 5, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.possono avvalersi dietro comunicazione
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DIRITTO. La ricorrenteIl Collegio reputa di dover esaminare in via preliminare l’eccezione sollevata dall’intermediario in merito alla sottoscrizione da parte del ricorrente di una quietanza, coniuge che, secondo la ricostruzione presentata dallo stesso intermediario, comporterebbe la rinuncia del titolare (ora deceduto) ricorrente ad ogni somma ulteriore a quelle ottenute in sede di un conteggio estintivo. Secondo il testo della quietanza in atti predisposta dall’intermediario e destinata ad essere sottoscritta prima del pagamento, il ricorrente dichiara “di aver estinto il proprio debito mediante versamento all’intermediario dell’importo indicato nel conteggio estintivo, al netto delle suddette quote ripetibili, nonché di ritenersi pienamente soddisfatto, riconoscendo e dichiarando espressamente e incondizionatamente di aver già ricevuto tutto quanto dovuto [dall’intermediario] a qualsivoglia titolo, causa e ragione con riferimento al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata, non avendo pertanto null’altro a pretendere relativamente al contratto stesso. Per l’effetto, il Cliente rinuncia a qualsivoglia domanda e azione inerente e connessa al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata (…) Con riferimento alla chiusura del contratto, si precisa sin d’ora che, una volta ricevuto il bonifico o assegno richiesto mediante conteggio allegato, [l’intermediario] procederà con la registrazione dell’importo ricevuto, perfezionando così l’estinzione anticipata del contratto, la quale si considererà a tutti gli effetto definitiva”. Il Collegio è consapevole che altro Collegio dell’Arbitro, in aggiunta prevedeva casi parzialmente analoghi a quello ora in esame, ha talora attribuito a dichiarazioni simili “un significato (…) di rinuncia ad ottenere ulteriori somme riferibili al medesimo finanziamento”, così precludendo la possibilità del rilascio cliente di una carta richiedere il rimborso di importi ulteriori a quelli originariamente riconosciuti (Collegio di Napoli, decisione n. 538/2014). In diverso avviso, il Collegio reputa che l’eccezione sollevata dall’intermediario non meriti accoglimento. La dichiarazione ‘liberatoria’ sottoscritta dal ricorrente si pone, infatti, chiaramente come condizione preventiva e necessaria alla (soltanto) successiva estinzione anticipata del contratto ancora in essere, con la conseguenza che la clausola ha effetto modificativo del contratto, logicamente e giuridicamente anteriore e preliminare alla disposizione abdicativa di un diritto di credito ad uso rotativogià maturato. La clausola appare incompatibile con due norme imperative Per un verso, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi el’art. 36, infinesecondo comma, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatilett. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudizialib), tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFd.lgs. Difatti206/2005, la questione secondo cui “sono nulle le clausole che, quantunque oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di: a) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis caso di questo Arbitro come modificata dal provvedimento inadempimento totale o parziale o di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta adempimento inesatto da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio professionista”; previsione cui non può non verificarsi prioritariamente che essere data un’applicazione estensiva sulla linea di una completa ed efficace tutela del consumatore. Per altro verso, l’art. 125-sexies TUB introdotto dal D.lgs. n. 141/2010, secondo cui “il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la validità vita residua del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziaricontratto” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussioneconformemente a quanto, peraltro, la concessione già segnalato nella Comunicazione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, quale si osserva che in caso di estinzione anticipata del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosimutuo “l’intermediario dovrà restituire, nel caso di speciein cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013relativa quota non maturata”). Ne deriva Giova qui riflettere sulla disciplina generale dell’indebito oggettivo, implicato dall’estinzione anticipata del finanziamento. Le parti sono certamente libere di determinare il corrispettivo; e nessun giudice ab externo potrebbe sindacare la misura di esso. Esse tuttavia hanno l’onere di stabilire ex ante l’oggetto del contratto, e segnatamente l’esatta corrispondenza tra prestazioni pecuniarie e controprestazioni bancarie. È da considerare che l’assetto il nesso tra prestazione pecuniaria e controprestazione bancaria assuma qui rilevanza causale, sicché ogni attribuzione pecuniaria (interessi o costi del finanziamento) trova causa nella corrispondente controprestazione bancaria, ossia nel servizio reso dall’intermediario. Non interessa qui vagliare il grado di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatodettaglio con cui le singole prestazioni bancarie siano descritte; rileva piuttosto la chiara e netta separazione tra prestazioni oggettivamente preliminari e prestazioni oggettivamente successive, nei suoi elementi essenzialiposteriori alla conclusione del rapporto e relative allo svolgimento di esso. La norma imperativa dell’art. 125 sexies, solo a seguito di una nuova fase costitutivaprimo comma, ricollegabile secondo periodo, ha riguardo alla relativa richiesta estinzione anticipata del cliente formulata oralmenterapporto, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela la quale determina (per logica prima che giuridica necessità) l’estinzione del cliente, dal TUB sinallagma funzionale tra prestazione pecuniaria e corrispondente controprestazione bancaria (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013recurring). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio Con l’estinzione del rapporto vengono infatti meno i servizi bancari (gestione informatica, incasso rata, e altre prestazioni recurring); simmetricamente, si estinguono i debiti pecuniari corrispettivi, sicché l’eventuale pagamento di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriaprestazioni non rese implicherebbe ineluttabilmente un indebito oggettivo. Per meglio comprendere il fenomeno, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue immaginiamo che il contratto di finanziamento collegato preveda, in luogo del pagamento totale anticipato, un pagamento posticipato rispetto alla carta corrispondente prestazione recurring. Una volta estinto il rapporto anticipatamente, nessun dubbio che la Banca non potrebbe pretendere il pagamento di credito revolvingprestazioni non rese, utilizzato dal ricorrenteossia delle prestazioni successive alla estinzione. Se il cliente pagasse, deve essere considerato nullo egli avrebbe per definizione diritto alla ripetizione dell’indebito. L’autonomia delle parti si ferma alla determinazione dell’oggetto del rapporto, e segnatamente del prestazioni recurring e dei relativi corrispettivi. Una volta stabilito tale sinallagma, l’estinzione anticipata implica l’automatico effetto della restituzione degli importi, corrispondenti ai servizi non resi. Su questa linea, la misura dell’indebito discende automaticamente dalla corretta determinazione dell’oggetto, recata in contratto. Diremo di più: se anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in terminici fosse l’art. 125 sexies, Collegio di Romaprimo comma, decil consumatore avrebbe comunque il diritto alla ripetizione delle somme indebite, secondo la disciplina generale dell’art. n. 2200 del 27 giugno 2012)2033 c.c. Le conseguenze dell’accertamento della nullità del L’art. 125 sexies non fa che applicare al contratto di finanziamento due principi comuni: a) il principio di causalità delle attribuzioni patrimoniali; b) il principio dell’indebito oggettivo Ne segue che la dichiarazione sottoscritta dal ricorrente di rinuncia “a qualsivoglia domanda e azione inerente e connessa al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata” e prodromica all’estinzione anticipata del medesimo contratto deve reputarsi nulla e improduttiva di effetti ai sensi dell’art. 36, secondo comma, lett. b), d.lgs. 206/2005 e per violazione dell’art. 125 sexies TUB, per rinuncia preventiva alle azioni conseguenti all’inadempimento dell’obbligo di restituire le somme, che risultano pagate senza causa a seguito dell’estinzione anticipata del finanziamento. A ciò si aggiunga che la richiesta rinuncia “a qualsivoglia domanda e azione inerente e connessa al contratto di finanziamento oggetto di estinzione anticipata”, quale condizione preliminare per la successiva estinzione anticipata, non appare conforme ai canoni di buona fede e correttezza cui l’intermediario è comunque tenuto nei rapporti con la propria clientela; così come deve escludersi, del resto, una piena consapevolezza da parte del ricorrente della disposizione del proprio diritto all’equo rimborso inderogabilmente previsto dall’art. 125-sexies TUB. Nel merito il Collegio, richiamato il proprio costante indirizzo in materia di rimborsabilità delle commissioni e degli oneri non goduti in sede di estinzione anticipata dei contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio per la quota parte non maturata, ovvero secondo il criterio proporzionale ratione temporis, tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue (cfr., tra le tante, la decisione, n. 4919 del 29.7.2014); considerato che l’intermediario resistente non ha applicato detto criterio in sede di estinzione anticipata; rilevato, con riferimento alle commissioni bancarie e alle commissioni di intermediazione, che le medesime difettano di sufficiente specificità al fine di desumerne l’integrale natura up-front, in contrasto con le esigenze di tutela e di inequivoca informazione del consumatore e che, pertanto, devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (arttutte qualificarsi recurring ai sensi dell’art. 2033 1370 c.c.). La ; posto che, alla stregua di tali criteri, la somma ricevuta complessivamente da rimborsare risulta pari a € 826,15; considerato che vanno riconosciuti gli interessi legali in prestito dovrà essere quindi restituita dalla favore di parte ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure ; posto che non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del ricorrono le condizioni stabilite dal Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione rimborso delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.spese legali;
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DIRITTO. La ricorrenteGiova preliminarmente osservare come, coniuge del titolare (ora deceduto) riguardo alla questione relativa alla ritenuta usurarietà degli interessi previsti in contratto, la genericità della prospettazione e, soprattutto, la circostanza che essa non forma oggetto di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede specifica domanda escludono che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi edebba farsene carico, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando essendo accessibile al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità in quanto carente sia nella causa petendi che nel petitum ed essendo il giudicante vincolato al principio di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.dcorrispondenza tra il chiesto e il pronunciato ex art. multiconto112 cod. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoproc civ. Sempre in via preliminare può, in occasione accoglimento dell’eccezione formulata dalla parte resistente, dichiarasi la cessazione della richiesta da materia del contendere sul capo di domanda relativa alla sospensione delle rate di mutuo nella parte in cui tale sospensione è stata accordata fino al giugno 2014. Per il periodo futuro la domanda va invece respinta, sia per assenza del cliente suo presupposto, come meglio precisato nel seguito, sia perché risulta precluso a questo Collegio potersi pronunciare a fronte della litispendenza derivante dalla prospettata sottoposizione della questione alla competente autorità giudiziaria. Premesso che non è dato al Collegio rendere decisioni costitutive (quali quelle di un finanziamento per l’acquisto di un bene annullamento o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità risoluzione del contratto di finanziamento collegato finanziamento), il ricorso sembra manifestamente infondato quanto alla carta domanda di credito revolving che accertamento della nullità del finanziamento. E ciò sia perché, diversamente da quanto apoditticamente affermato, non necessariamente viene nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione in considerazione un collegamento negoziale tra compravendita e mutuo fondiario determinativo della trasmissione degli effetti del Collegio di coordinamento dell’ABF primo contratto sul secondo, sia perché la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’artcompravendita non sembra affatto scontata alla luce del denunciato vizio. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare Sotto il primo versante è appena il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), ricordare che «la forma scritta il mutuo fondiario non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione mutuo di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentoscopo, poiché, come anche in quello qui in discussioneaffermato dalla giurisprudenza di legittimità, “di esso non è elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità“ (Cass., 20 aprile 2007, n. 9511; Id., 26 marzo 2012, n. 4792). Aggiungasi che l’intervento del finanziatore nella verifica delle caratteristiche dell’immobile si presenta circoscritto alla costituzione della garanzia ipotecaria che connota l’operazione de qua (arg. ex art. 38 Tub). La nullità del contratto di compravendita è peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo almeno dubbia. Premesso che l’accertamento di patologie significative del contratto principale di compravendita (eventualmente destinate a riflettersi su quello di finanziamento) risulta estraneo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 perimetro della cognizione di questo Collegio, di là anche della circostanza giuridicamente significativa che la stessa ricorrente afferma di voler convenire presso l’autorità giudiziaria ordinaria tanto i venditori quanto il notaio rogante per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB l’accertamento delle rispettive responsabilità (che simili requisiti pone proprio al fine traggono origine dagli stessi fatti oggetto di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziaaccertamento ai fini della declaratoria di nullità del negozio), si osserva che dalla documentazione versata in atti non essendo ovviamente consentito emerge prova che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, il lamentato abuso edilizio sia tale da determinare la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del riferito contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico avuto anche presente (sulla scorta della Circolare del Ministero dei lavori Pubblici del 18 luglio 1995) che “l’eventuale nullità degli atti di trasferimento è circoscritta soltanto agli immobili eseguiti in assenza di concessione o in totale difformità da essa … mentre non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi sono oggetto ad alcun limite alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva commerciabilità gli abusi di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento minore gravità che restano assoggettati alle sanzioni di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizitipo amministrativo o penale”.
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DIRITTO. La ricorrenteL’ordinanza di rimessione rileva un contrasto di orientamenti, coniuge formatosi tra i collegi territoriali ABF, in ordine ai criteri valutativi da adottare al fine di attribuire carattere di obbligatorietà ovvero di facoltatività alle polizze assicurative che i clienti degli intermediari stipulano collateralmente ai contratti di finanziamento. In particolare, l’ordinanza evidenzia che gli indici di obbligatorietà della polizza individuati dal Collegio di Roma, e che devono ricorrere congiuntamente al momento della erogazione del titolare finanziamento, sono: (ora decedutoi) il carattere collettivo della polizza stipulata dall’intermediario con la compagnia assicurativa a copertura del rischio morte, invalidità, perdita involontaria d’impiego del soggetto finanziato; (ii) la contestualità rispetto alla erogazione del finanziamento; (iii) la coincidenza di un contratto di durata tra finanziamento che in aggiunta prevedeva e copertura assicurativa; (iv) la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede previsione che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi ebeneficiario dell’indennizzo assicurativo sia soltanto l’intermediario. Mentre, infine, effettuare secondo un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione orientamento del Collegio di coordinamento dell’ABF Milano, il carattere di facoltatività può prescindere dalla rigida applicazione di criteri precostituiti, e la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, questione deve essere risolta sempre con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene facendo leva, ad esempio, sugli elementi probatori necessari a denegare la qualifica di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione polizza facoltativa attribuita all’assicurazione dalle parti del contratto di finanziamento. Ad avviso dello scrivente Xxxxxxxx, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, il rilevato contrasto deve essere inquadrata considerato nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplinaprospettiva più generale della pluralità di orientamenti alla stregua dei quali la vexata quaestio può essere affrontata e risolta. Posto che, questaevidentemente, il problema può porsi solo con riferimento a quelle polizze assicurative rispetto alle quali sia identificabile un collegamento funzionale e non già solo occasionale con il finanziamento (su tale profilo si rinvia infra), si registra un primo orientamento tendente a prospettare la massima differenziazione tra collegamento e obbligatorietà. Quest’ultima, costituendo un elemento aggiuntivo e distinto rispetto alla accessorietà, dovrebbe essere provata sulla base di elementi che, ancorché in via presuntiva, depongano in quella direzione, laddove la maggior parte degli indici elaborati dalla giurisprudenza ABF sembrano giustificarsi in ragione del collegamento tra finanziamento e polizza CPI, non già della obbligatorietà del secondo al fine di conseguire il primo. Il difetto di questa impostazione è, tuttavia, la sostanziale impossibilità di provare la obbligatorietà. Un secondo orientamento, che stabilisce apposite riserve si potrebbe definire “intermedio” (maturato nel Collegio di Roma), sulla scorta di una valutazione caso per caso, propone di isolare quegli indici che, esprimendo un collegamento particolarmente 'rafforzato', consentono di presumere la obbligatorietà. Rispetto a questo approccio, potrebbe tuttavia osservarsi che non tutti gli indici appaiono determinanti al fine di stabilire con certezza l’obbligatorietà, e di superare, quindi, la qualificazione convenzionale ricavabile dalle pattuizioni contrattuali. Alcuni, infatti, non dicono molto sulla obbligatorietà (e.g.: durata e importo), essendo piuttosto indici del diverso requisito della strumentalità della polizza rispetto all’ammortamento del prestito, e dunque potrebbero svolgere un ruolo di supporto rispetto a quelli maggiormente 'indicativi' (del resto, la prova presuntiva della obbligatorietà si risolve sostanzialmente nella prova di un collegamento particolarmente stretto). In una diversa prospettiva si colloca invece quell’orientamento che, valorizzando il dato della contestualità tra erogazione del finanziamento e stipulazione della polizza assicurativa, perviene essenzialmente al superamento della dicotomia obbligatorietà/facoltatività. Un superamento che, con particolare riguardo al TEG, e dunque alla disciplina anti-usura, trova il suo presupposto ermeneutico e sistematico nell’art. 644, comma 5, c.p., che attrae nella fattispecie, quale solo requisito sufficiente, il collegamento, e in una diversa interpretazione delle “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge per l’esercizio sull’usura” della Banca d’Italia, ove la contestualità è posta in alternativa alla obbligatorietà. La menzionata impostazione ha trovato recente espressione in un arresto della Corte di particolari attività di finanziamento cassazione, che, stante la funzione nomofilattica delle decisioni del supremo Collegio, indica la direzione da seguire, e orienta la giurisprudenza successiva, compresa quella dell’ABF. Trattasi della sentenza n. 8806 del 5 aprile 2017 (Pres. Xxxxxxxx, Xxx. Xxxxxxxx), la quale, attribuendo centralità ermeneutica al dato normativo tratto dall’art. 644 c.p., e/o accessorie. Assume rilievo , in particolare, nella fattispecie dal comma 5, giunge, come sopra si è anticipato, alla massima ed esaustiva valorizzazione del profilo del semplice “collegamento” fra finanziamento e polizza assicurativa. L’art. 644, comma 5, c.p. stabilisce infatti che «Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito». La centralità sistematica della norma in esamequestione, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999applicabile in ogni settore del diritto e non solo in ambito penalistico, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari è subito evidenziata dai Giudici supremi, a parere dei quali «detto carattere “onnicomprensivo” per la promozione rilevanza delle voci economiche – nel limite esclusivo del loro collegamento all’operazione di credito – vale non diversamente per la considerazione penale e per quella civile del fenomeno usurario. L’unitarietà della regolamentazione – così come la conclusione di contratti di finanziamento centralità sistematica della norma dell’art. 644 per la definizione della fattispecie usuraria sotto il profilo oggettivo, che qui specificamente interessa – si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1trova sottolineata, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziariresto, dallo stesso fatto che la legge n. 108/1996 viene a considerare pari passu entrambi questi aspetti (cfr., in particolare, la disposizione dell’art. 4)». PertantoPeraltro, se il contratto punto di finanziamento finalizzato all’acquisto ricaduta interpretativo della norma del bene codice penale si estende anche alle disposizioni regolamentari. Prosegue infatti la Cassazione: «la centralità sistematica della norma dell’art. 644 in punto di consumo – il quale non entra in contestazione nella definizione della fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso usuraria rilevante non può dirsi non valere, peraltro, pure per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, l’intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia. Se è manifesta l’esigenza di una lettura a sistema di queste varie serie normative, pure appare chiaro che al centro di tale sistema si pone la definizione di fattispecie usuraria tracciata dall’art. 644, alla quale si uniformano, e con la quale si raccordano, le diverse altre disposizioni che intervengono in materia». In questa prospettiva devono pertanto essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata valutate le “Istruzioni” rese dalla Banca d’Italia, il cui par. C4 della Sezione I, dedicato giustappunto al trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG, così recita al comma 2, n. 5: «le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore (ad es. polizze per furto e incendio sui beni concessi in leasing o in ipoteca), se la conclusione del contratto avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla concessione del finanziamento ovvero obbligatoria per ottenere il credito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte, indipendentemente dal fatto che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati polizza venga stipulata per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato tramite del finanziatore o direttamente dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012)cliente. Le conseguenze dell’accertamento assicurazioni sul credito (le cosiddette CPI - Cost Protection Insurance o PPI - Payment Protection Insurance) e quelle per furto e incendio sono ritenute connesse con il finanziamento, e quindi incluse nel calcolo del TEG, anche nei casi in cui il beneficiario della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.)polizza non sia l’ente creditore». La somma ricevuta in prestito dovrà lettera delle “Istruzioni” prospetta pertanto una rilevanza alternativa tra contestualità e obbligatorietà le quali sembrano essere quindi restituita dalla ricorrenteposte sullo stesso piano, essendo stata accertata lasciando spazio all’interpretazione secondo cui, se la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure stipulazione della polizza assicurativa non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi è contestuale alla concessione del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattofinanziamento o non ne condiziona l’erogazione, il relativo assetto sinallagmatico costo non potrà non influire sulla complessiva configurazione rientra nel calcolo dell’usurarietà dell’interesse. La Cassazione valorizza invece il solo dato della obbligazione restitutoria medesima“contestualità”, risultando allora chiaro comelasciando sullo sfondo quello della “obbligatorietà”, anzi obliterandolo del tutto: «la Banca d'Italia ha tra l’altro precisato che restano incluse nel conto di usurarietà “le spese per assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il mutuo oneroso (e i contratti affini)rimborso totale o parziale del credito ..., se la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia conclusione del contratto non possa limitarsi avente ad oggetto il servizio assicurativo è contestuale alla sola somma-capitaleconcessione del finanziamento”». Mentre, restandocome sopra si è visto, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione il passo delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto “Istruzioni” prosegue aggiungendo: «ovvero obbligatoria per ottenere il profilo causale – i contratti creditizicredito o per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte».
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge questione concerne la responsabilità degli intermediari a seguito del titolare (ora deceduto) mancato pagamento di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione assegno circolare oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso contraffazione, dopo la presentazione all’incasso. Nel merito della controversia, si rileva che i fatti a fondamento della stessa sono sostanzialmente pacifici tra le parti: l’avvenuta emissione del titolo, da parte dell’intermediario A, su richiesta del cliente, in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis 16/05/2018; il fraudolento incasso presso B del titolo tramite presentazione di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta clone da parte del beneficiario in data 17/05/2018;la negoziazione del titolo tramite a mezzo procedura interbancaria Check Image Truncation (CIT); la ripresentazione del titolo originale all’emittente (A) da parte della cliente in data 28/05/2018 e contestuale segnalazione di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizioimpagato tardivo del titolo da parte dell’emittente (A). Il Collegio ritiene che deve, mediante un modulo prestampato anzitutto, essere valutato il comportamento della società che contiene, altresìha richiesto l’emissione del titolo, la facoltà quale, con imprudenza, ha inviato la fotografia dello stesso (come emerge dalla denuncia alle autorità di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine P.S.) o, perlomeno, i dati identificativi (come, poi, si afferma in sede di pervenire ricorso) al presunto venditore, a seguito dell’adesione ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame proposta di questo vendita, semplicemente appresa da un’inserzione on line, senza aver effettuato le necessarie verifiche. Tale contegno ha sicuramente inciso, sotto il profilo causale, alla verificazione dell’evento dannoso, quanto meno ai sensi dell’art. 1227, comma 1, C.C. Il Collegio ha più volte ravvisato il concorso di colpa del danneggiato per avere inviato una copia fotostatica dell’assegno a terzi. Questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente può, dunque, ignorare la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving circostanza, anch’essa pacifica tra le parti, che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta la contraffazione dell’assegno circolare è stata agevolata dall’invio per via telefonica)telematica da parte della ricorrente a soggetto sconosciuto di copia dello stesso. IL XXXX.xx Sul tema La stessa ricorrente ha, quindi, contribuito, con il proprio negligente contegno, alla perpetrazione della truffa di cui è nota l’ampia ed articolata decisione caduta vittima, laddove ha volontariamente fornito al malfattore copia dell’assegno che ha consentito la contraffazione. Quanto alla responsabilità degli intermediari, si rappresenta che una recente pronuncia del Collegio di coordinamento dell’ABF Coordinamento (decisione n. 7283 del 05 aprile 2018) ha risolto i contrasti sorti sul punto tra i vari Collegi, individuando quali siano i comportamenti che devono tenere le gli intermediari emittenti e negoziatori di assegni circolari al fine di non incorrere in responsabilità, nell’ipotesi di contraffazione e/o clonazione dei titoli. A tal proposito, il Collegio di Xxxxxxxxxxxxx ha precisato che le Banche autorizzate ad emettere assegni circolari al fine di non incorrere in responsabilità hanno l’obbligo di garantire assetti organizzativi e controlli interni in grado di assicurare la regolare gestione dello strumento di pagamento; mentre incorre in responsabilità l’intermediario negoziatore che, davanti a indizi di irregolarità dell’assegno, non ponga in essere almeno le cautele sopra indicate, necessarie a ridurre il rischio di frode. Alla luce di tali principi va valutato il comportamento degli intermediari convenuti. In primo luogo giova rilevare che l’assegno è stato presentato all’incasso il 17/05/2018 in data successiva all’adozione della CIT (procedura interbancaria Check Image Truncation), operativa dal 29 gennaio 2018, in virtù della Circolare ABI - Serie Tecnica n. 12 - 4 luglio 2018 con la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilitosi realizza, nella normativa sempre più diffusa prospettiva della dematerializzazione, una forma di presentazione elettronica del titolo, dapprima avviata in materia via sperimentale nel marzo 1990, successivamente regolata su base convenzionale dall’Accordo interbancario per il servizio di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezincasso assegni emanato dall’ABI in data 1° luglio 1993 ed infine riconosciuta equivalente alla presentazione al pagamento in forma cartacea dal D.L. 31 maggio 2011, n. 70, c.d. IIIDecreto Sviluppo, par. 2)così come convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, che «ha modificato l’art. 31 del X.X. 00 dicembre 1933, n. 1736. In considerazione del fatto che l’utilizzo della procedura di check truncation, finalizzata ad obiettivi di economicità e di maggiore snellezza nella negoziazione dei titoli, esclude la forma scritta non possibilità per l’emittente o la trattaria di visionare l’assegno e saggiarne la correttezza cartolare, l’orientamento che si è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione formato nei Collegi dell’ABF è nel senso che il rischio connesso al minor livello di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»controllo che essa comporta debba ricadere prevalentemente, nell’ottica di una corretta distribuzione dei rischi derivanti dal ricorso al suddetto sistema, sull’operatore bancario che da tale servizio trae vantaggio. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo tuttavia, integrandosi la contraffazione dell’assegno circolare nella clonazione del medesimo, senza alcuna modifica dei dati riportati nel titolo originale, è evidente che nessuna responsabilità può essere riconosciuta all’intermediario emittente. Infatti quest’ultimo ha prodotto copia dei flussi informatici ricevuti in sede di procedura di check truncation, che attestano come tutti i dati indicati dalla legge come necessari per poter provvedere al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo pagamento dell’assegno a seguito di tale procedura fossero stati correttamente inoltrati dalla banca negoziatrice e ricevuti dalla resistente che, pertanto, non aveva alcun motivo per rifiutare tale pagamento. Il Collegio non ritiene, dunque, di poter accogliere la domanda di rimborso avanzata dalla ricorrente nei suoi riguardi. Esaminando, invece, la posizione dell’intermediario negoziatore, si è detto che la procedura CIT consenta agli intermediari di presentare al pagamento gli assegni in forma elettronica nel rispetto di quanto previsto dalla normativa vigente; in particolare è previsto che la presentazione al pagamento in CIT degli assegni circolari/vaglia postali/titoli speciali della Banca d’Italia senza limiti di importo, avvenga mediante i soli dati contabili; la trasmissione dell’immagine è prevista solo laddove il negoziatore rilevi delle incoerenze/anomalie sul titolo che rendono necessaria la valorizzazione del flag “Alert” o il data entry manuale della codeline CMC7. Nel caso specifico, da un confronto delle immagini del titolo originale e di quello contraffatto, non emergono difformità ictu oculi rilevabili tali da indurre la banca negoziatrice ad attivare i prescritti meccanismi di allerta. Tuttavia, ciò non vale a far andare esente da responsabilità la banca negoziatrice. Le circolari ABI Serie Tecnica n. 21 del 12 giugno 2014 e Circolare ABI Serie Tecnica n. 5 del 22 marzo 2016, tra i vari requisiti tecnici e presidi antifrode da esse previsti, introducono l’obbligo di apporre sui titoli di nuova emissione un QR CODE. Il Data Matrix, da inserire, è un codice bi-dimensionale il cui contenuto è leggibile in fase di acquisizione dell'immagine. E’ previsto che, sulla nuova materialità degli assegni, tutte le banche stampino un codice bidimensionale Data Matrix. Sempre la Circolare ABI - Serie Tecnica n. 5 - 22 marzo 2016 aveva fatto obbligo agli intermediari negoziatori di provvedere alla lettura del codice Data Matrix e di segnalare al trattario/emittente le eventuali anomalie riscontrate “quali ad esempio l’assenza o impossibilità di leggere il codice”, e di trasmettere, in tali casi, “al trattario/emittente l’immagine dell’assegno per consentire lo svolgimento delle verifiche di competenza”. La Circolare ABI - Serie Tecnica n. 5 - 22 marzo 2016, sulla Digitalizzazione degli assegni, ha prescritto che a decorrere dal 1° luglio 2016 gli intermediari dovranno obbligatoriamente consegnare alla clientela solo materialità di assegni a nuovo e che, in caso di “nuovi” assegni il negoziatore dovrà svolgere, con la dovuta diligenza, una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, serie di attività che derivano dall’introduzione dei nuovi requisiti di forma impostisicurezza e precisamente: - lettura del codice Data Matrix e comunicazione al trattario/emittente delle informazioni in esso contenute o segnalazione di eventuali anomalie riscontrate quali ad esempio l’assenza o impossibilità di leggere il codice o l’incoerenza tra i dati presenti nel codice e quelli presenti in chiaro sul titolo. La segnalazione di eventuali anomalie dovrà essere effettuata dal negoziatore mediante valorizzazione di apposito campo (“Alert”) del messaggio di presentazione al pagamento della nuova procedura CIT (cfr. successivo parag. 7). Nei casi di specie, a tutela anche se l’importo del clientetitolo ammette la presentazione al pagamento mediante i soli dati contabili, dal TUB (che simili requisiti pone proprio il negoziatore dovrà obbligatoriamente trasmettere al fine trattario/emittente l’immagine dell’assegno per consentire lo svolgimento delle verifiche di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)competenza. L’assegno oggetto di causa, era di nuova emissione e conteneva tutti gli elementi prescritti dalla Circolare ABI n. 5 del 22.03.2016, compreso il codice Data Matrix. Ad avviso del Collegio, ove l’intermediario negoziatore avesse effettuato le opportune verifiche su tale codice, semplicemente dandone lettura come prescritto, si sarebbe potuto accorgere della contraffazione del titolo ed evitare, così, la truffa perpetrata ai danni della ricorrente. Ciò non risulta essere avvenuto né l’intermediario negoziatore ha mai sostenuto di aver controllato il Codice Data Matrix; infatti, non essendo ovviamente consentito che ammontareè presente in atti l’evidenza della segnalazione interbancaria effettuata all’emittente dalla banca negoziatrice. La banca negoziatrice, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possanopertanto, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, è contravvenuta all’obbligo prescritto in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari requisiti standard per la promozione stampa degli assegni e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albomisure antifrode, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 prescritti dalla Circolare ABI serie tecnica n. 21 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 12 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c2014.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrentePreliminarmente, coniuge il Collegio rileva come la presente controversia verta sul quantum dell’importo dovuto dal ricorrente in vista del titolare (ora deceduto) rimborso anticipato di due contratti di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio, e non anche sull’an del diritto del ricorrente al rimborso degli oneri e dei costi anticipati per la quota parte non maturata; nonché sulla legittimità delle commissioni per “Mediatore Creditizio” previste in entrambi i contratti. Risulta anzitutto infondata l’eccezione sollevata dall’intermediario circa un “difetto di legittimazione passiva”, in relazione al primo contratto di finanziamento sottoscritto dal ricorrente (e in riferimento al quale l’intermediario ha operato unicamente quale mandatario di un terzo intermediario). Da un lato, pur non essendo ravvisabile un richiamo espresso (anche) ad una generale rappresentanza processuale del terzo intermediario rappresentato, dalla procura speciale prodotta dall’intermediario risulta, tuttavia, che la “presente procura potrà essere utilizzata dalla società procuratrice [i.e. l’intermediario] oltre che dai suoi legali rappresentanti anche dai suoi appositi procuratori, sia per la firma dei contratti, sia per tutto quanto riguarda la gestione degli stessi”, delineandosi in tal modo una procura generale alla gestione dei contratti di finanziamento; dall’altro lato, in entrambi i contratti di finanziamento sottoscritti dal ricorrente è possibile leggere – nonostante le contrarie dichiarazioni dell’intermediario – che: i) “competente per la definizione di eventuali reclami è l’Ufficio Reclami” dell’intermediario “cui il Cedente dovrà inviare eventuali rimostranze” (punto 11); ii) “ai sensi e per gli effetti degli artt. 33 e ss. D. Lgs. 206/05, previa espressa trattativa, le parti convengono che per ogni eventuale controversia avente ad oggetto l’interpretazione, l’esecuzione, la validità o la risoluzione del presente contratto, il Foro Giudiziale competente sarà quello” dell’intermediario, “con ciò derogandosi volontariamente alla competenza ordinaria” (punto 16). Ciò premesso, il Collegio ritiene opportuno richiamare la disciplina di riferimento. Al riguardo, l’art. 125-sexies TUB introdotto dal D.lgs. n. 141/2010 prevede che “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto” (conformemente a quanto, peraltro, già segnalato nella Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009, nella quale si osserva che in aggiunta prevedeva caso di estinzione anticipata del mutuo “l’intermediario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, la possibilità relativa quota non maturata”). In riferimento, invece, al rimborso dei premi assicurativi, viene in rilievo – oltre l’accordo ABI-Ania del rilascio 22 ottobre 2008 (in cui si dispongono le ‘Linee guida per le polizze assicurative connesse a mutui e altri contratti di finanziamento’), in base al quale “Nel caso in cui il contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all’iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una carta copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente – sia nel caso in cui il pagamento del premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell’assicuratore – la parte di credito premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato” – l’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/2010, secondo cui “Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad uso rotativoaltri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato le imprese, chiede nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. Essa è calcolata per il premio puro in funzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo; per i caricamenti in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la definizione del rimborso. Le imprese possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per l’emissione del contratto e per il rimborso del premio, a condizione che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza le stesse siano indicate nella proposta, nella polizza ovvero nel modulo di forma scritta ed altri elementi eadesione alla copertura assicurativa. Tali spese non devono essere tali da costituire un limite alla portabilità dei mutui/finanziamenti ovvero un onere ingiustificato in caso di rimborso”. In linea generale, si segnalano, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene i ripetuti richiami della Banca d’Italia ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste maggior rispetto della normativa sulla trasparenza: “onde evitare la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta mancata conoscenza da parte del cliente del diritto alla restituzione delle somme dovute in caso di un finanziamento per l’acquisto estinzione anticipata e la concreta applicazione di un bene o tale principio, si richiama l’attenzione a uno scrupoloso rispetto della normativa di un serviziotrasparenza. In tale ambito, mediante un modulo prestampato è necessario che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto nei fogli informativi e nei contratti di finanziamento collegato alla carta sia riportata una chiara indicazione delle diverse componenti di credito revolving che costo per la clientela, enucleando in particolare quelle soggette a maturazione nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente corso del tempo (a mezzo comunicazione avvenuta titolo di esempio, gli interessi dovuti all’ente finanziatore, le spese di gestione e incasso, le commissioni che rappresentano il ricavo per via telefonicala prestazione della garanzia “non riscosso per riscosso” in favore dei soggetti “plafonanti”, ecc.). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio L’obbligo di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria indicare le diverse componenti di nullità del contratto costo trova applicazione anche ai compensi spettanti alle diverse componenti della rete distributiva (soggetti di finanziamento in quanto privo della forma scrittacui agli articoli 106 e 107 TUB, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117mediatori, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012agenti). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora Conseguentemente, le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 banche e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoriagli intermediari finanziari devono: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – - assicurare che la concessione documentazione di trasparenza sia conforme alla normativa, tenuto anche conto di quanto sopra indicato; - ricostruire le quote di commissioni soggette a maturazione nel corso del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasitempo, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio anche al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)ristorare, non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriaquanto meno con riferimento ai contratti in essere, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità clientela che abbia proceduto ad estinzione” (Comunicazione del contratto Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009; analogamente, più di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini)recente, la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento Comunicazione della inefficacia Banca d’Italia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti7 aprile 2011), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrentecontroversia sottoposta all’esame del Collegio scaturisce dall’errata indicazione del TAEG nella lettera con la quale l’intermediario convenuto ha comunicato l’accettazione della richiesta di finanziamento. Il Collegio ritiene anzitutto di rigettare l’eccezione dell’intermediario in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 125 bis, coniuge comma 7°, lett. a, Tub: per quanto, infatti, il ricorrente non abbia effettivamente dimostrato il proprio status di consumatore al momento della conclusione del titolare (ora deceduto) contratto oggetto di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativocontroversia, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti si rinviene però il dato significativo che l’istante non emergono profili ha speso un nome commerciale, né ha osteso l’identificativo fiscale dell’impresa. In tale contesto fattuale ed a fronte dell’eccezione meramente formale dell’intermediario che si limita a contestare, senza fornire allegazioni a supporto di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattiuna diversa rappresentazione dei fatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente sembra dunque possibile negare al ricorrente la validità del contratto qualifica di finanziamento collegato alla carta di credito revolving consumatore. Tanto acquisito, il Collegio deve rilevare che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa ampie considerazioni svolte dal ricorrente in materia di calcolo dell’indicatore di costo, allo scopo di giustificare l’inclusione delle spese di incasso, non colgano nel segno poiché i riferimenti normativi cui lo stesso si richiama sono obsoleti: il TAEG è oggi disciplinato, come rilevato dalla resistente, dalle “Trasparenza Disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2non più dal decreto ministeriale), che «le quali - in linea con la forma scritta normativa comunitaria – estendono il novero degli elementi di costo rilevanti, includendovi senz’altro le spese di incasso delle rate. Consapevole di ciò, l’intermediario non è obbligatoria: a) per le operazioni contesta la rilevanza dei costi ai fini della determinazione del tasso effettivo; sostiene però l’inconsistenza dell’errore nei dati riportati nella lettera di accettazione, a fronte dell’informazione completa e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentocorretta resa al cliente nella fase precontrattuale, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del innanzitutto con il modulo iniziale di richiesta (nel 1991) del finanziamento recante un quadro chiaro delle condizioni applicate e quandol’indicazione del TAEG nella misura del 6,45%. Sennonché, ormaile verifiche effettuate da questo Arbitro rivelano che, anche integrando i dati del finanziamento con le informazioni desumibili dal modulo di richiesta, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione valore del finanziamento originariamente concessogli quale c.dTAEG al 6,45% non risulta congruente, attestandosi al 6,53% che diventa 6,37%, ove non si considerino i costi di incasso. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. TrattasiPertanto, in realtàapplicazione delle regole sull’arrotondamento, di una operazione economicapure correttamente richiamate dall’intermediario nelle controdeduzioni, nella sostanzail valore da indicare in contratto – pure ritenendo corretti i calcoli effettuati dall’intermediario - avrebbe dovuto essere pari al 6,5%. Tanto premesso, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiil Collegio rileva tuttavia che, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso il vero vulnus nella rappresentazione del costo dell’operazione nel 1991 per acquistare contratto sia conseguenza non tanto di questi marginali scostamenti, quanto dei costi assicurativi, che emergono da un bene di consumo (televisore) come taleesame completo della documentazione prodotta agli atti dal resistente. Invero, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), benché non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del richiamate nel singolo contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamocontestazione, in tema il ricorrente ha sottoscritto e accettato, congiuntamente all’acquisto del veicolo, due coperture assicurative, il pagamento delle quali è stato sua volta sovvenzionato dalla banca resistente. In particolare, l’operazione complessiva è stata così articolata: 1) acquisto dell’autoveicolo del valore di euro 63.600,00, finanziato con il prestito finalizzato oggetto di specifica contestazione; 2) acquisto di una polizza a copertura del rischio di incendio e furto dell’autoveicolo del valore di euro 3.026,00, integralmente finanziata con altro prestito per pari importo e regolato da un TAN del 13,45%; 3) acquisto di altra polizza a copertura del rischio di credito al consumoper il caso che eventi quali morte e invalidità permanente del debitore impediscano il regolare pagamento delle rate di tutti i finanziamenti, dall’artdel valore di euro 2.999,08 integralmente finanziato con ulteriore prestito regolato da un TAN del 13,49%. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in In particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base quest’ultima polizza – anche a non voler considerare la copertura del rischio incendio e furto del veicolo – appare senz’altro collegata al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione finanziamento anche perché assistita da un appendice di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, vincolo a favore del solvens finanziatore. Ebbene, pure in assenza di informazioni complete, la ricostruzione unitaria dell’operazione (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione finanziamento + polizza assicurativa + ulteriore finanziamento) restituisce un costo effettivo di 8,66% annuo, effettivamente diverso e ingiustificato arricchimento ben più elevato di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziquello rappresentato dall’intermediario convenuto.
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DIRITTO. La ricorrenteIn via preliminare, coniuge si rende necessario esaminare d’ufficio l’ammissibilità del titolare (ora deceduto) ricorso sotto il profilo della carenza di un contratto previo reclamo. Il Collegio osserva al riguardo che le contestazioni formulate con il presente ricorso non paiono trovare tutte puntuale riscontro in un preventivo reclamo; reclamo che peraltro non risulta neppure univocamente identificabile. Invero la ricorrente ha allegato una molteplicità di finanziamento che richieste tutte volte a ottenere la vendita del BTP e a contestare l’aggravio delle condizioni economiche applicate ai rapporti, giudicate “eccessivamente elevate”, chiedendone la “rettifica”, ma senza nulla inferire in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che merito alla legittimità delle stesse. Ai sensi delle disposizioni ABF il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare ricorso all’Arbitro deve essere preceduto da un controllo sul tasso applicato reclamo preventivo all’intermediario e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia deve avere ad oggetto le modalità di stipula la medesima questione (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso Disposizioni sui sistemi di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari, Sez. VI, par.1). E sebbene, secondo il consolidato orientamento dell’ABF, non si richiede una corrispondenza rigorosamente formalistica tra il contenuto del reclamo e quello del ricorso (v. Collegio di Roma nn. 661/2014, n.819/2013 e n.3721/2012), resta però fermo che può essere considerato “reclamo” solo l’atto «con cui un cliente chiaramente identificabile contesta in forma scritta (sezes. IIIlettera, fax, e-mail) all’intermediario un suo comportamento anche omissivo» (Banca d’Italia, Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari, Sez. 1, par. 23). Tanto premesso, dalla documentazione in atti il Collegio ritiene che «possa ritenersi soddisfatto il requisito del preventivo reclamo solo limitatamente alla lamentata mancata esecuzione dell’ordine di vendita dei titoli di Stato; non possono invece considerarsi “reclamo” le richieste, ancorché reiterate e pressanti, volte ad ottenere il miglioramento delle condizioni economiche praticate dalla banca in quanto tali istanze non sono formulate sulla base della denuncia di un comportamento illecito dell’intermediario. Pertanto, dichiarate irricevibili le altre domande, il Collegio procede all’esame dei ricorso solo limitatamente a quella riguardante la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in mancata tempestiva esecuzione dell’ordine di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»vendita di BTP. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentomerito, come tuttavia, anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving tale istanza risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasiinfondata, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, quanto l’intermediario ha dato prova che i suddetti titoli risultavano costituiti in pegno della banca a garanzia dell’esposizione del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, cliente e che non sussistevano nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei specie i requisiti di forma previsti dal TUB (Collcontratto per lo svincolo della garanzia. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.PRESIDENTE
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame del Collegio concerne l’accertamento del diritto del ricorrente alla restituzione di questo Collegio quota parte degli oneri commissionali connessi a due contratti di finanziamento, anticipatamente estinti rispetto al termine convenzionalmente pattuito, ex art. 125 sexies tub; in relazione ad essi, il ricorrente chiede il rimborso delle quote non può non verificarsi prioritariamente maturate, per il complessivo importo di euro 3.689,12, oltre gli interessi legali e le spese di assistenza difensiva. Il diritto di cui si discute trae fondamento normativo nelle disposizioni di cui all’art.121, co. 1, lett. e), tub, che indica la validità nozione di costo totale del credito, ed all’art. 125 sexies tub, che impone una riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. L’orientamento consolidato dell’ABF, in materia, sino alla nota sentenza “Lexitor”, è stato quello di circoscrivere i costi rimborsabili - in ragione del riferimento normativo alla “vita residua del contratto”- a quelli che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto (c.d. costi recurring) e che, a causa dell’estinzione anticipata del prestito, costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale. Si è invece ritenuto la non rimborsabilità delle voci di finanziamento collegato costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipate (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicacc.dd. up front). IL XXXX.xx Sul tema Il criterio di calcolo del rimborso spettante per i relativi oneri recurring è nota l’ampia stato individuato in quello del pro rata temporis, poichè il più logico e più conforme al diritto ed articolata all’equità sostanziale, in applicazione dei principi previsti dalla decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF Coordinamento n. 6167/2014. Con la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato sopravvenuta pronuncia dell’11.9.2019, la cd. sentenza “Lexitor”, la Corte di Giustizia Europea, chiamata a pronunciarsi in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce relazione alla declaratoria domanda formulata dal Giudice del Tribunale di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittaLublino, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa ai sensi dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo)267 TFUE, ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezfornito la corretta interpretazione dell’art. III16, par. 2)1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori, rilevando, in particolare, che «“il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”, per tali intendendosi – alla luce della definizione recata dall’art. 3, lett. g, della stessa direttiva – “tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore H̦ a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la forma scritta non è obbligatoria: a) conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio H̦ obbligatoria per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del ottenere il Il Collegio di coordinamento, come investito della questione relativa agli effetti della menzionata sentenza, con la decisione n. 26525/2019, ha affermato: i) l’immediata applicabilità anche ai ricorsi non ancora decisi dell’art.125 sexies TUB, nel senso che, in quello qui in discussione, peraltro, la concessione caso di estinzione anticipata del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaifinanziamento, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del finanziamento originariamente concessogli quale costo totale del credito, compresi i costi up front; ii) che Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF; iii) che la ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”. La logica della CGUE si è orientata in tal senso sulla base di considerazioni che attengono al criterio storico e teleologico, quest’ultimo nello scopo di garantire una protezione elevata del consumatore e l’equilibrio tra le parti sociali. Successivamente, a seguito dell’intervento legislativo avvenuto con il decreto c.d. “primo utilizzo particolareSostegni bis” della pretesa unitaria linea (“Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali”), introdotto dalla legge di credito apertagli dall’intermediarioconversione n. 106 del 23.7.2021, il legislatore ha apportato modifiche all’art. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – 125 sexies tub, prevedendo, al 2° comma dell’art. 11-octies, che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione formulazione dell’art. 117125-sexies si applica a tutti i contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Relativamente, co. 1 e 3invece, TUB (anche alle estinzioni anticipate dei contratti stipulati prima dell’entrata in quanto fatto oggetto vigore della legge di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente proconversione “continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, sexies del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, qualicui al decreto legislativo A tal riguardo, per l’appuntoeffetto dell’entrata in vigore dell’art. 11–octies del d.l. 25 maggio 2021, le carte di credito revolving. Ne consegue che n. 73 come convertito dalla l. n. 106 del 23 luglio 2021, il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, decRoma ha rimesso al Collegio di Coordinamento la questione “se la norma intertemporale dettata dal … comma 2 dell’art. n. 2200 11-octies del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità decreto Sostegni-bis imponga di modificare l’orientamento fin qui seguito da questo Arbitro… a proposito del contratto rimborso degli oneri non maturati in caso di anticipata estinzione del finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)del consumatore contraente. In casi particolare…se tale disposizione legislativa imponga di disapplicare il principio di diritto enunciato nella…. sentenza Lexitor al rimborso anticipato dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento decreto Sostegni-bis (n. 3257 del 201225.7.2021), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), applicandolo solo a quelli stipulati posteriormente a tale data”. Giova ricordare che la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva richiamata norma di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.legge prevede testualmente quanto appresso:
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge Il Collegio rileva preliminarmente come la presente controversia verta unicamente sul quantum del titolare (ora deceduto) rimborso dovuto alla ricorrente a seguito dell’estinzione anticipata di un contratto di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio (sottoscritto il 2 settembre 2009), e non anche sull’an del diritto della ricorrente al rimborso degli oneri e dei costi anticipati per la quota parte non maturata; nonché sulla legittimità delle commissioni per “Mediatore Creditizio”. Risulta anzitutto infondata l’eccezione sollevata dall’intermediario circa il difetto di “legittimazione passiva”. Pur non essendo ravvisabile un richiamo espresso (anche) ad una generale rappresentanza processuale del terzo intermediario rappresentato, da un lato, questo Collegio ha già chiarito come in tal caso occorra tenere in considerazione che “oggetto di contestazione da parte della ricorrente risulta essere proprio l’attività affidata ed effettivamente svolta dal convenuto e consistente nella predisposizione del conteggio per l’estinzione anticipata del finanziamento” (Collegio di Milano, decisione n. 2394 del 13 luglio 2012); dall’altro lato, il contratto di finanziamento sottoscritto dalla ricorrente prevede espressamente che “competente per la definizione di eventuali reclami è l’Ufficio Reclami” dell’intermediario resistente (art. 10). Ciò premesso, il Collegio ritiene opportuno richiamare la disciplina di riferimento. Al riguardo, l’art. 125-sexies TUB introdotto dal D.lgs. n. 141/2010, al comma 1 (sostanzialmente ricognitivo della disciplina già vigente), prevede che “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto” (conformemente a quanto, peraltro, già segnalato nella Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009, nella quale, anteriormente alla nuova formulazione dell’art. 125-sexies TUB, si osserva che in aggiunta prevedeva caso di estinzione anticipata del mutuo “l’intermediario dovrà restituire, nel caso in cui tutti gli oneri relativi al contratto siano stati pagati anticipatamente dal consumatore, la possibilità relativa quota non maturata”). In riferimento, invece, al rimborso dei premi assicurativi, viene in rilievo – oltre l’accordo ABI-Ania del rilascio 22 ottobre 2008 (in cui si dispongono le ‘Linee guida per le polizze assicurative connesse a mutui e altri contratti di finanziamento’), in base al quale “Nel caso in cui il contratto di mutuo o di finanziamento venga estinto anticipatamente rispetto all’iniziale durata contrattuale, ed esso sia assistito da una carta copertura assicurativa collocata dal soggetto mutuante ed il cui premio sia stato pagato anticipatamente in soluzione unica ..., il soggetto mutuante restituisce al cliente – sia nel caso in cui il pagamento del premio sia stato anticipato dal mutuante sia nel caso in cui sia stato effettuato direttamente dal cliente nei confronti dell’assicuratore – la parte di credito premio pagato relativo al periodo residuo per il quale il rischio è cessato” – l’art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/2010, secondo cui “Nei contratti di assicurazione connessi a mutui e ad uso rotativoaltri finanziamenti per i quali sia stato corrisposto un premio unico il cui onere è sostenuto dal debitore/assicurato le imprese, chiede che nel caso di estinzione anticipata o di trasferimento del mutuo o del finanziamento, restituiscono al debitore/assicurato la parte di premio pagato relativo al periodo residuo rispetto alla scadenza originaria. Essa è calcolata per il Collegio voglia dichiarare premio puro in funzione degli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura nonché del capitale assicurato residuo; per i caricamenti in proporzione agli anni e frazione di anno mancanti alla scadenza della copertura. Le condizioni di assicurazione indicano i criteri e le modalità per la nullità definizione del finanziamento stesso rimborso. Le imprese possono trattenere dall’importo dovuto le spese amministrative effettivamente sostenute per mancanza di forma scritta ed altri elementi el’emissione del contratto e per il rimborso del In linea generale, si segnalano, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene i ripetuti richiami della Banca d’Italia ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste maggior rispetto della normativa sulla trasparenza: “Onde evitare la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta mancata conoscenza da parte del cliente del diritto alla restituzione delle somme dovute in caso di un finanziamento per l’acquisto estinzione anticipata e la concreta applicazione di un bene o tale principio, si richiama l’attenzione a uno scrupoloso rispetto della normativa di un serviziotrasparenza. In tale ambito, mediante un modulo prestampato è necessario che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto nei fogli informativi e nei contratti di finanziamento collegato alla carta sia riportata una chiara indicazione delle diverse componenti di credito revolving che costo per la clientela, enucleando in particolare quelle soggette a maturazione nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente corso del tempo (a mezzo comunicazione avvenuta titolo di esempio, gli interessi dovuti all’ente finanziatore, le spese di gestione e incasso, le commissioni che rappresentano il ricavo per via telefonicala prestazione della garanzia “non riscosso per riscosso” in favore dei soggetti “plafonanti”, ecc.). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio L’obbligo di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria indicare le diverse componenti di nullità del contratto costo trova applicazione anche ai compensi spettanti alle diverse componenti della rete distributiva (soggetti di finanziamento in quanto privo della forma scrittacui agli articoli 106 e 107 TUB, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117mediatori, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012agenti). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora Conseguentemente, le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 banche e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoriagli intermediari finanziari devono: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – - assicurare che la concessione documentazione di trasparenza sia conforme alla normativa, tenuto anche conto di quanto sopra indicato; - ricostruire le quote di commissioni soggette a maturazione nel corso del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasitempo, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio anche al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)ristorare, non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriaquanto meno con riferimento ai contratti in essere, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità clientela che abbia proceduto ad estinzione” (Comunicazione del contratto Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009; analogamente, più di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini)recente, la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento Comunicazione della inefficacia Banca d’Italia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti7 aprile 2011), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. In via preliminare, il Collegio rileva che la ricorrente ha chiesto all’ABF di intervenire, affinché l’intermediario “proceda all’acquisto dei crediti per i massimali previsti dal contratto” esentandola “da obblighi ed oneri derivanti dall’esigibilità degli stessi”. In proposito, l’intermediario non solleva eccezioni in merito all’eventuale natura costitutiva della domanda, estranea alla competenza dell’ABF. Tuttavia, secondo l’orientamento dei Collegi ABF, la domanda può essere interpretata come richiesta di accertamento dell’obbligo dell’intermediario di acquistare pro-soluto il credito relativo al contratto di locazione alle condizioni pattuite e dell’inadempimento della resistente di detto obbligo, non essendosi resa disponibile ad acquistare i crediti alle condizioni previste in contratto. Si può giungere a questo esito anche perché una domanda di accertamento è sempre implicita in una domanda, pur vietata all’ABF, di pronuncia costitutiva (Collegio di Milano, n. 6974/2016; Collegio di Napoli, decisione n. 7456/2016). La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) vicenda verte sull’asserito inadempimento della resistente di un contratto di finanziamento che atipico denominato “Affitto Assicurato”, stipulato il 27.11.2012, in aggiunta prevedeva virtù del quale la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che ricorrente avrebbe il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative diritto a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di cedere pro soluto crediti derivanti da un contratto di finanziamento collegato locazione. Dalle condizioni generali di contratto si desume che la ricorrente ha diritto a cedere pro soluto crediti derivanti dal contratto di locazione, i quali al momento della cessione devono esser “certi, reali ed esigibili”, entro i valori massimi negozialmente fissati di € 9.000,00 per i canoni di locazione e di € 2.500,00 per le spese legali relative alle procedure di sfratto. L’acquisto dei crediti si perfeziona in seguito al rispetto di una specifica procedura stabilita nell’art. 3 delle condizioni generali. Tra gli altri adempimenti, parte ricorrente (e xxxxxxx) doveva accettare e rinviare “nel termine perentorio di 30 giorni” la proposta di acquisto inviatale dall’intermediario, il quale “non si rende disponibile fin d’ora ad acquistare crediti corrispondenti a canoni di locazione dovuti per il rilascio dell’immobile senza il dovuto preavviso” (lett. e). Analoga procedura è disposta dall’art. 5 per la cessione dei crediti per le spese legali derivanti dallo sfratto, il quale prevede che la resistente doveva accettare e rinviare “nel termine perentorio di 30 giorni” la proposta di acquisto inviatale dall’intermediario (lett. b). Ai sensi dell’art. 8 l’intermediario è espressamente liberato dall’obbligo di acquistare in caso di mancato rispetto delle procedure delle procedure di cui agli art. 3 e 5 (lett. a). Innanzi tutto, ritiene il Collegio che Il contratto in oggetto può esser qualificato come un contratto c.datipico ad effetti obbligatori, con il quale l’intermediario si obbliga ad acquistare pro soluto crediti derivanti dal contratto di locazione, a condizione che il cliente rispetti determinati termini e procedure. multiconto. Tale particolare tipologia Con il predetto contratto dunque si realizza l’assunzione dell’obbligo di contratto - più volte oggetto d’esame acquisto da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte resistente dei crediti della ricorrente nei confronti del cliente conduttore di un finanziamento immobile di sua proprietà. Xxxxxxxx negozio persegue così la funzione di garantire il cedente per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel il caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione ritardo o inadempimento del Collegio di coordinamento dell’ABF conduttore, il che ben si concilia con la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda causa variabile che caratterizza la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità cessione del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. credito (Collegio di CoordinamentoNapoli, decisione n. 3257 del 12.10.20128653/2017). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR In esecuzione del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1contratto, con riferimento al credito al consumocomunicazione del 31.05.2016 (ricevuta il 10.06.2016) l’intermediario formulava proposta di acquisto di crediti derivanti dal contratto di locazione scaduti per un totale di € 8.604,00, di cui € 7.875,00 (per i mesi dicembre 2014-ottobre 2015, considerata metà della mensilità di dicembre 2014, poiché l’altra metà risulta pacificamente essere stata versata dal conduttore), ha stabilitoe € 729,56 per le spese legali. In data 27.06.2016 la ricorrente contestava la quantificazione operata dall’intermediario, nella normativa indicando quali importi corretti § 9.000,00 per i canoni scaduti e non pagati in materia di “Trasparenza delle operazioni applicazione del massimale, giacché conteggiava tutto il 2015 e servizi bancari due mezze mensilità (dicembre 2014 e finanziari” (sez. III, par. 2gennaio 2016), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) e € 860,00 per le operazioni spese legali; ha inoltre osservato che gli obblighi e gli oneri di cui al punto 4 (notifica di cessione) e al punto 7 (cause pendenti) della lettera di cessione non corrispondono alle condizioni contrattuali: pertanto, tali costi li imputava a carico del cessionario. L’intermediario, con comunicazione del 4.07.2016, confermava l’importo indicato nella suddetta proposta e specificava che la stessa si riferiva ai canoni da dicembre 2014 a ottobre 2015, “in considerazione del fatto, anch’esso pacifico ed indiscusso, che la permanenza dei conduttori all’interno dell’immobile è stata (dalla ricorrente) dimostrata per tabulas sino al mese di ottobre e non oltre”. Con riscontro del 28.07.2016 parte ricorrente ribadiva quanto già contestato precedentemente, salvo mostrare disponibilità alla quantificazione delle spese legali in € 729,56. Infine, l’intermediario, in data 11.08.2016, dava atto del mancato rispetto del termine perentorio da parte della ricorrente e si dichiarava non più disponibile all’acquisto dei crediti. Sulla base di quanto ora esposto, il Collegio rileva che parte ricorrente aveva diritto a cedere pro soluto i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltrocrediti corrispondenti ai canoni maturati sino alla riconsegna dell’immobile, la concessione del prestito revolving quale risulta avvenuta a distanza dicembre, come da provvedimento di molto tempo (nel convalida di sfratto del 28 gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie2015, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmenteformula esecutiva apposta il 16.02.2015, ma in palese assenza, allora, dei requisiti con data di forma imposti, a tutela esecuzione del cliente27.02.2015. Infatti, dal TUB (verbale di rilascio d’immobile, prodotto dall’intermediario, risulta che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), in data 13.10.2015 i conduttori erano ancora presenti nell’appartamento che non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attivitàhanno riconsegnato. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’artl’ufficiale giudiziario, impossibilitato a procedere, ha rinviato l’esecuzione al 02.12.2015 con richiesta dell’intervento della forza pubblica. 2 Di conseguenza, il massimale previsto dal contratto e richiesto dalla ricorrente viene raggiunto, considerando le 12 mensilità del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia 2015 (€ 750 x12) e il mese di dicembre 2014, pur se computato per metà canone. Il Collegio pertanto ritiene che la proposta formulata dall’intermediario sia stata non corretta, dovendosi ritenere accertato il diritto della Finanza con decreto del 13.12.2001parte ricorrente alla cessione dei crediti per l’importo massimo di € 9.000,00. Per ciò che attiene le spese legali, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizisenza considerare le spese vive, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106cui la ricorrente non allega elementi di prova, comma 1l’importo complessivo risulta pari a quanto indicato dall’intermediario nella proposta, ossia € 729,56 (somma peraltro accettata dalla ricorrente nella corrispondenza intervenuta prima del testo unico bancario unicamente ricorso). A questa possono essere aggiunti € 50,00 (a titolo di ricevuta deposito UNEP-Milano) risultanti dal verbale di rilascio dell’immobile prodotto dall’intermediario, per l'acquisto un totale di propri beni 779,56. Quanto agli oneri di cui a punti 4 e servizi sulla base 7 della proposta di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»cessione formulata dall’intermediario, il Collegio osserva che questi non risultano dovuti in quanto contrattualmente non contemplati, quindi non accettati dalla ricorrente e a questa non imputabili. PertantoIl Collegio, se il contratto in parziale accoglimento del ricorso, accerta l’obbligo dell’intermediario di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene acquistare i crediti della ricorrente, ai sensi di consumo – il quale non entra cui in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialemotivazione. Il Collegio dispone inoltre, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolvingai sensi della vigente normativa, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigentil’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, che per l’appunto richiedevanoquale contributo alle spese della procedura, a tutela e alla parte ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 somma versata alla presentazione del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cricorso.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento Occorre preliminarmente rilevare come dalle evidenze in atti risulti che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità l’estinzione del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiavvenuta, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene mediante il parziale intervento della compagnia assicurativa: dalla quietanza finale prodotta da parte ricorrente emerge che l’impresa assicuratrice del rischio impiego ha versato parte dell’importo dovuto ai fini dell’estinzione del prestito, surrogandosi ex artt. 1201 e 1916 c.c. nei diritti spettanti all’intermediario nei confronti del cliente (non è tuttavia agli atti il contratto di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013assicurazione rischio impiego e rischio vita). Ne deriva Emerge inoltre che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, il costo della polizza era stato interamente sostenuto dall’intermediario. Quanto all’esercizio del regresso da parte della compagnia assicurativa nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela confronti del cliente, dal TUB (consta agli atti un accordo transattivo in forza del quale quest’ultimo ha versato alla compagnia la somma di Euro 1.600,00 a definizione dell’intera vertenza, tanto che simili requisiti pone proprio al fine la compagnia medesima ebbe a rilasciare una definitiva liberatoria a suo favore. Di tale accordo e di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali tale definizione della vertenza tra parte ricorrente e voci compagnia assicurativa occorre tenere conto in sede di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Collquantificazione del debito restitutorio gravante sull’intermediario resistente. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolareInfatti, nella fattispecie in esameesame ricorrono sì gli estremi per l’applicazione del principio di diritto espresso dalle decisioni di ABF, l’artColl. 3 D.lgscoord. 25.9.1999nn. 13305/18 e 13306/18, n. IL XXXX.xx 374 le quali hanno precisato che “nel caso di assicurazione stipulata a proprie spese dall’intermediario a protezione del proprio credito nei confronti del cliente, quest’ultimo non ha diritto ad alcuna ripetizione di commissioni a meno che l’assicuratore abbia esercitato il diritto di rivalsa nei suoi confronti”; ma all’esito, attesa la transazione occorsa col cliente in sede di rivalsa, questi risulta aver patito un esborso inferiore a quanto versato dalla compagnia all’intermediario (Euro 4.936,84), vale a dire una somma di Euro 1.600,00. Ne discende che è nei limiti di tale ultimo importo che può riconoscersi al cliente una pretesa restitutoria relativa agli oneri non maturati a seguito dell’estinzione anticipata del prestito. Va ancora ribadito come la compagnia assicurativa abbia estinto soltanto una parte del debito residuo, essendo la restante parte stata estinta mediante il t.f.r. maturato da parte ricorrente: come da conteggio estintivo e liberatoria in atti, invero, la compagnia ha provveduto al pagamento di Euro 4.936,84, mentre parte ricorrente ha saldato tramite il proprio t.f.r. Euro 9.495,32, somma che rappresenta il 65,79% del debito residuo. Se a tale ultima somma si aggiunge poi, come anzidetto, l’importo di Euro 1.600,00 pagato alla compagnia in sede di rivalsa e a titolo transattivo, la percentuale sale al 71,3%. È dunque in tale misura che può riconoscersi il diritto del cliente alla ripetizione degli oneri applicati al prestito e non maturati a seguito della sua anticipata estinzione. Le commissioni e gli oneri di cui parte ricorrente domanda la parziale restituzione, sulla base al quale gli intermediari finanziari degli orientamenti maturati presso i Collegi territoriali ABF su clausole d’identico o analogo tenore, hanno natura ricorrente: le “Commissioni di intermediazione” sono contrattualmente descritte come tese a remunerare (testualmente) “attività di amministrazione del mutuo per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere l’intera durata dell’ammortamento”; le “Provvigioni degli agenti in o dei mediatori” sono deputate a remunerare, oltre alle attività finanziaria iscritti all’apposito albotipicamente proprie dell’intermediario del credito, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in “ogni altra attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue prestata” (al riguardo si segnala che il contratto è stato stipulato antecedentemente alla riforma del TUB del 2010); la voce “Oneri e spese istruttorie” copre attività di finanziamento collegato alla carta “invio di credito revolvingcomunicazioni periodiche” o comunque attività che attengono all’intera durata del rapporto (come chiarito in particolare da ABF, utilizzato dal ricorrenteColl. Torino n. 23515/20); lo stesso dicasi per la voce “Assicurazione rischio vita”, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità destinata per sua natura ad accompagnare il rapporto lungo tutto l’arco del suo svolgimento e per la quale non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio constano criteri di Roma, dec. n. 2200 retrocessione del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cpremio alternativi al pro rata temporis lineare.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La Si constata come le doglianze esposte dalla parte ricorrente e la problematica giuridica ad esse sottesa siano da ricondursi all’utilizzo fraudolento di strumenti di pagamento a seguito di furto. Orbene, alla luce di tale qualificazione, ed in virtù della collocazione temporale dei fatti esposti in denuncia alla P.G. nonché dalla documentazione prodotta da entrambe le parti, il Collegio deve ricordare, innanzitutto, che le operazioni contestate da parte ricorrente in quanto ritenute fraudolente sono successive all’entrata in vigore del D. Lgs. 11/2010 (1° marzo 2010) che, come noto, ha provveduto a recepire la c.d. Payment Service Directive, ossia la Direttiva 2007/64/CE. Il menzionato decreto legislativo, in particolare, introduce una ripartizione del rischio connesso all’utilizzo di strumenti elettronici di pagamento tale da fare ricadere sull’intermediario il rischio stesso, a meno che non risulti provata una colpa grave dell’utilizzatore-cliente, sul quale ultimo resta, comunque, una partecipazione al rischio nella misura massima di euro 150,00 (c.d. franchigia), da applicarsi in relazione ad ogni singolo strumento di pagamento utilizzato e salvo che esista una diversa pattuizione contrattuale migliorativa per il cliente stesso (tale, ad esempio, da trasferire anche il rischio della c.d. franchigia sullo stesso intermediario). Ovviamente, la scansione di tale rischio sulle parti coinvolte presuppone la corretta autenticazione e contabilizzazione delle operazioni contestate, così come richiesto dall’art.10 del medesimo D.Lgs.11/2010. Va però chiarito che tale normativa, che risulterebbe idealmente idonea a valutare il caso in esame, non è utilizzabile dal generico utilizzatore di una carta, ma dal soggetto titolare della carta ovvero dello strumento di pagamento elettronico in questione. Del resto, l’intero impianto normativo anche nella parte relativa all’eventuale disconoscimento delle operazioni di pagamento, e del conseguente diritto alla restituzione di somme eventualmente sottratte per effetto di frodi o a seguito di altri comportamenti fraudolenti o criminosi di terzi, si riferisce al pagatore ovvero al legittimo utilizzatore della carta o strumento di pagamento, il quale ha stipulato con il fornitore del servizio il contratto relativo. Xxxxxx, nel caso in esame la carta prima rubata e poi illegittimamente utilizzata non risulta essere intestata alla parte ricorrente, coniuge la quale è mera contitolare del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva conto corrente su cui la possibilità del rilascio di una carta di credito pagamento poggia. Il titolare della carta di pagamento, al contrario, resta nel caso in esame totalmente estraneo al conflitto, tanto da non aver nemmeno sottoscritto il ricorso per adesione oltre a non aver conferito alcun potere di rappresentare, in questa sede, i suoi diritti. La parte ricorrente, pertanto, non risulta essere il soggetto idoneo a domandare tutela per il mancato rimborso delle somme sottratte per mezzo del bancomat rubato. Non ha, del resto, rilevanza ai fini della legittimazione ad uso rotativo, chiede agire il fatto che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza conto corrente di forma scritta ed altri elementi eriferimento sia cointestato anche alla ricorrente, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità perché l’oggetto del ricorso non si riconduce alla tutela della proprietà comune degli eventuali fondi residui sul conto, ma pertiene alle tutele offerte dalla legge e/o dal contratto al titolare dello strumento di pagamento e soprattutto enuclea una precisa domanda di restituzione degli importi sottratti con l’utilizzo del bancomat medesimo. Ne discende che il mero fatto per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene cui l’addebito in conto abbia avuto riflessi – mediati - anche sulla posizione economica della attuale ricorrente non vale a conferirle legittimazione ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012)agire. Questo Collegio ritiene deve pertanto concludere che, senza pregiudizio alcuno rispetto ai diritti azionabili dai soggetti titolati all’eventuale restituzione degli importi sottratti a seguito del furto, la domanda formulata dalla parte con l’attuale ricorso non possa essere esaminata per difetto di condividere la linea interpretativa legittimazione attiva della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1parte ricorrente medesima, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame conseguente improcedibilità del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cricorso.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) Prima di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva esaminare nel merito la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione. È pacifico che il Collegio voglia dichiarare ricorrente non sia correntista della convenuta. Sostiene di aver tentato di incassare, in contanti, un assegno emesso dal proprio datore di lavoro (cliente della resistente) presso la nullità medesima dipendenza della banca che lo aveva tratto. Sebbene la banca abbia dato riscontro al reclamo, nelle controdeduzioni si eccepisce, innanzitutto, come non vi sia evidenza che il ricorrente si sia presentato allo sportello per la (mancata) negoziazione del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatititolo. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiAd ogni modo, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1banca sostiene, con riferimento al credito al consumo)le proprie difese, ha stabilitodi non essere tenuta alla negoziazione dello stesso, nella normativa citando un parere ABI del 2009 sul punto e della giurisprudenza in materia di accettazione dell’assegno e del rapporto fra trattaria e prenditore. Quest’ultimo sostiene, invece, che, in prima battuta, l’addetto allo sportello avrebbe opposto l’impossibilità di cambiare un assegno superiore ad € 1.000,00 (cfr. reclamo del 25 agosto 2014, nel quale il ricorrente riferisce che l’assegno era pari ad un valore di € 1.250,00). Non è in atti copia del titolo e non è dunque noto se lo stesso recasse delle particolarità tali di cui le parti non fanno cenno (ad esempio, se fosse un assegno bancario “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezda accreditare”, come tale non negoziabile in contanti ex art. III42, parR.D. 1736/1993). 2)Non è in atti particolare documentazione relativa al danno sofferto ma è pacifico, comunque, che «la forma scritta negoziazione non è obbligatoria: a) sia avvenuta. Viene altresì richiesta la refusione delle spese sostenute, relativamente alle quali, tuttavia, non si rinviene alcuna documentazione, eccezion fatta per le operazioni il contributo al procedimento ABF e i servizi effettuati in esecuzione l’intervento di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»un legale quale firmatario del ricorso. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentoCiò chiarito e venendo all’esame dell’esito della presente vertenza, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – rilevarsi che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva questione centrale che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità affrontata inerisce all’asserito rifiuto della convenuta di negoziare un assegno bancario tratto per conto del contratto datore di finanziamento rotativolavoro del ricorrente e portato all’incasso da quest’ultimo, in applicazione dell’artsoggetto non correntista. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in A questo proposito giova ricordare quanto fatto oggetto chiarito nel “Parere ABI 1031 - 26 gennaio 2009 - Cambio di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziariaassegni bancari”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio ove si legge quanto segue: “È stato richiesto un parere in materia di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza cambio di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)assegni bancari. In casi del genere, richiamandosi particolare si pongono alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e scrivente i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.seguenti quesiti:
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DIRITTO. La controversia in esame verte sulla presunta illegittimità della condotta della banca in ordine all’applicazione di interessi usurari al finanziamento stipulato con la ricorrente. In particolare, coniuge il ricorrente pone all’attenzione di questo Collegio due differenti problematiche, l’una attinente all’usurarietà genetica del titolare finanziamento e l’altra afferente all’erronea indicazione del TAEG nel contratto stipulato. Con riferimento alla prima delle due citate questioni, xxxxx premettere che la L. 108 del 1996 non stabilisce quale sia il tasso usurario, bensì istituisce un procedimento volto alla determinazione del tasso soglia con cadenza trimestrale in relazione a tipologie predefinite di credito e all’andamento del mercato. Nel Tasso Effettivo Globale medio (ora decedutoTEGM) rilevato trimestralmente andranno computati le commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese (escluse quelle per imposte e tasse). Così determinato il TEGM, il comma 4 dell’art. 2 della legge antiusura fissa il tasso soglia nel TEGM risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato (a seguito delle modiche apportate dal D.L. n. 70/2011) di un quarto cui si aggiunge un margine di ulteriori 4 punti percentuali, con il vincolo di mantenere la differenza tra il limite ed il tasso medio entro 8 punti percentuali. Anche i diversi Collegi dell’ABF hanno avuto modo di esprimersi, a più riprese, sull’annosa questione concernente l’individuazione delle singole voci di spesa da computare nel TEG e con riferimento, in particolare, agli interessi di mora, sono oramai concordi nel ritenere che i predetti interessi non concorrono alla formazione del TEG giacché, in ragione della loro natura, la loro dovutezza è meramente eventuale e non discende automaticamente dalla stipula del finanziamento. Alla stessa conclusione deve giungersi in ordine alle spese dovute per l’estinzione anticipata del rapporto, stante proprio l’eventualità della corresponsione che le caratterizza. Quanto precede trova conforto altresì nelle Istruzioni della Banca d’Italia vigenti al momento della stipula del contratto, ove chiaramente si escludono dal calcolo del TEG gli interessi di mora e le “penali a carico del cliente previste in caso di estinzione anticipata del rapporto”. Diversamente deve dirsi, invece, con riferimento alle spese assicurative. Ed infatti, anche in questo caso soccorrono le predette Istruzioni della Banca d’Italia che espressamente prevedono l’inclusione nel calcolo del TEG delle “spese di assicurazioni o garanzie intese ad assicurare il rimborso totale o parziale del credito ovvero a tutelare altrimenti i diritti del creditore”. Così individuate le voci di spesa da computarsi nel TEG, da un attento esame della documentazione versata in atti si desume che, in ogni caso, il tasso di interesse applicato al rapporto in questione si pone ben al di sotto del tasso soglia di riferimento. Ed infatti, il TEG del finanziamento in essere con la ricorrente è pari a 9,51% a fronte di un tasso soglia che nel primo trimestre del 2011 risulta essere pari al 16,95%. La domanda della ricorrente relativa all’usura genetica del contratto appare, dunque, destituita di un qualsivoglia fondamento fattuale e giuridico, ancor più ove si consideri che né gli interessi moratori né le spese per l’estinzione anticipata del finanziamento sono mai stati richiesti alla ricorrente e, pertanto, non è meritevole di accoglimento. Residua, quindi, il problema relativo all’accertamento dell’erroneità del TAEG del finanziamento de quo indicato nel contratto. Al riguardo, non può non rilevarsi che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio le disposizioni di una carta di credito ad uso rotativo, chiede trasparenza emanate dalla Banca d’Italia espressamente statuiscono che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza TAEG indicato nel contratto debba essere comprensivo di forma scritta tutti gli interessi ed altri elementi ei costi di cui il finanziatore è a conoscenza, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato ivi inclusi quelli relativi ai servizi accessori e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatialle imposte. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiIn particolare, la questione oggetto controversa nell’orientamento dell’ABF concerne l’inclusione o meno delle spese assicurative nel computo del TAEG. Sul punto, l’intermediario rileva la correttezza dell’esclusione del premio assicurativo dal calcolo del TAEG atteso che la stipula della polizza non era condizione dell’erogazione del finanziamento e, dunque, si tratterebbe di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso una spesa che la ricorrente ha autonomamente scelto di sostenere. L’assunto della resistente non persuade questo Collegio. Ed infatti, le considerazioni dell’intermediario si pongono in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa evidente spregio dell’art. 117, co. 2comma 4, TUB (disposizioneTUB, pare a mente del quale “… i contratti indicano il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore)mora”. Peraltro, il computo delle spese assicurative nel TAEG deve essere anche rilevato come desumersi, finanche, dalle già citate Istruzioni della Banca d’Italia nonché dal dovere generale di comportarsi secondo buona fede che impone all’intermediario, specie nei rapporti con il consumatore, il precipuo obbligo di fornire informazioni chiare, complete e comprensibili in ordine al costo complessivo del credito erogato, tali da garantire la sottoscrizione consapevolezza del contratto di finanziamentoconsumatore. Ora, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimorilevata l’opacità della rappresentazione dei costi dell’operazione in contratto, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplinaoccorre stabilire quali siano le conseguenze da essa derivanti. Ebbene, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella alla fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione esame deve applicarsi il disposto di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito cui all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.125-
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DIRITTO. Il ricorso merita di essere accolto. L’istanza di accesso ai documenti di cui alle lettere b), c) e d) del punto 1) del ricorso veniva giustificata dall’esigenza del dottor B.F., uti singulus, di acquisire la documentazione richiesta al fine di meglio documentare le pretese risarcitorie vantate dallo stesso nei confronti dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 24, comma 7 della legge n. 241/90. Tale documentazione consiste nei curricula, schede informative, appunti e similia predisposti e/o valutati dall’Amministrazione per pervenire all’adozione dei provvedimenti di mobilità menzionati nella narrativa in fatto, in analoghi documenti relativi a funzionari direttivi della Polizia di Stato che attualmente prestano attività lavorativa presso gli uffici, organismi e/o amministrazioni specificamente indicati dai ricorrenti (autorità amministrative indipendenti, commissioni e/o uffici parlamentari, uffici studi, ricerche e consulenza e legislazione e affari parlamentari presso il Dipartimento della P.S., Servizio ordinamento e contenzioso c/o il Dipartimento della P.S., altre amministrazioni pubbliche), in atti e documenti dai quali sia possibile evincere quanto indicato nella nota dell’Amministrazione del 22.7.2010 in ordine alle difficoltà di carattere tecnico-applicativo per cui era stato sospeso lo svolgimento della procedura informatizzata per la gestione della mobilità, nonché ai programmi ed obiettivi dell’Amministrazione, di cui al comma 1, dell’art. 58 del d.P.R. n. 334/2000, valevoli dal maggio 2006 fino alla data di presentazione dell’istanza di accesso, con particolare riferimento agli incarichi cui aspirava il dottor B.F.. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) partecipazione alla formulazione dell’istanza di accesso da parte della Federazione sindacale CONSAP Italia sicura ANIP veniva giustificata con riferimento all’interesse dell’organizzazione sindacale in questione alla tutela di un contratto proprio dirigente sindacale oltreché del complesso dei suoi iscritti, interessati al buon andamento dell’Amministrazione di finanziamento appartenenza. Non appare seriamente contestabile l’interesse diretto, concreto ed attuale del dipendente – che in aggiunta prevedeva la possibilità aspira a prestare servizio presso gli uffici direttivi dell’Amministrazione dell’Interno e presso gli altri organismi ed Amministrazioni specificamente indicati alle lettere b) e c) del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità punto 1 del ricorso – ad acquisire la documentazione relativa ad altri funzionari direttivi presa in considerazione e valutata dall’Amministrazione sia ai fini dell’adozione dei provvedimenti di mobilità di cui alla lettera a) del punto 1) del ricorso, sia ai fini dell’utilizzazione di altri funzionari presso gli uffici, organismi ed amministrazioni indicati alla lettera c) del punto 1) del ricorso. Analogo rilievo vale per incompetenza ratione temporis dell’ABFi documenti indicati alla lettera d) del punto 1) del ricorso (atti e documenti dai quali sia possibile evincere quanto indicato nella nota dell’Amministrazione del 22.7.2010 in ordine alle difficoltà di carattere tecnico- applicativo per cui era stato sospeso lo svolgimento della procedura informatizzata per la gestione della mobilità, nonché ai programmi ed obiettivi dell’Amministrazione, di cui al comma 1, dell’art. Difatti58 del d.P.R. n. 334/2000, la valevoli dal maggio 2006 fino alla data di presentazione dell’istanza di accesso), anch’essi certamente rilevanti ai fini della valutazione della legittimità della procedura di mobilità in questione oggetto e dell’assegnazione degli incarichi cui aspira il dottor B.F. L’acquisizione di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis tale documentazione appare necessaria ai fini della valutazione della proponibilità di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta un’eventuale azione risarcitoria da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziodr. B.F. nei confronti dell’Amministrazione. Né possono valere a precludere l’accesso ai documenti in questione – che deve essere consentito, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa ai sensi dell’art. 11724, co. 2comma 7, TUB (disposizione, pare il caso della legge n. 241/90 – le considerazioni svolte dall’Amministrazione in ordine alla mancanza di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia provvedimenti che definiscano le dotazioni di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere personale direttivo degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti uffici ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltreinteressato il dottor B.F. e comunque dell’assenza dal servizio dello stesso, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio essendo di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio che si tratta di finanziamento attivato mediante la carta revolving, rilievi che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue attengono al merito delle pretese che il contratto dottor B.F. potrebbe far valere in giudizio. La legittimazione all’accesso che deve esser riconosciuta in capo al dottor X.X. xxx singulus, in ragione della carica da questi ricoperta in seno all’organizzazione sindacale di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal cui è rappresentante legale l’altro ricorrente, deve essere considerato nullo estesa anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore alla Federazione Consap-Italia Sicura (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012ANIP), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia quanto meno in considerazione del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (suo interesse differenziato e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia qualificato a tutelare gli interessi del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.dottor B.F..
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge controversia sottoposta all’Arbitro ha per oggetto una richiesta di risarcimento del titolare (ora deceduto) danno a seguito di un furto di identità ed, in particolare i controlli, che l’intermediario deve effettuare al fine di identificare il cliente, onde prevenire possibili danni agli interessati ai quali i dati appartengono, oltreché a se stesso. In questi casi, secondo l’orientamento dell’ABF, grava sull’intermediario l’onere di dimostrare di avere posto in essere tutte le necessarie cautele al fine di prevenire possibili danni e attestare di avere effettuato controlli adeguati, contraddistinti dal dovuto scrupolo e dalla necessaria diligenza professionale (cfr Collegio Napoli, decisione n. 3851/2014). Quanto alla condotta dell’intermediario resistente il Collegio rileva che, sebbene lo stesso ribadisca di aver eseguito tutte le verifiche prescritte in sede di istruttoria del prestito, non offre prova di tale affermazione. Invero, la convenuta neppure contesta le macroscopiche irregolarità segnalate dal ricorrente nella denuncia alla Polizia allegata al ricorso: che cioè le firme apposte sul contratto di finanziamento erano in modo “evidente” difformi da quelle apposte sul suo documento di identità, così come la fotografia e l’indirizzo di residenza; che in aggiunta prevedeva la possibilità busta paga presente nel fascicolo del rilascio prestito avrebbe indicato un datore di una carta lavoro differente. Per di credito ad uso rotativopiù, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario l’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore reso noto se il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto rapporto di finanziamento collegato sia stato instaurato presso i locali della filiale né se abbia ottenuto l’esibizione del documento falsificato in originale e se abbia provveduto ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoeffettuare ulteriori verifiche, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella come prescritto dalla normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni antiriciclaggio. Anche le note allegate dalla resistente a prova dell’invio del preavviso e servizi bancari dei solleciti di pagamento sono state inviate all’indirizzo contestato dal ricorrente e finanziari” (sezquindi dallo stesso mai ricevute ma restituite al mittente. III, par. 2), Il Collegio pertanto prende atto che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per contestato fra le operazioni parti il furto di identità ai danni del ricorrente e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, rileva come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che non abbia assolto l’onere probatorio di aver agito con la concessione diligenza professionale per prevenire l’evento dannoso. Dal canto suo, sul ricorrente grava l’onere di provare l’esistenza del prestito revolving possa danno. Sotto il profilo del danno patrimoniale, però, lo stesso non produce la nota di diniego di finanziamento da parte dell’altro intermediario, per dimostrare l’esistenza di un pregiudizio da mancato accesso al credito; e quanto al danno da perdita di occasioni economiche, allega solo evidenza di un mandato conferito nel novembre 2015 ad una società di consulenza incaricata di occuparsi per suo conto della acquisizione di uno studio professionale. La domanda risarcitoria non può pertanto essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contrattoaccolta rispetto a questi profili di danno, per difetto di prova. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di speciePer contro, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come taledanno non patrimoniale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce il ricorrente ha allegato evidenza della propria iscrizione all’albo dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, commercialisti/revisori dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio conti al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito provare la propria qualifica professionale. Circostanza dalla quale è possibile presumere l’esistenza di un danno alla reputazione professionale che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo il Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, poter liquidare in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato via equitativa come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cdispositivo.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIl Collegio rileva che l’intermediario eccepisce l’inammissibilità del ricorso, coniuge in quanto, l’indagine sulla domanda del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio ricorrente richiederebbe lo svolgimento di una carta consulenza tecnica, attività estranea al perimetro di credito ad uso rotativocognizione dell’ABF che, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza invece, può conoscere esclusivamente di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia aventi ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee “una contestazione relativa a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari”. Il generico accertamento della correttezza di conteggi e criteri di calcolo degli interessi sarebbe escluso da tale nozione. Parte ricorrente chiede all’Arbitro “di ordinare all’intermediario la rideterminazione dell’intero piano di ammortamento (120 rate) a tasso fisso nella misura nella misura del tasso medio dei BOT emessi nei 12 mesi precedenti la conclusione del contratto (ai sensi dell’art. 125- bis, comma 7, TUB), ovvero in alternativa al tasso legale vigente all’epoca della stipula del contratto, con restituzione di tutto quanto maggiormente corrisposto nel frattempo”. Asserisce, infatti, che nel contratto non si menziona né il metodo di calcolo degli interessi, né la base mensile e, inoltre, non si disciplina il regime finanziario applicato che risulta essere quello composto. A sostegno della propria domanda allega copia del contratto, del piano di ammortamento, una tabella costruita secondo i valori attuali di rata nel regime finanziario composto, la dimostrazione matematica dell’interesse composto. Nel corpo del ricorso e delle repliche illustra il contenuto degli allegati anche mediante formule matematiche. Il Collegio ritiene che l’eccezione preliminare di consulenzialità della domanda debba essere respinta: infatti, parte ricorrente ha specificato in modo sufficientemente analitico le proprie domande, le ha corredate di una perizia di parte che esprime i metodi seguiti e i risultati raggiunti in relazione ad ogni singola voce oggetto di contestazione e ha prodotto a supporto della domanda copia degli estratti conto. L’Arbitro è, dunque, in condizione di accertare la correttezza dei calcoli effettuati dal consulente tecnico di parte senza che tale attività risulti sostitutiva dell’onere di specifica allegazione e prova gravante sull’interessato. Il contratto sottoscritto dal ricorrente riporta chiaramente le condizioni economiche applicate: l’art. 2 disciplina le modalità di calcolo degli interessi precisando che il piano di ammortamento è “alla francese”. Il contratto è stato sottoscritto dal ricorrente e il suddetto art. 2 approvato specificatamente; il ricorrente, inoltre, ha dichiarato di aver ricevuto l’informativa precontrattuale, in particolare nel PIES, allegato dal ricorrente, è espressamente previsto che “il piano di ammortamento… viene consegnato in allegato al presente documento e ne costituisce parte integrante”. Parte ricorrente ritiene che il piano di ammortamento alla francese applicato al contratto comporti la capitalizzazione composta degli interessi. In particolare, dopo aver calcolato gli interessi sulla prima rata [che nel caso di specie sono pari a € 183,33], nella seconda rata si pagherà oltre alla quota interessi di euro 182,18 anche un'altra quota di euro 1,15 che però viene aggiunta alla quota capitale precedente per formare la nuova quota capitale [ della seconda rata] e così via fino all'ultima rata. In merito al rispetto degli oneri di trasparenza con particolare riferimento al piano di ammortamento, il Collegio evidenzia che, l’art. 117, comma 4, TUB, dispone: “I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora» e il Provvedimento della Banca d’Italia del 9 febbraio 2011 - Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, precisa che “[i] contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali oneri di mora. Sono indicate, oltre alle commissioni spettanti all’intermediario, le voci di spesa a carico del cliente, ivi comprese le spese relative alle comunicazioni di cui alla sezione IV del presente provvedimento (Comunicazioni alla clientela). Il contratto riporta tutte le condizioni applicate, incluse le condizioni generali di contratto” (sez. III, § 3). Pertanto, la riportata clausola è coerente con il disposto normativo in materia, che non pretende come elemento di trasparenza, l’allegazione del piano di ammortamento. Non consente di pervenire a soluzioni diverse la decisione della CGUE, menzionata dal ricorrente, C-125/18 del 3.3.2020, la quale si riferiva alla diversa ipotesi di un tasso variabile e alla necessitò che il parametro sia ben definito e compreso dal mutuatario: “la direttiva 93/13, e segnatamente il suo art. 4, par. 2), e il suo art. 5, deve essere interpretata nel senso che, al fine di rispettare l’obbligo di trasparenza di una clausola contrattuale che «la forma scritta fissa un tasso d’interesse variabile nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, tale clausola deve non è obbligatoria: a) per solo essere intelligibile sui piani formale e grammaticale, ma consentire altresì che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto della modalità di calcolo di tale tasso e di valutare in tal modo, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentoconseguenze economiche, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtàpotenzialmente significative, di una operazione economicatale clausola sulle sue obbligazioni finanziarie. Costituiscono elementi particolarmente pertinenti ai fini della valutazione che il giudice nazionale deve effettuare al riguardo, nella sostanzada un lato, la circostanza che gli elementi principali relativi al calcolo di tale tasso siano facilmente accessibili a chiunque intenda stipulare un mutuo ipotecario, grazie alla pubblicazione del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosimetodo di calcolo di detto xxxxx, nonché, dall’altro, la comunicazione di informazioni sull’andamento, nel passato, dell’indice sulla base del quale è calcolato questo stesso tasso”. Necessità informative e di trasparenza del mutuatario che però non si riscontrano nel caso di speciede quo, con riguardo in cui l’apparato negoziale predisposto è sufficiente, ex lege, a rendere edotto il finanziato del tasso applicato. Per quanto concerne l’ammortamento alla francese, è orientamento consolidato dei collegi ABF escludere che la rata comprenda il regime dell’interesse composto, essendo stato affermato che “ciascuna rata ingloba interessi, semplici (non composti), sempre calcolati, al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (televisore) come talecom’è corretto: gli interessi essendo il corrispettivo del godimento del denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, quindicomma 3, da valutare autonomamentec.c.)” (cfr. ex multis Coll. Milano, circa la sua validitàn. 9732/2017, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, decn. 3228/2016, Coll. Napoli, nn. 7015/2017 e 1127/2014) e che “l’anatocismo, rilevante agli effetti dell'art. 1283 c.c., si determina soltanto se gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungono al capitale, costituendo in tal modo la base di calcolo produttiva di interessi. Per contro, la previsione di un piano di rimborso con rata fissa costante, vale a dire l’ammortamento “alla francese”, non comporta violazione dell’art. 1283 c.c., giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso” (così Trib. Roma, sez. IX, 13/04/2017, n. 187/20137495; per la medesima conclusione Trib. Catania, sez. IV, 11/07/2018, n. 2948; Trib. Bologna, sez. IV, 24/06/2017, n. 1292; Trib. Padova, 29/05/2016). Ne deriva Secondo i precedenti dell’Arbitro, non vi è incompatibilità tra piano di ammortamento alla francese e tasso variabile. Cfr. Coll. Palermo, n. 26641/19: “Con riguardo alla contestazione sull’indeterminatezza delle pattuizioni relative al tasso d’interesse, si rileva come dalla lettura del contratto emerga la vigenza di un piano di ammortamento alla francese, in quanto l’importo della rata rimane costante, mentre varia la sua composizione tra quota capitali ed interessi calcolati nella misura di cui all’art. 1 del contratto. Ciò, in aderenza al costante orientamento dell’Arbitro, risulta legittimo in quanto non sussiste incompatibilità tra il piano di ammortamento alla francese ed il tasso d’interesse variabile ( cfr. ABF Palermo n. 22492/19)”. Il Collegio rileva, inoltre, che, la giurisprudenza di merito (v. infra Tribunale Xxxxxxx, 00/00/0000, (xx. 16/04/2019, dep. 17/04/2020), n.772) ha osservato che l’assetto “L'opzione per l'ammortamento alla francese, oltre a non comportare una violazione del divieto di anatocismo o l'applicazione di un tasso superiore a quello dichiarato in contratto, non pone neppure problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo xxxxx e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo.”. Tali considerazioni si fondano sull’orientamento della Cass. Civ. Sez. III 27.11.2014 n. 25205 secondo cui "il requisito della determinabilità dell'oggetto del contratto richiede semplicemente che siano identificati i criteri oggettivi in base ai quali fissare, anche facendo ricorso a calcoli di tipo matematico, l'esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità, mentre non rileva la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione". Questo Collegio ritiene, dunque, di dovere confermare il costante l’orientamento dell’ABF che considera prive di ogni fondamento le doglianze di anatocismo relative al calcolo delle quote di capitale e di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatoda corrispondere con le singole rate secondo il metodo cosiddetto “alla francese”, in quanto tale operazione è pienamente legittima (cfr. Collegio di Napoli, decisioni n. 2956/15, n. 422/13 e n. 3797/12). Da ultimo, il Collegio rileva che nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmentemutui viene indicato il tasso in misura annuale, ma le operazioni vengono effettuate su scala temporale mensile; rispetto a detto riferimento temporale il ricorrente eccepisce che il contratto non precisa il divisore di 360 giorni che viene arbitrariamente applicato. La convenzione commerciale secondo cui l’anno viene considerato di 360 giorni ed ogni mese costituito da 30 giorni comporterebbe un risultato più conveniente per l’intermediario. Sebbene il contratto non indichi espressamente il divisore di 360 giorni si evidenzia che il contratto indicava in palese assenzamodo esplicito tutti i costi, allorail TAN e il TAEG. Inoltre, dei requisiti dalla documentazione versata in atti il Collegio reputa che il piano di forma impostiammortamento sia stato consegnato al ricorrente unitamente al Pies e, a tutela del clientequindi, dal TUB ha permesso al cliente di conoscere le singole scadenze delle rate. Il ricorrente, pertanto, ha potuto conoscere il riferimento temporale di ogni singola rata. Per quanto concerne l’ammortamento alla francese, è orientamento consolidato dell’ABF escludere che la rata comprenda il regime dell’interesse composto, essendo stato affermato che “ciascuna rata ingloba interessi, semplici (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizianon composti), non sempre calcolati, al tasso nominale, sul residuo capitale da restituire (com’è corretto: gli interessi essendo ovviamente consentito che ammontareil corrispettivo del godimento del denaro da altri concesso; cfr. l’art. 821, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione comma 3, c.c.)” (insomma avvenuta oralmente) possanocfr. ex multis Coll. Milano, poin. 9732/2017, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, decn. 3228/2016, Coll. Napoli, nn. 7015/2017 e 1127/2014) e che “l’anatocismo, rilevante agli effetti dell'art. 1283 c.c., si determina soltanto se gli interessi maturati sul debito in un dato periodo si aggiungono al capitale, costituendo in tal modo la base di calcolo produttiva di interessi. Per contro, la previsione di un piano di rimborso con rata fissa costante, vale a dire l’ammortamento “alla francese”, non comporta violazione dell’art. 1283 c.c., giacché gli interessi di periodo vengono calcolati esclusivamente sul capitale residuo e alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso” (così Trib. Roma, sez. IX, 13/04/2017, n. 1575/20137495; per la medesima conclusione Trib. Catania, sez. IV, 11/07/2018, n. 2948; Trib. Bologna, sez. IV, 24/06/2017, n. 1292; Trib. Padova, 29/05/2016). Secondo l’impostazione accolta dal Il Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriaosserva, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questainfine, che stabilisce apposite riserve la ricorrente lamenta anche la mancanza di legge per l’esercizio chiarezza nell’esplicitare in contratto il criterio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolarecalcolo: il Collegio, nella fattispecie in esametuttavia, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999ritiene che il contratto consenta, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizicomunque, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106comprendere il criterio proprio attraverso il piano di ammortamento, comma 1fermo restando che il Collegio, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertantodiversamente, se dovrebbe disporre una CTU, il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolvingesula dal procedimento ABF. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità ricorso non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cpuò trovare accoglimento.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteOccorre esaminare preliminarmente l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto, coniuge il quale ha prodotto agli atti copia della Gazzetta Ufficiale del titolare (ora deceduto) 18.04.2019, contenente la pubblicità dichiarativa della cessione del ramo di un azienda cui inerisce il contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoleasing finanziario per il quale pende controversia. Come è noto, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso l’art. 58, comma 5 TUB prevede, per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare“cessione a banche di aziende e rami d’azienda” che “i creditori ceduti hanno facoltà, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, co. 1di esigere dal cedente o dal cessionario, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza l’adempimento delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso obbligazioni oggetto di esame del Collegio cessione. Trascorso il termine di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaitre mesi, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.dcessionario risponde in via esclusiva”. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiEbbene, nel caso di specie, con riguardo il ricorrente ha correttamente indirizzato, in data 26 febbraio 2019, la propria eccezione di nullità di pattuizioni contrattuali per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali nonché le proprie domande di restituzione delle somme pagate in esecuzione di quanto previsto dalle predette clausole e di risarcimento del danno da sovrapprezzo nei confronti dell’intermediario cedente, odierno convenuto. Egli ha, infatti, dato avvio al finanziamento specificamente concesso nel 1991 procedimento dinnanzi a questo Arbitro presentando reclamo all’intermediario cedente in data 26.02.2019, dunque prima della pubblicazione in GU della cessione del relativo ramo di azienda, avvenuta il 18.04.2019 (da cui decorre il termine di 3 mesi per acquistare l’opponibilità della cessione del ramo d’azienda ai creditori ceduti). La cessione non può pertanto essergli opposta ai sensi di quanto previsto dall’art. 58 comma 5 TUB. In un bene caso analogo, questo Collegio si è poi pronunciato sulla necessità di consumo dare rilievo alla natura extracontrattuale delle pretese risarcitorie e restitutorie fatte valere dal ricorrente nei confronti dell’intermediario convenuto, la cui eventuale responsabilità da fatto illecito non sarebbe comunque soggetta a cessione (televisore) come talecfr. Collegio di Bologna, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. decisione n. 187/201319 del 2020). Ne deriva che l’assetto l’eccezione di interessi relativo carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto è del tutto infondata e deve essere rigettata. Passando al prestito revolving merito della controversia, questo Collegio ha avuto modo di ritenere, in conformità con la giurisprudenza ABF in materia, che “una violazione del diritto della concorrenza consistente in un cartello, ove provata, possa dare luogo, rispetto ad un rapporto contrattuale “a valle”, tanto ad un danno risarcibile nella forma del danno da In punto di valore probatorio dell’accertamento AGCM, la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire, anche recentemente, la funzione di “prova privilegiata” del provvedimento AGCM, il quale è dotato di “elevata attitudine a provare tanto la condotta anticoncorrenziale, quanto l'astratta idoneità della stessa a procurare un danno ai consumatori” (cfr. Cassazione Civile, 22.5.2019, n. 13846). Il dettato normativo è tuttavia chiaro nell’attribuire valenza di definitivo accertamento della violazione del diritto della concorrenza alla decisione dell’AGCM non più soggetta ad impugnazione davanti al giudice del ricorso ovvero alla sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato (art. 7 del d.lgs. n. 3/2017). L’odierno ricorrente si palesa delineatolimita a produrre il provvedimento n. 27492/2018 dell’AGCM, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziasub all. a), non essendo ovviamente consentito quale pretesa prova dell’illecito anticoncorrenziale posto a fondamento di tutte le sue domande – sia di quelle che ammontaremirano alla declaratoria di nullità di singole clausole del contratto di leasing finanziario che di quelle restitutorie e risarcitoria, condizioni essenziali senza che vengano prodotte ulteriori evidenze. Come già chiarito, tuttavia, la questione della violazione della normativa concorrenziale da parte dell’intermediario convenuto è pacificamente pendente dinnanzi al TAR del Lazio, dove il provvedimento in discorso è stato impugnato e voci risulta attualmente sospeso in via cautelare in attesa della decisione di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possanomerito. Tanto premesso, poi, essere validamente integrate a mezzo questo Xxxxxxxx ritiene di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta condividere l’indirizzo fatto proprio dal Collegio di coordinamento Torino, secondo cui “[poiché] l’accertamento compiuto dall’Autorità si fa vincolante per il giudice dell’azione civile – e dunque anche per questo Arbitro – quando il provvedimento sanzionatorio non sia più soggetto ad impugnazione dinanzi al giudice amministrativo o sia stato da quest’ultimo confermato con sentenza passata ingiudicato; [ciò] significa, evidentemente, che questo prima di quello stadio il provvedimento non fa prova, di per sé solo, dell’asserita violazione” (Collegio ritiene di far propriaTorino, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità decisione n. 21285 del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore2019). PeraltroIl Collegio di Torino, deve essere con motivazione che risulta pertinente anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie nel caso in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999ha pertanto concluso che “al pari del giudice civile, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso pure questo Arbitro non può dirsi per reputare provata, allo stato, la violazione sulla quale è fondato il cosiddetto contratto accessorio presente ricorso, giacché detta violazione forma oggetto di finanziamento attivato mediante un provvedimento ancora sub judice […]; e poiché in punto di onere della prova il ricorso rinvia in toto al previo accertamento espletato dall’Autorità col provvedimento impugnato, la carta revolvingprovvisorietà ed instabilità di quest’ultimo equivale a mancata (o non ancora raggiunta) prova dei fatti contestati all’intermediario resistente”. Alla luce di quanto sopra osservato, che risulta il ricorso non può essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo accolto in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio sfornito di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cprova.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge Oggetto del titolare (ora deceduto) presente procedimento è la richiesta di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità riduzione del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità costo totale del finanziamento stesso per mancanza anticipatamente estinto mediante rimborso dei costi ivi applicati, in base al combinato disposto degli artt. 121, comma 1, lett. e) D.Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario – T.U.B.), che indica la nozione di forma scritta ed altri elementi ecosto totale del credito, infinee 125 sexies T.U.B., effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare che impone una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi complessivamente pagatie dei costi dovuti per la vita residua del contratto. L’intermediario In base all’orientamento finora consolidato dell’ABF (per tutte, decisione del Collegio di Coordinamento n. 6167/2014), anche e soprattutto alla luce della disciplina sub primaria della Banca d’Italia (cfr. le Disposizioni sulla trasparenza e le Indicazioni della Vigilanza del 2009, 2011 e 2018, nonché le Comunicazioni Banca d’Italia del 2009 e 2011), nel caso di estinzione anticipata del finanziamento doveva essere rimborsata al mutuatario la quota di commissioni e costi assicurativi non ha sollevato questioni pregiudizialimaturati nel tempo, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili distinguendo fra oneri in corrispettivo di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito prestazioni compiute nella fase delle trattative e della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità conclusione del contratto di finanziamento collegato alla carta (commissioni up front), ritenuti non ripetibili, e oneri che maturano nel corso dell’intera durata del rapporto negoziale (commissioni recurring), rimborsabili in proporzione alle rate residue non maturate del finanziamento (cd. criterio pro rata temporis: l’importo da restituire si ottiene dividendo l’importo della commissione per il numero totale delle rate del finanziamento e moltiplicando il risultato per il numero di rate residue al momento dell’estinzione anticipata). In ogni caso, qualora la clausola contrattuale che disciplina la singola commissione non sia chiara ed univoca nell’individuarne la natura up front o recurring, o sia del tutto assente in contratto, in applicazione degli artt. 1370 c.c. e 35, comma 2, cod. cons. l’intero importo della commissione deve essere preso in considerazione per la quantificazione della quota da rimborsare. All’esito di un procedimento avviato ai sensi dell’art. 267 TFUE al fine di ottenere la esatta interpretazione dell’art.16, par. 1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito revolving ai consumatori, che ha abrogato la direttiva 87/102 CEE del Consiglio e, in particolare, al fine di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “Il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, includa o meno tutti costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto, la Corte di Giustizia Europea, con decisione emessa in data 11/09/2019 in causa C-383/18, ha statuito che ai sensi dell’art. 16 della Direttiva “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Il Collegio di Coordinamento di questo Arbitro, investito della questione relativa agli effetti del citato provvedimento, con decisione n. 26525/2019 ha enunciato i seguenti principi di diritto: “A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art. 125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front. Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia, che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF. La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda. Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring. Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. Inoltre, con argomentazione cui questo Collegio aderisce, il Collegio di Coordinamento ha ritenuto che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile debba essere analogo a quello che le parti avevano previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Alla luce di tutto quanto sopra, nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente specie, considerato che la commissione mandataria per il perfezionamento del prestito e le provvigioni per l’intermediario intervenuto hanno natura up front poiché remunerano attività solo preliminari, mentre la commissione mandataria per la gestione del prestito ha natura recurring ma è stata rimborsata (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema importo leggermente superiore al dovuto) mediante l’abbuono nel conteggio estintivo e le imposte non sono rimborsabili poiché tecnicamente non un “costo” ai sensi della sopra richiamata decisione della Corte di Giustizia Europea, il resistente è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF tenuto, in base al criterio previsto per la quale nel risolvere riduzione degli interessi corrispettivi per il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittarimborso dei costi up front, al tempo dei fatti pagamento delle seguenti somme: rate complessive 120 rate scadute 48 Importi Natura Rimborsi dovuti Rimborsi già effettuati Residuo rate residue 72 TAN 6,70% Denominazione % rapportata al TAN 39,27% Commissione mandataria perfezionamento prestito 695,52 € Up front 273,13 € 273,13 € Commissione mandataria gestione prestito 695,52 € Recurring 417,31 € 417,60 € -0,29 € Provvigioni intermediario del credito 3.047,04 € Up front 1.196,57 € 1.196,57 € oltre interessi legali maturati dalla data del reclamo. Circa la richiesta dall’art. 117di refusione delle spese legali - peraltro non rimborsabili quale autonoma voce di costo ma solo laddove consistenti in un effettivo pregiudizio subito dal ricorrente, commi 1 e 3, T.U.B. da provare documentalmente (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo 3498/2012) e da avanzare già in sede di reclamo (Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della Coordinamento, decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumon. 4618/2016), ha stabilito, nella normativa data la serialità del contenzioso in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati esame in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta base all’orientamento espresso dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’artCoordinamento (cfr. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, decisione n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 20126167/2014), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziessa va rigettata.
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DIRITTO. La controversia ha ad oggetto la domanda di risarcimento del danno provocato dall’asserito ritardo da parte dell’intermediario convenuto nel comunicare l’esito negativo della richiesta di finanziamento, presentata dalla ricorrente, coniuge per il quale questa aveva già ottenuto la garanzia del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoConfidi. Al riguardo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso richiama il costante orientamento dell’Arbitro (v. per mancanza di forma scritta ed altri elementi etutte, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia6182/13), non essendo ovviamente consentito che ammontareper il quale, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi esistente, nel nostro ordinamento un obbligo dell’intermediario di erogare credito, né tanto meno l’ABF può sostituirsi ad un intermediario per valutare la convenienza di un’operazione e per imporgli la concessione di un finanziamento. Nel contempo, però, è del pari indubitabile che anche nell’esercizio dell’attività creditizia “la discrezionalità tecnica di cui indiscutibilmente gli intermediari dispongono ... non può che svolgersi all’interno del perimetro segnato dai limiti di correttezza, buona fede e specifico grado di professionalità che l’ordinamento loro richiede, il cosiddetto contratto accessorio che rende certamente sindacabile, limitatamente a tali profili la condotta degli stessi nello svolgimento di finanziamento attivato mediante la carta revolvingtale attività” (Collegio di Napoli, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, 3181/15; Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 20122625/2012). Le conseguenze dell’accertamento Sotto quest’ultimo profilo, si può rilevare come la normativa regolamentare si sia assunta il compito di rendere il più possibile espliciti i parametri di riferimento della nullità correttezza e buona fede dell’intermediario nella materia che qui occupa: - ad esempio, nella Comunicazione Banca d’Italia del contratto 22 ottobre 2007 (Bollettino di finanziamento devono poi essere individuate Vigilanza n. 10 dell’ottobre 2007) in tema di rifiuto di una richiesta di finanziamento, in particolare, è precisato che qualora la banca, nell’ambito della propria autonomia gestionale, “decida di non accettare una richiesta di finanziamento, è necessario che l’intermediario fornisca riscontro con sollecitudine al cliente; nell’occasione, anche al fine di salvaguardare la relazione con il cliente, andrà verificata la possibilità di fornire indicazioni generali sulle valutazioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di credito”; - nella disciplina civilistica Circolare ABI del 22 gennaio 1996, n. 6, che ha reso pubblico il Codice di comportamento del settore bancario e finanziario, in forza del quale, nello svolgimento dell’istruttoria delle domande di finanziamento, è sancito che “l’aderente (banca) si atterrà alle specifiche regole di comportamento di seguito indicate, poste nell’interesse generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo dei clienti e a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)tutela degli stessi. In casi particolare, esso si impegna a: - ridurre il più possibile i tempi per le decisioni sulle richieste di affidamento, tenendo conto della propria struttura organizzativa, delle procedure interne e della tipologia del generefido richiesto; - seguire criteri di trasparenza nelle procedure per la valutazione delle richieste di affidamento al fine di consentire la conoscenza dello stato di avanzamento della pratica di fido”; - ed ancora nella Comunicazione della Banca d’Italia n. 993215 del 26-11-2012 (in tema di segnalazione dei Prefetti previste dall’art. 27-bis, richiamandosi alla più volte citata pronuncia comma 1-quinquies, del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.d. l.
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DIRITTO. La ricorrentePrima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione. Non è controverso che il cliente avesse sottoscritto, coniuge del titolare (ora deceduto) in data 20/11/2006, una richiesta di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito con la convenuta. In tale sede, la modalità di rimborso mensile prevista era “100% del saldo”. Origine del presente ricorso è l’“offerta” proposta dall’intermediario nel corso di una telefonata commerciale avvenuta in data 19/11/12 e le modifiche delle condizioni contrattuali che ne sarebbero risultate “convenute” dalle parti. Sul punto si rileva che: • Non è chiaro se sia stato il cliente a contattare la Banca o viceversa: dalla narrativa proposta dalla parte istante, la chiamata parrebbe essere nata su iniziativa dell’intermediario. Di converso, la convenuta afferma la circostanza per cui sarebbe stato il ricorrente a chiamare la Banca, riportando trascrizione della chiamata effettuata. Si rileva che, dal tenore di quanto trascritto (che parrebbe provenire dal ricorrente), sembrerebbe, tuttavia, farsi riferimento ad uso rotativoun precedente contatto tra le parti. € 500, chiede ma non pare chiarirsi se tale rata faccia riferimento al mero rimborso della liquidità concessa (come inteso dal ricorrente) oppure anche all’ulteriore ed eventuale utilizzo della carta (come applicato dall’intermediario). Ciò premesso e venendo all’esame del merito della controversia, giova rammentare che il Collegio voglia dichiarare – in un quadro normativo ove la nullità del finanziamento stesso per mancanza di della forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta nei contratti di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente è sanzionata con il rimedio della nullità (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora seppure relativa) – le disposizioni con cui la della Banca d’Italia, emanate sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizioneTUB, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilitoprevedono espressamente, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «“la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»”. Nel caso oggetto Ora, ad avviso di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaiquesto Collegio, il cliente aveva provveduto all’integrale mutamento della forma della restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” erogato per mezzo della pretesa unitaria linea carta di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa da “restituzione integrale” a “restituzione revolving” non può essere considerata considerato operazione effettuata e/o servizio svolto in esecuzione dell’originario contrattodelle previsioni contenute in contratti precedentemente redatti nella forma scritta – posto che il contratto stipulato tra le parti non pare prevedere alcun espresso riferimento alla possibilità di tale modifica – sicché la mancanza della forma scritta determina necessariamente la nullità delle relative pattuizioni. TrattasiLe conseguenze di tale nullità impongono che l’intermediario proceda a riconteggiare le restituzioni reciproche, tenendo in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013)considerazione le previgenti condizioni contrattuali. Ne deriva che l’assetto che, essendo stato utilizzato l’affidamento, i debiti in linea capitale dovranno essere restituiti all’intermediario secondo le condizioni originariamente stipulate. La domanda risarcitoria di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente € 500,00 formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve non può, invece, essere considerato nullo accolta risultando non solo assolutamente generica, ma anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziqualsiasi riscontro probatorio.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge controversia all’esame del titolare (ora deceduto) Collegio concerne la contestazione della legittimità di un contratto di finanziamento per violazione dell’art. 117 T.u.b., nonché l’applicazione di tassi di interesse oltre la soglia antiusura. Occorre rilevare che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che controversia concerne il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare Multiconto, tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – finanziamento che viene stipulato, stipulata in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto prestito finalizzato all’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo, spesso connessi all’utilizzo di carta di credito da attivare per via telefonica. Al fine Numerosi sono i precedenti già portati all’attenzione dei Collegi ABF nonché del Collegio di pervenire ad una soluzione circa coordinamento, il quale, riconoscendo la controversia sottoposta all’esame sostanziale autonomia dei finanziamenti “attivati” telefonicamente (anche in relazione allo iato temporale tra contratto iniziale e successivi “riutilizzi”), si è espresso nel senso della nullità di questo tali ulteriori contratti (cfr. decisione Collegio non può non verificarsi prioritariamente di coordinamento n. 3257/2012). Inoltre, va ricordato che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (con provvedimento n. 22450/11) ha sanzionato questa tipologia di contratti come pratica commerciale scorretta. Ebbene, il caso di specie si pone nell’ambito delle questioni concernenti le modalità di stipula di tali contratti, con specifico riferimento al requisito della forma scritta; la validità del ricorrente lamenta, infatti, la violazione dell’art. 117 Tub chiedendo che sia dichiarata la nullità della pattuizione con tutte le conseguenze che deriverebbero da siffatto accertamento. Tuttavia, dalla documentazione in atti risulta che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere originario è stato stipulato verbalmente nel novembre 2000 così come l’attivazione dei successivi “utilizzi” si colloca in epoca anteriore all’1.1.2009, come riportato dall’intermediario e come risultante da una verifica effettuata sugli estratti conto forniti da quest’ultimo (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)cfr. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio Disposizioni sui sistemi di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez, Sezione I, Par. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria4: a) per le “Non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013”). Ne deriva che l’assetto pertanto l’irricevibilità ratione temporis delle domande di parte ricorrente cui ai punti 1,2,3,4,5,7 e 9, sopra elencati. Per quanto concerne la domanda di restituzione, in subordine, di quanto indebitamente percepito per interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB successivamente all’1/1/2009 (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziav. supra punto 6), come si è avuto modo di precisare altre volte, non essendo ovviamente consentito si può giungere ad un risultato diverso dall’inammissibilità di domande al di fuori dell’ambito di competenza temporale di questo Collegio, attraverso un’operazione di sostanziale frazionamento della domanda, considerato che ammontare, condizioni essenziali e voci la richiesta restitutoria della ricorrente implica l’accertamento di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo un vizio genetico di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del un contratto di finanziamento rotativosorto in epoca anteriore a tale limite temporale. Da ultimo residua la contestazione relativa al mancato all’invio periodico degli estratti conto (cfr. punto 8). Al riguardo, in applicazione dell’artl’intermediario respinge tale richiesta affermando che la cliente ha ricevuto al domicilio le informative periodiche. 117In ogni caso, co. 1 e 3, TUB (anche la domanda risulta comunque soddisfatta in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione l’intermediario ha allegato alle sue controdeduzioni l’estratto conto storico del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)rapporto. In casi del generedefinitiva, richiamandosi alla più volte citata ritenendo prevalente ai fini della pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012)rigetto la parte restitutoria della domanda, ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattorispetto alle richieste di diversa natura, il relativo assetto sinallagmatico Collegio si orienta per considerare non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per ricevibile il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizipresente ricorso.
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DIRITTO. La ricorrenteCommissione osserva, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012preliminarmente, che la disciplina in tema di accesso ai documenti amministrativi, di cui agli artt. 22 (lettera e) e 23 della L. 7 agosto 1990 n. 241, si applica a tutti i soggetti di diritto pubblico e anche agli “enti pubblici non economici”. L’Ordine dei Farmacisti è un ente pubblico non economico ausiliario dello Stato, sul quale vigilano alcuni ministeri. L’Ordine rappresenta tutti i farmacisti iscritti all’Albo che esercitano la loro attività in diversi campi o settori produttivi, alcuni dei quali richiedono l’iscrizione obbligatoria all’Albo; sorveglia la correttezza dell’attività professionale degli iscritti e adotta, se necessario, provvedimenti disciplinari per l’inosservanza del Codice Deontologico. Pertanto, alla Sez. I^luce delle disposizioni normative di cui alla L. 7 agosto 1990 n. 241, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. IIIaccesso alla documentazione amministrativa, par. 2)i soggetti pubblici sono assimilati alle Pubbliche amministrazioni − in relazione al potere-dovere di esaminare le domande di accesso −. La Commissione dichiara, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindipertanto, sotto il profilo causale – appena esaminato, la propria competenza. Quanto al merito, il ricorso deve ritenersi fondato, avendo parte ricorrente indicato la sussistenza di un interesse differenziato, concreto ed attuale ad ottenere la documentazione richiesta tenuto conto che la società intende aggiornare e integrare i contratti creditizidati pubblicati sul sito ….., essendo proprietaria e gestore del relativo sito, che si occupa di pubblicare i recapiti, gli orari e i turni delle farmacie d’Italia. La Scrivente sottolinea, peraltro, che gli elenchi inerenti alle farmacie di turno costituiscono dati consultabili e visionabili sui siti istituzionali. La Commissione rileva ancora che la turnazione delle farmacie è un servizio che le ASL adottano su parere dell’Amministrazione resistente, come dedotto dalla stessa ….. La Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, esaminato il ricorso, lo accoglie e, per l’effetto, invita l’Ordine dei Farmacisti a riesaminare l’istanza di accesso nei sensi di cui in motivazione.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge questione sottoposta all’esame del titolare (ora deceduto) Collegio concerne la presunta violazione della disciplina in materia di usura ed anatocismo in relazione ad un contratto di conto corrente assistito da un’apertura di credito, il cui accordato è variato nel corso del rapporto ed è stato oggetto di ripetuti sconfinamenti. Movendo dall’esame delle doglianze relative alla presunta usurarietà del rapporto, va anzitutto rilevato che la forma tecnica di concessione del credito, oggetto del presente ricorso, rientra tra i cc.dd. finanziamenti “a utilizzo flessibile” (c.d. revolving), per i quali il tasso effettivo – in ragione delle specifiche regole di rilevazione (tutti i conti in essere nel trimestre di riferimento) e dei valori presi a riferimento (ammontare utilizzato nel trimestre appena concluso) – è calcolato periodo per periodo, per tutto il corso della durata del rapporto: ciò al fine di appurare se il tasso effettivo globale medio, all’atto della stipula del finanziamento che convenuto nei limiti legali, superi in aggiunta prevedeva alcuni trimestri il tasso soglia. Il Collegio deve al riguardo richiamare il nuovo indirizzo della Cassazione (3 aprile 2013, n. 1796), secondo cui la possibilità norma d’interpretazione autentica recata dalla l. 28 febbraio 2001, n. 24, esclude la rilevanza dell’usura sopravvenuta ai soli fini della declaratoria di nullità della clausola ex art. 1815, 2° comma, c.c.; non consente anche, per converso, di consolidare l’efficacia, nel corso del rilascio rapporto, degli interessi divenuti nel frattempo usurari. Sviluppando tale impostazione, questo Collegio ha distinto opportunamente gli effetti dell’usura a seconda se riferiti al momento genetico dell’accordo o invece al momento funzionale (v., in particolare, ABF Napoli, n. 1796/2013, e poi da ult., ABF Napoli, n. 4664/2016); distinguo assai rilevante, poiché schiude il varco da un lato all’esclusione della ricorrenza di una carta fattispecie – qui palesemente inammissibile – di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità invalidità sopravvenuta del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziouna sua specifica clausola, mediante un modulo prestampato che contienedall’altro lato alla configurazione, altresìnella specie, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativouna mera inopponibilità al cliente dei tassi eccedenti rispetto al tasso soglia legale, trimestralmente rilevato. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame Ad avviso di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto vale a smentire siffatta impostazione l’assenza, nel presente contesto, di finanziamento collegato alla carta di credito revolving una norma che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo richiami l’istituto della forma scrittaintegrazione automatica della clausola difforme da quella legislativa, al tempo dei fatti richiesta contemplato dall’art. 1171339 c.c., commi 1 stante la portata generale e 3non già eccezionale di quest’ultimo, T.U.B. ben chiarita dalla Cassazione (Collegio di Coordinamento26 gennaio 2006, decisione n. 3257 del 12.10.2012)1689) e da un’acuta dottrina. Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui Su questa scia, la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’artd’Italia ha quindi fornito agli intermediari l’indicazione di condurre sistematicamente una verifica trimestrale sul rispetto delle soglie pro tempore vigenti per tutti i finanziamenti “a utilizzo flessibile” (c.d. 117, co. 2, TUB revolving) (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’artcfr. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa i “Chiarimenti in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziariapplicazione della legge antiusura” (sez. III, par. 2del 3 luglio 2013), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrentequestione che questo Collegio deve affrontare per la soluzione del caso in esame riguarda gli effetti dell’inadempimento dell’obbligo di consegna del bene/esecuzione del servizio da parte del fornitore, coniuge del titolare (ora deceduto) di quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di finanziamento che tra l’intermediario resistente e il ricorrente, in aggiunta prevedeva la possibilità qualità di consumatore, finalizzato all’acquisto del rilascio di una carta di credito ad uso rotativobene o del servizio medesimo. In merito alla vicenda all’origine della presente vertenza, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi epare utile, infineai fini della decisione, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatirammentare i seguenti aspetti. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del Il ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di verte su un contratto di credito finalizzato a finanziare la prestazione di cure mediche (nello specifico, dentistiche). Dalla documentazione acclusa al ricorso risulta che: - in data 25/06/2013, l’istante ha presentato alla finanziaria convenuta, per il tramite del fornitore convenzionato, una richiesta di prestito finalizzato dell’importo di € 14.000,00. Nel modulo, a mani dell’istante, è indicato l’importo totale dovuto dal cliente, pari ad € 15.413,06, da rimborsare in numero 48 rate mensili dell’importo di € 319,25 ciascuna (oltre ad € 1,30 per spese di incasso). Nello stesso modulo, contenente le “Informazioni europee di base sul credito ai consumatori” non constano i dati del fornitore, né l’apposizione del timbro e della firma di tale soggetto. La finanziaria ha accettato la richiesta di finanziamento collegato con missiva del 27/06/2013, ove sono riportati il nominativo del fornitore convenzionato e la decorrenza della prima rata (15/07/2013); - l’art. 10 delle condizioni generali del contratto regola come segue il caso di inadempimento del fornitore: Il ricorrente lamenta il parziale inadempimento del centro medico. In sede di replica, precisa di non aver ricevuto una protesi dentaria del costo di € 6.000,00 al netto dell’IVA, essendo stato costretto a rivolgersi ad un altro specialista per completare le cure. La sua domanda di “annullamento del contratto c.dcome previsto dal TUB”, con restituzione di quanto versato, è formulata espressamente ai sensi della clausola 10 sopra richiamata e, quindi, va più esattamente qualificata come domanda di risoluzione del contratto di credito ex art. multiconto125 quinquies T.U.B. Xxxx atti consta la missiva di messa in mora del fornitore, tale potendo essere intesa la lettera del 04/03/2014, tornata al mittente per compiuta giacenza. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoL’intermediario eccepisce, in occasione della nel merito, che l’inadempimento contestato, essendo parziale, non rivestirebbe la gravità richiesta da parte del cliente di un finanziamento dall’art. 1455 C.C., per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità dare luogo alla risoluzione del contratto di finanziamento collegato di cui in controversia. Richiama, al riguardo, l’esposto alla carta Procura della Repubblica avanzato dal ricorrente, non versato agli atti. La parte resistente si dichiara, comunque, disponibile alla riduzione dell’ammontare del finanziamento in misura pari al valore delle cure mediche fornite all’istante, “previa quantificazione da parte del cliente” medesimo. Tanto premesso, e prima di esaminare nel merito la decisione, va preliminarmente sottolineato che l’eccezione in rito sollevata dalla parte resistente si rivela totalmente infondata. Infatti, come già si è avuto occasione di rilevare (cfr. pronuncia n. 6317/2014), “non è chiaro [...] quale sia la causa che renderebbe inammissibile il ricorso. Né essa potrebbe – come sembra adombrarsi – essere connessa alla mancata chiamata in giudizio del [prestatore del servizio], il quale, non soltanto non si configura quale litisconsorte necessario, ma è anche estraneo al rapporto bancario il quale segna il perimetro della competenza ratione materiae di questo Collegio”. Ciò chiarito, deve ora essere richiamata la normativa applicabile ratione temporis al caso all’origine della presente vertenza, ovvero l’art. 125-quinquies (Inadempimento del fornitore) del TUB, introdotto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. 141, attuazione della direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito revolving che ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993), in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi, pubblicato sulla G.U. n. 207 del 04/09/2010 ed in vigore dal 19/09/2010. Secondo quanto dispone il menzionato art. 125-quinquies del TUB, infatti, “Nei contratti di credito collegati, in caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione inadempimento da parte del Collegio di coordinamento dell’ABF fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi costituzione in mora del fornitore, ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce diritto alla declaratoria di nullità risoluzione del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittacredito, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, se con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia contratto di “Trasparenza delle operazioni e fornitura di beni o servizi bancari e finanziari” (sezricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame La risoluzione del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea contratto di credito apertagli dall’intermediariocomporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che la concessione sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contrattofornitore stesso […]”. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiPremesso che, nel caso di specie, con l’inadempimento del fornitore può sicuramente dirsi conclamato e irreversibile, deve, in questa sede, unicamente valutarsi se tale inadempimento rivesta o meno gli estremi della “non scarsa importanza avuto riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 all’interesse” della parte non inadempiente cui fa espresso riferimento l’art. 1455 cod. civ. E’ noto che l’orientamento prevalente della giurisprudenza insegna che tale valutazione debba essere operata applicando contestualmente sia un parametro soggettivo, sia un parametro oggettivo; infatti, come ancora piuttosto recentemente è stato sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, “in tema di risoluzione del contratto per acquistare inadempimento, lo scioglimento dell’accordo contrattuale, quando non opera di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva che presuppone da parte del giudicante la valutazione della non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte; tale valutazione viene operata alla stregua di un bene di consumo duplice criterio: in primo luogo, il giudice, applicando un parametro oggettivo, deve verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (televisore) come talein astratto, quindi, da valutare autonomamente, circa per la sua validitàentità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; nell’applicare il criterio soggettivo, invece, il giudicante deve considerare il comportamento di entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in relazione alla luce dei requisiti particolarità del caso, attenuare il giudizio di forma previsti dal TUB gravità nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (Coll. Romacosì, dec. testualmente, Xxxx., 18/02/2008, n. 187/20133954). Ne deriva Ebbene, considerando nel suo complesso l’oggetto del contratto stipulato tra il fornitore e l’odierno ricorrente, sia sotto il profilo della composizione dei servizi oggetto del contratto, sia sotto il profilo del loro valore, deve concludersi che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatol’adempimento parziale del fornitore non è, nei suoi elementi essenzialicomunque, solo idoneo a seguito di una nuova fase costitutivafar assumere all’inadempimento quella “scarsa importanza”, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmenteidonea ad impedire la realizzazione dell’effetto risolutorio. Nel caso che ne occupa, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriatuttavia, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità parte ricorrente risulta aver usufruito regolarmente di parte delle cure odontoiatriche programmate, lamentandosi unicamente di non aver ricevuto una protesi dentaria del valore di € 6.000,00. Da ciò discende che, con riferimento alla prestazione rimasta ancora ineseguita, le rate (eventualmente) pagate e quella ancora da corrispondere all’intermediario, essendo collegate ad una prestazione (seppure parzialmente) non eseguita da parte del fornitore del bene o del servizio, risultano (per la corrispondente parte) non dovute per difetto funzionale del sinallagma contrattuale. Ora, come anche in altre occasioni, si è avuto modo di sottolineare, nel caso di adempimento parziale dei beni o del servizio da parte del fornitore, può ammettersi una pronuncia di risoluzione parziale del contratto di finanziamento rotativofornitura e del relativo contratto di finanziamento. Ciò premesso, in applicazione dell’art. 117125-quinquies T.U.B., co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come il Collegio riconosce che la sottoscrizione parziale risoluzione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per fornitura comporta la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità parziale risoluzione del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.per la parte eccedente la somma capitale di € 8.000,00). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrenteparziale risoluzione del contratto di finanziamento comporta che la società resistente debba procedere a riformulare il piano di rimborso, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo detraendo dall’ammontare del credito complessivo l’importo corrispondente al valore del servizio per il quale è accertato l’inadempimento (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012Euro 6.000,00), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipienstenendo conto, altresì, della conseguente all’accertata inefficacia del contrattodiversa imputazione delle rate eventualmente già pagate. La relativa istanza merita, direttamente al contrattodunque, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziessere accolta nei limiti appena illustrati.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento Parte ricorrente assume che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità risoluzione del contratto di finanziamento collegato mutuo per inadempimento comporti gli stessi effetti dell’estinzione anticipata, per quanto concerne l’obbligo di restituzione della quota di premio relativa alla carta copertura non goduta. Sul punto, a prescindere dall’analisi della fondatezza dell’assunto, può rilevarsi quanto segue: - dal modulo di adesione alle polizze, le stesse vengono identificate con la dicitura “CPI mutuo banco”; - non sono state versate in atto le C.G.A. delle polizze sottoscritte, ragion per cui non è dato sapere quale sia l’estensione e l’ambito della copertura assicurativa; - tale circostanza non permette di verificare se la copertura potesse spiegare effetti anche in maniera indipendente rispetto al normale ammortamento del mutuo; - l’immobile di proprietà del ricorrente offerto in garanzia cui, dalle dichiarazioni dell’intermediario, sembra potersi riferire la polizza danni, è attualmente oggetto di pignoramento ed è affidato al mutuatario; - come noto, il pignoramento, in sé, non incide sulla proprietà del bene, ma produce l'effetto di rendere inopponibili al creditore procedente e agli altri creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti di disposizione compiuti sui beni pignorati. Si osserva che l’intermediario ha dichiarato di avere ceduto il credito revolving che sottostante al mutuo del ricorrente ad una società SPV con avviso di cessione pubblicato sulla G.U. n. 65 del 7 giungo 2018, motivo per cui non constano evidenze contabili successive a tale data. Con riguardo, più specificatamente, alla possibilità di applicare al mutuo una disciplina sostanzialmente analoga a quella prevista dall’art. 125-sexies TUB, attinente ad una fattispecie diversa (credito ai consumatori, laddove nel caso in esame si verte in tema di specie emerge essere stato stipulato verbalmente mutuo ipotecario), i Xxxxxxx si sono espressi in senso favorevole allorquando si verta in tema di estinzione anticipata del finanziamento, con l’accortezza tuttavia di verificare l’effettivo venir meno della copertura offerta dalla polizza di volta in volta dedotta nel ricorso (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del ex multis Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di CoordinamentoNapoli, decisione n. 3257 del 12.10.20122931/2019). Questo Collegio ritiene Nella vicenda in esame, tuttavia, si verte nella diversa ipotesi di condividere risoluzione del contratto per inadempimento e decadenza dal beneficio del termine. Non sussistono pertanto i presupposti per estendere la linea interpretativa disciplina del 125-sexies TUB al mutuo ipotecario in oggetto, vertendosi in quest’ultimo caso nell’inadempimento del debitore e successiva risoluzione del contratto, ipotesi che nulla ha a che fare con la logica giuridico-economica che presiede l’ipotesi dell’estinzione anticipata del credito su richiesta volontaria del debitore. Diversi sono gli interessi tutelati, differenti le fattispecie, nulla in comune le logiche che presiedono le due modalità di scioglimento del rapporto di finanziamento, tanto più laddove si consideri per un verso il carattere di autotutela dei propri interessi creditori, quale elemento tipico della decisione richiamata risoluzione per inadempimento su richiesta del finanziatore e per l’altro che certo non ignora sono state versate in atto le disposizioni con C.G.A. delle polizze sottoscritte, ragion per cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni dato sapere quale sia l’estensione e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»l’ambito della copertura assicurativa. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentoPeraltro, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormainelle repliche, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.dricorrente afferma che gli addebiti indicati dall’intermediario di giugno 2018 potrebbero riferirsi ad altra polizza: ciò sul rilievo che nel modulo di adesione si rinviene un numero di polizza/di adesione xxx272, differente dal n. xxx359 riportato nella contabile allegata dalla banca. “primo utilizzo particolare” Tale aspetto della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasivicenda, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validitàtuttavia, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)quanto sopra appena esposto, non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume ha rilievo in particolare, nella fattispecie questa sede ai fini della risoluzione della controversia in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per Non risulta infine fondata la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, richiesta avanzata da parte ricorrente di fornitori di beni e servizirifusione delle spese legali, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»mancandone i presupposti. Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.IL PRESIDENTE
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DIRITTO. La ricorrenteIn considerazione dell’eccezione pregiudiziale sollevata dalla resistente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza ritiene di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità doversi preliminarmente soffermare sulla verifica della propria competenza nella trattazione del ricorso per de quo. L’eccezione di incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012deve essere disattesa. Infatti, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare appare evidente come la stessa abbia ricorrente – in questa sede – non voglia far valere vizi genetici del contratto, quanto le vicende ad oggetto esso successive (verificatesi a partire dal mese di aprile 2009), afferenti all’esecuzione del rapporto e alla sua risoluzione. Tali vicende, come evidente, si collocano all’interno dell’ambito temporale affidato alla competenza di questo Arbitro. Tanto premesso, il Collegio procede ad esaminare nel merito la questione sottoposta al proprio esame. Dall’analisi della documentazione versata in atti appare evidente come sussista un collegamento negoziale tra il contratto di noleggio e quello di finanziamento, risultando questo espressamente volto ad assicurare il corrispettivo mensile convenuto tra le modalità parti per il nolo dell’autovettura nel periodo convenuto. Sussistono, infatti, i presupposti di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità cui all’art. 121 TUB per poter ritenere che si tratti di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.dcredito collegato. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoCiò produce, in occasione della richiesta da parte del cliente particolare, l’unitarietà causale dell’operazione economica, risolvendosi un una “interdipendenza funzionale dei diversi atti negoziali rivolta a realizzare una finalità pratica unitaria” (Cass., 16 febbraio 2007, n. 3645; id., 10 luglio 2008, n. 18884). Il nesso tra i due negozi fa sì che “l’esistenza, la validità, l’efficacia dell’uno influiscano sull’altro, oppure che il requisito di un negozio si comunichi all’altro, o ancora che il contenuto di un negozio sia per relationem determinato dal contenuto dell’altro, e così via” (cfr. Collegio Napoli, decisione 3443/2013). In considerazione del legame negoziale tra i contratti, si deve procedere a verificare, allora, se – sotto il piano oggettivo – possa ritenersi applicabile la disciplina del TUB in tema di credito ai consumatori, ovvero se la vicenda debba essere risolta applicando i principi generali, posto che la ridetta ricostruzione incide anche sul piano degli effetti della risoluzione. Al riguardo, non può sottacersi come il contratto stipulato dal ricorrente sia volto al finanziamento per l’acquisto del noleggio di un’autovettura, la cui finalità risulta quella di conferire al noleggiatore il godimento di un bene o mobile per un certo periodo di tempo e previo pagamento di un serviziocanone mensile. Del pari evidente è la circostanza che la materiale sottrazione del bene dalla disponibilità della ricorrente abbia indotto un’alterazione dell’originario sinallagma, mediante un modulo prestampato con evidenti conseguenze anche sul piano del pagamento dell’importo finanziato. Si consideri, al riguardo, che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame nell’ambito delle vicende sottoposte all’attenzione di questo Collegio Arbitro non può non verificarsi prioritariamente sfuggire la validità circostanza che il noleggiatore abbia – al momento della sottoscrizione del contratto – incassato l’intero ammontare dovuto dalla ricorrente per tutta la durata del noleggio, beneficiando del finanziamento accordato alla cliente. Dunque, abbia ottenuto preventivamente il pagamento anche di tutte quelle rate successive alla risoluzione del contratto di finanziamento collegato alla carta noleggio. Inoltre, a seguito delle vicende intercorse, il noleggiatore ha alienato a terzi il veicolo, con suo esclusivo beneficio. Nonostante la qualificazione stessa del contratto, il Xxxxxxxx ritiene di credito revolving che nel non poter applicare al caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente le disposizioni di cui all’art 125-quinquies TUB, ponendosi una questione di diritto intertemporale, concernente la disciplina applicabile. Ora, a norma dell’art. 3, co. 3, del d. lgs. 13 agosto 2010, n. 141 (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicacome modificato dal successivo d. lgs. 14 dicembre 2010, n. 218), i finanziatori e gli intermediari del credito si adeguano alla disciplina del Capo II del Titolo VI del TUB (nella quale è inserito il riportato art. 125 – quinquies rubricato all’inadempimento del fornitore) entro 90 giorni dall’entrata in vigore delle relative disposizioni di attuazione (provvedimento della Banca d’Italia avente natura regolamentare del 9 febbraio 2011, pubblicato in G.U. n. 38 del 16 febbraio 2011). IL XXXX.xx Sul tema Il contratto in oggetto, concluso addirittura prima della emanazione della legge di modifica della richiamata disciplina, è nota l’ampia ed articolata decisione pertanto estraneo alla sua portata applicativa (anche nel caso in cui si voglia considerare la norma in argomento, in quanto afferente al riparto del Collegio rischio contrattuale, direttamente applicabile). Tale circostanza, tuttavia, non esclude che al caso de quo possa applicarsi l’allora vigente disciplina consumeristica, di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere cui all’art. 42 d.lgs. 206/2005. Le circostanze descritte in fatto (e sostanzialmente avallate, oltre che dalla documentazione in atti, dallo stesso riconoscimento dell’intermediario della sussistenza di una correlazione causale tra finanziamento e compravendita) dimostrano l’esistenza di una specifica connessione, non occasionale ma strutturale e teleologica, tra il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento vendita e quello di finanziamento, i quali risultano coordinati dalle parti in quanto privo della forma scrittavista del conseguimento di una funzione unitaria, al tempo ascrivibile alla fattispecie negoziale complessivamente considerata e sovrastante le cause dei fatti richiesta dall’artsingoli tipi di cui l’operazione è composta, sicché le vicende o la disciplina di ciascun negozio sono variamente destinate a ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validità e l’efficacia. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa La norma dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame 42 del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione codice del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatosubordina, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema contratti di credito al consumo, dall’artil “diritto di agire” nei confronti del finanziatore alla inutile costituzione in mora del fornitore. 124Ma, nel testo vigente pro-temporeosserva il resistente, in assenza di accordo di esclusiva (presupposto di operatività della norma) non possono, a mente degli artt. 6.1 e 6.4 delle condizioni generali di contratto, essere opposte all’intermediario le eccezioni relative al rapporto di compravendita intervenuto tra il fornitore e il cliente. Sul punto è importante ribadire che una significativa sentenza della Corte di giustizia Ce del 23 aprile 2009 (n. C – 509/07) su questione pregiudiziale sollevata proprio da un giudice italiano (Trib. Bergamo, 4 ottobre 2007) ha affermato che, pure in assenza dell’accordo di esclusiva, “il subordinare l’esercizio del diritto del consumatore di procedere contro il creditore (finanziatore) alla condizione dell’esistenza di una clausola di esclusiva tra il creditore e il finanziatore contrasterebbe con l’obiettivo della direttiva 87/102/Cee” (prima direttiva sul credito al consumo). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione Ha quindi dichiarato il diritto del contratto consumatore di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato procedere alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità risoluzione del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella (con conseguente sospensione delle rate e restituzione di quelle già versate), sia pure prescindendo dalla protezione supplementare (risarcimento del danno) assicurata dalla vigenza di tale accordo. Tale sentenza ha prodotto in Italia talune similari pronunce di merito (cfr. Trib Terni, 6 novembre 2009 che, per inciso, ha dichiarato nulla per contrasto con la disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito delle clausole abusive la pattuizione secondo la quale era preclusa al consumatore, in assenza di accordi di esclusiva, la possibilità di eccepire alcunché al finanziatore) e omologhi, ormai consolidati, orientamenti di questo Arbitro Bancario Finanziario (artcfr. 2033 c.c.Collegio di Napoli, decisioni n. 917/2010; 1054/2010; 678/2011; 1131/2011; 2011/2011; Collegio di Milano, decisione n. 917/2010). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita Dunque, la ricorrente avrà diritto ad ottenere la risoluzione del contratto di finanziamento e il rimborso delle rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente pagato. Ne discende che – stante la legittimità delle richieste di risoluzione e rimborso avanzate dalla ricorrente, essendo stata accertata ormai da tempo venuta meno la causa del finanziamento – illegittima deve ritenersi la segnalazione del nominativo della ricorrente presso il sistema gestito da Crif. Infatti, sebbene la resistente abbia dato prova di aver rispettato la procedura richiesta per procedere all’iscrizione, anche tramite l’invio del rituale preavviso, difettano i requisiti sostanziali per l’iscrizione. Infatti, le prestazioni richieste non erano affatto dovute da tempo e l’iscrizione pare, piuttosto, assumere i connotati di uno strumento di pressione utilizzato per ottenere l’adempimento. Stante l’illegittimità della segnalazione, dunque, la resistente dovrà attivarsi per la cancellazione del nominativo iscritto, laddove non vi abbia già provveduto. Quanto, invece, alla richiesta di risarcimento del danno patito, in mancanza di un contratto validoqualunque prova da cui far discendere l’effettività del pregiudizio lamentato e dovendo escludersi che possa aderirsi alla teoria del c.d. “danno non patrimoniale in re ipsa”, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo automaticamente desunto dalla violazione di una regola di condotta contrattualmente stabilita (artcfr. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (Napoli, decisione n. 3257 del 20122210/2011), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico questa non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizipuò trovare accoglimento.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) controversia ha ad oggetto la declaratoria di nullità di un contratto di prestito al consumo, con conseguente pretesa alla corresponsione dell’indebito. Secondo la domanda principale, si tratterebbe di nullità derivata, in forza del collegamento negoziale del finanziamento con un contratto di associazione/acquisto di un pacchetto vacanze (cd. “contratto a monte”), quest’ultimo dichiarato nullo dal Tribunale di Bologna con provvedimento dell’1 dicembre 2019; secondo la domanda spiegata in via subordinata, invece, la nullità verrebbe in considerazione come un vizio proprio del contratto di prestito, che in aggiunta prevedeva discenderebbe dalla indeterminatezza del suo oggetto. Il Collegio esamina la possibilità del rilascio domanda principale, fondata sul supposto collegamento negoziale tra i due contratti de quibus, ed esclude che nella fattispecie sussistano gli estremi di una carta un collegamento negoziale ai sensi dell’art. 121 TUB. Invero, secondo l’art. 121 lett. d) TUB, va qualificato quale “contratto di credito ad uso rotativocollegato”, chiede che rilevante secondo la regolazione consumeristica, “il contratto di credito finalizzato esclusivamente a finanziare la fornitura di Nella fattispecie il Collegio voglia dichiarare la nullità osserva che nessuna delle condizioni tipiche sussiste. In particolare, il terzo intermediario che ha collocato il finanziamento non coincide con il fornitore. Inoltre, all’esame dei due contratti emerge che non solo non coincidono gli importi del servizio acquistato e del finanziamento stesso per mancanza (anche a voler detrarre dal prezzo la somma di forma scritta ed altri elementi e€ 1.400 di cui alle cambiali consegnate al fornitore, infinevi sarebbe comunque una non perfetta coincidenza tra gli importi di 13.400 € contro 13.700 €), effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto né sono logicamente coordinate le modalità date di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato25.3.2013 contro 7.5.2013), in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresìma soprattutto, la facoltà finalità del prestito è, testualmente, secondo la documentazione versata in atti dallo stesso ricorrente, “acquisto, costruzione o ristrutturazione di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativoabitazioni o relative pertinenze …”. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato Quanto alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per questione, presentata in via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italiasubordinata, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione asserita indeterminatezza dell’oggetto del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, secondo gli artt 1346 e 1284 c.c. (oltre che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali117 TUB), per l’appuntocarenza di piano di ammortamento, le carte il Collegio rileva che, invero, dal documento di credito revolving. Ne consegue sintesi prodotto dal ricorrente stesso si evincono i costi del finanziamento ed il relativo piano di ammortamento, così che il contratto lamentato vizio di finanziamento collegato alla carta invalidità non sussiste. Questo approdo interpretativo è coerente con l’insegnamento della Corte di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso legittimità (e i contratti affini)cfr. Xxxx., la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva 16907/2019) in punto di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizideterminabilità per relationem dell’oggetto contrattuale.
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DIRITTO. Debbono essere esaminate, innanzitutto, le eccezioni preliminari sollevate da resistente, le quali risultano solo parzialmente fondate. La ricorrenteprima eccezione attiene all’inammissibilità del ricorso per indeterminatezza. Essa va disattesa. Gli è, coniuge del titolare (ora deceduto) infatti, che se il ricorso è certamente assai sintetico – e ne è in un certo senso riprova la circostanza che il ricorrente abbia avvertito il bisogno, nelle repliche, di tornare nuovamente proprio su alcuni elementi di fatto – esso non può dirsi indeterminato, né per quanto attiene al petitum, esposto con sufficiente chiarezza, né per quanto attiene alle ragioni, appunto di fatto, su cui la domanda si fonda. Parzialmente fondata risulta, invece, l’eccezione di incompetenza ratione materiae, là dove si deduce l’estraneità ai poteri di cognizione dell’Arbitro della domanda inerente la mancata esecuzione dell’ordine di vendita delle azioni, e più in generale delle doglianze relative alle condotte poste in essere in relazione alla gestione di tali titoli. Non appare, infatti, revocabile in dubbio che le controversie, com’è sotto il profilo considerato quella di specie, che attengono all’accertamento della diligenza dell’intermediario nell’adempimento degli obblighi inerenti ad un contratto di finanziamento deposito titoli in amministrazione, finiscono fatalmente per impingere sull’area delle controversie attinenti alla corretta esecuzione di servizi di investimento, che sono normativamente sottratte alla cognizione dell’ABF. L’eccezione non merita, invece, accoglimento là dove si pretenderebbe di sottrarre alla cognizione del Collegio l’esame delle doglianze relativa al mancato accredito in aggiunta prevedeva conto delle cedole delle obbligazioni. Sotto questo profilo sembra al Collegio che, per com’è stata in concreto articolata dal ricorrente, la possibilità domanda attiene fondamentalmente – e ne fa fede anche la stessa difesa del rilascio resistente - all’interpretazione del contratto con cui è stato costituito il pegno, e dunque sul se sia legittima la condotta dell’intermediario che ha esteso il pegno anche sugli interessi maturati e rappresentati dalle cedole; il che comporta, allora, che la domanda investe l’interpretazione di una carta un tipico contratto bancario, e come tale rientra nei poteri di credito cognizione dell’Arbitro adito. Venendo all’esame del merito del ricorso, ad uso rotativoavviso del Collegio deve essere preliminarmente dichiarata la cessazione della materia del contendere in relazione alla richiesta di chiusura del conto, chiede atteso che la stessa risulta essere stata oramai soddisfatta dal resistente, il Collegio voglia dichiarare quale ha anche provveduto, in ragione di ciò, al rimborso del contributo di € 20 versato dal ricorrente per accedere alla procedura di soluzione della controversia. D’altra parte non sembra che a esito diverso possa giungersi neppure valorizzando la nullità circostanza – su cui insiste il ricorrente in sede di replica – che l’intermediario avrebbe provveduto tardivamente, sicché resterebbe pur sempre da accertarne e dichiararne la responsabilità per i danni dipendenti dal ritardo nell’evasione della richiesta. In disparte, infatti, la pur assorbente considerazione che la domanda di danni risulta articolata dal ricorrente soltanto nella memoria di replica, sicché essa è tardiva e non suscettibile di essere esaminata, decisiva appare la considerazione che l’intermediario ha comunque di fatto congelato il saldo del finanziamento stesso conto al mese di gennaio 2013, corrispondente alla data della affermata prima richiesta di chiusura, rinunciando a far valere qualsiasi onere successivo a tale data, di tal ché non è possibile prospettare, neppure in astratto, un interesse del ricorrente a un simile accertamento. Per quel che concerne la domanda riguardante la pretesa responsabilità dell’intermediario per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare non aver proceduto all’accredito in conto degli interessi complessivamente pagatimaturati sulle obbligazioni detenute dal ricorrente, essa appare infondata. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFL’art. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità 3 delle condizioni generali del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta pegno – sottoscritto espressamente, ai sensi dell’art. 1342 c.c., dal ricorrente – sancisce con estrema chiarezza il principio per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italiagaranzia costituita sulle obbligazioni si estende automaticamente agli «interessi e (…) a quanto possa spettare sui titoli», sulla base della delibera CICR sicché del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117tutto conforme al contratto appare la condotta dell’intermediario che, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo)allo scadere delle cedole, ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, conteggiato il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione importo nell’ambito della obbligazione restitutoria medesimagaranzia, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizisenza procedere al loro pagamento.
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DIRITTO. La ricorrenteQuestione preliminare che il Collegio è chiamato a risolvere, coniuge al fine di poter decidere nel merito la controversia, è se sia corretto l’assunto sulla base del titolare quale l’ente competente ha respinto come inidonea la garanzia rilasciata dal resistente, ossia che l’intermediario non risulterebbe autorizzato al rilascio di fideiussioni nei confronti del pubblico. A questo proposito ritiene il Collegio che la ricostruzione operata dall’ente pubblico, sulla scorta della nota della Banca d’Italia, sia corretta e che non pertinenti siano i rilievi addotti, per sostenere il contrario, dal resistente. Xx xxxxxx, pur se iscritto nell’elenco generale di cui all’art. 106 TUB vecchio testo – che è senz’altro quello a cui occorre fare riferimento ratione temporis - , l’intermediario resistente non è tuttavia in possesso degli specifici requisiti previsti dal decreto ministeriale n. 29/2009 per lo svolgimento in via professionale dell’attività di rilascio di fideiussioni nei confronti del pubblico. Tale disciplina regolamentare ha, infatti, riconosciuto espressamente al Ministro dell’Economia e delle Finanze, su indicazione della Banca d’Italia, il potere di stabilire requisiti di forma giuridica e patrimoniali ulteriori e/o diversi rispetto a quelli richiesti per l’iscrizione nell’elenco generale. E’ stato così stabilito che lo svolgimento dell’attività di rilascio di garanzie nei confronti del pubblico - sia esso costituito da clienti privati o da pubbliche amministrazioni – è subordinato, inter alia, al possesso di un capitale pari ad almeno € 1,5 milioni di euro investito in attività liquide e mezzi patrimoniali per almeno € 2,5 milioni. Ancora tale disciplina ha stabilito che le società che, dal momento dell’iscrizione nell’elenco ex art. 106 TUB o – se già iscritta – a seguito di variazione del proprio oggetto sociale, intendano esercitare la concessione di garanzia, devono provare di soddisfare le condizioni richieste con l’esibizione della documentazione indicata dal provvedimento BI del 14/5/2009. Nel medesimo provvedimento, si specifica poi che “gli intermediari finanziari inizieranno l’attività di rilascio di garanzie solo dopo aver ricevuto dalla Banca d’Italia la conferma dell’iscrizione sulla base della nuova documentazione prodotta” (ora deceduto) art. 12, comma 8). A mente di quanto precede, appaiono allora assolutamente inconferenti i rilievi svolti dal resistente riguardo alla correttezza delle informazioni rese dalla Banca d’Italia e alla presunta penalizzazione subita. L’Autorità di Xxxxxxxxx si è limitata, infatti, a informare l’amministrazione istante che il resistente non risultava abilitato al rilascio di fideiussioni nei confronti del pubblico. D’altra parte è un fatto non controverso che il resistente non ha mai comunicato l’intendimento di operare nel relativo settore finanziario, né – tantomeno – ha mai provato il possesso dei necessari requisiti patrimoniali. Chiarito, dunque, che l’intermediario non era autorizzato al rilascio di fideiussioni in favore del pubblico, e che la sua condotta si presenta suscettibile di integrare gli estremi anche della fattispecie delittuosa di abusivo esercizio di attività finanziaria ai sensi dell’art. 132 TUB vecchio testo, la questione che però a questo punto si tratta di affrontare – ed è quella realmente decisiva – è se la violazione delle norme pubblicistiche che stabiliscono i presupposti per il legittimo esercizio dell’attività finanziaria sia destinata anche ad avere incidenza ex se sui contratti in cui tale attività si scandisce e a determinarne l’invalidità. Si tratta, per vero, di un problema che involge questioni di vertice della teoria non solo del contratto ma anche dell’impresa, e che si riassume nell’interrogativo se alla qualificazione dell’impresa come “illecita” debba conseguire anche una qualificazione in chiave di nullità dei contratti che essa pone in essere. Il problema è delicato, e lo è in misura ancora più accentuata nel caso che ci occupa, dove ci si confronta con un contratto che si riconduce al paradigma di un contratto tipico, quale appunto la fideiussione, e dove allora è sicuramente più difficile seguire la traiettoria interpretativa consueta, che vorrebbe, in casi del genere, concludere nel senso della nullità virtuale del contratto ai sensi dell’art. 1418, primo comma, cod. civ. Se, infatti, si accede a quell’indirizzo ermeneutico che sottolinea come la nullità virtuale non discenda da ogni violazione di finanziamento norma imperativa che abbia una qualche connessione con l’attività contrattuale dei privati, ma solo allorché si stabilisca una incompatibilità tra i valori protetti dalla norma e la regola negoziale, si può anche ragionevolmente dubitare che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro casi come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso quello di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF una simile incompatibilità davvero sussista, così come si potrebbe anche dubitare che la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato qualificazione in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria chiave di nullità del contratto di finanziamento sia la soluzione più appropriata per la tutela degli interessi individuali coinvolti (e basti pensare, in quanto privo della forma scrittaun contesto come quello che ci occupa, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere fatto che affermare la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto se, per un verso, significa – ed è quanto rileva nel caso in esame – permettere al debitore garantito di finanziamento rotativoottenere la restituzione del corrispettivo pagato per il rilascio della fideiussione, in applicazione dell’art. 117per altro verso significa anche accordare un beneficio allo stesso intermediario, co. 1 e 3il quale potrà evidentemente sottrarsi, TUB (anche in quanto fatto oggetto evocando la nullità, all’adempimento dei suoi obblighi nei confronti di richiamoquanti, in tema tra i beneficiari di credito garanzie abusivamente rilasciate, al consumoverificarsi dei relativi presupposti, dall’art. 124, nel testo vigente pro-temporeintendessero procedere egualmente alla loro escussione). PeraltroE tuttavia, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, pur non potendosi disconoscere che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto presenta alcuni profili di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (criticità, sembra al Collegio che essa sia quella in casi del genere da privilegiare, ancorché sulla base di una considerazione diversa da quella consueta, che invoca genericamente il contrasto con le norme imperative disciplinanti l’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria e, dunque, predica la nullità virtuale del contratto ex art. 2033 1418 c.c.). La somma ricevuta Ritiene, infatti, il Collegio che se, in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi di nullità dell’atto di autonomia negoziale si può (e si deve) parlare, ciò avviene perché il contratto attraverso cui si scandice l’attività di impresa è caratterizzato – com’è stato detto con espressiva formula in quello che è ancora oggi il fondamentale studio in argomento – da una “inerenza teleologica e strutturale” alla più volte citata pronuncia stessa, con la conseguenza che in tali casi è la sua funzione che finisce per risultare illecita, giacché se al contratto non si comunicasse il disvalore espresso dalla illiceità dell’attività esso fungerebbe da strumento per conseguire proprio le utilità complessive di un’attività che risulta essere vietata. Insomma, quel che si intende sottolineare è che l’inerenza dell’atto all’attività fa sì che sia la concreta causa negoziale del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattocontratto a risultare illecita, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione che è allora quanto consente – in un caso come quello che ci occupa con cui ci si confronta con uno schema contrattuale tipico, quale appunto la fideiussione – di concludere per la nullità. Alla luce di quanto esposto, deve pertanto dichiararsi la nullità della obbligazione restitutoria medesimafideiussione e conseguentemente dichiararsi l’intermediario tenuto a restituire al ricorrente la somma di € 1.550,00, risultando allora chiaro comeda questi versata come corrispettivo, per oltre interessi legali: interessi la cui decorrenza deve fissarsi dalla data in cui è stato eseguito il mutuo oneroso (pagamento, dovendosi ritenere l’intermediario accipiens di mala fede ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., e ciò proprio in ragione del fatto che esso era ragionevolmente consapevole di svolgere l’attività di rilascio di garanzie nei confronti del pubblico senza soddisfare i contratti affini)requisiti prescritti dalla normativa. Non sembra, invece, al Collegio che possa accogliersi la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento richiesta di rimborso delle spese di procedura, se con essa il ricorrente intende ottenere in particolare il rimborso delle spese di difesa, e ciò anche in considerazione del fatto che comunque l’intermediario già a valle delle controdeduzioni si era offerto di restituire il corrispettivo, come riconosce del resto lo stesso ricorrente nelle repliche, senza peraltro dare sufficiente prova di avere cercato di ottenere l’adempimento spontaneo della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziprestazione restitutoria.
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DIRITTO. La ricorrenteSi controverte del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito per estinzione anticipata del rapporto, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta sancito dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. 125-sexies t.u.b. Per giurisprudenza costante dell’Arbitro (Collegio di Coordinamento, in linea con la decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame 6167/2014 del Collegio di coordinamento), come anche occorre che siano restituiti al cliente, secondo la regola equitativa della proporzionalità al tempo mancante alla scadenza ‘naturale’ del rapporto, tutti i costi relativi ad attività o servizi destinati a trovare realizzazione fino al pagamento dell’ultima rata di rimborso (c.dd. recurring), divenuti indebiti in quello qui in discussioneconseguenza della prematura estinzione (di contro, peraltro, resta ferma la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza finanziamento, integralmente esaurite prima dell’eventuale estinzione anticipata – c.dd. up front). Identica modalità di molto tempo rimborso dovrà interessare tutte le voci di costo opacamente espresse (nel gennaio 2009o del tutto non espresse) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.din contratto. “primo utilizzo particolare” La riduzione equitativa pro rata temporis della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione componente recurring dei costi accessori del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata opererà sempre in esecuzione dell’originario contratto. Trattasivia residuale, in realtàassenza cioè di un alternativo criterio di calcolo espresso chiaramente in contratto da parte dell’intermediario o dall’assicuratore e specificamente accettato dal cliente (ex multis, v. Collegio ABF di una operazione economicaNapoli, nella sostanza, decisioni nn. 4920 e 4931 del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi2015). Non v’è dubbio, nel caso di specie, con riguardo che la commissione per l’intermediario finanziario e quella prevista in favore dell’agente contengono un coacervo di previsioni di spesa non agevolmente contenibile entro la fase preliminare-conclusiva del finanziamento: in entrambi i casi è fatto riferimento alla “gestione” e, per giurisprudenza ormai stabile di questo Collegio, ciò basta a provarne il carattere “anche recurring”. L’intermediario non disconosce la natura variegata di tali commissioni, tant’è che nella documentazione contrattuale inerente alle condizioni economiche imposte evidenzia che soltanto una porzione è soggetta a maturazione nel tempo. Tale evidenziazione, però, non appare al finanziamento specificamente concesso nel 1991 Collegio sufficiente per acquistare un bene colmare il deficit di consumo trasparenza riscontrato nella clausola descrittiva del contenuto della commissione (televisore) come taledeficit, quindis’intende, da valutare autonomamenterispetto agli obblighi posti in capo agli intermediari dalle Comunicazioni Banca d’Italia del 7 aprile 2011 e, circa la sua validitàprima ancora, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013del 10 novembre 2009). Ne deriva Manca, a giudizio del Collegio, l’esposizione di un criterio di calcolo della quota relativa alla componente recurring, oggettivamente comprensibile dal cliente e riscontrabile dal Giudice o dall’Arbitro: è indicata, apoditticamente, l’entità della quota non soggetta a maturazione; e ciò, come già rilevato in altre occasioni, non può ritenersi satisfattivo dell’obbligo, previsto dall’art. 125-sexies t.u.b., di provvedere a un’adeguata riduzione del costo totale del credito in favore del cliente in ipotesi di estinzione anticipata del rapporto. Non possono perciò reputarsi sufficienti i rimborsi di € 38,35 (“intermediario”) e di € 230,13 (“agente”), effettuati in sede di conteggi estintivi. Di essi tuttavia dovrà tenersi conto, per sottrazione, nel quantificare il dovuto che, applicando il criterio pro rata temporis, per l’intermediario è di € 516,77 [(925,20*72/120) – 38,35] e per l’agente è di € 880,10 [(1.850,40*72/120) – 230,13]. Neppure il rimborso a titolo di commissione a favore della banca “per incasso rate” (il cui carattere recurring non è contestato) appare sufficiente. Infatti, applicando il criterio riduttivo proporzionale alla durata residua (345,21*72/120), la quota non maturata è di 207,13 e non di € 204,56 (come riportato in conteggio estintivo). Dunque, a tale diverso titolo, residuano € 2,57. Fra le voci sicuramente recurring si annoverano, poi, anche quelle relative alla polizza assicurativa, il cui rimborso, contrariamente a quanto affermato dal resistente, ben può essere richiesto dal ricorrente in prima battuta all’intermediario-finanziatore (e non necessariamente alla compagnia assicuratrice). Sul punto, la giurisprudenza arbitrale non conosce oscillazioni e non si scorgono ragioni in questo caso per disattendere i precedenti (ex multis, v. Collegio ABF di Napoli, decisioni nn. 6165 e 7356 del 2014). A tal riguardo, si evidenzia che l’assetto il legale del ricorrente, in sede di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatoreplica alle controdeduzioni, nei suoi elementi essenzialiha fornito conferma dell’avvenuta ricezione dell’assegno circolare per l’importo indicato da parte della compagnia assicurativa (€ 202,29), solo a seguito ma è rimata in piedi la domanda riguardante il rimborso equitativo pro rata temporis. Nel caso di specie, riferisce l’intermediario che la compagnia di assicurazione avrebbe calcolato il suddetto rimborso sulla base di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti formula prevista nel contratto di forma imposti, a tutela assicurazione allegato (dall’intermediario stesso) agli atti e riportante la firma del cliente. In realtà, dal TUB (che simili requisiti pone nel contratto allegato non è dato riscontrare alcuna formula inerente al rimborso del premio in caso di estinzione anticipata. È ivi previsto soltanto che, in caso di rimborso, si sarebbero seguite le indicazioni regolamentari contenute in un distinto fascicolo informativo circa le condizioni di assicurazione concretamente applicate. Ma di tale fascicolo informativo non v’è traccia agli atti e i suoi contenuti non sono è introducibili in questa sede attraverso una mera asserzione da parte della difesa dell’intermediario che, nel proprio al fine scritto di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)costituzione e risposta, ne ha riportato uno stralcio. Dunque, sulla scorta delle prove documentali sottoposte all’attenzione del Collegio, non essendo ovviamente consentito che ammontarestata prevista consensualmente alcuna formula di rimborso, condizioni essenziali e voci si applica il criterio suppletivo della proporzionalità “secca” al tempo residuo: mancanti 72 rate di costo 120 alla scadenza ‘naturale’ del rapporto, al ricorrente spettano a titolo di oneri assicurativi non contemplate nella forma prescritta al momento maturati € 131,91 [(557*72/120) – 202,29]. Documentato l’intervento di un legale per vincere le ingiustificate resistenze dell’intermediario, anche in ragione della conclusione oggettiva complessità della vicenda (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (cfr. Coll. Romacoord. ABF, dec. decisione n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, 6167 del 2014: «la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come complessità delle tematiche affrontate rendono non disputabile la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertantoopportunità, se il contratto non addirittura la necessità di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012una assistenza tecnica legale»), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiensè riconosciuto alla parte un ristoro equitativo delle spese per assistenza difensiva presuntivamente sostenute, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizinell’ammontare indicato in dispositivo.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorso è fondato e meritevole di essere accolto poiché la docente vanta un interesse endoprocedimentale ad accedere alla documentazione richiesta, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato previsto e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatitutelato dagli artt. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito 7 e 10 della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1Legge 241/’90, con riferimento al credito al consumo), ha stabilitoprocedimento di formazione della graduatoria, nella normativa quale la medesima risulta inserita. Come correttamente eccepito dalla legale della ricorrente il solo fatto della presenza in materia graduatoria legittima ipso iure la docente a richiedere tutti gli atti relativi alla stessa. Appare ulteriormente illegittimo il rigetto dell’istanza, da parte della amministrazione adita, fondato sulla mera presentazione di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. IIIopposizione da parte del docente cui i documenti richiesti in ostensione si riferiscono: l’amministrazione adita, par. 2)pur in presenza di opposizione, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e deve procedere ad una comparazione dei contrapposti interessi coinvolti, operandone il bilanciamento secondo i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»criteri posti dalla Legge. Nel caso oggetto di esame specie si osserva, poi, i documenti richiesti in ostensione non attengono alla sfera di riservatezza del Collegio terzo – il quale, con riferimento agli stessi ed alla procedura comparativa che coinvolge i docenti, non dovrebbe invero neppure considerarsi controinteressato in senso tecnico – ed il diritto d’accesso deve certamente considerarsi prevalente. Si osserva inoltre che l’opposizione del controinteressato presentata alla Commissione non si fonda sulla deduzione di coordinamentoun interesse da tutelare in via prevalente ed in grado di fare recedere lo speculare diritto di accesso della richiedente, come anche in quello qui in discussione, peraltro, limitandosi ad eccepire la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” non fondatezza della pretesa unitaria linea ostensiva. La docente ha il pieno diritto di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – verificare la correttezza della formazione della graduatoria e l’effettivo possesso dei requisiti dichiarati in capo al docente che la concessione precede nella stessa, avendo peraltro rilevato uno spostamento (ritenuto anomalo) verso l’alto del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata docente rispetto alla precedente graduatoria. L’amministrazione adita dovrà pertanto consentire accesso a tutta la documentazione richiesta e ciò anche per l’eventuale esercizio diritto del diritto di difesa della richiedente. La Commissione ritiene di dover censurare anche l’operato dell’USP ….., adito in esecuzione dell’originario contrattoprima battuta dalla ricorrente con la medesima istanza d’accesso. TrattasiCome emerge dalla documentazione allegata al ricorso, l’USP ha dapprima fatto sostenere alla richiedente il costo della notifica al controinteressato e una volta perfezionata tale procedura – pur in realtàassenza di opposizione - ha emesso un ulteriore provvedimento nel quale eccepiva il difetto di qualsivoglia interesse della docente all’accesso richiesto (!), di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, rendendo quindi vana l’avvenuta notifica con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come talerelativa esazione. La docente ha dovuto, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato iniziare un nuovo procedimento d’accesso presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questal’Istituto ….., che stabilisce apposite riserve di legge illegittimamente lo negava, trovandosi oggi a dover ricorrere alla Commissione per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolareottenere, nella fattispecie in esamefinalmente, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari accesso a documenti - pienamente accessibili dalla stessa - richiesti per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.prima volta nel …..
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DIRITTO. La ricorrenteIl Collegio deve preliminarmente dar conto dell’eccezione di incompetenza temporale sollevata dall’intermediario in via pregiudiziale. Tale eccezione va rigettata in quanto, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste pur essendo la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a arbitrale effettivamente circoscritta ai ricorsi aventi ad oggetto operazioni o comportamenti anteriori successivi al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, la domanda proposta dal ricorrente riguarda i conteggi di estinzione anticipata effettuati dall’intermediario resistente nel novembre 2015 e contestati dal ricorrente. Ne consegue che, trattandosi di operazioni o comportamenti successivi al 1° gennaio 2009, va affermata la competenza del Collegio arbitrale, come chiarito anche dal Collegio di Coordinamento di questo Arbitro (v. dec. 5866/2015, seguita ad es. da ABF Napoli n.809/2016). Venendo all’esame del merito, l’oggetto del ricorso riguarda l’accertamento della legittimità del metodi di calcolo previsto dall’art. 7 del contratto predisposto dall’intermediario e, conseguentemente, la validità e l’efficacia della clausola stessa che rappresenta la base normativa del suddetto calcolo. La norma contrattuale in esame prevede, in casi di estinzione anticipata del finanziamento, che l’importo del capitale residuo vada primo convertito in franchi svizzeri al tasso di cambio convenzionalmente fissato nel contratto e successivamente riconvertito in euro al cambio franco/svizzero rilevato al giorno del rimborso. Espressamente: “Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in franchi svizzeri in base “ al tasso di cambio convenzionale”, e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio franco svizzero - euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Xxxxxx e pubblicato su “Il Sole 24 Ore” nel giorno dell’operazione di rimborso”. Quindi, ai fini del suddetto calcolo, sono previste due operazioni: dapprima il calcolo del capitale residuo in franchi svizzeri sulla base del tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula; successivamente tale cifra verrà convertita in euro sula base del tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione, subendo il cliente la doppia alea della duplice conversione del capitale residuo. Pertanto, sulla base delle regole di correttezza, trasparenza e buona fede, che devono caratterizzare qualsiasi regolamento contrattuale, risulta evidente che tale art. 7 non espone in maniera trasparente e inequivoca il meccanismo di calcolo applicabile in occasione dell’estinzione anticipata, tutto ciò in contrasto con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare la disciplina prevista dalla direttiva 93/13/CEE (recepita dall’ordinamento nazionale attraverso l’adozione del Codice di Consumo). Né si trascuri che, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la violazione del principio di trasparenza, di cui all’art. 4, paragrafo 2 della direttiva sopra citata, fa sì che la clausola di cui si tratta sia valutata come abusiva ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1 della stessa, laddove “malgrado il requisito della buona fede, si determini un bene significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto”. Conseguentemente, in quanto abusiva, la clausola contrattuale è suscettibile di consumo essere dichiarata ex officio nulla, ai sensi dell’art. 36 cod. cons. Ad esiti analoghi è pervenuta la stessa Cassazione, affermando che la violazione della fondamentale regola della trasparenza comporta la nullità della clausola (televisore) come taleCass., quindisez. III, da valutare autonomamente8 agosto 2011, circa la sua validità, n.17351). Ed alla luce dei requisiti predetti dati normativi e orientamenti giurisprudenziali, nazionali e europei, il Collegio di forma previsti dal TUB (Coll. RomaCoordinamento, dec. con la citata decisione n. 187/2013). Ne deriva 5866/2015, ha stabilito che l’assetto conseguentemente alla nullità della clausola abusiva “si applica la norma di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatodiritto dispositivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio”, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmentein quanto detta nullità non travolge l’intero contratto, ma in palese assenzaimpone soltanto un nuovo calcolo degli interessi. Questo Collegio deve altresì rilevare, alloracon specifico riguardo al caso di specie, che il ricorrente, nella formulazione della domanda, richiede anche la disapplicazione del tasso ultralegale che regola il rapporto di finanziamento a vantaggio di quello sostitutivo di cui all’art. 117 TUB, previo accertamento dell’assoluta opacità dei requisiti meccanismi di forma imposti, a tutela indicizzazione tali da determinare incertezza sull’effettivo costo del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)finanziamento. E anche tale domanda merita accoglimento perché la formulazione contrattuale risulta opaca, non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali facilmente intellegibile né su quale base di calcolo (“ La somma restituita dalla parte mutuataria al netto di quanto sopra e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate quant’altro dovuto a mezzo qualsiasi titolo dalla parte mutuataria alla Banca determinerà la quota di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi capitale estinto sulla base della quale verrà calcolata la quota di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertantocapitale residuo”) sia applicata semestre per semestre l’eventuale differenza tra i tassi di cambio convenzionali e quelli di mercato, né tanto meno le differenti modalità di regolamento dei conguagli semestrali ( se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialepositivi, accreditati su un conto vincolato e sostanzialmente infruttifero, con tutta evidenza non qualificato come “agente capitalizzazione annuale disallineata rispetto alla tempistica mensile dei pagamenti rateali; se negativi, immediatamente compensati con il saldo eventualmente positivo del conto oppure richiesti in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato pagamento alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.successiva scadenza rateale). In casi considerazione di quanto precede ed, in specie della nullità della clausola contenuta dall’art. 7 del generecontratto stipulato tra le parti del presente giudizio, richiamandosi alla più volte citata pronuncia e tenuto conto del Collegio principio nominalistico di coordinamento (n. 3257 cui all’art.1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattofinanziamento di cui si tratta applicando i principi sopra enunciati. In particolare, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesimacapitale residuo che il ricorrente dovrà restituire dovrà essere pari alla differenza tra la somma mutuata di euro 90.000,00 e quella già corrisposta previamente ricalcolata sostituendo il tasso di interesse ultralegale applicato dalla banca con il tasso di interesse ex art. 117 TUB, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), senza praticare la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva duplice conversione indicata dall’art. 7 di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizicui è stata dichiarata la nullità. .
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DIRITTO. La ricorrenteIn via preliminare, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare osserva che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità l’intermediario eccepisce l’irricevibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFtemporis. DifattiSul punto si osserva che, siccome i buoni sono stati emessi successivamente al D.M. 13.06.1986, la questione oggetto volontà delle parti si è formata sulla base del testo dei buoni fruttiferi, pertanto non sussiste un ingannevole comportamento di lite attiene ad consegna del buono recante un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012timbro incompleto, entrato in vigore il 1° gennaio 2012ma piuttosto un contratto, che alla Sezdispiega tuttora i suoi effetti. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come Sul punto si richiama la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione recente decisone del Collegio di coordinamento Roma n. 11045/2020, cui il Collegio intende uniformarsi, secondo cui: “In via preliminare, l’intermediario eccepisce la carenza di competenza dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra sul piano temporale, poiché i diversi Collegi ha adottato fatti contestati risalgono a una data anteriore al 1°.1.2009. Il Collegio osserva che, sempre in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità via preliminare, l’intermediario eccepisce l’irricevibilità del contratto di finanziamento ricorso per incompetenza ratione materiae, in quanto privo trattasi di controversia esclusa dall’ambito di competenza di tale organo decidente, in considerazione della forma scrittadisciplina speciale che regola i buoni postali fruttiferi, al tempo dei fatti richiesta dall’artdiversa dalla disciplina del titolo VI del T.U.B., sulla “Trasparenza bancaria”. 117Sul punto, commi 1 e 3, T.U.B. (si riporta l’impostazione assunta dal Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene 5674/2013, che ha riconosciuto la competenza dell’Arbitro argomentando a partire dall’applicabilità ai BFP della regolamentazione di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la trasparenza emessa dalla Banca d’Italia, fondata sulla base loro inattitudine alla circolazione e conseguente non qualificabilità come strumenti finanziari, secondo cui: “È vero che la Sez. I, par. 4 del provvedimento da ultimo menzionato, così come già l’art. 1, comma 1, lett. a), della delibera Delibera CICR n. 275 del 4.3.2003 Nel merito, il Collegio rammenta che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza civile e dell’Arbitro: “il collocamento dei buoni dà luogo alla conclusione di un accordo negoziale tra emittente e sottoscrittore e che, nell’ambito di detto accordo, l’intermediario propone al cliente e quest’ultimo accetta di porre in essere un’operazione finanziaria caratterizzata dalle condizioni espressamente indicate sul retro dei buoni oggetto di collocamento, i quali vengono compilati, firmati, bollati e consegnati al sottoscrittore dall’ufficio emittente” (cfr.. Cass., Sez. Un., n. 13979/2007 e, ex multis, Coll. di Roma, dec. n. 21224/18). È stato precisato che i Buoni Postali Fruttiferi debbono considerarsi meri titoli di legittimazione in riferimento al quale non possono trovare applicazione i noti principi dell’astrattezza, dell’incorporazione e della letteralità che contraddistinguono invece i titoli di credito, secondo quanto affermato dalla Suprema Corte (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 16.12.2005, n. 27809), la quale ha espressamente statuito che “i buoni postali fruttiferi disciplinati dal X.X.X. 00 xxxxx 0000 x. 000 (xxxxxxxxxxxx xxx x.x. delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) non sono titoli di credito, ma meri titoli di legittimazione, come dimostrato dalla prevalenza, sul loro tenore letterale, delle successive determinazioni ministeriali in tema di interessi ai sensi dell'art. 173 t.u. cit., come modificato dall'art. 1 d.l. 30 settembre 1974 n. 460 (conv. nella l. 25 novembre 1974 n. 588)”, di talché “la regolamentazione del rinvio ad essa dell’artrapporto non ha […] solo fonte privatistica, essendo integrata ex art. 1171339 e 1374 c.c. da un atto di imperio riconducibile alla natura pubblica dell’emittente” (cfr. Coll. di Coord., co. dec. n. 5674/2013; di recente, Coll. di Roma, dec. n. 19042/18). Ne consegue che: 1) le condizioni contrattuali riportate sui titoli possono essere modificate con provvedimento normativo successivo alla emissione titolo; 2) deve escludersi che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere, TUB sin dal principio, diverse da quelle espressamente rese note all'atto della sottoscrizione (disposizionecfr. Coll. di Roma, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’artdec. 124, co. 1n. 21185/18). Orbene, con riferimento al credito caso di specie, l’emissione del B.F.P. risale alla data del 15.10.1987, al consumo), ha stabilito, nella normativa tempo in materia di cui risultava in collocazione la serie “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezQ”. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaiPrecisamente, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione Collegio rileva che, risulta utilizzato un modulo della serie “P”, su cui è stato apposto un timbro sul fronte che indica la serie “Q/P” e che, sul retro del finanziamento originariamente concessogli quale c.dtitolo, con riguardo al periodo successivo al 20° anno, vi è un timbro che non sembra innovare quanto era previsto originariamente. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiDunque, nel caso di specie, il Collegio è chiamato a stabilire se la presenza di una tabella stampigliata in originale a tergo del titolo, con riguardo indicazione di rendimenti, corrispondenti alla serie “P”, più vantaggiosi per il sottoscrittore rispetto a quelli da applicare fino al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare 20° anno, di cui al timbro sovrapposto alla stessa stampigliatura, possa aver ingenerato un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamentelegittimo affidamento dei sottoscrittori, circa la sua validitàvolontà dell’emittente di assicurargli, per il periodo di tempo dal 21° al 30° anno, un rendimento maggiore di quello previsto dal D.M. 13 giugno 1986, ovvero quello coerente con la tabella stampigliata in originale che richiama, i rendimenti propri della serie “P”. Sul punto, si rammenta l’art. 173 del D.P.R. 156/1997, secondo cui: “Le variazioni del saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale; esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”. Ebbene, secondo il consolidato orientamento di questo Collegio, qualora il decreto modificativo dei tassi sia antecedente alla luce dei requisiti data di forma previsti dal TUB emissione del buono, “si ritiene che possa essersi ingenerato un legittimo affidamento relativamente ai rendimenti originari stampigliati sul titolo […]. In tal caso alla parte ricorrente dovranno essere applicate le condizioni riprodotte sul titolo stesso” (cfr., ex multis, di recente, Coll. Roma, di Roma dec. n. 187/201315200/18). Ne deriva Tuttavia, giova rilevare che l’assetto tale affidamento viene meno allorquando il titolo sia stato aggiornato mediante apposizione del timbro recante i nuovi rendimenti, che modificano e superano quelli originari (cfr., ex multis, di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatorecente, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, di Roma dec. n. 1575/201310738/18). Secondo l’impostazione accolta Si precisa, però, che i rendimenti non possono considerarsi validamente modificati allorquando “l’intermediario non ha diligentemente incorporato nel testo cartolare le complete determinazioni ministeriali (mancando la parte relativa al periodo dal 21° al 30° anno), ingenerando nel sottoscrittore l’affidamento in ordine al non mutamento della regola apposta sul retro del titolo in relazione ai criteri di rimborso previsti per il periodo successivo al 21° anno” (ex multis, cfr., ex multis, di recente, Coll. di Roma dec. n. 19053/18). Tale orientamento è stato di recente confermato dal Collegio di coordinamento Coordinamento nella seduta del 19 marzo 2020, chiamato a pronunciarsi con riferimento alla liquidazione dei buoni della serie “Q/P”, emessi utilizzando il modello della serie “P” e sui quali era stato apposto un timbro recante l’indicazione dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno. In tale occasione il Collegio, evidenziando la continuità fra la recente pronuncia delle SS. UU. di Cassazione n. 3963/2019 rispetto alla precedente Cass. SS.UU. n. 13979/2007, ha pronunciato il seguente principio di diritto: “Nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento i buoni vengano integrati e/o accessoriemodificati ai sensi dell’art. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 1339 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizidella determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli”. Tale orientamento è stato di recente confermato dal Collegio di Coordinamento (decisione n. 6142/2020), chiamato a pronunciarsi con riferimento alla liquidazione dei Buoni della serie “Q/P”, emessi utilizzando il modello della serie “P” e sui quali è stato apposto un timbro recante l’indicazione dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno. Ne deriva che, la scritturazione sul titolo deve prevalere quando - come nel caso qui in esame - questo è stato sottoscritto in epoca posteriore all’emanazione di un provvedimento modificativo delle condizioni indicate sul retro del medesimo (emessi dal 1°luglio 1986). In tal caso, infatti, si ingenera un legittimo affidamento del sottoscrittore nella volontà dell’emittente di assicurare un tasso di rendimento maggiore di quello previsto dai provvedimenti governativi (nel caso opposto, in cui tali provvedimenti siano intervenuti dopo la sottoscrizione, devono invece prevalere le determinazioni normative) (si richiama Coll. di Coordinamento 3 aprile 2020, n. 6142). Nel caso di specie il buono risulta sottoscritto su un modulo appartenente alla serie P, ritimbrato Q/P, ove risulta apposto un timbro recante l’indicazione dei nuovi rendimenti dal 1° al 20° anno, ma non risulta alcuna variazione con riferimento al periodo successivo al 20° anno. Dunque, la domanda della parte ricorrente, volta ad ottenere, in ordine al B.F.P. il rendimento previsto dalla tabella posta sul retro del titolo, merita di essere accolta.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorso attiene alla presunta illegittimità della segnalazione del nominativo del ricorrente in banca dati creditizia privata. Lamenta, coniuge in particolare, che la segnalazione sia stata effettuata senza l’invio del titolare preavviso di segnalazione previsto dalla corrente normativa. Non viene, dunque, in rilievo, ed esso è un aspetto certamente dirimente per la domanda risarcitoria accessoria, la sussistenza sostanziale dei presupposti degli inadempimenti del cliente. Come insegnato dalla giurisprudenza del Collegio di Coordinamento (ora deceduto) decisione n. 3089/12), è indubbio che l’onere della prova del fatto che il segnalando è stato posto in condizione di conoscere l’intenzione dell’intermediario di procedere alla segnalazione del suo nominativo in una centrale dei rischi privata incombe sull’intermediario stesso. Laddove l’intermediario abbia segnalato un contratto proprio cliente in una centrale dei rischi privata e non riesca a fornire la prova dell’invio del necessario preavviso di finanziamento segnalazione a mezzo di posta raccomandata od altro mezzo di trasmissione equivalente, ma alleghi di averlo inviato mediante posta ordinaria offrendo copia delle missive asseritamente spedite, debba risolversi statuendo che in aggiunta prevedeva tale ipotesi l’intermediario segnalante rimane gravato dell’onere di provare la possibilità conoscenza della comunicazione da parte del rilascio destinatario e non può avvalersi della presunzione di cui all’art. 1335 c.c.; ma che, in assenza di prescrizioni normative circa la forma di tale specifica comunicazione, da tale lacuna probatoria non può conseguire automaticamente una carta valutazione di credito ad uso rotativoillegittimità della susseguente segnalazione, chiede che sicché in tale ipotesi il Collegio voglia dichiarare la nullità competente dovrà formare il proprio convincimento circa l’avvenuta recezione del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta preavviso da parte del cliente segnalato sulla base di un finanziamento per l’acquisto tutti gli elementi di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo conoscenza dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa che gli atti della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»controversia offrono. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, l’intermediario evidenzia che ha inviato al ricorrente, a mezzo della piattaforma home banking dedicata, gli avvisi di segnalazione e offre una serie di evidenze in questo senso. A tale proposito, il Collegio (cfr. decisione n. 8589/2021 del Collegio di Milano) ha chiarito che, fermo restando che il ricorso alla lettera raccomandata non è previsto dalla normativa quale unico idoneo strumento informativo, l’utilizzo all’uopo della piattaforma online è potenzialmente idoneo a soddisfare quanto richiesto dalla normativa in tema di conoscibilità della prossima segnalazione, ma occorre che l’intermediario dimostri che l’utilizzo di tale strumento era stato già comunicato al cliente. Nel caso di specie, l’intermediario non fornisce altro che il documento di sintesi, posteriore però rispetto alla prima segnalazione negativa di alcuni anni, dal quale emerge la modalità online di comunicazione con riguardo il cliente. È al finanziamento specificamente concesso nel 1991 contempo vero, a riprova della non esaustività dell’apparato probatorio offerto dall’intermediario, che, pur successivamente rispetto a quanto previsto in tale documento contrattuale, la banca ha inviato solleciti di pagamento a mezzo di posta ordinaria. In ragione di ciò, il Collegio non ritiene provato che le comunicazioni di preavviso di segnalazione prodotte dall’intermediario possano essere idonee a provare che esse furono inviate anteriormente rispetto alla segnalazione negativa, conseguentemente non può che accogliere la domanda di cancellazione della segnalazione negativa. La domanda accessoria di risarcimento del danno, invece, non può trovare accoglimento. È ben noto come la giurisprudenza ABF abbia rifiutato, sulla scorta dell’insegnamento della Cassazione, la teorica del danno in re ipsa, con ciò demandando al ricorrente la prova del patimento di un danno risarcibile. Nel caso di specie, invece, il ricorrente non offre alcuna prova a supporto della domanda, essendo, al contrario, provato che il medesimo risulta inadempiente alle obbligazioni di pagamento del dovuto in relazione al contratto che ha dato luogo alla segnalazione contestata. In effetti, il ricorrente non produce alcuna documentazione circostanziata e connessa alla segnalazione, in merito, per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validitàesempio, alla luce dei requisiti mancata concessione di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto ulteriori prestiti ovvero in merito a qualsiasi nocumento patrimoniale o di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo immagine a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela carico del cliente, dal TUB (limitandosi quest’ultimo, ma trattasi di mera petizione di principio priva di sostegno materiale, che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)la segnalazione sarebbe stata ostativa alla concessione del credito. Del pari, non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci può trovare accoglimento la domanda di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo cancellazione delle segnalazioni negative in Centrale dei Rischi di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, in considerazione del fatto che condanna neppure viene provata la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento esistenza di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizitale segnalazione.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorrente agisce davanti al Collegio di Bologna per il rimborso degli interessi passivi versati alla banca resistente, coniuge all’indomani dell’estinzione della società titolare del titolare (ora deceduto) conto corrente, alla luce di un quanto ritenuto dal Collegio di Roma con la sua decisione n. 3259/2016 ovvero per la restituzione di quanto versato in misura superiore al tasso legale, in quanto asserisce che mancava nel contratto di finanziamento conto corrente una corrispondente pattuizione. E’ dunque possibile evincere dal ricorso, non senza un significativo sforzo interpretativo, un petitum ed una causa petendi, che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il inducono questo Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili a ritenere infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFeccessiva genericità. DifattiLo stesso dicasi per l’eccezione di inammissibilità per asserita violazione del principio del ne bis in idem, atteso che il petitum e la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso causa petendi del presente ricorso differiscono dai precedenti. Il ricorso è dunque ammissibile ma infondato. Risulta infatti agli atti che il ricorrente, in data 12.1.200928 gennaio 2013, ha perfezionato con l’intermediario convenuto un piano di rientro in virtù del quale ha rinunciato ad ogni eccezione e riserva con riferimento all’importo di quanto dovuto alla banca resistente per effetto della sua successione nel debito sociale all’indomani dell’estinzione della s.n.c. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis già titolare del conto corrente di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multicontocui si tratta. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoaccordo, benché escluda qualsiasi effetto novativo, deve qualificarsi come transattivo in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizioquanto appare i concreto inteso a porre fine e soprattutto a prevenire future contese, mediante un modulo prestampato che contienecomunque riferite a pretese originantesi dal conto corrente qui in esame, altresì, cui si riferisce peraltro anche la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF Roma n. 3259/2016. In particolare, tale piano di rientro aveva ad oggetto proprio la definizione, in via transattiva, delle reciproche pretese delle parti odierne in relazione alla posizione debitoria intestata alla società , pari a 22.732,35 euro, oltre interessi, quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce saldo del c/c n. ***067, di cui lo stesso ricorrente si riconosceva successore alla declaratoria data di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale piano di richiesta (nel 1991) rientro. L’accordo contiene il riconoscimento da parte del ricorrente del debito sociale come proprio nonché la rinuncia ad ogni eccezione e quandoriserva in relazione alla somma sopra riportata. Risulta dunque per tabulas che il ricorrente ha rinunciato, ormaia titolo transattivo, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione a sollevare contestazioni sugli addebiti contabilizzati anteriormente alla sottoscrizione dell’accordo, a loro volta oggetto della ricognizione di debito ivi contenuta da parte del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013)ricorrente. Ne deriva che l’assetto per questa ragione l’odierno ricorso non può essere accolto, risultando ogni altra questione assorbita. D’altro canto questo Collegio ha già avuto occasione di interessi relativo riconoscere natura transattiva ad un accordo di riscadenziamento del debito laddove a fronte dell’impegno del debitore al prestito revolving si palesa delineatopagamento del debito oggetto di ricognizione e a non sollevare eccezioni e riserve circa la somma oggetto di ricognizione l’intermediario abbia concesso il riscadenziamento del debito: “ne deriva che il debitore, nei suoi elementi essenzialiper utilmente contestare la validità del proprio impegno al pagamento della suddetta somma e, solo al contempo, del proprio impegno a seguito non sollevare eccezioni circa i rapporti sottostanti, avrebbe dovuto preliminarmente investire il giudice competente dell’accertamento dell’eventuale annullabilità di tale impegno transattivo, una nuova fase pronuncia estranea alla competenza dell’ABF, in quanto di natura costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB ” (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriaBologna, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999decisione 24 giugno 2019, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 201218176). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La Circa l’eccezione sul valore tacitativo e rinunciativo della quietanza liberatoria sottoscritta dal cliente, avanzata dall’intermediario, essa appare infondata poiché dall’analisi della documentazione allegata al ricorso risulta evidente che il modulo “Accettazione e quietanza liberatoria” sottoscritto dal ricorrente differisce da quello originario predisposto dalla banca. Tale differenza testuale non è di poco conto poiché il pagamento della somma offerta a scopo transattivo non è accettato dal cliente “a completa tacitazione di ogni diritto” derivante dal contratto, ma a titolo di “acconto”. Nel caso in questione, la dichiarazione sottoscritta dal ricorrente, coniuge anche se rilasciata successivamente all’estinzione del titolare finanziamento, è formulata in termini di “acconto” e pertanto non ha, neppure indirettamente, carattere rinunciativo circa ogni altra ulteriore pretesa derivante dal contratto. La richiesta dell’intermediario non può pertanto essere accolta. La domanda del ricorrente è relativa al riconoscimento del proprio diritto ad una riduzione del costo totale del finanziamento anticipatamente estinto e del conseguente rimborso (ora decedutopro rata temporis) degli oneri commissionali e assicurativi nonché delle ulteriori spese sopportate con riferimento alla conclusione del contratto. La sussistenza del relativo diritto trae il proprio fondamento normativo nelle disposizioni di un cui all’art.121, co. 1 lettera e) del TUB, che indica la nozione di costo totale del credito e all’art. 125-sexies T.U.B., che impone una riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per la vita residua del contratto”. E da premettere che il riferimento all’inciso relativo alla “vita residua del contratto” ha determinato, tanto nella “giurisprudenza” ABF, quanto (e soprattutto) nella disciplina sub primaria della Banca d’Italia (cfr. Le Disposizioni sulla trasparenza e le Indicazioni della Vigilanza del 2009, 2011 e 2018, nonché le Comunicazioni Banca d’Italia del 2009 e 2011) il risultato di circoscrivere i costi interessati alla restituzione in ragione della estinzione anticipata del finanziamento a quelli che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto (c.d. costi recurring). È altresì noto che il criterio di riducibilità generalmente adottato, in assenza di diversi criteri di calcolo convenzionalmente convenuti, è stato individuato nel mtodo proporzionale puro, c.d. pro rata temporis. Con domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art.267 TFUE il Giudice del Tribunale di Lublino ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di fornire la esatta interpretazione dell’art.16, par. 1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori, che ha abrogato la direttiva87/102 CEE del Consiglio e, in particolare, di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “Il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di finanziamento credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che in aggiunta prevedeva comprende gli interessi e i costi dovuti per la possibilità restante durata del rilascio di una carta di credito ad uso rotativocontratto”, chiede che il Collegio voglia dichiarare includa o meno tutti costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto. La risposta della Corte (resa con la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso decisione in data 12.1.200911 settembre 2019 in causa C- 383/18) è stata che l’art.16 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Il Collegio di Coordinamento, investito della questione relativa agli effetti della menzionata sentenza, con decisione n. 3257 26525/2019,ha enunciato il seguente, articolato principio di diritto:“ A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art.125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del 12.10.2012finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”. “Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”. “La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”. “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring”. “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. In particolare, nel caso sottopostogli, il Collegio di Coordinamento ha ritenuto che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile debba essere analogo a quello che le parti avevano previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Questo Collegio, con propria autonoma determinazione, aderisce al criterio fatto proprio dal Collegio di coordinamento in ordine alla quantificazione dei costi up front da retrocedere, rappresentando la previsione pattizia sul conteggio degli interessi corrispettivi il solo referente normativo avente “forza di legge tra le parti” (art. 1372 cod. civ.) utile (nel rispetto del principio di proporzionalità) alla “integrazione giudiziale secondo equità” (art. 1374 cod. civ.). Questo Collegio ritiene Nel merito, il ricorrente chiede il rimborso di condividere complessivi €2.240,59 a titolo di commissioni bancarie, commissioni di intermediazione e costi assicurativi. Le commissioni bancarie, secondo la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui posizione condivisa dai Collegi ABF, sono da ritenersi recurring. Le commissioni di intermediazione, invece, considerata la Banca d’Italianatura giuridica del soggetto intervenuto e tenuto conto dell’orientamento espresso dell’Arbitro, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’artsono qualificabili come up front. 117Non emergono dubbi, co. 2infine, TUB (disposizionecirca la retrocedibilità dei costi assicurativi, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento in ossequio al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»consolidato orientamento dei Collegi territoriali. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 il Collegio ritiene di accogliere la domanda restitutoria per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e le seguenti voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.importi appresso indicati:
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DIRITTO. La ricorrentecontroversia ha ad oggetto la presunta illegittimità della segnalazione nella Centrale Rischi della Banca d’Italia. In particolare, coniuge del titolare (ora deceduto) il ricorrente contesta la legittimità della segnalazione sotto due distinti profili, da un lato la sua inconciliabilità con l’intervenuto accordo transattivo, da cui deriverebbe l’obbligo di un contratto di finanziamento che cancellazione della originaria segnalazione in aggiunta prevedeva sofferenza e non il suo passaggio a perdita, dall’alto la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi epreavviso della segnalazione. Quanto al primo profilo, infineè opportuno prendere le mosse dalle previsioni contenute nella Circolare n. 139 del 1991 della Banca d’Italia, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario nella sua versione applicabile alla data della segnalazione contestata, la quale afferma che “devono essere segnalati nella categoria di censimento sofferenze – crediti passati a perdita i crediti in sofferenza che l’intermediario, con specifica delibera, ha considerato non recuperabili o per i quali non ha sollevato questioni pregiudizialiritenuto conveniente intraprendere i relativi atti di recupero. Confluiscono nella categoria anche le frazioni non recuperate dei crediti in sofferenza che hanno formato oggetto di accordi transattivi con la clientela, tuttavia occorre precisare di concordato preventivo o di concordato fallimentare remissorio, i crediti a sofferenza prescritti e quelli oggetto di esdebitazione”. Su tale presupposto, deve quindi ritenersi che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità sotto il profilo sostanziale, vale a dire dei presupposti della segnalazione del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatticredito passato a perdita a fronte dell’intervenuto accordo transattivo, la questione oggetto segnalazione contestata dal ricorrente sia legittima. Secondo il consolidato orientamento di lite attiene questo Arbitro, l’intermediario, anche quanto addiviene ad un nuovo finanziamento concesso una definizione transattiva in data 12.1.2009relazione a crediti classificati a sofferenza, è sempre tenuto, anche a pagamento eseguito, a procedere alla segnalazione, sebbene limitatamente alla quota parte dell’importo non recuperato, in quanto non coperto dalla transazione (ABF – Coll. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis Milano n. 16138/2017; ABF – Coll. Napoli n. 6484/2015, n. 2519/2012, n. 3180/2016; ABF – Coll. Bari n. 6550/2018). Quanto al diverso profilo del preavviso della segnalazione, di cui non vi è prova da parte dell’intermediario e sul quale ricade il relativo onere, secondo il consolidato orientamento di questo Arbitro come modificata dal provvedimento la sua mancanza non costituisce condizione di “Revisione” 12/12/2012legittimata della segnalazione, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità ma violazione di un contratto obbligo di finanziamento collegato ad trasparenza, la cui violazione rileva unicamente sotto il profilo risarcitorio (ABF – Coll. Roma n. 260/2016; n. 10957/2017). Tutto ciò premesso e considerato, la domanda di cancellazione della segnalazione formulata dal ricorrente non può essere accolta, stante la sussistenza dei presupposti sostanziali per procedere alla segnalazione, residuando unicamente la possibilità di ottenere il risarcimento del danno subito in ragione del mancato preavviso. A tale ultimo riguardo, può ulteriormente chiarirsi che, indipendentemente da una previsione di legge che imponga all’intermediario di comunicare preventivamente al cliente la segnalazione, tale obbligo debba ritenersi esistente in quanto derivante dal generale dovere di correttezza e buona fede che deve notoriamente ispirare l’agire delle parti di un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia rapporto contrattuale, dal quale originano – oltre agli obblighi rientranti nella prestazione contrattuale – obblighi di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoprotezione autonomi rispetto a questi ultimi, in occasione quanto non rivolti a soddisfare l’interesse creditorio sotteso alla prestazione. Gli obblighi di protezione in parola, per quanto in questa sede interessa, comportano l’obbligo di non pregiudicare la sfera personale e patrimoniale della richiesta da parte del cliente controparte contrattuale anche oltre l’oggetto della prestazione obbligatoria principale e la loro violazione comporta, in presenza di un finanziamento per l’acquisto danno, l’obbligo di un bene o di un serviziorisarcirlo. Tuttavia, mediante un modulo prestampato che contieneanche la domanda risarcitoria, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato genericamente proposta dal ricorrente, deve essere considerato nullo rigettata, difettando non solo la prova dell’intervenuto pregiudizio e del nesso di causalità tra la condotta illegittima e il danno subito, ma anche sotto questo ulteriore profilo la prova dell’ammontare dei pretesi danni subiti di cui il ricorrente si limita chiede la liquidazione in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. In via generale occorre infatti ribadire che spetta alla parte danneggiata, che chiede il risarcimento del danno subito, l’onere di fornire prova del pregiudizio in concreto subìto ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno (cfr. tra le tante: Xxxx. 25 marzo 2009, n. 7211), mentre in mancanza della prova del danno non è possibile neppure procedere alla liquidazione in via equitativa, in quanto stipulato con modalità l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ., presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti, però, obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare. Ciò posto, non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore è possibile, invece, surrogare, per il tramite della liquidazione equitativa del danno, il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza (in terminicosì amplius Xxxx. 30 aprile 2010, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.10607). In casi altri termini, come rilevato in dottrina, l’impossibilità di provare il danno cui si riferisce l’art. 1226 c.c. attiene all’impossibilità o difficoltà di prova sull’ammontare, non sull’esistenza del generedanno, richiamandosi alla più volte citata pronuncia laddove l’incertezza su quest’ultimo esclude il diritto al risarcimento. Ciò posto, nel caso di specie il ricorrente si è limitato a chiedere il risarcimento del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012)danno subito, ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiensda liquidare in via equitativa, conseguente all’accertata inefficacia del contrattosenza neppure dedurre il pregiudizio in concreto subito, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), con la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, conseguenza che vale proprio a caratterizzare – anche sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizipunto la relativa domanda deve essere rigettata.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge Oggetto del titolare (ora deceduto) presente procedimento è la richiesta di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità riduzione del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità costo totale del finanziamento stesso per mancanza anticipatamente estinto mediante rimborso dei costi ivi applicati, in base al combinato disposto degli artt. 121, comma 1, lett. e) D.Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario – T.U.B.), che indica la nozione di forma scritta ed altri elementi ecosto totale del credito, infinee 125 sexies T.U.B., effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare che impone una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi complessivamente pagatie dei costi dovuti per la vita residua del contratto. L’intermediario In base all’orientamento finora consolidato dell’ABF (per tutte, decisione del Collegio di Coordinamento n. 6167/2014), anche e soprattutto alla luce della disciplina sub primaria della Banca d’Italia (cfr. le Disposizioni sulla trasparenza e le Indicazioni della Vigilanza del 2009, 2011 e 2018, nonché le Comunicazioni Banca d’Italia del 2009 e 2011), nel caso di estinzione anticipata del finanziamento doveva essere rimborsata al mutuatario la quota di commissioni e costi assicurativi non ha sollevato questioni pregiudizialimaturati nel tempo, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili distinguendo fra oneri in corrispettivo di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito prestazioni compiute nella fase delle trattative e della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità conclusione del contratto di finanziamento collegato alla carta (commissioni up front), ritenuti non ripetibili, e oneri che maturano nel corso dell’intera durata del rapporto negoziale (commissioni recurring), rimborsabili in proporzione alle rate residue non maturate del finanziamento (cd. criterio pro rata temporis: l’importo da restituire si ottiene dividendo l’importo della commissione per il numero totale delle rate del finanziamento e moltiplicando il risultato per il numero di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicarate residue al momento dell’estinzione anticipata). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia In ogni caso, qualora la clausola contrattuale che disciplina la singola commissione non sia chiara ed articolata decisione univoca nell’individuarne la natura up front o recurring, o sia del Collegio tutto assente in contratto, in applicazione degli artt. 1370 c.c. e 35, comma 2, cod. cons. l’intero importo della commissione deve essere preso in considerazione per la quantificazione della quota da rimborsare. All’esito di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa un procedimento avviato ai sensi dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso 267 TFUE al fine di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. IIIottenere la esatta interpretazione dell’art.16, par. 2)1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori, che «ha abrogato la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni direttiva 87/102 CEE del Consiglio e, in particolare, al fine di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “Il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i servizi effettuati costi dovuti per la restante durata del contratto”, includa o meno tutti costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto, la Corte di Giustizia Europea, con decisione emessa in esecuzione di previsioni contenute data 11/09/2019 in contratti redatti per iscritto»causa C-383/18, ha statuito che ai sensi dell’art. Nel caso oggetto di esame 16 della Direttiva “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Il Collegio di coordinamentoCoordinamento di questo Arbitro, come investito della questione relativa agli effetti del citato provvedimento, con decisione n. 26525/2019 ha enunciato i seguenti principi di diritto: “A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art. 125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in quello qui in discussione, peraltro, la concessione caso di estinzione anticipata del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaifinanziamento, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del finanziamento originariamente concessogli quale c.dcosto totale del credito, compresi i costi up front. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che Il criterio applicabile per la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasiriduzione dei costi istantanei, in realtà, mancanza di una operazione economicadiversa previsione pattizia, nella sostanzache sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF. La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda. Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring. Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. Inoltre, con argomentazione cui questo Collegio aderisce, il Collegio di Coordinamento ha ritenuto che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile debba essere analogo a quello che le parti avevano previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Alla luce di tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiquanto sopra, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso considerato che la commissione mandataria per il perfezionamento del prestito e le provvigioni per l’intermediario intervenuto hanno natura up front poiché remunerano attività solo preliminari, mentre la commissione mandataria per la gestione del prestito ha natura recurring ma è stata abbuonata nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come taleconteggio estintivo, quindiil resistente è tenuto, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari criterio previsto per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere riduzione degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albointeressi corrispettivi, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltreal pagamento delle seguenti somme: rate complessi ve 1 20 rate scadute 49 Import i Natu ra Rimborsi dovuti Rimb orsi già effett uati Residuo rate residue 71 TAN 4,77 % Denominazione % rapportata al TAN 37,4 1% Commissione mandataria perfezionamento prestito 685,26 € Up front 256,36 € 256,36 € Commissioni intermediario del credito 3.499, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 20 € Up front 1.309,05 € 1.309,05 € oltre interessi legali maturati dalla data del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.creclamo.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorrente lamenta di essere vittima di illegittime segnalazioni nella centrale rischi CRIF ad opera dell’intermediario, coniuge del titolare (ora deceduto) di un che avrebbe continuato ad addebitare illegittimamente l’importo delle rate concernenti le polizze assicurative accessorie al contratto di finanziamento principale oramai estinto. Al riguardo, afferma che in aggiunta prevedeva la possibilità riteneva scontato che all’atto dell’estinzione del rilascio di una carta di credito ad uso rotativofinanziamento principale, chiede relativo all’acquisto dell’autovettura, venissero estinti anche i finanziamenti accessori relativi alle polizze assicurative. L’intermediario contesta che il Collegio voglia dichiarare la nullità ricorrente è tenuto al pagamento dei finanziamenti concernenti le polizze assicurative, nonostante l’estinzione del finanziamento stesso per mancanza contratto principale. L’eccezione è infondata. E’ ormai consolidato, infatti, l’orientamento di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare Codesto Arbitro che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori attribuisce alle polizze assicurative natura meramente accessoria al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»principale. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo tale circostanza non risulta validamente avversata dalle evidenze documentali da cui risulta che l’intermediario ha direttamente operato anche come collocatore del contratto accessorio e la documentazione contrattuale fa continuo riferimento alle polizze abbinate. Né l’intermediario ha dimostrato il contrario, sicché deve desumersi che la sottoscrizione delle polizze assicurative costituiva, com’è prassi, condizione necessaria per la concessione del finanziamento ad opera dell’intermediario. Per quanto precede, deve dichiararsi il diritto dei ricorrenti all’estinzione dei finanziamenti collegati alle polizze assicurative in quanto contratti accessori al finanziamento specificamente concesso nel 1991 principale. La volontà del ricorrente di estinguere anche i finanziamenti accessori risulta chiaramente espressa nella contabile relativa al pagamento estintivo del finanziamento principale, nella quale si legge, tra le note: “rimanendo in attesa per acquistare un bene di consumo (televisore) come taleconteggi contabili ad oggi vs. assicurazione.” Pertanto, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta ad avviso del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriaCollegio, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativoconvenuta, in applicazione dell’art. 117ossequio ai doveri di trasparenza e buona fede, co. 1 e 3è tenuta a provvedere al riguardo, TUB (anche in quanto fatto oggetto predisponendo i conteggi di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di estinzione dei predetti ulteriori contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 con riferimento alla data di estinzione del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolvingprincipale. Ne consegue che il contratto ricorrente non è tenuto al pagamento degli importi dei contratti accessori scaduti successivamente all’estinzione del finanziamento principale, ma a corrispondere il saldo determinato in base al conteggio estintivo alla suddetta data. Pertanto, le segnalazioni operate dall’intermediario convenuto nei sistemi informativi creditizi in funzione di tali pagamenti sono illegittime, tanto più che il ricorrente afferma di esserne venuto a conoscenza non già tramite il preavviso previsto, come condizione di liceità del trattamento, dall’art. 12 d.lgs. 196/2003 e art. 4, comma 7 Codice deontologico, ma avendo ricevuto un diniego di finanziamento collegato da altro intermediario, di cui allega copia. Alla illegittimità delle iscrizioni consegue l’obbligo dell’intermediario convenuto di provvedere alla carta loro cancellazione. Fermo quanto precede, l’intermediario contesta espressamente che gli insoluti nel pagamento delle rate e le relative segnalazioni in CRIF risalgono ad epoca antecedente all’estinzione del finanziamento principale. Sul punto, però, nessuna delle parti ha prodotto le risultanze CRIF, sicché non è dato al Collegio di credito revolvingverificare il periodo di permanenza delle segnalazioni né a quale insoluto esse facciano riferimento. Al riguardo, utilizzato non può andare esente da censura il contegno dell’intermediario che ha omesso di prestare la dovuta collaborazione al Collegio versando in atti la documentazione inerente le segnalazioni. Da ultimo, si osserva che la dichiarazione rilasciata da altro intermediario relativa al diniego di finanziamento - prodotta dal ricorrentericorrente a supporto della domanda risarcitoria - nulla prova in ordine al nesso di causalità tra le segnalazioni asseritamente illegittime ed il diniego di accesso al credito, limitandosi essa a riferire che il finanziamento è stato negato per generiche valutazioni afferenti il merito creditizio del cliente. Né d’altra parte il ricorrente fornisce elementi per la valutazione della sussistenza e eventuale quantificazione del danno. Per quanto precede, la domanda risarcitoria del ricorrente deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio rigettata per carenza di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cprova.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) controversia attiene alla presunta illegittimità della chiusura di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame conto corrente da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento dell’intermediario resistente in quanto privo della forma scrittaavvenuta senza un giustificato motivo. In relazione al rapporto di conto bancario corrente a tempo indeterminato, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata quale appunto quello che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa viene in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, rilievo nel caso di specie, con riguardo ciascuna parte, e dunque anche l’intermediario, può liberamente recedere, avendo semplicemente l’onere di dare il preavviso nei termini di cui al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene contratto, ovvero in mancanza di consumo quindici giorni (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Collart. Roma, dec. n. 187/20131854 c.c.). Ne deriva che l’assetto Dalla documentazione agli atti non risulta il contratto stipulato dalle parti. Dalle condizioni di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124conto corrente pubblicate sul sito internet dell’intermediario resistente risulta invece che il recesso dell’intermediario è possibile senza preavviso qualora vi sia una giusta causa o un giustificato motivo ovvero, nel testo vigente procaso in cui non vi sia un giustificato motivo, dando un preavviso scritto non inferiore a due mesi. In questo caso il preavviso di un mese concesso dall’intermediario non sarebbe sufficiente per l’esercizio del recesso ad nutum (la lettera di preavviso è datata 17-tempore7-2015, il conto è stato chiuso il 14-8-2015). Peraltro, l’intermediario afferma nelle controdeduzioni che il recesso è avvenuto per giusta causa: tuttavia nella corrispondenza relativa alla chiusura del conto (preavviso di chiusura del 17-7-2015) si limita a comunicare che «A seguito di verifiche sulla gestione del conto di cui in oggetto, con la presente le comunichiamo che non ci è consentito proseguire nel rapporto di conto corrente con Lei intrattenuto. Pertanto La informiamo che si procederà nei prossimi giorni all’estinzione di tale rapporto». E di analogo tenore è anche il successivo avviso di chiusura del 14-8-2015. Nemmeno nelle controdeduzioni presentate a questo Arbitro la resistente è stata più chiara sulle ragioni della chiusura del conto, limitandosi a dichiarare in modo assai generico che «nello svolgimento della propria attività di analisi e monitoraggio riferita ai rapporti di Conti Xxxxxxxx, operata a norma del Decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, ha evidenziato una gestione anomala del conto corrente intestato al ricorrente conseguentemente ostativa alla regolare prosecuzione del rapporto». Una tale affermazione è, all’evidenza, del tutto inidonea a consentire una valutazione sulla effettiva sussistenza della giusta causa e pertanto insufficiente. Ritiene il Collegio tuttavia che la domanda di informazioni del ricorrente sia fondata anche nell’ipotesi che l’intermediario (diversamente da quanto egli stesso sostiene) abbia esercitato il diritto di recesso libero da un rapporto a tempo indeterminato ed indipendentemente dalla questione sopraesaminata del rispetto del termine di preavviso. Infatti, nei casi in cui è concesso il diritto di recesso ad nutum, libertà di recedere significa che l’atto di chiusura del conto corrente non trova fondamento nell’esistenza di una giusta causa e perciò il recesso stesso è in via di principio valido anche in assenza di eventi oggettivamente apprezzabili come “giustificato motivo”; ma ciò non esclude che in forza del generale principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1357 c.c.) l’intermediario debba esprimere le ragioni che l’hanno indotto ad interrompere il rapporto a tempo indeterminato. Al riguardo questo Collegio richiama il condivisibile insegnamento della Corte di cassazione secondo cui: «L'esercizio di un clausola che riconosca ad un contraente di recedere «ad nutum» dal contratto deve avvenire nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza, anche al fine di riconoscere l'eventuale diritto al risarcimento del danno per l'esercizio di tale facoltà in modo non conforme a tali principi. Spetta al giudice valutare che l'esercizio del recesso non integri l'ipotesi di abuso di diritto; la valutazione deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto più ampia e rigorosa laddove vi sia una provata disparità di finanziamentoforze fra i contraenti» (Xxxx. Civ., stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessoriesez. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999III, n. IL XXXX.xx 374 20106/2009). Il principio enunciato dalla S.C. vale in base al quale particolar modo per gli intermediari finanziari creditizi, non soltanto per la promozione l’evidente disparità di forza contrattuale esistente fra le parti quando il cliente è (come nel caso di specie) un imprenditore individuale titolare di una microimpresa, ma anche in considerazione del dovere di favorire l’inclusione sociale e la conclusione finanziaria gravante sul sistema bancario in generale e sui suoi singoli componenti, vale a dire il dovere di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti favorire l’accesso della collettività ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolvingbancari. Ne consegue che il la banca, anche quando sia libera di non concludere un contratto o di finanziamento collegato alla carta estinguerlo, nel negare ad un cliente la prestazione dei propri servizi deve comunque comportarsi in conformità dei principi di credito revolvingcorrettezza e buona fede e trasparenza. Sulla base di queste considerazioni, utilizzato dal ricorrentead esempio, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo la normativa regolamentare e la giurisprudenza dell’Arbitro affermano costantemente che quando una banca riceve una richiesta di credito, pur essendo libera di non accoglierla, è però tenuta a riscontrare la domanda in quanto stipulato con modalità non conformi tempi ragionevolmente celeri ed a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore comunicare al cliente le ragioni del diniego (in termini, Banca d’Italia – Comunicazione del 22-10-2007; Banca d’Italia - Comunicazione n. 993215 del 26-11-2012; e fra molti Collegio di Roma, dec. Coordinamento - Decisione n. 2200 del 27 giugno 20126182/13; Collegio di Napoli – decisione n. 3181/15). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto Ritiene pertanto il Collegio che anche nel caso di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito specie, quando l’intermediario eserciti la sua libertà di porre termine ad un rapporto di conto corrente con preavviso, il cliente abbia comunque diritto di conoscerne le ragioni ed eventualmente a sollecitare un controllo giurisdizionale sulle stesse, là dove il recesso appaia sorretto da finalità contrarie a correttezza e buona fede (art. 2033 c.cad esempio, nel caso di intenti discriminatori, di boicottaggio, per esercitare pressioni sul cliente in relazione a vicende estranee al rapporto bancario ecc.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente1. L’eccezione preliminare di incompetenza dell’Arbitro ratione materiae è da rigettare. Anzitutto occorre ribadire che “il contratto di deposito titoli in amministrazione (cfr. art. 1838 c.c.) rientra tra le ‘operazioni e i servizi bancari e finanziari’, coniuge di cui al § 4 delle ‘Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie’, emanate dalla Banca d’Italia. È significativo, a tale riguardo, che le ‘Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari’, del titolare (ora deceduto) pari emanate dalla Banca d’Italia, contemplino il servizio di custodia e amministrazione tra quelli a cui le stesse si applicano. Tale valutazione non è inficiata dalla circostanza che il contratto svolge una funzione normalmente ancillare rispetto alla prestazione di servizi d’investimento. Trattasi, infatti, pur sempre di un contratto avente una causa tipica e non avente come oggetto specifico la prestazione di finanziamento servizi di investimento e che vale invece a disciplinare, sotto un particolare, delicato profilo, il rapporto fra la banca ed propri clienti, anche se questi contemporaneamente rivestano la qualifica di investitori e siano come tali interessati da discipline e tutele ulteriori (specificamente dettate dal TUF, d.lgs. n. 58/1998, e dai relativi regolamenti di attuazione), rispetto a quella applicabile al deposito dei titoli in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoamministrazione”: così Collegio Centro, chiede che decisione n. 4172/2013. Da parte sua il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza Nord (decisione n. 2126/2013) ha precisato che tale contratto “riveste una funzione normalmente accessoria rispetto alla prestazione dei servizi di forma scritta ed altri elementi einvestimento. Nella prassi si assiste, infineinfatti, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili in prima battuta alla stipulazione di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multicontoquadro — che il TUF chiama ’contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento’ - con cui l’intermediario assume l’obbligo di attivarsi per conto e nell’interesse del cliente, prestando tutti i servizi necessari o utili per l’investimento. Tale particolare tipologia A servizio del contratto da ultimo menzionato, si accompagna normalmente la stipulazione - di altri contratti bancari collegati, di norma individuabili in un contratto di conto corrente - più volte oggetto d’esame e/o di deposito titoli. Poiché, quindi, ci si trova innanzi ad un’ipotesi di rapporto contrattuale complesso, viene in rilievo il ’criterio della prevalenza delle finalità’ (di investimento o meno) previsto dalle ‘Disposizioni di trasparenza della Banca d’Italia’, utilizzato per l’individuazione della disciplina di trasparenza - quella recata dal TUB in alternativa a quella del TUF - applicabile al ‘prodotto composto’”. È evidente allora - come affermato da questo Collegio con decisione n. 2076/2012 - che, ai fini dell’applicazione di questo ‘criterio della prevalenza della finalità’, non può “prescindersi dalla evoluzione del quadro ordinamentale successivamente alla previsione della norma codicistica, soprattutto con riguardo agli obblighi derivanti alla banca dalla previsione secondo cui essa deve ‘in generale provvedere alla tutela dei diritti inerenti ai titoli’. Al riguardo, sembra opportuno ricordare come la Relazione al c.c., nel delineare le finalità del contratto di cui all’art. 1838 c.c., si riferisca all’espletamento, da parte dell’ABF – della banca, di un’attività avente ad oggetto la ‘cura di amministrare i titoli’, sostanzialmente corrispondente a quella che potrebbe espletare lo stesso cliente, collocando ’i titoli in cassette di sicurezza’ (e che, appunto, viene stipulatoaffidata alla banca, con l’eventuale sua responsabilità per ‘le conseguenze di ogni trascuratezza’). Da allora, e segnatamente negli anni più vicini (quale riflesso del processo di profonda e continua trasformazione dell’economia), può dirsi, in occasione sintesi, essersi venuta a sviluppare, nell’ordinamento, con quei marcati caratteri di specialità di cui la finale elaborazione del TUF e le sue successive modifiche rappresentano significativa attestazione, un’articolata disciplina settoriale dei ’servizi e attività di investimento’. Sembra evidente, allora, come risulti ormai interamente regalala da una tale disciplina — e non può, di conseguenza, che considerarsi estranea al perimetro della richiesta disposizione codicistica (ed alla sua residua portata precettiva) — l’adempimento degli obblighi dell’intermediario funzionali all’attuazione delle strategie di investimento del cliente”. Così, la questione della competenza dell’ABF sembra da risolvere negativamente almeno nei casi, come evidenzia ancora il Collegio di Napoli, “in cui l’oggetto della doglianza attiene a una contestazione del deficit di diligenza dell’intermediario nell’adempimento sì di obblighi di informazione verso il cliente, ma di obblighi che non sono, tuttavia, quelli strumentali all’esercizio dei diritti inerenti ai titoli amministrati che il contratto di deposito demanda pur sempre all’intermediario, ma investono, a ben vedere, un piano completamente diverso, ed anzi antitetico, rispetto alla corretta gestione da parte dell’intermediario degli strumenti finanziari appunto presso di lui ’depositati’, attenendo piuttosto a quello delle scelte di conservazione/liquidazione dell’investimento direttamente da parte del cliente cliente. Un piano, insomma, che è proprio quello della violazione delle generali regole di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato condotta che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa incombono all’intermediario ai sensi dell’art. 11721 TUF, co. 2, TUB (disposizione, pare appunto là dove prescrive che nella prestazione di ‘servizi di investimento e accessori’ l’intermediario operi in modo che il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’artcliente sia sempre informato”. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non In definitiva - ed è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame questo il pensiero del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” decisione n. 989/2014 - è alla considerazione della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosidoglianza fatta valere, nel caso di specieconcreto, con dal cliente “cui deve aversi riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, la decisione circa la sua validitàcompetenza o meno, alla luce ratione materiae, dell’ABF”. Così ricostruito il quadro d’insieme, nel caso de quo la competenza del Collegio va affermata, poiché in discussione è una vertenza che si incentra proprio sull’amministrazione dei requisiti titoli in deposito, senza alcun collegamento né con la gestione degli stessi e neppure con servizi di forma previsti dal TUB (Collinvestimento ad essi collegati. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto Si tratta cioè di interessi relativo verificare quale sia stato il comportamento tenuto dall‘intermediario nel consentire al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito proprio cliente/depositante di giovarsi di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta facilitazione — liquidata su una carta magnetica (altro elemento tipicamente “bancario”) — connessa al saldo del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti conto titoli. Ci si muove cioè esattamente nell’ambito di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (quello che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità è il contenuto del contratto bancario di finanziamento rotativo, deposito titoli in applicazione dell’art. 117, co. 1 custodia e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.camministrazione.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrentequestione sottoposta alla cognizione del Collegio riguarda, coniuge del titolare (ora deceduto) di relativamente ad un contratto di finanziamento mutuo fondiario indicizzato al Franco svizzero, l’applicazione della clausola che regola la c.d. rivalutazione del capitale in aggiunta prevedeva caso di estinzione anticipata. In particolare, il ricorrente ritiene che la possibilità suddetta clausola sia invalida, in quanto formulata in modo del rilascio di una carta di credito ad uso rotativotutto opaco per il consumatore, e pertanto, previo accertamento della sua illegittimità, chiede la rideterminazione di quanto dovuto per addivenire all’estinzione anticipata. Per la verità, parte attrice chiede, in via principale, che sia dichiarata la nullità dell’intero contratto e, soltanto in via subordinata, che ne sia dichiarata la nullità parziale. In sede di motivazioni del ricorso, tuttavia, formula le proprie argomentazioni esclusivamente con riguardo alla menzionata clausola. Tanto premesso, si sottolinea che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis coordinamento di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012Arbitro, entrato in vigore il 1° gennaio 2012si è pronunciato già nel 2015 (tra le altre, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo5866/15), e, richiamando una decisione della Corte di Giustizia Europea in tema di clausole abusive inserite in un contratto di mutuo indicizzato al franco svizzero, ha stabilito, nella normativa ritenuto che la previsione contrattuale – sostanzialmente identica a quella riferita in materia sede di “Trasparenza delle operazioni fatto e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta il cui contenuto testuale non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso ovviamente oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente contestazioni tra le parti – che stabilisce un siffatto meccanismo di indicizzazione sia nulla, ed ha ordinato all’intermediario di calcolare il capitale residuo da restituire in sede di estinzione anticipata come differenza tra la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come talesomma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote già restituite senza praticare, quindi, da valutare autonomamentela duplice conversione di cui alla suddetta pattuizione. Sul punto, circa la sua validitàinfine, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva si segnala che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di in una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta recente ordinanza del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio Tribunale di Roma, decdepositata il 3 gennaio 2017, il Giudice, adito a seguito dell’inadempimento di una decisione dell’ABF da parte dell’intermediario, ha fatto proprio l’orientamento dei Collegi. n. 2200 del 27 giugno 2012)Conseguentemente, questo Arbitro, accertata la nullità della clausola contenuta nell’art. Le conseguenze dell’accertamento della nullità 7 del contratto stipulato tra le parti del presente giudizio e tenuto conto del principio nominalistico di cui all’art. 1277, 1° comma, c.c., stabilisce che l’intermediario dovrà effettuare il conteggio dell’anticipata estinzione del finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (di cui si tratta nei sensi che seguono: il capitale residuo che il ricorrente dovrà restituire sarà pari alla differenza tra la somma mutuata e quella già corrisposta previamente ricalcolata sostituendo il tasso di interesse ultralegale applicato dalla banca con il tasso di interesse ex art. 2033 c.c117 TUB, senza praticare la duplice conversione indicata dall’art. 7 di cui è stata dichiarata la nullità.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che In via pregiudiziale il Collegio voglia deve dichiarare d’ufficio la nullità propria incompetenza, poiché la controversia verte sull’addebito asseritamente illegittimo del finanziamento stesso corrispettivo per mancanza il servizio di forma scritta ed altri elementi econsulenza in materia di investimenti operato dall’intermediario che - ai sensi del T.U.F. - rientra nel novero dei “servizi di investimento”. A norma delle Disposizioni ABF, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF all’Arbitro solo le controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” ; sono, invece, escluse dalla competenza le controversie attinenti ai servizi e alle attività di investimento e alle altre fattispecie che, ai sensi dell’articolo 23, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, non sono assoggettate al Titolo VI del TUB (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoriaintitolato: a“Trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti con i clienti”) per le ed alle “Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e i dei servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»bancari e finanziari Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” del 29 luglio 2009. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo come già scritto, parte ricorrente non rappresenta alcuna doglianza correlata a servizi/operazioni/comportamenti riconducibili al finanziamento specificamente concesso nel 1991 Titolo VI del TUB. La domanda, per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltroproposta ed illustrata, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione invece ricondotta al rapporto di servizio di consulenza in materia di investimenti intercorrente tra parte ricorrente e l’intermediario convenuto, su causae pentendi quindi che esorbitano dalla competenza ABF (Collegio di Milano, n. 20332/2018). Oltre a questo, il Collegio segnala che le Condizioni generali di contratto del contratto servizio di finanziamento, stipulato presso un rivenditore consulenza inviate dall’intermediario alla parte ricorrente (cfr. par. 1.1) richiamano l’Arbitro per le controversie finanziarie (ACF) scaturenti dalla violazione delle norme poste dal TUF in materia di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina esercizio delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorieda esso disciplinate. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali Pertanto il ricorso è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cinammissibile.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorrente chiede di potersi sottrarre all’obbligo di garanzia fideiussoria in virtù dell’intervenuta cessione della propria partecipazione nella società che riveste il ruolo di debitore principale. Come già chiarito da questo Collegio a fronte di analoghe vicende (cfr. Collegio ABF di Napoli, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativodecisioni n. 3320/2015, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattin. 5712/2013), la questione oggetto di lite attiene ad cessione delle partecipazioni sociali non è un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009accadimento che vale a estinguere l’obbligazione fideiussoria. Pertanto sussiste Una volta prestata, l’obbligazione fideiussoria, quale garanzia accessoria rispetto all’obbligazione principale, segue la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sezsorte del debito principale e permane sino a quando quest’ultimo non venga meno. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contieneIl ricorrente si duole, altresì, la facoltà del comportamento tenuto dall’intermediario nella fase di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità esecuzione del contratto di finanziamento collegato alla carta fideiussione: più esattamente, l’intermediario avrebbe tenuto una condotta improntata a scarsa diligenza, avendo continuato, in assenza di sua specifica autorizzazione, ad erogare credito revolving che nel caso al debitore principale anche in presenza di specie emerge radicali mutamenti della compagine societaria tali da incidere sulla capacità di restituzione del finanziamento. Anche sotto questo profilo, la richiesta del ricorrente non può essere stato stipulato verbalmente (accolta. Nel contratto di fideiussione sottoscritto in data 11 maggio 1990, è contenuta infatti, oltre a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF una clausola “omnibus”, con la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria ricorrente si impegna a garantire “tutto quanto dovuto dal debitore, per capitale, interessi anche se moratori e ogni altro accessorio, nonché per ogni spesa anche se di nullità carattere giudiziario ed ogni onere tributario”, una espressa deroga al dovere del contratto creditore di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta “chiedere la speciale autorizzazione prevista dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012)1956 cod. Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’artciv. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al per far credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia debitore”. In presenza di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)tale clausola, non essendo ovviamente consentito può censurarsi il comportamento dell’intermediario che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate ha continuato a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di fare credito al consumodebitore principale senza specifica autorizzazione del garante, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 1956 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrenteD’altro canto, essendo stata accertata la mancanza il ricorrente non ha fornito alcuna prova che l’intermediario fosse a conoscenza di un contratto validopeggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore garantito, idoneo in presenza delle quali avesse comunque continuato a giustificarne l’acquisizione da parte dello stessofare credito a quest’ultimo (cfr., sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.cal riguardo, Collegio ABF di Milano, decisione n. 239/2010).). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che questione riguarda il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative diritto a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta ottenere copia dei documenti da parte del cliente di un finanziamento una banca. Si tratta di cliente che riveste la qualifica di società di capitali (nella forma di società a responsabilità limitata) e di richiesta di informazioni riguardanti anche operazioni in derivati. Più precisamente l’intermediario è disponibile a fornire i documenti richiesti (ciò risulta dalla lettera dalla banca datata 3 luglio 2015, nella quale si legge testualmente che “la richiesta documentale verrà evasa ai sensi dell’art. 119 del D.L. 385 del 1° settembre 1993”), ma chiede in cambio il pagamento della somma di € 960,00 per l’acquisto 96 fotocopie. Non vi parrebbe dunque essere controversia fra le parti in merito alla debenza dei documenti. Può dunque considerarsi superata la questione se la richiesta di documenti aventi a oggetto la prestazione di servizi di investimento possa essere effettuata ai sensi dell’art. 119 comma 4 TUB (disposizione dettata per i contratti bancari). Una risposta positiva pare tuttavia possibile in considerazione già del tenore letterale dell’art. 119 comma 4 TUB, secondo cui si può ottenere copia della documentazione “inerente a singole operazioni poste in essere”. Le operazioni su derivati vengono poste in essere sulla base di un bene o contratto di conto corrente (e sulla base di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativoprecedente rapporto debitorio) sul quale vengono regolati i flussi determinati dal contratto derivato. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di Ritiene dunque questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità che l’intermediario debba fornire anche i documenti relativi alle operazioni su derivati. In altri precedenti dell’Arbitro Bancario Finanziario è stato affermato il diritto del contratto cliente a ottenere dalla banca copia di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente contratti diversi da quelli strettamente bancari (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del si veda ad esempio Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di CoordinamentoMilano, decisione n. 3257 428 del 12.10.20122013, per un caso concernente il contratto di assicurazione). Ritenuto dunque sussistere un obbligo di consegna anche dei contratti e dei documenti non aventi carattere strettamente bancario, purché collegati ai contratti bancari, la questione centrale per la decisione è quella relativa al costo dei documenti. Il costo di € 10,00 per foglio richiesto dalla banca potrebbe apparire eccessivo rispetto al mero costo di riproduzione dei documenti cartacei e troverebbe la propria giustificazione – secondo la tesi dell’intermediario – nel fatto che i fogli informativi stabiliscono un costo copia singolo documento archiviato in formato cartaceo di € 10,00. In realtà il foglio informativo si riferisce a costi per “documento” e non a costi per “pagina”. Siccome i documenti possono avere lunghezze variabili, il costo richiesto dovrebbe essere calibrato in relazione alle caratteristiche (essenzialmente alla lunghezza) del documento. Più in generale l’art. 119 comma 4 TUB fa riferimento a “costi di produzione” e nella applicazione giurisprudenziale dell’Arbitro Bancario Finanziario con tale espressione ci si riferisce ai costi vivi affrontati dall’intermediario per lo svolgimento essenzialmente delle seguenti tre operazioni: 1) recupero del materiale, 2) riproduzione del materiale e 3) invio dei documenti. Questo Collegio ritiene Arbitro ha già avuto modo di condividere sanzionare il comportamento di banche le quali impongano un costo fisso per la linea interpretativa della decisione richiamata dazione di documenti, dal momento che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso un sistema siffatto prescinde dal reale “costo di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziariproduzione” (sezsi veda ad esempio Arbitro Bancario Finanziario, Collegio di Roma, decisione n. 7464 del 2015). IIILa banca può applicare solo i costi per il reperimento, parla riproduzione e la spedizione dei documenti, costi che devono essere valutati nel caso concreto. 2)D’altro canto, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per ragioni organizzative, le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione banche possono preferire un meccanismo forfettario di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»calcolo dei costi di produzione. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamentospecie, come anche in quello qui in discussione, peraltroeffetti, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza banca chiede € 10,00 per ogni foglio. Questo Xxxxxxxx ritiene che detto meccanismo di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving calcolo dei costi possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contrattoragionevole, ma vada riferito a “documenti” e non a “pagine” (come del resto correttamente indica il foglio informativo). Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiDunque, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 non potranno essere chiesti € 10,00 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmentepagina, ma in palese assenza, allora, dei requisiti € 10,00 per ogni documento richiesto. Spetta alla banca accertare quanti siano i documenti richiesti nel caso di forma imposti, a tutela del cliente, specie dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine cliente e formulare una richiesta di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmentepagamento conforme. A titolo esemplificativo per documento si intende: 1) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto conto corrente; 2) il contratto-quadro per la prestazione di servizi di investimento; 3) l’estratto conto completo. Se ad esempio il contratto-quadro si compone di 15 pagine, non potranno essere addebitati costi per € 150,00 (ossia € 10,00 per pagina), bensì di soli € 10,00, rappresentando detto contratto un unico documento. Per quanto concerne infine i costi di spedizione, costi del bene genere non potranno essere applicati laddove i documenti vengano ritirati direttamente in filiale; altrimenti, se si ha vera e propria spedizione e non mera consegna, può essere applicato solamente il costo della spedizione (l’Arbitro non può pronunciarsi in dettaglio al riguardo, non sapendo quale sia il mezzo di consumo – spedizione e il quale peso del plico). Infine ritiene questo Xxxxxxx che la banca non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commercialepossa subordinare la dazione dei documenti al previo pagamento della somma richiesta. Il cliente ha un diritto pieno all’informazione bancaria, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”la conseguenza che i documenti devono essere rilasciati previa la sola richiesta da parte dell’interessato. Salvi casi manifesti di abuso nell’esercizio del diritto, lo stesso la banca non può dirsi condizionare il rilascio dei documenti al previo pagamento dei costi di produzione. Dunque i documenti dovranno prima essere forniti al cliente, e la banca potrà successivamente addebitare il conto nella misura indicata sopra (laddove sia ancora aperto un conto presso l’intermediario) oppure chiedere al cliente il versamento della somma. In via riassuntiva, la banca può chiedere solo € 10,00 per il cosiddetto contratto accessorio singolo documento (non per foglio), cui vanno aggiunte le spese vive di finanziamento attivato mediante spedizione. L’intermediario deve inoltre provvedere immediatamente alla consegna dei documenti senza poter subordinare la carta revolvingdazione degli stessi al pagamento di alcuna somma, somma che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono dovrà poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cpagata dal cliente in tempi ragionevoli.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIn via preliminare, coniuge il Collegio dispone la riunione dei ricorsi n. 1392932/2016 e 1392995/2016 in ragione della connessione soggettiva e oggettiva. l ricorrente chiede di accertare, ex art. 125 - sexies T.U.B., il diritto alla riduzione del titolare costo totale del credito corrispondente all’importo delle commissioni e dei premi assicurativi non maturati a causa dell’estinzione anticipata di due contratti di finanziamento. Secondo il consolidato orientamento dell’ABF - confermato dal Collegio di Coordinamento (ora decedutodec. nn. 6167/2014, 10035/2016, 5031/2017) e pienamente condiviso da questo Collegio - il principio di equa riduzione del costo del finanziamento impone la restituzione della quota delle commissioni e dei costi soggetti a maturazione nel tempo al fine di evitare, a causa dell’estinzione anticipata del prestito, un’ingiustificata attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore, con esclusione delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata. Nella formulazione dei contratti, gli intermediari sono tenuti ad esporre in modo chiaro e agevolmente comprensibile sia gli oneri e i costi imputabili a prestazioni concernenti la fase delle trattative e della formazione del contratto (costi up front, non ripetibili), sia gli oneri e i costi riferibili all’intero svolgimento del rapporto negoziale (costi recurring, rimborsabili pro quota). In difetto di una chiara ripartizione nel contratto tra oneri up front e recurring, anche in applicazione dell’art. 1370 c.c. e, più in particolare, dell’art. 35, comma 2 d.lgs. n. 206 del 2005, l’intero importo di ciascuna delle voci deve essere preso in considerazione al fine della individuazione della quota parte da rimborsare determinata secondo un criterio proporzionale. Fermo restando il carattere up front delle spese di istruttoria, il contratto n. 443877 riferisce, sub A1), le commissioni finanziarie «a convenuta copertura - in accezione non solo unitaria e inscindibile ma anche aleatoria - delle attività necessariamente preliminari e conclusive del prestito, quali ad esempio, l’esame della documentazione, gli oneri per la conversione e la convertibilità, da variabile a fisso, del saggio degli interessi o per la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione; gli oneri per le operazioni di acquisizione della provvista; la elaborazione dei dati in funzione della legge 197/1991; le perdite per l’eventuale ritardo di adeguamento dei tassi e delle commissioni nel periodo di preavviso delle mutate condizioni di mercato ecc.».; nonché prevede le commissioni intermediario - sub A2) - «per 1) l’attività istruttoria del prestito, comprensiva dell’acquisizione della documentazione necessaria, di notificazione del contratto di mutuo agli enti interessati, di rimessa del netto ricavo al cedente; 2) la definizione dei rapporti contabili; 3) l’eventuale estinzione dei prestiti in precedenza contratti dal mutuatario; 4) la prestazione della garanzia del “non riscosso per riscosso” (se e in quanto dovuta); 5) la gestione delle rate di rimborso in scadenza; 6) le perdite relative alla differenza di valuta tra erogazione iniziale e decorrenza dell’ammortamento; 7) provvigione, compenso sostenuti per l’intervento dell’agente, del mediatore incaricato e/o di ogni altro soggetto abilitato all’offerta fuori sede», con espressa inclusione della provvigione agente mediatore, ancorché dalla documentazione contrattuale, non risulti la conclusione del contratto per il tramite di un contratto di finanziamento che soggetto abilitato all’offerta fuori sede, come può desumersi anche dall’indicazione della ragione sociale dell’intermediario erogante nello spazio destinato alle generalità del soggetto incaricato dell’offerta fuori sede. Il contratto, insomma, non espone in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativomodo chiaro e agevolmente comprensibile sia gli oneri e i costi up front, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato sia gli oneri e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativoi costi recurring. Al fine della quantificazione della quota parte da rimborsare secondo un criterio proporzionale, le commissioni finanziarie (euro 4.182,52) e le commissioni intermediario (euro 4.183,77 di pervenire cui euro 2.347,20 per provvigione agente) devono essere moltiplicate per la percentuale del finanziamento estinto anticipatamente, risultante - in presenza di rate di eguale importo - dal rapporto fra il numero complessivo delle rate (centoventi) e il numero delle rate residue (settantuno). A seguito dell’estinzione anticipata in corrispondenza della quarantanovesima rata, l’importo delle commissioni finanziarie non maturato è pari a euro 2.474,66 e, in considerazione della detrazione di euro 113,60, in sede di conteggio estintivo, residua l’importo di euro 2.361,06; l’importo delle commissioni di intermediazione è pari a euro 1.086,64; quello delle provvigioni agente a euro 1.388,76. Alla ricorrente, come è pacifico tra le parti, è stata corrisposta, successivamente alla proposizione del ricorso, la somma di euro 4.836,45. Con riferimento al secondo contratto, fermo restando il carattere up front delle spese di istruttoria, le commissioni finanziarie sono convenute «a convenuta copertura - in accezione non solo unitaria e inscindibile ma anche aleatoria - delle attività necessariamente preliminari e conclusive del prestito, quali ad una soluzione circa esempio, l’esame della documentazione, gli oneri per la controversia sottoposta all’esame conversione e la convertibilità, da variabile a fisso, del saggio degli interessi o per la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione; gli oneri per le operazioni di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente acquisizione della provvista; la validità elaborazione dei dati in funzione della legge 197/1991; le perdite per l’eventuale ritardo di adeguamento dei tassi e delle commissioni nel periodo di preavviso delle mutate condizioni di mercato ecc.»; le commissioni intermediario sono previste - sub A2) - «per 1) l’attività istruttoria del prestito, comprensiva dell’acquisizione della documentazione necessaria, di notificazione del contratto di mutuo agli enti interessati, di rimessa del netto ricavo al cedente; 2) la definizione dei rapporti contabili; 3) l’eventuale estinzione dei prestiti in precedenza contratti dal mutuatario; 4) la prestazione della garanzia del “non riscosso per riscosso” (se e in quanto dovuta); 5) la gestione delle rate di rimborso in scadenza; 6) le perdite relative alla differenza di valuta tra erogazione iniziale e decorrenza dell’ammortamento; 7) provvigione, compenso sostenuti per l’intervento dell’agente, del mediatore incaricato e/o di ogni altro soggetto abilitato all’offerta fuori sede», con espressa inclusione della provvigione agente mediatore, ancorché dalla documentazione contrattuale, non risulti la conclusione del contratto per il tramite di un soggetto abilitato all’offerta fuori sede, come può desumersi anche dall’indicazione della ragione sociale dell’intermediario erogante nello spazio destinato alle generalità del soggetto incaricato dell’offerta fuori sede. Il contratto, insomma, non espone in modo chiaro e agevolmente comprensibile sia gli oneri e i costi up front, sia gli oneri e i costi recurring. Al fine della quantificazione della quota da rimborsare secondo un criterio proporzionale, le commissioni finanziarie (euro 1.244,49) e le commissioni intermediario (euro 1.244,86 di cui euro 698,40 per provvigione agente mediatore) sono moltiplicate per la percentuale del finanziamento collegato alla carta estinto anticipatamente, risultante - in presenza di credito revolving che nel caso rate di specie emerge essere stato stipulato verbalmente eguale importo - dal rapporto fra il numero complessivo delle rate (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicacentoventi) e il numero delle rate residue (settantuno). IL XXXX.xx Sul tema A seguito dell’estinzione anticipata in corrispondenza della quarantanovesima rata, la quota non maturata delle commissioni finanziarie è nota l’ampia ed articolata decisione pari a euro 736,32 e, in considerazione della detrazione di euro 113,60, in sede di conteggio estintivo, residua l’importo di euro 622,72; le quote non maturate delle commissioni di intermediazione e delle provvigioni agente ammontano, rispettivamente, a euro 323,32 e euro 413,22. Alla ricorrente, come è pacifico tra le parti, è stata corrisposta, successivamente alla proposizione del Collegio ricorso, l’ulteriore a somma di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato euro 1.359,27. L’eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce ordine alla declaratoria domanda di nullità rimborso dei premi assicurativi non può essere accolta in conformità del costante riconoscimento - operato da ABF - della sussistenza della legittimazione passiva dell’intermediario finanziatore in considerazione delle linee-guida riassunte nell’accordo ABI-ANIA del 22 ottobre 2008 e alla luce del rapporto di accessorietà del contratto assicurativo rispetto al rapporto creditizio, delle prassi invalse in ordine alle modalità di finanziamento in quanto privo della forma scrittapagamento del premio e del ruolo svolto e dell’interesse concretamente perseguito dal finanziatore (ex multis, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117ABF, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.20126167/2014; ABF, Collegio Napoli, decisione n. 679/2016). Questo Collegio ritiene La quota non maturata del premio assicurativo relativo al contratto n. 443877 (euro 563,33), in conformità del riferito costante orientamento dell’ABF, deve essere determinate su base proporzionale, tenendo conto della residua frazione temporale del rapporto di condividere la linea interpretativa finanziamento (settantuno rate) a fronte del numero totale delle rate (centoventi) sì che è pari a euro 333,30; quella del contratto n. 443882 (euro 167,62) - determinata su base proporzionale, tenendo conto della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR residua frazione temporale del 4.3.2003 e rapporto di finanziamento (settantuno rate) a fronte del rinvio ad essa dell’artnumero totale delle rate (centoventi)- è pari a euro 99,18. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1Pertanto, con riferimento al credito al consumocontratto n. contratto n. 443877 l’intermediario è tenuto alla restituzione della somma di euro 333,31 corrispondente alla differenza tra le quote determinate sulla base del criterio proporzionale e gli acconti ricevuti (2.474,66 + 1.086,64 + 1.388,76 + 333,30 - 113,60 - 4.836,45), ha stabilitooltre interessi dalla data del reclamo; con riferimento al contratto n. 443882, nella normativa in materia l’intermediario è tenuto alla restituzione della somma di “Trasparenza delle operazioni euro 99,17 corrispondente alla differenza tra le quote determinate sulla base del criterio proporzionale e servizi bancari e finanziari” gli acconti ricevuti (sez. III, par. 2736,32 + 323,32 + 413,22 + 99,18 - 113,60 - 1.359,27), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame oltre interessi dalla data del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaireclamo, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione tutto per la complessiva somma di euro (333,31 + 99,17 =) 432,48, oltre interessi dalla data del reclamo. La domanda di rimborso della rata insoluta addebitata all’atto dell’estinzione anticipata del primo e del secondo finanziamento originariamente concessogli quale c.dè infondata. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario La resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma impostiha affermato e documentato, a tutela mezzo allegazione del clienterelativo bonifico, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento il rimborso della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità rata erroneamente addebitata all’atto dell’estinzione anticipata del contratto di finanziamento rotativon. 443877, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione nonché il rimborso della rata erroneamente addebitata all’atto dell’estinzione anticipata del contratto n. 443882. La richiesta delle spese di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve assistenza difensiva non può essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari accolta per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio natura seriale delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cquestioni sottoposte.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteSi ritiene opportuno dare preliminarmente conto dei termini della transazione, coniuge poiché è in gran parte dall’inquadramento di questi che dipende l’esito della controversia. Nell’accordo transattivo era specificato che «in caso di puntuale ed esatto adempimento» delle prestazioni ivi stabilite, l’intermediario «nulla più avrà a pretendere in relazione al credito derivante dal rapporto precisato in oggetto» e provvederà alla cancellazione delle ipoteche «ove sia possibile applicare la procedura semplificata»; «qualora non fosse applicabile la normativa in tema di semplificazione del titolare (ora deceduto) procedimento di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatticancellazione delle ipoteche […], la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative stessa avverrà solo a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009cura e spese del richiedente». Passando Incontestato l’adempimento da parte dell’originario debitore delle prestazioni stabilite nell’atto transattivo, resta da verificare se abbia ragione la banca nell’affermare che, in ragione della natura giudiziale e non volontaria dell’ipoteca in questione, questa dovrebbe reputarsi esclusa dal «procedimento semplificato» di cancellazione ex art. 13, commi 8-sexies ss., del D.L. n. 7/2007. È decisivo evidenziare che al merito Collegio non sono stati prospettati elementi sufficienti per suffragare la tesi della controversia occorre rilevare come resistente circa la stessa abbia natura giudiziale dell’ipoteca. Sul punto, avendo le parti regolato pattiziamente l’ipotesi della sua cancellazione, può darsi per provata la sussistenza di un’ipoteca a garanzia del mutuo, ma non la sua fonte. Ciò posto, non c’è dubbio che l’intermediario convenuto sia stato inadempiente rispetto all’obbligo volontariamente assunto di procurarne la cancellazione a seguito di transazione. Sull’inadempiente incombe l’onere di dimostrare la correttezza del proprio operato, provando – senza limitarsi ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire affermare – che la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare specifica tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, ipoteca rendeva inapplicabile «la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia tema di “Trasparenza semplificazione del procedimento di cancellazione delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscrittoipoteche». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, il convenuto non ha fornito alcun elemento indiziario utile a supportare l’antefatto indispensabile per provare la correttezza della propria inerzia. Deve perciò impegnarsi a procurare la cancellazione ipotecaria richiesta. Alla luce di tali acquisizioni, è superfluo approfondire l’argomento – logicamente dipendente – legato alla presunta inconciliabilità delle ipoteche giudiziali con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare il procedimento «semplificato». La soluzione negativa, sostenuta da un bene parte della dottrina, non pare trovare conferma testuale nella Circolare dell’ex Agenzia Territorio del 1° giugno 2007, n. 5, che si limita ad affermare che le disposizioni di consumo (televisore) come talecui all’art. 13, comma 8-sexies, D.L. n. 7/2007 «si applicano esclusivamente con riferimento alle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da contratti di mutuo stipulati con i soggetti sopra menzionati, con esclusione quindi, a titolo esemplificativo, delle ipoteche iscritte a garanzia di obbligazioni derivanti da valutare autonomamentecontratti diversi da quello di mutuo, circa ovvero a favore di creditori diversi da quelli specificatamente individuati nelle disposizioni di cui trattasi». Ad ogni modo, va detto che l’art. 40-bis t.u.b. (in vigore dal 14 maggio 2011, quindi prima della transazione de qua) consente l’operatività della procedura "semplificata" per la sua validità, alla luce dei requisiti cancellazione delle ipoteche a garanzia di forma previsti dal TUB generici "finanziamenti" (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziaqualunque finanziamento), non essendo ovviamente consentito che ammontaresenza specificazioni in ordine alla fonte dell’ipoteca. Non può trovare accoglimento, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriainvece, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto domanda di finanziamento rotativocancellazione della segnalazione in Centrale dei rischi. Al riguardo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, si evidenzia che secondo la Circolare n. 139/1991 della Banca d’Italia in tema di credito al consumo, dall’artsegnalazione in CR delle posizioni definite con accordo transattivo (sez. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c5.5.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazionebanca è sempre tenuta a segnalare, a favore beneficio del solvens (con evidente frustrazione delle finalità “sistema”, i c.dd. «Crediti passati a perdita» anche all’esito di transazioni, per la parte non riscossa. Ad ogni modo, si evidenzia che i ricorrenti non hanno fornito la prova della ripetizione e ingiustificato arricchimento natura della segnalazione, né della relativa decorrenza, non consentendo al Collegio i necessari approfondimenti comunque assoggettati all’onere di una delle parti)allegazione di parte. Conseguentemente, quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizisono respinte tutte le domande risarcitorie.
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DIRITTO. La ricorrentequestione che questo Collegio deve affrontare per la soluzione del caso in esame riguarda gli effetti dell’inadempimento dell’obbligo di consegna del bene/esecuzione del servizio da parte del fornitore, coniuge del titolare (ora deceduto) di quando sia stato contestualmente stipulato un contratto di finanziamento che tra l’intermediario resistente e il ricorrente, in aggiunta prevedeva la possibilità qualità di consumatore, finalizzato all’acquisto del rilascio di una carta di credito ad uso rotativobene o del servizio medesimo. In merito alla vicenda all’origine della presente vertenza, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi epare utile, infineai fini della decisione, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatirammentare i seguenti aspetti. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di Con riferimento all’eccezione preliminare in rito sollevata dall’intermediario (inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis in quanto fondato sull’affermato inadempimento di un soggetto che non possiede la qualifica di intermediario) si richiama, in senso contrario a quanto prospettato da parte resistente, l’opinione unanime dei Collegi dell’ABF. DifattiIl ricorso ha, infatti, per oggetto un rapporto contrattuale che il ricorrente vanta con l’intermediario resistente sicché, secondo l’insegnamento dei Collegi dell’ABF, l’eventuale adempimento del soggetto fornitore determinerebbe l’infondatezza della domanda e non già la sua inammissibilità. Ciò chiarito in xxx xxxxxxxxxxx, xxxxx ricordare che la ricorrente ha stipulato con la società terza un contratto di fornitura per l’installazione di una piscina in data 18.12.2012. In data 10.01.2013, la ricorrente concludeva con l’intermediario resistente un contratto di credito al consumo collegato al contratto di fornitura stipulato con la società terza. Sono agli atti condizioni generali del finanziamento sulle quali figura il timbro apposto sul contratto stesso dalla società fornitrice convenzionata. La ricorrente si è impegnata a versare il totale da rimborsare in rate mensili 941,12 € (+ 1,30 € spese incasso) con decorrenza della prima rata il 15.02.2013. Occorre rilevare che la caparra di € 10.000,00 consegnata brevi manu dalla ricorrente alla società fornitrice non è menzionata nel contratto di finanziamento dedotto in atti. Tuttavia, nella mail (inviata tramite posta certificata) del 8.07.2013 spedita dalla ricorrente alla società fornitrice figura la seguente espressione “termini di consegna oltre i quali si intende il contratto nullo con la restituzione di tutti i soldi (10.000,00 € + 16.940,00)” seguita dall’indicazione del 18.07.2013 per il montaggio della struttura, del 22.07.2013 per il montaggio dell’impianto e del 30.07.2013 per il riempimento della piscina e per l’attivazione di tutto l’impianto. Dal momento che alla date ut supra concordate non seguiva l’offerta della prestazione da parte della società fornitrice, la ricorrente provvedeva alla messa in mora con contestuale diffida ad adempiere entro e non oltre il 15 giorni dal ricevimento della comunicazione (data finale 2.08.2013). La ricorrente fonda quindi la propria domanda di restituzione delle rate corrisposte ponendo a titolo della propria pretesa l’art. 125-quinquies, t.u.b. La disposizione in esame, oltre a richiedere la messa in mora del fornitore, rinvia all’art. 1455 c.c. al fine di definire i caratteri dell’inadempimento necessari per domandare la risolzione del contratto di credito al consumo. Dall’analisi dei documenti in atti, effettuata al fine di valutare la gravità dell’inadempimento della società fornitrice, emerge anche la sostanziale irreperibilità della medesima, come peraltro confermato dalla stessa società resistente che, nella lettera inviata alla ricorrente del 13.08.2013, afferma che “(…) la nostra richiesta di informazioni rivolta alla predetta società [la società fornitrice] non è stata riscontrata”. Inoltre, la ricorrente ha prodotto agli atti una foto della condizione dei luoghi che documenta che, alla data del 18.10.2013, i lavori non erano ancora stati eseguiti. Con riferimento alla quantificazione della somma oggetto di eventuale restituzione la difesa della ricorrente rinvia ad un allegato che contiene la lista dei movimenti riferibili alle rate corrisposte. La somma precisa non risulta, tuttavia, quantificata in modo espresso nella domanda. L’intermediario resistente non sembra tuttavia contestare questa ricostruzione, eccependo solo “di aver interrotto a tempo indeterminato” le azioni di recupero. L’espressione pare ambigua, potendola forse intendere come mera dilazione del termine di adempimento. La ricorrente domanda anche “le spese”, ma non risultano puntualmente né allegate né provate tali ulteriori voci di costo. Infine, occorre segnalare che nel ricorso la ricorrente ha spiegato altresì una domanda ordinatoria finalizzata ad ottenere la cancellazione dai SIC. Sul punto l’intermediario ha affermato di aver provveduto in tal senso (ma non sono dedotte in atti evidenze documentali), così come, peraltro, le segnalazioni indicate non risultano in altro modo documentate in atti. Venendo ora all’esame del merito della controversia, giova anzitutto rilevare che la questione delle segnalazioni dei nominativi della ricorrente e del coniuge nelle centrali rischi private sembra aver trovato una definizione tra le parti; ad ogni modo, questo Collegio non avrebbe potuto comunque formare sul punto alcun convincimento, essendo il profilo appena illustrato assolutamente privo di qualsiasi riscontro probatorio. Per quanto attiene, invece, la questione oggetto di lite attiene centrale che questo Collegio è chiamato ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012esaminare, entrato in vigore il 1° gennaio 2012pare utile ricordare, com’è noto, che alla Sez. I^in ipotesi quale quella appena descritta, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità ci si trova in presenza di un di un mutuo di scopo, e cioè di un mutuo concesso esclusivamente per la finalità dedotta in contratto, ovvero l’ acquisto di un determinato bene che viene fornito dal venditore convenzionato con il finanziatore. L’operazione negoziale trilaterale prevede che l’ammontare del finanziamento sia versato direttamente al fornitore, che si impegna a consegnare il bene o il servizio oggetto della fornitura, mentre il mutuatario-acquirente si obbliga alla restituzione rateale della somma oggetto del finanziamento. E’ dato ormai pacifico, sia in dottrina sia in giurisprudenza, che sussista un collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento collegato ad un e il contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatovendita del bene al mutuatario, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziocon la conseguenza che i due distinti contratti (mutuo e compravendita), mediante un modulo prestampato che contienepur mantenendo la loro autonomia causale, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al appaiono tra loro coordinati al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)realizzare un risultato economico unitario. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosiOra, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva non può dubitarsi che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del ricorra il collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto fornitura di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del beni o servizi ed il contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore essendo pacifico che il secondo è stato proposto dal fornitore di beni accessoriamente al o servizi ed accettato dal ricorrente in occasione della stipulazione del contratto di credito finalizzato all’acquisto fornitura. Né può avere particolare rilievo che – come sostenuto dal ricorrente e, peraltro, non contestato dall’intermediario resistente – il rapporto tra il fornitore e il finanziatore fosse o meno “esclusivo”, in quanto, come già si è avuto modo di beni rilevare in altre occasioni, partendo dalla considerazione che la direttiva 102/87/CE e la conseguente normativa interna di consumo forniti dal rivenditore medesimoattuazione hanno un intento volutamente protettivo nei confronti del consumatore, deve concludersi che “il rapporto di esclusiva” tra fornitore e consumatore non può essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplinaconsiderato un presupposto la cui mancanza determinerebbe una modifica in peius della posizione del consumatore, questacome la Sentenza della Corte di giustizia CE n. 509 del 2009 ha già chiaramente sancito. Ciò chiarito, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolaredeve ora essere richiamata la normativa applicabile ratione temporis al caso all’origine della presente vertenza, nella fattispecie in esame, ovvero l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999125-quinquies (Inadempimento del fornitore) del TUB, introdotto dal Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di 141 - Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di finanziamento si devono avvalere credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito alboe dei mediatori creditizi, soggetti ai quali è riservata tale specifica attivitàpubblicato sulla G.U. n. 207 del 4.9.2010 ed in vigore dal 19.9.2010. InoltreSecondo quanto dispone il menzionato art. 125-quinquies del TUB, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001infatti, n. 485 «non integra esercizio “Nei contratti di agenzia credito collegati, in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, caso di inadempimento da parte di fornitori di del fornitore dei beni e servizio dei servizi il consumatore, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato ha diritto alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità risoluzione del contratto di finanziamento devono poi credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all'articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito comporta l'obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l'obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l'importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso […]”. Premesso che, nel caso di specie, l’inadempimento del fornitore può sicuramente dirsi conclamato e irreversibile, deve in questa sede unicamente valutarsi se tale inadempimento rivesta o meno gli estremi della “non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse” della parte non inadempiente cui fa espresso riferimento l’art. 1455 cod. civ. E’ noto che l’orientamento prevalente della giurisprudenza insegna che tale valutazione debba essere individuate nella disciplina civilistica generale operata applicando contestualmente sia un parametro soggettivo sia un parametro oggettivo; infatti, come ancora piuttosto recentemente è stato sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, “in tema di risoluzione del contratto per inadempimento, lo scioglimento dell’accordo contrattuale, quando non opera di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva che presuppone da parte del giudicante la valutazione della ripetizione dell’indebito non scarsa importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte; tale valutazione viene operata alla stregua di un duplice criterio: in primo luogo, il giudice, applicando un parametro oggettivo, deve verificare che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (art. 2033 c.cin astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale; nell’applicare il criterio soggettivo, invece, il giudicante deve considerare il comportamento di entrambe le parti (un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra) che può, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata” (così, testualmente, Xxxx., 18-02-2008, n. 3954). La somma ricevuta Ebbene, nel caso di specie non può revocarsi in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrentedubbio che l’inadempimento – essendo assoluto – non rivesta affatto quella “scarsa importanza” idonea ad impedire la realizzazione dell’effetto risolutorio. Ciò comporta che l’inadempimento del fornitore, essendo stata accertata integrando gli estremi della non scarsa importanza contemplati dall’art. 1455 cod. civ., determina in capo al ricorrente il diritto alla risoluzione del contratto di credito ed il conseguente obbligo del finanziatore alla restituzione delle rate già pagate, nonché di ogni altro onere eventualmente applicato, così come sancisce la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)normativa in materia. In casi del generelinea con il proprio consolidato orientamento, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del questo Collegio riconosce gli interessi legali sulle somme oggetto di coordinamento (n. 3257 del 2012)restituzione dal reclamo al saldo; non può, ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiensinvece, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente prendere in considerazione la richiesta relativa al contratto, il relativo assetto sinallagmatico rimborso delle ulteriori “spese sostenute” in quanto queste non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, sono né sommariamente descritte né è in alcun modo provato che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizisiano state effettivamente sostenute.
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DIRITTO. La ricorrentequestione oggetto di controversia riguarda l’assunto mancato pagamento dei premi di una polizza assicurativa per il quale il ricorrente afferma di avere rilasciato autorizzazione permanente all’addebito in conto corrente all’intermediario convenuto. Attribuendo al mancato ottemperamento degli obblighi contrattuali da parte dell’intermediario la conseguente sospensione della polizza e la mancata attivazione della copertura assicurativa per un sinistro successivamente subìto, coniuge del titolare (ora deceduto) il ricorrente chiede il riconoscimento di un contratto di finanziamento importo pari al danno sofferto in occasione del dichiarato sinistro. In proposito, si rileva che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili risulta allegato né il contratto di inammissibilità conto corrente, né l’accordo relativo al servizio di pagamento dei premi assicurativi né la polizza assicurativa con le CGA; sono invece stati prodotti gli e/c del ricorso conto corrente n. *969, dai quali si ricava che: la rata addebitata in conto per incompetenza ratione temporis dell’ABFl’importo di € 16,06 era relativa alla polizza indicata genericamente come “Poste Assicura”; la rata risulta addebitata mensilmente il giorno 10, sino al mese di maggio 2020 compreso; per la rata del mese di giugno 2020, primo pagamento non eseguito, il conto non presentava sufficiente provvista alla data del 10/06; la copertura era invece presente per i mesi successivi di luglio, agosto e settembre 2020, nei quali non sono stati tuttavia effettuati addebiti per l’importo di € 16,06, corrispondente al premio. DifattiSi evince, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso inoltre, che nel riscontro fornito in data 12.1.200922.01.2021 dalla Compagnia assicurativa, questa individua la rata insoluta in quella del 9/6/2020 (per l’assenza di provvista, come sopra evidenziato) ed inoltre afferma di aver inviato un SMS di sollecito e una lettera che informava della sospensione della polizza, comunicazioni che il ricorrente sostiene di non avere ricevuto. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contieneSi sottolinea, altresì, che non sono presenti agli atti evidenze relative alla denuncia di sinistro, che il cliente dichiara di aver effettuato telefonicamente (non viene indicata la facoltà data ma solo il n. di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativoriferimento: “2020.09PCA.244637”), né alcuna prova in ordine al lamentato danno conseguente all’assunto sinistro. Al fine Stante l’assenza di pervenire ad una soluzione qualunque evidenza documentale idonea a supportare l’affermazione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità responsabilità dell’intermediario in ordine alla sospensione della polizza assicurativa ed al conseguente mancato rimborso del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (danno derivante dal dichiarato sinistro, danno peraltro a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltrosua volta indimostrato, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante domanda deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.crespinta.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge controversia verte sulla ormai nota questione del titolare (ora deceduto) mancato rimborso da parte dell’intermediario dell’importo della quota non maturata «dei costi dovuti per la vita residua del contratto» e già corrisposti in occasione della stipulazione di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità contro cessione del rilascio quinto dello stipendio/pensione o con delegazione di una carta di credito ad uso rotativopagamento, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento a seguito dell’estinzione anticipata dello stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatiai sensi dell’art. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF125-sexies tub. Difatti, Preliminare è la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012della legittimazione passiva, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving atteso che nel caso di specie emerge l’originario contratto, stipulato con un mandatario di un intermediario poi incorporato dall’odierno Intermediario B, è stato prima dell’estinzione anticipata ceduto mediante una operazione di cartolarizzazione ad una SPV, la quale ha delegato in qualità di servicer l’odierno Intermediario A. Sul punto occorre rilevare che, in seguito alla riforma del Titolo V del Tub (disposta dal d. lgs. n. 141 del 2010), i soggetti cessionari di credito, vale a dire le SVP, non sono più qualificati come intermediari finanziari, pertanto l’eventuale richiesta di ripetizione delle commissioni ed oneri non goduti presentata a questo Arbitro dovrebbe essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)dichiarata inammissibile qualora si ritenesse come unico legittimato passivo la SVP in qualità di cessionario. IL XXXX.xx Sul tema In tal senso si è nota l’ampia ed articolata decisione del recentemente pronunciato il Collegio di coordinamento dell’ABF di questo Arbitro, il quale ha affermato che “l’indebito (e la conseguente obbligazione restitutoria) sorge nel momento dell’estinzione del finanziamento, quando il mutuatario corrisponde l’intero importo previsto dal conteggio estintivo. In questo momento, infatti, il soggetto finanziato, in base al disposto dell’art. 125-sexies – secondo cui, in caso di rimborso anticipato, «il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto» –, dovrebbe corrispondere non già le somme richieste dal finanziatore, ma l’importo calcolato al netto dei costi c.d. recurring. Pagando l’importo più elevato che ricomprende tali costi, in realtà non dovuti, determina l’insorgenza dell’indebito e la nascita, in quel momento, del credito restitutorio. Non possono pertanto sussistere dubbi in ordine alla circostanza che obbligato alla restituzione sia il soggetto che riceve tale pagamento, il quale sarà, come tale, l’unico legittimato passivo all’esercizio della pretesa restitutoria. Se dunque è la SPV a ricevere il pagamento, legittimata passiva all’azione è esclusivamente quest’ultima. E poiché essa è soggetto non sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia, nei suoi confronti non può essere proposto ricorso innanzi all’ABF” (Abf – Coll. Coord. n. 6861 del 27 marzo 2018). Tuttavia, quest’ultima pronuncia ha altresì affermato che qualora il ricorso volto ad ottenere la ripetizione degli oneri non goduti venga proposto nei confronti del servicer, questo – pur rivestendo una posizione differente rispetto a quella dell’SPV – in qualità di soggetto coinvolto nel risolvere sistema ABF è tenuto ad effettuare i dovuti rimborsi. Ciò posto, si deve affermare l’inammissibilità del ricorso nei confronti dell’SPV, in quanto soggetto non sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia, il contrasto interpretativo insorto rigetto nei confronti dell’intermediario B, in quanto soggetto che ha ceduto il credito prima dell’estinzione del finanziamento, mentre con riguardo all’intermediario A, stante la sua legittimazione passiva, il ricorso è meritevole di parziale accoglimento secondo i termini e per le ragioni di seguito precisati. Secondo il consolidato orientamento di questo Arbitro (cfr., ex multis, Abf – Coll. Roma n. 3978 del 15 maggio 2015; e Coll. Coord. n. 6167 del 22 settembre 2014), nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, deve essere rimborsata la quota delle commissioni e di costi assicurativi non maturati nel tempo, ritenendo contrarie alla normativa di riferimento le condizioni contrattuali che stabiliscano la non ripetibilità tout court delle commissioni e dei costi applicati al contratto nel caso di estinzione anticipata dello stesso (cfr. Accordo ABI-Ania del 22 ottobre 2008; Comunicazione della Banca d’Italia 10 novembre 2009; e art. 49 del Regolamento ISVAP n. 35/2010; cui sono seguiti l’art. 125-sexies tub, introdotto dal d. lgs. n. 141/2010; e la Comunicazione della Banca d’Italia 7 aprile 2011). Ciò posto, il Collegio richiama il proprio costante e consolidato orientamento secondo il quale, in caso di estinzione anticipata del prestito contro cessione del quinto della retribuzione/pensione o con delegazione di pagamento: (a) sono rimborsabili, per la parte non maturata, le commissioni bancarie (comunque denominate) così come le commissioni di intermediazione e le spese di incasso quote; (b) in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra i diversi Collegi ha adottato oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci deve essere preso in analoga vicenda considerazione al fine della individuazione della quota parte da rimborsare; (c) l’importo da rimborsare viene stabilito secondo un criterio proporzionale ratione temporis, tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci viene suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue; (d) l’intermediario è tenuto al rimborso a favore del cliente di tutte le suddette voci, incluso il premio assicurativo (v. Abf – Coll. Coord. n. 6167/2014 cit.). In particolare, per quanto riguarda il rimborso delle quote non godute del premio assicurativo, posta la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità legittimazione passiva dell’intermediario, in ragione dell’accessorietà del contratto di assicurazione rispetto a quello di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art(cfr. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione Abf – Coll. Coord. n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo6167/2014 cit.), deve affermarsi l’obbligo dell’intermediario resistente di provvedere al rimborso delle quote in parola. In applicazione dei menzionati criteri, la somma che l’intermediario A è obbligato a restituire dev’essere così determinata: rate pagate 50 rate residue 70 Importi Metodo pro quota Metodo contrattuale Rimborsi già effettuati Residuo Commissioni finanziarie 855,00 498,75 582,50 -83,75 Commissioni di intermediazione 2.565,00 1.496,25 1.496,25 Oneri assicurativi 598,16 348,93 348,93 Totale 1.761,43 In virtù del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), tuttavia, la domanda può essere accolta nei soli limiti del petitum. La domanda di ripetizione di n. 2 quote erroneamente considerate come insolute deve invece essere rigettata, atteso che il ricorrente, su cui grava per orientamento consolidato di questo Arbitro il relativo onere della prova, ha stabilitoomesso di fornire prova del doppio pagamento. Non può invece accogliersi la domanda di condanna al pagamento di spese di assistenza professionale, nella normativa considerato che: (i) le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” che regolano il presente procedimento non contemplano alcuna espressa previsione al riguardo, considerata la natura alternativa del procedimento instaurabile – e di norma instaurato – senza il ministero di un difensore; (sez. IIIii) le spese di assistenza professionale non hanno carattere di accessorietà rispetto alla domanda principale e, par. 2)conseguentemente, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, sono automaticamente rimborsabili nel caso di specieaccoglimento della medesima (cfr. Abf – Coll. Coord. n. 4618 del 19 maggio 2016); (iii) al fine di un loro eventuale riconoscimento, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene occorre verificare la funzionalità dell’intervento del professionista coinvolto ai fini della decisione; (iv) infine, l’orientamento consolidato di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa quest’Arbitro in subiecta materia e la sua validitàagevole conoscibilità non paiono rendere indispensabile l’assistenza di un professionista per la mera richiesta di rimborso di oneri pagati e non goduti in relazione a contratti di cessione del quinto dello stipendio, alla luce dei requisiti o rimborsabili mediante delegazione di forma previsti dal TUB pagamento (cfr. Abf – Coll. Roma, dec. n. 187/201311244 del 21 dicembre 2016). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La Ai fini dell’individuazione della corretta composizione del Collegio ai sensi dell’art. 4, sez. III, del “Regolamento per il funzionamento dell’Organo decidente dell’ABF” si evidenzia che i ricorrenti in sede di ricorso, si identificano come tipologia di clienti “consumatore”. Occorre considerare che - la fideiussione prestata dagli stessi risulta a favore di una s.r.l.; - la ragione alla base della prestazione di tale garanzia sembra fondata, nella narrativa dei ricorrenti, non tanto sulla qualità di soci di tale s.r.l., quanto sul rapporto affettivo che legava gli stessi al padre, titolare dell’azienda di cui la suddetta s.r.l. era proprietaria: In proposito il Collegio di Xxxxxxxxxxxxx, nella decisione n. 5368/2016 ha stabilito che “nel caso di una persona fisica che abbia garantito l’adempimento delle obbligazioni di una società commerciale, spetta al Collegio giudicante determinare se tale persona abbia agito nell’ambito della sua attività professionale o sulla base dei collegamenti funzionali che la legano a tale società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione non trascurabile al suo capitale sociale, o se abbia agito per scopi di natura privata”. Nella fattispecie esaminata, il Collegio ha rilevato che “non risultano agli atti elementi tali da indurre a contestare l’esposizione del ricorrente, coniuge che come anticipato si è autoqualificato come “consumatore”. Non emerge il possesso al momento del titolare rilascio della garanzia di una partecipazione non trascurabile al capitale della società, oppure l’assunzione di cariche sociali. Al contrario, la natura di cooperativa edilizia della società garantita e le finalità stesse della garanzia (ora deceduto) agevolare la concessione di un finanziamento alla società per la realizzazione degli immobili programmati) lascia ipotizzare che il garante non sia stato mosso esclusivamente da favor societatis ma anche dall’interesse mutualistico a diventare proprietario di un immobile. Più di recente, il Collegio di Coordinamento ha ribadito tali principi (decisione n. 14555/20), richiamando il proprio precedente del 2016 e l’ordinanza della Corte di Giustizia UE del 19 novembre 2015 nella causa C-74/15. Si segnala al riguardo anche il recente intervento della Suprema Corte (ord. 742/2020) che ha considerato consumatore “il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (a anche più attività professionali), stipuli il contratto di finanziamento garanzia per finalità non inerenti allo svolgimento di tale attività, bensì estranee alla stessa, nel senso che si tratti di atto non espressivo di questa, né strettamente funzionale al suo svolgimento (c.d. atti strumentali in aggiunta prevedeva senso proprio)”. Può dunque concludersi per la possibilità competenza del rilascio Collegio in composizione non consumatori. Ciò premesso, i ricorrenti chiedono che venga accertata la non debenza dell’importo richiesto loro dalla banca resistente in virtù di una carta garanzia fideiussoria prestata dagli stessi per un debito della C* s.r.l. di cui erano soci. In particolare, lamentano l’illegittimità di tale richiesta in quanto successiva al loro recesso dalla fideiussione prestata e risultato di una sostanziale concessione abusiva del credito nei confronti della medesima s.r.l. A supporto di ciò producono la raccomandata a/r di recesso dalla fideiussione del 22.10.2019 (di cui manca tuttavia la ricevuta di ritorno della missiva); la comunicazione del 03.01.2021 ricevuta dalla banca e contenente il rendiconto al 31.12.2010; la lettera di riscontro al recesso da parte della banca resistente; ulteriori comunicazioni inviate alla banca in data 16.02.2021 e 20.02.2021; comunicazione inviata dalla banca alla debitrice s.r.l. del 13.11.2019. L’intermediario eccepisce che l’importo richiesto ai ricorrenti è esatto, poiché calcolato (nonostante il soddisfacimento in linea capitale) sugli interessi, spese e commissioni rimasti insoluti alla data di efficacia del recesso, che, secondo quanto emergente in atti, sarebbe la data del 23.11.2019 (dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di recesso, avvenuta il 13.11.2019). Produce a tal fine copia della fideiussione rilasciata in data 09.01.2019 (in particolare art. 3) e il riscontro al recesso inviato tramite raccomandata ricevuta in data 27.11.2019, nonché estratti conto scalare per il periodo intercorrente tra il 31.03.2020 e il 31.12.2021. Orbene, secondo l’orientamento dell’Arbitro, il recesso dalla garanzia fideiussoria non ha l’effetto di estinguere la garanzia, ma solo di circoscriverne l’importo al debito esistente alla data di efficacia del recesso (cfr. Collegio di Roma, decisione n. 428 del 10.01.2019; Collegio di Milano, decisione n. 2773 del 29.01.2019; Collegio di Roma, decisione n. 7290 del 05.04.2018). La domanda dei ricorrenti va dunque accolta nel limitato senso per cui la garanzia deve essere circoscritta all’importo del debito esistente alla data predetta: ad uso rotativoavviso della Banca, chiede la pretesa riguarderebbe unicamente somme dovute a titolo di interessi, ma la Banca non ha dimostrato quali fossero e come fossero stati computati. Gli estratti conto (primo trimestre successivo) non consentono di individuare con chiarezza quale fosse il debito per interessi al momento del recesso, il che il Collegio voglia dichiarare rientrava negli oneri probatori dell’intermediario, giusta la nullità del finanziamento stesso per mancanza ripartizione di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagaticui all’art. 2697 c.c. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudizialidunque fornito prova sufficiente della consistenza del debito ulteriore rispetto all’esposizione capitale, tuttavia occorre precisare di modo che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattideve ritenersi che nulla sia, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012a tale titolo, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame dovuto da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteGiova puntualizzare in fatto che non è controverso tra le parti l’inadempimento nel pagamento dei canoni di leasing e l’avvenuta segnalazione al Crif. Il Ricorrente contesta tale segnalazione e giustifica l’inadempimento in quanto “riconducibile al furto dell’autoveicolo”, coniuge aggiunge di essere stato autorizzato a concedere il veicolo a terzi in comodato; fatto quest’ultimo confermato dall’intermediario, Disputato risulta invece l’evento furto. Tuttavia si deve rilevare che contrariamente a quanto sembra assumere il ricorrente tale evento non esime l’utilizzatore dai suoi obblighi verso il concedente, infatti nei contratti di leasing il rischio della perdita del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativobene locato grava sull’utilizzatore stesso. Nel caso specifico ciò è espressamente previsto i dagli artt. 21, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi ecomma 3, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità 23 delle Condizioni generali del contratto di finanziamento collegato alla carta leasing. Giova sottolineare al riguardo che circa il profilo dell’addossamento del rischio della perdita di credito revolving possesso del bene in capo all’utilizzatore, che nel caso di specie emerge la dottrina in materia ha già da tempo chiarito che non possono considerarsi vessatorie e non devono essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta approvate per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione iscritto: a) le clausole che attribuiscono all’utilizzatore la custodia del Collegio di coordinamento dell’ABF bene essendo la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità custodia da parte dell’utilizzatore parte integrante del contratto di finanziamento locazione finanziaria; b) le clausole che addossano all’utilizzatore ogni rischio di deterioramento o la perdita dei beni oggetto del contratto anche se dovuti a caso fortuito o a forza maggiore, essendo l’affermata validità indipendente dalla specifica sottoscrizione a norma dell’art. 1341, poiché la clausola stessa si limita a regolare la responsabilità per la perdita del bene in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta conformità alla disciplina ricavabile in via analogica dall’art. 1171523 c.c.. Chiarito quindi che il ricorrente era tenuto al pagamento dei canoni ed ad indennizzare il concedente per la perdita del bene ed essendo pacifico che non ha adempiuto né all’uno né all’altro obbligo, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere diviene impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa accogliere la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cdomanda.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente1. Così riassunte le questioni rispettivamente devolute dalle parti litiganti nel presente giudizio d’appello, coniuge occorre innanzitutto precisarne la relativa tassonomia. Ciò in ragione del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento fatto che l’appellante ATAC chiede in aggiunta prevedeva via meramente subordinata che sull’originario ricorso sia declinata la possibilità giurisdizione amministrativa a favore del rilascio di una carta di credito ad uso rotativogiudice ordinario, chiede trascurando che il Collegio voglia dichiarare potere dispositivo della parte esplicantesi nella graduazione delle domande non può essere riconosciuto quando tra le questioni ad esse sottese vi sia quella concernente la nullità giurisdizione del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatigiudice adito. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis A questo riguardo deve infatti darsi seguito all’insegnamento dell’Adunanza plenaria di questo Arbitro come modificata dal provvedimento Consiglio di “Revisione” 12/12/2012Stato 4 giugno 2011, entrato n. 10, secondo cui l’esame di detta questione assume carattere necessariamente prioritario. E tanto in vigore virtù del condivisibile argomento secondo cui il 1° gennaio 2012potere del giudice adito di emettere qualsiasi statuizione, sia in rito che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al nel merito della controversia occorre rilevare come domanda, postula che su quest’ultima lo stesso sia effettivamente munito della potestas iudicandi, ossia di quell’imprescindibile presupposto processuale al solo ricorrere del quale è consentito pronunciarsi sulla medesima. Nella citata pronuncia l’organo di nomofilachia della giurisdizione amministrativa ha tra l’altro posto in rilievo la necessità che sulla domanda non si pronunci in alcun modo il giudice sfornito di giurisdizione, e che la stessa abbia ad oggetto le modalità possa invece essere riproposta, completamente impregiudicata, davanti a quello munito di stipula (con specifico riferimento al requisito giurisdizione, a mezzo della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatotranslatio iudicii, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento introdotta per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta prima volta dall’art. 11759 della legge n. 69/2009 (in seguito alle note decisioni della Corte costituzionale n. 77 del 12 marzo 2007 e delle Sezioni unite civili 22 febbraio 2007, commi 1 e 3n. 4109), T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata ed ora riprodotto dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez11 del cod. III, parproc. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) amm. Anche per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come talequesto rilievo, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti non si può prescindere dal prioritario esame della questione di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cgiurisdizione.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La Il Collegio ritiene il ricorso infondato. Esaminando il contratto, risulta confermato che il finanziamento in questione avrebbe dovuto essere rimborsato in 48 rate mensili da € 317,50, più una maxi rata finale di € 14.948,25. E’ pacifico tra le parti che tale ultima rata è scaduta il 15.6.2013 e non è stata pagata. A causa della difficoltà di saldare il debito residuo, il ricorrente ha chiesto all’intermediario di accogliere un piano di rientro per il rimborso a saldo e stralcio del prestito. Il ricorrente contesta all’intermediario la segnalazione nei SIC dell’informazione negativa a suo nome, sull’assunto che le rate insolute oggetto di segnalazione si riferiscono a un piano di rifinanziamento della maxi rata finale, stabilito unilateralmente dall’intermediario al termine del piano rateale ordinario e quindi effettuato a sua insaputa, giacché non specificatamente pattuito in sede contrattuale. A tale proposito, le parti hanno depositato copie parzialmente difformi del medesimo contratto corredate del documento di sintesi. Dal confronto dei due testi risulta, relativamente alle parti comuni, che il ricorrente ha sottoscritto una richiesta di finanziamento di € 24.913,75, finalizzata all’acquisto di un’autovettura alle condizioni riportate nell’apposito riquadro, riguardanti numero, importi e scadenza singole rate. In particolare, entrambe le copie riportano: - le condizioni economiche del finanziamento, inserite nell’omonimo riquadro; - la sottoscrizione del ricorrente e del coobbligato, con firme identiche apposte sul lato destro della richiesta di finanziamento (le sottoscrizioni apposte sulla copia del ricorrente risultano poco leggibili, ma individuabili, mentre la data non è visibile perché non riprodotta nella copia fotostatica allegata dallo stesso ricorrente); - l’autorizzazione (sottoscritta dal cliente) all’addebito permanente in conto (RID) delle rate in scadenza, con indicazione delle relative coordinate; - la firma dell’incaricato del concessionario convenzionato con relativo timbro della concessionaria, quest’ultimo non leggibile dalla copia del cliente. Tra le tre modalità di rimborso previste, risulta prescelta la FORMULA CON OPZIONE MAXI RATA: nell’apposito riquadro sono riportate il numero (48) e l’importo (€ 317,50) delle rate mensili, più l’importo della maxi rata, pari a € 14.948,25. In corrispondenza della maxi rata viene indicata come opzione di pagamento il versamento della somma in un’unica soluzione, da effettuarsi entro e non oltre 15 gg. dopo la scadenza dell’ultima rata. Viene precisato che “In caso di mancato esercizio dell’opzione è prevista la rateizzazione dell’importo alle condizioni indicate nell’apposito riquadro sul fronte del contratto”. Il ricorrente disconosce il contratto allegato dall’intermediario con esclusivo riferimento a una parte del suo contenuto, a suo dire aggiunta successivamente alla sottoscrizione e senza alcuna pattuizione in tal senso. Tale parte attiene alle “modalità di rimborso” della maxi-rata, poste nel detto riquadro a destra delle condizioni di pagamento. Tale riquadro è vuoto nell’esemplare depositato dal ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto mentre in quello depositato dell’intermediario sono indicati: - TAN e il TAEG, con relativo costo di finanziamento di € 5.274,50, per l’ipotesi di esercizio dell’opzione per il pagamento in un’unica soluzione della maxirata; - TAN e il TAEG con relativo costo di rateizzazione di € 531,75 calcolati ipotizzando la restituzione dell’importo della maxi-rata mediante 12 rate mensili da € 1.290,00. L’intermediario, oltre a dichiarare la corrispondenza di quanto prodotto a quanto sottoscritto dal cliente, eccepisce che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio richiesta di una carta di credito ad uso rotativosostituzione legale delle clausole asseritamente omesse, chiede relative al TAEG e al TAN, è inammissibile perché avanzata dal ricorrente per la prima volta nel ricorso, non essendo state proposte dette domande nel reclamo. Afferma che il ricorrente aveva rilevato in fase di reclamo che “il contratto de quo appare viziato da indeterminatezza delle condizioni contrattuali”. Il Collegio voglia dichiarare la nullità ritiene – onde sgomberare il campo rispetto a tale profilo della controversia – che l’eccezione sia infondata, atteso che, sussistendo un criterio legale di sostituzione di clausole, dettato dall’art. 117 comma 7 del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiT.U.B., la questione oggetto contestazione della determinatezza delle clausole deve ritenersi comprensiva della rivendicazione di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009detta sostituzione. Pertanto sussiste Ritiene il Collegio che sia infondata anche la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto contestazione del ricorrente circa le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito pagamento della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatomaxi rata, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving considerato che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema contratto è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere chiaramente evidenziata – e il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta punto non è obbligatoria: a) contestato – quale opzione il pagamento in un’unica soluzione dell’importo dovuto. Opzione che non appare essere stata esercitata, senza che possano rilevare le ragioni per le operazioni e i servizi effettuati cui ciò non è stato fatto. Irrilevante è l’affermazione del ricorrente di non aver esercitato l’opzione di pagamento in esecuzione un’unica soluzione perché intendeva proseguire il piano di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»rimborso a rata invariata. Nel caso oggetto Xxxxxxxxxxx è altresì quella secondo cui egli ha incaricato la propria banca di esame del Collegio effettuare il pagamento delle rate nei limiti di coordinamento, come anche in quello qui in discussione€ 317,50 ciascuna (affermazione, peraltro, la concessione cui veridicità non è verificabile, dato che nel modulo di autorizzazione permanente all’addebito dei RID non sono stati indicati importi prefissati o importi massimi delle disposizioni di incasso provenienti dalla banca convenuta). Si osserva, peraltro, che nelle comunicazioni di sollecito di pagamento precedenti la fase del prestito revolving risulta avvenuta reclamo e nella stessa segnalazione in CRIF non viene mai indicato l’importo delle rate in contestazione (di € 1.290,00) ma solo l’importo del debito residuo. Si aggiunga che l’apparente difformità (pari ad € 531,75) – portata anch’essa dal ricorrente a distanza prova di molto tempo una diversa pattuizione – tra l’ammontare del finanziamento indicato nel contratto (€ 30.720,00) e l’importo ricostruito sulla base delle indicazioni riportate nella copia del contratto in suo possesso, determinato sommando l’ammontare complessivo delle rate alla maxi rata (€ 30.188,25), appare coincidere con il costo di rifinanziamento della maxi rata, non indicato nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione modulo depositato dal ricorrente, ma incluso comunque nel costo totale del finanziamento (€ 5.806,25), riportato in entrambe le copie del contratto. Pertanto, si deve ritenere che legittimamente l’intermediario abbia proceduto alla rateizzazione. Ciò detto, la questione si riduce alla attribuzione dell’onere della prova in merito alla contestazione di un denunciato abusivo riempimento del modulo iniziale contrattuale per ciò che riguarda il TAEG e il TAN di richiesta tale rateizzazione. Sul punto, soccorre la giurisprudenza della Suprema Corte, la quale ritiene che, quando risulti accertata l'autenticità della sottoscrizione (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie), il sottoscrittore, ove voglia negare la paternità dell'atto documentato, ha l'onere di provare sia che la firma era stata apposta su foglio non ancora riempito sia che il riempimento è poi avvenuto in violazione (falsità ideologica) o addirittura in assenza (falsità materiale) di un patto di riempimento (ex multis, Cass. sez. 3ˆ, 18 febbraio 2004, n. 3155, m. 570241). In conformità con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare tali principi, in un bene caso analogo, l’ABF (Collegio di consumo Milano, dec. 8311/2015) ha stabilito che “secondo quanto ribadito dalla Corte di Cassazione (televisore) come talesentenza n. 25445/2010), chi eccepisce di aver firmato un accordo in bianco ha l’onere di proporre querela di falso, mentre chi sostiene che il riempimento del modulo sia avvenuto in maniera diversa da quanto precedentemente pattuito deve provare l’abusivo riempimento. Il Collegio ha fatto proprio tale principio e rilevato che, nella fattispecie concreta, l’istante non ha prodotto alcuna prova di quanto affermato, accerta, pertanto, che questa non ha adempiuto all’onere probatorio a suo carico. La contestazione della parte, risulta, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Collessere infondata e non può trovare accoglimento”. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), Questo Collegio non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, doversi discostare datale orientamento. A quanto sopra ritenuto consegue – a fronte della pacifica esistenza di insoluti - la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, legittimità della segnalazione effettuata in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cCRIF.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che Osserva il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza che, secondo recente insegnamento di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatiXxxx. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti7 maggio 2014 n. 18778, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009c.d. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012usura soggettiva”, che alla Sez. I^consentirebbe di reputare indebito anche l’interesse contenuto al di sotto del tasso soglia, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità presuppone l’accertamento di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoriatre elementi: a) carenza, anche solo momentanea, di liquidità, rispetto a una condizione patrimoniale di base nel complesso sana ovvero la circostanza che l'insieme delle attività patrimoniali del soggetto passivo sia caratterizzata da una complessiva carenza di risorse e di beni; b) l’accertamento delle predette 'condizioni di difficoltà economica o finanziaria’ in senso oggettivo, ovvero valorizzando parametri desunti dal mercato, e non meramente soggettivo, ossia sulla base delle valutazioni personali della vittima, opinabili e di difficile accertamento ex post; c) la coscienza e volontà di concludere un contratto sinallagmatico con interessi, vantaggi o compensi usurari (dunque un dolo generico) e la consapevolezza della condizione di difficoltà economica o finanziaria del soggetto passivo e della sproporzione degli interessi, vantaggi o compensi pattuiti, come tali testimoni di uno specifico dolo del mutuante nell’approfittamento delle precarie condizioni del mutuatario. Nel nostro caso, la semplice indicazione di uno stato condizione di difficoltà economica o finanziaria non implica un dolo specifico della banca nell’applicare un tasso asseritamente oneroso. Per vero, la grave fattispecie dell’usura soggettiva, per le operazioni profonde implicazioni sulla libera negoziabilità delle condizioni del credito e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce sulla certezza giuridica dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)rapporti, non essendo ovviamente consentito si presta quale rimedio di uno stato di bisogno (nell’attuale momento storico- finanziario peraltro ampiamente diffuso); essa postula una rigorosa dimostrazione tanto della oggettivamente apprezzabile situazione di palese disagio economico e finanziario della presunta vittima quanto dell’intendimento illecito dell’’intermediario erogante. Presupposti che ammontare, condizioni essenziali e voci nel nostro caso non risultano provati. Il ricorso appare allo stato privo di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Collfondamento. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/Resta assorbita ogni altra domanda o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.ceccezione.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che Relativamente alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che applicabilità nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente dell’interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1 della Direttiva 2008/48 come formulata dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza 11/09/2019 causa C-383/18, contestata dalla parte resistente, si deve evidenziare che se è indubitabile che la direttiva non possa direttamente applicarsi essendo stata compiutamente trasposta nell’ordinamento interno con l’art. 125 sexies TUB, non può accogliersi il rilievo circa la non operatività nella specie della sentenza “Lexitor”. E’, in via generale, opinione indiscussa che le sentenze interpretative della CGUE hanno natura dichiarativa (v., Cass. n. 5381/2017; Cass. n. 2468/2016) e, di conseguenza, valore vincolante e retroattivo per tutti i giudici nazionali ed anche per gli arbitri; è pertanto evidente che detta soluzione debba valere anche nel caso di specie, regolato sia dall’art.121, comma 1 lettera e) del TUB, che indica la nozione di costo totale del credito in piena aderenza all’art. 3 della Direttiva, sia dall’art.125 sexies TUB che, dal punto di vista letterale, appare a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)sua volta fedelmente riproduttivo dell’art. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del 16 par.1 della stessa Xxxxxxxxx, come affermato dal Collegio di coordinamento dell’ABF Coordinamento nella decisione n. 525/2019, che direttamente si riferisce ai riflessi interni della sopraindicata sentenza della Corte di Giustizia. Nella stessa decisione, il Collegio precisa, infatti, “che l’art.125 sexies, secondo cui in caso di estinzione anticipata del finanziamento il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, “pari” all’importo degli interessi e “dei costi dovuti per la quale vita residua del contratto”, non sembra affatto diverso rispetto alla disposizione ora citata della Direttiva, secondo cui il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, che “comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, giacché non può ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo distintivo alla differenza lessicale tra la riduzione del costo del credito che è “pari” a tutte le voci che compongono il costo totale del credito e la riduzione del costo totale del credito che “comprende” esattamente le medesime voci”. In altri termini, prosegue il Collegio, “sia la Direttiva sia la norma nazionale italiana di recepimento […]utilizzano una formula espressiva che, sul piano strettamente letterale, sembrerebbe suggerire il collegamento del diritto alla riduzione dei costi in riferimento soltanto a quelli dipendenti dalla restante durata del rapporto contrattuale (commissioni e oneri recurring) e che, invece, per le stringenti ragioni enunciate dalla CGUE, deve estendersi ai costi up-front, che ne sono indipendenti. Ne discende che l’art.125 sexies TUB, integrando la esatta e completa attuazione dell’art. 6 della Direttiva, come questa va letto e applicato nel risolvere senso indicato dalla CGUE, come se dicesse cioè (anzi, come se avesse detto fin dalla sua origine) che il contrasto interpretativo insorto tra diritto alla riduzione del costo del credito in caso di anticipata estinzione del finanziamento coinvolge anche i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittacosti up-front, al tempo di là di ogni differenza nominalistica o sostanziale, pur esistente, con gli altri costi. Il che, a ben vedere, costituisce naturale concretizzazione dell’obiettivo perseguito dalla Direttiva di assicurare una elevata protezione del consumatore, giacché non si capirebbe altrimenti, al di là delle esigenze di trasparenza, in cosa consista tale speciale tutela a fronte di regole generali che nei rapporti di durata consentirebbero comunque al recedente di non corrispondere i compensi per prestazioni non scadute (art.1373, comma 2, c.c.)”. Ritenendosi, in definitiva, che la sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia debba applicarsi anche al caso di specie, per giungere ad una decisione coerente con tale pronuncia, anche alla luce della lettura offerta dal Collegio di Coordinamento nella decisione n. 525/2019, il Collegio ricorda preliminarmente il proprio pregresso orientamento secondo il quale, in caso di estinzione anticipata di un finanziamento: a) sono rimborsabili, per la parte non maturata, le commissioni e gli oneri riferibili a prestazioni da svolgersi nel xxxxx xxxxx xxxxxx xxxxxx xxx xxxxxxxxx (xxxxx recurring), mentre non sono ripetibili le commissioni e gli oneri imputabili a prestazioni concernenti la fase delle trattative e della formazione dell’accordo (costi up- front); b) in assenza di una chiara ripartizione nel contratto tra oneri e costi up-front e recurring, l’intero importo di ciascuna delle suddette voci deve essere preso in considerazione al fine della individuazione della quota parte da restituire; c) la somma da restituire viene stabilita secondo un criterio proporzionale ratione temporis, tale per cui l’importo complessivo di ciascuna delle suddette voci è suddiviso per il numero complessivo delle rate e poi moltiplicato per il numero delle rate residue; d) l’intermediario è tenuto al rimborso di tutti i costi sopraindicati, incluso il premio assicurativo, calcolato anche in applicazione dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. criteri previsti nelle condizioni generali di assicurazione purché resi noti ex ante (v. Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.201210035/2016, n. 10017/2016, n.10003/2016 e n. 6167/2014). Questo Tale indirizzo, caratterizzato dalla distinzione tra oneri up-front e oneri recurring, va oggi rivisitato alla luce della più volte richiamata sentenza della Corte di Giustizia, 11/09/2019 causa C-383/18, secondo cui l’art. 16 della direttiva 2008/48 “deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato [...] include tutti i costi posti a carico del consumatore”, senza possibilità di operare differenziazioni; a parere della Corte, l’effettività di tale diritto “risulterebbe [infatti] sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto”, considerato che, da un lato, vi può essere “il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito”, riducendo “al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto”; e che, dall’altro, è “molto difficile la determinazione, da parte di un consumatore o di un giudice, dei costi oggettivamente correlati alla durata del contratto”. In materia è intervenuto, come già detto, il Collegio ritiene di condividere Coordinamento che, con la linea interpretativa decisione n. 525/2019, ha formulato il seguente principio di diritto: “A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art.125 sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up-front”. “Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”. “La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”. “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring”. “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. Si ricorda, altresì, che la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR con le “linee orientative” del 4.3.2003 4/12/2019 - al fine di “favorire un pronto allineamento al quadro delineatosi e preservare la qualità delle relazioni con la clientela” - ha voluto fornire il seguente “punto di riferimento per gli intermediari che offrono contratti di credito ai consumatori”: “Nel caso in cui il cliente eserciti il diritto al rimborso anticipato di finanziamenti… gli intermediari sono chiamati a determinare la riduzione del rinvio costo totale del credito includendo tutti i costi a carico del consumatore, escluse le imposte. Quanto ai costi ... definiti ... up-front”, il criterio di rimborso dovrà essere “proporzionale rispetto alla durata (ad essa dell’artesempio, lineare oppure costo ammortizzato)”. 117Si evidenzia, co. 2inoltre, TUB che secondo il Collegio di Coordinamento il sistema di calcolo pro rata, costantemente utilizzato dall’ABF, può essere preservato per quanto attiene ai costi ricorrenti e agli oneri assicurativi, mentre ritiene preferibile che “per quantificare la quota di costi up-front ripetibile [il criterio] sia analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Ciò significa che la riduzione dei costi up-front può nella specie effettuarsi secondo lo stesso metodo di riduzione progressiva (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’artrelativamente proporzionale appunto) che è stato utilizzato per gli interessi corrispettivi (c.d. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumocurva degli interessi), ha stabilitocome desumibile dal piano di ammortamento. Questa soluzione, nella normativa in materia pur scontando il limite di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2)introdurre un elemento di diversificazione nel sistema di calcolo interno alle commissioni, che «peraltro è già ammesso con riguardo alla retrocessione dei premi assicurativi (anch’essi di natura recurring e obbligatori per legge nei contratti di finanziamento contro cessione del quinto o della pensione) appare allo stato la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni più idonea a contemperare equamente gli interessi delle parti contraenti perché, mentre garantisce il diritto del consumatore a una riduzione proporzionale dei costi istantanei del finanziamento, tiene conto della loro ontologica differenza rispetto ai costi recurring e i servizi effettuati in esecuzione della diversa natura della controprestazione resa; essa, inoltre, trova un collegamento puntuale nel richiamo alla portata del diritto all’equa riduzione” del costo del credito, sancito nell’abrogato art.8 della Direttiva 87/102, di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»cui l’art.16 della Direttiva 2008/48 costituisce una più precisa consacrazione evolutiva”. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 alla classificazione degli oneri, tenuto conto della documentazione in atti, nonché degli orientamenti espressi dai Collegi, si devono ritenere di natura up-front le Spese di istruttoria, il cui rimborso è stato richiesto per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Collentrambi i contratti. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta A tali costi può applicarsi il criterio equitativo adottato dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB Coordinamento (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia decisione n. 525/19). Tenuto conto delle restituzioni già intervenute in sede di estinzione o in corso di procedimento, si ottiene quanto segue: Contratto n. ***516 Numero di pagamenti all'anno 12 Quota di rimborso pro rata temporis 58,33% Data di inizio del Collegio prestito 01/10/2014 Quota di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva rimborso piano ammortamento - interessi 38,44% rate pagate 50 rate residue 70 Importi Natura onere Percentuale di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento rimborso Importo dovuto Rimborsi già effettuati Residuo Spese di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.istruttoria 600,00 Upfront 38,44% 230,66 230,66 230,66
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DIRITTO. La ricorrenteIl Collegio deve anzitutto rigettare l’eccezione di irricevibilità per non corrispondenza fra i motivi di reclamo e i motivi di ricorso, coniuge stante la sostanziale coincidenza della richiesta espressa dalla ricorrente in sede di reclamo e di ricorso, in quanto è orientamento ormai consolidato dell’ABF (e v., per tutte, dall’ABF Napoli, n. 5814/2015) che il ricorrente “può chiedere nel ricorso il risarcimento del titolare (ora deceduto) di un danno anche quando tale richiesta non sia stata formulata nel reclamo, qualora il danno lamentato sia conseguenza immediata e diretta della medesima condotta dell’intermediario segnalata nel reclamo”. Venendo all’esame del merito del ricorso, il Collegio deve anzitutto rilevare che, come correttamente eccepito dalla resistente, il contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva esame prevede la possibilità restituzione del rilascio finanziamento mediante il versamento di una carta di credito ad uso rotativon° 47 rate, chiede che e non già n. 72, come asserito dalla ricorrente. Tanto premesso, il Collegio voglia dichiarare ritiene infondata la nullità principale contestazione mossa da parte attrice vertente sulla presunta usurarietà del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatoesame, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizioquanto la ricorrente, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame dimostrare il superamento del tasso soglia, ha erroneamente incluso il tasso di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità mora nel calcolo del contratto TEG. Questo Xxxxxxxx ritiene infatti di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione aderire all’orientamento ormai consolidato dell’ABF, consacrato anche da alcune pronunce del Collegio di coordinamento dell’ABF (e v., ad es., n. 2666/2014), che nega l’effetto usurario derivante dall’operazione di “sommatoria” del tasso degli interessi corrispettivi e di quelli moratori, in vista del relativo confronto col “tasso soglia” individuato con riguardo al momento della stipulazione del mutuo e delle conseguenze che se ne intendono trarre sotto il profilo dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 1815, comma 2°, c.c. Questa impostazione risulta del resto coerente con quanto statuito dall’art. 19, 2° paragrafo, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori, che abroga la direttiva 87/102/CEE, che prescrive che “al fine di calcolare il tasso annuo effettivo globale, si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all'atto dell'acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi”. In termini analoghi, l’art. 4, n. 13, della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in merito ai contratti di credito relativi a immobili residenziali, la quale è stata approvata dal Parlamento europeo il 10 settembre 2013 con emendamenti, espressamente prevede che dal costo totale del credito “sono escluse eventuali penali pagabili dal consumatore per la mancata esecuzione degli obblighi stabiliti nel risolvere contratto di credito”. Infatti, “il contrasto interpretativo insorto tra calcolo del tasso annuo effettivo globale è fondato sull'ipotesi che il contratto di credito rimarrà valido per il periodo di tempo convenuto e che il creditore e il consumatore adempiranno ai loro obblighi nei termini ed entro le date convenuti nel contratto di credito” (art. 19, 3° paragrafo, direttiva 2008/48/CE). Invero, gli interessi moratori realizzano una liquidazione preventiva e forfettaria del danno risarcibile e, pertanto, la clausola che ne determina convenzionalmente l’ammontare è certamente assimilabile alle “penali” cui fanno specifico riferimento i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda testi comunitari. D’altra parte, militano nel senso indicato anche dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la soluzione ermeneutica rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura, le quali dispongono che conduce alla declaratoria “gli interessi di nullità mora e gli oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di inadempimento di un obbligo” sono esclusi dal calcolo del TEGM (paragrafo C4, Trattamento degli oneri e delle spese nel calcolo del TEG). Parimenti infondata è la doglianza della ricorrente relativa al presunto effetto anatocistico del contratto di finanziamento in esame, dovuto al sistema di “ammortamento alla francese”. Il Collegio deve al riguardo preliminarmente rilevare che il ricorrente formula un’eccezione del tutto generica, non suffragata da alcuna contestazione in merito. In ogni caso, il Collegio ricorda che l’essenza del sistema di rimborso alla francese è nella formula matematica iniziale, in cui si definisce l’importo che consente di rimborsare il prestito con un numero predefinito di rate costanti contenenti una quota capitale (crescente) e una quota interessi (decrescente); di conseguenza, lo schema di riferimento per la costruzione del piano di ammortamento è rappresentato dalla relazione tra l’ammontare del prestito erogato e le rate, in quanto privo della forma scrittala somma mutuata è uguale alla sommatoria delle rate attualizzate pagate dal debitore in ciascun periodo. Tanto premesso, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata va ricordato che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla argomentazioni alla base della delibera CICR del 4.3.2003 presunta illegittimità della modalità di ammortamento diffusamente utilizzata nella prassi bancaria sono state più volte rigettate dai tre Collegi di questo Arbitro (e del rinvio ad essa dell’art. 117v., co. 2per tutti, TUB (disposizioneABF Napoli, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumon. 4115/14), ha stabilito, nella normativa in materia che hanno concordemente escluso la sussistenza di “Trasparenza controindicazioni di principio alla scelta del metodo in questione - come di qualsiasi altro, in assenza di divieti o imposizioni di legge - e che la questione piuttosto si sposta sulla sufficiente contezza che del metodo (e delle operazioni conseguenze) ne abbia la parte mutuataria”. Ebbene, nel caso in esame, il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, non sia ravvisabile il difetto di informativa e servizi trasparenza lamentato dalla ricorrente. Parimenti infondate sono le doglianze relative alla presunta sproporzionalità delle spese assicurative (pari ad euro 1.324,01) e delle spese istruttorie (pari ad euro 250,00), nonché alla violazione delle norme sulla trasparenza dei contratti bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), Il Collegio rileva infatti che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimocon l’indicazione delle relative spese (assicurative e istruttorie), deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita sottoscritto dalla ricorrente, essendo con la conseguenza che la cliente ne era ab origine a conoscenza; conseguentemente le lamentele sollevate ex post dalla stessa appaiono inerenti a circostanze che non possono essere considerate sopravvenute, né tanto meno sconosciute. Neppure è dato riscontrare, infine, un superamento del tasso soglia, in quanto dall’elaborazione dei dati risultanti dalla documentazione in atti, è emerso che il TEG, nel caso si specie, è pari al 15,98% e, di conseguenza, inferiore alla soglia vigente nel trimestre di riferimento (pari al 16,975%) individuata nelle serie storiche dei tassi effettivi globali medi della Banca d’Italia. Nel calcolo del tasso questo Collegio ha peraltro incluso, come da contratto, anche la polizza “furto incendio (pacchetto blu)” perché a protezione del bene oggetto di finanziamento, ma non invece anche l’ulteriore copertura “Gap 10.000 E”, da reputarsi non obbligatoria giacché permette al proprietario che viene risarcito per il furto o il danno irreparabile di un’automobile di recuperare la differenza (il “gap”, appunto) tra il prezzo di acquisto dell’auto e la valutazione che l’auto ha al momento dell’evento dannoso [di quest’ultima è stata accertata inclusa la mancanza sola parte commissionale incamerata dall’intermediario di un contratto valido51,09 euro, idoneo a giustificarne l’acquisizione da sulla scorta delle disposizioni della Banca d’Italia sui “Quesiti pervenuti in materia di rilevazione dei tassi effettivi globali ai sensi della legge sull’usura”, che al punto C4 (“trattamento degli oneri e delle spese”) prevedono che “laddove sia consentito escludere dal TEG una polizza assicurativa stipulata contestualmente al finanziamento, l’esclusione deve essere limitata all’importo effettivamente versato alla compagnia di assicurazione. Di conseguenza, se l’intermediario erogante trattiene parte dello stesso, sia pure non delle somme ricevute dal cliente a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)di polizza assicurativa, gli importi trattenuti vanno inclusi nel TEG”]. In casi considerazione delle ragioni che precedono, le domande del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico ricorrente non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziappaiono fondate.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio presente controversia verte sulla legittimità della modifica delle disposizioni contrattuali relative al costo annuo di una carta di credito ad uso rotativodebito, chiede che unilateralmente disposta dalla resistente. La questione va decisa, pertanto, sulla base dell’art. 118 TUB, secondo il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi equale nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatticon clausola approvata specificamente dal cliente, la questione oggetto facoltà della banca di lite attiene ad modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste qualora sussista un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012giustificato motivo, entrato in vigore salvo il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte diritto del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziorecedere senza spese dal contratto, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, ove non intenda accettare la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1modifica che, con riferimento al credito al consumo)anticipo di almeno due mesi, ha stabilitogli sia stata preventivamente sottoposta. La norma prevede, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2)inoltre, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) le variazioni contrattuali per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti quali non siano state osservate le suddette prescrizioni sono inefficaci, se sfavorevoli per iscritto»il cliente. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene è incontestato fra le parti che il contratto attribuisse all’intermediario la facoltà di consumo (televisore) come talemodifica unilaterale delle condizioni ex art. 118, quindicomma 1, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Collcd. jus variandi), e che la ricorrente abbia ricevuto la comunicazione relativa alle variazioni contrattuali (indubbiamente peggiorative, considerata l’introduzione ex novo di un canone annuo per l’uso di una carta fino ad allora gratuita) nel rispetto del termine di preavviso minimo. Nel contesto della predetta comunicazione, inoltre, la modifica delle condizioni di contratto viene giustificata richiamando l’introduzione del limite alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento con carta stabilito dal Regolamento UE 2015/751, nonché l’aumento dei costi di emissione e gestione delle carte, conseguente agli investimenti effettuati dall’intermediario per migliorare i sistemi di sicurezza e adeguarli alle più evolute modalità di utilizzo di tali strumenti (ad es., per operazioni via internet o in modalità contactless). Così inquadrati i termini della questione, è innanzitutto opportuno precisare che, in mancanza di più precise indicazioni normative, il “giustificato motivo” richiesto dalla legge per l’esercizio dello jus variandi viene usualmente identificato con un evento a carattere specifico, in grado di produrre comprovabili effetti sul rapporto bancario. Tale evento, inoltre, non deve essere imputabile a “scelte di politica commerciale o comunque gestionale che non pongano tanto l’esigenza di mantenere l’equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni contrattuali delle parti contraenti, quanto piuttosto siano rivolte a salvaguardare il margine di profitto della stessa banca” (su tale profilo v. ABF Torino, dec. n. 4845/17; ABF Roma, dec. n. 187/20131722/15). Ne deriva Si ritiene, infine, che l’assetto anche la comunicazione della modifica unilaterale debba avere contenuto sufficientemente preciso, tale da consentire al cliente di interessi relativo valutare la congruità della variazione contrattuale rispetto alla motivazione posta a base della stessa (Coll. coord., dec. n. 1889/16). In quest’ottica, dunque, l’Autorità di vigilanza ha stigmatizzato il ricorso a motivazioni (delle variazioni contrattuali) esposte alla clientela in termini del tutto generici o scarsamente intellegibili, o l’incoerenza fra le modifiche contrattuali proposte e le relative giustificazioni, richiedendo che la preventiva informativa ai clienti sia chiara, sintetica e completa, verificabile e coerente con la programmata variazione contrattuale, nonché attenta al prestito revolving livello di alfabetizzazione finanziaria che è ragionevole attendersi dai destinatari (comunicazione Banca d’Italia del 5 settembre 2014). Ebbene, nel caso in esame, può assumersi che l’intermediario abbia indicato, quale giustificato motivo della modifica contrattuale, una serie di circostanze sufficientemente specifiche (limite alle commissioni interbancarie introdotto con Regolamento UE 2015/751 del 29 aprile 2015, nonché aumento dei costi operativi derivante da investimenti in campo tecnologico) e intellegibili (anche perché accompagnate da idonee esemplificazioni o spiegazioni), tali quindi da permettere al cliente una valutazione di congruità della modifica rispetto alle motivazioni addotte e di optare, se del caso, per l’eventuale recesso dal contratto. Più in particolare, la resistente afferma che l’imposizione ex lege di un tetto alle commissioni interbancarie (cioè le commissioni riconosciute, per ogni operazione di pagamento, dalla banca che ha convenzionato l’esercente a quella che ha emesso la carta) abbia determinato la necessità di adeguare i costi di rilascio della carta di debito, in conseguenza di un’inevitabile contrazione dei propri ricavi (ricostruzione peraltro non contestata dalla ricorrente, la quale si palesa delineatolimita ad obiettare che, per non frustrare lo spirito della legge, la diminuzione dei profitti degli operatori non possa tradursi in uno svantaggio economico per gli utenti). Orbene, è stato chiarito dalle autorità di settore che gli eventi idonei a configurare il giustificato motivo ex art. 118 TUB “possono essere sia quelli che afferiscono alla sfera del cliente (ad esempio, il mutamento del grado di affidabilità dello stesso in termini di rischio di credito) sia quelli che consistono in variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari (ad esempio, tassi di interesse, inflazione ecc.)” (v. circolare del Ministero dello Sviluppo Economico n. 5574/17); ed ancora, che le modifiche unilaterali possono essere giustificate, fra l’altro, da “costi sopravvenuti alla stipula dei contratti interessati” (delibera del Direttorio della Banca d’Italia n. 197/2017 del 28 marzo 2017). Posto dunque che, nella specie, l’aumento dei costi a carico della ricorrente trova origine in un provvedimento normativo sopravvenuto (ossia in un fattore esterno ed oggettivo, indipendente dalla volontà dell’intermediario e non riconducibile ad inefficienze gestionali del medesimo), in grado di incidere in modo continuativo sugli aspetti economici del rapporto bancario, si può ravvisare la presenza di quel giustificato motivo che legittima la variazione delle originarie condizioni contrattuali. Né può assumere rilevanza, in senso contrario, l’assunto – richiamato anche da recenti decisioni di quest’Arbitro - secondo cui “un intervento normativo (…) non può, di per sé, rappresentare un evento idoneo a costituire un giustificato motivo oggettivo”, difettando, per un verso, del carattere dell’imprevedibilità (ravvisabile, al più, nei suoi elementi essenzialisoli provvedimenti necessari e urgenti, solo come ad es. i decreti legge), e dovendosi considerare, per altro verso, che le nuove norme si limitano talvolta a seguito fissare dei meri obiettivi, per il cui raggiungimento l’intermediario resta libero di una nuova fase costitutivaorganizzarsi nel modo più opportuno (così, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmenteABF Torino, dec. 4845/17). A parere di questo Collegio, invero, la stessa formulazione di tale principio (secondo cui un provvedimento normativo non rappresenta, “di per sé”, un giustificato motivo) implica che il medesimo debba essere interpretato ed applicato non in modo assolutistico, ma in palese assenzabase alle circostanze del singolo caso (valutando, alloraad es., dei requisiti se all’epoca della stipula di forma impostiun determinato contratto fosse stato già avviato e pubblicizzato l’iter di produzione di un determinato atto normativo, del quale l’intermediario avrebbe potuto tenere conto). In caso contrario, d’altronde, si giungerebbe alla discutibile conclusione - contrastante, peraltro, con le indicazioni fornite dalle autorità cui sopra si è accennato - secondo cui gli intermediari, salvo casi del tutto eccezionali, non potrebbero validamente invocare un provvedimento normativo sopravvenuto ai fini di una modifica contrattuale, essendo comunque tenuti a prevederne l’adozione (anche se intervenuta, in ipotesi, a tutela distanza di numerosi anni dalla conclusione del contratto con il cliente). Ciò premesso, va dato atto che, nel caso in esame: i) nessun elemento autorizza a ritenere che, all’epoca della stipula del contratto di conto corrente e di rilascio della carta, la resistente fosse in condizione di conoscere o di ipotizzare la futura adozione del regolamento sulle interchange fees; ii) detto regolamento non lascia liberi gli intermediari di conseguire determinati obiettivi secondo autonome strategie imprenditoriali, ma li obbliga ad un comportamento puntuale e specifico (contenere le commissioni interbancarie entro limiti quantitativi prefissati), che non consente alcun margine di autonomia. Anche sotto tali profili, dunque, la variazione contrattuale sembra sorretta da un’adeguata motivazione. Né pare corretto affermare che l’aumento dei costi a carico del titolare della carta comporti, di fatto, un’elusione delle norme dettate dal TUB Reg. UE 2015/751, neutralizzando i potenziali vantaggi previsti per i consumatori: nell’ottica del legislatore europeo, infatti, i benefici per questi ultimi paiono collegati, oltre che all’incremento dei livelli di concorrenza e di integrazione del mercato europeo delle carte di pagamento, all’auspicato effetto di una generale riduzione dei prezzi al consumo, derivante dal contenimento delle interchange fees. I prezzi di beni e servizi, invero, incorporano le commissioni pagate dagli esercenti agli intermediari convenzionatori per ogni transazione con carta, ma tali commissioni sono a loro volta determinate sulla base delle commissioni interbancarie versate dagli intermediari acquirer agli intermediari emittenti le carte (che simili requisiti pone proprio v. il preambolo al Reg. UE 2015/751, punti 10 e 11). La riduzione di queste ultime, dunque, dovrebbe volgere a favore dei consumatori, agevolando un calo del prezzo finale delle merci. Più dubbia appare, invece, l’ulteriore argomentazione addotta dalla resistente al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziagiustificare l’introduzione del canone annuo per l’uso della carta di debito (il riferimento è ai maggiori costi per investimenti tecnologici, sostenuti per garantire la sicurezza d’uso dello strumento), non essendo ovviamente consentito potendosi in questo caso rilevare, da un lato, che ammontare, condizioni essenziali e voci l’adeguamento alle nuove tecnologie rappresenta una voce di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione normale e prevedibile, di cui l’intermediario deve anticipatamente tenere conto (insomma avvenuta oralmente) possanoessendo peraltro tenuto a garantire, poinel tempo, essere validamente integrate la massima sicurezza dei servizi offerti, conformandosi agli standard tecnici più evoluti); dall’altro, che l’incremento degli oneri per il cliente dipenda sostanzialmente da decisioni dell’intermediario di natura commerciale, miranti a mezzo preservare i suoi margini di successivi documentiprofitto (così, predisposti unilateralmente (Coll. ABF Roma, dec. n. 1575/20131722/15, con riferimento, tra l’altro, alle spese per l’introduzione del microchip nelle carte di credito). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento Considerati, nondimeno, il tenore complessivo delle motivazioni poste a base della modifica contrattuale in questa sede esaminata e che le modalità della relativa comunicazione al cliente, questo Collegio ritiene di far propriache lo jus variandi sia stato esercitato, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativonella specie, in applicazione conformità con il disposto dell’art. 117118 TUB. Il ricorso, co. 1 e 3pertanto, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.caccolto.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. In sede di controdeduzioni, l’intermediario fornisce alcune precisazioni in ordine al contestato recesso dall’accordo disciplinante i servizi RID, esercitato in forza dell’art. 23 delle relative condizioni generali in conseguenza di alcune presunte condotte infedeli dell’ex dipendente, che pure avevano costituito fondamento del licenziamento per giusta causa (peraltro tuttora sub iudice). Non produce le condizioni generali di contratto, mentre nelle note da ultimo pervenute offre qualche spunto in più circa l’“infedeltà” del ricorrente licenziato. La ricorrenteresistente, coniuge del titolare (ora deceduto) inoltre, come pure sottolineato dal ricorrente in sede di un contratto repliche, fa riferimento alla comunicazione, effettivamente notificata a mezzo raccomandata, inerente al recesso dall’apertura di finanziamento che credito: in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoessa, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso alcuna indicazione si coglie in merito ai servizi RID, per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla i quali quindi – sulla base della documentazione agli atti – non emergono risulta effettuato alcun preavviso di revoca. Chiarito ulteriormente il quadro fattuale, il Collegio richiama l’art. 126-septies TUB, il cui comma 2 dispone che “il prestatore di servizi di pagamento può recedere da un contratto quadro a tempo indeterminato se ciò è previsto dal contratto e con un preavviso di almeno due mesi, secondo le modalità stabilite dalla Banca d'Italia”. Le Istruzioni di vigilanza sulla trasparenza (sez. VI, § 5.3), da parte loro, stabiliscono che “l’intermediario può recedere da un contratto a tempo indeterminato se questa facoltà è prevista dal contratto, con un preavviso di almeno due mesi e senza alcun onere per il cliente. Il preavviso è dato in forma scritta, su supporto cartaceo o su altro supporto durevole concordato con il cliente”. La richiamata disciplina non sembra consentire il recesso senza preavviso, in presenza di giustificato motivo. Le prescrizioni nazionali così ricostruite riprendono testualmente il dettato del paragrafo 3 dell’art. 45 della direttiva PSD; ed invero, il legislatore europeo, al “considerando” n. 29, sottolinea comunque che la garantistica disciplina di tutela nei confronti dell’utilizzatore, con le forti limitazioni al diritto di recesso del prestatore che essa comporta, non può in ogni caso spingersi a esonerare il fornitore dall’obbligo di sciogliere il contratto “in circostanze eccezionali in base ad altra legislazione comunitaria o nazionale pertinente, ad esempio la legislazione in materia di riciclaggio di capitali e finanziamento del terrorismo, le azioni mirate al congelamento di fondi o le misure specifiche legate alla prevenzione e indagine di reati”. È chiaro, perciò, che in questi o analoghi casi, superiori esigenze di tutela aventi spiccati profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difattirilevanza pubblicistica, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito aprioristicamente sacrificare in nome del pur assai meritevole obiettivo di tutela della controversia occorre rilevare come parte debole del rapporto, pena il rischio di vanificare la stessa abbia ad oggetto le modalità ratio della direttiva, volta a rafforzare la sicurezza dei processi di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire pagamento, oltre che la validità loro efficienza e razionalità. Ciò posto, l’elemento risolutivo per la vertenza qui in esame risulta costituito, in primo luogo, dall’esistenza o meno di un contratto giustificato motivo, tale da rendere inoperante il vincolo dei due mesi, e, in secondo luogo, la prova dell’invio del preavviso. Sotto quest’ultimo aspetto, pare inevitabile concludere, alla luce degli atti di finanziamento collegato causa, che il preavviso di cui parla l’intermediario sia quello relativo all’apertura di credito e nessun preavviso risulta essere stato trasmesso in relazione ai servizi di pagamento collegati al conto corrente. Quanto al giustificato motivo, dalle argomentazioni sostenute, sembra che il “giustificato motivo” del licenziamento – peraltro sub iudice – attenga a comportamenti imputati all’ex- dipendente e relativi a una gestione censurabile per quanto riguarda i rapporti di fido, cui egli in qualche modo presiedeva, attese le funzioni svolte presso l’intermediario. Tuttavia, anche a voler ritenere giustificato motivo (e il Collegio non ha elementi decisivi per farlo), la giustificazione potrebbe, al più, valere per svincolarsi dal rapporto di conto corrente e di apertura di credito, ma non anche dai servizi di pagamento. Ciò tanto più in una situazione dei rapporti assolutamente regolare, come ha affermato il ricorrente e non contestato l’intermediario. Insomma, il rischio è di confondere la posizione del dipendente con quella del cliente, la prima (secondo l’intermediario) di dubbia sostenibilità, ma la seconda del tutto ordinaria e regolare: l’incidenza sulla seconda di fatti attinenti alla prima deve essere attentamente valutata, evitando, appunto, il rischio di confusione di cui si è detto. Se, poi, si confronta il giustificato motivo addotto dall’intermediario con quelli indicati esemplificativamente nel considerando della direttiva, la distanza fra le fattispecie si fa incolmabile e la giustificazione del motivo difficilmente sostenibile. A ciò si aggiunga la distantia temporis fra la data della cessazione del rapporto con il ricorrente (13 gennaio 2013) e la revoca dell’apertura di credito (agosto-settembre 2013), distanza che fa pensare ad un contratto c.dnon immediato e automatico ribaltamento del licenziamento sul mantenimento del rapporto di conto affidato (e di esecuzione dei pagamenti). multicontoPertanto, l’assenza del preavviso e di un giustificato motivo rendono censurabile il comportamento dell’intermediario nella gestione del recesso dai servizi di pagamento. Tale particolare tipologia Quanto ai danni lamentati dal ricorrente, questi non ne offre la minima prova, rimettendosi al giudizio del Collegio. In realtà, il Collegio non può che prendere atto, da un lato, dell’assenza di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta ogni riferimento concreto al riguardo da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziopresunto danneggiato, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto “collaborazione” dell’intermediario che ha affermato (senza essere smentito dalla controparte) che ha comunque eseguito gli ordini di pagamento fino al 9 settembre 2013, data nella quale il ricorrente ha dichiarato di aver preso conoscenza del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio recesso dall’apertura di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da credito. Di qui il mancato riconoscimento di ogni obbligo di risarcimento del danno a carico della parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cresistente.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) Con riguardo alla questione pregiudiziale di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità irricevibilità del ricorso sollevata dall’Intermediario B, per incompetenza ratione temporis dell’ABFavvenuta sottoposizione dei fatti all’autorità giudiziaria, deve anzitutto richiamarsi quanto previsto dalla Sez. DifattiI, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009par. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis 4, delle disposizioni della Banca d’Italia sul funzionamento di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di e cioè che “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere inoltre proposti ricorsi inerenti a controversie già sottoposte all’autorità giudiziaria”. Secondo l’interpretazione di tale disposizione resa dal Collegio di Coordinamento di questo Arbitro, “La soluzione che appare più conforme alla lettera e allo spirito delle disposizioni della Banca d’Italia è […] quella di escludere l’ammissibilità del ricorso all’ABF in tutti i casi in cui la controversia sia stata già sottoposta alla cognizione dell’autorità giudiziaria penale, senza che abbia rilievo se sia avvenuta o possa avvenire la costituzione di parte civile, e anche se tra le due controversie relative sussiste una connessione impropria, cioè una comunanza parziale e non una identità delle domande, come insegna la costante giurisprudenza di legittimità” (dec. n. 3961/2012). Lo stesso Xxxxxxxx di Xxxxxxxxxxxxx ha ritenuto altresì che va “escluso il ricorrere del limite nel caso in cui l’anteriore proposizione dell’azione innanzi all’autorità giudiziaria, pur risultando correlata alla vicenda sottoposta all’Arbitro, non coinvolgeva l’intermediario convenuto (bensì un terzo soggetto) e aveva ad Nel caso di specie la denuncia – querela presentata dal ricorrente riguarda il comportamento illecito di ignoti, verosimilmente terzi estranei al ricorso, che hanno proceduto alla contraffazione del titolo, essendo pacifico che l’assegno circolare è stato clonato, dal momento che il ricorrente ha prodotto il titolo originale all’atto della denuncia – querela. Nella controversia deferita a operazioni o questo Arbitro, invece, il ricorrente fa valere i diritti derivanti dal comportamento delle banche (emittente e negoziatrice) in quanto non conforme alla diligenza professionale dovuta e chiede il risarcimento del danno conseguentemente subìto. Diversi sono quindi i soggetti verso i quali le due distinte iniziative si rivolgono, e differenti sono anche petitum e causa petendi (circostanza ritenuta rilevante ai fini di escludere la litispendenza anche da Coll. Milano, decisioni nn. 1666/2015 e 1048/2017). Del resto, quand’anche si ritenesse la denuncia – querela di tenore così ampio da non consentire di escludere che gli accertamenti conseguenti possano avere ad oggetto anche comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009»di soggetti facenti parte dell’organizzazione delle banche convenute, va comunque considerato che qualora il terzo, che ha posto in essere la contraffazione, risultasse essere dipendente di una delle banche, questi risponderebbe delle restituzioni e del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 185 c.p., mentre la banca preponente risponderebbe comunque del fatto dei propri dipendenti ai sensi dell’art. 2049 c.c. nei confronti della ricorrente (secondo l’insegnamento del giudice di legittimità: cfr. Cass. n. 12023/1995; Cass. n. 12951/1992). Nel caso, il procedimento avanti l’autorità giudiziaria, quand’anche potesse ritenersi allo stato propriamente ad essa “sottoposta” la controversia in conseguenza della mera denuncia – querela (e di ciò può peraltro dubitarsi alla luce nella decisione del Collegio di Coordinamento n. 5265/2014), non sembra comunque interferire con quello avanti questo Collegio, visto che i due procedimenti si rivolgono a soggetti, condotte e titoli diversi. Ne consegue il rigetto dell’eccezione preliminare formulata dall’Intermediario B (in termini, Coll. Milano, decisione n. 1975/2011; Coll. Milano, decisione n. 1666/2015; Coll. Roma, decisione n. 6540/16; Coll. Napoli, decisione n. 4827/2017). Passando al merito della controversia occorre controversia, è necessario rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge non trova applicazione l’art. 43 l. ass., che prevede la responsabilità aggravata della banca che paga un assegno “non trasferibile” a persona diversa dal prenditore, posto che in effetti la ricorrente non è beneficiaria del titolo né agisce in base al rapporto cartolare. Infatti la ricorrente rappresenta che l’assegno pagato sia in realtà un clone di quello originale, essendo quest’ultimo rimasto in suo possesso e poi presentato per l’annullamento alla stessa banca emittente in data successiva alla negoziazione del clone. La vicenda in esame deve ritenersi quindi regolata dai principi generali applicabili all’ipotesi di pagamento di assegno falsificato, secondo cui la banca è responsabile qualora l’alterazione o la clonazione poteva dalla stessa essere stato stipulato verbalmente rilevata, attraverso l’esame del titolo con la diligenza dell’accorto banchiere (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)Cass. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittan. 6513/2014; Cass. n. 15145/2014; Cass., al tempo dei fatti richiesta dall’artn. 20292/2011; Cass. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamenton. 13777/2007; Cass. n. 3729/2004. Xxxxx stesso senso le decisioni dell’ABF: fra le altre Coll. Napoli, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (4842/16; Coll. Roma, decdecisioni nn. n. 187/20134108/2013 e 261/2010). Ne deriva che l’assetto Nella specie l’Intermediario A dichiara di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatonon aver effettuato alcun controllo sull’assegno clonato, nei suoi elementi essenzialipoiché quest’ultimo è stato presentato all’incasso presso l’Intermediario B attraverso la procedura interbancaria di “Check truncation”, solo a seguito che, come già accennato e per quanto qui interessa, consente, sulla base di una nuova fase costitutivaadesione volontaria ad un accordo interbancario, ricollegabile alla relativa richiesta del banca negoziatrice di assegni circolari di chiederne il pagamento alla banca emittente, mediante invio di un messaggio elettronico concernente le informazioni necessarie per la sua estinzione, con la conseguenza che il titolo non viene trasmesso nella sua materialità dalla stessa banca negoziatrice alla banca emittente. L’Intermediario A non ha neppure eccepito vizi concernenti le informazioni telematiche ricevute dall’Intermediario B. In proposito l’orientamento dell’ABF è nel senso che la procedura di “Check truncation” è funzionale alla riduzione dei costi di negoziazione nell’esclusivo interesse delle banche partecipanti all’accordo, al quale resta completamente estraneo il cliente formulata oralmenteche chiede l’emissione dell’assegno, ma in palese assenza, allora, dei requisiti sicché non può ritenersi che i rischi derivanti dall’utilizzo di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB tale procedura debbano ricadere sul cliente medesimo (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (vedi tra molti Coll. RomaMilano, decdecisioni nn. 394/2013, 2989/2015 e 8092/2016; Coll. Napoli, decisione n. 1575/201310110/2016). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, Ma in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato una ipotesi come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie quella in esame, l’artin cui il beneficiario indicato nell’assegno circolare clonato è diverso da quello risultante nel titolo originale, indipendentemente dall’esame materiale del titolo, l’Intermediario A avrebbe potuto rilevare, anche nell’ambito della procedura “Check truncation”, tale difformità. 3 D.lgsInfatti il regolamento della Banca d’Italia 22 marzo 2016 sulla presentazione in forma elettronica degli assegni bancari e circolari (emanato ex art. 25.9.19998, comma 7, d.l. n. IL XXXX.xx 374 70/2011, convertito nella l. n. 106/2011, ed entrato in base al quale gli intermediari finanziari per vigore 15 giorni dopo la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti pubblicazione in attività finanziaria iscritti all’apposito alboGazzetta Ufficiale, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito avvenuta il 30/4/2016) all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.20018, n. 485 «non integra esercizio di agenzia lett. f), prevede che, tra i dati che il negoziatore deve trasmettere all’emittente in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, qualivia telematica, per l’appunto, le carte di credito revolvinggli assegni circolari vi sia anche il “nome del beneficiario”. Ne consegue che l’Intermediario A, pur in presenza dell’identità degli altri dati identificativi riportati sull’assegno clonato rispetto all’originale, avrebbe ben potuto rilevare che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolvingbeneficiario indicato nel titolo presentato all’incasso era diverso da quello indicato nel titolo a suo tempo emesso, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo avendo ricevuto in via telematica la relativa informazione. Ciò vale tanto più in quanto stipulato lo stesso regolamento all’art. 7, comma 6, prescrive che “Gli intermediari adottano ogni necessario presidio organizzativo procedurale atto a garantire che l’assegno sia presentato al pagamento una sola volta”. Pertanto, alla luce delle considerazioni che precedono risulta a fortiori confermato l’orientamento dell’ABF secondo cui la circostanza che la banca accetti di pagare il titolo “al buio” equivale a ometterne volontariamente la sua verifica materiale, con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore ogni connessa conseguenza in caso di titoli che presentino irregolarità cartolari che solo l’esame materiale del documento consentirebbe di verificare (in terminiColl. Napoli, Collegio decisione n. 8092/2016; Coll. Milano, decisione n. 2989/2015). Tanto sembra sufficiente per riconoscere la responsabilità dell’Intermediario A. Per quanto riguarda la posizione dell’Intermediario B, che ha negoziato l’assegno, il riconoscimento della sua responsabilità passa per la verifica della sussistenza di Romauna riscontrabilità della falsificazione attraverso “l’attento esame diretto, decvisivo o tattile dell’assegno da parte dell’impiegato addetto” (secondo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità: Cass. n. 2200 del 27 giugno 20126513/2014). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto Da questo punto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata vista il Collegio non rileva nel titolo clonato la mancanza sussistenza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi vizi del genere, richiamandosi con la precisazione che esso può svolgere un confronto solo sommario avendo a disposizione, per essere depositate in atti, solo copie dei due titoli, originale e clone. I limiti dei poteri istruttori dell’ABF non consentono infatti di compiere un esame più approfondito del clone dell’assegno per verificare la sussistenza di tutti gli standard prescritti dall’accordo interbancario a presidio dell’autenticità degli assegni circolari (quali, ad es., la carta filigranata o gli inchiostri ed i colori), il quale solo potrebbe consentire di individuare un concorso dell’Intermediario B nella causazione del danno alla più volte citata pronuncia ricorrente. Allo stato della cognizione del Collegio tale concorso non risulta sussistente. Dunque, acquisita la responsabilità dell’Intermediario A – restando peraltro impregiudicato ogni diritto che l’Intermediario A possa astrattamente vantare nei confronti dell’Intermediario B – consegue l’obbligo dello stesso Intermediario A di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, risarcire il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro comedanno causato alla ricorrente, per il mutuo oneroso quale quest’ultima ha formulato domanda in misura pari al valore del titolo maggiorato degli interessi. Con riguardo alla ulteriore domanda di risarcimento del danno per i disagi patiti, da liquidarsi in via equitativa, si rileva che la ricorrente non fornisce alcuna prova al riguardo. Ebbene, in mancanza della prova del danno, non è possibile neppure procedere alla liquidazione in via equitativa, in quanto alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi che “L’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ. […] presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare; non è possibile, invece, in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno della sua esistenza” (e i contratti affiniCass. n. 10607/2010), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto . Tale domanda non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizipuò essere quindi accolta.
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DIRITTO. La ricorrenteIn xxx xxxxxxxxxxx, coniuge xx esaminata l’eccezione di improcedibilità del titolare ricorso formulata dall’intermediario resistente sulla base dell’asserito carattere costitutivo della pronuncia richiesta all’ABF. Sul punto, il Collegio osserva che, nel procedimento davanti all’ABF, le parti possono fare a meno di avvalersi dalla difesa tecnica e che la conseguente possibilità per le parti di elaborare personalmente la formula delle proprie domande e allegazioni giustifica un’interpretazione non strettamente letterale e formale di queste ultime, anche in ossequio ad una esigenza di conservazione della domanda. Ciò premesso, il Collegio ritiene che il ricorso in esame, indipendentemente dalle espressioni letterali usate, possa essere legittimamente qualificato come volto ad ottenere dall’Arbitro l’accertamento del diritto della ricorrente all’applicazione della richiamata normativa -Accordo per il Credito 2013-, anche considerato che una domanda di accertamento sarebbe sempre implicita in una domanda, pur vietata, di pronuncia costitutiva. Ritiene pertanto infondata la predetta eccezione di improcedibilità. Nel merito, il Collegio osserva che la controversia trae origine dall’emanazione del D.L. n. 78/2009, convertito con modificazioni nella L. n. 102/2009, il cui art. 5, c. 3-quater, prevedeva che “al fine di sostenere le piccole e medie imprese in difficoltà finanziaria, il Ministro dell’economia e delle finanze” fosse autorizzato a “stipulare (ora deceduto…) un’apposita convenzione con l’Associazione bancaria italiana per favorire l’adesione degli istituti di credito a pratiche finalizzate alla attenuazione degli oneri finanziari sulle citate piccole e medie imprese, anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti”. A tale provvedimento seguiva la stipula della convenzione con l’ABI, denominata “Accordo per il credito 2013” in cui si prevedeva che potessero accedere ai benefici ivi definiti tutte le PMI che, “al momento di presentazione della domanda” possedessero determinati requisiti e “con una temporanea tensione finanziaria generata dalla congiuntura economica”. Sotto il profilo delle modalità di svolgimento dell’istruttoria sulle domande, l’Accordo precisava che le Banche aderenti avrebbero dovuto attuare un esame “su base individuale (…) senza alcuna forma di automatismo nella concessione del credito o realizzazione dell’intervento” e che “nell’effettuare l’istruttoria” si sarebbero attenute “ai principi di sana e prudente gestione, nel rispetto delle proprie procedure e ferma restando la loro autonoma valutazione”, impegnandosi “a fornire una risposta di norma entro 30 giorni lavorativi dalla presentazione della domanda o delle informazioni aggiuntive eventualmente richieste dalla banca” (così il par. 4), principi, questi ultimi, ribaditi dall’ABI nella propria Circolare di chiarimento del 03/07/2013. Tale disciplina, secondo un orientamento consolidato (e condiviso dal Collegio) di questo Arbitro, rimettendo la decisione sull’applicazione del beneficio alla decisione discrezionale della banca improntata al rispetto del principio di sana e prudente gestione, esclude, con evidenza, un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte diritto soggettivo del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizioottenere i benefici previsti dall’Accordo (cfr. Coll. Milano n. 872/2015; n. 369/2011; Coll. Centro n. 6673/2013; Coll. Sud n. 1710/2012). In particolare, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio “non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto ritenersi sussistente alcuna obbligazione di finanziamento collegato alla carta contrarre a carico delle banche aderenti, le quali sono libere di credito revolving che nel caso valutare il merito creditizio di specie emerge essere stato stipulato verbalmente ciascuna impresa richiedente” (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicacfr. Coll. Centro n. 5222/2014; n. 819/2013). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio Ciò non di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittameno, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117riconosciuta, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, l’autonomia della banca nel valutare l’accoglimento della domanda formulata dal cliente ai sensi del suddetto Accordo, va comunque osservato che la stessa disciplina in esame obbliga la banca a dare tempestiva risposta al cliente (entro 30 giorni lavorativi dalla domanda) sulla decisione assunta in merito alla domanda ricevuta. Tale risposta deve essere debitamente motivata, nel rispetto dei generali doveri di correttezza e buona fede che le incombono nei rapporti con riguardo al finanziamento specificamente concesso il cliente ed in particolare nel 1991 per acquistare un bene caso di consumo decisioni connotate da discrezionalità (televisorev. Coll. Milano n. 872/2015; Coll. Napoli n. 5222/2014; Coll. Roma n. 5913/2013) Ciò premesso, nel caso de quo, il Collegio rileva che tale obbligo di tempestivo riscontro e di adeguata informazione alla cliente non è stato assolto dall’intermediario dal momento che, come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validitàaffermato dalla ricorrente e non contestato dall’intermediario resistente, alla luce dei requisiti prima richiesta di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile accesso alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), moratoria non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta è stata fornita risposta alcuna fino al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possanoproposizione di un primo reclamo, poi, essere mentre la seconda richiesta è rimasta del tutto priva di riscontro fino all’instaurazione del presente procedimento. Né tali doveri possono dirsi validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento adempiuti dall’intermediario con le risposte e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, le motivazioni fornite nell’ambito delle controdeduzioni presentate nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»presente procedimento. Pertanto, ferma restando l’impossibilità di accogliere il ricorso per l’esclusione di ogni automatismo nella concessione dei benefici collegati al predetto Accordo e la riconosciuta autonomia riservata alla banca in tali decisioni, il Collegio reputa opportuno invitare l’intermediario resistente a fornire ai propri clienti, in casi consimili, un’informativa adeguata e tempestiva circa le ragioni della decisione, mediante risposte motivate, soprattutto se il contratto relative a decisioni di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene diniego fondate su valutazioni discrezionali (cfr. Coll. Nord, n. 872/2015), e - al pari di consumo – il quale non entra quel che accade nei casi di c.d. diniego di credito - “indicazioni, anche se di carattere generale (in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi quanto applicazione di criteri elaborati per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela generalità della clientela), l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito alboma pur sempre adeguatamente rapportate alle concrete circostanze individuali” (cfr. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolvingColl. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, decCoord. n. 2200 del 27 giugno 20126182/2013). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. Ricorrendo all’Arbitro Bancario Finanziario, il consumatore chiede disporsi “l’indennizzo assicurativo in misura pari all’ammontare delle rate del finanziamento a far data dall’evento (perdita impiego) fino all’estinzione del finanziamento stesso, oltre interessi legali alla data del reclamo al saldo” sulla base del contratto assicurativo stipulato, collegato funzionalmente e negozialmente al finanziamento concesso dalla resistente. Questa ha, infatti, aderito alla posizione della compagnia, che ha rifiutato di procedere all’indennizzo sostenendo che il rischio di perdita di lavoro non fosse coperto per essere l’assicurato socio di una cooperativa e quindi parificato ad un lavoratore autonomo. E’ di immediata evidenza la pretestuosità di tale posizione alla luce di quanto disposto dalla legge 3 aprile 2001, n. 142 di Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore. Il terzo comma del relativo articolo 1 chiarisce, infatti, che “il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma. …… Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione di socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”. E’ evidente, quindi, che il rapporto del socio lavoratore con la cooperativa può configurarsi come dipendente o autonomo, e soltanto in quest’ultimo caso potranno applicarsi le disposizioni di legge in materia di lavoro autonomo, dovendo nelle altre ipotesi trovare applicazione quelle in materia di lavoro dipendente. Dalla lettera di licenziamento agli atti, si ha ragione di ritenere che il rapporto di lavoro tra il ricorrente e la cooperativa fosse dipendente e non autonomo. Ciò posto deve valutarsi se il Collegio possa conoscere della domanda in esame. La ricorrenterisposta deve essere sicuramente negativa. E’ evidente, coniuge del titolare (ora deceduto) infatti, che il ricorrente invoca l’esecuzione di una clausola di un rapporto assicurativo senza un diretto collegamento con il contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo(ma solo indiretto, chiede atteso che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza reclamato indennizzo avrebbe dovuto coprire le rate cui il mutuatario non era più in grado di forma scritta ed altri elementi efar fronte a causa della perdita di lavoro). Non sono, infineinfatti, effettuare un controllo sul tasso applicato il contratto bancario o vicende ad esso relative a costituire l’oggetto principale della domanda Al riguardo, il paragrafo 4 della Sezione I delle Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudizialiservizi bancari e finanziari, tuttavia occorre precisare che emanate dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiBanca d’Italia, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di statuisce che: “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non All’Arbitro Bancario Finanziario possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009»e servizi bancari e finanziari. Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato……… Già in precedenza, in occasione della richiesta da parte relazione a fattispecie molto simile a quella in esame, si è avuto modo di chiarire che “se è possibile confermare che la competenza dell’ABF si estende anche ai rapporti accessori e strumentali all’operazione finanziaria di sua specifica competenza (v. per tutte Collegio di Roma, decisione n. 2369 del cliente di un finanziamento 28 ottobre 2011) per l’acquisto di un bene quanto attiene ad eventuali irregolarità o di un servizioviolazioni relative alla fase genetica del rapporto accessorio, mediante un modulo prestampato che contieneesula, altresìtuttavia, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame dalla competenza di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto ogni questione relativa, invece, alla corretta esecuzione di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. contratti assicurativi (Collegio di CoordinamentoRoma, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo1969/2012), ha stabilito, nella normativa in linea con quanto previsto dalle “Disposizioni sui temi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezart. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/20134). Ne deriva Posto che l’assetto le questioni sollevate dal ricorrente attengono unicamente alla corretta interpretazione ed esecuzione della polizza assicurativa dal parte della compagnia di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento assicurazioni e che questo Collegio ritiene tale contratto, pur connesso a quello di far propriamutuo concluso con l’intermediario resistente, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 è stato regolarmente e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato validamente sottoscritto dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto confermarsi l’incompetenza di questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi Collegio a quelle inderogabilmente stabilite decidere sul ricorso presentato dal legislatore ricorrente” (in termini, Collegio di Roma, dec. Decisione n. 2200 1223 del 27 giugno 20122013). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure L’Arbitro Bancario Finanziario non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni eè, quindi, sotto competente a decidere della domanda e il profilo causale – i contratti creditiziricorso deve dichiararsi improcedibile.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) Giova toccare in linea preliminare l’eccezione di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatiincompetenza temporale sollevata dall’intermediario. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. DifattiSecondo espressa previsione regolamentare, la questione competenza arbitrale è circoscritta ai ricorsi aventi ad oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori successivi al 1° gennaio 2009». Passando al merito della La controversia occorre rilevare come sottoposta alla cognizione del Collegio riguarda la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatocorrettezza del conteggio estintivo svolto dalla Banca, in occasione applicazione del metodo di calcolo previsto dall’art. 9 del contratto. Non già il mero accertamento di una nullità originaria del contratto dello stesso; bensì il corretto criterio di determinazione della richiesta da parte somma, dovuta a seguito dell’estinzione anticipata del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresìrapporto. Nel merito, la facoltà controversia ruota introno all’art. 9 del contratto. Recita l’art. 9: “Ai fini del rimborso anticipato, il capitale restituito, nonché gli eventuali arretrati che fossero dovuti, verranno calcolati in Franchi Svizzeri in base al “tasso di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativocambio convenzionale”, e successivamente verranno convertiti in Euro in base alla quotazione del tasso di cambio Xxxxxx Xxxxxxxx-Euro rilevato sulla pagina FXBK del circuito Xxxxxx e pubblicato su “il sole 24 Ore” nel giorno dell’operazione di rimborso”. Al fine Sono così previste due operazioni: dapprima il calcolo del capitale residuo in Franchi Svizzeri sulla base del tasso convenzionale di pervenire ad una soluzione circa cambio adottato al momento della stipula; successivamente tale cifra verrà convertita in Euro sulla base del tasso di cambio esistente al momento dell’estinzione, subendo il cliente la controversia sottoposta all’esame doppia alea della duplice conversione del capitale residuo. Su tale clausola si è analiticamente pronunciato il Collegio di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)Coordinamento con decisione n. 5866/2015; con un iter argomentativo affatto condivisibile. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Il Collegio di coordinamento dell’ABF reputa che “l’art. 9 non esponga in maniera trasparente e inequivoca il meccanismo di calcolo applicabile in occasione dell’estinzione anticipata; tutto ciò in contrasto con la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda disciplina prevista dalla direttiva 93/13/CEE (recepita dall’ordinamento nazionale attraverso l’adozione del Codice del Consumo). Secondo la soluzione ermeneutica Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la violazione del principio di trasparenza, di cui all’art. 4, paragrafo 2 della direttiva sopra citata, fa sì che conduce alla declaratoria la clausola di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’artcui si tratta sia valutata come abusiva ai sensi dell’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (paragrafo 1 della stessa, laddove “malgrado il requisito della buona fede, si determini un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto”. Il Collegio di CoordinamentoCoordinamento rileva la nullità – rilevabile officiosamente – dell’art. 9 del contratto, decisione n. 3257 del 12.10.2012)ai sensi dell’art. Questo Collegio ritiene di condividere 36 cod. cons. Sulla stessa linea anche la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con Corte Suprema, secondo cui la Banca d’Italia, sulla base violazione della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’artfondamentale regola della trasparenza determina nullità della clausola (Cass. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezSez. III, par8 agosto 2011, n.17351). 2)Dalla nullità discendono corollari di disciplina, segnalati dalla Corte di giustizia dell’Unione europea «L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 – afferma la Corte - deve essere interpretato nel senso che, […] ove un contratto concluso tra un professionista e un consumatore non può sussistere dopo l’eliminazione di una clausola abusiva, tale disposizione non osta a una regola di diritto nazionale che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione permette al giudice nazionale di previsioni contenute in contratti redatti per iscrittoovviare alla nullità della suddetta clausola sostituendo a quest’ultima una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva». Nel caso oggetto di esame del Il Collegio di coordinamentocoordinamento di questo Arbitro ha chiarito che, come tenuto anche in quello qui in discussioneconto della Giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, alla nullità di una operazione economica, nella sostanza, clausola abusiva ai sensi dell’art. 36 cod. cons. consegue l’applicazione della norma di diritto dispositivo alla quale il predisponente aveva inteso derogare a proprio vantaggio (sentenza n. 3995 del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel 24 giugno 2014). Nel caso di specie, il già menzionato art. 125-sexies, 1° comma, T.U.B.. (corrispondente all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE) così statuisce: «Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore». In armonia con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene la Corte di consumo Giustizia si pone l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui (televisoreconfronta Xxxx. Sez. I 10 settembre 2013, n. 20686) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di l’accertata nullità della clausola concernente le modalità del calcolo degli interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmentenon travolge il contratto, ma in palese assenzaimpone al giudice un nuovo calcolo degli stessi. Il caso va, alloradunque, deciso alla stregua dei requisiti principi sopra esposti. Posta la nullità della clausola e tenuto conto del principio nominalistico di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito cui all’art. 2 1277, 1° comma, c.c., l’intermediario dovrà svolgere il conteggio dell’anticipata estinzione del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»finanziamento applicando i principi sopra enunciati. Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue In particolare posto che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato calcolo proposto dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità ricorrente non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattorisulta tecnicamente corretto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesimacapitale residuo che egli dovrà restituire sarà sarà pari alla differenza tra la somma mutuata e l’ammontare complessivo delle quote capitale già restituite, risultando allora chiaro comequeste ultime calcolate secondo la indicizzazione contrattuale al Franco Svizzero, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), senza praticare la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditiziduplice conversione prevista dalla clausola contrattuale nulla. Ogni altra domanda o eccezione rimane assorbita.
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DIRITTO. La Il Collegio deve preliminarmente dar conto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dall’intermediario convenuto, il quale sostiene che, essendo intervenuto nel rapporto negoziale quale mandatario con rappresentanza di altro istituto di credito, la legittimazione passiva dovrebbe essere posta a carico di quest’ultimo. Tale eccezione non può essere accolta. Costituisce infatti consolidato orientamento di questo Collegio (e v., ad es., ABF Napoli, n. 3337/2014) “il principio in base al quale, anche a prescindere dalla ricostruzione dei rapporti negoziali coinvolgenti l’intermediario mandante, la società mandataria ed il cliente (compiuta alla luce delle norme codicistiche) possa invece farsi applicazione di un criterio di apparentia juris allorché il ricorrente individui nell’intermediario collocatore, e non già nel finanziatore, la propria controparte, in maniera difforme rispetto alla corretta ricostruzione del rapporto negoziale sottostante: sotto il profilo oggettivo, infatti, è proprio il mandatario il soggetto con il quale il cliente ha materialmente stipulato il contratto ed intrattenuto i conseguenti rapporti negoziali, sino all’estinzione. Ne consegue che, in ragione di una considerazione unitaria dell’assetto degli interessi coinvolti ed al fine di garantire effettività della tutela, si è fatto ricorso ad un criterio di natura empirica per il quale può essere riconosciuta la legittimazione passiva in capo alla società mandataria, collocatrice del finanziamento ed interlocutrice naturale nella gestione del rapporto (cfr. Collegio di Napoli, dec. n. 2441/2012)”. Tanto premesso, può esaminarsi la domanda del ricorrente di accertamento del proprio diritto alla restituzione di quota parte degli oneri commissionali ed assicurativi connessi al finanziamento anticipatamente estinto rispetto al termine convenzionalmente pattuito, in applicazione del principio di equa riduzione del costo dello stesso, sancita all’art. 125- sexies t.u.b. In conformità alla ormai consolidata giurisprudenza dei tre Collegi di questo Arbitro, ed alla stregua degli indirizzi della Banca d’Italia rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, si è stabilito che la concreta applicazione del principio di equa riduzione del costo del finanziamento determina la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (cc.dd. recurring), che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale. Per converso, si è confermata la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipate (cc.dd. up front). Per quanto concerne il criterio di calcolo del rimborso spettante al ricorrente, coniuge il Collegio ritiene di applicare l’orientamento del titolare Collegio di coordinamento di questo Arbitro (ora deceduto) cfr. dec. n. 6167/2014), secondo cui il criterio pro rata temporis è il più logico e, al contempo, il più conforme al diritto ed all’equità sostanziale. Posto quanto precede, in relazione alla commissione in favore dell’intermediario mandante, dalla lettura della relativa clausola contrattuale, emerge che la stessa sia stata corrisposta al fine di un remunerare attività eterogenee non tutte ascrivibili alla fase prodromica alla concessione del prestito (quali, esemplificativamente, “l’esame della documentazione, la copertura del relativo rischio per tutta la durata dell’operazione, gli oneri per l’acquisizione della provvista, la elaborazione dei dati in funzione della legge 197/91, etc.: cfr. lett. a1). Pertanto, in considerazione dell’estinzione anticipata del finanziamento in corrispondenza della quarantanovesima rata di ammortamento (su centoventi complessive), deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata di detta commissione, pari ad euro 416,98. In ordine alla commissione prevista per l’intermediazione del prestito, va rilevato che l’esplicito riferimento nella relativa clausola contrattuale alla “garanzia non riscosso per riscosso” lascia presumere che le attività remunerate dalla commissione in questione non sono tutte ascrivibili alla fase prodromica alla concessione del prestito; in tal caso, l’opacità della clausola dipende dall’indistinto riferimento sia ad attività recurring, sia ad attività up front. Pertanto, in considerazione dell’estinzione del finanziamento in corrispondenza della quarantanovesima rata di ammortamento, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente alla restituzione della quota non maturata di quest’ultima commissione, pari ad euro 1.187,12. Non sfugge peraltro al Collegio che il ricorrente ha già ottenuto, in sede di conteggio estintivo, la somma di euro 120,70 a titolo di “abbuono spese per rata”. Del pari, va riconosciuto alla ricorrente il diritto al rimborso della quota parte del premio assicurativo versato in relazione al contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoanticipatamente estinto, chiede che stante il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis consolidato orientamento di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012(da ult., entrato in vigore il 1° gennaio 2012ABF Napoli, che alla Sez. I^5566/2015 e 6047/2014), § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata vieppiù avvalorato dalla decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto di questo Arbitro (cfr. dec. n. 6167/2014), in ordine alla sussistenza del collegamento negoziale tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltropolizza assicurativa, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, quale trova nella legge n. 221/2012 il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»suo riconoscimento normativo. Pertanto, se spetta a tale titolo al ricorrente il contratto rimborso della somma di euro 370,97. Infine, in merito alla richiesta del ricorrente del rimborso delle spese legali, è orientamento di questo Collegio (cfr. ABF Napoli, 3498/2012) che, là dove sia dimostrato che la parte ricorrente si sia avvalsa, nell’intero snodo procedimentale che va dal reclamo al ricorso, dell’ausilio di un difensore sopportandone il relativo costo, quest’ultimo possa e debba prendersi in considerazione, in caso di accoglimento del ricorso che si concluda con l’accertamento di un diritto risarcitorio, non già quale autonoma voce di rimborso non prevista dal Reg. ABF, bensì quale componente del più ampio pregiudizio patito dalla parte ricorrente, da questo Collegio liquidato equitativamente in euro 200,00. In considerazione di quanto precede, il Collegio non reputa congrua la somma che la convenuta si è dichiarata disponibile a riconoscere al ricorrente e riconosce il diritto di quest’ultimo ad ottenere dall’intermediario, al netto di quanto già restituito in sede di conteggio estintivo, l’importo complessivo di euro 1.854,37 a titolo di commissioni e premio assicurativo per il periodo di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene non goduto, oltre interessi legali dal reclamo (che ha valore giuridico di consumo – il quale non entra formale messa in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cmora) al soddisfo.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteAd avviso di questo Collegio, coniuge del titolare (ora deceduto) l’esame della controversia presenta profili di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva incompatibilità con la possibilità per l’ABF di pronunciarsi nel merito, stante il disposto del rilascio di una carta di credito ad uso rotativopar. 4, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF I delle ‘Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez’ emanate da Banca d’Italia. IIIConformemente a quanto già deciso da questo Collegio in casi del tutto analoghi a quello ora in esame, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – documentazioni prodotta dalle parti sembrerebbe che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata copertura assicurativa in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) oggetto sia stata offerta dalla banca come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta beneficio collaterale al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo stipulazione di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Collun tipo di contratto di conto corrente. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e Non emerge che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità durata del contratto di finanziamento rotativoassicurazione sia stata oggetto di specifica promessa da parte dell’intermediario. Così come non emerge che il rapporto assicurativo, oltre a costituire una prestazione accessoria fornita dalla banca, sia altrimenti collegato a quello bancario. La domanda della ricorrente presuppone però un inadempimento dell’intermediario e, più specificamente, l’inadempimento ad un contratto bancario, esulando i contratti assicurativi, in applicazione dell’artassenza di un chiaro collegamento negoziale, dalla sfera di conoscibilità dell’ABF. 117La ricorrente chiede, co. 1 infatti, l’accertamento della responsabilità dell’intermediario e 3il risarcimento di una somma pari a quella che l’assicuratore gli avrebbe riconosciuto a titolo di indennizzo qualora la copertura assicurativa fosse stata ancora efficace al momento del sinistro: “Ciò invero presuppone che l’intermediario fosse vincolato a mantenere l’efficacia del rapporto assicurativo in corrispondenza alla durata del rapporto di conto corrente e che non avendo fatto ciò si è reso inadempiente rispetto a quest’ultimo rapporto” (Collegio di Milano, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-temporedecisioni n. 2609 del 26.10.2011). PeraltroQuesta costruzione, deve essere anche rilevato però, risulta sfornita di basi probatorie. Ciò che emerge dai documenti forniti al Collegio è che l’intermediario aveva provveduto a stipulare una polizza collettiva nella forma dell’assicurazione per conto di chi spetta ex art. 1891 c.c. e, perciò, assumendo all’interno di quello schema negoziale la veste di contraente, mentre il ricorrente ha assunto la veste di assicurato. Non emerge invece che la durata dei due contratti, quello assicurativo e quello di conte corrente, fosse collegata, né invero emerge che qualche vicenda dell’uno potesse aver influenza sulle vicende dell’altro. Tutto quello che il Collegio può ritrarre da ciò che è stato fornito dalle parti è che la copertura assicurativa si presentava come la sottoscrizione del prestazione accessoria rispetto a quella tipica che ineriva agli obblighi di una banca nel contratto di finanziamentoconto corrente. Il Collegio considera, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questapertanto, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, questione prospettata dalla ricorrente solleva problematiche che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata esulano dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrentecompetenza dell’ABF, essendo stata accertata la mancanza di inerenti ad un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure rapporto assicurativo trilatero e non a titolo definitivo (art. 1422 c.cgià ad un rapporto bancario.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare ricorrente lamenta l’inadempimento dell’obbligazione di erogare credito (ora decedutoa determinate condizioni “agevolate”) di assunta dall’intermediario convenuto con un contratto di finanziamento transazione stipulato per regolare una lite in materia di contratti derivati (swap). Chiede quindi la risoluzione del contratto di transazione “con ogni consequenziale declaratoria anche rispetto alla reviviscenza della pretesa” relativa ai contratti derivati oggetto di transazione. Circa le questioni pregiudiziali sollevate dalla convenuta, il Collegio ritiene che possa essere accolta, in aggiunta prevedeva primo luogo, quella relativa all’assenza di reclamo circa l’applicazione di tassi di interesse asseritamente usurari sui mutui in essere. Parimenti il Collegio ritiene che, visto il tenore della domanda, tesa a ottenere la possibilità reviviscenza dei contratti derivati, sia degna di pregio la tesi della convenuta, secondo la quale l’ABF difetterebbe di competenza per materia. Nel complesso, quindi, il ricorso deve dirsi inammissibile. Ciò premesso, il Collegio osserva che, nel merito, non parrebbero comunque sussistere elementi sufficienti per l’accoglimento del rilascio ricorso. In particolare: - il punto n. 1 della premessa dell’accordo transattivo descrive la vicenda oggetto della transazione, rappresentato da una serie di contratti derivati (swap) in precedenza conclusi tra le parti e via via estinti, sino all’ultimo contratto derivato, stipulato a febbraio 2007 con scadenza febbraio 2017 ed estinto contestualmente alla transazione; - il punto n. 6 della premessa indica l’intenzione delle parti, “anche al fine di preservare pro futuro i rapporti commerciali tra loro intercorrenti” di “definire transattivamente ogni possibile contenzioso circa la validità e/o efficacia” delle operazioni contrattuali descritte nella premessa; - l’art. 2 della transazione descrive le “reciproche rinunce e/o concessioni”: in sintesi, da un lato la ricorrente rinuncia a far valere qualsivoglia diritto/pretesa circa la validità e/o efficacia delle operazioni contrattuali descritti in premessa e si fa carico di una carta quota del costo necessario ad estinguere anticipatamente l’ultimo contratto derivato, in essere al momento della transazione; dall’altro lato, l’intermediario si obbliga a concedere credito nelle forme e alle condizioni “agevolate” indicate in dettaglio all’art. 2.3 e si fa carico dell’altra quota di costo per l’estinzione anticipata dell’ultimo derivato (avvenuta contestualmente alla transazione, come si evince dalla documentazione versata in atti con le controdeduzioni); - l’art. 3 della transazione esplicita espressamente la “valenza novativa” della transazione; - nel contratto di transazione non risulta pattuito il diritto alla risoluzione per inadempimento. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., da ultimo, Cassazione civile, Sez. III, sentenza del 24/02/2015 n. 3598), occorre distinguere la transazione novativa da quella semplice: “nella prima si verifica l'estinzione del rapporto preesistente e la sostituzione di esso con altro oggettivamente diverso per contenuto e fonte costitutiva; nella seconda rimangono fermi il precedente rapporto e la relativa fonte, ma si introducono mutamenti dell'assetto sostanziale dei diritti e degli obblighi che sul piano processuale si configurano come fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato”. Esaminato il contratto di transazione di cui al ricorso in esame e le pattuizioni in esso contenute, il Collegio ritiene che esso abbia contenuto novativo, il che esclude in ogni caso la reviviscenza dei contratti derivati, da considerarsi definitivamente estinti e sostituiti dal nuovo rapporto concluso con la transazione, costitutivo di autonome e oggettivamente diverse obbligazioni (cfr. 15444/2011, Cass. 4455/2006, 7830/2003). Ciò premesso, quanto all’asserito inadempimento dell’intermediario circa il contratto di transazione, dalla documentazione versata in atti risulta un prospetto con le varie linee di credito ad uso rotativoin conto corrente concesse dall’intermediario (tra cui un’apertura di credito a revoca per € 850.000). I tassi di interesse originariamente pattuiti (nel giugno 2008) sono stati modificati a mano, chiede con sottoscrizione specifica da parte della ricorrente, in attuazione dell’accordo transattivo. Circa la mancata erogazione di nuovi mutui entro il plafond contrattualmente indicato, l’art. 2.3 lett. a) del contratto di transazione subordina l’accoglimento delle richieste di mutuo all’esito positivo della relativa istruttoria da condurre secondo il principio di buona fede, la cui violazione non appare provata. Per quel che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi econcerne, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, per anticipazioni di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)fatture, non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci risulta parimenti provata la presentazione di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione fatture per importo complessivamente eccedente il plafond esistente (insomma avvenuta oralmenteper € 400.000) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizil’esistenza di un rifiuto ingiustificato della banca all’incremento della linea esistente.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorrente ha chiesto al Collegio di pronunciarsi, coniuge del titolare (ora deceduto) innanzitutto, sul diritto ad ottenere la liberazione dalla garanzia fideiussoria prestata a favore dell’intermediario, in primo luogo per l’accollo di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità terzo. Nella ricostruzione del rilascio di una carta di credito ad uso rotativofatto, chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare si deve innanzitutto rilevare che dalla documentazione agli atti prodotta emerge che le parti avevano concluso, in realtà, un accollo interno, peraltro comunicato all’intermediario solo a valle dell’insorgere della controversia tra le parti, in data 19 gennaio 2015. Ciò premesso, va richiamata quindi la disciplina dell’accollo, in forza della quale, ai fini della liberazione del debitore originario, è necessaria non emergono profili solo l’adesione del creditore, ma anche la pattuizione avente ad oggetto la liberazione del debitore originario come condizione espressa della stipulazione ovvero la dichiarazione espressa del creditore di inammissibilità liberarlo (art. 1273 cod. civ.): come ripetutamente ricordato anche da questo Collegio “la convenzione di accollo – che si configura come un contratto a favore del ricorso creditore, riconducibile dunque, almeno nell’opinione della prevalenza degli interpreti, al paradigma del contratto a favore di terzo - produce come effetto tipico solo quello di aggiungere al debito dell’accollato anche l’obbligazione dell’accollante, ma non vale anche automaticamente a liberare il primo, l’effetto liberatorio nei confronti del debitore accollante producendosi solo in presenza di una espressa manifestazione di volontà del creditore beneficiario della pattuizione; e ciò del resto in coerenza con la regola generale per incompetenza ratione temporis dell’ABFcui il contratto stipulato inter alios (com’è appunto la convenzione di accollo, che è sottoscritta solo dal debitore accollato e dal terzo accollante, ma senza la partecipazione del creditore) può produrre a favore di chi vi rimane estraneo solo effetti favorevoli e giammai effetti svantaggiosi” (ex pluribus ABF Napoli decisione n. 1207/2010; conforme n. 2904/2014, e nella giurisprudenza di legittimità Xxxx. Difatti24 giugno 2009, n. 14780). Per altro verso, il ricorrente ha invocato l’estinzione della fideiussione per la sussistenza dei presupposti dell’art. 1956 cod. civ., assumendo che l’accordo transattivo stipulato dall’intermediario, a valle dell’intimazione a rientrare dall’esposizione debitoria con atto di precetto notificato al debitore e ai garanti, si sarebbe realizzato con la sostanziale concessione di un nuovo finanziamento. In realtà, dal testo della transazione contenuta nella lettera del 10 novembre 2014, risulta che l’intermediario ha concesso “la remissione del debito, derivante dal mutuo n. […], dietro versamento a saldo e stralcio di € 1.220.000,00 da versarsi nelle seguenti modalità…”, con la precisazione di non voler attribuire all’accordo alcun effetto novativo; non vi è alcun elemento che autorizzi a ritenere che il debitore principale sia stato destinatario di un nuovo finanziamento, avendo, invece, goduto di una remissione parziale del debito e di una rinegoziazione di elementi accessori, quali la rateizzazione e le scadenze dei pagamenti. Un insieme di condizioni che – in mancanza di una diversa e univoca prova incombente sul ricorrente (Cass. 23 maggio 2005, n. 10870) – non evidenzia nemmeno un peggioramento dell’oggetto e delle condizioni della fideiussione. Proprio recentemente il Tribunale di Milano, nella sentenza del 28 luglio 2015 ha affermato, in una fattispecie sovrapponibile al caso in decisione, che “la gestione del rapporto con la debitrice principale dopo la data di scadenza dell'apertura di credito garantita non ha comportato un aggravamento in senso proprio della esposizione della debitrice principale, in particolare né essendo state concesse nuove aperture di credito né essendo stato tollerato un ulteriore sconfinamento di quella originaria, ma, al contrario, la questione oggetto convenuta avendo escusso tempestivamente la debitrice principale ed i garanti ed avendo poi accettato i due successivi piani di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso rientro proposti dalla correntista nel tentativo di favorire il rientro autonomo della debitrice, così realizzando una gestione del rapporto da valutare ex ante: né irragionevole né connotata in data 12.1.2009danno dei garanti, ma invece idonea alla sistemazione della esposizione, (...). Pertanto sussiste E, del resto, a riprova della conclusione cui si è pervenuti, può ancora osservarsi come l'attrice neppure abbia prospettato una situazione patrimoniale della debitrice principale tale per cui, ove la competenza ratione temporis banca non avesse dato seguito ai piani di questo Arbitro come modificata rientro del 2010 e del 2011 ma avesse posto in essere immediate iniziative giudiziali nei confronti della debitrice principale sfocianti in titoli anche provvisoriamente esecutivi, condotta quest'ultima che in sostanza l'attrice rimprovera appunto alla convenuta di aver omesso, le possibilità di soddisfazione della convenuta avrebbero potuto essere migliori di quelle dipendenti dalla parziale esecuzione dei piani di rientro, con conseguente maggior alleggerimento dell'obbligazione di garanzia: ed, anzi, dal provvedimento complessivo materiale probatorio sono ricavabili indici in senso contrario, con conseguente valutazione della condotta della convenuta quale di “Revisione” 12/12/2012per sé non pregiudizievole per i garanti”. Va anche aggiunto che la clausola contrattuale invocata dal ricorrente – l’art. 7, entrato in vigore il 1° gennaio 2012capo B, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta – a tenore della quale la dilazione di credito revolving pagamento può essere concessa previa “semplice preventiva comunicazione scritta ai garanti”, indica che nel rapporto con il garante non è ritenuta necessaria una autorizzazione, ma è sufficiente una comunicazione. Profilo diverso è quello delle conseguenze della violazione di un simile obbligo, giacché nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente non risulta che l’intermediario abbia mai provveduto a inviare comunicazioni al ricorrente non solo relativamente all’accordo transattivo, ma anche precedentemente alla stipula di tale atto e relativamente all’andamento del rapporto obbligatorio: infatti, emergono dalla stessa documentazione presentata dalla resistente i tentativi di inoltro postale con esito negativo, peraltro indirizzati a un domicilio non corrispondente a quello reale del ricorrente, né a quello dichiarato negli atti contrattuali. A tale proposito, è noto come sia tuttora aperto il dibattito sull’estensione al fideiussore degli obblighi di informazione dell’intermediario nei confronti della clientela descritti negli artt. 119 ss. t.u.b., che vede contrapposta la tesi a favore dell’applicabilità, sul presupposto che la disposizione riguarda tutti i contratti di durata (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, ABF Milano decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo4986/2014), ha stabilitoa quella opposta che si fonda sulla diversità della situazione tra debitore e garante nel rapporto con l’intermediario, nella normativa in materia nonché su un onere del secondo di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” assumere dal debitore le informazioni necessarie (sezXxxx. III9 novembre 2007, par. 2n. 23391; ABF Roma decisione n. 665/2015), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, ; nel caso di specie, tuttavia, il punto dirimente è che la violazione dei doveri di informazione non appare suscettibile di inficiare la validità della fideiussione perché esula dal perimetro della fattispecie dell’art. 1956 cod. civ. La prima domanda formulata dal ricorrente, e tendente ad ottenere la liberazione dalla fideiussione, non merita accoglimento. Nel secondo capo delle conclusioni del ricorso, l’istante ha chiesto “conseguentemente” di ordinare all’intermediario la cancellazione della segnalazione nella Centrale dei Rischi presso la Banca d’Italia, inquadrandola quale effetto della liberazione; tuttavia, dalla lettura della causa petendi emerge diversamente che oggetto di contestazione è il mancato preavviso della segnalazione al debitore. Sul punto, però, le censure del ricorrente non colgono nel segno, giacché l’intermediario si è attenuto alle indicazioni della Circolare della Banca d’Italia n. 139/91, secondo cui la segnalazione del garante, che va compresa nella categoria di censimento denominata “garanzie ricevute”, cessa quando si estingue l’obbligazione del garante oppure quando viene meno il rapporto garantito (così nel Cap. II, sez. II, par. 3); in concreto l’evidenza depositata dall’intermediario espone una segnalazione con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come talecodice identificativo 179, che corrisponde, quindi, da valutare autonomamentealla “garanzia non attivata”, circa di guisa che, la sua validitàsegnalazione appare legittima. E non può in alcun modo essere pregiudizievole per il ricorrente, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva giacché non fa che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito attestare l’esistenza di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmenteobbligazione di garanzia, ma in palese assenza, allora, dei requisiti non anche una ipotetica qualità di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»cattivo pagatore”. Pertanto, se anche sotto tale profilo, il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, ricorso deve essere considerato nullo rigettato. Non merita accoglimento, infine, la domanda di risarcimento dei danni, in quanto, anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio prescindere dall’insussistenza di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contrattoresponsabilità dell’intermediario, il relativo assetto sinallagmatico ricorrente non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesimaha allegato e provato l’esistenza del danno, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento necessaria anche ai fini di una delle parti)liquidazione equitativa, come quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.richiesta. IL PRESIDENTE
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DIRITTO. La ricorrentecontroversia ha ad oggetto il riconoscimento del diritto della ricorrente alla restituzione di parte dei costi del finanziamento, coniuge a seguito della avvenuta estinzione anticipata di quest’ultimo rispetto al termine convenzionalmente pattuito, da cui deriva, come previsto dall’articolo 125-sexies del titolare TUB, il diritto del soggetto finanziato a ottenere una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi e dei costi “dovuti per la vita residua del contratto”. Più in particolare, la domanda avanzata dal ricorrente risulta riferita alle spese di istruttoria, alle commissioni del finanziatore, alle commissioni dell’agente e al premio assicurativo. La consolidata giurisprudenza dei Collegi di questo Arbitro, coerentemente con quanto stabilito, peraltro, dalla stessa Banca d’Italia negli indirizzi rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, ha affermato fino a oggi che la concreta applicazione del principio di equa riduzione del costo del finanziamento determinasse la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (ora decedutoc.d. recurring) che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale. A contrario, il medesimo orientamento ha confermato la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (c.d. up front). Si è ugualmente consolidato l’orientamento alla cui stregua il criterio di calcolo della somma corrispondente alla “riduzione” dei costi retrocedibili in caso di estinzione anticipata deve essere individuato nel metodo proporzionale puro, comunemente denominato pro rata temporis. La cornice interpretativa appena descritta si è, di recente, arricchita della decisione dell’11 settembre 2019 nella causa C-383/18 della Corte di Giustizia Europea, e della successiva decisione dell’11 dicembre 2019 del Collegio di Coordinamento di questo ABF. Con domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 267 TFUE, infatti, il Giudice del Tribunale di Lublino ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di fornire l’esatta interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sui contratti dei consumatori, che ha abrogato la precedente Direttiva 87/102 CEE del Consiglio, e in particolare di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, includa o meno tutti i costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto. La Corte Europea, con la già ricordata sentenza 11 settembre 2019, (c.d. sentenza LEXITOR), ha fornito risposta a tale quesito affermando che l’articolo 16 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”. Dal proprio canto, il Collegio di Coordinamento di questo ABF, investito della questione dal Collegio di Palermo con ordinanza del 16 settembre 2019 in relazione alle conseguenze della citata sentenza della CGUE sulla rimborsabilità dei costi non continuativi (c.d. up front), accogliendo parzialmente il ricorso, con decisione dell’11 dicembre 2019, ha enunciato il principio, per un verso, per cui “A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art. 125-sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”, e, per l’altro, per cui “Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”. Lo stesso Collegio di Coordinamento, ha osservato che “La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”, che “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring”, e che “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”. Quanto al criterio di riduzione dei costi, il Collegio di coordinamento ha affermato, in primo luogo, la nullità di ogni clausola che “[…] sia pure in modo implicito, abbia escluso la ripetibilità dei costi riferiti ad attività preliminari […]”, in quanto contraria a norma imperativa, conseguendone che tale nullità rilevabile d’ufficio in base al disposto degli articoli 127 TUB e 1418 c.c. comporti la sostituzione automatica del disposto di cui all’art. 1419, comma 2, c.c. con la norma imperativa che, già al momento della conclusione del contratto – come si deve necessariamente concludere, per la natura dichiarativa della decisione LEXITOR – imponeva la restituzione anche dei costi up front. In secondo luogo, il Collegio di finanziamento che coordinamento, rilevato che, quanto alla riduzione dei costi diversi da quelli recurring, si è in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio presenza di una carta lacuna del regolamento contrattuale, osserva che la CGUE non impone al riguardo un criterio di credito ad uso rotativoriduzione comune e unico per tutte le componenti, chiede ma ha affermato che il metodo di calcolo utilizzabile “consiste nel prendere in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e nel ridurne poi l’importo in proporzione della durata residua del contratto”, intendendo la “totalità” non “[…] come sommatoria, ma come complessità delle voci di costo […]”. Le parti, quindi, potranno “[…] declinare in modo differenziato il criterio di rimborso dei costi up front rispetto ai costi recurring, sempre che il criterio prescelto, con ciò senza escludere la facoltà di estendere il metodo pro rata, sia agevolmente comprensibile e quantificabile dal consumatore e risponda sempre ad un principio di (relativa) proporzionalità […]”. Sempre secondo il Collegio voglia dichiarare di coordinamento, se tale situazione non dovesse verificarsi spetterà al giudicante il compito di integrare il regolamento contrattuale incompleto, e, non potendosi procedere a tale fine in via interpretativa, in relazione al contenuto del contratto, né in base ad una disposizione normativa suppletiva, il Collegio afferma che non possa che procedersi al ricorso per la nullità integrazione “giudiziale” secondo equità (art. 1374 c.c.). Il Collegio di coordinamento, quindi, premesso che spetterà ai singoli Collegi territoriali la valutazione dei casi concreti, considera il merito del finanziamento ricorso, in relazione al quale “[…] ritiene peraltro che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile sia analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Ciò significa che la riduzione dei costi up front può nella specie effettuarsi secondo lo stesso metodo di riduzione progressiva (relativamente proporzionale appunto) che è stato utilizzato per mancanza gli interessi corrispettivi (c.c. curva degli interessi) come desumibile dal piano di forma scritta ed altri elementi eammortamento […]”, concludendo che si tratta della soluzione da ritenere “[…] allo stato la più idonea a contemperare equamente gli interessi delle parti contraenti perché, mentre garantisce il diritto del consumatore a una riduzione proporzionale dei costi istantanei del finanziamento, tiene conto della loro ontologica differenza rispetto ai costi recurring e della diversa natura della controprestazione […]”, e che “[…] essa, inoltre, trova un collegamento puntuale nel richiamo alla portata del diritto all’equa riduzione del costo del credito sancito nell’abrogato art. 8 della Direttiva 87/102, di cui l’art. 16 della Direttiva 2008/48 costituisce una più precisa consacrazione evolutiva […]”. Il Collegio aggiunge, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato che “[…] non ricorre invece alcuna ragione per discostarsi dai consolidati orientamenti giurisprudenziali dell’Arbitro bancario per quanto attiene ai costi ricorrenti e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatiagli oneri assicurativi […]”. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudizialiQuesto Collegio, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che nel dare piena attuazione sia alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale Xxxxxxxxxxxxx sia ai principi di diritto esposti nel risolvere suo dispositivo, ritiene appropriato, nel merito, in base alla sua autonoma valutazione, il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha criterio di calcolo adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (nel caso concreto dal Collegio di CoordinamentoCoordinamento per la quantificazione dei costi up front da restituire, decisione n. 3257 condividendo pienamente, e qui richiamando integralmente le argomentazioni poste a fondamento di tale scelta che individua nella previsione pattizia del 12.10.2012)conteggio degli interessi il referente normativo da utilizzare al fine di calcolare l’importo di tale restituzione in applicazione del principio di integrazione giudiziale secondo equità. Questo Il Collegio ritiene ritiene, inoltre, sempre quale principio generale di condividere diritto, che analogo criterio debba essere utilizzato anche in relazione ai contratti stipulati antecedentemente alla Direttiva 2008/48/CE relativa al credito ai consumatori e nel vigore della precedente direttiva 87/102 CEE. A tale riguardo, appare innanzitutto significativo l’espresso riferimento a tale Direttiva contenuto nel paragrafo 28 della sentenza LEXITOR, nel quale la linea interpretativa Corte afferma che l’art. 16 della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR nuova Direttiva ha concretizzato il diritto del 4.3.2003 e consumatore a una riduzione del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il costo del credito in caso di sottolinearerimborso anticipato, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia sostituendo alla nozione generica di “Trasparenza delle operazioni equa riduzione” quella “più precisa di“ riduzione del costo totale del credito e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), aggiungendo che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni tale riduzione deve riguardare “gli interessi e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del costi”, così come rilevato e confermato anche dal Collegio di coordinamento, come supra riportato. Tale conclusione appare, quindi, pienamente in accordo con l’orientamento espresso dal Collegio di coordinamento e dai Collegi ABF in merito ai principi che regolavano la materia anche in quello qui in discussione, peraltroprima dell’introduzione dell’art. 125-sexies del TUB. Nel caso di specie, la concessione del domanda di rimborso, concordi le parti nel ritenere che il prestito revolving risulta avvenuta a distanza è stato estinto il 30 giugno 2018, decorsa la quarantottesima rata sulle centoventi originariamente previste, ha ad oggetto le commissioni bancarie, gli oneri di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale distribuzione e le spese di richiesta (nel 1991) istruttoria. Sulla scorta dei condivisi orientamenti dei Collegi ABF, se le spese di istruttoria sono state ritenute up front, le commissioni di attivazione e quandole commissioni di gestione, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.dsono state ritenute recurring. “primo utilizzo Più in particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo quest’ultima voce di costo è stata rimborsata al finanziamento ricorrente secondo un criterio alternativo al pro rata temporis (principi contabili IAS 39), sebbene, tale modalità di rimborso non fosse specificamente concesso nel 1991 prevista nelle condizioni contrattuali, né constasse agli atti documentazione riguardante la pattuizione di tale criterio alternativo per acquistare un bene il rimborso della voce di consumo costo in oggetto. Quanto al costo di intermediazione, sulla scorta dei condivisi orientamenti dei Collegi ABF, è stata ritenuta up front, come si evince dalla documentazione allegata dall’intermediario (televisore) come tale, quindiconferimento di incarico di mediazione), da valutare autonomamente, circa la sua validità, cui si ricava come l’attività di mediazione sia effettivamente circoscritta all’attività propedeutica alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento. Alla luce di quanto precede, stipulato presso un rivenditore applicando per le voci di beni accessoriamente costo ritenute recurring, il criterio pro rata temporis, e, per quelle ritenute up front, il criterio “finanziario” al contratto tasso d’interesse nominale (i.e. curva degli interessi secondo il piano di credito finalizzato all’acquisto ammortamento), considerati gli orientamenti espressi dal Collegio e ferme le sue valutazioni sull’applicazione del criterio dell’equità integrativa al caso di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimospecie, la domanda deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplinaaccolta parzialmente, questatenuto conto dei rimborsi già effettuati pari a 50,41 euro, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorievanno a compensarsi con l’importo corrispondente al residuo delle commissioni e delle provvigioni ancora da rimborsare. Assume rilievo in particolareNe risulta un importo dovuto pari a 2.895,50 euro, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base oltre a interessi legali dal reclamo al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolvingsaldo, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato coincide con quanto richiesto dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo ricorrente (4.114,79 euro) in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cquest’ultimo ha utilizzato il pro rata temporis per tutte le voci richieste.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. Parte ricorrente contesta innanzitutto la condotta tenuta dalla resistente in sede di stipula dell’accordo definitivo sulle condizioni di ammortamento del mutuo agrario condizionato in precedenza contratto. Eccepisce in particolare che la resistente, abusando della propria posizione, l’avrebbe indotta ad accettare condizioni più sfavorevoli rispetto a quelle in origine contrattate. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento resistente riporta che tale maggiorazione sia motivata dal ritardo con il quale si è addivenuti a tale accordo definitivo rispetto a quanto in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede origine pattuito e che il Collegio voglia dichiarare comportamento tenuto ha avuto la nullità del finanziamento stesso per mancanza sola finalità di forma scritta ed altri elementi efavorire il proprio cliente, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatiben potendo risolvere il contratto ai sensi dell’art. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF2 dell’accordo sottoscritto tra le parti. DifattiEbbene, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso lettura del citato art. 2 rileva che tra le facoltà spettanti alla banca non è ricompresa in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)ritardo nell’ultimazione dell’investimento la ricontrattazione delle condizioni di ammortamento. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaiTuttavia, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – fatto che la concessione del prestito revolving banca non possa essere considerata operazione effettuata imporre una modifica delle condizioni pattuite non preclude alle parti di addivenire a tale modifica liberamente, cosa in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, effetti avvenuta nel caso di specie. Appare, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare peraltro, rilevante sottolineare come dalla documentazione in atti risulti che la maggiorazione del tasso di interesse sia stato formalmente proposto dalla medesima ricorrente e poi oggetto di specifico accordo. In sostanza la sussistenza di un bene inadempimento della ricorrente e di consumo un’effettiva ragione giustificatrice a fondamento della modifica contrattuale concordata escludono che si possa attribuire un comportamento abusivo della banca, tale da indurre coercitivamente la controparte alla accettazione delle predette condizioni contrattuali. La società ricorrente chiede, inoltre, che venga accolta la richiesta dalla medesima avanzata a luglio 2014 e poi a gennaio 2015 volta ad ottenere la sospensione delle rate del mutuo in forza dell’Accordo ABI - PMI. La domanda così formulata non può trovare accoglimento, in quanto mira ad ottenere un provvedimento di condanna della banca ad un facere specifico, estraneo alla competenza di questo Arbitro (televisore) come talecfr. Collegio di Milano, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. decisine n. 187/20135235/2016). Ne deriva Per quanto riguarda la richiesta di riapertura dell’affidamento in conto corrente, si rileva in base alla documentazione contrattuale agli atti che l’assetto l’apertura di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineatocredito era a tempo determinato e che, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia)perciò, non essendo ovviamente consentito che ammontareè intervenuto alcun recesso della banca. La banca, condizioni essenziali e voci al contrario, ha deciso di costo non contemplate nella forma prescritta al momento rinnovare l’affidamento in favore della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo scelta che attiene al merito creditizio in quanto stipulato alcun modo sostituibile con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore un provvedimento dell’Arbitro (in termini, per tutti Collegio di Roma, dec. decisione n. 2200 del 27 giugno 20121876/2016). Le conseguenze dell’accertamento Infine nel ricorso è evidenziata una generale scorrettezza della nullità banca nella gestione del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.)rapporto con il cliente. In casi particolare viene contestato, ad esempio, il fatto che la banca abbia imputato delle somme destinate al pagamento della rata del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del mutuo a copertura invece dell’esposizione debitoria relativa all’affidamento e viene richiesto al Collegio di coordinamento (n. 3257 far cessare la condotta contraria alla buona fede e alla correttezza nonché l’assunzione dei provvedimenti più opportuni anche nei confronti del 2012)personale dell’intermediario. In proposito si ritiene che la richiesta così formulata sia generica, ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione consentendo l’esatta identificazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), condotta della banca di cui si chiede la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni cessazione e, quindiperaltro, sotto il profilo causale – i contratti creditiziin parte estranea alla competenza dell’Arbitro laddove si fa riferimento a provvedimenti nei confronti del personale dell’intermediario.
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DIRITTO. La ricorrenteVa innanzitutto esaminata l’eccezione preliminare sollevata dall’intermediario resistente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, il quale chiede che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di vengano dichiarate irricevibili le domande relative all’accertamento dell’inosservanza della forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato prevista per i contratti bancari e l'ammontare alla restituzione degli interessi complessivamente pagatianatocistici, perché introdotte solo in sede di ricorso e non presenti nel reclamo. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla La Sez. I^VI, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF par. 1 delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), prevede che «“Il ricorso all’ABF è preceduto da un reclamo preventivo all’intermediario […] il ricorso deve avere ad oggetto la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto»stessa questione esposta nel reclamo”. Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’artil reclamo contiene una contestazione relativa alla “mancata pattuizione per iscritto degli interessi, delle commissioni e delle spese”. 3 D.lgs. 25.9.1999Come si evince dalla perizia prodotta dal ricorrente, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione tale doglianza discende dall’asserita inosservanza della forma scritta dei contratti (dovuta all’assenza di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e sottoscrizione della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari»banca). Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio essere accolta l’eccezione preliminare sollevata dall’intermediario resistente in riferimento alla domanda di finanziamento attivato mediante la carta revolvingaccertamento dell’inosservanza della forma scritta e di condanna alla restituzione delle somme addebitate ai sensi dell’art. 117 TUB. In applicazione delle medesime norme, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigentirisulta, che per l’appunto richiedevanoinvece, a tutela della clientelafondata l’eccezione di irricevibilità formulata dalla resistente con riguardo alla richiesta di restituzione degli interessi anatocistici, l’assistenza data l’assenza nel reclamo di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama qualsiasi riferimento alla richiesta formulata sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari nel ricorso. Tale domanda è pertanto da ritenersi improcedibile. Venendo alla domanda di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale conto corrente e del contratto di apertura di credito per l’inosservanza della ripetizione dell’indebito forma scritta prevista per i contratti bancari dall’art. 117 del TUB, il Collegio rileva che la questione è stata affrontata in giurisprudenza e in dottrina con esiti non univoci. In materia di contratti per la prestazione di servizi di investimento, disciplinati quanto alla forma in maniera molto simile ai contratti bancari, la Corte di Cassazione ha recentemente affermato che è nullo il contratto sottoscritto soltanto dal cliente, poiché la forma scritta bilaterale richiesta ad substantiam dall’art. 23 del Testo Unico della Finanza deve intendersi un elemento costitutivo del contratto (artcfr. 2033 c.c.Cass. 5919/2016; 7068/2016; 8395/2016; 8396/2016; 10331/2017). La somma ricevuta Suprema Corte, con successiva ordinanza n. 10447/2017 di rimessione alle Sezioni Unite della questione, ha tuttavia rilevato la necessità di ulteriori riflessioni sul punto, posto che al recente orientamento sopra ricordato si contrappone un diverso orientamento che trova consensi in prestito dovrà dottrina e nella giurisprudenza soprattutto di merito, il quale esclude la necessità della sottoscrizione della banca per la validità del contratto di prestazione di servizi di investimento, laddove il modulo contenente le condizioni generali di contratto, sottoscritto dal cliente, sia stato predisposto dalla banca. Tale orientamento, che ha trovato conferme nella giurisprudenza di merito e di legittimità (cfr. Appello Venezia n. 1377/2016; Trib. di Reggio Xxxxxx 28/04/2015; Cass. n. 22223/2006), nonché in precedenti di questo Arbitro (cfr. Coll. di Roma, decisione n. 7009/2015), valorizza le differenze tra la ratio della forma scritta ad substantiam prevista dal codice civile per contratti che richiedono particolare solennità nell’ambito di rapporti paritari e la ratio della forma scritta prevista dalla disciplina bancaria e finanziaria, finalizzata alla protezione del contraente debole e alla soddisfazione di esigenze di chiarezza e trasparenza informativa. Tale orientamento tiene anche debitamente conto dell’esigenza di prevenire un uso opportunistico della nullità di protezione da parte del contraente debole. Il Collegio intende uniformarsi a questo secondo orientamento, ritenendo che il requisito formale stabilito a fini informativi e di tutela del contraente debole debba intendersi riferito alla manifestazione di volontà di quest’ultimo, mentre la volontà dell’intermediario possa essere quindi restituita manifestata anche attraverso altre forme (non potendo, peraltro, l’intermediario contestare la validità per carenza di forma scritta). A tale proposito, può ritenersi sufficiente la predisposizione del modulo contenente le condizioni generali di contratto da parte dell’intermediario ovvero l’incontestata esecuzione del contratto da parte dell’intermediario nel rispetto delle condizioni contrattuali sottoscritte dal cliente. Nel caso in esame, le copie dei contratti versate in atti contengono la sottoscrizione del correntista e il visto dell’addetto della banca che ha acquisito la firma del cliente. Inoltre, è pacifico che ai contratti di conto corrente e apertura di credito oggetto del ricorso sia stata data esecuzione nel rispetto delle condizioni pattuite. Per queste ragioni, la doglianza relativa alla nullità per mancanza della forma scritta prevista dall’art. 117 del TUB e la conseguente pretesa restitutoria (peraltro del tutto generica) relativa a spese ed oneri quantificati in euro 2.213,57 devono ritenersi infondate. Il ricorrente chiede, infine, la restituzione di somme addebitate a titolo di interessi in applicazione dell’art. 1815, comma 2, c.c., per l’asserito superamento della soglia usura nei trimestri I, II, III e IV del 2011 e I e II del 2015. In particolare, la perizia prodotta dalla ricorrenteparte ricorrente contesta come distorta la metodologia di calcolo prevista dalle Istruzioni della Banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi, poiché essa escluderebbe numerosi oneri, e al suo posto utilizza una metodologia di calcolo del TEG che deriverebbe direttamente dalla L. 108/96 nella parte in cui sancisce che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo delle spese, escluse quelle per imposte e tasse collegate alla erogazione del credito”. L’usura oggettiva è regolata da un quadro normativo complesso: a livello primario, in diritto civile, dall’art. 1815 comma 2 c.c., e, in diritto penale, dall’art. 644 c.p. e dalla L. 7 marzo 1996, n. 108 (cd. Xxxxx Xxxxx) e dal D.l. 394/2000, di interpretazione autentica della stessa. La norma penale è, inoltre, completata dai decreti trimestrali del Ministero dell’Economia e delle Finanze (al quale è demandato il compito di individuare il limite oltre il quale gli interessi sono considerati sempre usurari e di stabilire le diverse categorie di operazioni creditizie) e dalle “Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura” della Banca d’Italia, che per ogni categoria di operazione creditizia prevedono le voci di cui tenere conto e la metodologia di calcolo per la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi necessari ai fini della determinazione dei tassi soglia ex art. 2, comma 4, della Legge Usura. Con riferimento alla metodologia di calcolo da utilizzare per la verifica di usurarietà dei tassi in concreto applicati, l’orientamento di questo Arbitro è costante nell’affermare che le Istruzioni della Banca d’Italia costituiscono il punto di riferimento imprescindibile per il calcolo del TEG e, pertanto, vi deve essere piena simmetria tra la tra formula utilizzata per la rilevazione del TEGM e la formula utilizzata per il calcolo dello specifico TEG contrattuale (cfr., ex multis, sul cd. “principio di simmetria”, Collegio di Coordinamento, dec. n. 3412/2014; Coll. di Roma, decisione n. 6759/2016; Coll. di Roma, decisione n. 11395/2016). Anche la Corte di Cassazione si è di recente pronunciata in questo senso con sentenza n. 12965/2016 affermando, tra l’altro, che se il “raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo, il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato”. Ne deriva che, avendo la perizia di parte utilizzato una metodologia di calcolo ex professo diversa da quella prevista dalle Istruzioni della Banca d’Italia, sia per i fattori in essa inclusi che per la struttura della formula, deve ritenersi non soddisfatto dalla parte ricorrente l’onere della prova circa l’asserito superamento del tasso soglia previsto dalla legge in riferimento ai trimestri indicati nel ricorso. Né spetta all’Arbitro rielaborare i conteggi relativi al rapporto controverso, essendo stata accertata pacifico che all’Arbitro non possono essere demandate attività di tipo consulenziale (cfr., ex multis, Coll. di Roma, decisione n. 1780/2017). Il Collegio ritiene, pertanto, che la mancanza domanda relativa di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non restituzione delle somme addebitate a titolo definitivo (art. 1422 c.cdi interessi debba essere respinta in quanto infondata.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteCome esposto in narrativa, coniuge la controversia sottoposta a vaglio della seduta odierna del titolare (ora deceduto) di Collegio concerne un contratto di finanziamento che leasing immobiliare, in aggiunta prevedeva relazione al quale la possibilità del rilascio società ricorrente, dopo aver provveduto al riscatto, contesta l’errato calcolo di una carta indicizzazione dei canoni variabili, così come rilevati a seguito di credito ad uso rotativospecifica analisi contabile. Va precisato, chiede innanzitutto, che il contratto in questione è stato perfezionato il 09.10.2002, con durata di 120 mesi e diritto di opzione per l’acquisto dell’immobile per la parte utilizzatrice odierna ricorrente, alla scadenza della locazione medesima. Le parti hanno, però, convenuto il riscatto in via anticipata della proprietà dell’immobile a favore della società istante, stipulando il relativo atto di compravendita in data 22.02.2011. In primo luogo, pertanto, in base ai fatti descritti ed ai documenti prodotti, il Collegio voglia dichiarare ritiene che la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis controversia rientri parzialmente nella competenza temporale dell’ABF. DifattiInfatti, la questione secondo l’orientamento costante dei tre Collegi, in caso di controversia avente ad oggetto un rapporto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori durata sorto anteriormente al 1° gennaio 2009». Passando 2007, ma ancora efficace (i.e. produttivo di effetti) successivamente a tale data, occorre avere riguardo al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto petitum onde verificare se esso si fonda su vizi genetici del rapporto (nel quale caso vi sarà incompetenza temporale), oppure su una divergenza tra le modalità di stipula parti che riguarda effetti del negozio giuridico prodottisi successivamente al 1° gennaio 2007 (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel qual caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicavi sarà competenza temporale). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, le richieste della ricorrente, riferite ad un rapporto contrattuale sorto nel 2002, trovano origine solo in parte in fatti (pagamento del canone di locazione) accaduti anteriormente al 1° gennaio 2007, essendo in questione previamente la natura ed il valore della clausola sottoscritta al riscatto, così come avvenuto nel 2011. Si precisa, in ogni caso, che l’intermediario non ha formulato alcuna eccezione in merito all’incompetenza, ratione temporis, dell’ABF. Ciò chiarito, e rivolgendosi ora al merito della controversia, si deve previamente sottolineare che in effetti il leasing prevedeva analitiche indicazioni in merito al piano di ammortamento, che pur non si andranno qui a riprodurre se non per quanto di attinenza alla controversia in esame. La ricorrente riferisce di aver riscontrato, solo successivamente alla risoluzione consensuale del leasing avvenuta per effetto del riscatto, un maggiore addebito a suo danno per indicizzazione trimestrale pari ad Euro 10.693,70 oltre Iva, con riguardo riferimento all’intera durata del contratto (09.10.2002 – 22.02.2011). Al riguardo, la ricorrente si è premurata di allegare: i) una tabella illustrativa dei conteggi effettuati, comprensiva degli importi chiesti a titolo di rivalutazione ed interessi legali; ii) le note di credito e le fatture emesse dalla convenuta in relazione alle variazioni del canone dal dicembre 2002 al finanziamento specificamente concesso nel 1991 dicembre 2010; iii) le quotazioni del parametro di indicizzazione relative al periodo dal 30.12.2008 al 29.01.2010, avendo rilevato l’utilizzo da parte della resistente di quotazioni superiori a quelle reali per acquistare l’anno 2009; iv) il piano di ammortamento ricostruito, per la determinazione della quota di capitale residua, mediante “un bene programma finanziario ritenuto veritiero”, posto che l’intermediario aveva dichiarato – ed ha ribadito in sede di consumo (televisore) controdeduzioni – l’inesistenza di un piano di ammortamento in relazione all’operazione qui oggetto di controversia. Tuttavia, come esposto dall’intermediario resistente, la questione in punto di eventuali calcoli e valutazioni in relazione a quanto precedentemente pagato risulta censurata per effetto della clausola sottoscritta dalla società acquirente in sede di riscatto del leasing a fronte di notaio. Tale clausola, infatti, testualmente riprodotta in narrativa, appare come un pactum de non petendo che, come tale, quindiimpedisce al Collegio di effettuare un’ulteriore valutazione tecnica degli importi corrisposti modificando quanto convenuto. Si tratta, in effetti, di un problema non nuovo nell’ambito delle operazioni di riscatto su leasing immobiliare e, a questo proposito, occorre dunque richiamare quanto deciso in precedenti pronunce del Collegio nonché, da ultimo, anche nella pronuncia n. 2392 del 13 luglio 2012 del Collegio di Milano. In tale decisione, il Collegio, analogamente a quanto avviene oggi, è stato chiamato a valutare autonomamenteproprio una clausola sottoscritta in sede di riscatto. In merito, circa si è ritenuto che le clausole in questione non possano integrare propriamente un negozio di accertamento per difetto della componente di incertezza che, secondo la sua validitàcostante giurisprudenza di legittimità (cfr. fra le molte Cass. 30 marzo 2009, alla luce dei requisiti n. 7640 e Cass. 12 marzo 2008, n. 6739), costituisce indefettibile presupposto per il configurarsi di forma previsti dal TUB (Collsiffatto negozio. RomaQuesto, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto infatti, è caratterizzato dall’intento di interessi relativo al prestito revolving imprimere certezza giuridica ad un precedente rapporto, cui si palesa delineatocollega, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditiziaprecisarne contenuto ed effetti, rendendo definitive ed immutabili situazioni di obiettiva incertezza. Quale strumento alternativo alla transazione (dalla quale si differenzia per la carenza di un sinallagma fra l’aliquid datum e l’aliquid retentum consistendo invece in una semplice cristallizzazione convenzionale della correttezza di uno stato di fatto o di diritto pregresso), siffatto negozio non essendo ovviamente consentito può prescindere da una situazione di obiettiva incertezza di cui le parti hanno vicendevolmente contezza; incertezza che, invece, non appare né espressamente menzionata ma neppure obiettivamente aliunde desumibile dalla documentazione offerta in comunicazione nell’odierno procedimento. Le pattuizioni contenute nelle scritture dianzi menzionate, così come nella clausola sottoscritta dall’odierna ricorrente, appaiono viceversa più prossime o ad un pactum de non petendo (clausola che ammontaredetermina l’attuale e perenne inesigibilità del credito – nella specie il credito da restituzione derivante da un ipotetico ricalcolo del dovuto – accordando al debitore il diritto di paralizzarne gli effetti con il sollevamento della relativa eccezione) ovvero, condizioni essenziali e voci ciò vale in ispecie soprattutto per il patto contenuto nel rogito di costo non contemplate nella forma prescritta al momento riscatto anticipato del leasing immobiliare dato l’espresso tenore del pattuito, ad una convenzionale rinegoziazione del corrispettivo, rivelandosi in entrambi i casi come clausole limitative della conclusione facoltà di contestare o opporre eccezioni (insomma avvenuta oralmente) possanoquale ad esempio l’eccezione di compensazione del credito derivante da restituzione di un ipotetico indebito con il credito principale azionato dal creditore), poicome tali soggette, essere validamente integrate a mezzo ai fini della loro efficacia, all’onere di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Collspecifica approvazione per iscritto prevista dall’art. Roma, dec1341 cod. n. 1575/2013)civ. Secondo l’impostazione accolta dal Collegio Il superiore assunto deve tuttavia applicarsi distinguendo fra le due tipologie di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propriapattuizioni. In tal senso, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del clausola contenuta nel rogito notarile di riscatto anticipato non può prestarsi alla censura dianzi ipotizzata, essendo principio ricevuto quello per cui le clausole inserite in un atto-contratto di finanziamento rotativonotarile, in applicazione ancorché si conformino alle condizioni poste da uno dei contraenti, non sono qualificabili come predisposte dal medesimo, ai sensi dell’art. 1171341 cod. civ., co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto ancorché oggettivamente vessatorie, non abbisognano di specifica approvazione (così Cass. SS.UU., 10 gennaio 1992, n. 193). La presunzione iuris et de iure della natura “negoziata” del contratto stipulato in forma di atto pubblico con ministero di notaio preclude l’applicazione della norma succitata. Del resto, la ricorrente avrebbe potuto verificare prima della sottoscrizione dell’atto di riscatto la congruità complessiva delle condizioni indicate. In conclusione, il profilo causale – Xxxxxxxx ritiene che la richiesta attuale della ricorrente di ottenere la restituzione delle somme indicate non possa trovare accoglimento. Ciò chiarito nel merito ed al fine della individuazione di una soluzione all’attuale controversia, il Collegio non può esimersi dal soffermarsi su alcuni elementi emersi dalla ricostruzione dei fatti così come riprodotti in narrativa e nella produzione documentale. In particolare, è stato posto in luce dalla ricorrente come l’intermediario, nonostante le specifiche richieste, non abbia consegnato alla società cliente il piano di ammortamento che, ad evidenza, è documento essenziale per una completa individuazione delle condizioni economiche dell’accordo. In proposito, risulta che l’odierna resistente è già stata convenuta innanzi all’ABF per situazioni relative all’erroneo conteggio dei canoni di locazioni finanziarie; ed anche in tali occasioni, veniva in questione, tra le altre problematiche, il rifiuto dell’intermediario di fornire il piano di ammortamento, cui fa cenno nel presente giudizio la società ricorrente pur senza farne oggetto di una domanda specifica. Si ricorda, in relazione a tale problematica, quanto indicato nella pronuncia dell’ABF, Collegio di Milano, n. 644 del 30 giugno 2010, laddove si rammentava che “l’intermediario ha provveduto [solo a controversia insorta e dopo insistenze] a consegnare i conteggi richiesti, rinunziando implicitamente alla strana tesi per cui il piano di ammortamento non costituirebbe documento contrattuale e come tale da occultare al cliente. Tesi che contrasta in modo tanto frontale con il precetto di cui all’art. 1374 c.c. da costituire materia di sorpresa”. Già in tale occasione, l’intermediario era stato avvisato circa l’opportunità di astenersi in futuro dal sollevare eccezioni che non solo urtano contro precetti generali espressi dal codice civile, ma che contraddicono agli obblighi di collaborazione e trasparenza verso la clientela che incombono specificatamente a tutti gli intermediari bancari e finanziari. Il Collegio, soprattutto, aveva in tale occasione sottolineato un principio generalissimo, e cioè che nessun miglioramento di detti rapporti con la clientela può prodursi in assenza della più ampia trasparenza. Ebbene, il Collegio oggi non può che richiamare e ulteriormente sottolineare l’importanza ed essenzialità di quanto sopra osservato. Risulta, al contrario, che l’intermediario perseveri nella propria tesi e nei propri comportamenti, il che inevitabilmente si traduce, a giudizio del Collegio, in un atteggiamento nel complesso non conforme ai canoni di correttezza e trasparenza nei confronti della clientela. In virtù di ciò, il Collegio invita l’intermediario a provvedere, in futuro, a rendersi maggiormente disponibile sia ad ostendere la documentazione utile ad una corretta e completa ricostruzione di tutto quanto previsto nei contratti creditizicon le società e le persone fisiche clienti, consentendo così di porre le basi per un reale miglioramento dei rapporti con la clientela coerente con i criteri ai quali deve ispirarsi l’attività di ogni operatore professionale.
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DIRITTO. La ricorrenteIl Collegio rileva, coniuge in via pregiudiziale, come sia da accogliere l’eccezione di irricevibilità del titolare (ora deceduto) ricorso, sollevata da parte resistente, per evidente difformità tra quanto eccepito in sede di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che reclamo e il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità contenuto del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFall’Arbitro bancario Finanziario. DifattiLa necessaria, sostanziale, coincidenza del contenuto dei due momenti necessari alla procedura è chiaramente evidenziata: tanto (i) nella Delibera Cicr 275/2008, la questione oggetto quale statuisce che “Il ricorso è preceduto da un reclamo all'intermediario, anche qualora quest'ultimo abbia promosso forme di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009composizione delle controversie basate su accordi con le associazioni dei consumatori” (cfr. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sezart. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa quanto (ii) nelle “Disposizioni della Banca d’Italia sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” ”, ove è dato leggere come (sezcfr. IIISez. VI, par§ 2): “Il cliente rimasto insoddisfatto o il cui reclamo non abbia avuto esito nel termine di 30 giorni dalla sua ricezione da parte dell’intermediario può presentare ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario. 2)Il ricorso ha ad oggetto la stessa contestazione del reclamo ed è sottoscritto dal cliente”. Orbene, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormaipuntualmente eccepito, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea ricorso sottoposto all’Arbitro Bancario Finanziario presenta importanti profili di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente novità rispetto al contratto originariamente perfezionatosireclamo al tempo notificato all’intermediario, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo odierno resistente (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della via meramente esemplificativa quanto esaustiva: l’asserita conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativoa distanza, attraverso documentazione trasmessa a mezzo posta elettronica dalla società A alla ricorrente; la lamentata mancanza di trasparenza in applicazione dell’art. 117, co. 1 sede di trattative e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità successiva stipula del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata del noleggio; la mancanza presunta configurazione di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio un’operazione di coordinamento (n. 3257 del 2012"sale and lease-back"), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), novità che ne modificano sostanzialmente la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, natura vuoi sotto il profilo causale – i contratti creditizidell’evidenziazione del “fatto” vuoi sotto quello della “natura giuridica” dell’operazione poi sottoposta a censura e giudizio di questo Collegio.
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DIRITTO. La ricorrenteIl ricorso all’origine del presente procedimento verte sui seguenti aspetti: a) una fideiussione rilasciata il 28.05.2008 di cui l’istante contesta la mancata informativa dell’intermediario sia in sede di sottoscrizione (con riferimento all’oggetto della garanzia) sia durante il corso del rapporto, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva con riferimento alla mancata consegna delle comunicazioni periodiche; infine, si lamenta la possibilità del rilascio mancata accettazione di una carta proposta transattiva finalizzata all’estinzione della garanzia; b) uno scoperto di credito ad uso rotativoconto corrente di titolarità di una delle cointestatarie del ricorso e di soggetto terzo, chiede che di cui parimenti si contesta la mancata accettazione di proposta parziale di rientro dell’esposizione debitoria. Prima di esaminare nel merito la controversia sembra opportuno riportare alcuni aspetti essenziali ai fini della decisione. La garanzia, acclusa al ricorso, consiste in una fideiussione omnibus a tempo indeterminato fino a concorrenza di € 30.000,00; ex art. 4 dell’atto fideiussorio il Collegio voglia dichiarare garante ha diritto di recedere mediante lettera raccomandata, rispondendo per le obbligazioni del debitore in essere al momento della conoscenza del recesso da parte della banca, nonché di ogni altra obbligazione dipendente dai rapporti esistenti a quella data. Con la nullità missiva del finanziamento stesso per mancanza 23.05.2012, la ricorrente aveva chiesto la “revoca” della fideiussione; tuttavia le intimazioni di forma scritta ed altri elementi epagamento, infinecon dichiarazione di decadenza dal beneficio del termine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare dell’11.02.2014, già precedute da altre lettere di intimazione di pagamento inviate in data 02.04.2010 (cfr. nota della banca del 20.12.2012), tengono conto della situazione debitoria, comprensiva degli interessi di mora, fino alla predetta data dell’11.02.2014. Inoltre, le intimazioni di pagamento dell’11.02.2014 superano complessivamente pagatil’importo della fideiussione, ma sono indirizzate anche all’altra garante (secondo quanto rappresentato dalle parti) della debitrice principale. L’intermediario Sulla mancata ricezione delle comunicazioni periodiche, la banca non ha sollevato questioni pregiudizialiformulato alcuna specifica osservazione. La ricorrente ha accluso copia del rendiconto alla data del 30.09.2012 del rapporto di garanzia, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti ove risulta un’esposizione della debitrice principale pari all’importo della fideiussione stessa. Sul conto corrente dedotto in controversia non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFconsta alcuna documentazione, né la banca ha formulato difese al riguardo. DifattiCiò chiarito, pare anzitutto opportuno esaminare la questione oggetto preliminare relativa all’eccezione in rito sollevata dall’intermediario resistente con riferimento alla parziale incompetenza dell’ABF sotto il profilo temporale. L’eccezione coglie nel segno. Deve, infatti, ricordarsi che le Disposizioni della Banca d’Italia del 18.6.09 (sui sistemi di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso risoluzione stragiudiziale delle controversie in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis materia di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, operazioni e servizi bancari e finanziari) prevedono espressamente che alla (Sez. I^I, § art. 4, IV comma, dispone: «non punto 3) “Non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009»”. Passando Ora, come già in altre occasioni si è avuto modo di rilevare (cfr., ad esempio, la decisione n. 918/10), il criterio di riferimento della normativa appena citata è oggettivo, poiché il testo si riferisce ad operazioni o condotte e non già al merito momento della controversia occorre rilevare loro emersione nella sfera di conoscenza del ricorrente; qualora le doglianze si riferiscano a fatti risalenti ad un periodo anteriore al 1°gennaio 2009, la domanda del ricorrente non può in alcun modo essere presa in considerazione in questa sede. Ne deriva che le doglianze relative ai comportamenti contestuali o precedenti la stipulazione della garanzia fideiussoria per cui è causa non possono essere vagliati da questo Collegio. Diversa conclusione deve trarsi per la doglianza relativa al diritto di informativa periodica sull’andamento del contratto in qualità di garanti dello stesso. Infatti, come già questo Collegio ha già avuto modo di sottolineare in altre occasioni, (cfr. Decisione n. 575/13 e n. 6753/12) il contratto di fideiussione può senz’altro dirsi rientrare a pieno titolo nell’ambito della disciplina di trasparenza, posto che il fideiussore presenta esigenze di tutela del tutto analoghe a quelle degli altri clienti bancari. Ne consegue, dunque, che, ai fini dell’art. 119, comma 1°, TUB, anche la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di fideiussione omnibus è un contratto di finanziamento collegato durata e l’interesse alla rendicontazione periodica sussiste per ogni rapporto che non si esaurisca istantaneamente. Dunque, come precisato anche nelle Disposizioni sulla Trasparenza delle operazioni bancarie, emanate da Banca d’Italia, il fideiussore ha diritto ad un contratto c.dottenere comunicazione periodica quantomeno dell’ammontare del debito garantito e l’art. multiconto127, comma 1°, TUB vieta qualsiasi deroga in senso deteriore rispetto a quanto sancito dall’art. Tale particolare tipologia 119 TUB (come nel caso che ne occupa), cosicché la clausola contrattuale che preveda che tale informazione debba essere fornita solo su espressa richiesta del fideiussore sarebbe priva di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatovalidità. Sul punto, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un serviziodunque, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può che rilevare l’inadempienza dell’intermediario resistente, invitandolo ad evitare la reiterazione di siffatte condotte in futuro. Non vi è, tuttavia, sul punto, alcuna espressa domanda della ricorrente, circostanza che esime questo Collegio da ulteriori approfondimenti sul punto. Venendo ora all’esame della richiesta di revoca della “fideiussione generale” formulata dalla ricorrente, questo Collegio non verificarsi prioritariamente può che prendere atto che – sulla scorta della documentazione in atti – la validità ricorrente aveva esercitato il suo diritto di recesso già con la missiva del contratto 23.05.2012 (sebbene in detta comunicazione la ricorrente la definisse come “revoca” della fideiussione) e che, pertanto, dal momento in cui l’intermediario resistente ha ricevuto detta comunicazione, la garanzia fideiussoria ha cessato di finanziamento collegato produrre i suoi effetti, con la conseguenza che il debito oggetto della garanzia deve essere considerato quello esistente il giorno in cui il recesso è stato legittimamente esercitato, non potendosi, infatti, in alcun modo riconoscersi alcuna ultrattività all’obbligazione fideiussoria. Opposta conclusione deve, invece, trarsi per le doglianze relative alla carta mancata accettazione delle soluzioni proposte dalla ricorrente e dai suoi famigliari all’intermediario resistente. Questo Collegio ha già avuto occasione di credito revolving che nel caso sottolineare che, in generale, non sussiste – al di specie emerge essere stato stipulato verbalmente fuori delle specifiche previsioni di legge (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio che, tuttavia, nella fattispecie in questione non appaiono ricorrere) – un generale obbligo di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità rinegoziazione del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scrittafunzione perequativa, al tempo dei fatti richiesta dall’artné un obbligo di rinegoziazione alle condizioni proposte dal soggetto finanziato. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltroInfatti, la concessione possibilità di rivedere le condizioni contrattuali – salvi i limiti posti dall’ordinamento – rientra nella più ampia autonomia delle parti, le quali possono ridefinire i propri interessi in una fase successiva alla genesi del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, ogni modifica delle condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativoin essere, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto non può prescindere dal consenso di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questaentrambe le parti, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo deve formarsi in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012)piena libertà. Le conseguenze dell’accertamento doglianze della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.cricorrente sono, dunque, fondate nei limiti appena illustrati.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. La ricorrenteIn via preliminare il Collegio deve affrontare le eccezioni sollevate dall’intermediario contro la ricevibilità del ricorso. In relazione al mancato rispetto del termine dilatorio di 30 gg. fra il reclamo e la presentazione del ricorso, coniuge il Collegio intende dare continuità al principio stabilito dal Collegio di Coordinamento (decisione 6666/14) in base al quale occorre “distinguere l’ipotesi di mancata comunicazione del titolare (ora deceduto) reclamo alla banca resistente, la quale comporta l’inammissibilità del ricorso senz’altro, dall’ipotesi in cui il reclamo sia stato preventivamente comunicato alla banca resistente, ma il ricorso sia stato presentato prima che essa abbia potuto dare una risposta al reclamante entro il termine di un contratto trenta giorni … in quest’ultimo caso, l’improcedibilità in oggetto deve ritenersi di finanziamento che natura solo temporanea, in aggiunta prevedeva quanto la possibilità stessa non pregiudica la decisione del rilascio di una carta di credito ad uso rotativoricorso, chiede ma implica soltanto che il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso procedimento di definizione della vertenza mediante decisione può essere avviato solo dopo che sia trascorso il tempo (trenta giorni) necessario all’intermediario per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatireplicare al reclamo”. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel Nel caso di specie emerge essere risulta che reclamo è stato stipulato verbalmente presentato il 15.1.2016, il ricorso è pervenuto all’Arbitro il 5.2.2016, il riscontro al reclamo è stato poi fornito dal resistente il 16.2.2016, successivamente alla presentazione del ricorso: pertanto la causa di improcedibilità è cessata. In relazione poi all’eccezione di incompetenza dell’Arbitro ratione temporis, risulta incontroverso tra le parti che il rapporto di conto corrente è stato acceso in data anteriore al 1.1.2009, posta come limite dalla normativa vigente al potere decisionale dell’Arbitro (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica)par. IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio 4, sez. I, delle Disposizioni sui sistemi di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di “Trasparenza delle operazioni operazione e servizi bancari e finanziari” (sez. III, par. 2), che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto Collegio non può valutare la validità originaria degli accordi contrattuali intercorsi tra le parti, ma solo ed eventualmente ragioni di finanziamento collegato alla carta di credito revolvinginvalidità sopravvenute dopo il 1.1.2009. Peraltro, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità va rilevato come nessuna parte abbia prodotto copia del contratto di finanziamento devono poi apertura di credito, le quindi relative pattuizioni possono essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (artricostruite unicamente in base alle affermazioni delle parti stesse. 2033 c.c.). La somma ricevuta Ciò determina le seguenti conseguenze in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ordine alle domande presentate dal ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.:
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DIRITTO. La ricorrente, coniuge del titolare (ora deceduto) di un contratto di finanziamento che in aggiunta prevedeva la possibilità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativo, chiede che In via preliminare il Collegio voglia dichiarare la nullità del finanziamento stesso per mancanza di forma scritta ed altri elementi e, infine, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagati. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali, tuttavia occorre precisare che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità è chiamato a pronunciarsi circa le eccezioni avanzate da parte resistente ovvero sull’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABFil mancato rispetto del termine di 60 giorni dalla proposizione preventivo reclamo e sull’incompetenza dell’ABF in materia di interpretazione della normativa fiscale applicabile alla fattispecie rappresentata. Difatti, la questione oggetto L’eccezione sull’inammissibilità/improcedibilità del ricorso per il mancato rispetto del termine di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso 60 giorni dalla proposizione preventivo reclamo è infondata. Come si evince dagli atti di causa il reclamo è stato esperito da parte ricorrente in data 12.1.20093 dicembre 2021, mentre il ricorso risulta depositato in data 4 febbraio 2022, pertanto il termine dei 60 giorni risulta rispettato essendo decorsi ben 63 giorni. Pertanto sussiste la La banca resistente eccepisce inoltre l’inammissibilità del ricorso perché esorbitante rispetto alla competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012per materia dell’Arbitro. A detta della resistente, entrato «il ricorso attiene all'interpretazione della normativa fiscale al fine dell'individuazione del regime fiscale applicabile al caso in vigore il 1° gennaio 2012esame». Com’è noto, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: all’Arbitro «non possono essere sottoposte all’ABF dai clienti controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulato, in occasione della richiesta da parte del cliente di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizio, mediante un modulo prestampato che contiene, altresì, la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità del contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonica). IL XXXX.xx Sul tema è nota l’ampia ed articolata decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF la quale nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria di nullità del contratto di finanziamento in quanto privo della forma scritta, al tempo dei fatti richiesta dall’art. 117, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo Collegio ritiene di condividere la linea interpretativa della decisione richiamata che certo non ignora le disposizioni con cui la Banca d’Italia, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’art. 117, co. 2, TUB (disposizione, pare il caso di sottolineare, comunque significativamente non richiamata dall’art. 124, co. 1, con riferimento al credito al consumo), ha stabilito, nella normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezfinanziari […] aventi ad oggetto l’accertamento di diritti, obblighi e facoltà, indipendentemente dal valore del rapporto al quale si riferiscono». IIIParte ricorrente, par. 2)tuttavia, che «ha sottoposto alla cognizione del Collegio la forma scritta non è obbligatoriacondotta dell’intermediario in relazione ad un contratto di cessione di crediti di imposta stipulato con la resistente, di cui contesta l’inadempimento sotto i seguenti profili: ai) per il ritardo con cui l’intermediario ha esaminato la richiesta di liquidazione della cessione dei crediti relativi al secondo SAL; ii) l’interpretazione del contratto fornita dall’intermediario secondo cui le operazioni e i servizi effettuati cessioni dei crediti derivanti dalle fatture pagate in esecuzione dei SAL successivi al primo necessiterebbero della stipula di previsioni contenute un nuovo contratto; iii) l’illegittima applicazione al caso di specie degli ulteriori Sulla competenza dell’ABF in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto materia di esame del cessione dei crediti d’imposta si è pronunciato di recente il Collegio di coordinamentoCoordinamento (cfr. decisione n. 9642/22 del 22/06/2022) il quale ha sancito che: “La circostanza che un contratto di cessione del credito abbia ad oggetto crediti di imposta, come anche non esclude di per sé la competenza dell’ABF. Resta ferma l’incompetenza ratione materiae dell’Arbitro se la domanda implichi o presupponga l’interpretazione o l’applicazione di norme tributarie, come, ad esempio, ove si disputi in quello qui in discussione, peraltro, la concessione merito a procedure e/o presupposti relativi allo stesso riconoscimento del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – che la concessione del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, d’imposta”; pertanto nel caso di speciespecie anche detta eccezione preliminare risulta infondata. Passando al merito dall’acquisto di crediti per l’importo corrispondente al massimale sembrano potersi ritenere estinte le obbligazioni derivanti dal primo contratto, con riguardo al finanziamento specificamente concesso necessità di stipulare una nuova cessione per i crediti ulteriori. Dall’esame dell’interlocuzione tra le parti, l’intermediario risulta avere manifestato la propria disponibilità a stipulare una nuova cessione dei crediti del secondo SAL, nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce rispetto tuttavia dei requisiti antifrode introdotti nelle more dell’interlocuzione. Il ricorrente, invece, presupponendo che la cessione dei crediti del 2° SAL sia dovuta in esecuzione del contratto del 25/08/2021, assume che la richiesta non sia assoggettata ai requisiti introdotti dal decreto legge n. 157/2021 (visto di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali conformità e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013asseverazione delle spese). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far proprial’istante, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto seconda domanda di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche cessione dei crediti non sarebbe soggetta alla nuova disciplina in quanto fatto oggetto ricorrerebbero le condizioni individuate nelle FAQ dall’Agenzia delle Entrate, consistenti nell’avere, anteriormente alla data di richiamoentrata in vigore del provvedimento: i) ricevuto le fatture; ii) assolto ai pagamenti; iii) esercitato l’opzione della cessione con la stipula dell’accordo tra cedente e cessionario. L’intermediario oppone l’insussistenza del presupposto della stipula di un accordo tra cedente e cessionario, in tema di credito al consumo, dall’artribadendo che le obbligazioni derivanti dalla prima cessione sono state interamente adempiute. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume Tale rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolvingappare fondato. Ne consegue che in difetto degli adempimenti previsti dal decreto legge n. 157/2021 non sarà possibile dare seguito all’erogazione del credito, come rilevato da parte resistente. Conseguentemente, il contratto ricorso non può essere accolto. Per completezza, si deve, altresì, osservare che il danno lamentato dal ricorrente consisterebbe nella perdita del credito fiscale, pari al 30% del netto ricavato dalla cessione della detrazione all’istituto di finanziamento collegato alla carta di credito, in quanto il ricorrente stesso non avrebbe credito revolving, utilizzato dal IRPEF sufficiente per poter portare le somme in detrazione nell’anno 2021 e per gli anni seguenti. Al riguardo parte ricorrente, tuttavia, non produce in atti documentazione sufficiente a riprova del danno subito, In conclusione, il ricorso deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.crespinto.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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DIRITTO. Preliminarmente, il Collegio è chiamato a valutare la validità e l’efficacia del contratto oggetto della controversia. Infatti, il Confidi resistente, attualmente iscritto nella sezione riservata ai confidi ex art. 155, comma 4, del TUB per l’attività di concessione di garanzie “collettive” a favore di banche e altri intermediari autorizzati, non è abilitato al rilascio di garanzie nei confronti del pubblico (quali le fideiussioni a favore di enti e amministrazioni pubbliche o a imprese terze e privati in genere, anche se prestate nell’interesse di imprese socie del confidi (così si evince dal comunicato della Banca d’Italia del relativo elenco, aggiornato al 29 dicembre 2015). La ricorrentequestione non è nuova per l’Arbitro bancario finanziario: appare, coniuge quindi, utile riportare le argomentazioni svolte in un rilevante precedente proprio di questo Collegio secondo cui “chiarito, dunque, che l’intermediario non era autorizzato al rilascio di fideiussioni in favore del titolare (ora deceduto) pubblico, e che la sua condotta si presenta suscettibile di integrare gli estremi anche della fattispecie delittuosa di abusivo esercizio di attività finanziaria ai sensi dell’art. 132 TUB vecchio testo, la questione che però a questo punto si tratta di affrontare – ed è quella realmente decisiva – è se la violazione delle norme pubblicistiche che stabiliscono i presupposti per il legittimo esercizio dell’attività finanziaria sia destinata anche ad avere incidenza ex se sui contratti in cui tale attività si scandisce e a determinarne l’invalidità. Si tratta, per vero, di un problema che involge questioni di vertice della teoria non solo del contratto ma anche dell’impresa, e che si riassume nell’interrogativo se alla qualificazione dell’impresa come “illecita” debba conseguire anche una qualificazione in chiave di nullità dei contratti che essa pone in essere. Il problema è delicato, e lo è in misura ancora più accentuata nel caso che ci occupa, dove ci si confronta con un contratto che si riconduce al paradigma di un contratto tipico, quale appunto la fideiussione, e dove allora è sicuramente più difficile seguire la traiettoria interpretativa consueta, che vorrebbe, in casi del genere, concludere nel senso della nullità virtuale del contratto ai sensi dell’art. 1418, primo comma, cod. civ. Se, infatti, si accede a quell’indirizzo ermeneutico che sottolinea come la nullità virtuale non discenda da ogni violazione di finanziamento norma imperativa che abbia una qualche connessione con l’attività contrattuale dei privati, ma solo allorché si stabilisca una incompatibilità tra i valori protetti dalla norma e la regola negoziale, si può anche ragionevolmente dubitare che in aggiunta prevedeva casi come quello di specie una simile incompatibilità davvero sussista, così come si potrebbe anche dubitare che la possibilità qualificazione in chiave di nullità del rilascio di una carta di credito ad uso rotativocontratto sia la soluzione più appropriata per la tutela degli interessi individuali coinvolti (e basti pensare, chiede in un contesto come quello che il Collegio voglia dichiarare ci occupa, al fatto che affermare la nullità del finanziamento contratto se, per un verso, significa – ed è quanto rileva nel caso in esame – permettere al debitore garantito di ottenere la restituzione del corrispettivo pagato per il rilascio della fideiussione, per altro verso significa anche accordare un beneficio allo stesso per mancanza intermediario, il quale potrà evidentemente sottrarsi, evocando la nullità, all’adempimento dei suoi obblighi nei confronti di forma scritta ed altri elementi quanti, tra i beneficiari di garanzie abusivamente rilasciate, al verificarsi dei relativi presupposti, intendessero procedere egualmente alla loro escussione). E tuttavia, pur non potendosi disconoscere che la conclusione della nullità del contratto presenta alcuni profili di criticità, sembra al Collegio che essa sia quella in casi del genere da privilegiare, ancorché sulla base di una considerazione diversa da quella consueta, che invoca genericamente il contrasto con le norme imperative disciplinanti l’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria e, infinedunque, effettuare un controllo sul tasso applicato e l'ammontare degli interessi complessivamente pagatipredica la nullità virtuale del contratto ex art. L’intermediario non ha sollevato questioni pregiudiziali1418 c.c. Ritiene, tuttavia occorre precisare infatti, il Collegio che dalla documentazione agli atti non emergono profili di inammissibilità del ricorso per incompetenza ratione temporis dell’ABF. Difatti, la questione oggetto di lite attiene ad un nuovo finanziamento concesso in data 12.1.2009. Pertanto sussiste la competenza ratione temporis di questo Arbitro come modificata dal provvedimento di “Revisione” 12/12/2012, entrato in vigore il 1° gennaio 2012, che alla Sez. I^, § 4, IV comma, dispone: «non possono essere sottoposte all’ABF controversie relative a operazioni o comportamenti anteriori al 1° gennaio 2009». Passando al merito della controversia occorre rilevare come la stessa abbia ad oggetto le modalità di stipula (con specifico riferimento al requisito della forma scritta) idonee a garantire la validità di un contratto di finanziamento collegato ad un contratto c.d. multiconto. Tale particolare tipologia di contratto - più volte oggetto d’esame da parte dell’ABF – viene stipulatose, in occasione della richiesta casi del genere, di nullità dell’atto di autonomia negoziale si può (e si deve) parlare, ciò avviene perché il contratto attraverso cui si scandice l’attività di impresa è caratterizzato – com’è stato detto con espressiva formula in quello che è ancora oggi il fondamentale studio in argomento – da parte del cliente una “inerenza teleologica e strutturale” alla stessa, con la conseguenza che in tali casi è la sua funzione che finisce per risultare illecita, giacché se al contratto non si comunicasse il disvalore espresso dalla illiceità dell’attività esso fungerebbe da strumento per conseguire proprio le utilità complessive di un finanziamento per l’acquisto di un bene o di un servizioun’attività che risulta essere vietata. Insomma, mediante un modulo prestampato quel che contiene, altresì, si intende sottolineare è che l’inerenza dell’atto all’attività fa sì che sia la facoltà di richiedere ulteriori finanziamenti ad uso rotativo. Al fine di pervenire ad una soluzione circa la controversia sottoposta all’esame di questo Collegio non può non verificarsi prioritariamente la validità concreta causa negoziale del contratto a risultare illecita, il che è allora quanto consente – in un caso come quello che ci occupa con cui ci si confronta con uno schema contrattuale tipico, quale appunto la fideiussione – di finanziamento collegato alla carta di credito revolving che nel caso di specie emerge essere stato stipulato verbalmente concludere per la nullità” (a mezzo comunicazione avvenuta per via telefonicaABF Napoli decisione n. 6343 del 2014). IL XXXX.xx Sul Successivamente, il tema si è nota l’ampia ed articolata arricchito per la recente decisione del Collegio di coordinamento dell’ABF Coordinamento, che ha confermato la nullità per violazione di norma imperativa del contratto stipulato dall’intermediario privo delle necessarie autorizzazioni o, comunque, dell’iscrizione di uno dei contraenti in albi o registri tenuti dalla legge (decisione n. 4619/2016). Va sottolineato, peraltro, che il Collegio di Coordinamento ha precisato che la nullità in questione presenta consonanza con la categoria della nullità relativa, poiché non vi è estranea l’esigenza di non pregiudicare il contraente che con il suo comportamento non ha dato causa alla nullità; in particolare, si è ritenuto di individuare una ratio comune all’art. 167 del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. 209/2005), a tenore del quale la nullità può essere fatta valere solo dal contraente dell’impresa di assicurazione non autorizzata. E, in effetti, è evidente l’effetto negativo per il cliente che, nel risolvere il contrasto interpretativo insorto tra i diversi Collegi ha adottato in analoga vicenda la soluzione ermeneutica che conduce alla declaratoria caso di nullità del contratto di finanziamento fideiussione stipulato dal confidi non autorizzato come in quanto privo quello del contratto di assicurazione di cui al citato art. 167, si troverebbe privato della forma scrittacopertura della garanzia nella quale aveva confidato. In tale cornice, al tempo dei fatti richiesta dall’artva iscritta la fattispecie concreta all’esame del Collegio, nella quale la peculiarità è che l’eccezione di nullità non è stata sollevata dal ricorrente che ha chiesto, invece, la restituzione del premio pagato invocando l’esecuzione del contratto, nella parte in cui era sospensivamente condizionato all’accettazione del beneficiario della garanzia. 117Tuttavia, commi 1 e 3, T.U.B. (Collegio di Coordinamento, decisione n. 3257 del 12.10.2012). Questo il Collegio ritiene di condividere poter addivenire parimenti alla declaratoria della nullità del contratto: innanzitutto, occorre oggi tenere conto dell’orientamento sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in materia di rilevabilità di ufficio e, più in generale, delle cause di invalidità e di inefficacia del contratto (Cass. Sez. Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), nella quale ha trovato sede anche una ricostruzione del valore della categoria dell’invalidità a carattere relativo quale strumento di tutela di interessi generali, che ha condotto all’affermazione della sua rilevabilità di ufficio (sia pure non necessariamente seguita dalla sua dichiarazione, se la linea interpretativa parte chiede che la causa sia comunque decisa nel merito o il giudice privilegi una ragione più liquida ai fini della decisione richiamata decisione, come ha sottolineato autorevole dottrina). In questo contesto, in assenza di un’articolazione del procedimento che certo non ignora consenta di interpellare le disposizioni con cui parti, il Collegio è chiamato a svolgere una interpretazione complessiva, alla luce del principio, pacifico in giurisprudenza, a tenore del quale, in tema d’interpretazione della domanda, il giudice di merito è tenuto a valutare il contenuto sostanziale della pretesa, alla luce dei fatti dedotti in giudizio e a prescindere dalle formule adottate; conseguendone “che è necessario, a questo fine, tener conto anche delle domande che risultino implicitamente proposte o necessariamente presupposte, in modo da ricostruire il contenuto e l’ampiezza della domanda giudiziale secondo criteri logicamente corretti e tali da evidenziare la Banca d’Italiavolontà della parte in relazione alle finalità concretamente perseguite dalla stessa” (Xxxx. 26 settembre 2011, sulla base della delibera CICR del 4.3.2003 e del rinvio ad essa dell’artn. 19630, e, più recentemente, Xxxx. 11718 marzo 2014, co. 2, TUB (disposizione, pare il n. 6226). Nel caso di sottolinearespecie, comunque significativamente appare evidente che il ricorrente non richiamata dall’art. 124ha alcun interesse alla conservazione del contratto, co. 1del quale anzi vuole liberarsi essendo venuta meno la sua funzione concreta, e chiedendo di ottenere la restituzione del premio versato: pertanto, il petitum sostanziale è lo stesso al quale la ricorrente avrebbe diritto con riferimento al credito al consumo)la dichiarazione di nullità del contratto, ha stabilitoovvero la restituzione delle prestazioni già eseguite, nella in ragione della normativa in materia di “Trasparenza delle operazioni e servizi bancari e finanziari” (sezindebito oggettivo. IIIIl Collegio, par. 2)pertanto, che «la forma scritta non è obbligatoria: a) per le operazioni e i servizi effettuati in esecuzione di previsioni contenute in contratti redatti per iscritto». Nel caso oggetto di esame del Collegio di coordinamento, come anche in quello qui in discussione, peraltro, la concessione del prestito revolving risulta avvenuta a distanza di molto tempo (nel gennaio 2009) dalla sottoscrizione del modulo iniziale di richiesta (nel 1991) e quando, ormai, il cliente aveva provveduto all’integrale restituzione del finanziamento originariamente concessogli quale c.d. “primo utilizzo particolare” della pretesa unitaria linea di credito apertagli dall’intermediario. Si deve dunque ritenere impossibile – come pure sostiene l’intermediario resistente – ritiene che la concessione domanda sia fondata quanto al diritto della società ricorrente di ottenere la restituzione delle somme versate pari a € 9.250,00, oltre interessi dalla data del prestito revolving possa essere considerata operazione effettuata in esecuzione dell’originario contratto. Trattasi, in realtà, reclamo e nonché il ristoro delle spese per assistenza difensiva nella misura equitativamente determinata di una operazione economica, nella sostanza, del tutto indipendente rispetto al contratto originariamente perfezionatosi, nel caso di specie, con riguardo al finanziamento specificamente concesso nel 1991 per acquistare un bene di consumo (televisore) come tale, quindi, da valutare autonomamente, circa la sua validità, alla luce dei requisiti di forma previsti dal TUB (Coll. Roma, dec. n. 187/2013). Ne deriva che l’assetto di interessi relativo al prestito revolving si palesa delineato, nei suoi elementi essenziali, solo a seguito di una nuova fase costitutiva, ricollegabile alla relativa richiesta del cliente formulata oralmente, ma in palese assenza, allora, dei requisiti di forma imposti, a tutela del cliente, dal TUB (che simili requisiti pone proprio al fine di assicurare “trasparenza” all’operazione creditizia), non essendo ovviamente consentito che ammontare, condizioni essenziali e voci di costo non contemplate nella forma prescritta al momento della conclusione (insomma avvenuta oralmente) possano, poi, essere validamente integrate a mezzo di successivi documenti, predisposti unilateralmente (Coll. Roma, dec. n. 1575/2013). Secondo l’impostazione accolta dal Collegio di coordinamento e che questo Collegio ritiene di far propria, la tutela dell’istante deve essere fatta discendere dall’accertata nullità del contratto di finanziamento rotativo, in applicazione dell’art. 117, co. 1 e 3, TUB (anche in quanto fatto oggetto di richiamo, in tema di credito al consumo, dall’art. 124, nel testo vigente pro-tempore). Peraltro, deve essere anche rilevato come la sottoscrizione del contratto di finanziamento, stipulato presso un rivenditore di beni accessoriamente al contratto di credito finalizzato all’acquisto di beni di consumo forniti dal rivenditore medesimo, deve essere inquadrata nella complessiva disciplina delle attività finanziarie: disciplina, questa, che stabilisce apposite riserve di legge per l’esercizio di particolari attività di finanziamento e/o accessorie. Assume rilievo in particolare, nella fattispecie in esame, l’art. 3 D.lgs. 25.9.1999, n. IL XXXX.xx 374 in base al quale gli intermediari finanziari per la promozione e la conclusione di contratti di finanziamento si devono avvalere degli agenti in attività finanziaria iscritti all’apposito albo, soggetti ai quali è riservata tale specifica attività. Inoltre, secondo quanto successivamente stabilito all’art. 2 del regolamento attuativo emanato dal Ministro dell’ Economia e della Finanza con decreto del 13.12.2001, n. 485 «non integra esercizio di agenzia in attività finanziaria … la promozione e la conclusione, da parte di fornitori di beni e servizi, di contratti compresi nell'esercizio delle attività finanziarie previste dall'articolo 106, comma 1, del testo unico bancario unicamente per l'acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari». Pertanto, se il contratto di finanziamento finalizzato all’acquisto del bene di consumo – il quale non entra in contestazione nella fattispecie in oggetto - poteva essere legittimamente stipulato presso il rivenditore commerciale, con tutta evidenza non qualificato come “agente in attività finanziaria”, lo stesso non può dirsi per il cosiddetto contratto accessorio di finanziamento attivato mediante la carta revolving, che risulta essere stato stipulato in difformità dalle previsioni normative all’epoca già vigenti, che per l’appunto richiedevano, a tutela della clientela, l’assistenza di competenze e professionalità specifiche quali quelle dei citati agenti iscritti all’apposito albo. Si richiama sul punto la comunicazione n. 0313116 del 20.4.2010 diramata dalla Banca d’Italia, che condanna la prassi riscontrata presso alcuni intermediari finanziari di utilizzare la rete di esercizi commerciali convenzionati per la promozione e conclusione di contratti non finalizzati, quali, per l’appunto, le carte di credito revolving. Ne consegue che il contratto di finanziamento collegato alla carta di credito revolving, utilizzato dal ricorrente, deve essere considerato nullo anche sotto questo ulteriore profilo in quanto stipulato con modalità non conformi a quelle inderogabilmente stabilite dal legislatore (in termini, Collegio di Roma, dec. n. 2200 del 27 giugno 2012). Le conseguenze dell’accertamento della nullità del contratto di finanziamento devono poi essere individuate nella disciplina civilistica generale della ripetizione dell’indebito (art. 2033 c.c€ 200,00.). La somma ricevuta in prestito dovrà essere quindi restituita dalla ricorrente, essendo stata accertata la mancanza di un contratto valido, idoneo a giustificarne l’acquisizione da parte dello stesso, sia pure non a titolo definitivo (art. 1422 c.c.). In casi del genere, richiamandosi alla più volte citata pronuncia del Collegio di coordinamento (n. 3257 del 2012), ricollegandosi l’obbligazione restitutoria dell’accipiens, conseguente all’accertata inefficacia del contratto, direttamente al contratto, il relativo assetto sinallagmatico non potrà non influire sulla complessiva configurazione della obbligazione restitutoria medesima, risultando allora chiaro come, per il mutuo oneroso (e i contratti affini), la pretesa restitutoria nascente dall’accertamento della inefficacia del contratto non possa limitarsi alla sola somma-capitale, restando, altrimenti, priva di reintegrazione, a favore del solvens (con evidente frustrazione delle finalità della ripetizione e ingiustificato arricchimento di una delle parti), quella convenzionalmente concessa dilazione della restituzione del capitale prestato, che vale proprio a caratterizzare – sul piano della corrispettività delle prestazioni e, quindi, sotto il profilo causale – i contratti creditizi.
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